procedimento penale concorso

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frustrato

Re: procedimento penale concorso

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Molti concorsi nell'Arma, tipo Masups,specificano lo "status".............

Ossia da indagato puoi partecipare se invece assumi lo status di imputato,(quindi rinvio a giudizio e non archiviazione),non puoi partecipare....

Come l'avanzamento,ok se indagato ,negativo se imputato.....

........Discorso differente per le interpellanze......

Comunque per ogni concorso e/o interpellanza vengono specificati i requisiti.....................


frustrato

Re: procedimento penale concorso

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Molti concorsi nell'Arma, tipo Masups,specificano lo "status".............

Ossia da indagato puoi partecipare se invece assumi lo status di imputato,(quindi rinvio a giudizio e non archiviazione),non puoi partecipare....

Come l'avanzamento,ok se indagato ,negativo se imputato.....

........Discorso differente per le interpellanze......

Comunque per ogni concorso e/o interpellanza vengono specificati i requisiti.....................
panorama
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Re: procedimento penale concorso

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Corso di aggiornamento e formazione professionale per allievi vicebrigadieri del ruolo sovrintendenti dell’Arma dei Carabinieri.
- Condannato in primo grado;
- Avverso la condanna, il ricorrente proponeva appello, la cui definizione è intervenuta in data 11 luglio 2005 a seguito della declaratoria di non doversi procedere per remissione della querela proposta nei suoi confronti;
- Nelle more della definizione del giudizio di appello, il ricorrente chiedeva di partecipare al concorso interno per titoli....omissis;
1)- La determinazione impugnata ha quindi dato luogo alla violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 24 e 97, in quanto contraria al principio generale di presunzione di non colpevolezza sino alla definizione del procedimento penale.
2)- Al riguardo vanno evidenziati due dati di fatto :
- il primo riguarda l’oggettiva lievità della condanna riportata dal ricorrente in primo grado (multa di € 170,00);
- il secondo, la particolare condizione di soggetto ancora sottoposto a procedimento penale in quanto in attesa della definizione del giudizio di appello dal medesimo proposto avverso la condanna inflitta in prima istanza.
Sotto il primo profilo, non può disconoscersi che la norma invocata da parte ricorrente, art. 35 bis del D.lgs. n. 198/95, dispone che solo a fronte di condanne a pene superiori a due anni è prevista l’esclusione dalla procedura: quindi non il mero rinvio a giudizio, bensì l’avvenuta condanna ad una pena non inferiore a due anni.
Ma è soprattutto con riguardo al secondo profilo che il provvedimento censurato risulta illegittimamente assunto.
- Invero, l’amministrazione intimata ha sostanzialmente ricondotto la posizione di rinviato a giudizio a quella rivestita dal ricorrente, il quale aveva proposto appello avverso al sentenza di primo grado ed era in attesa della definizione del giudizio di secondo grado.
- Orbene, considerato che l’appello era stato proposto dall’interessato e che, pertanto, in base al principio del divieto di reformatio in peius, anche nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado fosse stata confermata, la condanna subita sarebbe rimasta la stessa e quindi di entità tale per cui, ai sensi della norma testè richiamata, comunque non avrebbe potuto comportare l’esclusione dalla partecipazione al concorso, ne deriva che illegittimamente è stata ritenuta la sussistenza dei presupposti per decretare la non ammissione del ricorrente al concorso.
- A tali considerazioni va poi aggiunto che il ricorrente non è stato sottoposto a procedimento disciplinare, mentre nelle more risultava intervenuta la sentenza di riforma della pronuncia di primo grado, con dichiarazione di non luogo a procedere.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 01790/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02590/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2590 del 2005, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso OMISSIS in Venezia, San Polo, 135;
contro
Ministero della Difesa - Roma - (Rm), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le Venezia, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63; Ministero della Difesa - Comando Generale Arma Carabinieri;
per l'annullamento
del provvedimento con il quale il ricorrente è stato escluso dal corso di formazione professionale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa - Roma - (Rm);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2011 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Espone il ricorrente, Appuntato Scelto in servizio presso la Stazione del Carabinieri di OMISSIS, di essere stato condannato in primo grado per il reato di “percosse” di cui all’art. 581 c.p. (sentenza n. ..../2002), con irrogazione della pena di € 170,00 di multa.
Avverso la condanna in primo grado, il ricorrente proponeva appello, la cui definizione è intervenuta in data 11 luglio 2005 a seguito della declaratoria di non doversi procedere per remissione della querela proposta nei suoi confronti (sentenza della Corte di Appello di OMISSIS n. ……/2005).
Nelle more della definizione del giudizio di appello, il ricorrente chiedeva di partecipare al concorso interno per titoli per l’ammissione al IV corso di aggiornamento e formazione professionale di n. 315 allievi vicebrigadieri del ruolo sovrintendenti dell’Arma dei Carabinieri, indetto dal Ministero della Difesa con decreto n. 68 del 7 aprile 2004.
Proprio in considerazione della pendenza del giudizio di appello avverso la condanna subita e sulla base della previsione normativa di cui all’art. 35 bis del D.lgs. n. 198/2005 – il quale dispone che solo la sentenza di condanna, per una pena superiore ai due anni, può determinare, a differenza del mero rinvio a giudizio, l’esclusione dalla procedura - nonché in considerazione del mancato avvio di alcun procedimento disciplinare, il ricorrente riteneva di presentare la domanda di partecipazione al corso, in tal senso avallato dalle assicurazioni fornite in merito dal Servizio Avanzamenti del Comando Regionale di Padova, il quale espressamente informava il Comando di Vicenza della possibilità per il ricorrente di essere ammesso a frequentare il corso.
Il ricorrente vinceva il concorso interno per titoli e veniva ammesso al IV corso di formazione, superandolo positivamente: con successiva determinazione veniva quindi confermato in servizio con il conferimento dell’incarico di OMISSIS.
Tuttavia, in data 9.6.2005 perveniva una comunicazione da parte della Scuola Marescialli e Brigadieri, con la quale il ricorrente veniva reso edotto dell’intervenuta contestazione da parte del Comando Regione Veneto circa la legittimità della sua ammissione al corso di formazione, in quanto era stata rilevata la carenza dei requisiti di ammissione, così come dettati dall’art. 2 del bando, lettera d), con conseguente avvio del procedimento per l’emanazione del provvedimento di esclusione.
Nonostante i chiarimenti resi dal ricorrente con riguardo all’insussistenza della causa di esclusione, in ragione della lievità della pena subita e soprattutto in considerazione dell’intervenuta riforma della sentenza di condanna di primo grado per effetto della declaratoria di non diversi procedere, interveniva la determinazione ministeriale del 20 luglio 2005 con la quale veniva deliberata l’esclusione del ricorrente dal concorso, successivamente confermata con provvedimento della Direzione Generale per il personale militare del Ministero della Difesa del 25.8.2005.
Con il ricorso in oggetto è stata quindi impugnata la determinazione di esclusione del ricorrente, nonchè il bando di concorso interno, laddove interpretato in termini preclusivi della partecipazione del ricorrente in ragione della mera pendenza dell’appello avverso la sentenza di condanna.
Il ricorrente denuncia sotto diversi profili l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, con specifico riguardo alla violazione dei principi di correttezza e buona fede e della certezza dei rapporti giuridici, avendo egli fatto affidamento in buona fede sulle assicurazioni fornitegli dai superiori in ordine alla possibilità di frequentare a pieno titolo il corso di addestramento.
Né la valutazione operata dall’amministrazione ha tenuto in debito conto la lievità della condanna subita in primo grado, la quale, in base alla normativa di cui all’art. 35-bis del D.lgs. n. 198/95, comunque non sarebbe stata idonea a supportare l’esclusione dal concorso.
In modo particolare, la difesa evidenzia come il ricorrente, pur avendo presentato appello avverso la sentenza di condanna inflittagli in primo grado, non poteva essere considerato quale soggetto rinviato a giudizio, qualifica per la quale il bando di concorso poneva dei limiti alla partecipazione.
La determinazione impugnata ha quindi dato luogo alla violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 24 e 97, in quanto contraria al principio generale di presunzione di non colpevolezza sino alla definizione del procedimento penale.
Parte istante lamenta altresì la violazione delle garanzie di partecipazione, attesa la mancata valutazione delle argomentazioni dedotte dal ricorrente circa la particolare posizione dallo stesso rivestita, da cui il difetto di istruttoria e di carenza di motivazione, illogicità e sviamento.
Infine, viene sottolineata ulteriormente l’illegittimità del provvedimento di esclusione, in quanto assunto senza la previa comunicazione di avvio del relativo procedimento ed in ogni caso dopo che il ricorrente aveva già frequentato il corso e superato positivamente la selezione, in violazione dell’art. 3 e dell’art. 21-nonies della legge n. 241/90.
L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio, proponendo regolamento di competenza per quanto riguarda le doglianze rivolte avverso il bando concorsuale.
A tale riguardo, parte ricorrente dichiarava formalmente di rinunciare alle censure rivolte contro il bando di concorso, rinuncia di cui è stato dato atto con sentenza di questo T.A.R. n. 371/2006.
All’udienza del 17 novembre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Con la determina ministeriale oggetto del presente gravame, così come ricordato in fatto, l’odierno ricorrente è stato escluso dalla partecipazione al concorso interno per titoli per l’ammissione al IV corso di aggiornamento e formazione professionale di n. 315 allievi vicebrigadieri del ruolo sovrintendenti dell’Arma dei Carabinieri, indetto dal Ministero della Difesa con decreto n. 68 del 7 aprile 2004.
Tale esclusione – avvenuta peraltro solo dopo che il ricorrente, inizialmente ammesso, aveva superato positivamente il concorso e frequentato il corso di addestramento – è stata determinata in ragione dell’applicazione del disposto di cui all’art. 2 del bando di concorso, secondo il quale, lettera d), gli aspiranti per poter partecipare non devono essere rinviati a giudizio, né essere ammessi a riti alternativi per delitto non colposo, né essere sottoposti a procedimento disciplinare da cui possa derivare sanzione di stato, né sospesi dal servizio, né collocati in aspettativa per qualsiasi motivo per un periodo non inferiore a 60 giorni.
Atteso che il ricorrente, alla data di scadenza dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione, risultava privo dei requisiti previsti “poichè ancora sottoposto a procedimento penale”, l’amministrazione ha ritenuto, sebbene a posteriori, di intervenire con il provvedimento di esclusione ora contestato.
Dato atto dell’intervenuta rinuncia alle cesure dedotte avverso il bando di concorso, il Collegio è tenuto a valutare la fondatezza delle articolate doglianze dedotte avverso il provvedimento di esclusione, assunto in applicazione delle previsioni contenute nel bando.
Al riguardo vanno evidenziati due dati di fatto : il primo riguarda l’oggettiva lievità della condanna riportata dal ricorrente in primo grado (multa di € 170,00); il secondo, la particolare condizione di soggetto ancora sottoposto a procedimento penale in quanto in attesa della definizione del giudizio di appello dal medesimo proposto avverso la condanna inflitta in prima istanza.
Sotto il primo profilo, non può disconoscersi che la norma invocata da parte ricorrente, art. 35 bis del D.lgs. n. 198/95, dispone che solo a fronte di condanne a pene superiori a due anni è prevista l’esclusione dalla procedura: quindi non il mero rinvio a giudizio, bensì l’avvenuta condanna ad una pena non inferiore a due anni.
Ma è soprattutto con riguardo al secondo profilo che il provvedimento censurato risulta illegittimamente assunto.
Invero, l’amministrazione intimata ha sostanzialmente ricondotto la posizione di rinviato a giudizio a quella rivestita dal ricorrente, il quale aveva proposto appello avverso al sentenza di primo grado ed era in attesa della definizione del giudizio di secondo grado.
Orbene, considerato che l’appello era stato proposto dall’interessato e che, pertanto, in base al principio del divieto di reformatio in peius, anche nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado fosse stata confermata, la condanna subita sarebbe rimasta la stessa e quindi di entità tale per cui, ai sensi della norma testè richiamata, comunque non avrebbe potuto comportare l’esclusione dalla partecipazione al concorso, ne deriva che illegittimamente è stata ritenuta la sussistenza dei presupposti per decretare la non ammissione del ricorrente al concorso.
A tali considerazioni va poi aggiunto che il ricorrente non è stato sottoposto a procedimento disciplinare, mentre nelle more risultava intervenuta la sentenza di riforma della pronuncia di primo grado, con dichiarazione di non luogo a procedere (sentenza della Corte di Appello di OMISSIS n. ….. dell’11 luglio 2005), debitamente comunicata dall’interessato una volta avuta conoscenza dell’intenzione dell’amministrazione di procedere all’esclusione dal concorso (comunicazione che tuttavia non ha sortito alcun effetto, avendo l’amministrazione provveduto ugualmente a confermare la decisione di esclusione).
Per tutte le suddette considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto va annullato il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente FF
Riccardo Savoia, Consigliere
Alessandra Farina, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2011
DELUSA
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Re: procedimento penale concorso

Messaggio da DELUSA »

Ciao, volevo chiederti un consiglio visto che il mio caso e' simile a questo io ho un carico pendente per reato di occupazione abusiva di un immobile art 633 c.p e art 614 c.p,reato che non figura nei carichi pendenti, nell'udienza scorsa la parte civile ha sottolineato che vuole stipulare dei contratti di compra-vendita con gli imputati intanto il Ministero della difesa mi ha congedata dopo 7 anni di servizio presso le CP nel passaggio per lo sp mi ha riscontrato questa citazione a giudizio anche se nel bando prevedeva il rinvio a giudizio per essere esclusi dalla graduatoria di merito e non la citazione, ancora non si apriva il dibattimento e il ministero ha avviato il procedimento di esclusione dalla graduatoria e successivamente il congedo affermando che non avevo i requisiti per restare raffermata ,la mia rafferma era stata contratta a Gennaio e loro mi hanno congedata a Dicembre nel provvedimento mi avevano detto di presentare memorie difensive entro 10 gg e loro avrebbero concluso il provvedimento entro 30gg termini non rispettati sono passati 3mesi e poi io non trovo giusto il congedo in quanto si parlava nel concorso che nel caso non avessi avuto i requisiti sarei stata esclusa dal concorso ma non posta in congedo che ne pensi? ho fatto ricorso al T.A.R per la sospensiva del provvedimento ma e' stata respinta ora deve pronunciare la sentenza che immagino sara' negativa ma voglio appellarmi al C.d.S ti ringrazio spero tu mi possa aiutare con qualche sentenza analoga da farmi leggere.GRAZIE sei molto di aiuto a chi e' disperato come me .
DELUSA
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Re: procedimento penale concorso

Messaggio da DELUSA »

Ciao panorama, volevo chiedesti un' altra informazione riguardo all' art 35 del d.l.vo 198/95 riguardo ai reati superiori a condanne di 2 anni e allo status di rinviato a giudizio, ma riguarda solo l'Arma dei carabinieri o e' estendibile a tutte le forze armate. Attendo tue notizie grazie,non so se ti e' arrivato un messaggio in privato ,avevo chiesto un aiuto spero tu possa aiutarmi grazie
panorama
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Re: procedimento penale concorso

Messaggio da panorama »

Questa sentenza riguarda la partecipazione di un Brig. della GdF al concorso per M.lli.

Escluso da partecipazione al concorso per allievi marescialli poichè era stato accertato non essere in possesso del requisito perché, dopo l’espletamento delle prove risultava sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione (la censura) più grave della consegna.


Il Consiglio di Stato fa presente:

1) - La controversia sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità di un atto di esclusione di concorrente da procedura per la partecipazione a concorso per allievi marescialli; l’esclusione è stata motivata col mancato possesso del requisito previsto dal Bando concorsuale e costituito dal non risultare sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione più grave della consegna, mentre nella fattispecie controversa l’appellato, all’esito del cennato procedimento, risulta aver riportato la sanzione della censura, irrogata a seguito di procedimento disciplinare ai sensi degli artt. 16 e 17 delle disposizioni attuative del c.p.p..

inoltre il CdS ha precisato che:

- Pertanto l’Amministrazione, avendo preso in considerazione la sanzione della “consegna” al fine di non ammettere il ricorrente al concorso “de quo”, ha applicato in maniera incongrua il rinvio all’art. 36, c.5 del d.leg.vo n.199/1995, operato dal bando concorsuale.

Cmq. l'Amministrazione ha perso l'Appello e per una lettura integrale si rinvia alla qui sotto sentenza.
Auguri al collega, sperando che queste cose non accadano più a nessuno.

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16/07/2012 201204136 Sentenza 4


N. 04136/2012REG.PROV.COLL.
N. 09915/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9915 del 2009, proposto da:
Ministero delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, Ministero della Difesa, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
L. T., rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Carlo Bonini Di Arona, Maria Ribaldone, con domicilio eletto presso Maria Ribaldone in Roma, via Angelo Brofferio, 3;

nei confronti di
R. A., L. C., F. V. C., D. R., R. C., R. C., A. Q., G. T., C. G., A. B., V. S., V. C., G. G., V. M., L. M., V. G., P. M., P. V.;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 02305/2009, resa tra le parti, concernente esclusione da concorso per ammissione di 79 allievi marescialli.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di L. T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 aprile 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Maria Ribaldone e Maurizio Greco (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Piemonte il v. Brigadiere della GDF T. L. impugnava la determinazione del 25.10.2007 del capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza con la quale egli è stato escluso da partecipazione a concorso per allievi marescialli perché, dopo l’espletamento delle prove in esito alle quali si era collocato in posizione utile in graduatoria al 21° posto su 79, era stato accertato non essere in possesso del requisito previsto all’art. 2, comma 1, lett. a), punto 4 del bando di concorso; infatti, alla data di approvazione delle graduatorie finali, risultava sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione (la censura) più grave della consegna. Il ricorrente impugnava altresì il verbale redatto in data 15.10.2007 dalla sottocommissione per l'accertamento dei requisiti per la partecipazione al concorso.

Il Tribunale adìto disponeva l’integrazione del contraddittorio mediante notifica per pubblici proclami (adempimento effettuato dal ricorrente) e successivamente accoglieva la domanda di sospensione contestuale al gravame, ammettendo con riserva il ricorrente all’ulteriore corso della procedura (con decisione n.4013/2008, questo Consiglio, su appello del Ministero, riformava detta pronunzia cautelare, rigettando l’istanza di sospensiva proposta in primo grado).

La difesa erariale, costituitasi, presentava in data 4.3.2008 istanza di regolamento di competenza.

Il ricorrente depositava il 3.3.2008 dei motivi aggiunti di ricorso, censurando la mancata formale sostituzione di uno dei membri della Commissione, in asserito contrasto con le disposizioni della “lex specialis”.

L’Avvocatura di Stato depositava, dopo una prima comparsa di costituzione, una nuova memoria con la quale lamentava la mancata delibazione sul regolamento di competenza ed eccepiva l’incompetenza territoriale del TAR Piemonte.

Il TAR, su istanza del ricorrente, si pronunciava poi in sede di esecuzione della precedente ordinanza cautelare, stante l’inerzia del’Amministrazione centrale, la quale non aveva ancora ammesso con riserva il ricorrente alla procedura concorsuale.

Con la sentenza 5/6/2009, n. 1574 la Sezione respingeva la suindicata istanza di regolamento di competenza presentata dalla difesa dello Stato, per omessa sua notificazione al controinteressato, ancorché non costituito in giudizio.

Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha infine accolto il ricorso proposto, disponendo l’annullamento del provvedimento di esclusione.

Il Ministero intimato ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente pronunzia.
Si è costituito nel giudizio il sig. T….., resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.

Con ordinanza n. 98/2010 il Consiglio ha disposto il rigetto della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dall’appellante Ministero.

Alla pubblica udienza del 17 aprile 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
1.- La controversia sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità di un atto di esclusione di concorrente da procedura per la partecipazione a concorso per allievi marescialli; l’esclusione è stata motivata col mancato possesso del requisito previsto dal Bando concorsuale e costituito dal non risultare sottoposto a procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione più grave della consegna, mentre nella fattispecie controversa l’appellato, all’esito del cennato procedimento, risulta aver riportato la sanzione della censura, irrogata a seguito di procedimento disciplinare ai sensi degli artt. 16 e 17 delle disposizioni attuative del c.p.p..

2.- La decisione gravata, che ha accolto il ricorso dell’interessato ed ha annullato la cennata esclusione, viene avversata dall’appellante Ministero sotto vari profili.

2.1.- In via preliminare, il Ministero eccepisce l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notificazione “al contro-interessato che succedeva o che gli sarebbe subentrato, ma a soggetto (Ambesi) che lo precedeva e che pertanto mai sarebbe stato leso nell’accoglimento dell’impugnazione”; secondo la tesi in esame i controinteressati sono quelli che lo seguono in graduatoria inoltre, prosegue l’appellante evidenziando come il brigadiere T…. non abbia impugnato il provvedimento con il quale è stato disposto il subentro al suo posto di altro militare (V……), seguito da specifico decreto di nomina. L’eccezione è infondata sotto diversi profili. Anzitutto il Collegio deve qui richiamare la pacifica giurisprudenza che non individua alcun controinteressato alla impugnazione di un provvedimento di esclusione per difetto dei requisiti di partecipazione al concorso (v. ex multis Cons. di Stato, sez V, n. 482 - 10 febbraio 2004). A tale fine, nel caso in esame, resta inoltre irrilevante che il difetto di requisito sia accertato dall’amministrazione in una fase successiva alla approvazione della graduatoria, poiché nell’ordinamento della Guardia di finanza l’esclusione può essere disposta in qualsiasi momento (art. 36,c.6,del d.leg.vo n.199/1995).

L’eccezione è parimenti infondata con riferimento alle collocazioni operate dalla graduatoria ed alla sua modificazione in particolare disposta, con il subentro decretato in favore del concorrente V…….; sia la graduatoria che la cennata sua modificazione non hanno costituito oggetto di impugnazione e non possono pertanto rilevare in tema di presupposti processuali di un giudizio che riguarda altro e diverso provvedimento.

2.2.- Nel merito, l’appello sostiene che avrebbe errato il primo giudice nell’affermare l’illegittimità dell’esclusione (in accoglimento del terzo motivo di ricorso) e precisamente che:

la decisione della competente Commissione disciplinare, che ha irrogato al T…… la sanzione della censura ex art. 16 disp. Att. C.p.p., non può costituire la causa di esclusione definita dalla suindicata norma del bando di concorso, che si riferisce alle sanzioni più gravi della consegna, la quale è tipica sanzione di corpo, contemplata dal Regolamento di disciplina militare;

- la sanzione della censura è eterogenea rispetto alla consegna e alle altre sanzioni militari e il pacifico principio giurisprudenziale di stretta interpretazione delle cause di esclusione dalle procedure concorsuali impone di interpretare le stesse secondo canoni di rigida tassatività e con divieto di ricorso all’interpretazione estensiva e all’analogia “legis et iuris”;

-né, “è dato riscontrare negli atti dell’Amministrazione prodromici all’impugnata determina di esclusione, un giudizio di equivalenza della sanzione della censura comminata al deducente, con le sanzioni più gravi della consegna, previste dall’ordinamento militare ed ostative alla partecipazione al concorso”.

Secondo l’appellante, che avversa queste argomentazioni, emergerebbe invece la piena legittimità dell’esclusione impugnata (disposta in applicazione peraltro di un bando non impugnato), dovendosi muovere dal principio di equiparazione stabilito (Cons. di Stato, sez. III, n. 641/1998) tra la sanzione della sospensione dal servizio (anch’essa prevista tra le cause di esclusione) e la sospensione dall’impiego e da questo dedurre l’assenza di distinzioni tipologiche tra le sanzioni e quindi, per il caso in esame, che la censura costituisce comunque sanzione più grave della sanzione militare della consegna.

La ricostruzione operata dal Ministero appellante non è condivisa dal Collegio, il quale ritiene di dover aderire alle conclusioni cui è pervenuto il primo giudice e di respingere il gravame, per le ragioni che seguono.

Premesso che la fattispecie verte su procedura di esclusione da concorso e non direttamente su sanzione irrogata ad ufficiale di polizia giudiziaria, occorre “in primis” considerare che la fonte normativa che ha determinato la sanzione della consegna, causa di esclusione dell’appellato (in quanto richiamata dall’art. 2 del bando di concorso), è costituita dall’art.16 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il quale disciplina specificamente le sanzioni specificamente irrogabili agli ufficiali di polizia giudiziaria. Tale fonte, dopo avere previsto (primo comma) la sanzione della censura e, nei casi più gravi, della sospensione dall’impiego, dispone chiaramente (comma 5) che fuori da queste ipotesi gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria rimangono soggetti alle sanzioni disciplinari stabilite dai propri ordinamenti. Da ciò deriva che il richiamo operato dalla norma del bando nella specie opera nei soli limiti delle ipotesi richiamate, sicchè appare logico ritenere che la sanzione della consegna, che per natura costituisce sanzione inerente al corpo militare di appartenenza, possa essere superata, quanto a gravità, solo da sanzioni della stessa natura in quanto comminate dalla disciplina di corpo di appartenenza, mentre la censura cui si richiamano il provvedimento impugnato ed il Bando è stata incontestabilmente irrogata nell’ambito della disciplina e delle infrazioni previste (indicate dallo stesso comma 1 della norma) per ufficiali ed agenti di quel corpo ma in quanto investiti di funzioni di p.g..

Ma oltre al dettato normativo che conferma la netta distinzione tra sanzioni inerenti al corpo di appartenenza e quelle irrogabili in quanto funzionari di p.g., osta alla tesi dell’amministrazione appellante anche il principio di tassatività che ispira il sistema sanzionatorio disciplinare e che esclude la possibilità di interpretazioni estensive in senso sfavorevole, con riflessi sui concorsi, ed a maggior ragione nei casi in cui oggetto ermeneutico sia costituito non da una norma sanzionatoria ma da una prescrizione di bando che assomma in se istituti giuridici di diversi ordinamenti quali la consegna (propria solo dell’ordinamento militare), la sospensione dal servizio e persino l’aspettativa.

Pertanto appare del tutto corretta la tesi prescelta dal TAR che, con riferimento alle situazioni sanzionatorie in argomento e previste dal bando, ha applicato la “ratio” di delimitare le cause ostative alla partecipazione al concorso, alle sole sanzioni tipiche dell’ordinamento militare di appartenenza; l’individuazione della sanzione più grave alla consegna (e che dà luogo all’esclusione di cui si discute) andava infatti ricercata nell’ambito delle sanzioni di corpo previste dall’amministrazione di appartenenza.

Pertanto l’Amministrazione, avendo preso in considerazione la sanzione della “consegna” al fine di non ammettere il ricorrente al concorso “de quo”, ha applicato in maniera incongrua il rinvio all’art. 36, c.5 del d.leg.vo n.199/1995, operato dal bando concorsuale.

- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 16/07/2012
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N. 06498/2012 REG.PROV.COLL.
N. 08585/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

SENTENZA

omissis
Provvedimento di decadenza dalla rafferma in quanto il Ministero della Difesa l’ha dichiarata decaduta dalla rafferma a seguito di decreto di citazione a giudizio del Tribunale militare di S. Maria Capua Vetere del ........ 2009, escludendola, altresì, dal concorso per il reclutamento straordinario di 3392 unità del ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente dell’esercito riservato ai volontari in ferma breve.

OMISSIS
-il decreto prendeva le mosse da una querela avanzata nei suoi confronti;
-successivamente, in data ....... 2007, la querela veniva rimessa;
-il procedimento penale si concludeva in data 12 aprile 2011 con la assoluzione della ricorrente “perché il fatto non sussiste”.

OMISSIS

La direzione generale per il personale militare bene avrebbe fatto, in ossequio ai principi costituzionali (art. 3, 4, 27 e 97) nonché del favor partecipationis – principio, quest’ultimo, che avrebbe dovuto ispirare l’azione amministrativa a fronte di una formulazione della norma (art. 3, c. 1, lett. d) del D.M. 8 luglio 2005 ) non di chiara formulazione ed interpretazione - ad interloquire con l’interessata ovvero ad informarsi esattamente sullo stato del procedimento penale, tanto più in considerazione del tempo trascorso ed a cagione della risalenza dei fatti, prima di adottare, nei confronti della OMISSIS la determinazione impugnata.

OMISSIS

Il processo penale si instaura, infatti, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal P.M. al G.U.P. ovvero, per quanto di specifico interesse ai fini della presente controversia, con il decreto di citazione a giudizio (rito alternativo contemplato dal D.M. 8 luglio 2005) che segnano anche il passaggio dalla persona dallo status di indagato a quello di imputato.

OMISSIS

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi in motivazione.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese di lite che si liquidano in € 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


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Il 17/07/2012
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Re: procedimento penale concorso

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Procedimento penale per delitto non colposo.

1) - il ricorrente, volontario in ferma prefissata quadriennale della Marina Militare, è stato escluso dalla partecipazione all’immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente della Marina Militare in quanto imputato in un procedimento penale per delitto non colposo, per cui non ha mantenuto, fino alla data di approvazione della graduatoria di merito, il requisito previsto al paragrafo 3, sottopara a., 6 alinea della circolare n. M-DGMIL 0/1/3/3/0343941/VSP del 4 agosto 2011 e successive modifiche.

IL TAR LAZIO precisa:

2) - Va, infatti, osservato che la suddetta disposizione normativa prevede, tra i requisiti generali per il reclutamento, alla lettera g.) il “non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, o pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

3) - Peraltro l’esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva di cui è causa, è stata adottata ai sensi della circolare ministeriale del 4 agosto 2011, che disciplina l’immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze Armate, per il 2011, dei volontari in ferma prefissata quadriennale reclutati ai sensi dell’art. 13, secondo comma, della legge 23 agosto 2004, n. 226 ( ora trasfuso nell’art. 704 del codice dell’ordinamento militare) e dell’art. 3 del D.P.R. n. 113/2005 (ora trasfuso nell’art. 957 del D.P.R. n. 90/2010 e successive modifiche). Tale circolare, tra i requisiti richiesti per la partecipazione all’immissione in ruolo, riproduce al paragrafo 3, sottoparagrafo a, sesto alinea il requisito previsto dal sopracitato art. 635, primo comma, lett. g) del D. L.vo n. 66 del 2010, per cui non può ragionevolmente sostenersi che tale requisito debba riferirsi soltanto ai reclutamenti del personale proveniente dai ruoli civili, e non anche al personale militare già in servizio, così come esplicitamente indicato nella suddetta circolare.

Ricorso RESPINTO.

Per completezza leggete qui sotto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

09/07/2013 201306788 Sentenza 1B


N. 06788/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03728/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3728/2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Carlo Parente e Stefano Monti, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Emilia, 81;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento di esclusione dall'immissione in servizio permanente nei ruoli della marina militare con conseguente decadenza dalla rafferma in qualità di VFP4 della marina militare e del collocamento in congedo a far data dal 01.05.2011

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il dott. Domenico Landi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 2 maggio 2012, depositato nei termini, il Sig. OMISSIS ha chiesto l’annullamento del provvedimento del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale militare, prot. n. OMISSIS, datato 27 febbraio 2012, notificato il 2 marzo 2012, con cui è stata disposta nei confronti del ricorrente l’esclusione dall’immissione in servizio permanente nei ruoli della Marina Militare, del MSG della suddetta Direzione Generale prot. n. OMISSIS, notificato al ricorrente a bordo di Nave …… in data 5 marzo 2012, con cui si è disposta la decadenza dalla rafferma in qualità di V.F. P.4 della Marina Militare Italiana ed il collocamento in congedo alla data del 1 maggio 2011, di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale, ivi espressamente compresa la circolare della suddetta Direzione Generale prot. n. OMISSIS/VSP del 4 agosto 2011, nonché, ove occorra, per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 635 del decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione.

A sostegno del gravame il ricorrente deduce le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 635, primo comma, lett. G) del D. L.vo 15 marzo 2010 n. 66.
Si sostiene che il requisito di arruolamento non si riferisce ai militari già in servizio, per i quali la condanna penale si erge a presupposto per una indagine disciplinare.

2) Illegittimità costituzionale dell’art. 635 del D. L.vo 15 marzo 2010, n. 66 per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi già esaminati con la sentenza della Corte Costituzionale n. 408 del 23/11/1993, nonché con le sentenze n. 97/1988 e n. 197/1993.

L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 290/2013 questa Sezione disponeva l’acquisizione di documentazione utile alla definizione della controversia da parte del Ministero della Difesa. All’esito del parziale adempimento della disposta istruttoria la causa, alla pubblica udienza del 26 marzo 2013, veniva trattenuta per la decisione.

Il ricorso non si appalesa fondato.

Va premesso, in punto di fatto, che il ricorrente, volontario in ferma prefissata quadriennale della Marina Militare, è stato escluso dalla partecipazione all’immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente della Marina Militare in quanto imputato in un procedimento penale per delitto non colposo, per cui non ha mantenuto, fino alla data di approvazione della graduatoria di merito, il requisito previsto al paragrafo 3, sottopara a., 6 alinea della circolare n. M-DGMIL 0/1/3/3/0343941/VSP del 4 agosto 2011 e successive modifiche.

Con la prima censura il ricorrente deduce la violazione dell’art. 635, primo comma, lettera g) del D. L.vo n. 66 del 2010, sostenendo che il requisito per l’arruolamento non si riferisce a militari già in servizio per i quali la condanna penale si erge a presupposto per una indagine disciplinare.

La doglianza non ha pregio.

Va, infatti, osservato che la suddetta disposizione normativa prevede, tra i requisiti generali per il reclutamento, alla lettera g.) il “non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, o pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

Peraltro l’esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva di cui è causa, è stata adottata ai sensi della circolare ministeriale del 4 agosto 2011, che disciplina l’immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze Armate, per il 2011, dei volontari in ferma prefissata quadriennale reclutati ai sensi dell’art. 13, secondo comma, della legge 23 agosto 2004, n. 226 ( ora trasfuso nell’art. 704 del codice dell’ordinamento militare) e dell’art. 3 del D.P.R. n. 113/2005 (ora trasfuso nell’art. 957 del D.P.R. n. 90/2010 e successive modifiche). Tale circolare, tra i requisiti richiesti per la partecipazione all’immissione in ruolo, riproduce al paragrafo 3, sottoparagrafo a, sesto alinea il requisito previsto dal sopracitato art. 635, primo comma, lett. g) del D. L.vo n. 66 del 2010, per cui non può ragionevolmente sostenersi che tale requisito debba riferirsi soltanto ai reclutamenti del personale proveniente dai ruoli civili, e non anche al personale militare già in servizio, così come esplicitamente indicato nella suddetta circolare.

Anche la seconda censura dedotta con la quale si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 635 del D. L.vo n. 66 del 2010 per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 27, 35 e 97 della Costituzione non merita adesione.

Infatti nel caso in esame la esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva in questione con la conseguente sua decadenza dalla rafferma e collocamento in congedo non discende dall’applicazione automatica del disposto dell’art. 635 sopracitato, bensì deriva unicamente dalla accertata inesistenza in capo allo stesso del requisito previsto dalla normativa regolante la materia dell’immissione in servizio permanente del personale militare volontario, in ordine al quale, peraltro, non residua per l’Amministrazione alcun margine di valutazione discrezionale.

Non appare, peraltro, illogica la scelta dell’Amministrazione della Difesa di subordinare l’immissione nei propri ruoli al possesso di determinati requisiti da parte dei soggetti interessati in considerazione dei particolari compiti affidati ai componenti delle Forze Armate.

Conclusivamente il ricorso va respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che si liquidano nella misura di Euro 2.000,00 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 09/07/2013
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Re: procedimento penale concorso

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Il Consiglio di Stato ACCOGLI l'appello del ricorrente.

decadenza dalla nomina a volontario di truppa in servizio permanente dell'esercito
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
1) - volontario in ferma breve dell’Esercito Italiano, a seguito di una colluttazione veniva sottoposto ad indagini, dal 28 novembre 2007, per il delitto di cui all’art. 588 co. 2 c.p. da parte della Procura;

2) - successivamente, in data 16 aprile 2009, egli assumeva lo status di imputato a seguito delle richieste del P.M..

3) - Nel frattempo, in data 3 dicembre 2007, l’odierno appellante presentava domanda di partecipazione al concorso per l’ammissione di 1750 unità nel ruolo di volontari di truppa in servizio permanente dell’Esercito Italiano.

4) - A distanza di circa sei mesi dall’approvazione della graduatoria, il 23 aprile 2010, veniva notificata, la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dalla nomina a vincitore di concorso ai sensi dell’art. 2 co. 2 e 4 del bando di concorso.

5) - In particolare veniva evidenziata la carenza del requisito previsto dell’art. 2 co. 1 lett. e) del bando (secondo cui i concorrenti all’atto di presentazione della domanda avrebbero dovuto dichiarare di “non avere procedimenti penali in corso per delitti non colposi”).

6) - Il 14 dicembre 2011 il Tribunale pronunciava, in favore del sig. OMISSIS, sentenza di assoluzione per il delitto a lui ascritto “perché il fatto non sussiste”.

IL CdS scrive:

7)- In effetti, grazie all’intervenuta sentenza di assoluzione, che ha travolto ogni imputazione a carico del sig. OMISSIS, verrebbe meno ogni impedimento formale alla partecipazione di quest’ultimo alla procedura concorsuale.

8) - La doglianza verte, sostanzialmente, sull’attuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità: giova pertanto specificarne la portata e l’applicazione al caso di specie. (leggete direttamente dalla sentenza che posto)

9) - A ben vedere, una rigorosa applicazione della disposizione in esame determinerebbe una disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 Cost.: in effetti mentre, correttamente, nessuna possibilità di esclusione sussiste nei confronti di chi non subisce un procedimento penale, viceversa dovrebbero essere esclusi dalla procedura i concorrenti nei cui confronti pende un procedimento penale nel periodo di tempo contemplato dalla norma, ancorché lo stesso si concluda con un’assoluzione.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201500965
- Public 2015-02-26 -


N. 00965/2015REG.PROV.COLL.
N. 07758/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7758 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso Angelo Fiore Tartaglia in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, ope legis, domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00343/2014, resa tra le parti, concernente decadenza dalla nomina a volontario di truppa in servizio permanente dell'esercito.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Tartaglia e l'avv. dello Stato Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. OMISSIS, volontario in ferma breve dell’Esercito Italiano, a seguito di una colluttazione veniva sottoposto ad indagini, dal 28 novembre 2007, per il delitto di cui all’art. 588 co. 2 c.p. da parte della Procura di OMISSIS; successivamente, in data 16 aprile 2009, egli assumeva lo status di imputato a seguito delle richieste del P.M..

Nel frattempo, in data 3 dicembre 2007, l’odierno appellante presentava domanda di partecipazione al concorso per l’ammissione di 1750 unità nel ruolo di volontari di truppa in servizio permanente dell’Esercito Italiano.

All’esito della procedura comparativa, il sig. OMISSIS si collocava in posizione utile ai fini dell’ammissione: la relativa graduatoria veniva approvata con decreto dirigenziale n. 8 del 27 ottobre 2009 e, per l’effetto, egli veniva immesso nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito, con contestuale promozione al grado di I Caporal Maggiore e con decorrenza giuridica ed amministrativa dal 31 dicembre 2008.

A distanza di circa sei mesi dall’approvazione della graduatoria, il 23 aprile 2010, veniva notificata al sig. OMISSIS, mediante raccomandata prot. n. M_DGMIL/430119552, la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza dalla nomina a vincitore di concorso ai sensi dell’art. 2 co. 2 e 4 del bando di concorso. In particolare veniva evidenziata la carenza del requisito previsto dell’art. 2 co. 1 lett. e) del bando (secondo cui i concorrenti all’atto di presentazione della domanda avrebbero dovuto dichiarare di “non avere procedimenti penali in corso per delitti non colposi”).

Al termine del procedimento istruttorio, mediante decreto n. … del 17 giugno 2010, veniva notificata al sig. OMISSIS la decadenza dalla nomina a volontario di truppa in servizio permanente, a causa dell’esclusione dalla relativa graduatoria: conseguentemente, il servizio prestato in qualità di volontario di truppa in servizio permanente, era considerato eseguito in via di fatto dalla data di immissione in servizio.

Il 14 dicembre 2011 il Tribunale di OMISSIS pronunciava, in favore del sig. OMISSIS, sentenza di assoluzione per il delitto a lui ascritto “perché il fatto non sussiste”.

Con ricorso al T.A.R. per il Veneto, il sig. OMISSIS impugnava il provvedimento con cui era stato dichiarato decaduto dalla nomina di volontario di truppa in servizio permanente, affermandone l’illegittimità in quanto fondato su un’erronea interpretazione del bando, nonché per violazione di legge e difetto di motivazione.

Il T.A.R. per il Veneto, con sentenza n. 343 del 17 marzo 2014, respingeva il ricorso, ritenendo immune da censure l’operato dell’amministrazione.

Con il presente gravame, il sig. OMISSIS impugna la decisione del T.A.R. affidando l’appello a due motivi: in particolare, con il primo motivo viene dedotta l’illogicità e l’irragionevolezza della decisione del giudice di prime cure e dell’operato dell’amministrazione nonché l’erronea interpretazione del bando di concorso; con il secondo motivo viene censurata la violazione dei principi sanciti all’art. 24 Cost. e l’eccesso di potere per omessa valutazione della situazione di fatto.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa che, con memoria, ha ritenute infondate nel merito le censure dell’appellante, concludendo per il rigetto dell’impugnazione.

Con ordinanza n. 4644 del 15 ottobre 2014 il Collegio ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito.

Chiamata all’ udienza pubblica del 20 gennaio 2015, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione, l’appellante censura la decisione del T.A.R. per il Veneto, affermando che i requisiti di partecipazione alla procedura non sarebbero stati interpretati alla luce dei principi costituzionali: l’irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione risulterebbe evidente in quanto il sig. OMISSIS è stato escluso dalla graduatoria a causa della sua qualità di indagato, nonostante il bando richiedesse, quale requisito soggettivo, l’assenza di imputazioni per reati non colposi. In tal modo secondo parte appellante, verrebbe lesa la presunzione di innocenza di cui all’art. 27 co. 2 Cost..

Inoltre, il giudice di prime cure e, ancor prima, l’amministrazione non avrebbero adeguatamente considerato la sentenza assolutoria intervenuta nei confronti dell’appellante: ne deriverebbe la lesione del principio di uguaglianza, stante la disparità di trattamento fra chi subisce un procedimento penale, con esito negativo circa l’accertamento della colpevolezza e chi, invece, non viene iscritto nel registro delle notizie di reato.

Sotto un ulteriore profilo, parte appellante ritiene che l’amministrazione abbia applicato in modo irragionevole la disposizione, contenuta nel bando, secondo la quale i requisiti soggettivi di partecipazione devono essere “posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso e mantenuti [...] fino alla data di decorrenza giuridica dell’immissione in servizio permanente”. In effetti, grazie all’intervenuta sentenza di assoluzione, che ha travolto ogni imputazione a carico del sig. OMISSIS, verrebbe meno ogni impedimento formale alla partecipazione di quest’ultimo alla procedura concorsuale.

1.2 Il motivo nel complesso è fondato.

La doglianza verte, sostanzialmente, sull’attuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità: giova pertanto specificarne la portata e l’applicazione al caso di specie.

Come è noto, il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa ed, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).

Parallelamente, la ragionevolezza costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali dell’azione amministrativa (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione, in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali.

In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza.

Sul punto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che il criterio di ragionevolezza impone di far prevalere la sostanza sulla forma qualora si sia in presenza di vizi meramente formali o procedimentali, in relazione a posizioni che abbiano assunto una consistenza tale da ingenerare un legittimo affidamento circa la loro regolarità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014 n. 5609; id. 18 agosto 2009 n. 4958; id. 2 ottobre 2007, n. 5074).

1.3 Passando all’esame del caso oggetto del presente giudizio, il bando di concorso, all’art. 2 co. 1 lett. e) indica, fra i requisiti di partecipazione, l’assenza di imputazioni in procedimenti penali in corso per delitti non colposi; il successivo co. 2 prevede, invece, che i requisiti “debbono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso e mantenuti fino alla data [...] di decorrenza giuridica per l’immissione in servizio permanente”.

La ratio della disposizione richiamata può essere riferita all’esigenza di reclutamento nell’Esercito di individui che garantiscano un adeguato livello di moralità e professionalità: proprio in virtù di ciò, deriva che la decisione di escludere il sig. OMISSIS dalla procedura di selezione risulta irragionevole sotto diversi profili.

Innanzitutto, è necessario rilevare che l’atto di approvazione della graduatoria, relativa alla procedura concorsuale, implica un preventivo esame, da parte dell’amministrazione, delle singole domande degli aspiranti volontari in servizio permanente: pertanto, è in tale sede che dovrebbero emergere eventuali criticità e carenze di requisiti tali da escludere taluno dei partecipanti.

Nel caso di specie, invece, la domanda del sig. OMISSIS, pur non menzionando esplicitamente la pendenza del procedimento penale dinanzi al Tribunale di OMISSIS, non soltanto è stata ritenuta valida, ma ha consentito all’appellante, all’esito della procedura comparativa, di collocarsi in posizione utile in graduatoria e di essere, conseguentemente, immesso in servizio.

Ulteriori dubbi circa la coerenza con i principi costituzionali sorgono in relazione al periodo di tempo, indicato dall’art. 2 co. 2 del bando, entro il quale i candidati devono possedere e mantenere i requisiti di moralità.

A ben vedere, una rigorosa applicazione della disposizione in esame determinerebbe una disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 Cost.: in effetti mentre, correttamente, nessuna possibilità di esclusione sussiste nei confronti di chi non subisce un procedimento penale, viceversa dovrebbero essere esclusi dalla procedura i concorrenti nei cui confronti pende un procedimento penale nel periodo di tempo contemplato dalla norma, ancorché lo stesso si concluda con un’assoluzione.

Ancor più evidente risulta l’irragionevolezza e la sproporzione del provvedimento n. … del 17 giugno 2010, con cui il sig. OMISSIS è stato dichiarato decaduto dalla nomina a volontario di truppa in servizio permanente, laddove si consideri che lo stesso è stato adottato a distanza di quasi otto mesi rispetto all’approvazione della graduatoria (e conseguente immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito, e contestuale promozione al grado di I Caporal Maggiore).

Risulta pertanto che la Direzione Generale per il Personale Militare, nel dichiarare la decadenza del sig. OMISSIS, non ha valutato la qualità del servizio medio tempore prestato, né il legittimo affidamento sulla stabilità della sua posizione.

Inoltre, con la conclusione del processo penale, da un lato, è venuto meno ex post ogni formale motivo ostativo alla partecipazione dell’appellante alla procedura concorsuale indetta dalla Direzione Generale per il Personale Militare e, dall’altro lato, risulta privo di fondamento il provvedimento n. … del 17 giugno 2010 con cui il sig. OMISSIS è stato dichiarato decaduto.

In definitiva, la disposizione in virtù della quale è stato adottato il provvedimento impugnato in primo grado, necessita di una lettura costituzionalmente orientata, al fine di poterne esplicitare al meglio la ratio: l’inizio di un procedimento penale, infatti, non consente di emettere un giudizio definitivo circa la moralità e la professionalità di un aspirante volontario in ferma permanente, in coerenza con quanto disposto dall’art. 27 co. 2 Cost.. Di conseguenza, venuta meno l’imputazione a carico di un individuo, nessun dubbio può essere sollevato circa la sua idoneità morale a ricoprire quel determinato ruolo.

L’esclusione di un candidato, motivata con riferimento alla mera pendenza di un procedimento penale al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura concorsuale, adottata prescindendo del tutto dalla valutazione circa l’esito di tale procedimento, quand’esso - come nella specie - sia favorevole al candidato, nel frattempo pure immesso in servizio, si inserisce in un’ottica di rigida applicazione delle norme: ne deriva una lettura formalistica della documentazione, avulsa dal riscontro oggettivo dei fatti, che si risolve, in ultima analisi, in una distorsione dei canoni di legittimità e buon andamento dell’azione amministrativa.

2. Alla luce di quanto sin qui affermato, va accolto il motivo di appello del sig. OMISSIS in relazione alla necessità di riforma della sentenza impugnata, con la quale il T.A.R. per il Veneto ha condiviso le modalità di applicazione della normativa di riferimento effettuata dall’amministrazione. Per l’effetto, si ritiene assorbito il secondo motivo di appello e va dichiarato illegittimo il provvedimento impugnato in primo grado, a causa dell’illogicità derivante dalla mancata considerazione dell’esito del procedimento penale in cui era coinvolto l’appellante.

5. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti, stante la complessità della vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: procedimento penale concorso

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Anche questo Appello è stato ACCOLTO al CdS

inidoneità al concorso per il reclutamento di volontari in ferma prefissata quadriennale (vfp4) nell'esercito per l'anno 2012
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1) - caporale maggiore dell’Esercito Italiano, veniva impiegato nel corso della sua carriera militare, nell’operazione denominata “Strade Sicure”, volta a garantire un costante presidio della rete stradale, da parte delle forze di polizia, affiancate dalle forze armate, al fine di contrastare la criminalità.

2) - Durante il servizio, nasceva una colluttazione tra uno degli agenti di polizia ed un civile, al termine della quale il secondo riportava delle lesioni. A seguito della denuncia presentata dal civile, il Giudice per le Indagini Preliminari di OMISSIS disponeva, in data 18 maggio 2011, il rinvio a giudizio - per i reati di cui agli artt. 582, 585 co. 1, 476 e 479 c.p. - nei confronti dei componenti dell’intera pattuglia.

3) - In data 8 novembre 2012, con circolare prot. M_D GMIL1 I 3 3/0408695/VSP, la Direzione Generale per il Personale Militare bandiva la procedura di immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente presso l’Esercito.

4) - Il sig. OMISSIS presentava domanda di partecipazione a tale procedura in data 28 dicembre 2012, menzionando, mediante apposita nota allegata, la pendenza del processo penale dinanzi al Tribunale.

5) - Con decreto n. 236 del 18 ottobre 2013 la Direzione Generale per il Personale Militare approvava la graduatoria relativa alla suddetta procedura: il sig. OMISSIS si collocava al OMISSIS posto e, dunque, in posizione utile ai fini dell’immissione nel ruolo di volontario in servizio permanente.

6) - Il successivo 25 ottobre 2013 veniva notificato al sig. OMISSIS il provvedimento di esclusione dal concorso e, conseguentemente, il 2 dicembre 2013, con provvedimento prot. n. M. - DGMIL2VDGMII/6/4/2013/0319485, veniva collocato in congedo illimitato.

7) - Nel frattempo, il Tribunale , con sentenza del 6 novembre 2013, assolveva il sig. OMISSIS dai reati per i quali era indagato.

Il CdS scrive:

8) - Sotto un ulteriore profilo, parte appellante impugna la decisione del giudice di prime cure per non aver preso atto, da un lato, che il procedimento penale era iniziato per una condotta tenuta dal sig. OMISSIS durante il servizio di pattugliamento notturno e, dall’altro lato, che l’amministrazione aveva consentito la partecipazione del sig. OMISSIS alla procedura concorsuale, nonostante fosse stata resa edotta della pendenza di un procedimento (o, meglio, processo) penale nei suoi confronti.

8.1) - Il motivo nel complesso è fondato.

9) - Nel caso di specie, invece, la domanda del sig. OMISSIS, pur contenendo un esplicito riferimento alla pendenza di un processo penale - e non di un generico procedimento - dinanzi al Tribunale di OMISSIS, non soltanto è stata ritenuta valida, ma ha consentito all’appellante, all’esito della procedura comparativa, di collocarsi in posizione utile in graduatoria.

10) - la Direzione Generale per il Personale Militare, nel collocare in congedo illimitato il sig. OMISSIS, non ha valutato la sentenza assolutoria medio tempore intervenuta.

11) - Con la conclusione del processo penale, da un lato, è venuto meno ex post ogni formale motivo ostativo alla partecipazione dell’appellante alla procedura concorsuale indetta dalla Direzione Generale per il Personale Militare e, dall’altro lato, risulta privo di fondamento il provvedimento prot. n. M. - DGMIL2VDGMII/6/4/2013/0319485 con cui il sig. OMISSIS era stato collocato in congedo.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201500964
- Public 2015-02-26 -


N. 00964/2015REG.PROV.COLL.
N. 07613/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7613 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso Giancarlo Viglione in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, ope legis, domicilia in Roma, Via dei Portoghesi 12;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 06287/2014, resa tra le parti, concernente inidoneità al concorso per il reclutamento di volontari in ferma prefissata quadriennale (vfp4) nell'esercito per l'anno 2012.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Viglione e l'avv. dello Stato Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il sig. OMISSIS, caporale maggiore dell’Esercito Italiano, veniva impiegato nel corso della sua carriera militare, nell’operazione denominata “Strade Sicure”, volta a garantire un costante presidio della rete stradale, da parte delle forze di polizia, affiancate dalle forze armate, al fine di contrastare la criminalità.

La sera del 26 novembre 2009, il sig. OMISSIS, unitamente ad altri due militari, veniva assegnato a sostegno di due agenti di polizia per un servizio di pattuglia notturna nella località di OMISSIS.

Durante il servizio, nasceva una colluttazione tra uno degli agenti di polizia ed un civile, al termine della quale il secondo riportava delle lesioni. A seguito della denuncia presentata dal civile, il Giudice per le Indagini Preliminari di OMISSIS disponeva, in data 18 maggio 2011, il rinvio a giudizio - per i reati di cui agli artt. 582, 585 co. 1, 476 e 479 c.p. - nei confronti dei componenti dell’intera pattuglia.

In data 8 novembre 2012, con circolare prot. M_D GMIL1 I 3 3/0408695/VSP, la Direzione Generale per il Personale Militare bandiva la procedura di immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente presso l’Esercito.

Il sig. OMISSIS presentava domanda di partecipazione a tale procedura in data 28 dicembre 2012, menzionando, mediante apposita nota allegata, la pendenza del processo penale dinanzi al Tribunale di OMISSIS.

Con decreto n. 236 del 18 ottobre 2013 la Direzione Generale per il Personale Militare approvava la graduatoria relativa alla suddetta procedura: il sig. OMISSIS si collocava al OMISSIS posto e, dunque, in posizione utile ai fini dell’immissione nel ruolo di volontario in servizio permanente.

Il successivo 25 ottobre 2013 veniva notificato al sig. OMISSIS il provvedimento di esclusione dal concorso e, conseguentemente, il 2 dicembre 2013, con provvedimento prot. n. M. - DGMIL2VDGMII/6/4/2013/0319485, veniva collocato in congedo illimitato.

Nel frattempo, il Tribunale di OMISSIS, con sentenza del 6 novembre 2013, assolveva il sig. OMISSIS dai reati per i quali era indagato.

Avverso i provvedimenti di esclusione dalla procedura e di congedo permanente, il sig. OMISSIS presentava ricorso dinanzi al T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, che con sentenza n. 6287 del 12 giugno 2014 respingeva le censure di illegittimità avanzate.

Con il presente gravame l’appellante impugna la decisione del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, affidando l’appello ad un unico articolato motivo, diretto ad evidenziare l’erroneità della decisione del giudice di prime cure e l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Si è costituito in giudizio solo formalmente il Ministero della Difesa.

Con ordinanza n. 4642 del 15 ottobre 2014 il Collegio ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante ai soli fini della fissazione dell’udienza di merito.

Chiamata all’ udienza pubblica del 20 gennaio 2015, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con l’unico motivo di impugnazione, l’appellante censura la decisione del T.A.R. per il Lazio, affermando che i requisiti di partecipazione alla procedura, contenuti nella circolare prot. M_D GMIL1 I 3 3/0408695/VSP, avrebbero dovuto essere interpretati alla luce dei principi costituzionali: a tal fine, il giudice di prime cure avrebbe dovuto considerare rilevante la presunzione di innocenza, di cui all’art. 27 Cost.. Pertanto, l’erroneità della sentenza del T.A.R. si ricaverebbe dal mancato rilievo della pronuncia di assoluzione intervenuta nei confronti del sig. OMISSIS.

Sotto un ulteriore profilo, parte appellante impugna la decisione del giudice di prime cure per non aver preso atto, da un lato, che il procedimento penale era iniziato per una condotta tenuta dal sig. OMISSIS durante il servizio di pattugliamento notturno e, dall’altro lato, che l’amministrazione aveva consentito la partecipazione del sig. OMISSIS alla procedura concorsuale, nonostante fosse stata resa edotta della pendenza di un procedimento (o, meglio, processo) penale nei suoi confronti.

1.2 Il motivo nel complesso è fondato.

La doglianza verte, sostanzialmente, sull’attuazione, da parte della pubblica amministrazione, dei principi di ragionevolezza e proporzionalità: giova pertanto specificarne la portata e l’applicazione al caso di specie.

Come è noto, il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato.

Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi.

Date tali premesse, la proporzionalità non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, ma si configura quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa ed, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità ed alla legalità.

In definitiva, il principio di proporzionalità va inteso “nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale” (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015 n. 284).

Parallelamente, la ragionevolezza costituisce un criterio al cui interno convergono altri principi generali dell’azione amministrativa (imparzialità, uguaglianza, buon andamento): l’amministrazione, in forza di tale principio, deve rispettare una direttiva di razionalità operativa al fine di evitare decisioni arbitrarie od irrazionali.

In virtù di tale principio, l’azione dei pubblici poteri non deve essere censurabile sotto il profilo della logicità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal caso concreto: da ciò deriva che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere, non può applicare meccanicamente le norme, ma deve necessariamente eseguirle in coerenza con i parametri della logicità, proporzionalità ed adeguatezza.

Sul punto, la giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che il criterio di ragionevolezza impone di far prevalere la sostanza sulla forma qualora si sia in presenza di vizi meramente formali o procedimentali, in relazione a posizioni che abbiano assunto una consistenza tale da ingenerare un legittimo affidamento circa la loro regolarità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014 n. 5609; id. 18 agosto 2009 n. 4958; id. 2 ottobre 2007, n. 5074).

1.3 Passando all’esame del caso oggetto del presente giudizio, la circolare prot. M_D GMIL1 I 3 3/0408695/VSP indica fra i requisiti di partecipazione alla procedura di immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente presso l’Esercito, l’assenza di imputazioni in procedimenti penali per delitti non colposi: tale requisito doveva essere posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda e mantenuto fino alla data di approvazione della graduatoria.

Come correttamente evidenziato dalla difesa dell’appellante, la ratio della disposizione richiamata può essere riferita all’esigenza di reclutamento nell’Esercito di individui che garantiscano un adeguato livello di moralità e professionalità: proprio in virtù di ciò, risulta che la decisione di escludere il sig. OMISSIS dalla procedura di selezione risulta irragionevole sotto diversi profili, al pari del successivo congedo illimitato.

Innanzitutto è necessario rilevare che l’atto di approvazione della graduatoria, relativa alla procedura concorsuale, implica un preventivo esame, da parte dell’amministrazione, delle singole domande degli aspiranti volontari in servizio permanente: pertanto, è in tale sede che dovrebbero emergere eventuali criticità e carenze di requisiti tali da escludere taluno dei partecipanti.

Nel caso di specie, invece, la domanda del sig. OMISSIS, pur contenendo un esplicito riferimento alla pendenza di un processo penale - e non di un generico procedimento - dinanzi al Tribunale di OMISSIS, non soltanto è stata ritenuta valida, ma ha consentito all’appellante, all’esito della procedura comparativa, di collocarsi in posizione utile in graduatoria.

Ulteriori dubbi circa la coerenza con i principi costituzionali sorgono in relazione al periodo di tempo, indicato dal paragrafo 3 della circolare prot. n. M_D GMIL1 I 3 3/0408695/VSP, entro il quale i candidati devono possedere e mantenere i requisiti di moralità. La norma prevede che “i predetti requisiti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione [...] e mantenuti fino alla data indicata al paragrafo 8 sottoparagrafo d. o, se successiva, alla data di approvazione delle graduatorie di merito di cui al medesimo paragrafo 8”.

A ben vedere, se venisse condivisa una “rigida applicazione” della disposizione in esame, si creerebbe una disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 Cost.: dovrebbero, cioè, essere esclusi dalla procedura i concorrenti nei cui confronti pende un procedimento penale nel periodo di tempo ivi considerato - ancorché lo stesso procedimento si concluda con un’assoluzione -; viceversa, l’esclusione non opererebbe qualora un procedimento penale intervenga in seguito alla approvazione delle graduatorie di merito.

Ancor più evidente risulta l’irragionevolezza e la sproporzione del provvedimento di collocamento in congedo illimitato, laddove si consideri che lo stesso è stato adottato a distanza di quasi un mese rispetto alla conclusione del procedimento penale: infatti, mentre la sentenza di assoluzione del sig. OMISSIS è intervenuta il 6 novembre 2013, il provvedimento emanato dall’amministrazione riporta la data del 2 dicembre dello stesso anno. Dunque, la Direzione Generale per il Personale Militare, nel collocare in congedo illimitato il sig. OMISSIS, non ha valutato la sentenza assolutoria medio tempore intervenuta.

Con la conclusione del processo penale, da un lato, è venuto meno ex post ogni formale motivo ostativo alla partecipazione dell’appellante alla procedura concorsuale indetta dalla Direzione Generale per il Personale Militare e, dall’altro lato, risulta privo di fondamento il provvedimento prot. n. M. - DGMIL2VDGMII/6/4/2013/0319485 con cui il sig. OMISSIS era stato collocato in congedo.

In definitiva, la disposizione in virtù della quale sono stati adottati i provvedimenti impugnati in primo grado dal sig. OMISSIS, necessita di una lettura costituzionalmente orientata, al fine di poterne esplicitare al meglio la ratio: l’inizio di un procedimento penale, infatti, non consente di emettere un giudizio definitivo circa la moralità e la professionalità di un aspirante volontario in ferma permanente, in coerenza con quanto disposto dall’art. 27 co. 2 Cost.. Di conseguenza, venuta meno l’imputazione a carico di un individuo, nessun dubbio può essere sollevato circa la sua idoneità morale a ricoprire quel determinato ruolo.

L’esclusione di un candidato, motivata con riferimento alla mera pendenza di un procedimento penale al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura concorsuale, adottata prescindendo del tutto dalla valutazione circa l’esito di tale procedimento, quand’esso - come nella specie - sia favorevole al candidato, nel frattempo pure immesso in servizio, si inserisce in un’ottica di rigida applicazione delle norme: ne deriva una lettura formalistica della documentazione, avulsa dal riscontro oggettivo dei fatti, che si risolve, in ultima analisi, in una distorsione dei canoni di legittimità e buon andamento dell’azione amministrativa.

2. Alla luce di quanto sin qui affermato, va accolto il motivo di appello del sig. OMISSIS in relazione alla necessità di riforma della sentenza impugnata, con la quale il T.A.R. per il Lazio ha condiviso la “rigida applicazione” della normativa di riferimento effettuata dall’amministrazione. Per l’effetto, vanno dichiarati illegittimi i provvedimenti impugnati in primo grado, a causa della rilevata illogicità, derivante dalla mancata considerazione dell’esito del procedimento penale in cui era coinvolto l’appellante.

5. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti, stante la complessità della vicenda contenziosa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere


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Re: procedimento penale concorso

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Il CdS bacchetta l'Amministrazione della Difesa.

Ricorso del militare ACCOLTO.

decadenza dall'immissione nel ruolo dei volontari in SPE dell’EI.
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1) - il Ministero della difesa ha indetto una procedura d’arruolamento per chiamata diretta nominativa nel ruolo dei volontari in SPE dell’EI, a favore, ai sensi dell’art. 705 del Dlg 15 marzo 2010 n. 66, dei congiunti delle vittime del dovere;

2) - Rilevato che il relativo bando ha replicato il disposto dell’art. 635, c. 1, lett. g) del Dlg 66/2010, nel senso di prevedere una clausola d’esclusione per il candidato che, al momento dell’immissione in ruolo, fosse imputato in un procedimento penale per un delitto non colposo;

3 - dopo la pubblicazione del bando della procedura de qua e la data di tal istanza, il 16 maggio 2012 il sig. OMISSIS è divenuto imputato in un procedimento penale per delitto non colposo, sì da incorrere nella causa d’esclusione in argomento, tant’è che, con nota del 7 ottobre 2013 il Ministero della difesa gli ha comunicato l’avvio del procedimento di decadenza da siffatta immissione ai sensi del citato art. 635;

4) - prima della di lui immissione in ruolo, egli è stato assolto, con sentenza del Tribunale di Lecce del 2 dicembre 2014, dal primo dei reati ascrittigli ed il secondo è stato dichiarato estinto per remissione della querela, onde occorre leggere il ripetuto art. 635 e la clausola del bando secondo ragionevolezza ed in conformità alla presunzione d’innocenza e, quindi, in base al necessario collegamento tra la qualità d’imputato e l’effettiva colpevolezza del militare;

IL CONSIGLIO DI STATO precisa:

5) - Considerato nondimeno che il significato della clausola stessa (e dell’art. 635 che la sorregge), sotto il profilo della coerenza con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., è appunto di proteggere il reclutamento da seri rischi, sicché l’interprete (e la stessa P.A.) deve fornirne una lettura costituzionalmente orientata a tal precipuo fine e nei soli limiti di protezione che esso implica, in quanto comunque l’inizio d’un procedimento penale di per sé solo non consente alla P.A. di emettere un giudizio definitivo circa la moralità e/o la professionalità del candidato al reclutamento;

6) - Considerato allora che, se la clausola ed il requisito cui essa si riferisce è e resta una modalità di protezione dal predetto rischio, ebbene per definizione essa non resiste ed esaurisce il proprio compito quando quest’ultimo, come nel caso in esame, non possa più avverarsi in concreto (p. es., per l’assoluzione del candidato imputato, di cui il TAR non ha tenuto conto) entro la definizione dell’accertamento sul possesso in capo al candidato di tutti i requisiti d’ammissione al reclutamento, poiché il di lui proscioglimento non può lasciar adito ad alcun dubbio sull’idoneità morale di questi a ricoprire quel determinato ruolo oggetto del reclutamento;

7) - Considerato anzi che, quantunque l’accertamento de quo s’appalesi una funzione amministrativa non discrezionale, la sua doverosità esclude, in generale e pure a causa dei vari valori costituzionali implicati nel requisito in questione rispetto agli altri, ogni automatismo, dovendo piuttosto eseguire la norma di protezione in coerenza con i parametri di logicità, proporzionalità e adeguatezza ai predetti valori, parametri, questi, atti ad escludere la censurabilità dell’azione amministrativa sotto il profilo della razionalità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal dato concreto;

8) - Considerato pertanto la P.A. è tenuta a verificare in concreto, se del caso con una più approfondita istruttoria e, ove occorra, anche con l’adozione di misure cautelari ex artt. 7, c. 2 e 21-quater della l. 7 agosto 1990 n. 241, l’eventuale intervenuta definizione, in senso favorevole al candidato, del procedimento penale che attiva la clausola di protezione;

Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA BREVE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201503997
- Public 2015-08-26 –


N. 03997/2015REG.PROV.COLL.
N. 05222/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 c.p.a., sul ricorso n. 5222/2015 RG, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto in Roma, v. le delle Medaglie D'Oro n. 266,

contro
il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore e la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

per la riforma
della sentenza del TAR puglia – Lecce, sez. II, n. 1237/2015, resa tra le parti e concernente la decadenza del sig. OMISSIS dall'immissione nel ruolo dei volontari in SPE dell’EI;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del 2 luglio 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l'avv. Tartaglia e l’Avvocato dello Stato Pampanelli;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;

Ritenuto in fatto che, il Ministero della difesa ha indetto una procedura d’arruolamento per chiamata diretta nominativa nel ruolo dei volontari in SPE dell’EI, a favore, ai sensi dell’art. 705 del Dlg 15 marzo 2010 n. 66, dei congiunti delle vittime del dovere;

Rilevato che il relativo bando ha replicato il disposto dell’art. 635, c. 1, lett. g) del Dlg 66/2010, nel senso di prevedere una clausola d’esclusione per il candidato che, al momento dell’immissione in ruolo, fosse imputato in un procedimento penale per un delitto non colposo;

Rilevato altresì che, in data 5 aprile 2012, il sig. OMISSIS, ritenendo di possedere i relativi requisiti, ha proposto istanza per l’immissione nei ruolo dei volontari in SPE dell’EI, onde egli vi è stato immesso, con riserva d’accertamento di tali requisiti, a far tempo dall’11 settembre 2012;

Rilevato inoltre che, dopo la pubblicazione del bando della procedura de qua e la data di tal istanza, il 16 maggio 2012 il sig. OMISSIS è divenuto imputato in un procedimento penale per delitto non colposo, sì da incorrere nella causa d’esclusione in argomento, tant’è che, con nota del 7 ottobre 2013 il Ministero della difesa gli ha comunicato l’avvio del procedimento di decadenza da siffatta immissione ai sensi del citato art. 635;

Rilevato che, di conseguenza e nonostante le articolate rimostranze del sig. OMISSIS, con decreto dirigenziale n. OMISSIS del 27 novembre 2013, comunicato il successivo 2 dicembre, egli è stato dichiarato decaduto dall’immissione in ruolo;

Rilevato allora che, avverso tali atti ed il bando (nella parte in cui prevede la clausola d’esclusione citata), è insorto il sig. OMISSIS innanzi al TAR Lecce, con il ricorso n. 210/2014 RG, deducendo in punto di diritto l’illegittimità, anche per violazione degli artt. 3, 24, 27 e 94 Cost., della decadenza a seguito dell’accertamento della mancanza del requisito in parola dopo l’immissione del militare in ruolo, perché così essa incide su un rapporto già instaurato e s’appalesa a guisa di destituzione automatica o di decadenza di diritto costituzionalmente illegittime;

Rilevato che, con sentenza n. 1237 del 16 aprile 2015, l’adito TAR ha respinto la pretesa attorea, in quanto, per un verso, la decadenza non è intervenuta su un rapporto definitivamente instaurato ma soggetto all’espressa riserva della verifica del possesso di tutti i requisiti in capo al militare e, per altro verso, il rapporto stesso si perfeziona solo dopo il definitivo accertamento di questi ultimi, regola, questa, peraltro ragionevole per una P.A. che, dovendo reclutare militari nell’ambito d’una vastissima platea di candidati, «… scelga di restringere la selezione ai soli candidati per i quali non sia discussa la condotta morale nemmeno in termini di rischio, così escludendo coloro che abbiano semplicemente un procedimento penale pendente anche per reati di scarsissimo allarme sociale …»;

Rilevato quindi che appella il sig. OMISSIS, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata perché, sebbene egli abbia acquisito la qualità d’imputato in un procedimento penale per un delitto non colposo dopo il bando e l’istanza di partecipazione, ma prima della di lui immissione in ruolo, egli è stato assolto, con sentenza del Tribunale di Lecce del 2 dicembre 2014, dal primo dei reati ascrittigli ed il secondo è stato dichiarato estinto per remissione della querela, onde occorre leggere il ripetuto art. 635 e la clausola del bando secondo ragionevolezza ed in conformità alla presunzione d’innocenza e, quindi, in base al necessario collegamento tra la qualità d’imputato e l’effettiva colpevolezza del militare;

Considerato in diritto che, sussistendone i presupposti, la presente vicenda ben può esser definita, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., con la presente sentenza succintamente motivata;

Considerato al riguardo che non si può dire del tutto irragionevole, in linea di principio, il ripetuto art. 635 (e l’omeomorfa clausola del bando) laddove stabilisce i requisiti inderogabili d’ammissione al reclutamento, nonché l’obbligo dei singoli candidati di mantenerne il possesso al momento in cui scade il termine di partecipazione alla procedura, durante quest’ultima e fino all’immissione definitiva nei ruoli;

Considerato inoltre che neppure è in sé erroneo o meritevole di censura (sia pur con i temperamenti di cui appresso) il rigore della clausola sulla assenza d’imputazione in un procedimento penale per delitto non colposo, poiché essa è preordinata a disciplinare, nella quasi totalità dei casi, la selezione d’un gran numero di militari da una platea assai ampia di candidati, sì da restringerne la scelta solo a quelli per i quali non sia discussa la condotta morale neppure in termini di rischio;

Considerato nondimeno che il significato della clausola stessa (e dell’art. 635 che la sorregge), sotto il profilo della coerenza con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., è appunto di proteggere il reclutamento da seri rischi, sicché l’interprete (e la stessa P.A.) deve fornirne una lettura costituzionalmente orientata a tal precipuo fine e nei soli limiti di protezione che esso implica, in quanto comunque l’inizio d’un procedimento penale di per sé solo non consente alla P.A. di emettere un giudizio definitivo circa la moralità e/o la professionalità del candidato al reclutamento;

Considerato allora che, se la clausola ed il requisito cui essa si riferisce è e resta una modalità di protezione dal predetto rischio, ebbene per definizione essa non resiste ed esaurisce il proprio compito quando quest’ultimo, come nel caso in esame, non possa più avverarsi in concreto (p. es., per l’assoluzione del candidato imputato, di cui il TAR non ha tenuto conto) entro la definizione dell’accertamento sul possesso in capo al candidato di tutti i requisiti d’ammissione al reclutamento, poiché il di lui proscioglimento non può lasciar adito ad alcun dubbio sull’idoneità morale di questi a ricoprire quel determinato ruolo oggetto del reclutamento;

Considerato infatti che la vicenda dell’appellante in relazione alla predetta clausola trova l’acconcia sua soluzione, immanente nell’ordinamento generale e come per tutte quelle sottoposte a condizione risolutiva, nelle regole sull’efficacia retroattiva dell’avveramento o del mancato avveramento di quest’ultima, di talché l’intervenuto proscioglimento del sig. OMISSIS elide in radice la funzione protettiva della clausola, in assenza d’una diversa e più specifica scelta del legislatore in ordine al termine massimo di vigenza di essa e di sua graduazione con riguardo alle modalità estintive;

Considerato anzi che, quantunque l’accertamento de quo s’appalesi una funzione amministrativa non discrezionale, la sua doverosità esclude, in generale e pure a causa dei vari valori costituzionali implicati nel requisito in questione rispetto agli altri, ogni automatismo, dovendo piuttosto eseguire la norma di protezione in coerenza con i parametri di logicità, proporzionalità e adeguatezza ai predetti valori, parametri, questi, atti ad escludere la censurabilità dell’azione amministrativa sotto il profilo della razionalità e dell’aderenza ai dati di fatto risultanti dal dato concreto;

Considerato pertanto la P.A. è tenuta a verificare in concreto, se del caso con una più approfondita istruttoria e, ove occorra, anche con l’adozione di misure cautelari ex artt. 7, c. 2 e 21-quater della l. 7 agosto 1990 n. 241, l’eventuale intervenuta definizione, in senso favorevole al candidato, del procedimento penale che attiva la clausola di protezione;

Considerato quindi che l’appello va accolto nei termini fin qui visti e che le spese del doppio grado di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 5222/2015 RG in epigrafe), lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Ministero della difesa al pagamento, a favore dell’appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 2 luglio 2015, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 26/08/2015
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Re: procedimento penale concorso

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Accolto.
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1) - esclusione dalla procedura concorsuale relativa all'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente nell'Esercito...

2) - il ricorrente è stato escluso dalla procedura di immissione in ruolo indicata in epigrafe in quanto sottoposto a due procedimenti penali militari

3) - stesso ricorrente è stato assolto negli stessi procedimenti con sentenza ... del 7.2.2013 del Tribunale Militare di Verona e con sentenza .... dell’11.12.2013 della Corte Militare di Appello;

4) - a seguito di tali assoluzioni ha chiesto all’intimata Amministrazione di rideterminarsi annullando in autotutela il provvedimento di esclusione;

Il Tar Lazio precisa:

5) - Considerato quindi fondato il ricorso con riferimento alla sopravvenuta assoluzione e ai motivi aggiunti nei quali è eccepito il difetto di motivazione del provvedimento di diniego dell’autotutela;

Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA BREVE ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201603230 - Public 2016-03-15 -


N. 03230/2016 REG.PROV.COLL.
N. 06044/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6044 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A. M., rappresentato e difeso dagli avv.ti Natalina Raffaelli, Giorgio Carta, Roberto Patrizi, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Carta in Roma, viale Parioli, 55;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di
G. I.;

per l'annullamento
del provvedimento M_D GMIL di esclusione dalla procedura concorsuale relativa all'immissione nel ruolo dei volontari in servizio permanente nell'Esercito per l'anno 2012 (atto di costituzione ex art. 10 d.p.r. 1199/71); ….. del 7.10.2013;

con motivi aggiunti
della nota M_D GMIL 0694136 del 28.9.2015 con la quale è stato respinto la richiesta di riesame in autotutela del suddetto provvedimento di esclusione.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2016 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Dato avviso nella stessa camera di consiglio della possibile decisione immediata nel merito del ricorso, ai sensi dell’art. 60 del cod. proc. amm., e sentite le parti;

Rilevato che il ricorrente è stato escluso dalla procedura di immissione in ruolo indicata in epigrafe in quanto sottoposto a due procedimenti penali militari (il conseguente provvedimento di esclusione è stato originariamente gravato con ricorso straordinario al Capo dello Stato opposto dal contro interessato G. G. ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 1199/1971);

Rilevato altresì che lo stesso ricorrente è stato assolto negli stessi procedimenti con sentenza n… del 7.2.2013 del Tribunale Militare di Verona e con sentenza n… dell’11.12.2013 della Corte Militare di Appello;

Considerato che a seguito di tali assoluzioni ha chiesto all’intimata Amministrazione di rideterminarsi annullando in autotutela il provvedimento di esclusione;

Rilevato che con la nota impugnata con i motivi aggiunti la stessa Amministrazione ha respinto la richiesta del ricorrente;

Ritenuta la motivazione del provvedimento di rigetto dell’autotutela inadeguata alla luce della intervenuta assoluzione (l’Amministrazione si è limitata a rilevare:” non si ravvisano elementi tali da annullare…”);

Considerato quindi fondato il ricorso con riferimento alla sopravvenuta assoluzione e ai motivi aggiunti nei quali è eccepito il difetto di motivazione del provvedimento di diniego dell’autotutela;

Ritenuto di accogliere il ricorso e i motivi aggiunti e di compensare le spese di giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente FF
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 15/03/2016
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Re: procedimento penale concorso

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Il Ministero della Difesa perde l'Appello.
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1) - ha presentato domanda di partecipazione alla procedura di immissione nel ruolo dei volontari in s.p.e.

2) - procedimento penale per delitto non colposo (condizione ostativa ai sensi del § 3.a della circolare ministeriale n. 835398 del 4 marzo 2014, che disciplina la procedura di transito)

Il CdS precisa:

3) - secondo la giurisprudenza più recente della Sezione, dalla quale non vi è ragione per discostarsi (alla sentenza n. 4495/2014, ricordata dal T.A.R., si aggiungano quelle conformi 22 giugno 2016, n. 2753, e 24 dicembre 2015, n. 5836, nonché l’ordinanza 18 novembre 2015, n. 5162),
- ) - l'immissione in servizio permanente conseguente a ferma quadriennale non è sussumibile nel concetto di “reclutamento” ex art. 635 c.o.m.; di conseguenza, a essa non possono applicarsi le cause di esclusione "automatiche" previste dal comma 1, lett. g), della medesima disposizione;

N.B.: leggete tutto il contesto qui sotto per una miglio valutazione dei fatto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201802284
– Public 2018-04-17 -


Pubblicato il 17/04/2018

N. 02284/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00289/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 289 del 2017, proposto dal Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Mariangela Ruocco e Andrea Maffettone, con domicilio eletto presso lo studio Marco Trevisan in Roma, via Ludovisi, 35;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia - sede staccata di Brescia, sezione I, 8 giugno 2016, n. 161.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato dello Stato Cesaroni e l’avvocato Fienga, su delega dell’avvocato Maffettone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel 2009 il signor -OMISSIS- è stato arruolato nell’Esercito come VFP4.

2. In data 28 maggio 2013, nelle more dell’indizione delle procedure di transito, è stato ammesso con riserva alla rafferma.

3. In data 11 marzo 2014 ha presentato domanda di partecipazione alla procedura di immissione nel ruolo dei volontari in s.p.e.

4. Accertato che il militare era imputato in un procedimento penale per delitto non colposo (condizione ostativa ai sensi del § 3.a della circolare ministeriale n. 835398 del 4 marzo 2014, che disciplina la procedura di transito), il Ministero della difesa ha respinto la domanda (provvedimento del 31 ottobre 2014) e lo ha posto in congedo illimitato a partire dal 28 maggio 2013, con scioglimento in senso negativo della riserva (provvedimento del 4 novembre 2014).

5. Il signor -OMISSIS- ha impugnato i provvedimenti a lui avversi nonché, con atto di motivi aggiunti, la graduatoria finale della procedura di transito.

6. Dopo vari provvedimenti cautelari del T.A.R. competente, è stato collocato con riserva tra i vincitori della selezione e immesso, sempre con riserva, nel ruolo s.p.e. con il grado di primo caporal maggiore.

7. Con sentenza 8 giugno 2016, n. 161, il T.A.R. per la Lombardia - sede staccata di Brescia, sez. I, affermata la propria competenza territoriale, ha accolto il ricorso, compensando fra le parti le spese di giudizio.

7.1. Sulla scorta della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. IV, 3 settembre 2014, n. 4495), il Tribunale territoriale ha considerato irrazionale equiparare le procedure per la prima immissione [ex art. 635, comma 1, lett. g), c.o.m.] e quelle per la progressione di carriera. Un vero e proprio reclutamento sarebbe previsto solo per l’ammissione alle qualifiche di VFP1 e VFP4, mentre i passaggi successivi (ingresso nei ruoli dei volontari in s.p.e. o, in alternativa, ammissione alla prima e poi alla seconda rafferma biennale) sarebbero prefigurati come normali sviluppi di carriera, ad impedire i quali sarebbe necessaria una condanna penale definitiva o una sanzione disciplinare di stato.

7.2. In conclusione, il T.A.R. ha annullato i provvedimenti impugnati, consolidando la posizione acquisita dal ricorrente e facendo salvo l’eventuale riesame in sede disciplinare da parte dell’Amministrazione militare.

8. Il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la sentenza n. 16/2016, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.

8.1. Il primo giudice avrebbe errato nel porre a fondamento della propria decisione l’art. 635 c.o.m., laddove verrebbe in questione l’art. 704 c.o.m. che, per l’immissione nel ruolo dei volontari in s.p.e., rinvia alle modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa. A sua volta, il d.m. 8 settembre 2009 [art. 4, comma 1, lett. b)] porrebbe come requisito per l’immissione in ruolo, fra gli altri, l’assenza di rinvii a giudizio in procedimenti penali per delitti non colposi e analogamente disporrebbe, per il caso di imputazione, la successiva circolare disciplinante la materia. La presenza di un rinvio a giudizio in procedimenti penali per delitti non colposi impedirebbe il consolidarsi del rapporto con il militare e l’esclusione impugnata discenderebbe immediatamente da tali presupposti normativi, in disparte comunque il dato che le circostanze esposte sarebbero incompatibili con il possesso delle qualità morali e di condotta previste dall’art. 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, richiamato dalla normativa di settore.

9. Il signor -OMISSIS- si è costituito in giudizio per resistere all’appello che ritiene inammissibile e infondato, in quanto il d.m. del 2009 non sarebbe neppure citato dalla circolare del 2014, sarebbe da considerarsi superato e inapplicabile ex art 2267 c.o.m. e la circolare - che avrebbe natura provvedimentale solo nella parte di indizione della procedura e di indicazione dei posti disponibili - di per sé non sarebbe vincolante per i destinatari e potrebbe essere disapplicata anche su iniziativa del giudice e senza onere di impugnazione della parte privata. La presunta perdita dei requisiti di qualità morali e di condotta sarebbe una inammissibile ipotesi di integrazione postuma dei provvedimenti impugnati.

9.1. Ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., il militare ha poi riproposto i motivi del ricorso introduttivo del giudizio assorbiti in primo grado:

a) difetto di notifica del provvedimento di esclusione dalla procedura concorsuale e omessa comunicazione del relativo avvio di procedimento;

b) violazione e falsa applicazione della normativa di riferimento, non potendosi applicare all’immissione in s.p.e. conseguente a ferma quadriennale le cause di esclusione automatiche ex art. 635, comma 1, lett. g), c.o.m.;

c) violazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza;

d) eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, posto che i provvedimenti impugnati sarebbero stati adottati in assenza di una pronunzia penale definitiva nei confronti di un soggetto che avrebbe sempre riportato note caratteristiche eccellenti.

10. Alla camera di consiglio del 9 marzo 2017, sull’accordo delle parti, la causa è stata rinviata al merito.

11. Le parti non hanno depositato ulteriori memorie.

12. All’udienza pubblica del 1° febbraio 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

13. L’appello dell’Amministrazione è infondato alla luce delle considerazioni che seguono:

a) secondo la giurisprudenza più recente della Sezione, dalla quale non vi è ragione per discostarsi (alla sentenza n. 4495/2014, ricordata dal T.A.R., si aggiungano quelle conformi 22 giugno 2016, n. 2753, e 24 dicembre 2015, n. 5836, nonché l’ordinanza 18 novembre 2015, n. 5162), l'immissione in servizio permanente conseguente a ferma quadriennale non è sussumibile nel concetto di “reclutamento” ex art. 635 c.o.m.; di conseguenza, a essa non possono applicarsi le cause di esclusione "automatiche" previste dal comma 1, lett. g), della medesima disposizione;

b) non può essere opposta la mancata impugnazione degli atti presupposti dei provvedimenti gravati in mancanza di uno specifico motivo di appello al riguardo e comunque perché:

I) il d.m. del 2009 non è neppure richiamato nelle premesse della circolare del 2014, quasi che la stessa Amministrazione abbia aderito alla tesi, prospettata ora dalla parte privata, dell’avvenuto “superamento” del d.m. per incompatibilità con le previsioni del c.o.m. a norma dell’art. 2267 del medesimo codice, e inteso disciplinare la procedura con la circolare in attesa dell’adozione di un nuovo atto amministrativo a carattere generale (il che avrebbe condotto a diverse conseguenze: v. l’ordinanza cautelare della Sezione 31 agosto 2016, n. 3507);

II) la circolare non risulta impugnata con il ricorso di primo grado (diversamente da quanto avvenuto nei precedenti sopra citati, anche se si tratta di un distinguishing che l’Amministrazione non coltiva), ma la circostanza non è determinante posto che, per un consolidato e risalente indirizzo giurisprudenziale - e indipendentemente dal carattere provvedimentale o no della circolare stessa - le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d'ufficio dal giudice amministrativo ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario, come sarebbe appunto nel caso di specie (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2010, n. 3877; sez. IV, 13 settembre 2012, n. 4858; sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4859; sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2916; sez. V, 30 aprile 2014, n. 2268; sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 30; sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 310; sez. III, 26 ottobre 2016, n. 4478; sez. III, 1° dicembre 2016, n. 5047);

c) l’asserita mancanza del possesso della qualità morali e di condotta non può giustificare ex post il provvedimento impugnato, trattandosi di una non consentita integrazione postuma della motivazione;

d) come ha rilevato il primo giudice, e ancor prima questo Consiglio di Stato nelle decisioni rammentate, l’eventuale interesse pubblico a non mantenere nei ranghi il militare imputato, ancor prima di una sentenza penale di condanna definitiva, può avere tutela nell’esercizio del potere disciplinare, sino alla irrogazione di una sanzione di stato.

14. Dalle considerazioni che precedono discende che, come anticipato, l’appello è infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata.

15. Considerato che la giurisprudenza sul punto controverso si è consolidata solo in epoca recente, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte privata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1° febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Paolo Troiano





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: procedimento penale concorso

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Il ricorrente perde l'Appello al CdS,

perché alla data dell’immissione in ruolo, il militare doveva considerarsi privo di un requisito indispensabile, secondo la lettura che l’Amministrazione ha dato della clausola della circolare-bando.
-------------------------------------------

1) - arruolatosi nella Marina militare dapprima come VFP1 e poi come VFP4, ha partecipato alla procedura per l’immissione nel ruolo dei volontari di truppa in s.p.e., collocandosi in posizione utile nella graduatoria di merito della specialità di appartenenza, approvata con decreto interdirigenziale n. 127 del 9 maggio 2011.

2) - Con decreto interdirigenziale n. 402 del 23 dicembre 2011, egli, assieme agli altri VFP4 utilmente collocati nelle graduatorie di merito, è stato immesso nei ruoli dei volontari in s.p.e. della Marina militare.

3) - A seguito di successivi accertamenti il signor -OMISSIS- è risultato privo di uno requisiti per l’immissione in ruolo previsti dal § 5 della circolare ministeriale del 22 luglio 2010, in quanto imputato, a seguito di decreto di citazione in giudizio, in un procedimento penale per delitto non colposo ex art. 581 c.p. pendente presso il giudice di pace di Reggio Calabria – sezione staccata di Villa San Giovanni.

4) - Di conseguenza, il militare è stato escluso dalla procedura e dalla relativa graduatoria di merito e, pertanto, dichiarato decaduto dall’immissione in ruolo (provvedimento del 26 marzo 2012);
- ) - è stato collocato in congedo illimitato per fine della ferma prefissata con decorrenza al 5 ottobre 2010 (provvedimento del 17 maggio 2012). Il servizio prestato medio tempore è stato considerato servizio di fatto.

5) - il Tribunale regionale ha ritenuto che, all’atto della domanda (10 agosto 2010), il militare sarebbe stato sprovvisto di uno dei requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura, poiché in data anteriore avrebbe acquisito la qualità di imputato (con decreto di citazione a giudizio del 22 settembre 2009).

IL RICORRENTE Precisa:

6) - il decreto di citazione a giudizio è stato emesso il 22 settembre 2010 e non il 22 settembre 2009.

IL C.D.S. Precisa:

7) - Può essere discutibile che il decreto di citazione a giudizio innanzi al giudice di pace (adottato ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) sia equiparabile al rinvio a giudizio ai fini dell’esclusione dalla procedura (Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2013, n. 1196; sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4998).
- ) - Se è vero che entrambi gli atti processuali rappresentano l’esercizio dell’azione penale (art. 405 c.p.p.) e a essi segue l’assunzione della qualità di imputato (art. 60 c.p.p.), la citazione diretta è adottata da una parte processuale e non è assistita dunque, rispetto al rinvio a giudizio, dal filtro dell’organo giudicante e dalla garanzia che questo comporta.

8) - Resta dunque incontestato che, alla data dell’immissione in ruolo, il militare doveva considerarsi privo di un requisito indispensabile, secondo la lettura che l’Amministrazione ha dato della clausola della circolare-bando. Di conseguenza, legittimamente egli è stato escluso dalla procedura e collocato in congedo illimitato.

N.B.: rileggi i punti n. 7 e 8.
---------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201802516
- Public 2018-04-26 -

Pubblicato il 26/04/2018

N. 02516/2018 REG. PROV. COLL.
N. 03849/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3849 del 2013, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Delfino, domiciliato presso la segreteria della IV sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro
Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione I, 26 febbraio 2013, n. 2065.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Antonio Delfino e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, arruolatosi nella Marina militare dapprima come VFP1 e poi come VFP4, ha partecipato alla procedura per l’immissione nel ruolo dei volontari di truppa in s.p.e., collocandosi in posizione utile nella graduatoria di merito della specialità di appartenenza, approvata con decreto interdirigenziale n. 127 del 9 maggio 2011.

2. Con decreto interdirigenziale n. 402 del 23 dicembre 2011, egli, assieme agli altri VFP4 utilmente collocati nelle graduatorie di merito, è stato immesso nei ruoli dei volontari in s.p.e. della Marina militare.

3. A seguito di successivi accertamenti il signor -OMISSIS- è risultato privo di uno requisiti per l’immissione in ruolo previsti dal § 5 della circolare ministeriale del 22 luglio 2010, in quanto imputato, a seguito di decreto di citazione in giudizio, in un procedimento penale per delitto non colposo ex art. 581 c.p. pendente presso il giudice di pace di Reggio Calabria – sezione staccata di Villa San Giovanni.

4. Di conseguenza, il militare è stato escluso dalla procedura e dalla relativa graduatoria di merito e, pertanto, dichiarato decaduto dall’immissione in ruolo (provvedimento del 26 marzo 2012); è stato collocato in congedo illimitato per fine della ferma prefissata con decorrenza al 5 ottobre 2010 (provvedimento del 17 maggio 2012). Il servizio prestato medio tempore è stato considerato servizio di fatto.

5. Il signor -OMISSIS- ha impugnato i provvedimenti avversi formulando un ricorso che il T.A.R. per il Lazio, sez. I bis, ha respinto con sentenza in forma semplificata 26 febbraio 2013, n. 2065, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. Prendendo le mosse dall’art. 635, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare), il Tribunale regionale ha ritenuto che, all’atto della domanda (10 agosto 2010), il militare sarebbe stato sprovvisto di uno dei requisiti prescritti per la partecipazione alla procedura, poiché in data anteriore avrebbe acquisito la qualità di imputato (con decreto di citazione a giudizio del 22 settembre 2009).

6. Il signor -OMISSIS- ha interposto appello avverso la sentenza n. 2065/2013 deducendo:

a) la non applicabilità dell’art. 635 c.o.m., in quanto entrato in vigore in un momento (9 ottobre 2010) successivo alla data di emanazione della circolare-bando del 22 luglio 2010; ai sensi del combinato disposto di quest’ultima e dell’art. 4 della legge 23 agosto 2004, n. 226, correttamente applicabile ratione temporis, avrebbero rilievo escludente solo le condanne penali e i rinvii a giudizio per delitti non colposi;

b) l’errata interpretazione dei fatti. La domanda di partecipazione sarebbe stata presentata in un momento antecedente alla notifica del decreto di citazione a giudizio (23 novembre 2010), peraltro affetta da nullità assoluta in quanto effettuata a mani del padre dell’appellante, non convivente, e dunque in violazione dell’art. 158 c.p.p. Solo con la comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo conclusosi con l’adozione dei provvedimenti impugnati egli avrebbe avuto cognizione del procedimento penale. Erroneamente il T.A.R. avrebbe indicato come data dell’emissione del decreto di citazione a giudizio il 22 settembre 2009 (e non 2010, come invece sarebbe corretto). Egli non sarebbe mai stato indagato per il reato di cui all’art. 581 c.p., ma solo per quello ex art. 582 c.p. (vi sarebbe un errore nel decreto di citazione, indebitamente richiamato nel provvedimento impugnato), non avrebbe dichiarato circostanze non veritiere al momento della presentazione della domanda, nulla risulterebbe dal certificato dei carichi pendenti e il procedimento penale, non ancora definito, non potrebbe costituire il presupposto per l’irrogazione di sanzioni disciplinari di status.

Con i successivi motivi, l’appellante ha riproposto le sei doglianze in cui si articola il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado: violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, che il primo giudice avrebbe omesso di considerare. In particolare, gli atti impugnati sarebbero viziati da carenza di istruttoria, illogicità, ingiustizia manifesta, violazione dei principi posti a tutela della massima partecipazione ai concorsi pubblici, dell’affidamento incolpevole e del buon andamento della P.A. La clausola del bando di concorso che prevede l’esclusione nell’ipotesi di omessa dichiarazione relativa ai procedimenti penali pendenti, come pure i consequenziali provvedimenti di esclusione, sarebbero illegittimi perché applicherebbero una sanzione sproporzionata per l’omissione di una formalità non essenziale e comunque riguarderebbero circostanze insuscettibili di incidere sulla valutazione delle qualità morali dell’interessato.

7. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio per resistere all’appello, senza svolgere difese.

8. All’udienza pubblica del 12 aprile 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

9. Il primo e il secondo motivo del gravame recano censure corrette in punto di fatto, quanto all’inapplicabilità dell’art. 635 c.o.m. e all’errata indicazione della data dell’emissione del decreto di citazione a giudizio: il codice dell’ordinamento militare non si applica ai procedimenti in corso (art. 2187 c.o.m.) quale quello in questione, bandito in data (22 luglio 2010) anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 66/2010 (9 ottobre 2010); il decreto di citazione a giudizio è stato emesso il 22 settembre 2010 e non il 22 settembre 2009. Esse non valgono tuttavia a sostenere l’appello, posto che i provvedimenti impugnati resistono comunque alle critiche che il mezzo svolge.

10. Il par. 5, lett. a), terzo alinea, della circolare ministeriale del 22 luglio 2010 indica fra i requisiti richiesti per l’immissione in ruolo dei VFP4 “l’assenza … di rinvii a giudizio in procedimenti penali in atto per delitti non colposi”. La lett. b) stabilisce che i requisiti stessi devono essere posseduti alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda di partecipazione e mantenuti sino alla effettiva immissione in s.p.e.

11. Nel caso di specie, il signor -OMISSIS-: è stato destinatario di un decreto di citazione a giudizio emesso il 22 settembre 2010; al momento dell’immissione in ruolo (23 dicembre 2011), il procedimento penale era pendente, come comunicato in data 24 dicembre 2011 dal cancelliere del giudice di pace, che ha attestato il rinvio all’udienza del 19 gennaio 2012.

12. Può essere discutibile che il decreto di citazione a giudizio innanzi al giudice di pace (adottato ai sensi dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274) sia equiparabile al rinvio a giudizio ai fini dell’esclusione dalla procedura (Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2013, n. 1196; sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4998). Se è vero che entrambi gli atti processuali rappresentano l’esercizio dell’azione penale (art. 405 c.p.p.) e a essi segue l’assunzione della qualità di imputato (art. 60 c.p.p.), la citazione diretta è adottata da una parte processuale e non è assistita dunque, rispetto al rinvio a giudizio, dal filtro dell’organo giudicante e dalla garanzia che questo comporta.

13. Senonché, nel primo motivo dell’appello l’appellante sostiene che la normativa applicabile sarebbe quella dell’art. 4 della legge n. 26/2004 (che disciplina tutt’altra materia, cioè i requisiti per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno) e della circolare-bando del 22 luglio 2010, che non solo ha contenuto diverso da quello riportato (l’elemento ostativo non è la sussistenza di “procedimenti penali pendenti”), ma costituisce il parametro di una censura estremamente rapida, sostanzialmente non motivata né sviluppata e comunque non suscettibile di essere presa in considerazione in quanto nuova rispetto al primo grado. Infatti, nelle doglianze riproposte egli sostiene la tesi diversa che il requisito soggettivo previsto dal bando (inteso sempre come “assenza di procedimento penale pendente”) sarebbe dato dal “mancato esercizio dell’azione penale (art. 405 c.p.p.), con esclusione della mera qualità di persona sottoposta ad indagini”. Nella misura in cui aggiunge che “è solo con l’inizio dell’azione penale (formulazione dell’imputazione) che l’amministrazione è tenuta ad escludere il candidato dalla procedura concorsuale, essendosi formalizzato l’esercizio del potere punitivo dello Stato”, la tesi si scontra con il disposto dell’art. 20, comma 2, lett. c), del decreto legislativo n. 274/2000, secondo il quale la citazione davanti al giudice di pace contiene l’imputazione formulata dal pubblico ministero, e non ha pregio.

14. Resta dunque incontestato che, alla data dell’immissione in ruolo, il militare doveva considerarsi privo di un requisito indispensabile, secondo la lettura che l’Amministrazione ha dato della clausola della circolare-bando. Di conseguenza, legittimamente egli è stato escluso dalla procedura e collocato in congedo illimitato.

15. Gli ulteriori argomenti sviluppati dall’appellante a sostegno delle proprie ragioni non sono convincenti in quanto:

a) il giudice amministrativo - cui nemmeno sono noti gli ulteriori sviluppi della vicenda - non può conoscere l’asserito errore di fatto nell’imputazione contenuta nella citazione a giudizio, né l’invalidità che vizierebbe la notifica;

b) non può essere invocata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato sulla necessità che solo sentenze penali definitive possano rappresentare presupposto per l’irrogazione di misure disciplinari di status, vertendosi in qui in una vicenda del tutto differente;

c) soprattutto - questo è il nucleo essenziale del ricorso di primo grado e dell’appello - è del tutto irrilevante che il militare potesse non avere consapevolezza della avvenuta emissione della citazione a giudizio al momento in cui ha presentato la domanda di partecipazione alla procedura di immissione in ruolo, perché ciò che gli viene rimproverato non è l’avere reso una dichiarazione scientemente falsa o non corrispondente al vero, ma il dato obiettivo del mancato possesso di un requisito prescritto dalla lex specialis.

16. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto con conferma, con motivazione in parte diversa, della sentenza impugnata.

17. Considerato l’esito del giudizio e la partecipazione solo formale dell’Amministrazione, le spese del presente grado possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma con motivazione in parte diversa la sentenza impugnata.

Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità dell’interessato, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: procedimento penale concorso

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Il CdS con il presente Parere rigetta il ricorso del ricorrente

1) - decadenza dal transito in servizio permanente, del concorso per titoli, per l’immissione di 987 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito, 1^ C.le Magg. VSP -OMISSIS-”;

2) - il Ministero della difesa ha motivato la causa di esclusione nel mancato possesso del requisito previsto dall’art. 2, c. 1, lett. d) del bando di concorso che così recita: “Possono partecipare al concorso i concorrenti … che sono in possesso dei seguenti requisiti: non essere stati condannati per delitti non colposi anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

3) - l’omessa comunicazione del procedimento penale pendente, di cui al precedente concorso del 2009, sarebbe avvenuta in buona fede, in quanto poi egli è stato assolto dall’imputazione di reato, ragion per cui essa sarebbe anche innocua.

Il CdS precisa:

4) - Dalla persona del ricorrente era giusto esigersi niente altro che l’ordinaria diligenza, propria dell’uomo medio, nella compilazione della domanda di partecipazione al concorso de quo.

5) - Ragion per cui, alcuna “svista” può giustificare l’omissione; a maggior ragione la ritenuta “buona fede” che sottintende comunque la consapevolezza e volontarietà della condotta tenuta nella circostanza.

6) - Il collegio osserva che ciò che rileva ai fini della verifica di legittimità dell’operato amministrativo non è l’assoluzione dal reato di cui all’art. 570 c.p. (avvenuta nel 2010 e dal quale il ricorrente vorrebbe far discendere tutta una serie di effetti positivi in suo favore) bensì il fatto di avere dichiarato (nel 2009, quindi prima della sentenza di assoluzione, quando ancora era pendente il procedimento penale) il mendacio in occasione della domanda di partecipazione al precedente concorso, in seno al quale aveva taciuto una circostanza determinante ai fini della valutazione della moralità e condotta del candidato; da tale omissione è scaturito il successivo decreto penale di condanna nel 2011 – per il reato di falsità ideologica, diverso e autonomo rispetto a quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare) che il ricorrente avrebbe dovuto menzionare nella domanda di partecipazione al concorso de quo.

7) - La valutazione del falso innocuo sconta un giudizio ex ante e non ex post, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.

8) - Il falso, peraltro, sempre secondo un giudizio ex ante, si è rivelato anche un potenziale danno nei confronti degli altri candidati nella misura in cui, a cagione degli effetti causati dalla dichiarazione non veritiera, la posizione in graduatoria di costoro può averne risentito, fino alla esclusione dalla medesima.

N.B.: Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201900695

Numero 00695/2019 e data 05/03/2019 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 13 febbraio 2019


NUMERO AFFARE 01624/2017

OGGETTO:
Ministero della difesa.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da -OMISSIS-, contro Ministero della difesa, per l’annullamento:
- del decreto del vice direttore generale del Ministero della difesa datato 14 febbraio 2013 (comunicato il 6 marzo 2013) che esclude il ricorrente dalla graduatoria di merito del “Concorso, per titoli, per l’immissione di 987 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito;

- della nota prot. 0060008, datata 26 febbraio 2013, del Ministero della difesa, I reparto -3^ Divisione - Direzione generale per il personale militare;

- della nota prot. n. MD E24084 0002373 dell’Ufficio maggiorità e personale del 185° -OMISSIS- avente ad oggetto “Relata di notifica della decadenza dal transito in servizio permanente, del concorso per titoli, per l’immissione di 987 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito, 1^ C.le Magg. VSP -OMISSIS-”;

- della nuova graduatoria redatta a seguito dell’esclusione del ricorrente dal concorso;

nonché,
per l’accertamento del diritto ad essere riammesso alla procedura concorsuale e ricollocato all’interno della graduatoria di merito.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 336571 del 30 maggio 2017 con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giuseppe Rotondo.


Con il ricorso in esame, il ricorrente – premesso di avere presentato in data 15 settembre 2011 domanda di partecipazione al concorso pubblico per titoli per il reclutamento straordinario, per il 2011, di 987 unità nel ruolo dei volontari in servizio permanente dell’Esercito (indetto con decreto dirigenziale n. 243 del 17 agosto 2011) e all’esito della procedura di essersi collocato in posizione utile al 566° posto della graduatoria – impugna l’esclusione dalla predetta graduatoria e la decadenza dalla nomina a vincitore del concorso de quo (con conseguente sua immediata collocazione in congedo illimitato) nonché il contestuale decreto n. 42, datato 4 febbraio 2013, col quale il Ministero della difesa ha motivato la causa di esclusione nel mancato possesso del requisito previsto dall’art. 2, c. 1, lett. d) del bando di concorso che così recita: “Possono partecipare al concorso i concorrenti … che sono in possesso dei seguenti requisiti: non essere stati condannati per delitti non colposi anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.

Il ricorrente è stato ritenuto mancante del suddetto requisito a cagione di un decreto penale di condanna comminatogli il -OMISSIS- per il reato di cui all’art. 483 Cod. pen. (falsità ideologica).

Tale condanna, a sua volta attiene alla dichiarazione effettuata il 7 ottobre 2009 per la partecipazione ad altro analogo concorso pubblico indetto sempre dal Ministero della difesa; in tale occasione egli dichiarò di non avere a proprio carico procedimenti penali; mentre, diversamente, era stato citato a giudizio e accusato del reato di cui all’art. 570 c.p. nell’ambito del proc. penale n. 1366/2007 accusa dalla quale è stato poi assolto con sentenza n. 584 datata 11 maggio 2010, che ha escluso l’avvenuto compimento del reato di cui all’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare).

Riferisce che l’omessa comunicazione del procedimento penale pendente, di cui al precedente concorso del 2009, sarebbe avvenuta in buona fede, in quanto poi egli è stato assolto dall’imputazione di reato, ragion per cui essa sarebbe anche innocua.

Tale “svista”, prosegue l’interessato, avrebbe avuto una inaspettata conseguenza nel 2011 allorquando egli, già assolto per il reato previsto dall’art. 570 c.p., si è visto condannare con decreto penale n. 326 del 13 aprile 2011 per la suddetta dichiarazione erronea, alla quale non fece opposizione sul ritenuto presupposto che ogni questione si sarebbe dovuta ritenere risolta in virtù dell’assoluzione pronunciata con sentenza 11 maggio 2010, n. 584.

Il ricorrente sostiene, con riguardo alla esclusione dal concorso per cui oggi e contenzioso, di avere “erroneamente ritenuto che non fosse necessario far menzione di tale decreto nella domanda, poiché la vicenda dell’accusa mossa a suo carico per il reato di cui all’art. 570 c.p. si era positivamente risolta: e comunque, l’accusa - da cui è stato in ogni caso assolto - riguardava un ipotetico mancato versamento di somme tutt’altro che rilevanti”.

Da cui, il contrasto del provvedimento impugnato con l’art. 2, c. 1, lett. d) del bando di concorso.

Deduce altresì eccesso di potere per non avere l’amministrazione considerato i precedenti professionali (per anni volontario dell’esercito) e la sua condizione familiare (necessità di assistere la propria figlia).

Il Ministero ha depositato documenti e relazione con la quale eccepisce la parziale irricevibilità del ricorso per tardività dell’impugnazione rivolta avverso il decreto di approvazione della graduatoria n. 69 del 26 marzo 2012.

Ha replicato all’eccezione e nel merito delle controdeduzioni il ricorrente con articolata memoria.

All’adunanza del 13 febbraio 2019, il ricorso è stato trattenuto per la deliberazione del parere.

Il ricorso è infondato.

La sua infondatezza consente al collegio di prescindere dall’esame del profilo di eccepita tardività del gravame.

Il ricorrente ha omesso di dichiarare nella domanda di partecipazione al concorso de quo il decreto penale di condanna inflittogli dal -OMISSIS- a cagione della dichiarazione mendace riportata nella domanda di partecipazione ad un precedente concorso pubblico indetto dallo stesso Ministero della difesa.

Egli ha, pertanto, indicato e allegato alla domanda di ammissione al concorso un elemento di giudizio utile ai fini della valutazione non corrispondente alla realtà.

È incontroverso che il requisito circa il possesso delle qualità morali e di condotta incensurabili, richiesto per l’accesso a posti nelle pubbliche amministrazioni che esercitano – come nel caso in esame - competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, va inteso avuto riguardo a comportamenti riferibili all’aspirante che facciano dubitare che il medesimo possa mantenere un comportamento consono alle funzioni da espletare.

Il Collegio ritiene, in adesione a un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che legittimamente l’amministrazione abbia fatto discendere dalla suddetta omissione le conseguenze in questa sede contestate.

Ed invero, l’amministrazione militare è tenuta a compiere un rigoroso apprezzamento del requisito in esame, a ragione dei delicati e particolari compiti di difesa cui il personale delle forze armate è destinato; anche in considerazione della circostanza che detto personale costituisce la quasi totalità del bacino di selezione ai fini del reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare.

Il provvedimento impugnato dà adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione della difesa ad escludere il ricorrente dalla procedura selettiva de qua, in vincolata applicazione della normativa di settore e del bando di concorso, alle quali, in presenza dell’accertamento della mancanza anche di uno solo dei prescritti requisiti, accede l’esclusione dalla selezione, senza cha al riguardo residuino ulteriori margini di discrezionalità.

In ragione delle esposte considerazioni, si dimostra legittima l’esclusione dalla procedura concorsuale in impugnativa, in quanto fondata su un presupposto di fatto – la cui esistenza storica non è oggetto di contestazione – con riferimento al quale la resistente amministrazione ha fondato la negativa valutazione, sotto il profilo dell’assenza dei prescritti requisiti di ordine morale e di condotta, a base dell’avversato provvedimento.

Né l’amministrazione era tenuta a svolgere un particolare sindacato sulle ragioni e circostanze del mendacio.

Dalla persona del ricorrente era giusto esigersi niente altro che l’ordinaria diligenza, propria dell’uomo medio, nella compilazione della domanda di partecipazione al concorso de quo.

Ragion per cui, alcuna “svista” può giustificare l’omissione; a maggior ragione la ritenuta “buona fede” che sottintende comunque la consapevolezza e volontarietà della condotta tenuta nella circostanza.

Il ricorrente qualifica il fatto come “falso innocuo”, sul presupposto che non avrebbe influito la dichiarazione mendace sull’asseto sostanziale del rapporto, tenuto conto dell’assoluzione dal reato di cui all’art. 570 c.p.

Il collegio osserva che ciò che rileva ai fini della verifica di legittimità dell’operato amministrativo non è l’assoluzione dal reato di cui all’art. 570 c.p. (avvenuta nel 2010 e dal quale il ricorrente vorrebbe far discendere tutta una serie di effetti positivi in suo favore) bensì il fatto di avere dichiarato (nel 2009, quindi prima della sentenza di assoluzione, quando ancora era pendente il procedimento penale) il mendacio in occasione della domanda di partecipazione al precedente concorso, in seno al quale aveva taciuto una circostanza determinante ai fini della valutazione della moralità e condotta del candidato; da tale omissione è scaturito il successivo decreto penale di condanna nel 2011 – per il reato di falsità ideologica, diverso e autonomo rispetto a quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare) che il ricorrente avrebbe dovuto menzionare nella domanda di partecipazione al concorso de quo.

La valutazione del falso innocuo sconta un giudizio ex ante e non ex post, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.

Nel caso di specie, la dichiarazione mendace era potenzialmente in grado (e così si è rivelata) di alterare l’ordine della graduatoria, fino a consentire al candidato di rientrare tra i vincitori del concorso.

Non è dubbio, che la dichiarazione, nei sensi resa, era potenzialmente idonea (e così si è anche rivelata in concreto) di incidere, influenzare, condizionare la valutazione dei requisiti soggettivi da parte dell’Amministrazione.

Il falso, peraltro, sempre secondo un giudizio ex ante, si è rivelato anche un potenziale danno nei confronti degli altri candidati nella misura in cui, a cagione degli effetti causati dalla dichiarazione non veritiera, la posizione in graduatoria di costoro può averne risentito, fino alla esclusione dalla medesima.

La prova di resistenza che introduce il ricorrente non è, pertanto, in grado di revocare in dubbio la rilevanza del mendacio nella particolarità della fattispecie in esame.

In collegamento alla precisazione appena compiuta, il Collegio ritiene che possa operare nella fattispecie la nota distinzione tra falso solo oggettivo e falso anche soggettivo e circostanziato.

Si ha, infatti, una progressione nell’accertamento del falso, scandita da una autonoma fase nella quale si accerta solo il dato oggettivo della sua sussistenza, con la determinazione di un primo ordine di conseguenze; senza che abbia luogo, in tale fase, il completo apprezzamento di esso dal punto di vista della gravità della condotta.

Il primo, autonomo ordine di conseguenze riguarda la singola procedura nella quale è emerso il falso (ancorché c.d. innocuo) e si risolve, per la sua rilevanza meramente oggettiva, nella esclusione del candidato dal concorso, senza alcuna valutazione circa l’entità e rilevanza del falso medesimo.

È solo il secondo ordine di conseguenze (estraneo alla procedura selettiva) che involgerà il (successivo) completo apprezzamento del falso da parte delle competenti autorità, con riguardo alla sua entità e grado di partecipazione soggettiva.

Alla stregua di quanto sopra argomentato, il Collegio ritiene, in conclusione, che non appare affatto illogico né sproporzionato il fatto che la dichiarazione resa dal ricorrente sia stata assunta come eloquente indice di insufficiente moralità e/o condotta.

Anche l’eventualità che il ricorrente possa essere caduto in errore avrebbe potuto, tutt’al più, attenuare il grado di responsabilità soggettiva sul piano della rilevanza penale, giammai esonerare il suo autore dalle conseguenze del proprio atto ai fini amministrativi, vale a dire nel rapporto con la pubblica amministrazione, improntato a canoni di lealtà, specie quando la dichiarazione viene resa nell’ambito di procedure selettive rette dal principio della par condicio competitorum.

Al riguardo, l’articolo 76, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 è chiaro nello stabilire che chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dallo stesso decreto decade da tutti i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

Ebbene, il Collegio ritiene che la domanda di ammissione a concorso pubblico, e le annesse dichiarazioni, costituiscano atti giuridici in senso stretto i cui effetti (giuridici) non sono quelli voluti dall’autore bensì, quelli predeterminati dalla legge che si verificano in dipendenza di due qualità del fatto: imputabilità al soggetto agente; volontarietà della (sua) condotta.

Nel caso di specie, non v’è dubbio che l’atto de quo sia imputabile soggettivamente al ricorrente e che la condotta sia stata volontaria; tanto basta a far sì che si producano gli effetti giuridici previsti dalla disciplina legale, a prescindere dalla conoscenza del valore giuridico dell’atto e dalla volontà dei suoi effetti da parte dell’autore.

In altri termini, è sufficiente l’elemento oggettivo della dichiarazione mendace, assistita dalle due qualità del fatto giuridico sopra menzionate, perché gli effetti previsti dall’ordinamento si producano de iure.

Da ultimo, il collegio osserva che con sentenza n. 48898 del 25 ottobre 2018 la Corte di cassazione (V Sezione penale), nel richiamare l’interpretazione consolidata resa dalla giurisprudenza di legittimità in tema di falsità ideologica in atto pubblico, ha ribadito che, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo e della configurabilità dello stesso, è sufficiente il dolo generico, ossia la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione.

Ebbene, poiché il contenuto della dichiarazione richiesta ai partecipanti al concorso era analiticamente scandito, quanto alla descrizione dei reati per i quali l’interessato non doveva essere stato condannato, neppure con decreto penale di condanna, tanto obbligava il ricorrente a dichiarare il vero: ciò a maggior ragione perché questi era dotato di sufficienti strumenti culturali per comprenderne il tenore; in ogni caso, prima di rendere l’attestazione di cui alla contestazione, egli avrebbe dovuto verificare se le condanne riportate - delle quali egli era del tutto consapevole essendone stato il destinatario e a diretta conoscenza - fossero o meno tra quelle elencate nella clausola del bando.

In conclusione, per quanto sopra argomentato, il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

P.Q.M.

La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone nominate nel provvedimento.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Giuseppe Rotondo Andrea Pannone




IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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