ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Allego la sentenza.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Dai 15 ai 18 anni hanno dato l'elemosina.
Ai - 15?
Si attaccano al tram come quando fecero attaccare al tram i meno 18.
I tempi cambiano, i sistemi "equi" non cambiano mai.
Evviva.
Ormai si è vaccinati.
Altri vaccini attendono i culetti.
Evviva la Giustizia.
Buongiorno signor giudice Presidente.
Buon anno a tutti.
Ai - 15?
Si attaccano al tram come quando fecero attaccare al tram i meno 18.
I tempi cambiano, i sistemi "equi" non cambiano mai.
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Evviva la Giustizia.
Buongiorno signor giudice Presidente.
Buon anno a tutti.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
qui i punti salienti:
5.2 In pratica, partendo dall’ovvio presupposto che, in ogni caso, dal combinato disposto degli artt. 52 e 54, il regime previsto dall’articolo 54, 29
primo comma, non possa che essere riferito solo al collocamento in quiescenza del militare, se non altro per lo stesso dato letterale della norma: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”, dall'esame dei due articoli - questi sì in correlazione, disponendo rispettivamente per il personale militare il diritto all'accesso al trattamento normale di pensione e la relativa misura dello stesso - appare evidente che il legislatore abbia inteso subordinare l'accesso dei militari al trattamento normale di quiescenza al possesso di determinati requisiti minimi di anzianità (utile e/o effettiva), individuati in rapporto alle diverse cause di cessazione dal servizio, individuando un coefficiente di progressione lineare pari al 2,20%.
Infatti, a tal riguardo va notato che la disaggregazione del periodo di quaranta anni previsto per raggiungere il coefficiente massimo dell’80%, espressamente previsto dal legislatore (art. 54, comma 7), determina l’attribuzione del coefficiente del 44% al primo segmento ventennale determinato dall’ovvio calcolo “2,20% all’anno*20anni=44%”.
Ovviamente, per gli effetti del secondo comma dell’art. 54, nel caso di permanenza in servizio oltre il ventesimo anno, il coefficiente, già comunque giunto al 44%, avrebbe subito un aumento pari all’1.80 % ogni anno, mentre per chi si fosse trovato nelle condizioni dettate dalla disciplina del sistema retributivo e fosse andato in pensione fra il 15° e il 20° anno, sarebbe scattato il “beneficio” previsto dall’articolo 54, primo comma, con attribuzione del 44% già dal 15° anno.
E che ciò consenta di dire che una siffatta interpretazione “restrittiva”(vale a dire la impossibilità di applicare in via generalizzata il beneficio dell’art. 54) produrrebbe effetti distorsivi violando il principio cardine della proporzionalità delle pensioni appare certamente non condivisibile. Al contrario, secondo il Collegio, tale approccio appare quello che maggiormente può essere considerato “costituzionalmente orientato” non manifestandosi violato il principio di ragionevolezza e di uguaglianza desumibile dall’art. 3 della Costituzione, evitandosi al contrario un potenziale rischio di disparità di trattamento non voluto dal legislatore che, ove avesse voluto introdurre un sistema generalizzato, non avrebbe davvero avuto necessità di prevedere quanto disposto dall’art. 54, comma 1. Oltre ad evitare, come si dirà più oltre, il pericolo di potenziali duplicazioni di benefici pensionistici.
Un primo punto fermo, quindi, è costituito dall’assunto in base al quale, stante quanto si è venuto affermando, l’applicazione tout court dell’art. 54 (nel combinato disposto dei primi due commi) e l’applicazione dell’aliquota fissa del 44% non possono essere generalizzati per tutto il personale militare, ma circoscritte a coloro i quali sono in possesso dei requisiti previsti dalla richiamata normativa, requisiti letteralmente individuabili in:
1) effettiva e definitiva cessazione dal servizio (essendo questo, ovviamente, il presupposto indispensabile per l’accesso al trattamento pensionistico);
2) concreta maturazione del diritto all’attribuzione della pensione normale, essendo in possesso di quei requisiti d’anzianità minimi, stabiliti espressamente dall’art. 52;
3) possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni………………….
Ora, se è vero, come si è affermato, che la disposizione di cui all’art. 54, primo comma, del d.P.R. n. 1092/1973, nel prevedere che al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile spetti una pensione pari al 44% della base pensionabile e, pertanto, una pensione liquidata considerando come se avesse compiuto 20 anni di servizio effettivo, è altrettanto vero che tale norma, derogando sostanzialmente al principio di cui al combinato disposto degli artt. 8 e 40 del citato decreto, per cui la pensione deve essere commisurata, in via di principio, alla durata del servizio prestato, introduce una disciplina non applicabile al di fuori del contesto di riferimento ed, in particolare, non invocabile ai fini dell’applicazione per la determinazione della quota retributiva, di cui al riportato art. 1, comma 12, lettera a) della legge n. 335/1995, del militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di servizio.
5.4 In sintesi, dunque, affermare l’autonomia delle disposizioni delle norme del decreto 1092/1973 in tema di pensioni militari, circoscrivendone l’efficacia a coloro i quali presentano i requisiti di legge, sembra condurre l’interpretazione verso una applicazione dell’aliquota del 44% in forma non generalizzata e quindi non estensibile a coloro i quali hanno lasciato il servizio con più di venti anni di servizio effettivo/utile e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni.
A conforto di tale tesi sembrerebbe militare anche l’ulteriore considerazione per cui, ove si giunga a diversa conclusione, si determinerebbe una duplice valorizzazione a fini pensionistici del periodo di servizio compreso fra l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 ed il compimento dei venti anni, che verrebbero valutati una prima volta nella quota retributiva, quale aliquota di rendimento in relazione ai venti anni di servizio, ed una seconda volta nella quota contributiva che comprenderebbe nel relativo montante anche i contributi versati nel citato periodo.
Ciò, al di là della opinabilità del regime di favor che si verrebbe a creare………………….
In proposito il Collegio, pur avendo ben presenti le affermazioni autorevolmente formulate dai giudici di merito, ritiene che per individuare la regola in concreto applicabile non al collocamento in pensione secondo il sistema retributivo ma alla quota di servizio da assoggettare al sistema retributivo nel nuovo sistema misto introdotto dalla legge 335/95, sembrerebbe corretto l’approdo secondo cui a ogni anno, dal primo al diciottesimo meno un giorno, debba essere applicato il coefficiente del 2,20%, poiché frutto del rapporto tra l’aliquota che si matura al ventesimo anno di servizio (se non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema retributivo puro) e, appunto, venti anni (44/20=2,20)………………….
nel senso che la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo.
7. Per quanto riguarda l’ulteriore quesito posto con ordinanza della Prima Sezione centrale di appello e relativo a “In caso di ritenuta spettanza del beneficio di cui all'art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità, se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”, esso, tenuto conto di quanto deciso in ordine al primo quesito posto, è da ritenersi assorbito in esso con valutazione coerentemente negativa.
5.2 In pratica, partendo dall’ovvio presupposto che, in ogni caso, dal combinato disposto degli artt. 52 e 54, il regime previsto dall’articolo 54, 29
primo comma, non possa che essere riferito solo al collocamento in quiescenza del militare, se non altro per lo stesso dato letterale della norma: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”, dall'esame dei due articoli - questi sì in correlazione, disponendo rispettivamente per il personale militare il diritto all'accesso al trattamento normale di pensione e la relativa misura dello stesso - appare evidente che il legislatore abbia inteso subordinare l'accesso dei militari al trattamento normale di quiescenza al possesso di determinati requisiti minimi di anzianità (utile e/o effettiva), individuati in rapporto alle diverse cause di cessazione dal servizio, individuando un coefficiente di progressione lineare pari al 2,20%.
Infatti, a tal riguardo va notato che la disaggregazione del periodo di quaranta anni previsto per raggiungere il coefficiente massimo dell’80%, espressamente previsto dal legislatore (art. 54, comma 7), determina l’attribuzione del coefficiente del 44% al primo segmento ventennale determinato dall’ovvio calcolo “2,20% all’anno*20anni=44%”.
Ovviamente, per gli effetti del secondo comma dell’art. 54, nel caso di permanenza in servizio oltre il ventesimo anno, il coefficiente, già comunque giunto al 44%, avrebbe subito un aumento pari all’1.80 % ogni anno, mentre per chi si fosse trovato nelle condizioni dettate dalla disciplina del sistema retributivo e fosse andato in pensione fra il 15° e il 20° anno, sarebbe scattato il “beneficio” previsto dall’articolo 54, primo comma, con attribuzione del 44% già dal 15° anno.
E che ciò consenta di dire che una siffatta interpretazione “restrittiva”(vale a dire la impossibilità di applicare in via generalizzata il beneficio dell’art. 54) produrrebbe effetti distorsivi violando il principio cardine della proporzionalità delle pensioni appare certamente non condivisibile. Al contrario, secondo il Collegio, tale approccio appare quello che maggiormente può essere considerato “costituzionalmente orientato” non manifestandosi violato il principio di ragionevolezza e di uguaglianza desumibile dall’art. 3 della Costituzione, evitandosi al contrario un potenziale rischio di disparità di trattamento non voluto dal legislatore che, ove avesse voluto introdurre un sistema generalizzato, non avrebbe davvero avuto necessità di prevedere quanto disposto dall’art. 54, comma 1. Oltre ad evitare, come si dirà più oltre, il pericolo di potenziali duplicazioni di benefici pensionistici.
Un primo punto fermo, quindi, è costituito dall’assunto in base al quale, stante quanto si è venuto affermando, l’applicazione tout court dell’art. 54 (nel combinato disposto dei primi due commi) e l’applicazione dell’aliquota fissa del 44% non possono essere generalizzati per tutto il personale militare, ma circoscritte a coloro i quali sono in possesso dei requisiti previsti dalla richiamata normativa, requisiti letteralmente individuabili in:
1) effettiva e definitiva cessazione dal servizio (essendo questo, ovviamente, il presupposto indispensabile per l’accesso al trattamento pensionistico);
2) concreta maturazione del diritto all’attribuzione della pensione normale, essendo in possesso di quei requisiti d’anzianità minimi, stabiliti espressamente dall’art. 52;
3) possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni………………….
Ora, se è vero, come si è affermato, che la disposizione di cui all’art. 54, primo comma, del d.P.R. n. 1092/1973, nel prevedere che al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile spetti una pensione pari al 44% della base pensionabile e, pertanto, una pensione liquidata considerando come se avesse compiuto 20 anni di servizio effettivo, è altrettanto vero che tale norma, derogando sostanzialmente al principio di cui al combinato disposto degli artt. 8 e 40 del citato decreto, per cui la pensione deve essere commisurata, in via di principio, alla durata del servizio prestato, introduce una disciplina non applicabile al di fuori del contesto di riferimento ed, in particolare, non invocabile ai fini dell’applicazione per la determinazione della quota retributiva, di cui al riportato art. 1, comma 12, lettera a) della legge n. 335/1995, del militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di servizio.
5.4 In sintesi, dunque, affermare l’autonomia delle disposizioni delle norme del decreto 1092/1973 in tema di pensioni militari, circoscrivendone l’efficacia a coloro i quali presentano i requisiti di legge, sembra condurre l’interpretazione verso una applicazione dell’aliquota del 44% in forma non generalizzata e quindi non estensibile a coloro i quali hanno lasciato il servizio con più di venti anni di servizio effettivo/utile e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni.
A conforto di tale tesi sembrerebbe militare anche l’ulteriore considerazione per cui, ove si giunga a diversa conclusione, si determinerebbe una duplice valorizzazione a fini pensionistici del periodo di servizio compreso fra l’anzianità maturata alla data del 31 dicembre 1995 ed il compimento dei venti anni, che verrebbero valutati una prima volta nella quota retributiva, quale aliquota di rendimento in relazione ai venti anni di servizio, ed una seconda volta nella quota contributiva che comprenderebbe nel relativo montante anche i contributi versati nel citato periodo.
Ciò, al di là della opinabilità del regime di favor che si verrebbe a creare………………….
In proposito il Collegio, pur avendo ben presenti le affermazioni autorevolmente formulate dai giudici di merito, ritiene che per individuare la regola in concreto applicabile non al collocamento in pensione secondo il sistema retributivo ma alla quota di servizio da assoggettare al sistema retributivo nel nuovo sistema misto introdotto dalla legge 335/95, sembrerebbe corretto l’approdo secondo cui a ogni anno, dal primo al diciottesimo meno un giorno, debba essere applicato il coefficiente del 2,20%, poiché frutto del rapporto tra l’aliquota che si matura al ventesimo anno di servizio (se non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema retributivo puro) e, appunto, venti anni (44/20=2,20)………………….
nel senso che la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo.
7. Per quanto riguarda l’ulteriore quesito posto con ordinanza della Prima Sezione centrale di appello e relativo a “In caso di ritenuta spettanza del beneficio di cui all'art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità, se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”, esso, tenuto conto di quanto deciso in ordine al primo quesito posto, è da ritenersi assorbito in esso con valutazione coerentemente negativa.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Salve, dovresti diventare sostenitore, compilare il modulo allegato ed inserirlo nella sezione INPS "calcoli pensionistici". Infine, attendere la disponibilità degli esperti. Di seguito riporto l'indirizzo inerente la citata sentenza.Lucio1963 ha scritto: ↑lun gen 04, 2021 3:51 pm Dove avete letto la sentenza? Poi volevo chiedervi a Voi più esperti, nel mio caso, che benefici economici avrò vi posto i miei dati arruolato cc. Ausiliario 26.12.1980 congedato 26.11.1981 riammesso in servizio il 13 10.1982 fino alla data del 31.10.2018 pensione a domanda sistema misto hanno calcolato AA 37 GG18 effettivo servizio più AA 42 +18 GG con riscatto 5 . Grazie in attesa saluto tutti e buon anno.
attenzione-linps-deve-rifare-i-calcoli- ... 75#p224961
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
questa è una tua/mia/nostra interpretazione....o meglio abbiamo il timore che...naturopata ha scritto: ↑lun gen 04, 2021 4:02 pm
2) ai -15 il 2,2 % per anno utile effettivo anziché il 2,33 attualmente applicato.
ma ne è scritto nel dispositivo della sentenza ne era oggetto della stessa....
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Sempre nelle ipotesi....se ai civili come le Polizia a tuo dire continua ad applicarsi il 2,33% mentre ai militari il 2,2 % (ovviamente - 15 al 31/12/1995) come è possibile che siano avvantaggiati i militari?naturopata ha scritto: ↑lun gen 04, 2021 4:02 pm E' una debacle totale:
1) ai + 15, si applicherà il 2,44 per anno utile effettivo sino al 1995, ovvero il quasi 44% si otterrà a 17 anni 11 mesi e 29 giorni e non più a 15 utili, quindi si perderà l'ulteriore quota contributiva (doppia) del bonus della differenza fra 15 utili e quasi 18 utili;
2) ai -15 il 2,2 % per anno utile effettivo anziché il 2,33 attualmente applicato.
Ai civili come la polizia dovrebbe continuarsi ad applicare il 2,33% per anno ed il 35% a 15 utili e quindi ancora cn il bonus fra 15 e 18 della quota contributiva in più (la doppia per intenderci), insomma forse prenderanno di più dei militari di cui al punto 1.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
da forzearmate.eu
NEWS / ART.54 PENSIONE MILITARE. Resa nota oggi la Sentenza a Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale della Corte dei Conti. E’ STATO UN “COMPROMESSO”. Vediamo come e’ andata a finire
4 Gennaio 2021 TeamNEWS
Roma, 4 gen 2020 – UNA SENTENZA DEFINITIVA CHE METTE FINE AL CONTENZIOSO SULL’ART. 54, PER UN MIGLIORE RICALCOLO DELLA PENSIONE DEL MILITARE. La Sentenza e’ la n. 1/2021/QM/PRES-SEZ depositata in Segreteria il 4/1/2021.
In sostanza sembra essere un “compromesso” poiche’ la sentenza ha riconosciuto una aliquota di calcolo del 2.44% anziche’ un’altra piu’ favorevole che era del 2.94% ed escludendo di fatto alcuni colleghi che al 31.12.1995 non avevano compiuto 15 anni di servizio cumulativo.
Pertanto il ricalcolo sara’ previsto per il solo personale, come appresso indicato:
La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Quindi piu’ anni di servizio cumulativi si hanno al 31.12.1995 ( tra i 15 e i 18) e piu’ alto sara’ il ricalcolo del rateo pensionistico. Esempio: un Maresciallo che ha 16 anni e 4 mesi al 31.12.1995 prendera’ circa 80 euro al mese nette in piu’. Si tratta di un calcolo approssimativo ma che quasi sicuramente rispondera’ alla realta’.
Ora per ricevere il ricalcolo della pensione, da parte dei colleghi che rientrano in questa sentenza, dovrebbe bastare una istanza/diffida da inviare all’INPS.
NEWS / ART.54 PENSIONE MILITARE. Resa nota oggi la Sentenza a Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale della Corte dei Conti. E’ STATO UN “COMPROMESSO”. Vediamo come e’ andata a finire
4 Gennaio 2021 TeamNEWS
Roma, 4 gen 2020 – UNA SENTENZA DEFINITIVA CHE METTE FINE AL CONTENZIOSO SULL’ART. 54, PER UN MIGLIORE RICALCOLO DELLA PENSIONE DEL MILITARE. La Sentenza e’ la n. 1/2021/QM/PRES-SEZ depositata in Segreteria il 4/1/2021.
In sostanza sembra essere un “compromesso” poiche’ la sentenza ha riconosciuto una aliquota di calcolo del 2.44% anziche’ un’altra piu’ favorevole che era del 2.94% ed escludendo di fatto alcuni colleghi che al 31.12.1995 non avevano compiuto 15 anni di servizio cumulativo.
Pertanto il ricalcolo sara’ previsto per il solo personale, come appresso indicato:
La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un’anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Quindi piu’ anni di servizio cumulativi si hanno al 31.12.1995 ( tra i 15 e i 18) e piu’ alto sara’ il ricalcolo del rateo pensionistico. Esempio: un Maresciallo che ha 16 anni e 4 mesi al 31.12.1995 prendera’ circa 80 euro al mese nette in piu’. Si tratta di un calcolo approssimativo ma che quasi sicuramente rispondera’ alla realta’.
Ora per ricevere il ricalcolo della pensione, da parte dei colleghi che rientrano in questa sentenza, dovrebbe bastare una istanza/diffida da inviare all’INPS.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Il solito delirio.........
Il secondo quesito risulta per definizione “ASSORBITO” dal primo, con la conseguenza che il 2,444% annuo vale per tutti, ANCHE PERI MENO 15, mentre l’orientamento “COERENTEMENTE NEGATIVO” espresso riguarda solo l’aliquota complessiva del 44%, che nella sua totalità viene sostanzialmente negata a tutti, sia ai più che ai meno 15......
Abbasso sempre i gufi, che alla fine (forse) ci hanno lasciato soltanto un beneficio modesto e comunque mai inferiore (da 10 anni utili in su) ad euro 400/500 lordi di aumento all’anno
Il secondo quesito risulta per definizione “ASSORBITO” dal primo, con la conseguenza che il 2,444% annuo vale per tutti, ANCHE PERI MENO 15, mentre l’orientamento “COERENTEMENTE NEGATIVO” espresso riguarda solo l’aliquota complessiva del 44%, che nella sua totalità viene sostanzialmente negata a tutti, sia ai più che ai meno 15......
Abbasso sempre i gufi, che alla fine (forse) ci hanno lasciato soltanto un beneficio modesto e comunque mai inferiore (da 10 anni utili in su) ad euro 400/500 lordi di aumento all’anno
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da Gianfranco64 »
Spiace leggere discussioni , come se fossero stati i colleghi a determinare le sentenze.
Nella parte finale del dispositivo risulta una ulteriore distinzione su quanto disposto, differenziando i più 15 dai meno 15.
La mia personale lettura, mentre per i più 15 specifica il coefficiente del 2,44 per i meno 15 specifica che non rientrano nel 44%, vero lascia dei dubbi. Ma sembrerebbe che per i più 15 la ripartizione 44/18 ovvero 2,44. Mentre escluderebbe tale ripartizione per i meno 15, lasciando invariata l’attuale ripartizione del 2,33.
Ho letto l’articolo precedente, sinceramente un aumento di 80 euro netti corrisponderebbe ad un aumento di 480 euro con coefficiente del 2,93.
Per chi volesse cimentare nei calcoli
Anni 16
13 al 1992
3 fino al 1995
13*0,011. = 1,43
3*0,011= 0,33
Retribuzione pensionabile 44000 x1,43 = 629
Retribuzione media 49000 x0,33= 161
629+161= 790 aumento lordo
790- 38%= 490,234/12= 40,85 netti al mese.
Nella parte finale del dispositivo risulta una ulteriore distinzione su quanto disposto, differenziando i più 15 dai meno 15.
La mia personale lettura, mentre per i più 15 specifica il coefficiente del 2,44 per i meno 15 specifica che non rientrano nel 44%, vero lascia dei dubbi. Ma sembrerebbe che per i più 15 la ripartizione 44/18 ovvero 2,44. Mentre escluderebbe tale ripartizione per i meno 15, lasciando invariata l’attuale ripartizione del 2,33.
Ho letto l’articolo precedente, sinceramente un aumento di 80 euro netti corrisponderebbe ad un aumento di 480 euro con coefficiente del 2,93.
Per chi volesse cimentare nei calcoli
Anni 16
13 al 1992
3 fino al 1995
13*0,011. = 1,43
3*0,011= 0,33
Retribuzione pensionabile 44000 x1,43 = 629
Retribuzione media 49000 x0,33= 161
629+161= 790 aumento lordo
790- 38%= 490,234/12= 40,85 netti al mese.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
@ Angelo...cioè tu addirittura interpreti che il 2,44% vale anche per i MENO 15 AA
E da quale passaggio della sentenza evinci ciò?

E da quale passaggio della sentenza evinci ciò?
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da Willy »
Ciao Gianfranco64.....volevo dirti....e quindi che ha preso gli arretrati con la sentenza di 1° grado e linps gli ha fatto il ricalcolo al 44% dovrà restituirli? GrazieGianfranco64 ha scritto: ↑lun gen 04, 2021 5:27 pm Spiace leggere discussioni , come se fossero stati i colleghi a determinare le sentenze.
Nella parte finale del dispositivo risulta una ulteriore distinzione su quanto disposto, differenziando i più 15 dai meno 15.
La mia personale lettura, mentre per i più 15 specifica il coefficiente del 2,44 per i meno 15 specifica che non rientrano nel 44%, vero lascia dei dubbi. Ma sembrerebbe che per i più 15 la ripartizione 44/18 ovvero 2,44. Mentre escluderebbe tale ripartizione per i meno 15, lasciando invariata l’attuale ripartizione del 2,33.
Ho letto l’articolo precedente, sinceramente un aumento di 80 euro netti corrisponderebbe ad un aumento di 480 euro con coefficiente del 2,93.
Per chi volesse cimentare nei calcoli
Anni 16
13 al 1992
3 fino al 1995
13*0,011. = 1,43
3*0,011= 0,33
Retribuzione pensionabile 44000 x1,43 = 629
Retribuzione media 49000 x0,33= 161
629+161= 790 aumento lordo
790- 38%= 490,234/12= 40,85 netti al mese.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
@@@@@@
L’ho spiegato già due volte, credo siano sufficienti, ma anche il filo conduttore della sentenza (di equità) si indirizza verso quella soluzione, inevitabile a questo punto
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da Gianfranco64 »
Per Willy
Sentenza di primo grado e pagamento.
Se INPS ha presentato appello la sentenza dovrebbe seguire l’orientamento delle sezioni unite. Quindi nuova sentenza definitiva con indicata la % del 2,44 annuo, quindi ricalcolo e conguaglio.
Se rientri in tale categoria, potresti indicare i benefici che avevi percepito con la sentenza di 1 grado. Eventualmente anche solo le % applicate.
Sentenza di primo grado e pagamento.
Se INPS ha presentato appello la sentenza dovrebbe seguire l’orientamento delle sezioni unite. Quindi nuova sentenza definitiva con indicata la % del 2,44 annuo, quindi ricalcolo e conguaglio.
Se rientri in tale categoria, potresti indicare i benefici che avevi percepito con la sentenza di 1 grado. Eventualmente anche solo le % applicate.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Ma si adesso si partirà con ottemperanze varie per la corretta interpretazione ed esecuzione di sentenza. E' davvero dura applicare l'art 54 ai + 15 (2,44%) e continuare ad applicare l'art.44 ai - 15 (2,33%). La parte finale della sentenza chiarisce che il 44% non può applicarsi a chi ha meno 15 e quindi il 2,44 non spetta perché non hanno raggiunto almeno 15 anni e quindi vige il principio generale del 44/20=2,2%. Poi magari l'INPS per i -15 mantiene il 2,33, ma la vedo dura.
In sentenza è chiarissimo:
nel senso che la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo
Chi ha meno di 15 al 1995 si attacca al tram, altrimenti avrebbe scritto con almeno un anno di servizio al 1995 con applicazione del 2,44% per ogni anno utile.
Chi ha ricevuto già gli arretrati, ovviamente se appellato, dovrà restituire gli arretrati.
In sentenza è chiarissimo:
nel senso che la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo
Chi ha meno di 15 al 1995 si attacca al tram, altrimenti avrebbe scritto con almeno un anno di servizio al 1995 con applicazione del 2,44% per ogni anno utile.
Chi ha ricevuto già gli arretrati, ovviamente se appellato, dovrà restituire gli arretrati.
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Dopo tutto il punto n. 7 inizia il DIRITTO
Dopo il 4.1 si legge:
Attualmente, vale la pena di ricordare, che diversi sono gli orientamenti che si stanno susseguendo nei giudizi innanzi a questa Corte.
Il primo interpreta la disposizione sopra richiamata nel senso che il militare che cessa il servizio con più di 20 anni di servizio utile abbia diritto ad una aliquota di rendimento del 2,33% per ogni anno di servizio sino al 15° e dell'1,8% dal 15° al 20°, esattamente come per il personale civile dello Stato (art. 44 d.P.R. 1092/1973).
La specificità di cui all'articolo 54 consisterebbe, rispetto al personale civile, nel fatto di attribuire l'aliquota del 44%, in via eccezionale, al personale che al momento dell'andata in pensione abbia maturato complessivamente una anzianità compresa tra 15 e 20 anni e sempre che la pensione risulti liquidata interamente con le regole di calcolo retributive, vigenti all'epoca dell'adozione del d.P.R. n. 1092/1973. (QUESTO SECONDO L’INPS).
Il secondo orientamento interpreta tale norma nel senso di applicare l'aliquota maggiorata del 44% in corrispondenza dei 15 e 20 anni di servizio a prescindere dal servizio maturato al momento del congedo.
In tal senso le anzianità inferiori al 15° anno sarebbero valorizzate al 2,33% l'anno per poi essere valutate al 44% in corrispondenza del 15° anno e restare ferme sino al 20° anno. Tale orientamento consentirebbe, pertanto, anche al personale cessato con 35 o 40 anni di servizio di ottenere l'aliquota di rendimento del 44% se al 31.12.1995 abbia raggiunto almeno 15 anni di servizio, con un evidente e significativo incremento della parte retributiva della pensione.
C'è infine un terzo orientamento minoritario sorto sulla base di una ulteriore evoluzione delle precedenti pronunzie. Questa tesi sostiene che dato che in corrispondenza del 15° anno di servizio effettivo vada applicata l'aliquota di rendimento del 44%, il coefficiente di rendimento debba essere del 2,93% l'anno e non del 2,33% per ogni di servizio utile per i primi 15 anni, per poi arrestarsi tra il 15° ed il 20° anno. In tal caso i benefici sulla pensione si estenderebbero anche a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 15 anni di servizio, dunque a tutti gli arruolati sino al 1995, i quali possono cioè, vantare anzianità da valorizzare con il sistema retributivo.
Da ultimo, in contrario avviso alla giurisprudenza quasi uniforme delle Sezioni centrali di appello, gli Uffici di giurisdizione siciliani di questa Corte hanno ritenuto giuridicamente non fondata e, quindi, non condivisibile l’opzione interpretativa, prevalsa appunto nella recente giurisprudenza delle Sezioni Centrali , secondo cui, nei casi d’anzianità utile ricompresa, alla data del 31.12.1995, tra i 15 ed i 20 anni, l’aliquota per il calcolo della “quota retributiva” delle pensioni, da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’art. 1, comma 12, della L. n.335/1995, in favore di tutti i militari (anche se cessati dal servizio in epoca successiva e con anzianità complessive ben maggiori di venti anni), andrebbe individuata necessariamente in quella fissa del 44%, indicata nell’art. 54, 1° comma, del D.P.R. n.1092/1973.
4.2 Ciò stante, molto nella giurisprudenza, anche recente, si è dibattuto sulla natura speciale od anche eccezionale delle richiamate norme del d.P.R. n. 1092/1973.
OMISSIS …. va osservato, secondo il Collegio, che l’art. 54, ai commi n. 1 e n. 2, stabilisce indubitabilmente per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello stabilito per il personale civile disciplinato all’art. 44 del medesimo testo unico, prevedendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento di ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
E che ciò sia pacificamente condiviso lo dimostra anche il dato letterale del quesito posto che invita questo Collegio ad esprimersi sulla spettanza o meno, al personale militare collocato a riposo con una anzianità di servizio superiore ai 20 anni, del “beneficio” previsto dall'art. 54, comma 1, d.P.R. n. 1092 del 1973.
Tuttavia, occorre chiarire che se il regime dell’aliquota unica al 44% di cui all’art. 54, comma 1, determina sicuramente un “regime di favore”, in quanto garantisce ai soggetti compresi nella “forbice” 15/20 anni un trattamento pensionistico parametrato a quello che avrebbero ottenuto, appunto, solo maturando 20 anni di servizio, tale favor - che si manifesta, dunque, rispetto alla posizione di chi ha maturato 20 anni di servizio (e si concreta nell’assimilazione a tale posizione di chi gode una anzianità di servizio di meno di 20 anni), - è solo la manifestazione dell’effetto di una norma nei confronti di coloro i quali vengono riconosciuti come aventi diritto. Non ha senso, in tale ottica, affermare, come taluna giurisprudenza ha fatto, che l’applicazione della disposizione finisca con lo sfavorire chi è cessato con una anzianità di servizio maggiore.
OMISSIS il resto del punto n. 4.
5. Atteso quanto precede il Collegio formula le seguenti osservazioni e considerazioni.
Dopo il punto 5.2 possiamo leggere:
OMISSIS
Un primo punto fermo, quindi, è costituito dall’assunto in base al quale, stante quanto si è venuto affermando, l’applicazione tout court dell’art. 54 (nel combinato disposto dei primi due commi) e l’applicazione dell’aliquota fissa del 44% non possono essere generalizzati per tutto il personale militare, ma circoscritte a coloro i quali sono in possesso dei requisiti previsti dalla richiamata normativa, requisiti letteralmente individuabili in:
1) effettiva e definitiva cessazione dal servizio (essendo questo, ovviamente, il presupposto indispensabile per l’accesso al trattamento pensionistico);
2) concreta maturazione del diritto all’attribuzione della pensione normale, essendo in possesso di quei requisiti d’anzianità minimi, stabiliti espressamente dall’art. 52;
3) possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni.
Dopo il punto 5.5 possiamo leggere:
In proposito il Collegio, pur avendo ben presenti le affermazioni autorevolmente formulate dai giudici di merito, ritiene che per individuare la regola in concreto applicabile non al collocamento in pensione secondo il sistema retributivo ma alla quota di servizio da assoggettare al sistema retributivo nel nuovo sistema misto introdotto dalla legge 335/95, sembrerebbe corretto l’approdo secondo cui a ogni anno, dal primo al diciottesimo meno un giorno, debba essere applicato il coefficiente del 2,20%, poiché frutto del rapporto tra l’aliquota che si matura al ventesimo anno di servizio (se non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema retributivo puro) e, appunto, venti anni (44/20=2,20).
Il sistema misto introdotto dalla legge n. 335/1995 impone, però, una ulteriore riflessione, data dal fatto che tale regime trova applicazione a chi, alla fine del 1995, non aveva maturato almeno 18 anni di servizio.
In altri termini, il coefficiente del 2,20% incorpora l’anomalia di essere ricavato ponendo a denominatore un numero di anni (20) diverso da quelli ai quali lo stesso potrà essere applicato (al massimo 18 meno un giorno), visto che il sistema misto si applica solo a chi, alla fine del 1995, aveva 18 anni meno un giorno di servizio.
Dalla disciplina del 1995 va, quindi, ricavato il correttivo, mettendo a denominatore il numero di anni che la legge 335/1995 fissa per essere assoggettati al sistema misto, vale a dire 18 anni meno un giorno.
Così ritenendo il coefficiente sarà, dunque, pari a 44 diviso 17 + 364/365esimi, cioè 44/17,997 = 2,445 per ogni anno.
La marginale differenza che c’è tra il predetto esito – che tiene conto del dato normativo secondo cui rientra nel sistema misto chi, alla fine del 1995, aveva 18 anni meno un giorno di servizio - e quello che si raggiungerebbe mettendo a denominatore più semplicemente “18 anni”, si apprezza solo approssimando il risultato al millesimo (44/17,997 = 2,445; 44/18=2,444), poiché con l’approssimazione al centesimo, come si fa ordinariamente, i due risultati coinciderebbero in 2,44%. Appare comunque corretto, per dare conto del percorso argomentativo seguito, far rilevare le predette differenze, lasciando all’applicazione pratica la coincidenza sostanziale.
Tale approccio, secondo il Collegio e conclusivamente, oltre che essere giuridicamente coerente con il rapporto intercorrente fra le disposizioni del d.P.R. 1092/1973 e quelle della legge n. 335/1995, appare anche rispettoso degli equilibri introdotti dalla normativa del 1973 - e non messi in discussione dalle disposizioni sopravvenute - nell’ambito dei principi generali che regolano il trattamento di quiescenza per le pensioni civili e militari.
SALTO I PUNTI N. 6 e 7.
La CdC SS.RR. conclude con il seguente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti, Sezioni riunite, in sede giurisdizionale e in sede di questione di massima, danno soluzione ai quesiti posti con le epigrafate ordinanze di deferimento del Presidente della Corte dei conti n. 12 del 12 ottobre 2020 e della Sezione prima giurisdizionale di appello nn. 26 e 27 del 14 ottobre 2020, enunciando i seguenti principi di diritto:
La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Dopo il 4.1 si legge:
Attualmente, vale la pena di ricordare, che diversi sono gli orientamenti che si stanno susseguendo nei giudizi innanzi a questa Corte.
Il primo interpreta la disposizione sopra richiamata nel senso che il militare che cessa il servizio con più di 20 anni di servizio utile abbia diritto ad una aliquota di rendimento del 2,33% per ogni anno di servizio sino al 15° e dell'1,8% dal 15° al 20°, esattamente come per il personale civile dello Stato (art. 44 d.P.R. 1092/1973).
La specificità di cui all'articolo 54 consisterebbe, rispetto al personale civile, nel fatto di attribuire l'aliquota del 44%, in via eccezionale, al personale che al momento dell'andata in pensione abbia maturato complessivamente una anzianità compresa tra 15 e 20 anni e sempre che la pensione risulti liquidata interamente con le regole di calcolo retributive, vigenti all'epoca dell'adozione del d.P.R. n. 1092/1973. (QUESTO SECONDO L’INPS).
Il secondo orientamento interpreta tale norma nel senso di applicare l'aliquota maggiorata del 44% in corrispondenza dei 15 e 20 anni di servizio a prescindere dal servizio maturato al momento del congedo.
In tal senso le anzianità inferiori al 15° anno sarebbero valorizzate al 2,33% l'anno per poi essere valutate al 44% in corrispondenza del 15° anno e restare ferme sino al 20° anno. Tale orientamento consentirebbe, pertanto, anche al personale cessato con 35 o 40 anni di servizio di ottenere l'aliquota di rendimento del 44% se al 31.12.1995 abbia raggiunto almeno 15 anni di servizio, con un evidente e significativo incremento della parte retributiva della pensione.
C'è infine un terzo orientamento minoritario sorto sulla base di una ulteriore evoluzione delle precedenti pronunzie. Questa tesi sostiene che dato che in corrispondenza del 15° anno di servizio effettivo vada applicata l'aliquota di rendimento del 44%, il coefficiente di rendimento debba essere del 2,93% l'anno e non del 2,33% per ogni di servizio utile per i primi 15 anni, per poi arrestarsi tra il 15° ed il 20° anno. In tal caso i benefici sulla pensione si estenderebbero anche a coloro che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 15 anni di servizio, dunque a tutti gli arruolati sino al 1995, i quali possono cioè, vantare anzianità da valorizzare con il sistema retributivo.
Da ultimo, in contrario avviso alla giurisprudenza quasi uniforme delle Sezioni centrali di appello, gli Uffici di giurisdizione siciliani di questa Corte hanno ritenuto giuridicamente non fondata e, quindi, non condivisibile l’opzione interpretativa, prevalsa appunto nella recente giurisprudenza delle Sezioni Centrali , secondo cui, nei casi d’anzianità utile ricompresa, alla data del 31.12.1995, tra i 15 ed i 20 anni, l’aliquota per il calcolo della “quota retributiva” delle pensioni, da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell’art. 1, comma 12, della L. n.335/1995, in favore di tutti i militari (anche se cessati dal servizio in epoca successiva e con anzianità complessive ben maggiori di venti anni), andrebbe individuata necessariamente in quella fissa del 44%, indicata nell’art. 54, 1° comma, del D.P.R. n.1092/1973.
4.2 Ciò stante, molto nella giurisprudenza, anche recente, si è dibattuto sulla natura speciale od anche eccezionale delle richiamate norme del d.P.R. n. 1092/1973.
OMISSIS …. va osservato, secondo il Collegio, che l’art. 54, ai commi n. 1 e n. 2, stabilisce indubitabilmente per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello stabilito per il personale civile disciplinato all’art. 44 del medesimo testo unico, prevedendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile. 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento di ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
E che ciò sia pacificamente condiviso lo dimostra anche il dato letterale del quesito posto che invita questo Collegio ad esprimersi sulla spettanza o meno, al personale militare collocato a riposo con una anzianità di servizio superiore ai 20 anni, del “beneficio” previsto dall'art. 54, comma 1, d.P.R. n. 1092 del 1973.
Tuttavia, occorre chiarire che se il regime dell’aliquota unica al 44% di cui all’art. 54, comma 1, determina sicuramente un “regime di favore”, in quanto garantisce ai soggetti compresi nella “forbice” 15/20 anni un trattamento pensionistico parametrato a quello che avrebbero ottenuto, appunto, solo maturando 20 anni di servizio, tale favor - che si manifesta, dunque, rispetto alla posizione di chi ha maturato 20 anni di servizio (e si concreta nell’assimilazione a tale posizione di chi gode una anzianità di servizio di meno di 20 anni), - è solo la manifestazione dell’effetto di una norma nei confronti di coloro i quali vengono riconosciuti come aventi diritto. Non ha senso, in tale ottica, affermare, come taluna giurisprudenza ha fatto, che l’applicazione della disposizione finisca con lo sfavorire chi è cessato con una anzianità di servizio maggiore.
OMISSIS il resto del punto n. 4.
5. Atteso quanto precede il Collegio formula le seguenti osservazioni e considerazioni.
Dopo il punto 5.2 possiamo leggere:
OMISSIS
Un primo punto fermo, quindi, è costituito dall’assunto in base al quale, stante quanto si è venuto affermando, l’applicazione tout court dell’art. 54 (nel combinato disposto dei primi due commi) e l’applicazione dell’aliquota fissa del 44% non possono essere generalizzati per tutto il personale militare, ma circoscritte a coloro i quali sono in possesso dei requisiti previsti dalla richiamata normativa, requisiti letteralmente individuabili in:
1) effettiva e definitiva cessazione dal servizio (essendo questo, ovviamente, il presupposto indispensabile per l’accesso al trattamento pensionistico);
2) concreta maturazione del diritto all’attribuzione della pensione normale, essendo in possesso di quei requisiti d’anzianità minimi, stabiliti espressamente dall’art. 52;
3) possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni.
Dopo il punto 5.5 possiamo leggere:
In proposito il Collegio, pur avendo ben presenti le affermazioni autorevolmente formulate dai giudici di merito, ritiene che per individuare la regola in concreto applicabile non al collocamento in pensione secondo il sistema retributivo ma alla quota di servizio da assoggettare al sistema retributivo nel nuovo sistema misto introdotto dalla legge 335/95, sembrerebbe corretto l’approdo secondo cui a ogni anno, dal primo al diciottesimo meno un giorno, debba essere applicato il coefficiente del 2,20%, poiché frutto del rapporto tra l’aliquota che si matura al ventesimo anno di servizio (se non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema retributivo puro) e, appunto, venti anni (44/20=2,20).
Il sistema misto introdotto dalla legge n. 335/1995 impone, però, una ulteriore riflessione, data dal fatto che tale regime trova applicazione a chi, alla fine del 1995, non aveva maturato almeno 18 anni di servizio.
In altri termini, il coefficiente del 2,20% incorpora l’anomalia di essere ricavato ponendo a denominatore un numero di anni (20) diverso da quelli ai quali lo stesso potrà essere applicato (al massimo 18 meno un giorno), visto che il sistema misto si applica solo a chi, alla fine del 1995, aveva 18 anni meno un giorno di servizio.
Dalla disciplina del 1995 va, quindi, ricavato il correttivo, mettendo a denominatore il numero di anni che la legge 335/1995 fissa per essere assoggettati al sistema misto, vale a dire 18 anni meno un giorno.
Così ritenendo il coefficiente sarà, dunque, pari a 44 diviso 17 + 364/365esimi, cioè 44/17,997 = 2,445 per ogni anno.
La marginale differenza che c’è tra il predetto esito – che tiene conto del dato normativo secondo cui rientra nel sistema misto chi, alla fine del 1995, aveva 18 anni meno un giorno di servizio - e quello che si raggiungerebbe mettendo a denominatore più semplicemente “18 anni”, si apprezza solo approssimando il risultato al millesimo (44/17,997 = 2,445; 44/18=2,444), poiché con l’approssimazione al centesimo, come si fa ordinariamente, i due risultati coinciderebbero in 2,44%. Appare comunque corretto, per dare conto del percorso argomentativo seguito, far rilevare le predette differenze, lasciando all’applicazione pratica la coincidenza sostanziale.
Tale approccio, secondo il Collegio e conclusivamente, oltre che essere giuridicamente coerente con il rapporto intercorrente fra le disposizioni del d.P.R. 1092/1973 e quelle della legge n. 335/1995, appare anche rispettoso degli equilibri introdotti dalla normativa del 1973 - e non messi in discussione dalle disposizioni sopravvenute - nell’ambito dei principi generali che regolano il trattamento di quiescenza per le pensioni civili e militari.
SALTO I PUNTI N. 6 e 7.
La CdC SS.RR. conclude con il seguente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti, Sezioni riunite, in sede giurisdizionale e in sede di questione di massima, danno soluzione ai quesiti posti con le epigrafate ordinanze di deferimento del Presidente della Corte dei conti n. 12 del 12 ottobre 2020 e della Sezione prima giurisdizionale di appello nn. 26 e 27 del 14 ottobre 2020, enunciando i seguenti principi di diritto:
La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.
Conseguentemente:
L’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
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