In realtà Panorama quella che citi è un'altra con ruolo 28751, mentre quella citata nella 53/2018 è il ruolo 27894 non appellata e incredibilmente passata in giudicato.panorama ha scritto:Guardate che il Giudice della sentenza che state discutendo (V. Raeli), e lo stesso che ha emesso la seguente sentenza e da me postata in data 15 agosto 2014, il quale ha accolto analogo argomento
contro
I.N.P.S. – Gestione Ex I.N.P.D.A.P. , in persona del legale rappresentante p.t.;
Ministero degli Interni, in persona del Ministro p.t.;
Comando generale dell’Arma dei Carabinieri
Comando Generale della Guardia di Finanza
Però, in quella occasione tutti i ricorrenti erano rapp.ti e difesi dall’avv. Rocco Capuzzi.
PUGLIA SENTENZA 486 16/06/2014
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA SENTENZA 486 2014 PENSIONI 16/06/2014
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La sentenza 486 è stata appellata e riformata:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai seguenti magistrati:
Luciano
calamaro
Presidente
Piero
FLOREANI
Consigliere relatore
Antonio
buccarelli
Consigliere
Luisa
de petris
Consigliere
Maria Cristina
razzano
I Referendario
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nel giudizio sugli appelli iscritti.
- al n. 49873 del registro di segreteria proposto dalla Guardia di Finanza, Centro Informatico Amministrativo Nazionale, in persona del Col. Mauro Lolli,
contro
Alberto Lamonaca, Luigi Catino, Michele Mimmo e Cataldo Grippa – quest’ultimo riassunto in confronto di Maria Vittoria Curione e Maria Pina Grippa,
- al n. 48148 del registro di segreteria proposto dal Ministero della Difesa
contro
Donato Renna, Emanuele Balli e Raffaele Vitulano,
- al n. 48081 del registro di segreteria proposto dal Ministero dell'Interno
contro
Roberto Maiorano, Fiore Bramato, Nicola Cicerello, Antonio Ciurlia, Luigi Mingione – riassunto in confronto di Angelina Vinciguerra, Maria e Raffaele Mingione -, Rosario Scarciglia, Cosima Lina Cesaria Rollo ved. Schirinzi, Mario De Carlo, Leonardo Ciro Dell’Aquila, Ruggiero Calvano, Giuseppe Antonio Ricci, Giuseppe Putalivo, Romano Quarta, Guglielmo Rizzo – riassunto in confronto di Rita Gerardi, Samuel, Gregorio e Noemi Rizzo -, Giuseppe Ria, Emilio Cursano, Domenico Lafornara – riassunto in confronto di Angela Carbotti, Michele, Grazia, Silvio e Brigida Lafornara -, Antonio Accogli, Donato Pandelli, Carmelo Giannone, Francesca De Vincenzo ved. Faggianelli, Pasquale Rignanese, Matteo Bisceglia, Cosimo Provenzano, Fernando Antonio Coletta, Vito D’Eredità e Giuseppe Petrosillo,
- al n. 49837 del registro di segreteria proposto dall’I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Filippo Mangiapane, e con questi elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria n. 29,
contro
Roberto Maiorano, Fiore Bramato, Nicola Cicerello, Antonio Ciurlia, Luigi Mingione – riassunto in confronto di Angelina Vinciguerra, Maria e Raffaele Mingione -, Rosario Scarciglia, Cosima Lina Cesaria Rollo ved. Schirinzi, Mario De Carlo, Leonardo Ciro Dell’aquila, Ruggiero Calvano, Giuseppe Antonio Ricci, Giuseppe Putalivo, Romano Quarta, Guglielmo Rizzo – riassunto in confronto di Rita Gerardi, Samuel, Gregorio e Noemi Rizzo -, Giuseppe Ria, Emilio Cursano, Domenico Lafornara – riassunto in confronto di Angela Carbotti, Michele, Grazia, Silvio e Brigida Lafornara -, Antonio Accogli, Donato Pandelli, Carmelo Giannone, Francesca De Vincenzo ved. Faggianelli, Pasquale Rignanese, Matteo Bisceglia, Cosimo Provenzano, Fernando Antonio Coletta, Vito D’Eredità e Giuseppe Petrosillo, Donato Renna, Emanuele Balli e Raffaele Vitulano, Alberto Lamonaca, Luigi Catino, Michele Mimmo, Cataldo Grippa - riassunto in confronto di Maria Vittoria Curione e Maria Pina Grippa,
avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Puglia 16 giugno 2014 n. 486;
Visti gli atti introduttivi;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Uditi, all’udienza pubblica del 16 maggio 2017, il consigliere relatore Piero Floreani, il cap. Ilaria Mangiatordi per la Guardia di Finanza, il dott. Angelo Mammone per il Ministero dell'Interno, l’avv. Giuseppina Giannico in rappresentanza dell’ente previdenziale e la dott. Maria Luisa Guttuso per il Ministero della Difesa.
Ritenuto in
FATTO
Le Amministrazioni in epigrafe e l’I.N.P.S., con distinti appelli, hanno impugnato la sentenza a mezzo della quale la Sezione territoriale ha accolto i ricorsi di soggetti già appartenenti ai ruoli delle relative branche - ovvero titolari di trattamento di riversibilità – ed accertato il diritto alla perequazione della pensione, con collegamento al trattamento stipendiale dei dipendenti di pari anzianità, oltre alla rivalutazione monetaria e gli interessi legali.
Gli appellanti, con argomentazioni sostanzialmente univoche, sostengono che la Sezione territoriale si è pronunciata sull’erroneo presupposto che dagli art. 36 e 38 della Costituzione siano desumibili principi di tipo precettivo, laddove, invece, queste disposizioni hanno natura programmatica, come si evince dalla giurisprudenza costituzionale in materia. Allegano giurisprudenza delle Sezioni centrali d’appello di questa Corte e, previa istanza cautelare preordinata alla sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, concludono per la sua riforma ed il rigetto delle domande esperite in primo grado. L’I.N.P.S., in particolare, sostiene la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della Legge 17 aprile 1985, n.141 e dei principi di diritto enunciati dalla Corte costituzionale nelle sentenze nn. 501 del 1988, 409 del 1995 e 337 del 1992, concludendo per la declaratoria di non spettanza dei miglioramenti economici corrisposti al personale in attività di servizio.
Le parti appellate si sono costituite a mezzo dell’avv. Rocco Capuzzi, il quale ha presentato memoria il 14 gennaio 2015, con la quale conclude per il rigetto del gravame, mediante conclusioni reiterate con la successiva memoria depositata il 17 ottobre 2016.
La Sezione, con ordinanze 23 gennaio 2015 n. 9 e 16 novembre 2015 n. 88, ha accolto le istanze cautelari presentate dalla Guardia di Finanza e dai Ministeri dell’Interno e della Difesa per la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.
Con ordinanza 11 gennaio 2016 n. 1, i giudizi d’appello sono stati interrotti per morte degli appellati Cataldo Grippa e Domenico Lafornara, mentre, con la successiva ordinanza 26 ottobre 2016 n. 88, il procedimento n. 49837 è stato interrotto per morte degli appellati Guglielmo Rizzo e Luigi Mingione. I giudizi sono stati ritualmente riassunti in confronto degli eredi delle parti decedute.
All’udienza, le parti appellanti si sono riportate alle difese scritte ed insistito per l’accoglimento delle conclusioni già formulate.
Considerato in
DIRITTO
L’oggetto del giudizio riguarda l’accertamento del diritto, fatto valere da ex dipendenti delle amministrazioni in epigrafe, ovvero da vedove in godimento di pensione di riversibilità, alla sistematica riliquidazione del trattamento pensionistico di cui sono titolari, in funzione dell’adeguamento alla dinamica delle retribuzioni e del complessivo trattamento economico fruito dal corrispondente personale in attività di servizio.
Poiché gli appelli sono stati proposti contro la stessa sentenza, va disposta la riunione dei relativi procedimenti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
I gravami sono fondati relativamente a tutte le posizioni per le seguenti ragioni.
Non esiste, invero, nell'attuale ordinamento una disposizione legislativa che consenta, in via di automatismo o, comunque, per effetto di una perequazione in senso tecnico, l'adeguamento del trattamento pensionistico al trattamento d'attività riferito a posizioni lavorative riflettenti analogia di grado e qualifica. La stessa Corte costituzionale, mentre ha riconosciuto in linea generale che i principi di adeguatezza e proporzionalità della pensione comportano una commisurazione del trattamento di quiescenza al reddito percepito in costanza di rapporto di lavoro, ha affermato che tale valutazione è riservata al legislatore in funzione del bilanciamento tra esigenze varie nel quadro degli indirizzi di politica economica e delle concrete disponibilità finanziarie (cfr. C.cost. nn. 226 del 1993; 173 del 1986). In questo ordine di idee, l'operato del legislatore sarebbe censurabile soltanto laddove si riscontrasse la mancata previsione di un qualsivoglia meccanismo di raccordo fra le variazioni retributive indotte dagli aumenti del pubblico impiego ed il computo delle pensioni.
In tal modo, la Corte costituzionale ha posto riparo a situazioni di tal fatta, sancendo talvolta l'illegittimità costituzionale di disposizioni che non prevedevano la riliquidazione delle pensioni relative a categorie particolari di personale (così con la sentenza 21 aprile-5 maggio 1988 n. 501 - a fronte della radicale ristrutturazione del sistema retributivo del personale in servizio). Analogamente, con la sentenza 8-9 gennaio 1991 n. 1, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del Decreto Legge 16 settembre 1987, n. 379 conv. con Legge 14 novembre 1987, n. 468 nella parte in cui non disponeva a favore dei dirigenti collocati a riposo anteriormente alla data del 1° gennaio 1979 la riliquidazione della pensione sulla base degli stipendi derivanti dall'applicazione di testi normativi specifici (D.L. 27 settembre 1982, n. 681, conv. con Legge 20 novembre 1982, n. 869; Legge 17 aprile 1984, n. 79; D.L. 11 gennaio 1985, n. 2, conv. con Legge 8 marzo 1985, n. 72; D.L. 10 maggio 1986, n. 154, conv. con Legge 11 luglio 1986, n. 341).
Per quanto attiene, in particolare, alla riliquidazione della pensione in applicazione dei principi enunciati dalla sopravvenuta sentenza n. 1 del 1991, è utile precisare che dalla sua motivazione si può evincere soltanto l'irrazionale discriminazione verificatasi in un determinato contesto storico e normativo tra il trattamento di quiescenza di coloro che erano stati collocati a riposo anteriormente al 1° gennaio 1979 e quello dei dirigenti cessati dopo tale data, mentre il diritto alla riliquidazione della pensione dei dirigenti colà presi in considerazione riguarda soltanto il trattamento conseguente all'applicazione di leggi specifiche. La riliquidazione correlata all'applicazione della sentenza che si considera non potrebbe invece ricomprendere ulteriori maggiorazioni stipendiali previste da sopravvenute ed ulteriori disposizioni legislative, perché una tale pretesa presuppone l'esistenza di un principio di aggancio automatico delle pensioni alle retribuzioni, in quanto tale estraneo alla statuizione della Corte e da escludersi laddove non trovi fondamento, come già enunciato, in precise disposizioni della legislazione ovvero negli interventi correttivi della stessa Corte costituzionale (cfr. C.cost. nn. 494 del 1995 e 34 del 1996).
Ma tali procedure non sono invocabili e sostenibili con riferimento a fattispecie assai differenziate quanto ai rilevati presupposti applicativi della riliquidazione, intesa quest'ultima quale meccanismo di adeguamento delle pensioni alla dinamica delle retribuzioni.
Alla stregua di tali considerazioni, non potrebbero prospettarsi altre questioni di legittimità costituzionale riferite alle disposizioni normative che non prevedono il diritto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza qui prospettato. Né altri principi di ragione o di tendenziale orientamento della giurisprudenza ad applicare direttamente principi costituzionali ai rapporti intersoggettivi – in forza della cd. drittwirkung – potrebbero essere affermati, atteso che nella materia trattata, come si è più sopra ricordato, è dato riscontrare l’esistenza di principi generali che hanno formato oggetto di specifiche pronunce della Corte costituzionale, i quali non consentono di pervenire per altra via all’applicazione di principi diversi, ancorché enucleati da disposizioni della stessa Costituzione e contrastanti con i primi.
D'altra parte, la vicenda pensionistica degli attuali ricorrenti non è estranea alla perequazione automatica, propria dell'intero settore pubblico, che, comportando periodici incrementi dei trattamenti pensionistici, consente di attenuare il divario in fatto riscontrabile rispetto ai trattamenti di attività e, parallelamente, di garantire un sufficiente livello di adeguatezza.
Alla soccombenza consegue la condanna di tutte le parti appellate al pagamento degli oneri difensivi delle amministrazioni appellanti, che il collegio liquida nell’importo di € 700 con riguardo ai distinti appelli definiti ed a favore di ciascuna delle amministrazioni interessate.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, riuniti in rito i relativi procedimenti, accoglie gli appelli in epigrafe ed annulla la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Puglia 16 giugno 2014 n. 486.
Condanna le parti resistenti al pagamento degli oneri difensivi delle amministrazioni appellanti, liquidati nell’importo di € 700 a favore di ciascuna delle amministrazioni interessate.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 maggio 2017.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Piero Floreani f.to Luciano Calamaro
Depositata in Segreteria il -6 OTT. 2017
p. Il Dirigente
Sabina Rago
Il Funzionario Amministrativo
Dott.ssa Alessandra Carcani
f.to Alessandra Carcani