revoca trasfer incompatibilità ambientale diritto l.86/2001

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FABARALE

revoca trasfer incompatibilità ambientale diritto l.86/2001

Messaggio da FABARALE »

ciao a tutti,
volevo chiederle un parere in merito ad una questione molto particolare.... sono stato trasferito fuori regione, causa rinvio a giudizio, per incompatibilità ambientale.... dopo circa tre anni dopo una sicura assoluzione per non aver commesso il fatto e perchè non costituisce reato l'amministrazione su impulso interlocutorio del TAR ha riesaminato la mia situazione, ha revocato dopo tre anni il provvedimento di trasferimento ordinando il mio rientro alla sede di servizio (ma non nell'ufficio precedente). Dopo la mia richiesta di fruire del beneficio dell'indennita di trasferimento l. 86/2001 art 1 (ex l.100) mi hanno negato il beneficio perchè a loro dire non si tratta di un trasferimento d'autorità!!!!! insomma se ero trasferito a titolo definitivo non ci vorrebbe un altro trasferimento per riportarmi alla vecchia sede di servizio??? grazie a chiunque voglia aiutarmi


melacavo49

Re: revoca trasfer incompatibilità ambientale diritto l.86/2

Messaggio da melacavo49 »

Egregio collega-
In caso di traserimento per incompatibilità ambientale al altra sede di servizio hai diritto alla legge 100 ,da subito- Capitò a me la stessa cosa, e sul provvedimento di trasferimento per incompatibilitò ambientale art. 55 vi era scritto che compete il trattamento di missione della ex legge 100-
Non capisco come mai in tre anni non ti hanno dato niente , e tu non hai chiesto il perchè-
Comunque il diniego alla concessione delle legge 100,andava impugnato avanti al T.A.R. il trasferimento per incompatibilità ambientale e d'Ufficio per cui ti compete- Fai ricorso al T.A.R.
panorama
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Re: revoca trasfer incompatibilità ambientale diritto l.86/2

Messaggio da panorama »

trasferimento di sede per incompatibilità ambientale.
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IL CdS bacchetta il Tar sotto diversi aspetti e da ragione al collega, precisando altresì:

1) - L’art. 55, comma 4, del d.P.R. n. 335 del 1982 prevede, infatti, che il trasferimento di cui è controversia può essere disposto nei casi in cui “la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione”. Non risultando nella specie esternate le ragioni della determinazione impugnata, sussiste l’interesse del destinatario del provvedimento a fugare ogni dubbio e ombra sul corretto esercizio dei compiti della qualifica che possa offuscare i suoi precedenti di carriera.

2) - Passando all’esame del merito, è fondato il motivo con il quale è dedotta l’incompetenza del Questore ad adottare il provvedimento di trasferimento.

3) - Stabilisce invero l’art. 55 del d.P.R. n. 335 del 1982 che “la destinazione del personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato è disposta dal capo della Polizia - direttore generale della pubblica sicurezza”, mentre nella specie l’atto è stato adottato dal Questore della Provincia di Napoli.

4) - Né l’atto può essere inteso come di mera comunicazione, non rinvenendosi nello stesso alcun riferimento ad un sottostante provvedimento del Capo della Polizia.

5) - L’atto del Questore si limita ad indicare la nuova sede di servizio sulla base di un generico richiamo a motivi di incompatibilità ambientale.

6) - Nessuna esternazione si rinviene in ordine alle effettive e concrete ragioni, che hanno imposto il mutamento di sede, riconducibili ad una o più di quelle ipotizzate dall’art. 55 innanzi richiamato (vulnus al prestigio dell’ Amministrazione; situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso; gravissime ed eccezionali situazioni personali).

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201503086
- Public 2015-06-18 -


N. 03086/2015REG.PROV.COLL.
N. 00855/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 855 del 2011, proposto da
OMISSIS,
rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso lo studio legale OMISSIS, in Roma, Via degli Avignonesi n. 5;

contro
Ministero dell'Interno e Questore di Napoli,
costituitisi in giudizio, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio presso la sede della stessa, in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE VI n. 24427 del 2010, concernente il trasferimento di sede dell’appellante per incompatibilità ambientale.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Napoli;
Viste le note difensive del ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2015, il consigliere Bruno Rosario Polito;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, l’avvocato Antonio Sasso per delega dell'avv. OMISSIS e l'avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, l’odierno appellante, allora agente scelto della Polizia di Stato, impugnava per dedotti motivi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili il provvedimento di cui alla nota in data 10 giugno 1994 a firma del Questore di Napoli, con il quale era disposto, per ragioni di incompatibilità ambientale, il suo trasferimento dal Commissariato con sede in OMISSIS al OMISSIS.

Con sentenza n. 24427 del 2010 il T.A.R. adito dichiarava il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, per essere intervenuti successivi trasferimenti di sede e, da ultimo, presso lo OMISSIS, con acquiescenza dell’interessato al luogo ed all’ ufficio di destinazione, mentre in prosieguo di tempo nessuna richiesta di applicazione presso il commissariato di OMISSIS era stata avanzata dal ricorrente.

A giudizio del primo giudice. “ferme le sopravvenute circostanze favorevoli di servizio”, comportanti un radicale mutamento dello stato di fatto - non residuava in capo al ricorrente neanche un interesse morale alla decisione, non rivestendo il trasferimento per incompatibilità ambientale natura sanzionatoria o disciplinare.

Quanto, poi, al preteso interesse risarcitorio, il T.A.R. rilevava che lo stesso non poteva essere utilmente invocato in presenza di un annullamento richiesto per una ragione sostanzialmente formale (difetto di motivazione), che, anche ove sussistente, non implica l’effettiva spettanza del bene della vita al quale il ricorrente aspira.

Le spese del giudizio di primo grado erano poste a carico del ricorrente, sussistendo, a giudizio del T.A.R., gli estremi della soccombenza virtuale, derivante, secondo il Giudice di primo grado, dalla ascrivibilità dei provvedimenti di trasferimento per incompatibilità ambientale alla categoria degli “ordini, peculiari dell'ordinamento militare, come tali sottratti alla disciplina generale degli atti amministrativi e, di conseguenza, non soggetti ad un obbligo di specifica motivazione né ad adempimenti procedimentali intesi ad assicurare la partecipazione del destinatario”.

Avverso al sentenza n. 24427 del 2010 l’originario ricorrente ha proposto appello ed ha contrastato le conclusioni in rito e nel merito del T.A.R., insistendo, anche in sede di note conclusive, sui motivi tutti articolati in prime cure.

Il Ministero dell’Interno e la Questura di Napoli si sono costituiti resistendo con formule di mero stile e limitandosi al deposito del fascicolo di parte di primo grado.

All’udienza del 7 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è fondato.

2.1. Il ricorrente fondatamente contesta il punto di decisione del T.A.R., che ha riconosciuto la sussistenza degli estremi di improcedibilità del ricorso per acquiescenza ai trasferimenti intervenuti in prosieguo di tempo prima ai commissariati di OMISSIS e di OMISSIS e infine presso lo OMISSIS.

Il motivo è fondato, avendo errato il T.A.R. nel dichiarare il ricorso originario improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

Va premesso che la sopravvenuta carenza di interesse si verifica tutte le volte in cui vi sia una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare per il ricorrente l'inutilità dell'eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, non essendo più configurabile in capo ad esso un interesse, anche solo strumentale o morale, alla decisione stessa, ovvero quando sia stato adottato dall'amministrazione un provvedimento idoneo a ridefinire l'assetto degli interessi in gioco che, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, renda certa e definitiva l'inutilità della sentenza.

L'individuazione della fattispecie di sopravvenuta carenza di interesse deve essere effettuata con criteri rigorosi e restrittivi per evitare che la preclusione dell'esame del merito della controversia si trasformi in un'inammissibile elusione dell'obbligo del giudice di provvedere sulla domanda (cfr. Consiglio di Stato , sez. V, sentenza 8.4.2014, n. 1663; Consiglio di Stato, sez. IV, 19/03/2015, numero 1501 ).

Venendo alle peculiarità del caso di specie, osserva il collegio che le sopravvenienze valorizzate dal T.A.R. non fanno venir meno l’interesse alla rimozione dell’atto oggetto del giudizio, a prescindere dalla sua successiva acquiescenza a successivi spostamenti di sede intervenuti in una situazione di fatto e di diritto comunque diversa da quella originariamente lesa, anche tenuto conto che non poteva certo farsi carico all’interessato di un onere di proposizione di riassegnazione ad una sede, rispetto alla quale l’Amministrazione aveva ritenuto che sussistessero ragioni di incompatibilità ambientale al suo impiego.

L’atto, dunque, per il periodo in cui è stato portato ad esecuzione, ha arrecato vulnus nella sfera giuridica del destinatario, con la conseguenza che, se dal suo annullamento non può seguire l’effetto ripristinatorio nella originaria posizione di impiego, permane in ogni caso l’interesse strumentale ad ottenere il ristoro del danno sofferto per il mutamento della sede di servizio.

La permanenza dell’interesse alla verifica della legittimità dell’atto trova del resto oggi espressa codifica nell’art. 34, comma 3, c.p.a., il quale dispone che “quando, nel corso del giudizio l’annullamento, del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse risarcitorio”.

Non va poi condivisa la conclusione del T.A.R., che esclude ogni effettiva spettanza del bene della vita cui l’interessato aspira muovendo dal carattere sostanzialmente formale del motivo di legittimità dedotto (difetto di motivazione).

Premesso, invero, che la fondatezza della pretesa risarcitoria non va certo scrutinata in sede di giurisdizione di mero annullamento, comunque non si versa qui in ipotesi di mero interesse pretensivo, per il quale la verifica del danno iniuria datum resta condizionata alla riedizione del potere discrezionale un volta intervenuto l’ annullamento dell’atto lesivo.

La posizione di interesse legittimo tutelato ha, invece, natura oppositiva ed il danno, se viene accertata l’illegittimità dell’atto oggetto di contestazione, si è già consumato per effetto della sola adozione del provvedimento gravato.

2.2. Il ricorrente insiste anche per l’esistenza di un interesse morale alla pronunzia di annullamento.

L’assunto va condiviso perché - se è vero che il trasferimento per ragioni di incompatibilità ambientale non ha connotazione punitiva – in tale evenienza l’allontanamento dalla sede di servizio si collega sempre ad una situazione di turbativa dell’ordinario andamento dell’ufficio o della sua immagine esterna dovuta alla presenza nella sede del dipendente.

L’art. 55, comma 4, del d.P.R. n. 335 del 1982 prevede, infatti, che il trasferimento di cui è controversia può essere disposto nei casi in cui “la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione”. Non risultando nella specie esternate le ragioni della determinazione impugnata, sussiste l’interesse del destinatario del provvedimento a fugare ogni dubbio e ombra sul corretto esercizio dei compiti della qualifica che possa offuscare i suoi precedenti di carriera.

3. Passando all’esame del merito, è fondato il motivo con il quale è dedotta l’incompetenza del Questore ad adottare il provvedimento di trasferimento.

Stabilisce invero l’art. 55 del d.P.R. n. 335 del 1982 che “la destinazione del personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato è disposta dal capo della Polizia - direttore generale della pubblica sicurezza”, mentre nella specie l’atto è stato adottato dal Questore della Provincia di Napoli.

Né l’atto può essere inteso come di mera comunicazione, non rinvenendosi nello stesso alcun riferimento ad un sottostante provvedimento del Capo della Polizia.

Siffatto eventuale provvedimento, peraltro, pur essendo, ove esistente, nella piena disponibilità dell’ Amministrazione, non risulta essere stato mai prodotto in giudizio secondo quanto prescritto prima dal previgente art. 21, comma 4, della legge n. 1034 del 1971 nel testo novellato dall’art. 1 della legge n. 2015 del 2000 ed oggi dall’art. 46, comma 2, c.p.a.

3.1. E, inoltre, fondato il motivo, con il quale si denuncia l’assoluto difetto di motivazione del provvedimento di trasferimento.

L’atto del Questore si limita ad indicare la nuova sede di servizio sulla base di un generico richiamo a motivi di incompatibilità ambientale.

Nessuna esternazione si rinviene in ordine alle effettive e concrete ragioni, che hanno imposto il mutamento di sede, riconducibili ad una o più di quelle ipotizzate dall’art. 55 innanzi richiamato (vulnus al prestigio dell’ Amministrazione; situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso; gravissime ed eccezionali situazioni personali).

L’atto gravato non soddisfa dunque i requisiti minimi, da cui deve essere assistita la motivazione del provvedimento amministrativo, che, come è noto, l’art. 3, comma 2, della legge n. 241 del 1990 riconduce all’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

Una qualunque motivazione circa le dinamiche relazionali e professionali che hanno causato l’incompatibilità ambientale addotta dall’Amministrazione a sostegno del provvedimento oggetto del giudizio manca del tutto sia nel provvedimento stesso, che nelle risultanze istruttorie, che l’Amministrazione ha omesso del tutto di indicare e comprovare nella relazione del Direttore dell’Ufficio in data 16 settembre 2010 versata in atti.

3.2. Diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R., il provvedimento del Questore non può poi essere qualificato come mero ordine e, come tale, sottratto alle regole sull’esercizio della funzione amministrativa dettate dalla legge n. 241 del 1990.

Non si tratta, infatti, di atto, che, in quanto espressione di una posizione di supremazia del superiore gerarchico, esaurisca in via immediata i suoi effetti facendo sorgere nel destinatario una determinato obbligo di condotta in positivo o in negativo.

Si versa, invece, in fattispecie di provvedimento di gestione del rapporto di impiego degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, che viene ad incidere in via stabile sulla posizione lavorativa del destinatario.

Esso perciò non resta sottratto alle garanzie di partecipazione al procedimento e di motivazione, per di più in presenza di un’ampia sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione nella valutazione dei fatti, che possano sconsigliare la permanenza del dipendente in una determinata sede di impiego.

Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e va annullato il provvedimento del Questore di Napoli del 10 giugno 1994 oggetto del giudizio.

Spese ed onorari seguono la soccombenza e vanno liquidati in favore del ricorrente in euro 4000,00 (quattromila/00) per i due gradi di giudizio, oltre gli accessori di legge.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento del Questore di Napoli del 10 giugno 1994 con esso impugnato

Condanna il Ministero dell’Interno e la Questura di Napoli al pagamento in favore dell’appellante delle spese e degli onorari dei due gradi di giudizio, liquidati in euro 4000,00 (quattromila/00), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2015
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