sospeso dal servizio per procedimento penale
sospeso dal servizio per procedimento penale
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Ago64
Mi rivolgo a chi ne sa più di me su come regolarmi in merito, visto che molti mi hanno sbattuto le porte in faccia nemmeno se fossi un appestato. La mia disavventura: A seguito i procedimento penale per fatti avvenuto nel 2004, nel mese di novembre del 2007 vengo indagato a P.L. e in data 16 novembre 2007 il Questore con proprio decreto procede alla sospensione cautelare . Dopo la sospensione a istanza i pochi giorni vengo raggiunto da ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari per mesi due e gg. 15 in totale.
In seguito della revoca dell'ordinanza emessa al GIP degli arresti domiciliari, chiedevo la riammissione in servizio cosa che mi veniva negato con decreto del Capo della Polizia, in seguito al parere negativo del Questore . Il 16 novembre 2012 scadono i 5 anni i sospensione. Premetto che a istanza di oltre 8 anni dalle contestazioni dei fatti (reato) molti sono prescritti e non ancora siamo arrivati alla sentenza i primo grado.
Ora ho presentato nuova istanza i riammissione atteso che sino a oggi non so come si comporterà l'Amministrazione per la mia riammissione.
Per avere meglio un quadro della situazione sono Ispettore Capo e ho maturato 25 anni e un mese di servizio effettivo alla data del 16 novembre 2007, giorno della mia sospensione.
Vi chiedo gentilmente a chi ne sa più cosa devo aspettarmi e cosa fare. Grazie anticipatamente
Mi rivolgo a chi ne sa più di me su come regolarmi in merito, visto che molti mi hanno sbattuto le porte in faccia nemmeno se fossi un appestato. La mia disavventura: A seguito i procedimento penale per fatti avvenuto nel 2004, nel mese di novembre del 2007 vengo indagato a P.L. e in data 16 novembre 2007 il Questore con proprio decreto procede alla sospensione cautelare . Dopo la sospensione a istanza i pochi giorni vengo raggiunto da ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari per mesi due e gg. 15 in totale.
In seguito della revoca dell'ordinanza emessa al GIP degli arresti domiciliari, chiedevo la riammissione in servizio cosa che mi veniva negato con decreto del Capo della Polizia, in seguito al parere negativo del Questore . Il 16 novembre 2012 scadono i 5 anni i sospensione. Premetto che a istanza di oltre 8 anni dalle contestazioni dei fatti (reato) molti sono prescritti e non ancora siamo arrivati alla sentenza i primo grado.
Ora ho presentato nuova istanza i riammissione atteso che sino a oggi non so come si comporterà l'Amministrazione per la mia riammissione.
Per avere meglio un quadro della situazione sono Ispettore Capo e ho maturato 25 anni e un mese di servizio effettivo alla data del 16 novembre 2007, giorno della mia sospensione.
Vi chiedo gentilmente a chi ne sa più cosa devo aspettarmi e cosa fare. Grazie anticipatamente
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
sospensione cautelare dal servizio
Il M.I. ha posto un:
Quesito in ordine all’applicazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001.
Ecco il Parere espresso del Consiglio di Stato
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26/07/2013 201301780 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 22/05/2013
Numero 03458/2013 e data 26/07/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 22 maggio 2013
NUMERO AFFARE 01780/2013
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.
Quesito in ordine all’applicazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001;
LA SEZIONE
Vista la relazione 333-a.u.c./-d del 19/04/2013 con la quale il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza ha formulato il quesito in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore consigliere Francesco Bellomo;
PREMESSO:
Con il quesito in oggetto il Ministero dell’interno chiede di pronunciarsi sull’esatta interpretazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001, (“Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche”), secondo cui:
“1. Nel caso di condanna, anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall’art. 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio.
2. La sospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato”.
Il quesito verte, in particolare, sulla possibilità di ritenere, in applicazione del comma 2 della citata disposizione, che la sospensione cautelare perda efficacia nell’ipotesi prevista dall’art. 623, comma 1, lett. c) c.p.p., di annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, della sentenza di condanna.
L’ipotesi che il quesito pone è quella di un dipendente condannato in appello – a seguito di parziale riforma della sentenza di primo grado, che lo aveva ritenuto responsabile dei reati di cui agli articoli 605, comma 2, n. 2) e 317 c.p. – a due anni e otto mesi di reclusione per concussione, dichiarando l’estinzione dell’altro reato oggetto di condanna in primo grado.
La Corte di cassazione ha annullato la sentenza impugnata nel capo relativo alla condanna per concussione, con rinvio ad altra sezione, ritenendo che la decisione di appello fosse viziata dalla valutazione di una prova decisiva (le dichiarazioni della parte offesa rese in fase di indagini preliminari), siccome acquisita in violazione di legge.
Il supremo giudice ha ritenuto che la lettura della dichiarazione assunta in assenza di contraddittorio è vietata, ai sensi degli articoli 526, comma 1-bis e 512 c.p.p., qualora non sia accertato che l’irripetibilità della deposizione dipenda da una libera scelta del dichiarante, e tale scelta non può essere desunta dalla mancata presentazione in dibattimento, non giustificata sulla base di consistenti motivi oggettivi.
Il Ministero riferente, pur negando l’equiparazione tra una decisione di annullamento con rinvio e la sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, che legittimerebbe la riammissione in servizio del dipendente, ritiene che, in casi come quello oggetto del quesito, il dipendente non possa considerarsi più nella posizione di condannato, in quanto in attesa di nuovo giudizio.
CONSIDERATO:
In ordine alla questione posta, le problematiche interpretative che vengono in rilievo sono due, ossia, in successione logica:
1) se nel perimetro dell’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001 ricada l’ipotesi dell’annullamento con rinvio della sentenza di condanna pronunciato dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. c) c.p.p. ;
2) in caso negativo, se, comunque, detta ipotesi possa integrare una situazione nella quale la sospensione cautelare dal servizio perda efficacia, per essere venuto meno il suo presupposto, ossia la sentenza di condanna.
Per rispondere al primo quesito occorre una breve riflessione sulla natura e sugli effetti della pronuncia di annullamento con rinvio adottata alla Corte di cassazione.
La distinzione tra annullamento senza rinvio e annullamento con rinvio riposa sostanzialmente nella differenza tra le ipotesi in cui la Corte con la propria pronuncia rescindente può e deve definire l’iter processuale, e quelle nelle quali tale possibilità è preclusa dalla necessità dello svolgimento di un ulteriore giudizio di merito, di natura rescissoria, la cui effettuazione la Corte deve demandare ad un giudice di rinvio.
Volendo valorizzare un diverso criterio discretivo, pure efficacemente proposto in dottrina, l’annullamento con rinvio è dovuto laddove il provvedimento impugnato sia astrattamente compatibile con l’ordinamento giuridico, ma sia in concreto illegale in relazione al caso di specie, talché il giudice di rinvio ha il compito di rinnovare la decisione per conformarla alla legge. È dovuto, invece, l’annullamento senza rinvio, laddove il provvedimento impugnato sia tipicamente contra o extra legem ed il giudizio di rinvio non sia necessario o perché la sentenza di annullamento esaurisce il thema decidendum oppure perché la Corte può adottare i provvedimenti consequenziali.
Con specifico riguardo all’ipotesi di annullamento della sentenza di condanna, il rinvio è disposto quando vi sia un percorso logico alternativo rispetto a quello contenuto nella sentenza annullata, che possa condurre ad una condanna dell’imputato. Per converso, l’annullamento postula sempre che il vizio accertato infici il giudizio di responsabilità dell’imputato.
Dunque, la sentenza di annullamento con rinvio della Corte di cassazione, da un lato, non definendo il giudizio, non può essere equiparata ad una sentenza di assoluzione o di proscioglimento, dall’altro, evidenziando un vizio di legittimità nella decisione di merito, influisce sulla posizione di condannato dell’imputato.
In relazione al problema della conservazione o meno della sospensione cautelare erogata in sede disciplinare, è rilevante distinguere a seconda che l’annullamento abbia ad oggetto una sentenza di condanna a conferma, anche parziale, della pronuncia di primo grado, ovvero in riforma della stessa.
Nella seconda ipotesi, infatti, una volta annullata la sentenza di appello, viene meno il titolo della sospensione cautelare, poiché l’unica sentenza di condanna era, appunto, quella annullata.
Una prima conclusione può, quindi ricavarsi: benché l’annullamento con rinvio non ricada tra le sentenze contemplate dall’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001, qualora esso abbia ad oggetto una sentenza di condanna emessa in riforma di una sentenza di assoluzione o di proscioglimento, l’effetto è analogo a quello previsto dalla citata disposizione.
Qualora, invece, l’annullamento intervenga in un processo dove vi è stata condanna in entrambi i gradi di merito, questo meccanismo non opera e, tuttavia, non può sostenersi automaticamente che la condizione dell’imputato sia definita dalla sentenza di condanna emessa in primo grado, poiché il giudizio di appello ha natura sostitutiva ed il rilievo in sede di legittimità di un vizio nell’accertamento della responsabilità può riflettersi per intero sulla posizione dell’imputato.
Utili elementi provengono, a tal riguardo, dall’art. 624-bis c.p.p., secondo cui “La Corte di cassazione, nel caso di annullamento della sentenza d’appello, dispone la cessazione delle misure cautelari”.
Parte della giurisprudenza limita tale effetto alle sentenze di annullamento senza rinvio ed a quella di annullamento con rinvio se la misura cautelare è stata emessa contestualmente alla sentenza di appello, ma appare preferibile, non solo sul piano letterale, ma anche su quello logico-sistematico, la tesi prevalente in dottrina, secondo cui la caducazione delle misure cautelari deve essere disposta anche qualora l’annullamento travolga il giudizio di responsabilità.
Ed è propria questa l’ipotesi in cui la sospensione cautelare non può non perdere efficacia a seguito dell’annullamento con rinvio, posto che la pronuncia della Cassazione demolisce il fondamento della condanna da cui è gravato il dipendente pubblico.
Fermo restando che tale principio è chiamato ad operare ogniqualvolta il vizio accertato in sede di legittimità infici – in fatto o in diritto – il ragionamento giudiziario posto alla base della ritenuta responsabilità dell’imputato, la Sezione è chiamata a valutare situazioni del tipo di quella delineata nel quesito.
Ebbene, in casi del genere, essendo stata ritenuta dalla Cassazione l’inutilizzabilità di una prova decisiva ai fini dell’affermazione di colpevolezza, è evidente che la posizione dell’imputato è sostanzialmente mutata, anche rispetto alla sentenza di primo grado, formalmente non attinta, che quella prova aveva utilizzato.
Resta da stabilire quale sia la copertura normativa della soluzione patrocinata, atteso che l’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001 non è direttamente applicabile.
È intuitivo che, se la legge prevede la sospensione dal servizio nel caso di condanna”, venuto meno tale presupposto, venga meno il suo effetto. Tuttavia, proprio la presenza del secondo comma, che prevede espressamente tale conseguenza nei soli casi di assoluzione o proscioglimento, impone all’interprete una rigorosa dimostrazione, cui si procede.
La disposizione normativa si presenta sempre in una forma o schema fondamentale che rivela la descrizione di un fatto o stato di cose collegato ad un altro fatto o stato di cose mediante un nesso d’implicazione («se ... allora») o connessione normativa («per modo che»), per cui ad un termine condizionante (protasi) è connesso un termine condizionato (apodosi).
Il suo schema completo può essere pertanto raffigurato nel modo seguente: «È prescritto che se A allora B», dove il termine «è prescritto che» è l’operatore logico di comando. Ma, così intesa e rappresentata, la struttura della norma giuridica esprime al tempo stesso la sua funzione esclusiva, che è appunto quella di prescrivere incondizionatamente. In sintesi può dirsi che la struttura formalmente condizionale è una struttura sostanzialmente imperativa, formulata in termini ipotetici per assumere il carattere generale, astratto, ripetitivo proprio delle norme giuridiche.
Questa struttura riproduce lo schema causale, ma è preferibile sostituire i concetti di causa ed effetto con quelli di antecedente e conseguente: E (l’effetto giuridico), è conseguenza di F (il fatto), in base alla regola N (la disposizione normativa).
Nella fattispecie legale, dunque, l’antecedente F è la premessa minore, la disposizione normativa N è la premessa maggiore, il conseguente E è la conclusione. Le premesse sono note, la conclusione è l’elemento ignoto che l’attivazione del meccanismo normativo consente di fissare, rappresentando la statuizione della norma. Quando tale statuizione è certa, come accade nella grandissima parte delle disposizioni dell’ordinamento giuridico, la fattispecie legale dà luogo ad un’inferenza logica di tipo deduttivo (“se F, allora E”).
Così ad esempio nell’art. 2043 del codice civile: “se è commesso un fatto illecito [se F], sussiste l’obbligo di risarcire il danno [allora E]”.
Si può quindi affermare che condizione sufficiente perché nasca l’obbligo di risarcire il danno è che si sia verificato un fatto illecito, così come condizione necessaria perché vi sia fatto illecito è che sorga l’obbligo di risarcire il danno. Infatti, se questo non sorge, ad esempio perché il fatto è commesso per legittima difesa, il fatto dannoso è privo del connotato di illiceità.
Così, condizione sufficiente perché vi sia sospensione cautelare dal servizio è l’esistenza di una pronuncia di condanna per determinati reati, condizione necessaria perché vi sia una condanna per determinati reati è che sorga l’effetto di sospensione cautelare dal servizio.
Se la sentenza di condanna viene meno, quale che ne sia il meccanismo, la conseguenza della sospensione cessa di essere necessaria.
In conclusione, in ipotesi di annullamento con rinvio che infici il giudizio di responsabilità penale del dipendente contenuto nella sentenza di condanna, la sospensione cautelare viene meno.
Apparendo la fonte normativa oggetto dell’interpretazione non espressa in modo completo, si dispone la trasmissione del presente avviso e degli atti del procedimento anche al Presidente del Consiglio ai sensi sell’art 58, r.d. 21 aprile 1942, n. 444.
P.Q.M.
Esprime il parere di cui in motivazione. Dispone la trasmissione degli atti al Presidente del Consiglio ai sensi sell’art 44, r.d. 21 aprile 1942, n. 444.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Giuseppe Barbagallo
IL SEGRETARIO
Giovanni Mastrocola
Il M.I. ha posto un:
Quesito in ordine all’applicazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001.
Ecco il Parere espresso del Consiglio di Stato
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26/07/2013 201301780 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 22/05/2013
Numero 03458/2013 e data 26/07/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 22 maggio 2013
NUMERO AFFARE 01780/2013
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza.
Quesito in ordine all’applicazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001;
LA SEZIONE
Vista la relazione 333-a.u.c./-d del 19/04/2013 con la quale il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza ha formulato il quesito in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore consigliere Francesco Bellomo;
PREMESSO:
Con il quesito in oggetto il Ministero dell’interno chiede di pronunciarsi sull’esatta interpretazione dell’art. 4 della legge n. 97 del 27 marzo 2001, (“Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche”), secondo cui:
“1. Nel caso di condanna, anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall’art. 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio.
2. La sospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato”.
Il quesito verte, in particolare, sulla possibilità di ritenere, in applicazione del comma 2 della citata disposizione, che la sospensione cautelare perda efficacia nell’ipotesi prevista dall’art. 623, comma 1, lett. c) c.p.p., di annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, della sentenza di condanna.
L’ipotesi che il quesito pone è quella di un dipendente condannato in appello – a seguito di parziale riforma della sentenza di primo grado, che lo aveva ritenuto responsabile dei reati di cui agli articoli 605, comma 2, n. 2) e 317 c.p. – a due anni e otto mesi di reclusione per concussione, dichiarando l’estinzione dell’altro reato oggetto di condanna in primo grado.
La Corte di cassazione ha annullato la sentenza impugnata nel capo relativo alla condanna per concussione, con rinvio ad altra sezione, ritenendo che la decisione di appello fosse viziata dalla valutazione di una prova decisiva (le dichiarazioni della parte offesa rese in fase di indagini preliminari), siccome acquisita in violazione di legge.
Il supremo giudice ha ritenuto che la lettura della dichiarazione assunta in assenza di contraddittorio è vietata, ai sensi degli articoli 526, comma 1-bis e 512 c.p.p., qualora non sia accertato che l’irripetibilità della deposizione dipenda da una libera scelta del dichiarante, e tale scelta non può essere desunta dalla mancata presentazione in dibattimento, non giustificata sulla base di consistenti motivi oggettivi.
Il Ministero riferente, pur negando l’equiparazione tra una decisione di annullamento con rinvio e la sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, che legittimerebbe la riammissione in servizio del dipendente, ritiene che, in casi come quello oggetto del quesito, il dipendente non possa considerarsi più nella posizione di condannato, in quanto in attesa di nuovo giudizio.
CONSIDERATO:
In ordine alla questione posta, le problematiche interpretative che vengono in rilievo sono due, ossia, in successione logica:
1) se nel perimetro dell’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001 ricada l’ipotesi dell’annullamento con rinvio della sentenza di condanna pronunciato dalla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. c) c.p.p. ;
2) in caso negativo, se, comunque, detta ipotesi possa integrare una situazione nella quale la sospensione cautelare dal servizio perda efficacia, per essere venuto meno il suo presupposto, ossia la sentenza di condanna.
Per rispondere al primo quesito occorre una breve riflessione sulla natura e sugli effetti della pronuncia di annullamento con rinvio adottata alla Corte di cassazione.
La distinzione tra annullamento senza rinvio e annullamento con rinvio riposa sostanzialmente nella differenza tra le ipotesi in cui la Corte con la propria pronuncia rescindente può e deve definire l’iter processuale, e quelle nelle quali tale possibilità è preclusa dalla necessità dello svolgimento di un ulteriore giudizio di merito, di natura rescissoria, la cui effettuazione la Corte deve demandare ad un giudice di rinvio.
Volendo valorizzare un diverso criterio discretivo, pure efficacemente proposto in dottrina, l’annullamento con rinvio è dovuto laddove il provvedimento impugnato sia astrattamente compatibile con l’ordinamento giuridico, ma sia in concreto illegale in relazione al caso di specie, talché il giudice di rinvio ha il compito di rinnovare la decisione per conformarla alla legge. È dovuto, invece, l’annullamento senza rinvio, laddove il provvedimento impugnato sia tipicamente contra o extra legem ed il giudizio di rinvio non sia necessario o perché la sentenza di annullamento esaurisce il thema decidendum oppure perché la Corte può adottare i provvedimenti consequenziali.
Con specifico riguardo all’ipotesi di annullamento della sentenza di condanna, il rinvio è disposto quando vi sia un percorso logico alternativo rispetto a quello contenuto nella sentenza annullata, che possa condurre ad una condanna dell’imputato. Per converso, l’annullamento postula sempre che il vizio accertato infici il giudizio di responsabilità dell’imputato.
Dunque, la sentenza di annullamento con rinvio della Corte di cassazione, da un lato, non definendo il giudizio, non può essere equiparata ad una sentenza di assoluzione o di proscioglimento, dall’altro, evidenziando un vizio di legittimità nella decisione di merito, influisce sulla posizione di condannato dell’imputato.
In relazione al problema della conservazione o meno della sospensione cautelare erogata in sede disciplinare, è rilevante distinguere a seconda che l’annullamento abbia ad oggetto una sentenza di condanna a conferma, anche parziale, della pronuncia di primo grado, ovvero in riforma della stessa.
Nella seconda ipotesi, infatti, una volta annullata la sentenza di appello, viene meno il titolo della sospensione cautelare, poiché l’unica sentenza di condanna era, appunto, quella annullata.
Una prima conclusione può, quindi ricavarsi: benché l’annullamento con rinvio non ricada tra le sentenze contemplate dall’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001, qualora esso abbia ad oggetto una sentenza di condanna emessa in riforma di una sentenza di assoluzione o di proscioglimento, l’effetto è analogo a quello previsto dalla citata disposizione.
Qualora, invece, l’annullamento intervenga in un processo dove vi è stata condanna in entrambi i gradi di merito, questo meccanismo non opera e, tuttavia, non può sostenersi automaticamente che la condizione dell’imputato sia definita dalla sentenza di condanna emessa in primo grado, poiché il giudizio di appello ha natura sostitutiva ed il rilievo in sede di legittimità di un vizio nell’accertamento della responsabilità può riflettersi per intero sulla posizione dell’imputato.
Utili elementi provengono, a tal riguardo, dall’art. 624-bis c.p.p., secondo cui “La Corte di cassazione, nel caso di annullamento della sentenza d’appello, dispone la cessazione delle misure cautelari”.
Parte della giurisprudenza limita tale effetto alle sentenze di annullamento senza rinvio ed a quella di annullamento con rinvio se la misura cautelare è stata emessa contestualmente alla sentenza di appello, ma appare preferibile, non solo sul piano letterale, ma anche su quello logico-sistematico, la tesi prevalente in dottrina, secondo cui la caducazione delle misure cautelari deve essere disposta anche qualora l’annullamento travolga il giudizio di responsabilità.
Ed è propria questa l’ipotesi in cui la sospensione cautelare non può non perdere efficacia a seguito dell’annullamento con rinvio, posto che la pronuncia della Cassazione demolisce il fondamento della condanna da cui è gravato il dipendente pubblico.
Fermo restando che tale principio è chiamato ad operare ogniqualvolta il vizio accertato in sede di legittimità infici – in fatto o in diritto – il ragionamento giudiziario posto alla base della ritenuta responsabilità dell’imputato, la Sezione è chiamata a valutare situazioni del tipo di quella delineata nel quesito.
Ebbene, in casi del genere, essendo stata ritenuta dalla Cassazione l’inutilizzabilità di una prova decisiva ai fini dell’affermazione di colpevolezza, è evidente che la posizione dell’imputato è sostanzialmente mutata, anche rispetto alla sentenza di primo grado, formalmente non attinta, che quella prova aveva utilizzato.
Resta da stabilire quale sia la copertura normativa della soluzione patrocinata, atteso che l’art. 4, comma 2, della legge n. 97 del 27 marzo 2001 non è direttamente applicabile.
È intuitivo che, se la legge prevede la sospensione dal servizio nel caso di condanna”, venuto meno tale presupposto, venga meno il suo effetto. Tuttavia, proprio la presenza del secondo comma, che prevede espressamente tale conseguenza nei soli casi di assoluzione o proscioglimento, impone all’interprete una rigorosa dimostrazione, cui si procede.
La disposizione normativa si presenta sempre in una forma o schema fondamentale che rivela la descrizione di un fatto o stato di cose collegato ad un altro fatto o stato di cose mediante un nesso d’implicazione («se ... allora») o connessione normativa («per modo che»), per cui ad un termine condizionante (protasi) è connesso un termine condizionato (apodosi).
Il suo schema completo può essere pertanto raffigurato nel modo seguente: «È prescritto che se A allora B», dove il termine «è prescritto che» è l’operatore logico di comando. Ma, così intesa e rappresentata, la struttura della norma giuridica esprime al tempo stesso la sua funzione esclusiva, che è appunto quella di prescrivere incondizionatamente. In sintesi può dirsi che la struttura formalmente condizionale è una struttura sostanzialmente imperativa, formulata in termini ipotetici per assumere il carattere generale, astratto, ripetitivo proprio delle norme giuridiche.
Questa struttura riproduce lo schema causale, ma è preferibile sostituire i concetti di causa ed effetto con quelli di antecedente e conseguente: E (l’effetto giuridico), è conseguenza di F (il fatto), in base alla regola N (la disposizione normativa).
Nella fattispecie legale, dunque, l’antecedente F è la premessa minore, la disposizione normativa N è la premessa maggiore, il conseguente E è la conclusione. Le premesse sono note, la conclusione è l’elemento ignoto che l’attivazione del meccanismo normativo consente di fissare, rappresentando la statuizione della norma. Quando tale statuizione è certa, come accade nella grandissima parte delle disposizioni dell’ordinamento giuridico, la fattispecie legale dà luogo ad un’inferenza logica di tipo deduttivo (“se F, allora E”).
Così ad esempio nell’art. 2043 del codice civile: “se è commesso un fatto illecito [se F], sussiste l’obbligo di risarcire il danno [allora E]”.
Si può quindi affermare che condizione sufficiente perché nasca l’obbligo di risarcire il danno è che si sia verificato un fatto illecito, così come condizione necessaria perché vi sia fatto illecito è che sorga l’obbligo di risarcire il danno. Infatti, se questo non sorge, ad esempio perché il fatto è commesso per legittima difesa, il fatto dannoso è privo del connotato di illiceità.
Così, condizione sufficiente perché vi sia sospensione cautelare dal servizio è l’esistenza di una pronuncia di condanna per determinati reati, condizione necessaria perché vi sia una condanna per determinati reati è che sorga l’effetto di sospensione cautelare dal servizio.
Se la sentenza di condanna viene meno, quale che ne sia il meccanismo, la conseguenza della sospensione cessa di essere necessaria.
In conclusione, in ipotesi di annullamento con rinvio che infici il giudizio di responsabilità penale del dipendente contenuto nella sentenza di condanna, la sospensione cautelare viene meno.
Apparendo la fonte normativa oggetto dell’interpretazione non espressa in modo completo, si dispone la trasmissione del presente avviso e degli atti del procedimento anche al Presidente del Consiglio ai sensi sell’art 58, r.d. 21 aprile 1942, n. 444.
P.Q.M.
Esprime il parere di cui in motivazione. Dispone la trasmissione degli atti al Presidente del Consiglio ai sensi sell’art 44, r.d. 21 aprile 1942, n. 444.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Giuseppe Barbagallo
IL SEGRETARIO
Giovanni Mastrocola
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Per comprendere al meglio l'argomento del quesito posto dal M.I. al CdS
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LEGGE 27 marzo 2001, n. 97
Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. (GU n.80 del 5-4-2001 )
Entrata in vigore della legge: 6-4-2001
Art. 4.
(Sospensione a seguito di condanna non definitiva).
1. Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorche' sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio.
2. La sospensione perde efficacia se per il fatto e' successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato.
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LEGGE 27 marzo 2001, n. 97
Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. (GU n.80 del 5-4-2001 )
Entrata in vigore della legge: 6-4-2001
Art. 4.
(Sospensione a seguito di condanna non definitiva).
1. Nel caso di condanna anche non definitiva, ancorche' sia concessa la sospensione condizionale della pena, per alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo sono sospesi dal servizio.
2. La sospensione perde efficacia se per il fatto e' successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva e, in ogni caso, decorso un periodo di tempo pari a quello di prescrizione del reato.
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da vorreisapere »
Ciao ago64 ti rispondo perche' pure io sono capitato nella tua situazione sono un aps dei cc.La sospensione dal servizio dura 5 anni dopo di che' verrai ammesso al servizio.Qualora i procedimenti che hai in corso raggiungono la prescrizione devi stare tranquillo perche' non ti succedera' niente.Tieni presente che io sono stato riammesso in servizio dopo i cinque anni di sospensione e il procedimento penale e' iniziato dopo 8 anni si e' aperto e concluso con la sentenza di NON DOVERSI PROCEDERE PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE. Successivamente dopo che ho effettuato i tre gradi di giudizi sempre con la stessa sentenza si e' riunita la Commissione di disciplina e mi ha' dato una punizione di stato con sei mesi di sospensione disciplinare.Attualmente sono in servizio ed il prossimo anno vado in pensione.Quando si concludera' tutto ti daranno gli arretrati della sospensione con decreto da noi ministero della difesa da voi penso ministero dell'interno.Penso di essere stato esaudiente,l'importante con nelle sentenze non esci con pene accessorie' cioe' interdinzione dai publici uffici Ciao e' in bocca al lupo
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da Aquila »
vorreisapere ha scritto:Ciao ago64 ti rispondo perche' pure io sono capitato nella tua situazione sono un aps dei cc.La sospensione dal servizio dura 5 anni dopo di che' verrai ammesso al servizio.Qualora i procedimenti che hai in corso raggiungono la prescrizione devi stare tranquillo perche' non ti succedera' niente.Tieni presente che io sono stato riammesso in servizio dopo i cinque anni di sospensione e il procedimento penale e' iniziato dopo 8 anni si e' aperto e concluso con la sentenza di NON DOVERSI PROCEDERE PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE. Successivamente dopo che ho effettuato i tre gradi di giudizi sempre con la stessa sentenza si e' riunita la Commissione di disciplina e mi ha' dato una punizione di stato con sei mesi di sospensione disciplinare.Attualmente sono in servizio ed il prossimo anno vado in pensione.Quando si concludera' tutto ti daranno gli arretrati della sospensione con decreto da noi ministero della difesa da voi penso ministero dell'interno.Penso di essere stato esaudiente,l'importante con nelle sentenze non esci con pene accessorie' cioe' interdinzione dai publici uffici Ciao e' in bocca al lupo
...complimenti per la risposta che dimostra che l'esperienza di vita vissuta, prevale sul nozionismo, a quest'ora avrà' già' ripreso servizio, previa visita di idoneità" psicofisica.
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
per notizia, poiché l'interessato formulava istanza di riammissione in servizio.
Nel contesto leggete il tutto.
---------------------------------------------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
in forma semplificata ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale … del 2013, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. F. C., con domicilio eletto presso lo stesso in Catania, …..;
contro
Capo della Polizia di Stato - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza; Ministero dell'Interno, in persona del Ministro legale rappresentante p.t.; Questore di OMISSIS p.t., tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ivi domiciliati in via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
del diniego di riammissione in servizio adottato dal Capo della Polizia di Stato - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con decreto del 15/07/2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Capo della Polizia di Stato Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e di Ministero dell'Interno e di Questore di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno … 2014 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
OMISSIS riportava condanna penale non definitiva n. OMISSIS per il reato di cui all’art. 476 c.p. in concorso con altri soggetti, in esito al giudizio in forma abbreviata svoltosi dinnanzi al Tribunale di OMISSIS. Poiché anteriormente alla conclusione del relativo giudizio veniva adottata nei confronti dell’OMISSIS la misura della custodia cautelare in carcere, lo stesso veniva obbligatoriamente sospeso dal servizio a norma del primo comma dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981 dal Questore di OMISSIS con decreto del …../2012.
Poiché con la sentenza non definitiva di condanna cessava il vigore della disposta misura cautelare, l’OMISSIS formulava istanza di riammissione in servizio con atto del ../05/2013, che però veniva rigettata dal capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica sicurezza con decreto del 15/07/2013.
Avverso tale provvedimento, l’OMISSIS proponeva ricorso con atto notificato il …./2013, depositato il …/2013, deducendo:
violazione e falsa applicazione del terzo comma dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981, Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione; eccesso di potere per difetto d’istruttoria;
eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica ed elusione del D.P.R. n. 737/1981; eccesso di potere per carenza di presupposto di fatto;
violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981 per altri profili; eccesso di potere per carenza di presupposto normativo e di fatto; eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata con memoria meramente formale depositata in segreteria il ../12/2013.
Poiché con istanza notificata il …/2014, e depositata in segreteria il …./2014, veniva proposta domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, alla Camera di consiglio del giorno …/2014 a tal fine fissata, il Collegio, avvisava le parti della possibile immediata definizione del giudizio a norma dell’art. 60 c.p.a..
Ciò posto, il Collegio osserva come l'intero ricorso investa la questione, centrale, relativa alla esatta portata del comma 3, dell’art. 9 D.P.R. n. 737/1981 ("Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti").
Tale norma dispone testualmente: "In caso di concessione di libertà provvisoria ovvero di revoca dell'ordine o mandato di cattura o dell'ordine di arresto ovvero di scarcerazione per decorrenza dei termini, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare PUÒ ESSERE REVOCATA con effetto dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del caso quando sul procedimento penale si è formato il giudicato".
Il senso della norma è palese: la sospensione cautelare dal servizio permane fin tanto che non vi sia un formale provvedimento, ampiamente discrezionale, di revoca della stessa. E se la norma citata vale espressamente per il temporaneo venir meno delle misure custodiali irrogate al dipendente dall'Autorità penale, a maggior ragione deve valere nel caso che la scarcerazione sia accompagnata da sentenza - sebbene non ancora irrevocabile - di accertata responsabilità penale dell'interessato.
In sostanza, il provvedimento impugnato del tutto correttamente richiama la norma citata e quindi, sulla base della lata discrezionalità che connota il sottostante potere, legittimamente fonda le proprie ragioni, di opportunità, sulla "gravità delle imputazioni addebitate al dipendente", sulla "compromissione dei sentimenti di stima e fiducia" interni ed esterni all'Ufficio ed al "clamore scaturito dalla vicenda che ha comportato grave pregiudizio per l'immagine dell'Amministrazione" (così nel provv. impugnato).
I principi sottostanti a siffatte valutazioni sono ben messi in luce:
- nella sent. n. 5615 del 18 settembre 2009 della Sez. VI del Cons. di Stato, resa in tema di agenti di Polizia di Stato, secondo cui il riacquisto della libertà personale da parte del dipendente, a seguito del venir meno del provvedimento di carcerazione preventiva, non ingenera per l'Amministrazione l'obbligo di riammettere in servizio il dipendente già sospeso in via cautelare, sussistendo solo l'obbligo della stessa di una penetrante motivazione a supporto del diniego di riammissione (cfr. anche Cons. Stato Sez. V sent. n. 5774 del 15 novembre 2012);
- nella sentenza. n. 2327 del 30 aprile 2002, della Sez. VI del Cons. di Stato, secondo cui il venir meno dei presupposti della sospensione obbligatoria, ad es. a seguito di scarcerazione, non determina di per sé l'obbligo per l'Amministrazione di riammettere in servizio il dipendente inquisito, dovendo la stessa Amministrazione comunque valutare se sussistono ragioni di pubblico interesse ostative alla ripresa del servizio e quindi l'opportunità di disporre, previa revoca della sospensione obbligatoria, la sospensione facoltativa del dipendente; tanto che, in mancanza di tale provvedimento di revoca, la sospensione obbligatoria deve ritenersi mai venuta meno;
- nella sentenza n. 5922 del 5 ottobre 2006 della Sez. IV del Cons. di Stato, laddove si evidenzia come l'Amministrazione non abbia alcun dovere di rispondere positivamente all'istanza di riammissione in servizio del dipendente già sospeso in via cautelare, ben potendo essere opposta all'interessato l'efficacia, seppure non definitiva, dell'accertamento della sua responsabilità penale.
Né può rilevare in contrario (come invece ritenuto dal Difensore del ricorrente in sede di discussione) il fatto che, pur in presenza di una sentenza di condanna ancora sub judice, la sospensione dal servizio verrebbe agganciata, in assenza di alcun procedimento disciplinare, alla incerta e notoriamente lunga durata del processo penale. Infatti, il principio che il procedimento disciplinare, per fatti aventi rilevanza penale, non possa essere attivato o proseguito se non dopo la conclusione dell'accertamento penale risulta espressamente codificato sia dallo stesso art. 9, comma 6, DRP 737/1981, sia dall'art. 9 L. 7 febbraio 1990 n. 19, secondo il quale il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico può e deve avere inizio, mediante tempestiva contestazione degli addebiti, solamente dopo che sia divenuta irrevocabile la sentenza penale. E sul punto, il C.G.A. (cfr. sent. n. 131 del 14 febbraio 2011 che conferma T.A.R. Catania, Sez. 3^, 14 luglio 2009 n. 1295) ha da tempo sottolineato come l'art. 9 cit., quale fonte di disciplina generale, si applichi anche al personale della Polizia di Stato.
Per il resto, a fronte dell’ampio potere discrezionale di cui gode l’amministrazione, nemmeno può considerarsi irragionevole la scelta della P.A. di far prevalere su pur buoni specifici precedenti di servizio del ricorrente, il vulnus derivante alla amministrazione di appartenenza, secondo quanto puntualmente rilevato all’interno del provvedimento impugnato, dove espressamente si fa riferimento alla “compromissione dei sentimenti di stima e fiducia che debbono permeare i rapporti all’interno con i colleghi d’ufficio ed all’esterno con il tessuto socio-istituzionale”.
Ne consegue il rigetto anche dei motivi di ricorso per eccesso di potere per difetto di istruttoria, per contraddittorietà, per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà, sviamento dalla causa tipica ed eccesso di potere per carenza di presupposto di fatto e travisamento dei fatti.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Tenuto conto della natura degli interessi coinvolti, il Collegio ritiene sussistere giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) rigetta il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno …... 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Nel contesto leggete il tutto.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
in forma semplificata ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale … del 2013, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. F. C., con domicilio eletto presso lo stesso in Catania, …..;
contro
Capo della Polizia di Stato - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza; Ministero dell'Interno, in persona del Ministro legale rappresentante p.t.; Questore di OMISSIS p.t., tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ivi domiciliati in via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
del diniego di riammissione in servizio adottato dal Capo della Polizia di Stato - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza con decreto del 15/07/2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Capo della Polizia di Stato Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e di Ministero dell'Interno e di Questore di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno … 2014 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
OMISSIS riportava condanna penale non definitiva n. OMISSIS per il reato di cui all’art. 476 c.p. in concorso con altri soggetti, in esito al giudizio in forma abbreviata svoltosi dinnanzi al Tribunale di OMISSIS. Poiché anteriormente alla conclusione del relativo giudizio veniva adottata nei confronti dell’OMISSIS la misura della custodia cautelare in carcere, lo stesso veniva obbligatoriamente sospeso dal servizio a norma del primo comma dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981 dal Questore di OMISSIS con decreto del …../2012.
Poiché con la sentenza non definitiva di condanna cessava il vigore della disposta misura cautelare, l’OMISSIS formulava istanza di riammissione in servizio con atto del ../05/2013, che però veniva rigettata dal capo della Polizia Direttore Generale della Pubblica sicurezza con decreto del 15/07/2013.
Avverso tale provvedimento, l’OMISSIS proponeva ricorso con atto notificato il …./2013, depositato il …/2013, deducendo:
violazione e falsa applicazione del terzo comma dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981, Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione; eccesso di potere per difetto d’istruttoria;
eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà; eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica ed elusione del D.P.R. n. 737/1981; eccesso di potere per carenza di presupposto di fatto;
violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 737/1981 per altri profili; eccesso di potere per carenza di presupposto normativo e di fatto; eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata con memoria meramente formale depositata in segreteria il ../12/2013.
Poiché con istanza notificata il …/2014, e depositata in segreteria il …./2014, veniva proposta domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, alla Camera di consiglio del giorno …/2014 a tal fine fissata, il Collegio, avvisava le parti della possibile immediata definizione del giudizio a norma dell’art. 60 c.p.a..
Ciò posto, il Collegio osserva come l'intero ricorso investa la questione, centrale, relativa alla esatta portata del comma 3, dell’art. 9 D.P.R. n. 737/1981 ("Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti").
Tale norma dispone testualmente: "In caso di concessione di libertà provvisoria ovvero di revoca dell'ordine o mandato di cattura o dell'ordine di arresto ovvero di scarcerazione per decorrenza dei termini, ove le circostanze lo consiglino, la sospensione cautelare PUÒ ESSERE REVOCATA con effetto dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame del caso quando sul procedimento penale si è formato il giudicato".
Il senso della norma è palese: la sospensione cautelare dal servizio permane fin tanto che non vi sia un formale provvedimento, ampiamente discrezionale, di revoca della stessa. E se la norma citata vale espressamente per il temporaneo venir meno delle misure custodiali irrogate al dipendente dall'Autorità penale, a maggior ragione deve valere nel caso che la scarcerazione sia accompagnata da sentenza - sebbene non ancora irrevocabile - di accertata responsabilità penale dell'interessato.
In sostanza, il provvedimento impugnato del tutto correttamente richiama la norma citata e quindi, sulla base della lata discrezionalità che connota il sottostante potere, legittimamente fonda le proprie ragioni, di opportunità, sulla "gravità delle imputazioni addebitate al dipendente", sulla "compromissione dei sentimenti di stima e fiducia" interni ed esterni all'Ufficio ed al "clamore scaturito dalla vicenda che ha comportato grave pregiudizio per l'immagine dell'Amministrazione" (così nel provv. impugnato).
I principi sottostanti a siffatte valutazioni sono ben messi in luce:
- nella sent. n. 5615 del 18 settembre 2009 della Sez. VI del Cons. di Stato, resa in tema di agenti di Polizia di Stato, secondo cui il riacquisto della libertà personale da parte del dipendente, a seguito del venir meno del provvedimento di carcerazione preventiva, non ingenera per l'Amministrazione l'obbligo di riammettere in servizio il dipendente già sospeso in via cautelare, sussistendo solo l'obbligo della stessa di una penetrante motivazione a supporto del diniego di riammissione (cfr. anche Cons. Stato Sez. V sent. n. 5774 del 15 novembre 2012);
- nella sentenza. n. 2327 del 30 aprile 2002, della Sez. VI del Cons. di Stato, secondo cui il venir meno dei presupposti della sospensione obbligatoria, ad es. a seguito di scarcerazione, non determina di per sé l'obbligo per l'Amministrazione di riammettere in servizio il dipendente inquisito, dovendo la stessa Amministrazione comunque valutare se sussistono ragioni di pubblico interesse ostative alla ripresa del servizio e quindi l'opportunità di disporre, previa revoca della sospensione obbligatoria, la sospensione facoltativa del dipendente; tanto che, in mancanza di tale provvedimento di revoca, la sospensione obbligatoria deve ritenersi mai venuta meno;
- nella sentenza n. 5922 del 5 ottobre 2006 della Sez. IV del Cons. di Stato, laddove si evidenzia come l'Amministrazione non abbia alcun dovere di rispondere positivamente all'istanza di riammissione in servizio del dipendente già sospeso in via cautelare, ben potendo essere opposta all'interessato l'efficacia, seppure non definitiva, dell'accertamento della sua responsabilità penale.
Né può rilevare in contrario (come invece ritenuto dal Difensore del ricorrente in sede di discussione) il fatto che, pur in presenza di una sentenza di condanna ancora sub judice, la sospensione dal servizio verrebbe agganciata, in assenza di alcun procedimento disciplinare, alla incerta e notoriamente lunga durata del processo penale. Infatti, il principio che il procedimento disciplinare, per fatti aventi rilevanza penale, non possa essere attivato o proseguito se non dopo la conclusione dell'accertamento penale risulta espressamente codificato sia dallo stesso art. 9, comma 6, DRP 737/1981, sia dall'art. 9 L. 7 febbraio 1990 n. 19, secondo il quale il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente pubblico può e deve avere inizio, mediante tempestiva contestazione degli addebiti, solamente dopo che sia divenuta irrevocabile la sentenza penale. E sul punto, il C.G.A. (cfr. sent. n. 131 del 14 febbraio 2011 che conferma T.A.R. Catania, Sez. 3^, 14 luglio 2009 n. 1295) ha da tempo sottolineato come l'art. 9 cit., quale fonte di disciplina generale, si applichi anche al personale della Polizia di Stato.
Per il resto, a fronte dell’ampio potere discrezionale di cui gode l’amministrazione, nemmeno può considerarsi irragionevole la scelta della P.A. di far prevalere su pur buoni specifici precedenti di servizio del ricorrente, il vulnus derivante alla amministrazione di appartenenza, secondo quanto puntualmente rilevato all’interno del provvedimento impugnato, dove espressamente si fa riferimento alla “compromissione dei sentimenti di stima e fiducia che debbono permeare i rapporti all’interno con i colleghi d’ufficio ed all’esterno con il tessuto socio-istituzionale”.
Ne consegue il rigetto anche dei motivi di ricorso per eccesso di potere per difetto di istruttoria, per contraddittorietà, per difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà, sviamento dalla causa tipica ed eccesso di potere per carenza di presupposto di fatto e travisamento dei fatti.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Tenuto conto della natura degli interessi coinvolti, il Collegio ritiene sussistere giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza) rigetta il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno …... 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
sospeso dal servizio per procedimento penale
Vorrei chiedere una volta subentrata la prescrizione ti devono ridare tutti gli stipendi per intero per tutto il periodo che sei stato ospeso, anche le ferie ed altro? Aggiornatemi in merito Grazie
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Anche se e sopraggiunta la prescrizione a meno che tu non la rinunci,ti faranno il procedimento disciplinare e al 90% ti daranno la sanzione disciplinare della destituzione( se il reato e grave e sei stato sospeso )-max61 ha scritto:Vorrei chiedere una volta subentrata la prescrizione ti devono ridare tutti gli stipendi per intero per tutto il periodo che sei stato ospeso, anche le ferie ed altro? Aggiornatemi in merito Grazie
E se ti daranno una sanzione disiplinare da 1 a 6 misi- allora avrai diritto alla restituzione della differenza del periodo di sospensione cautelare- Ma con i tempi che corrono e lo stretto giro di vite, non ti illudere aspettati la sanzione disciplnare più grave- Se invece e al contrario tanto di guadagnato-
Ascolta uno che la meteria la conosce meglio delle mie tasche-
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Grazie amico, se ci sara' in futuro qualche novita' buona per me o qualche sentenza a favore, mi fai sapere Grazie- principe.massimo@libero.it
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Il CdS accoglie l'appello del Ministero dell'Interno
1) - sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.
2) - convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.
3) - cessazione dall'impiego
Il CdS relativamente al passaggio nei Ruoli civili precisa:
4) - Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.
-------------------------------------------
SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 3, numero provv.: 201901638
Pubblicato il 11/03/2019
N. 01638/2019 REG. PROV. COLL.
N. 10089/2011 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10089 del 2011, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
La signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Medici e Antonio Mirra, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Mirra in Roma, via Properzio, n. 37;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I ter, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 29 gennaio 2019 il Cons. Giovanni Orsini e uditi per le parti l’avvocato Antonio Mirra e l'avvocato dello Stato Giulio Bacosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero dell'Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza n. -OMISSIS- del Tar del Lazio, sia respinto integralmente il ricorso di primo grado n. -OMISSIS- proposto dalla signora -OMISSIS- contro il decreto del Capo della polizia che ha disposto la sua cessazione dall'impiego, nonché della nota del -OMISSIS- 2011 di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.
2. La signora -OMISSIS- era stata cautelativamente sospesa dal servizio in data -OMISSIS- 2006 ai sensi dell'articolo 9 del d.P.R. n. 737 del 1981, in quanto sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.
Essendo stata ritenuta non idonea sotto il profilo attitudinale, il Capo della polizia ha adottato in data -OMISSIS- 2011 il decreto di cessazione dal servizio.
3. Il Tar ha esaminato in primo luogo l'asserita violazione dell'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale n. 198/2003, secondo cui è consentito all'amministrazione di accertare l'idoneità al servizio del dipendente "con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate d'ufficio dalle quali obiettivamente emerga la necessità del suddetto giudizio".
La ricorrente aveva infatti lamentato la mancanza di qualsiasi motivazione nella nota di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali.
Il Tar, pur ritenendo che la norma non va intesa in senso assoluto dato che tra le "specifiche circostanze" ve ne possono essere talune che non richiedono un'ulteriore diffusa motivazione, ha tuttavia ritenuto che la motivazione non può essere totalmente omessa, come nel caso di specie, ma tutt'al più essere concisa e contenuta.
Il Tar ha conseguentemente rilevato l’illegittimità del provvedimento di convocazione e del relativo giudizio di inidoneità, nonché del provvedimento di cessazione dall'impiego, mentre ha dichiarato improcedibile e comunque infondato il ricorso, per la parte concernente la richiesta di annullamento del divieto di transito nei ruoli civili dell'amministrazione.
4. L'appellante sottolinea in primo luogo che anche se l'amministrazione non ha l'obbligo, in caso di riammissione al servizio del dipendente, di ripercorrere l'intero iter previsto per l'immissione iniziale in servizio, tuttavia può valutare, discrezionalmente, di procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti anche tenendo conto delle specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale che si richiedono ai dipendenti della polizia di Stato.
Nel caso di specie, l'assenza dal servizio per un periodo molto lungo (marzo 2006-marzo 2011) giustificherebbe ad avviso dell’amministrazione l'assenza di una ulteriore motivazione nel provvedimento di convocazione della dipendente.
5. Con la memoria di costituzione e risposta del -OMISSIS-, la signora -OMISSIS- ha replicato agli argomenti contenuti nel ricorso di appello, precisando che la sentenza di primo grado ha sottolineato la necessità della motivazione delle specifiche circostanze che inducono l'amministrazione a sottoporre a un nuovo accertamento attitudinale il dipendente ed ha evidenziato quindi come il mutamento dei requisiti psicofisici possa essere determinato da numerosi fattori (età, malattie), mentre quello attitudinale può mutare solo in relazione a fatti particolarmente gravi tali da incidere sulla attitudine accertata in sede di assunzione.
Ciò rende, secondo la ricorrente, indispensabile esplicitare le specifiche ragioni dell’accertamento. Con riferimento ai successivi provvedimenti concernenti la cessazione dall'impiego, la signora -OMISSIS- evidenzia come la commissione per l'accertamento delle qualità attitudinali si sia limitata a rilevare la non idoneità, senza indicare alcuna motivazione né quale iter logico giuridico sia stato seguito per la sua adozione, mentre le qualità attitudinali possono essere carenti sotto diversi profili e la esplicita indicazione di essi è indispensabile per comprendere se si sia in presenza di un'assoluta impossibilità di prosecuzione del rapporto di impiego o se viceversa sia possibile una sua prosecuzione in una funzione diversa da quella precedentemente svolta e compatibile con la verifica attitudinale eseguita.
La memoria osserva peraltro che precedenti giudizi di idoneità attitudinale avevano interessato la ricorrente non solo al momento dell’assunzione, ma in altre due successive occasioni oltre alla valutazione positiva espressa dal direttore del Day Hospital psichiatrico del Policlinico Umberto I di Roma.
Ella ripropone infine la richiesta di annullamento del provvedimento di diniego di transito nei ruoli civili anch'essa non esaminata dal Tar.
6. Ritiene la Sezione che l’appello in esame sia fondato e vada accolto.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell’assunzione) per i dipendenti della Polizia di Stato possa e debba essere accertata la permanenza dei requisiti di idoneità allo svolgimento di compiti connessi all’ordine pubblico e alla sicurezza, atteso che detti compiti richiedono specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale (cfr. CdS, Sez. VI, 9 novembre 2010, n. 7978; 30 luglio 2009, n. 4794; -OMISSIS- 2007, n. 1777, Comm. spec., parere n. 2206 del 4 ottobre 2010).
La prolungata assenza dal servizio, indipendentemente dalle ragioni che l'hanno determinata, è certamente una circostanza tale da giustificare la determinazione dell'amministrazione di svolgere tale accertamento.
Non è quindi conferente il rilievo mosso dalla appellata con riferimento alla sentenza n. -OMISSIS- del 2011 del TAR del Lazio, in quanto la stessa amministrazione ha precisato che, nel caso in questione, diversamente da quello relativo alla precedente sentenza, l'accertamento non era stato richiesto per effetto del procedimento penale che aveva determinato la sospensione dal servizio.
Nel caso di specie. Quindi, si deve ritenere che la motivazione dell'accertamento si possa desumere dal fatto stesso – e incontroverso - della lunga assenza dal servizio.
7. Quanto alla riproposizione dei motivi dedotti già in primo grado sul provvedimento di cessazione dall'impiego e sul diniego di transito ai ruoli civili, occorre considerare, per quanto riguarda il primo, che i requisiti richiesti per l'espletamento del servizio di polizia sono indicati dal decreto ministeriale n.198 del 2003 alla tabella 2 e che la commissione incaricata di svolgere l'accertamento esegue il proprio esame tecnico in base a tali indicazioni.
Dagli atti non emergono elementi di contraddittorietà o di illogicità nel lavoro della commissione, che – nell’esercizio dei propri poteri tecnico-discrezionali - ha proceduto alla valutazione dei quattro profili previsti (livello evolutivo, controllo emotivo, capacità intellettiva e socialità), da cui è risultata una media attitudinale inferiore al minimo richiesto.
Le diverse valutazioni di esperti cui l’appellata si è rivolta per ottenere una perizia di parte non possono in ogni caso sovvertire tale giudizio tecnico dell'organo preposto.
Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.
8. In conclusione, l’appello in esame va accolto e, per l’effetto, previa reiezione delle censure riproposte in questa sede e in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 10089/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,
in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2019, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Giovanni Orsini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Luigi Maruotti
IL SEGRETARIO
1) - sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.
2) - convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.
3) - cessazione dall'impiego
Il CdS relativamente al passaggio nei Ruoli civili precisa:
4) - Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 3, numero provv.: 201901638
Pubblicato il 11/03/2019
N. 01638/2019 REG. PROV. COLL.
N. 10089/2011 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10089 del 2011, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
La signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmine Medici e Antonio Mirra, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Mirra in Roma, via Properzio, n. 37;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. I ter, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 29 gennaio 2019 il Cons. Giovanni Orsini e uditi per le parti l’avvocato Antonio Mirra e l'avvocato dello Stato Giulio Bacosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero dell'Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza n. -OMISSIS- del Tar del Lazio, sia respinto integralmente il ricorso di primo grado n. -OMISSIS- proposto dalla signora -OMISSIS- contro il decreto del Capo della polizia che ha disposto la sua cessazione dall'impiego, nonché della nota del -OMISSIS- 2011 di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali, del giudizio di non idoneità attitudinale e del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili.
2. La signora -OMISSIS- era stata cautelativamente sospesa dal servizio in data -OMISSIS- 2006 ai sensi dell'articolo 9 del d.P.R. n. 737 del 1981, in quanto sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari nell'ambito di un procedimento penale. Scaduti i cinque anni di efficacia della sospensione cautelare, ella è stata riammessa in servizio ed è stata convocata presso i competenti uffici per essere sottoposta ad accertamento in ordine alla permanenza dei requisiti psicofisici prescritti per l'impiego e alla verifica della permanenza dei requisiti attitudinali.
Essendo stata ritenuta non idonea sotto il profilo attitudinale, il Capo della polizia ha adottato in data -OMISSIS- 2011 il decreto di cessazione dal servizio.
3. Il Tar ha esaminato in primo luogo l'asserita violazione dell'articolo 2, comma 3, del decreto ministeriale n. 198/2003, secondo cui è consentito all'amministrazione di accertare l'idoneità al servizio del dipendente "con adeguata motivazione, in relazione a specifiche circostanze rilevate d'ufficio dalle quali obiettivamente emerga la necessità del suddetto giudizio".
La ricorrente aveva infatti lamentato la mancanza di qualsiasi motivazione nella nota di convocazione per la sottoposizione a verifica dei requisiti attitudinali.
Il Tar, pur ritenendo che la norma non va intesa in senso assoluto dato che tra le "specifiche circostanze" ve ne possono essere talune che non richiedono un'ulteriore diffusa motivazione, ha tuttavia ritenuto che la motivazione non può essere totalmente omessa, come nel caso di specie, ma tutt'al più essere concisa e contenuta.
Il Tar ha conseguentemente rilevato l’illegittimità del provvedimento di convocazione e del relativo giudizio di inidoneità, nonché del provvedimento di cessazione dall'impiego, mentre ha dichiarato improcedibile e comunque infondato il ricorso, per la parte concernente la richiesta di annullamento del divieto di transito nei ruoli civili dell'amministrazione.
4. L'appellante sottolinea in primo luogo che anche se l'amministrazione non ha l'obbligo, in caso di riammissione al servizio del dipendente, di ripercorrere l'intero iter previsto per l'immissione iniziale in servizio, tuttavia può valutare, discrezionalmente, di procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti anche tenendo conto delle specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale che si richiedono ai dipendenti della polizia di Stato.
Nel caso di specie, l'assenza dal servizio per un periodo molto lungo (marzo 2006-marzo 2011) giustificherebbe ad avviso dell’amministrazione l'assenza di una ulteriore motivazione nel provvedimento di convocazione della dipendente.
5. Con la memoria di costituzione e risposta del -OMISSIS-, la signora -OMISSIS- ha replicato agli argomenti contenuti nel ricorso di appello, precisando che la sentenza di primo grado ha sottolineato la necessità della motivazione delle specifiche circostanze che inducono l'amministrazione a sottoporre a un nuovo accertamento attitudinale il dipendente ed ha evidenziato quindi come il mutamento dei requisiti psicofisici possa essere determinato da numerosi fattori (età, malattie), mentre quello attitudinale può mutare solo in relazione a fatti particolarmente gravi tali da incidere sulla attitudine accertata in sede di assunzione.
Ciò rende, secondo la ricorrente, indispensabile esplicitare le specifiche ragioni dell’accertamento. Con riferimento ai successivi provvedimenti concernenti la cessazione dall'impiego, la signora -OMISSIS- evidenzia come la commissione per l'accertamento delle qualità attitudinali si sia limitata a rilevare la non idoneità, senza indicare alcuna motivazione né quale iter logico giuridico sia stato seguito per la sua adozione, mentre le qualità attitudinali possono essere carenti sotto diversi profili e la esplicita indicazione di essi è indispensabile per comprendere se si sia in presenza di un'assoluta impossibilità di prosecuzione del rapporto di impiego o se viceversa sia possibile una sua prosecuzione in una funzione diversa da quella precedentemente svolta e compatibile con la verifica attitudinale eseguita.
La memoria osserva peraltro che precedenti giudizi di idoneità attitudinale avevano interessato la ricorrente non solo al momento dell’assunzione, ma in altre due successive occasioni oltre alla valutazione positiva espressa dal direttore del Day Hospital psichiatrico del Policlinico Umberto I di Roma.
Ella ripropone infine la richiesta di annullamento del provvedimento di diniego di transito nei ruoli civili anch'essa non esaminata dal Tar.
6. Ritiene la Sezione che l’appello in esame sia fondato e vada accolto.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che anche nel corso del rapporto di lavoro (e non solo al momento dell’assunzione) per i dipendenti della Polizia di Stato possa e debba essere accertata la permanenza dei requisiti di idoneità allo svolgimento di compiti connessi all’ordine pubblico e alla sicurezza, atteso che detti compiti richiedono specifiche qualità sul piano fisico, psichico e attitudinale (cfr. CdS, Sez. VI, 9 novembre 2010, n. 7978; 30 luglio 2009, n. 4794; -OMISSIS- 2007, n. 1777, Comm. spec., parere n. 2206 del 4 ottobre 2010).
La prolungata assenza dal servizio, indipendentemente dalle ragioni che l'hanno determinata, è certamente una circostanza tale da giustificare la determinazione dell'amministrazione di svolgere tale accertamento.
Non è quindi conferente il rilievo mosso dalla appellata con riferimento alla sentenza n. -OMISSIS- del 2011 del TAR del Lazio, in quanto la stessa amministrazione ha precisato che, nel caso in questione, diversamente da quello relativo alla precedente sentenza, l'accertamento non era stato richiesto per effetto del procedimento penale che aveva determinato la sospensione dal servizio.
Nel caso di specie. Quindi, si deve ritenere che la motivazione dell'accertamento si possa desumere dal fatto stesso – e incontroverso - della lunga assenza dal servizio.
7. Quanto alla riproposizione dei motivi dedotti già in primo grado sul provvedimento di cessazione dall'impiego e sul diniego di transito ai ruoli civili, occorre considerare, per quanto riguarda il primo, che i requisiti richiesti per l'espletamento del servizio di polizia sono indicati dal decreto ministeriale n.198 del 2003 alla tabella 2 e che la commissione incaricata di svolgere l'accertamento esegue il proprio esame tecnico in base a tali indicazioni.
Dagli atti non emergono elementi di contraddittorietà o di illogicità nel lavoro della commissione, che – nell’esercizio dei propri poteri tecnico-discrezionali - ha proceduto alla valutazione dei quattro profili previsti (livello evolutivo, controllo emotivo, capacità intellettiva e socialità), da cui è risultata una media attitudinale inferiore al minimo richiesto.
Le diverse valutazioni di esperti cui l’appellata si è rivolta per ottenere una perizia di parte non possono in ogni caso sovvertire tale giudizio tecnico dell'organo preposto.
Del pari non accoglibile è la richiesta di annullamento del provvedimento di rigetto dell'istanza di transito nei ruoli civili, in quanto il d.P.R. n. 339 del 1982 - che regola il passaggio del personale non idoneo all'espletamento dei servizi di polizia ad altri ruoli dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato - prevede tale possibilità esclusivamente per il personale dei ruoli della polizia di Stato giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute o che abbiano riportato una invalidità dipendente o non dipendente da causa di servizio.
8. In conclusione, l’appello in esame va accolto e, per l’effetto, previa reiezione delle censure riproposte in questa sede e in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello n. 10089/2011, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto,
in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2019, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Giovanni Orsini, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Luigi Maruotti
IL SEGRETARIO
Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da MisterMM »
Salve,vorreisapere ha scritto: ↑sab set 14, 2013 2:10 pm Ciao ago64 ti rispondo perche' pure io sono capitato nella tua situazione sono un aps dei cc.La sospensione dal servizio dura 5 anni dopo di che' verrai ammesso al servizio.Qualora i procedimenti che hai in corso raggiungono la prescrizione devi stare tranquillo perche' non ti succedera' niente.Tieni presente che io sono stato riammesso in servizio dopo i cinque anni di sospensione e il procedimento penale e' iniziato dopo 8 anni si e' aperto e concluso con la sentenza di NON DOVERSI PROCEDERE PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE. Successivamente dopo che ho effettuato i tre gradi di giudizi sempre con la stessa sentenza si e' riunita la Commissione di disciplina e mi ha' dato una punizione di stato con sei mesi di sospensione disciplinare.Attualmente sono in servizio ed il prossimo anno vado in pensione.Quando si concludera' tutto ti daranno gli arretrati della sospensione con decreto da noi ministero della difesa da voi penso ministero dell'interno.Penso di essere stato esaudiente,l'importante con nelle sentenze non esci con pene accessorie' cioe' interdinzione dai publici uffici Ciao e' in bocca al lupo
come possibile ti abbiano fatto i 3 gradi di giudizio se il processo è iniziato dopo 8 anni e quindi in pratica già prescritto in 1° grado?
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Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da naturopata »
Premesso che da poco non c'è alcun obbligo di riammissione in servizio dopo 5 anni di sospensione, quindi la sospensione può durare (giustamente) fino a conclusione di tutto l'iter, arrivare in cassazione con una prescrizione in 1° è possibile per il semplice fatto che qualcuno ha appellato proprio la prescrizione e ulteriormente proposto in cassazione, l'opposizione alla prescrizione (parte lesa, PM, anche il reo, in quest'ultimo caso proprio per superare i 5 anni, cosa ora non più possibile). Quella è una facoltà che uno può esercitare anche se chiarissima, ovvero anche se uno appella a suo favore l'assoluzione e vuole essere condannato (per rendere l'idea), poi si becca le spese, ma nessuno può chiudere il procedimento motu proprio.MisterMM ha scritto: ↑mer apr 10, 2019 11:58 pmSalve,vorreisapere ha scritto: ↑sab set 14, 2013 2:10 pm Ciao ago64 ti rispondo perche' pure io sono capitato nella tua situazione sono un aps dei cc.La sospensione dal servizio dura 5 anni dopo di che' verrai ammesso al servizio.Qualora i procedimenti che hai in corso raggiungono la prescrizione devi stare tranquillo perche' non ti succedera' niente.Tieni presente che io sono stato riammesso in servizio dopo i cinque anni di sospensione e il procedimento penale e' iniziato dopo 8 anni si e' aperto e concluso con la sentenza di NON DOVERSI PROCEDERE PER INTERVENUTA PRESCRIZIONE. Successivamente dopo che ho effettuato i tre gradi di giudizi sempre con la stessa sentenza si e' riunita la Commissione di disciplina e mi ha' dato una punizione di stato con sei mesi di sospensione disciplinare.Attualmente sono in servizio ed il prossimo anno vado in pensione.Quando si concludera' tutto ti daranno gli arretrati della sospensione con decreto da noi ministero della difesa da voi penso ministero dell'interno.Penso di essere stato esaudiente,l'importante con nelle sentenze non esci con pene accessorie' cioe' interdinzione dai publici uffici Ciao e' in bocca al lupo
come possibile ti abbiano fatto i 3 gradi di giudizio se il processo è iniziato dopo 8 anni e quindi in pratica già prescritto in 1° grado?
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Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da fulmineacielsereno »
Buongiorno Naturopata
È stato modificato l’art 919 del COM per caso? Dopo 5 anni di sospensione che viene revocata per diritto possono notificarti un’altra sosp disciplinare di 5 anni o reintegrarti!
È stato modificato l’art 919 del COM per caso? Dopo 5 anni di sospensione che viene revocata per diritto possono notificarti un’altra sosp disciplinare di 5 anni o reintegrarti!
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Re: sospeso dal servizio per procedimento penale
Messaggio da naturopata »
TAR Napoli:fulmineacielsereno ha scritto: ↑ven apr 12, 2019 8:17 am Buongiorno Naturopata
È stato modificato l’art 919 del COM per caso? Dopo 5 anni di sospensione che viene revocata per diritto possono notificarti un’altra sosp disciplinare di 5 anni o reintegrarti!
Quanto infine al profilo della "durata" della nuova sospensione, osserva il Collegio che se è vero che ai sensi del primo comma dell'art. 919 del codice "La sospensione precauzionale non può avere una durata superiore ad anni cinque", è lo stesso citato articolo che, al terzo comma, consente all'amministrazione, come peraltro già ricordato, allorquando sia scaduto il detto termine, a condizione che sia ancora pendente procedimento penale per fatti di eccezionale gravità, di sospendere ancora il militare, valutato specificamente ogni aspetto oggettivo e soggettivo della condotta del militare, previa contestazione degli addebiti, ai sensi dell'art. 917 dello stesso codice il quale disciplina la sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento disciplinare che è dalla norma consentita "per fatti di notevole gravità da cui possa derivare la perdita del grado", circostanza questa espressamente richiamata dall'amministrazione nel provvedimento impugnato. Peraltro, come rilevato dalla Corte Costituzionale, quando la sospensione cautelare sia di applicazione discrezionale, nel senso che in tanto può essere adottata, in quanto l'autorità competente riscontri in concreto la sussistenza delle esigenze cautelari che la motivano, e può essere mantenuta solo fino a quando tali esigenze permangano, allora si deve escludere che sia costituzionalmente necessaria la determinazione di un limite massimo di durata, oltre il quale la misura non possa essere mantenuta, pur permanendo, in ipotesi, le esigenze cautelari (così Corte Cost. 23 ottobre-2 novembre 2000, n. 454; v. anche la sentenza 3 - 22 luglio 2003, n. 264).
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Maiello, Presidente FF
Paola Palmarini, Primo Referendario
Anna Corrado, Primo Referendario, Estensore
TAR Milano
N. 00408/2015 REG.PROV.CAU.
N. 00662/2015REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
Il Presidente
ha pronunciato il presente
DECRETO
sul ricorso numero di registro generale 662 del 2015, proposto da:
Luigi Piccinno, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Santese, con domicilio eletto presso Salvatore Cicogna in Milano, Via Felice Casati, 32;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Guardia di Finanza - Comando Interregionale Italia Nordoccidentale, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Guardia di Finanza - Comando Regionale Lombardia, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Guardia di Finanza - Comando Provinciale Milano;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
A) Determina del Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale emessa dal ComandanteInterregionale, Gen. C.A. Luciano Carta, il 13 gennaio 2015 e notificata al ricorrente il 15 gennaio 2015, alle ore 21,25, per il tramite della Guardia di Finanza, Tenenza di Maglie, Luogotenente Luigi Vitali, con cui è stato disposto che il ricorrente, a decorrere dal 5 novembre 2014, in prosecuzione della sospensione precauzionale già disposta con precedenti determinazioni, permane in stato di sospensione precauzinale dall'impiego, a titolo discrezionale, ai sensi dell'art. 919, comma 3, D.Lgs. 15/3/2010, n. 66, con diritto agli assegni stabiliti dall'art. 920 stesso decreto; di tutti gli atti connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista l'istanza di misure cautelari monocratiche proposta dal ricorrente, ai sensi dell'art. 56 cod. proc. amm.;
Ritenuta la non accoglibilità della richiesta domanda cautelare inaudita altera parte non sussistendone i presupposti di legge (pregiudizio gravissimo ed irreparabile).
P.Q.M.
Respinge la richiesta domanda cautelare inaudita altera parte;
Fissa per la trattazione collegiale della richiesta sospensiva, la camera di consiglio del 16.4.2015.
Il presente decreto è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Milano il giorno 26 marzo 2015.
Il Presidente
Adriano Leo
DEPOSITATO IN SEGRETERIA
Il 27/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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