Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Per notizia questa è un'altra importante sentenza odierna del Consiglio di Stato.

1)- L'Appuntato della GdF con ricorso al Tar Lazio esponeva di aver prestato servizio nel giorno del riposo settimanale, ed oltre il limite delle 36 ore settimanali.

2)- L’Amministrazione, in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164 del 2002, intende corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €. 5,00 (cinque), in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n. 164 del 2002.

Per il resto lo potete leggere in sentenza che ha respinto l'Appello dell'Amministrazione.

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07/05/2012 201202625 Sentenza 4


N. 02625/2012REG.PROV.COLL.
N. 00949/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 949 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Generale della Guardia di Finanza;

contro
V. F., rappresentato e difeso dall'avv. Vittorio Scano, con domicilio eletto presso Vittorio Scano in Roma, via delle Baleniere, 98;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 08934/2009, resa tra le parti, concernente DIRITTO CORRESPONSIONE COMPENSO PER ORE DI LAVORO STRAORDINARIO MATURATE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di V. F.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Vittorio Scano e Federica Varrone (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. V. F., appuntato della Guardia di Finanza, esponeva di aver prestato servizio nel giorno del riposo settimanale, ed oltre il limite delle 36 ore settimanali e domandava l’accertamento:
a- del diritto alla corresponsione del compenso per l'effettuazione durante l'ultimo quinquennio di ore di lavoro straordinario maturate e non calcolate dall'Amministrazione militare e finanziaria del Corpo della Guardia di Finanza, con interessi e rivalutazione monetaria;
b- del diritto alla corresponsione del compenso per l'effettuazione durante il periodo fra il 01.01.2004 ed oggi, di ore di lavoro straordinario di ordine pubblico maturate e solo parzialmente retribuite dall'Amministrazione militare e finanziaria del Corpo della Guardia di Finanza, con interessi e rivalutazione monetaria.

1.2.- Con la sentenza epigrafata il TAR accoglieva il ricorso, considerando che:
- il ricorrente “ha diritto ad avere corrisposta la giusta retribuzione per tali ore di servizio; o comunque, in alternativa - s’intende: in conformità alle regole stabilite nei decreti presidenziali di recepimento degli “accordi di lavoro per i militari” - ad aver riconosciuti e concessi “riposi compensativi” per un ammontare di ore pari a quelle di lavoro non retribuibili in moneta, che vanno considerate alla stregua di ore di lavoro straordinario;
- che l’Amministrazione, in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164 del 2002, intende corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €. 5,00 (cinque), in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n. 164 del 2002;
- che tale condotta è palesemente illegittima (ed illecita) in quanto macroscopicamente contraria all’art.36 della Costituzione che stabilisce che il lavoratore ha diritto alla giusta retribuzione, non essendo revocabile in dubbio che un corrispettivo pari a soli cinque euro non può in alcun caso essere considerato minimamente compensativo;
- che la condotta dell’Amministrazione militare si appalesa vieppiù ingiusta - e contraria ai principii fondamentali del diritto del lavoro - posto che ai sensi del DPR n.422 del 1977 “gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza al normale orario di lavoro”, quando esigenze organizzative lo richiedano; e dunque si trovano, proprio a cagione del loro particolare status e della normativa che lo regola, in una condizione di speciale subordinazione gerarchica, particolarmente rigida;
- che il ricorrente ha provato in giudizio di aver svolto le ore in soprannumero avendo prodotto un prospetto certificativo sottoscritto dal Comandante del II Gruppo Roma della Guardia di Finanza;
- che egli – in conformità al pacifico orientamento giurisprudenziale formatosi sulla questione – ha diritto di ottenere la giusta retribuzione per le ore di lavoro svolte nelle giornate di riposo festivo fino alla concorrenza della somma massima erogabile secondo i DD.PP.RR. di approvazione degli “accordi di lavoro per i militari” (relativi agli anni nei quali sono state effettuate le prestazioni lavorative); e che, per la restante parte di credito non retribuibile (in moneta), ha comunque diritto ad ottenere, in funzione di ristoro per il lavoro prestato, i c.d. “riposi compensativi”; e che la liquidazione delle somme spettanti deve avvenire - in mancanza di idonea normativa specifica atta a disciplinare in modo equo la fattispecie - considerando tali ore di lavoro come ore di lavoro straordinario (quali effettivamente sono state);”.

Il TAR condannava pertanto il Ministero intimato a corrispondere al ricorrente le somme dovute in ragione delle ore di lavoro straordinario prestato nei giorni festivi (da liquidarsi in misura non eccedente i limiti massimi di erogabilità stabiliti dai citati decreti presidenziali), maggiorate delle somme accessorie dovute “ex lege” a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali.

2.- Il Ministero dell’economia ha tuttavia impugnato (con appello notificato l’11.1.2010) la sentenza del TAR (notificata in data 13.11.2009), chiedendone la riforma alla stregua di articolati mezzi di gravame, che si intendono qui riportati.

2.1.- Non si è costituito nel giudizio il ricorrente in primo grado. Con ordinanza n. 1047/2010 la Sezione ha disposto l’accoglimento della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dal Ministero appellante.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2012 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO
1.- Il gravame controverte del diritto dall’appellato, riconosciuto dal TAR mediante la sentenza impugnata, a percepire la retribuzione corrispettiva per le ore di lavoro prestate oltre il limite delle 36 ore settimanali ed in giornate di riposo festivo, nel quinquennio compreso tra l’anno 2004 ed il 2009, in applicazione del DPR n. 422/1977 e del DPR n.164/2002. Con specifico riferimento a detta pretesa, il giudice di prime cure ha condannato il Ministero appellante al pagamento delle relative somme nonché a riconoscere al ricorrente tante ore di “riposo compensativo” quante sono quelle non retribuibili in moneta.

2. Dalla lettura del ricorso, dopo un ampio riepilogo del quadro normativo, si possono ricavare tre ordini di censure, che non possono essere accolte.

2.1.- Il primo contesta in punto di fatto (v. p. 12 del ricorso) che l’appellato, nel periodo di riferimento, abbia prestato alcuna ora di lavoro straordinario non retribuita o non recuperata ; ma dai prospetti allegati non si rileva il pagamento od il recupero delle ore di cui si discute, prestate in giorni festivi (con le conseguenze appresso evidenziate). Né la predetta carenza è colmabile con la semplice attestazione di aver segnalato le ore per il pagamento, poiché tale indicazione, oltre non recare il riferimento specifico alle ore festive, non dimostra “ex se” l’effettiva corresponsione di quanto dovuto o il suo recupero.

Peraltro non può essere trascurato il principio per cui nella ripartizione dell'onere della prova tra lavoratore, titolare del credito, e datore di lavoro, l’onere di provare i fatti estintivi od impeditivi del diritto grava sull’imprenditore (per il principio v. Cass. civ., sez. lav., n. 24484/2008), ad esempio esibendo certificazioni di pagamento o quietanze di pagamento con le relative causali, programma turnario effettuato per il recupero). Per contro, nel giudizio di primo grado, esibendo il cennato prospetto il ricorrente aveva fornito quanto meno un “principio di prova” sulla effettuazione delle ore che, come già osservato, non è stato tuttavia contrastato con alcuna risultanza documentale sul loro pagamento. La censura testè esaminata, che peraltro sembra non corrispondere ad analoga eccezione formulata in primo grado, non può quindi essere accolta.

2.2- La seconda doglianza imputa alla sentenza un’errata interpretazione della normativa di riferimento (artt. 54 del DPR 18.6.2002, 1 del DPR 27-7-1977, 5 della l. n.121/1981 e 44 del Regolamento ministeriale 30.11.1991) a proposito della quale il giudice di prime cure, nel dare soluzione positiva al problema, ha respinto la tesi interpretativa dell’amministrazione che, in applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164/2002, intendeva corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €.5,00 (cinque); in altri termini secondo il Ministero, che in questa sede ripropone il proprio orientamento, la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro darebbe diritto al solo riposo compensativo e all’indennità giornaliera di euro 5,00, e non anche al compenso per lavoro straordinario: la questione si incentra dunque sulla spettanza di retribuzione (sostenuta dagli appellati) nel caso che il lavoro straordinario venga prestato dall’agente nella giornata festiva, in cui gli compete fruire dell’indennità e del riposo compensativo. La tesi è infondata. Come già precisato in recente orientamento espresso della Sezione (cfr sent. n.1342/2012, attinente a personale della polizia penitenziaria) al riguardo va ribadito il principio generale accolto dalla normativa (art. 11 della l. 395/1990), per cui “gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite……”.

Va quindi riaffermato che la legge opera un riferimento del tutto inequivoco non solo alla spettanza dello straordinario in ragione del superamento dell’orario settimanale ordinario, ma la collega solo alla misura della sua retribuzione, non citando sotto questo profilo alcuna forma sostitutiva o surrogatoria della stessa. Da tale carenza si evince, in applicazione inversa del principio “ubi voluit dixit”, che la retribuzione del lavoro eccedente la misura ordinaria avviene al solo verificarsi di detta eccedenza, quindi anche in giorno festivo e si realizza esclusivamente con l’applicazione della misura stabilita per il lavoro straordinario.

Ciò premesso, alcune osservazioni il Collegio deve formulare a proposito dell’altra norma che nella controversia viene in rilievo, costituita dall’art. 10, terzo comma, DPR n.170/2007; essa, in realtà fornisce problemi interpretativi (sui quali fa leva l’appellante) solo ove non si consideri la sua disposizione finale, che a ben vedere conferma invece l’interpretazione qui accolta; ed invero stabilisce la norma citata che per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”. L’indennità in parola, dunque, sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.

A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha “tecnicamente” carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato (“ratio” emergente dal contratto) per aver prestato servizio o in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).

Quindi, ad avviso del Collegio, nessuno dei benefici previsti dal cennato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte, sicchè il criterio per valutare se vi sia stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali; lo “straordinario” deve pertanto essere remunerato in eccedenza quando la prestazione lavorativa eccede le 36 ore settimanali “.

2.3- Terza ed ultima censura si rinviene nell’argomentazione (esposta a p.14 dell’appello) per cui la sentenza avrebbe erroneamente valutato il prospetto riepilogativo redatto dal Comando di appartenenza, così traendo prova (dell’effettuazione di ore di lavoro straordinario in giorni festivi) da un atto che invece riguardava prestazioni di altri servizi. Anche qui, premesso che dal prospetto non si ricava quali ore siano state prestate in giorni festivi, era onere dell’amministrazione provare che le ore di lavoro in questione si riferissero a servizi differenti da quelli che il ricorso assumeva svolti festivi, non dando perciò titolo per procedere alla forma compensativa richiesta.

3.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

- La sufficiente complessità delle questioni trattate integra giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2012


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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Settimana corta.

1) - Diritto dei ricorrenti alla riduzione dell'orario di servizio da 36 a 30 ore o al pagamento del compenso per le prestazioni di lavoro straordinario o concessione di equivalente riposo compensativo, nelle settimane in cui una festività ricada nel giorno di sabato.

2) - Pagamento della retribuzione per prestazioni straordinarie per tutte le ore di lavoro eccedenti le n. 30 ore, per le settimane in cui vi è stata una festività ricadente nel giorno di sabato.

Il Tar di Pescara ha respinto il ricorso dei colleghi del CNA di Chieti.

I motivi potete leggerli direttamente in sentenza. Sotto la stessa data ne sta un'altro con le stesse motivazioni e conclusioni.

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N. 00383/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00383/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 383 del 2010, proposto da: (congruo numero di militari), rappresentati e difesi dagli avv. Marco Di Paolo, Domenico Budini, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Pescara, piazza Troilo, n.23.

contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in L'Aquila, via Buccio di Ranallo C/ S.Domenico;

per l'accertamento
e la declaratoria del diritto dei ricorrenti alla riduzione dell'orario di servizio da 36 a 30 ore o al pagamento del compenso per le prestazioni di lavoro straordinario o concessione di equivalente riposo compensativo, nelle settimane in cui una festività ricada nel giorno di sabato;

nonché per la condanna
delle intimate P.A. al pagamento della retribuzione per prestazioni straordinarie per tutte le ore di lavoro eccedenti le n. 30 ore, per le settimane in cui vi è stata una festività ricadente nel giorno di sabato a decorrere dall’anno 2007, con rivalutazione ed interessi sino al saldo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2012 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori l'avv. Domencio Budini per le parti ricorrenti e l'avv. distrettuale dello stato Luigi Simeoli per le Amministrazioni resistenti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti, in qualità di carabinieri assegnati al Centro nazionale amministrativo dell’Arma, che svolgono servizio per 36 ore la settimana suddivise in 5 giorni (sabato escluso), affermano di aver svolto servizio dal 2007 in settimane in cui la giornata di sabato cadeva in giorno festivo, senza che sia stato loro concesso riposo compensativo o pagamento maggiorato della retribuzione. Ritengono che il rifiuto del Comando di soddisfare le loro richieste in merito sia illegittimo per disparità di trattamento rispetto al personale che svolge attività lavorativa per sei giorni la settimana.

A questi ultimi, infatti, viene corrisposta una indennità di euro 5 l’ora, nel caso in cui prestino servizio nel giorno festivo infrasettimanale, mentre se il giorno libero coincide con la festività infrasettimanale è concesso un ulteriore giorno di riposo da fruire entro le quattro settimane successive.

In subordine chiedono la rimessione della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 21 giugno 2012 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

In merito accorre rilevare che il presupposto per il riconoscimento della festività quale giornata lavorativa, ai fini del suo recupero oppure del pagamento della prestazione lavorativa straordinaria è costituita dal suo inserimento nell’orario di lavoro.

La normativa posta dai ricorrenti a fondamento del proprio diritto è costituita dall’art. 16 del DPR 164/2002 e dall’art. 28 del DPR 11 settembre 2007 n.170.

Entrambe le norme prevedono che “fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall'Amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di € 5,00 a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

Al personale impiegato in turni continuativi, qualora il giorno di riposo settimanale o il giorno libero coincida con una festività infrasettimanale, è concesso un ulteriore giorno di riposo da fruire entro le quattro settimane successive”.

Le norme stabiliscono in primo luogo la regola secondo la quale il personale impiegato in giornata festiva o feriale non lavorativa (sabato, nei casi di orario di lavoro articolato su cinque giornate) ha diritto, oltre al recupero o compenso in denaro per le ore di lavoro rese, al recupero dell’intera giornata festiva/feriale non lavorativa, indipendentemente dalla durata e dalla tipologia della prestazione (servizi armati e non o comune attività lavorativa).

La seconda regola prevista è il diritto di cumulo tra il giorno di riposo settimanale, il giorno libero e la festività infrasettimanale, riconosciuto al personale impiegato in turni continuativi.

In merito occorre rilevare che la nozione di festività comprende, oltre alle domeniche, anche una serie di giorni espressamente indicati dalla legge, durante i quali il lavoratore ha diritto di astenersi dal rendere la prestazione lavorativa dovuta.

La differente natura delle festività infrasettimanali rispetto al riposo settimanale comporta importanti conseguenze sotto il profilo del trattamento giuridico ed economico.

Infatti si riconosce che tali festività, aventi finalità civili o religiose, non assolvono la funzione del riposo settimanale e di conseguenza sono soggette ad un trattamento diverso.

La contrattazione collettiva in argomento ha fatto piena applicazione di questa regola stabilendo che nel caso di coincidenza con la giornata di riposo, il lavoratore ha diritto al recupero della giornata non fruita ad altro titolo.

Analoghe considerazioni valgono per il caso del giorno libero, che è il giorno libero dal servizio che il personale impiegato nei servizi continuativi deve fruire, oltre al riposo settimanale, dopo un certo numero di giorni lavorativi svolti. Per “giorni lavorativi svolti” si intendono non solo i giorni in cui si è prestato servizio, ma anche quelli di legittima assenza dal servizio e pertanto equiparati al servizio medesimo a tutti gli effetti; quindi anche il riposo settimanale, i giorni di congedo ordinario o straordinario, i giorni di aspettativa per infermità, i giorni di permesso sindacale, eccetera.

Le disposizioni richiamate dai ricorrenti stabiliscono quindi che la festività infrasettimanale si cumula con le altre giornate lavorative, anche se in presenza di una causa legittima di astensione dal servizio.

Proprio per questa ragione i militari che svolgono attività di servizio su cinque giorni settimanali non possono usufruire di una giornata di astensione dal servizio per il caso in cui la festività infrasettimanale coincida con il sabato in quanto la giornata di sabato non rientra nell’orario di servizio di questo personale e quindi non costituisce giornata lavorativa.

La differente situazione di fatto esistente tra lavoratori che fruiscono della c.d. settimana corta e quelli che svolgono servizi continuativi giustifica la differenza di trattamento tra le due categorie di lavoratori, con la conseguenza che non sussiste la disparità di trattamento denunciata.

Deve quindi escludersi che la suddetta disciplina comporti una discriminazione tra lavoratori in contrasto con la Direttiva UE 27/11/2000 n. 78, con conseguente palese inammissibilità della questione di legittimità comunitaria sollevata.

In definitiva quindi il ricorso va respinto.

La natura della controversia giustifica la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Michele Eliantonio, Consigliere
Alberto Di Mario, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 06/09/2012
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Notizia per tutti e prego il moderatore di lasciare questa circolare per un po di tempo in modo che tutti i Carabinieri ne abbiano conoscenza poiché sono in molti a non saperla..
Ringrazio anticipatamente il moderatore.
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Per notizia anche se la sottostante sentenza riguarda il personale PolPen.

Il CdS da ragione al collega, pertanto ricorso in Appello vinto.

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29/11/2012 201206102 Sentenza 4


N. 06102/2012REG.PROV.COLL.
N. 04433/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4433 del 2011, proposto da:
A. C., rappresentato e difeso dagli avv. Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva, Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 07171/2010, resa tra le parti, concernente pagamento somme a titolo di straordinario non retribuito

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Giorgio Barbini e Carlo Maria Pisana (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso al TAR della Lombardia, il Ministero della giustizia, premesso che, con decreto adottato il 1 marzo 2010, il Presidente della III Sezione gli aveva ingiunto il pagamento al dipendente A. C. di somme a titolo di lavoro straordinario non retribuito, ha proposto opposizione all’ingiunzione, deducendo l’infondatezza della pretesa; quest’ultima era stata azionata dal sig. C….. il quale, nella posizione di agente di polizia penitenziaria, aveva chiesto l’accertamento del diritto alla corresponsione della retribuzione a titolo di lavoro straordinario in ordine alle prestazioni lavorative svolte, a partire dal 2002 e sino al 2009, nel giorno programmato di riposo ed eccedente le 36 ore settimanali, in relazione alle quali l’amministrazione ha riconosciuto unicamente il diritto al recupero del riposo non fruito.

Nel giudizio proposto dal Ministero, il sig. C……. a sua volta si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione, con vittoria di spese, e la provvisoria esecuzione del decreto ai sensi dell’art. 648 c.p.c.
2. Il TAR adìto, ritenendo di poter definire con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli articoli 60 e 74 c.p.a., e, pur riconosciuta la giurisdizione ordinaria in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, accordava al ricorrente il beneficio dell’errore scusabile e, decidendo nel merito il ricorso , lo accoglieva , annullando il decreto ingiuntivo inizialmente emanato in favore del dipendente.

Di qui l’appello proposto dal sig. C….. , affidato ai motivi trattati nel prosieguo dalla presente decisione.
Si è costituita nel giudizio l’amministrazione intimata, resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive..

Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
1.- Sotto il profilo processuale, può prescindersi dal trattare la questione della concessione al ricorrente dell’errore scusabile (in relazione all’abbreviazione dei termini dei processi di opposizione a decreto ingiuntivo), poiché contro il suo riconoscimento da parte del TAR non è stata formulata alcuna obiezione da parte appellata.

2. Nel merito , viene nuovamente sottoposta al Collegio la questione del diritto del riconoscimento della retribuzione a titolo di lavoro straordinario in ordine alle prestazioni lavorative svolte, a partire dal 2002 e sino al 2009, nel giorno programmato di riposo ed eccedente le 36 ore settimanali, in relazione alle quali l’amministrazione ha riconosciuto unicamente il diritto al recupero del riposo non fruito.

Su tale tematica, a partire dalle sentenze n.1342/2012 e n. 2625/2012, la giurisprudenza della Sezione si è prevalentemente orientata nel senso interpretativo indicato dall’appellante (in senso dunque favorevole a detto riconoscimento) e non consente pertanto di aderire all’opposta tesi sostenuta dal TAR e dal Ministero appellato.

In particolare, al riguardo, deve muoversi dal principio generale accolto dalla normativa (art.11 della l. 395/1990), per cui “gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite……”.

Va quindi rilevato che la legge opera un riferimento del tutto inequivoco non solo alla spettanza dello straordinario in ragione del superamento dell’orario settimanale ordinario, ma la collega solo alla misura della sua retribuzione, non citando sotto questo profilo alcuna forma sostitutiva o surrogatoria della stessa.

Da tale carenza si evince, in applicazione inversa del principio “ubi voluit dixit”, che la retribuzione del lavoro eccedente la misura ordinaria avviene al solo verificarsi di detta eccedenza, quindi anche in giorno festivo e si realizza esclusivamente con l’applicazione della misura stabilita per il lavoro straordinario.

Ciò premesso, alcune osservazioni il Collegio deve formulare a proposito dell’altra norma che nella controversia è venuta in rilievo, costituita dall’art. 10, terzo comma, DPR n.170/2007; essa, in realtà fornisce problemi interpretativi (sui quali fa leva l’appellante) solo ove non si consideri la sua disposizione finale, che a ben vedere conferma invece l’interpretazione qui accolta; ed invero stabilisce la norma citata che per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”.

L’indennità in parola, dunque, sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.

A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella quella di compensare il disagio arrecato (“ratio” emergente dal contratto) per aver prestato servizio ordinario in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).

Quindi, ad avviso del Collegio, nessuno dei benefici previsti dal cennato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte.

Giova peraltro rilevare che lo stesso Ministero (con la circolare prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, richiamata dalla stessa amministrazione come dai motivi aggiunti), dopo aver ribadito la spettanza dell’indennità dovuta per lavoro prestato in giorno di riposo, chiarisce che verrà considerata straordinario e come tale retribuita l’eccedenza di orario oltre quello di servizio. E’ quindi del tutto chiaro, che nel giorno festivo il dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio sarà retribuito, sino al limite dell’orario ordinario, mediante l’indennità e, per le misure orarie eccedenti, come lavoro straordinario.

2.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto dell’opposizione (al decreto ingiuntivo emesso dal TAR) , proposta dal Ministero, e conferma del decreto stesso.

In forza di quanto sopra deve pertanto riconoscersi il diritto dell’appellante alla corresponsione della retribuzione a titolo di lavoro straordinario in ordine alle prestazioni lavorative svolte, a partire dal 2002 e sino al 2009, nel giorno programmato di riposo ed eccedente le 36 ore settimanali), con conseguente condanna al pagamento delle relative somme (fatte salve quelle prescritte, come accettato con dichiarazione a verbale) , con interessi o rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo effettivo.

3.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, attesa la non univocità dell’indirizzo giurisprudenziale applicato.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,
accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata , respinge il ricorso di primo grado proposto dal Ministero contro il decreto ingiuntivo, riconoscendo all’appellante quanto specificato in motivazione.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 ottobre 2012 , dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con l’intervento dei signori:

Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 29/11/2012
iosonoquì
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

Messaggio da iosonoquì »

panorama ha scritto:Notizia per tutti e prego il moderatore di lasciare questa circolare per un po di tempo in modo che tutti i Carabinieri ne abbiano conoscenza poiché sono in molti a non saperla..
Ringrazio anticipatamente il moderatore.
Panorama
Nell'ambito della Compagnia nella quale presto servizio, ho opportunamente fatto in modo che la circolare fosse il più pubblicizzata possibile tra tutti i reparti dipendenti.

Quello che più mi rammarica è che, molto inopportunamente, la nostra Dirigenza pare non abbia recepito per loro stessi la direttiva, invece tenendola in opportuna considerazione per quanto riguarda i reparti dipendenti.

Conclusione?
- loro continuano a sforare i modo eccessivo e vergognoso, forse troppo spesso senza alcuna necessità, le ore a loro assegnate....;
- i militari posti alle dipendenze di quest'ultimi (ovverosia Ispettori ; sovrintendenti e Appuntati/Carabinieri) debbono rispettare rigorosamente le direttive;
- saranno regolarmente pagati gli extra agli ufficiali......(ovverosia gli extra rispetto al monte ore devoluto agli ufficiali), perchè tale categoria lavora sempre più degli altri.


sempre cordialmente.


Cordialmente
panorama
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

Messaggio da panorama »

dove lavoro io, invece nessuno la conosce.
Io sono venuto a conoscenza tramite il forum portale Leonardo ove si parla di straordinario con le solite lamentele della Base.
iosonoquì
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

Messaggio da iosonoquì »

panorama ha scritto:dove lavoro io, invece nessuno la conosce.
Io sono venuto a conoscenza tramite il forum portale Leonardo ove si parla di straordinario con le solite lamentele della Base.

Allora faccio chiarezza per tutti.

Ogni anno viene stabilito il monte ore a livello "provinciale" per le categorie Ispettori/Sovrintendenti/Appuntati e Carabinieri. Il Comandante Provinciale (parlo per la linea territoriale), distribuisce poi le ore alle Compagnie ed al dipendente Reparto Operativo, con l'obbligo di non sforare il monte ore.
Le ore dovrebbero poi essere ripartite a cura dell'Ufficiale verso tutti i reparti dipendenti fermo restano che ogni militare non può superare il monte ore di 55.
Lo sforamento di questo doppio limite (55 ore e limite monte ore del reparto) viene riportato nelle ultime tre colonne dei sup/2 verso il militare che ha superato il limite massimo delle 55.
Nell'anno successivo alla chiusura dell'esercizio finanziario, qualora per indisponibilità finanziaria non si riuscisse a pagare questo sforamento delle ultime tre colonne del sup/2, le ore (badate bene...SOLO su richiesta dell'interessato) dovrebbero essere recuperate con riposi compensativi.
Il terzo anno potrebbe avvenire la riduzione del monte ore per un determinato comando Provinciale a causa delle ristrettezze finanziarie assegnate all'esigenza.

A titolo di esempio:
anno 2010
- al comando Provinciale di Enna vengono elargite 12mila ore l'anno (ovverosia 1000 al mese);
- il militare X della Stazione di Enna principale ogni mese sfora di 10 ore oltre le 55 mensili e questo sforamento viene regolarmente riportato nelle ultime tre colonne del sup/2;
- alla fine dell'anno il carabiniere x avrà avuto una eccedenza di 120 ore e conseguente il comando provinciale avrà avuto una eccedenza di 120 ore rispetto alle 12mila;

anno 2011:
- il carabiniere X non riesce a recuperare le ore;

anno 2012:
al comando Provinciale di Enna vengano concesse 11.880 ore per effetto delle ore concesse in esubero nel 2010.

Ergo.....tanto più alto sarà lo sforamento quanto più alta sarà la possibilità che il terzo anno sarà decurtato a livello provinciale il monte ore assegnato.

Naturalmente (questa è la mia personalissima idea), questo sforamento incontrollato, avviene mensilmente per gli ufficiali che, disponendo il recupero delle ore alle categorie poste alle loro dipendenze, avrà maggiori possibilità di vedersi completamente pagato tutto l'esubero (che, vi assicuro, supera abbondantemente in taluni casi oltre i 15mila euro..........)

Spero di avere fatto chiarezza.

Cordialmente
panorama
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

Messaggio da panorama »

L'Amministrazione fa Appello contro la sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 03111/2009
concernente ACCERTAMENTO DIRITTO CORRESPONSIONE LAVORO STRAORDINARIO SVOLTO NELLE GIORNATE DESTINATE A RIPOSO SETTIMANALE ma perde l'Appello.

Ecco qui sotto la sentenza del Consiglio di Stato di ieri 25/02/2013.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

25/02/2013 201301174 Sentenza 4


N. 01174/2013REG.PROV.COLL.
N. 02721/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2721 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale Liguria della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
(congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS x questione di spazio - ), rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Betti, con domicilio eletto presso Paolo Panariti in Roma, via Celimontana, 38;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 03111/2009, resa tra le parti, concernente ACCERTAMENTO DIRITTO CORRESPONSIONE LAVORO STRAORDINARIO SVOLTO NELLE GIORNATE DESTINATE A RIPOSO SETTIMANALE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS x questione di spazio );
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Stefano Betti e Maurizio Greco (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con l’appello in esame, il Ministero dell’Economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di Finanza, impugna la sentenza 4 novembre 2009 n. 3111, con la quale il TAR per la Liguria, sez. II, ha accolto il ricorso proposto da taluni militari della Guarda di Finanza ed ha accertato il loro diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l’intero orario svolto a far data dal 15 agosto 2002 nelle giornate destinate a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla I ora eccedente le 36 ore settimanali.

La sentenza appellata afferma:

- “per il personale della Guardia di finanza, costituisce lavoro straordinario quello prestato in eccedenza rispetto al normale orario d’obbligo o di servizio”, pari a 36 ore settimanali;

- ai sensi dell’art. 54, co. 3, DPR n. 164/2002, “nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali, le ore dalla prima alla sesta (id est, quelle rese entro la media oraria giornaliera) non possono essere considerate – per ciò solo – straordinario, e che, fermo il doveroso recupero del riposo settimanale o della festività infrasettimanale, la speciale indennità di 5 euro remunera il disagio connesso alla prestazione di un servizio nella giornata destinata al riposo” (ed infatti, ai sensi dell’articolo citato, “l’importo di 5 euro remunera la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero, con ciò lasciando intendere che tale disciplina non incide sul computo dello straordinario, che avviene invece su base settimanale”);

- ne consegue che, fermo il diritto al recupero, laddove la prestazione resa in giorno destinato a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, “concorra, su base settimanale, al superamento delle 36 ore, spetta al personale sia l’indennità di 5 Euro per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore”.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di impugnazione (così ricostruiti in base a quanto esposto dal’amministrazione a pagg. 3-15 app.):

a) error in iudicando, poiché “nulla può essere ulteriormente riconosciuto ai militari in relazione al servizio svolto in giorni di riposo settimanale in quanto già recuperato volta per volta fruendo di una giornata di riposo”, e quindi “nulla può essere dovuto . . . alle controparti che non hanno prestato alcuna ora di lavoro straordinario oltre alle 36 ore di servizio previste per legge”;

b) error in iudicando, in quanto il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile “non potendo aversi una mera condanna su di un an non provato”; poichè i militari non hanno provato il superamento delle 36 ore settimanali, né depositato la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario. Né, infine, essi hanno precisato “in quale servizio e in quale giorno festivo . . . siano stati concretamente impiegati” (e potendosi avere situazioni confliggenti, è dubbia la proponibilità dello stesso ricorso collettivo).

Si sono costituiti in giudizio i militari appellati, come in epigrafe indicati, che hanno concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con ordinanza 28 aprile 2010 n. 1922, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

E’, innanzi tutto, infondato il secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto), con il quale l’amministrazione appellante ripropone profili di inammissibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Ed infatti, per un verso le posizioni dei militari, tutti tendenti ad ottenere il riconoscimento ai fini economici del lavoro straordinario svolto, non appaiono confliggenti e quindi tali da escludere l’utilizzazione del ricorso collettivo (aspetto che, peraltro, la stessa appellante sottolinea in termini di eventualità); per altro verso, trattandosi, come si è detto, di domanda tendente ad ottenere il riconoscimento di un diritto soggettivo patrimoniale, non appare indispensabile la precisazione delle ore di straordinario svolte o il giorno di svolgimento, né tanto meno l’allegazione dell’atto di autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario, e ciò sia in quanto tale documentazione è senza dubbio in possesso dell’amministrazione – datore di lavoro, sia in quanto è ben possibile richiedere al giudice l’accertamento della sussistenza del diritto (negato dall’amministrazione), rinviando a momenti e a sedi diverse la quantificazione dell’effettivo lavoro straordinario svolto.

Con il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto), l’amministrazione risottopone a questo Giudice la questione della valutabilità (o meno), ai fini della verifica del superamento delle 36 ore settimanali di lavoro ordinario, delle ore di lavoro svolte in giorno destinato a riposo settimanale o festivo infrasettimanale.

Anche questo motivo di appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare (sez. IV, 8 marzo 2012 n. 1342), in questione analoga riferita al personale dell’amministrazione penitenziaria, “l’indennità . . . sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.

A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato . . . per aver prestato servizio ordinario in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).”

Sulla base di tali considerazioni, la giurisprudenza di questa Sezione ha già affermato che “nessuno dei benefici previsti . . . costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte”.

Da tali conclusioni, non vi è motivo di discostarsi nel caso di specie, posto che appare del tutto chiara l’interpretazione dell’art. 54, co. 3, DPR n. 164/2002, laddove esso afferma che l’importo di 5 euro remunera la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero, con ciò lasciando intendere che tale disciplina non incide sul computo dello straordinario, che avviene invece su base settimanale; di modo che nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali, le ore dalla prima alla sesta (id est, quelle rese entro la media oraria giornaliera) non possono essere considerate – per ciò solo – straordinario.

Tuttavia, qualora tale prestazione, che concorre, su base settimanale, al computo complessivo del lavoro svolto, determina il superamento delle 36 ore, spetta al personale (fermo il diritto al recupero), sia l’indennità di 5 Euro per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore”.

Per le ragioni sin qui espresse, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza (n. 2721/2010 r.g.), lo rigetta, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 25/02/2013
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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sentenza dei nostri colleghi CC.: ACCOLTA.
---------------------------------------------------------------------

1) - il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Ufficio Legislazione, non riconosce il diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l'intero orario svolto nelle giornate destinate a riposo settimanale, o in giornate cadenti di domenica, ovvero festive infra settimanali, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali.
-----------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di ANCONA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500417, - Public 2015-05-22 -


N. 00417/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00080/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 80 del 2014, proposto da:
OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avv.ti Pietro Siciliano e Domenico Formica, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

contro
Ministero della Difesa - Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;

per l'annullamento
- della nota n. 139/1-2 di proc. del 6.11.2013, pervenuta il 12.11.2013, con la quale il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Ufficio Legislazione, non riconosce il diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l'intero orario svolto nelle giornate destinate a riposo settimanale, o in giornate cadenti di domenica, ovvero festive infra settimanali, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali;

- di ogni altro atto che sia o possa considerarsi presupposto o conseguenza dell'atto sopra impugnato e che con il medesimo sia comunque in rapporto di correlazione;

- nonché per l'accertamento diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso straordinario per l'intero orario svolto a far data dal 15.8.2002 e comunque dalla data di incorporazione, se successiva, dei singoli ricorrenti nelle giornate originariamente destinate al riposo settimanale ovvero in giornate cadenti di domenica o ancora in festività infrasettimanali a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza n. 95/2014;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I. I ricorrenti, tutti carabinieri in servizio presso il Comando Legione Carabinieri Marche, assumono che sin dall’anno 2002, hanno reso la propria attività lavorativa oltre il normale orario di lavoro settimanale (di 36 ore), per interi turni di almeno sei ore, in giornate originariamente destinate al riposo o di domenica o in festività infrasettimanali.

Sulla base di ciò, essi hanno presentato istanza all’Amministrazione per ottenere la corresponsione del compenso straordinario per tutte le ore di servizio prestate in eccedenza.

Con l’impugnato provvedimento, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ha rigettato l’istanza, ritenendo che non fosse possibile la retribuzione del lavoro straordinario per il servizio reso in giornate destinate al riposo, avendo i militari beneficiato del recupero del riposo non fruito.

Con il presente ricorso, quindi, i ricorrenti, lamentando la violazione dell’art. 54, comma 3, del DPR n. 164/2002, chiedono l’accertamento del proprio diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l’intero orario di servizio svolto, a far data dal 15 agosto 2002, ovvero dalla data dell’incorporazione di ciascuno, se successiva, in giornate destinate al riposo settimanale o festivo infrasettimanale a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, indipendentemente dalla successiva concessione del riposo compensativo.

L’Amministrazione intimata, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle pretese dei militari e la prescrizione del diritto fatto valere (pag. 7 della memoria di costituzione).

Alla pubblica udienza del 19 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

II. La questione posta oggi al vaglio del Collegio è stata già oggetto di precedenti pronunce, anche di questo Tribunale (TAR Marche - Ancona, sez. I, 17 aprile 2015, n. 315; TAR Emilia Romagna - Parma, 21 febbraio 2013, n. 62; 7 febbraio 2013, nn. 36, 37 e 38; 14 settembre 2011, n. 307, quest’ultima confermata da Cons. Stato, sez. IV, 8 marzo 2012, n. 1342; TAR Liguria - Genova, sez. II, 4 novembre 2009, n. 3111), sebbene nello specifico riferite ad altre forze di polizia, dai cui principi non vi è motivo per discostarsi.

In particolare, con riferimento al caso in esame, l’art. 54, comma 3, del D.P.R. 18.6.2002, n. 164 (recante il recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003) ha stabilito che “fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall'amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di euro 5,00, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”.

Detta indennità ha la funzione di remunerare il disagio connesso alla prestazione dell’attività lavorativa in una giornata destinata al riposo e quindi non incide sul computo dello straordinario, che avviene su base settimanale.

Pertanto, poiché l’orario di lavoro settimanale è suddiviso in 6 ore giornaliere, le ore di servizio dalla prima alla sesta, ancorchè prestate in giornate destinate al riposo, non sono considerate straordinario, ma vengono remunerate con la corresponsione dell’indennità in parola, fermo restando il recupero del riposo settimanale o della festività infrasettimanale.

Occorre precisare che la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato per aver prestato servizio in giorno festivo, avuto riguardo al fatto che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione.

Il compenso per lavoro straordinario ha, invece, un’altra finalità, che è quella di compensare le prestazioni rese oltre le 36 ore settimanali, sul presupposto della maggiore gravosità dell’attività prestata in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro.

Pertanto, sempre fermo restando il diritto al recupero, qualora la prestazione lavorativa resa nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali concorra, su base settimanale, al superamento delle 36 ore, spetta al personale sia l’indennità di 5 € (successivamente aumentata ad 8 €) per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore.

In conclusione, poiché gli odierni ricorrenti agiscono, in questa sede, per l’accertamento del solo diritto alla corresponsione del lavoro straordinario per le ore di lavoro eccedenti, su base settimanale, le 36 ore, nei limiti dell’azione di accertamento concretamente proposta, genericamente circoscritta all’an debeatur, il ricorso deve essere accolto; conseguentemente, è accertato il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso straordinario, sin dal 15.8.2002, data di entrata in vigore del nuovo contratto, ovvero sin dalla data dell’incorporazione di ciascuno, se successiva, per l’intero orario di lavoro svolto nelle giornate destinate a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, il tutto, nei limiti dell’eccepita intervenuta prescrizione.

In proposito occorre precisare che i crediti derivanti da prestazioni di lavoro straordinario non retribuite, al pari di ogni credito avente causa in un rapporto di pubblico impiego, sono soggetti alla prescrizione quinquennale, ai sensi dell’art. 2948, c.c., attenendo a somme suscettibili di essere pagate in ratei mensili, come qualsiasi altro emolumento retributivo del pubblico dipendente (T.A.R. Campobasso (Molise), sez. I, 10 marzo 2011, n. 111; T.A.R. Roma (Lazio), sez. I, 4 febbraio 2009, n. 1145; T.A.R. Genova (Liguria), sez. I, 8 febbraio 2005, n. 170).

III. Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in ragione della relativa novità della questione trattata, rispetto alla quale, nonostante i citati precedenti giurisprudenziali, non può dirsi ancora formato un orientamento consolidato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi precisati in motivazione.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere
Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe qui riuniti, rimette gli atti alla Corte Costituzionale.

Riserva la sentenza definitiva.
----------------------------------------------------------------------------------------:

ORDINANZA COLLEGIALE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201502062
- Public 2015-04-27 -


N. 02062/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00494/2014 REG.RIC.
N. 00495/2014 REG.RIC.
N. 00496/2014 REG.RIC.
N. 00497/2014 REG.RIC.
N. 00498/2014 REG.RIC.
N. 00499/2014 REG.RIC.
N. 00500/2014 REG.RIC.
N. 00501/2014 REG.RIC.
N. 00502/2014 REG.RIC.
N. 00503/2014 REG.RIC.
N. 00504/2014 REG.RIC.
N. 00505/2014 REG.RIC.
N. 00506/2014 REG.RIC.
N. 00507/2014 REG.RIC.
N. 00508/2014 REG.RIC.
N. 00509/2014 REG.RIC.
N. 00510/2014 REG.RIC.
N. 00511/2014 REG.RIC.
N. 00512/2014 REG.RIC.
N. 00513/2014 REG.RIC.
N. 00514/2014 REG.RIC.
N. 00515/2014 REG.RIC.
N. 00516/2014 REG.RIC.
N. 00517/2014 REG.RIC.
N. 00518/2014 REG.RIC.
N. 00519/2014 REG.RIC.
N. 00520/2014 REG.RIC.
N. 00521/2014 REG.RIC.
N. 00522/2014 REG.RIC.
N. 00523/2014 REG.RIC.
N. 00525/2014 REG.RIC.
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N. 00527/2014 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sui seguenti ricorsi in appello:

1) nr. 494 del 2014, proposto dal signor David SGRÒ, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

2) nr. 495 del 2014, proposto dal signor Eugenio NICOLETTA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

3) nr. 496 del 2014, proposto dal signor Piero LONGO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

4) nr. 497 del 2014, proposto dal signor Michele Ivan RUGGIERE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

5) nr. 498 del 2014, proposto dal signor Francesco STATTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

6) nr. 499 del 2014, proposto dal signor Amedeo TARANTINO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

7) nr. 500 del 2014, proposto dal signor Salvatore Alessandro MILAZZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

8) nr. 501 del 2014, proposto dal signor Danilo TUCCITTO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

9) nr. 502 del 2014, proposto dal signor Fabio ROSAI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

10) nr. 503 del 2014, proposto dal signor Bartolomeo DI STASIO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

11) nr. 504 del 2014, proposto dal signor Giovanni CIARAMITARO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

12) nr. 505 del 2014, proposto dal signor Ivan Luciano MINÌ, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

13) nr. 506 del 2014, proposto dal signor Vito PARRINELLO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

14) nr. 507 del 2014, proposto dal signor Tommaso MARSICO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

15) nr. 508 del 2014, proposto dal signor Giuseppe GIARRATANA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

16) nr. 509 del 2014, proposto dal signor Saverio PICONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

17) nr. 510 del 2014, proposto dal signor Salvatore DE COSTANZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

18) nr. 511 del 2014, proposto dal signor Giuseppe LICCIARDI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

19) nr. 512 del 2014, proposto dal signor Roberto Damiano MARCARELLI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Giulia Santamaria e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, non costituito;

20) nr. 513 del 2014, proposto dal signor Alberto Antonio INDOVINA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

21) nr. 514 del 2014, proposto dal signor Luigi TOLINO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

22) nr. 515 del 2014, proposto dal signor Francesco IAVARONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

23) nr. 516 del 2014, proposto dalla signora Germana FERILLI, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

24) nr. 517 del 2014, proposto dal signor Francesco GALLUZZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

25) nr. 518 del 2014, proposto dal signor Francesco PERTICONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

26) nr. 519 del 2014, proposto dal signor Vito FRANCHINI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

27) nr. 520 del 2014, proposto dal signor Giuseppe CUFFARO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

28) nr. 521 del 2014, proposto dal signor Angelo Biagio CHIOFALO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

29) nr. 522 del 2014, proposto dal signor Salvatore CHIRIATTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

30) nr. 523 del 2014, proposto dal signor Fabio CASALICCHIO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

31) nr. 525 del 2014, proposto dalla signora Vincenza CARRUBBA, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Barbini, Giulia Santamaria e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

32) nr. 526 del 2014, proposto dal signor Giovanni CAROSSO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giulia Santamaria e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

33) nr. 527 del 2014, proposto dal signor Alessio BOI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

34) nr. 528 del 2014, proposto dal signor Giuseppe ALIBERTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

35) nr. 529 del 2014, proposto dal signor Rocco ARATO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

36) nr. 530 del 2014, proposto dal signor Antonino Francesco Paolo ACCARDI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;


per la riforma

- quanto al ricorso nr. 494 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1693/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2009 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 495 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1694/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 496 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1687/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 497 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1712/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 498 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1690/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 499 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1713/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 500 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1695/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 501 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1711/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 502 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1709/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 503 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1700/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 504 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1705/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2006 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 505 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1704/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 506 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1716/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 507 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1719/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 508 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1699/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 509 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1718/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 510 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1715/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso n. 511 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1691/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 512 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1703/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 513 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1702/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 514 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1720/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 515 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1688/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 516 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1708/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 517 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1698/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 518 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1714/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 519 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1710/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 520 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1707/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 521 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1696/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 522 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1706/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso n. 523 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1692/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 525 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1685/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 526 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1697/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 527 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1717/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 528 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1689/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 529 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1686/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 530 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1701/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione in data 21 febbraio 2015 a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Barbini per i ricorrenti e l’avv. dello Stato Antonio Grumetto per l’Amministrazione;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:


FINE PRIMA PARTE

Segue
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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PARTE SECONDA
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1. I ricorrenti, tutti agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, hanno agito in primo grado per l’accertamento di spettanze retributive a loro dire dovute dall’Amministrazione della Giustizia per lo svolgimento di attività lavorativa nei giorni ordinariamente destinati al riposo settimanale.

In particolare, ciascuno di loro ha documentato di aver espletato, in periodi di tempo più o meno lunghi ricompresi fra il 2004 e il 2012, plurime ore di attività lavorativa in giorni festivi ovvero da destinare al riposo settimanale, chiedendo pertanto il riconoscimento del compenso per le corrispondenti ore di straordinario prestate, nonché il risarcimento del danno da usura psicofisica patito ovvero – in via subordinata – la determinazione dell’indennità supplementare dovuta sulla base dei vigenti accordi sindacali di categoria.

2. A sostegno della propria pretesa, gli istanti hanno richiamato il pregresso indirizzo di questa Sezione (cfr. ex plurimis le sentenze nr. 6322 del 10 dicembre 2012 e nr. 1342 dell’8 marzo 2012), sulla scorta del quale:

a) al fine di compensare il disagio derivante dal dover prestare attività lavorativa in una giornata ordinariamente dedicata al riposo, non è sufficiente la speciale indennità disciplinata dalla contrattazione di categoria (per quanto qui rileva, dall’art. 10, comma 3, del d.P.R. 11 settembre 2007, nr. 170, che la ha quantificata in € 5,00 all’ora, importo poi aumentato ad € 8,00 all’ora dal successivo art. 15, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, nr. 51), atteso che tale indennità è testualmente corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”, e dunque surroga la sola retribuzione ordinaria, lasciando impregiudicata – fra le altre – la questione di come debbano essere compensate le ore lavorative eventualmente eccedenti il limite delle 36 settimanali;

b) a tale ultimo riguardo, sempre sulla base della contrattazione collettiva di categoria, il computo dello straordinario va effettuato con criterio “orizzontale”, ossia tenendo conto delle ore eccedenti le 36 nell’arco della settimana, e non “verticale”, ossia avendo riguardo alla sola giornata che interessa ed alle ore eventualmente eccedenti le 6 giornaliere;

c) diversi poi, e anche distinti fra di loro, sono gli istituti del “riposo recupero”, disciplinato dall’art. 11, comma 5, della legge 15 novembre 1990, nr. 395, che serve a far recuperare al lavoratore il giorno di riposo di cui non abbia fruito per aver svolto attività lavorativa, e del “riposo compensativo”, disciplinato dagli accordi sindacali (e, per quanto qui rileva, dall’art. 11 dell’Accordo Nazionale Quadro del Corpo di Polizia Penitenziaria), il quale altro non è che una differente modalità di compensazione del lavoro straordinario, che anziché essere retribuito viene ad essere compensato con un numero corrispondente di ore di riposo.

3. Il T.A.R. della Lombardia, investito delle controversie, le ha definite con altrettante sentenze di reiezione, avverso le quali gli originari ricorrenti sono insorti con gli appelli oggi all’esame di questa Sezione.

4. Con le sentenze in epigrafe, il primo giudice si è motivatamente discostato dai precedenti sopra richiamati, argomentando sulla base dell’orientamento, a suo dire difforme, della Corte di Cassazione, dal quale sarebbero ritraibili i seguenti principi:

- è ontologicamente impossibile qualificare come straordinario il lavoro prestato in un giorno festivo, ogni qual volta sia stata comunque rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni settimana di lavoro;

- conseguentemente, il computo del lavoro straordinario va effettuato con criterio “verticale”, e quindi tenendo conto delle sole ore eccedenti il normale orario di lavoro nei 6 giorni della settimana in cui viene normalmente prestato, calcolate nell’ambito del mese di riferimento;

- ferma e impregiudicata resta la diversa questione, da affrontare e risolvere però in sede di contrattazione collettiva, dell’eventuale retribuzione supplementare dovuta per compensare la particolare “penosità” derivante dall’aver dovuto prestare attività lavorativa in una giornata istituzionalmente da dedicare alle esigenze familiari, personali e culturali.

5. Nel costituirsi in resistenza in grado d’appello, il Ministero della Giustizia, oltre a sostenere la infondatezza degli appelli e a instare per la conferma delle sentenze impugnate, ha richiamato lo jus superveniens di cui all’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, nr. 147 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)”), secondo cui: “…L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l’articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

In tal modo, secondo la difesa erariale, il legislatore sarebbe intervenuto con interpretazione autentica della vigente normativa, riaffermando l’impostazione seguita dalla giurisprudenza prevalente e smentendo il più recente indirizzo di questa Sezione.

6. Tutto ciò premesso, questa Sezione reputa che la disposizione da ultimo citata ponga plurimi dubbi di legittimità costituzionale, tali da indurre a rimettere alla Corte costituzionale la relativa questione, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, nr. 87.

7. Al riguardo, va innanzi tutto sottolineata l’evidente rilevanza della questione, atteso che la norma dianzi richiamata è destinata, ove ritenuta legittima, a trovare applicazione nei presenti giudizi, e anzi a essere determinante ai fini della loro definizione.

Infatti, con essa il legislatore, con previsione espressamente dichiarata retroattiva (come testimoniato dalla salvezza dei soli giudizi definiti con giudicato), ha affermato il duplice principio per cui, di regola, nessuno straordinario è dovuto per le attività lavorative svolte in un giorno festivo, e solo in via di eccezione questo può essere riconosciuto per le sole ore eccedenti l’ordinario orario giornaliero (criterio di calcolo c.d. “verticale”); di conseguenza, e salvi gli eventuali ulteriori profili di cui si dirà subito appresso, l’applicazione dei detti principi non potrebbe che portare alla reiezione delle pretese attoree, per ragioni altre e assorbenti rispetto a quelle addotte dal giudice di prime cure.

8. Ciò premesso, e venendo al presupposto della non manifesta infondatezza della questione, è opportuno preliminarmente ribadire che, alla stregua della pregressa giurisprudenza della Sezione come richiamata al precedente punto 2, il lavoratore il quale abbia prestato attività lavorativa in un giorno festivo, o comunque da destinare all’ordinario riposo settimanale, ha diritto a tre distinti benefici e precisamente:

a) al “riposo recupero”, che serve a consentire il recupero del riposo settimanale non fruito;

b) all’indennità prevista dalla contrattazione collettiva di categoria, che serve a compensare del maggior disagio derivante dall’aver svolto attività lavorativa in un giorno che avrebbe dovuto essere dedicato ad altri interessi;

c) all’eventuale retribuzione per lavoro straordinario, se e nella misura in cui le ore di lavoro svolte nel giorno festivo, sommate a quelle svolte nei sei giorni precedenti, superino il limite delle 36 settimanali.

Rispetto a tale ricostruzione, contrariamente a quanto sembra argomentare il giudice di prime cure, gli indirizzi espressi dalla Corte di Cassazione non risultano affatto andare in contrario avviso: e, anzi, proprio nei precedenti richiamati nelle sentenze qui appellate – al di là dell’ovvia affermazione della non assimilabilità sic et simpliciter del lavoro festivo a lavoro straordinario, quante volte sia comunque rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni sei di attività lavorativa svolta – si afferma fra l’altro che “…il lavoratore turnista che presti la propria opera per sette o più giorni consecutivi, pur godendo complessivamente di riposi in ragione di uno per settimana, ha diritto, oltre che ad un compenso per la penosità del lavoro domenicale, ad un distinto compenso per l’ulteriore penosità connessa al fatto di lavorare per più di sei giorni consecutivi (…); i suddetti compensi possono cumularsi alla stregua di disposizioni pattizie che fissino globalmente un trattamento economico-normativo differenziato in considerazione delle caratteristiche della prestazione, trattamento rispetto al quale il giudice del merito deve accertare la congruità o meno dei compensi previsti in contratto e l’idoneità degli stessi a compensare anche la penosità del lavoro nel settimo giorno consecutivo” (cfr. Cass. civ., sez. lav., 7 giugno 2011, nr. 12318; sostanzialmente nello stesso senso, Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 2008, nr. 2610; id., 19 maggio 2004, nr. 9521).

Dunque la S.C. non solo non ha pregiudicato in via di principio l’eventuale spettanza della retribuzione per lavoro straordinario nei casi esaminati (essendo questa rimessa a un accertamento in concreto sul rispetto o meno del limite delle 36 ore settimanali), ma di più, non ha escluso nemmeno che la speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva – nei casi che qui occupano, quella sopra indicata sub b) – possa non essere ritenuta sufficiente a compensare il lavoratore della particolare “penosità” dell’aver prestato la propria opera per più di sei giorni consecutivi; tale ulteriore questione non risulta affrontata nei richiamati precedenti di questa Sezione, laddove i ricorrenti avevano chiesto soltanto il riconoscimento dello straordinario, ma è stata invece sollevata nei giudizi oggi all’esame, sia pure con domanda proposta in via subordinata (e non esaminata dal primo giudice).

9. Tutto ciò premesso, ad avviso di questa Sezione la norma in esame, ad onta del proprio autoqualificarsi espressamente come di interpretazione autentica, non può non essere considerata innovativa dell’ordinamento.

10. Dal punto di vista formale, prima e indipendentemente da ogni approfondimento circa il carattere interpretativo (o innovativo) della disposizione de qua, va evidenziato che essa interviene su di fonti normative di rango regolamentare, recettive di accordi sindacali ai sensi degli artt. 2 della legge 6 marzo 1992, nr. 216, e 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, nr. 195 (mantenuti in vigore ex art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, nr. 165), che per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Forze dell’ordine hanno previsto una particolare procedura di contrattazione collettiva destinata a confluire – per l’appunto – in appositi decreti del Presidente della Repubblica.

L’intervento con legge primaria su norme aventi tale origine non è ex se inammissibile sul piano dei rapporti tra le fonti normative, stante l’assenza di una riserva costituzionale di contrattazione collettiva tale da consentire di ritenere che nella specie ci si trovi in presenza di una fonte “rinforzata” (con il conseguente obbligo, per ogni modifica successiva, di rispettare il medesimo iter stabilito per la formazione originaria), e tenuto conto dei rilievi in passato svolti da questo Consiglio di Stato, e tuttora validi per il pubblico impiego “non contrattualizzato”, in ordine alla piena legittimità di interventi legislativi, anche solo di interpretazione autentica, su fonti regolamentari recettive di accordi sindacali, purché vertenti su profili giuridici essenzialmente pubblicistici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 1992, nr. 1460).

11. Superato questo primo profilo, può passarsi all’esame delle ragioni sostanziali che inducono la Sezione a escludere il carattere interpretativo della norma sopra citata.

Come è noto, perché una norma possa dirsi di interpretazione autentica è necessario che essa si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario; in tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo, in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o di ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di princìpi di preminente interesse costituzionale (cfr. ex plurimis Corte cost., 29 maggio 2013, nr. 103; id., 21 ottobre 2011, nr. 271; id., 11 giugno 2010, nr. 209; id., 26 novembre 2009, nr. 311).

Orbene, è evidente che nella specie la norma di cui al precitato art. 1, comma 476, della legge nr. 147 del 2013 non presenta alcuna delle caratteristiche suindicate, atteso che:

a) interviene su due disposizioni regolamentari, nessuna delle quali si occupa di retribuzione per lavoro straordinario, essendo entrambe destinate a disciplinare la speciale indennità da lavoro festivo, che si è visto essere istituto rispondente a ratio e a finalità tutt’affatto diverse (oltre che a fare rinvio al complementare istituto del “riposo recupero”);

b) in ogni caso introduce una regola, in tema di modalità di calcolo delle ore di straordinario (“verticale” anziché “orizzontale”, nel senso sopra precisato), per nulla ricavabile dalla lettura delle previgenti disposizioni e opposta rispetto a quella enunciata dalla pregressa prevalente giurisprudenza.

In sostanza, si tratta di una disposizione dal tenore innovativo in materia di computo delle ore di lavoro straordinario ai fini della relativa retribuzione, sia pure con specifico riferimento all’ipotesi in cui il lavoratore abbia prestato servizio in giorno festivo (o ordinariamente dedicato al riposo settimanale), e che si pone dichiaratamente come retroattiva, come testimoniato dall’espressa previsione di sua non applicabilità alle sole situazioni già definite con sentenza passata in giudicato.

12. È noto, alla stregua dell’indirizzo costantemente seguìto dalla Corte costituzionale, che il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non assurge nel nostro ordinamento a principio di rango costituzionale salvo che in materia penale ex art. 25 Cost.; pertanto, il legislatore può di regola emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare prìncipi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (sentt. 5 aprile 2012, nr. 78, e nr. 311 del 2009, cit.).

Conseguentemente, sono stati individuati una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei princìpi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentt. nr. 78 del 2012 e nr. 209 del 2010, citt.).

13. Alla stregua dei princìpi testé richiamati, la Sezione reputa che la disposizione qui in esame leda il canone di ragionevolezza ex art. 3 Cost., introducendo – come si è visto – sotto la veste di un’interpretazione autentica una disciplina innovativa, con valore retroattivo, senza alcuna evidente e ragionevole giustificazione.

Più specificamente, la disposizione de qua è destinata a condizionare la retribuzione erogata a lavoratori i quali, per la peculiare natura dell’attività svolta, sono costretti a rinunciare al riposo settimanale, e quindi a incidere sull’applicazione del principio della retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto di cui all’art. 36 Cost. in un settore nel quale, come sopra evidenziato, la giurisprudenza – sia ordinaria che amministrativa – si è sempre mostrata alquanto sensibile al problema di un’adeguata compensazione della particolare “penosità” di tale attività lavorativa.

Ne discende che, in un caso del genere, sarebbe stato onere del legislatore fornire una chiara e “rafforzata” indicazione dei “motivi imperativi di interesse generale” sottesi all’innovativa previsione, non potendo questi ricondursi sic et simpliciter alla volontà di evitare l’ingente esborso per le casse pubbliche, che potrebbe derivare dall’esito sfavorevole del rilevante contenzioso verosimilmente pendente, sulla base dell’indirizzo giurisprudenziale in passato seguito da questo Consiglio di Stato.
In definitiva, la norma in esame viene a operare una rilevante limitazione del diritto a una retribuzione equa e proporzionata tutelato a livello costituzionale ex art. 36 Cost., con valore retroattivo (e, quindi, incidendo anche sulle posizioni di lavoratori i quali abbiano già maturato tale diritto sulla scorta di attività svolta, e finanche abbiano instaurato dei contenziosi giudiziali per conseguire quanto loro spettante), senza che siano indicati né prima facie evincibili i princìpi e valori, quanto meno di pari rango, cui tale intervento risponde.

14. Un secondo possibile profilo di illegittimità costituzionale attiene alla possibile violazione dell’art. 117 Cost. attraverso la norma interposta di cui all’art. 6 della CEDU, e si ricollega proprio alla pendenza di un rilevante contenzioso giudiziale in subiecta materia, già in essere al momento in cui è intervenuta l’innovativa disposizione in esame (ciò è certamente vero per i 36 giudizi qui riuniti).

Come è noto, la giurisprudenza della Corte è da tempo consolidata nel senso che le norme della CEDU - nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione e applicazione - integrino, quali “norme interposte”, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, comma 1, Cost. , nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (cfr. ex plurimis sentt. 5 gennaio 2011, nr. 1; 4 giugno 2010, nr. 196; 28 maggio 2010, n. 187; 15 aprile 2010, nr. 138; 19 aprile 2007, nn. 347 e 348).

Con riferimento all’introduzione di nuove disposizioni retroattive, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dal ricordato art. 6 della CEDU ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia (cfr. ex plurimis sez. II, 7 giugno 2011, Agrati e al. c. Italia; id., 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; sez. V, 11 febbraio 2010, Javaugue c. Francia; sez. II, 10 giugno 2008, Bortesi e al. c. Italia).

Siffatta ricostruzione si completa con l’affermazione che spetta alla stessa Corte costituzionale, nell’ambito del margine di apprezzamento riconosciuto dalla giurisprudenza della CEDU ai singoli ordinamenti nazionali, verificare la sussistenza o meno di “motivi imperativi d’interesse generale” idonei a giustificare l’intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all’art. 25 Cost.), alla stregua di princìpi, diritti e beni di rilievo costituzionale (Corte cost., sent. 26 gennaio 2012, nr. 15).

In particolare, è stata più volte esclusa la legittimità costituzionale di disposizioni le quali, pur qualificandosi come di interpretazione autentica, introducessero con valore retroattivo regole innovative destinate a incidere su rapporti giuridici maturati e consolidati da tempo, nonché a influenzare situazioni processuali altrimenti indirizzate in modo diverso (cfr. Corte cost., 17 dicembre 2013, nr. 308; id., 27 giugno 2013, nr. 160; id., nr. 78 del 2012, cit.; id., 271 del 2011, cit.; id., nr. 209 del 2010, cit.; id., 30 gennaio 2009, nr. 29).

Nel caso che qui occupa, come già evidenziato, non è dato rintracciare un motivo d’interesse generale idoneo a giustificare l’intervento legislativo retroattivo in esame, che è destinato a incidere in modo decisivo sull’esito di plurimi giudizi (ivi compresi quelli qui riuniti).

15. La Sezione ritiene pertanto rilevanti per i giudizi all’esame e non manifestamente infondate le sopra esposte questioni di costituzionalità, relative all’applicazione del comma 476 dell’art. 1 della legge nr. 147 del 2013 ai rapporti giuridici in essere alla data di entrata in vigore della legge, con la sola eccezione delle vicende definite con giudicato.

16. I giudizi in epigrafe, qui riuniti ai soli fini del presente incidente, sono di conseguenza sospesi per la rimessione delle questioni suddette all’esame della Corte costituzionale e si dispone che, a cura della Segreteria, sia trasmessa alla Corte la presente ordinanza unitamente ai ricorsi di primo grado, alle sentenze del T.A.R. e agli atti di appello e che la medesima ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe qui riuniti:

a) visti gli artt. 134 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, nr. 1, 23 della legge 11 marzo 1953, nr. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, nr. 296, in relazione agli articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui si applica ai rapporti giuridici in essere alla data della sua entrata in vigore con la sola eccezione delle vicende definite con giudicato, nei sensi di cui in motivazione;

b) dispone la sospensione del presente giudizio;

c) ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

d) ordina che a cura della Segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;

e) riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e sulle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2015
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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fa seguito alla sentenza da me postata il giorno 23/05/2015 del Tar Marche.
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ORDINANZA CAUTELARE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201504076
- Public 2015-09-09 -


N. 04076/2015 REG.PROV.CAU.
N. 07247/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 7247 del 2015, proposto da:

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro
(OMISSIS nr. ricorrenti), rappresentati e difesi dall'avv. Domenico Formica, con domicilio eletto presso Marco Gregoris in Roma, p.zza di Villa Carpegna N.43; Andrea Rosa, Delio Maiolati;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE - ANCONA: SEZIONE I n. 00417/2015, resa tra le parti, concernente corresponsione compenso straordinario

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'art. 98 cod. proc. amm.;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (OMISSIS ricorrenti);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2015 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Fiduccia Beatrice per l'Avvocatura Generale dello Stato e Scudellari Fabio per delega di Formica Domenico;

considerato che nella fattispecie non sussistono profili che, ad un sommario esame proprio della fase cautelare, inducono alla previsione di un esito favorevole del ricorso, poiché la sopravvenuta disposizione (art.1, c.476, Legge n.147/2013) ha valenza sostanziale modificativa e non interpretativa, non potendo pertanto essere applicata retroattivamente ai periodi di servizio cui si riferisce il ricorso di primo grado;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta):

Respinge la domanda di sospensione della sentenza impugnata.

Spese della presente fase del giudizio compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 settembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/09/2015
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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N.B.: la suesposta Ordinanza Cautelare del CdS cita: (art.1, c.476, Legge n.147/2013) e sicuramente in molti si chiederanno di cosa tratta, ebbene, si tratta di:
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LEGGE 27 dicembre 2013, n. 147
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014).

476. L'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si
interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non da' diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge.
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Finalmente la Corte Costituzione si è espressa con sentenza n. 132/2016 pubblicata in data 10.06.2016.

Seguito mio post del 01/11/2015 sopra indicato.
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SENTENZA N. 132
ANNO 2016


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosso dal Consiglio di Stato, quarta sezione giurisdizionale, nel procedimento vertente tra Sgrò David ed altri e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 27 aprile 2015, iscritta al n. 197 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.

Ritenuto in fatto

1.– Il Consiglio di Stato, quarta sezione giurisdizionale, con ordinanza del 27 aprile 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), che così dispone: «L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l’articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

2.– Il giudice a quo ha riferito che i ricorrenti, tutti agenti del Corpo di polizia penitenziaria, per periodi di tempo più o meno lunghi tra il 2004 ed il 2012 avevano prestato attività lavorativa in giorni festivi o da destinare al riposo settimanale ed avevano chiesto, con trentasei separati ricorsi, al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il compenso per le ore di straordinario prestate, nonché il risarcimento del danno da usura psicofisica patito ovvero, in via subordinata, la determinazione di una indennità supplementare, dovuta in base agli accordi sindacali di categoria.

3.– Secondo quanto evidenziato dal giudice rimettente le pretese avanzate in via principale in primo grado dai ricorrenti traevano sostegno da un indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato, in base al quale il disagio subito per aver prestato attività lavorativa in una giornata deputata al riposo settimanale non è sufficientemente compensato dalla speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva e recepita con decreti del Presidente della Repubblica (in particolare quantificata dall’art. 10, comma 3, del d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007» in euro 5 all’ora, elevato ad euro 8 all’ora dall’art. 15, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, recante «Recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007») che, in base all’espresso dato normativo, serve a compensare la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero e non assorbe il compenso dovuto per il lavoro straordinario. Ad avviso del Consiglio di Stato il computo di quest’ultimo deve essere effettuato facendo riferimento alle ore eccedenti l’orario di servizio di 36 ore lavorative settimanali, di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 (cosiddetto criterio di computo “orizzontale”) e non all’eccedenza oraria del solo giorno di riferimento (cosiddetto criterio di computo “verticale”) e l’istituto non va confuso con il “riposo recupero” di cui all’art. 11, comma 5, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 (Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria) – che spetta in ogni caso poiché serve a far recuperare al lavoratore il riposo settimanale di cui non ha fruito – e con il “riposo compensativo”, previsto dagli accordi sindacali quale modalità, alternativa alla monetizzazione, di compensazione del lavoro straordinario.

4.– Il TAR Lombardia, presso cui erano stati incardinati i giudizi di primo grado, aveva rigettato le pretese di pagamento dei ricorrenti, discostandosi dall’indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato ritenuto incompatibile con quello espresso dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6 ottobre 1998, n. 9895, per cui il lavoro prestato il settimo giorno consecutivo, quando è rispettata la cadenza di un giorno di riposo settimanale, non è ontologicamente qualificabile come lavoro straordinario. Pertanto il TAR aveva concluso che, allo svolgimento del normale orario di lavoro nel giorno festivo, deve far seguito un giorno di recupero, rimanendo impregiudicata la questione, da risolvere in sede di contrattazione collettiva, circa l’entità della retribuzione supplementare che compensa la “penosità” del lavoro prestato in una giornata generalmente destinata al riposo.

5.– In secondo grado si era costituito il Ministero della giustizia chiedendo il rigetto degli appelli e la conferma delle sentenze impugnate sulla base della intervenuta norma, sospettata di incostituzionalità, che interpretava le disposizioni dei decreti di recepimento della contrattazione collettiva nel senso ritenuto dal TAR Lombardia.

6.– Il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte ribadendo il proprio precedente orientamento in ordine al computo dello straordinario e ritenendo l’illegittimità costituzionale dello ius superveniens; sotto il profilo della rilevanza ha segnalato che la portata retroattiva della norma, che si autodefinisce interpretativa, ne avrebbe comportato l’applicazione nel giudizio a quo, con conseguente reiezione delle pretese attoree da ritenersi, viceversa, fondate in base all’orientamento fino ad allora seguito dallo stesso giudice rimettente.

7.– In ordine al presupposto della non manifesta infondatezza, il giudice a quo ha denunciato la portata innovativa e non interpretativa della norma impugnata poiché essa è intervenuta su disposizioni aventi ad oggetto la disciplina della indennità da lavoro festivo e avrebbe introdotto una disposizione nuova, relativa alla modalità per il calcolo del lavoro straordinario, non ricavabile in alcun modo dalla lettura del testo originario.

8.– Il carattere dichiaratamente retroattivo della previsione, derivante dal suo autoqualificarsi norma interpretativa, comporterebbe, ad avviso del giudice a quo, la violazione dell’art. 3 Cost. poiché la portata retroattiva di una norma, quando non sia riconducibile alla natura interpretativa di essa, deve essere sorretta da un’adeguata indicazione di motivi imperativi di interesse generale che ne giustifichino l’adozione.

9.– Nella specie il motivo imperativo di interesse generale non può essere ricondotto, secondo l’ordinanza di rimessione, alla mera volontà di evitare un ingente esborso per le casse pubbliche, derivante dall’esito sfavorevole per la pubblica amministrazione del contenzioso in base all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, così che l’effetto retroattivo della disposizione, che opera una consistente limitazione del diritto alla retribuzione equa e proporzionata, tutelato a livello costituzionale dall’art. 36 Cost., risulta privo di ragionevole ed adeguata giustificazione.

10.– Un ulteriore profilo di illegittimità è stato individuato dal giudice a quo nella violazione dell’art. 6 della CEDU le cui disposizioni, nell’interpretazione loro attribuita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, integrano, per costante giurisprudenza costituzionale, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.

11.– In particolare, tale obbligo non sarebbe stato rispettato poiché i principi di preminenza del diritto e del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU e alla cui logica risponde la preclusione ad adottare norme retroattive idonee a condizionare le situazioni processuali in corso, possono essere incisi solo in presenza di ragioni imperative di interesse generale che risultano assenti nella fattispecie all’esame.

12.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato deducendo l’infondatezza della questione e la legittimità della norma impugnata, la cui adozione sarebbe ragionevole poiché volta a dirimere il dibattito sviluppatosi in seno alla giurisprudenza amministrativa tra quella di primo grado e quella di secondo grado nel senso innanzi indicato.

13.– La natura interpretativa della norma in questione, d’altronde, sarebbe confermata, a parere della difesa statale, dal tenore letterale dell’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 (norma generale per il personale di tutte le Forze di polizia), che, nel caso di attività lavorativa prestata in giorno destinato al riposo settimanale ovvero nel festivo infrasettimanale, mantiene fermo il diritto al recupero e precisa che l’indennità da corrispondere al lavoratore compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

Quest’ultimo riferimento renderebbe controversa la questione della modalità di calcolo dell’orario di lavoro per il riconoscimento del diritto al pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario. La disposizione censurata sarebbe, dunque, opportunamente intervenuta per chiarire il dettato normativo, operando, peraltro, in maniera coerente con la restante regolamentazione della materia e, in particolare, con la previsione dell’art. 11 della legge n. 395 del 1990. Quest’ultimo, infatti, con riferimento al personale del Corpo di polizia penitenziaria distingue il monte orario settimanale, specificamente menzionato al comma 1 e ripartito in turnazioni giornaliere, dall’attività che dà diritto al compenso per lavoro straordinario che, al comma 2, viene individuata in quella prestata “in eccedenza all’orario” da intendersi riferito ad un orario diverso da quello menzionato al comma 1 e coincidente con quello di servizio giornaliero.

14.– Altresì infondati, a parere dell’Avvocatura generale dello Stato, sarebbero i profili relativi all’art. 36 Cost., dovendo l’equità e la proporzione della retribuzione essere valutate globalmente, e all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, essendosi registrato un notevole contrasto nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, il cui orientamento non è affatto consolidato, che legittima l’intervento normativo effettuato per dirimere l’incertezza interpretativa senza interferire nell’amministrazione della giustizia salvaguardata dall’irretrattabilità dei giudicati già formatisi.

Considerato in diritto

1.– Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014).

Detta norma dispone che l’art. 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007», e l’art. 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, recante «Recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003», che recepiscono gli accordi sindacali di due successivi quadrienni relativi al personale delle forze di polizia «si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

Le norme regolamentari, di origine contrattuale, cui si riferisce la suddetta disposizione di interpretazione autentica prevedono con identica formulazione che «Fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall’amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta un’indennità di € 5,00 [successivamente aumentata ad € 8,00] a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero» (art. 10, comma 3, del d.P.R. n. 170 del 2007 e art. 11, comma 8, del d.P.R. n. 163 del 2002). Inoltre, l’art. 11 comma 3, secondo periodo, del d.P.R. 163 del 2002, dispone che «Le ore eccedenti l’orario di lavoro settimanale che non siano state retribuite devono essere recuperate mediante riposo compensativo entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono state effettuate, tenendo presenti le richieste del personale e fatte salve le improrogabili esigenze di servizio».

2.– In proposito, il giudice rimettente ritiene che alla disposizione in esame non possa essere attribuita natura interpretativa con la conseguente portata retroattiva, in quanto la definizione del criterio di computo del lavoro straordinario festivo (oggetto della norma interpretativa) avrebbe carattere innovativo, incidendo su istituti giuridici diversi, quali il riposo recupero e il diritto all’indennità compensativa del lavoro giornaliero (oggetto delle norme interpretate).

Inoltre, il rimettente ritiene che la norma censurata violerebbe i menzionati parametri costituzionali per contrasto col principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) con riferimento all’art. 36 Cost., in quanto la sua retroattività, non adeguatamente supportata da una evidente giustificazione, inciderebbe in maniera irragionevole sul diritto ad una retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto.

3.– Il Consiglio di Stato ritiene, difatti, che il disagio subito dal lavoratore, per aver prestato attività lavorativa in una giornata deputata al riposo settimanale, non è sufficientemente compensato dalla speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva come recepita dal d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e dal d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163. Il lavoro festivo, infatti, secondo il giudice a quo, dovrebbe essere compensato quale lavoro straordinario (che si aggiunge all’indennità per lavoro festivo) per l’attività prestata nel giorno ordinariamente destinato al riposo settimanale, tutte le volte che è stato superato l’orario normale di 36 ore settimanali.

4.– La questione non è fondata.

Il Consiglio di Stato ha inteso compensare, qualificandolo come straordinario, quel lavoro festivo non recuperato con un ulteriore giorno di riposo (che nella specie, secondo la normativa collettiva recepita nell’art. 10, comma 4, del d.P.R. n. 170 del 2007, poteva essere fruito nelle quattro settimane successive).

Il problema interpretativo consisteva pertanto nello stabilire se il lavoro svolto in giorno festivo andasse retribuito quale straordinario con il superamento su base settimanale delle 36 ore, a prescindere dalla fruizione del riposo recupero.

La norma interpretativa interviene sugli artt. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e 11 del d.P.R. n. 163 del 2002 che regolano l’orario di lavoro del personale delle forze di polizia e che determinano l’orario settimanale in 36 ore.

Le disposizioni oggetto dell’interpretazione, cioè il comma 3 dell’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e il comma 8 dell’art. 11 del d.P.R. n. 163 del 2002, disciplinano i benefici connessi all’attività prestata nei giorni deputati al riposo settimanale o nel giorno festivo infrasettimanale, prevedendo il diritto al recupero e alla corresponsione di un’indennità, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

In tali norme, oggetto dell’intervento interpretativo, non viene espressamente menzionato il lavoro straordinario, come rilevato dall’ordinanza di rimessione, ma, essendo previsto il compenso per la sola prestazione ordinaria, il lavoro straordinario viene evocato proprio in quanto escluso.

5.– Il trattamento da riservare alle ore di lavoro prestate oltre l’orario ordinario era suscettibile di una duplice possibilità interpretativa: facendo riferimento alla durata dell’orario di lavoro di 36 ore settimanali di cui al comma 1 dei suddetti articoli, il parametro di computo delle ore di straordinario sarebbe stato settimanale, mentre, valorizzando il termine «giornaliero», utilizzato dai commi 3 e 8, rispettivamente, degli artt. 10 e 11 suindicati, il parametro dell’orario risulterebbe riferito solo alle ore eccedenti il servizio prestato nella giornata festiva.

L’intervento legislativo ha, quindi, una reale portata interpretativa, avendo esso avuto il compito di dirimere un’incertezza (si veda Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 7 giugno 2011, n. 12318) e di fissare uno dei possibili significati da attribuire alla norma originaria, e cioè che il lavoro straordinario prestato in giorno festivo è solo quello che eccede il normale orario di servizio giornaliero e non l’orario settimanale.

6.– Questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che «va riconosciuto carattere interpretativo alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo» (sentenza n. 424 del 1993). Ed ha chiarito che «il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis: sentenze n. 314 del 2013, n. 15 del 2012, n. 271 del 2011, n. 209 del 2010).

Inoltre, questa Corte ha anche più volte affermato che il divieto di retroattività della legge, pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale (salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando «una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme retroattive (sentenza n. 150 del 2015).

D’altronde, la questione, come rilevato da questa Corte nelle più recenti sentenze rese in materia, non è tanto quella di verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo e sia perciò retroattiva ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, bensì di accertare se la retroattività della legge trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresì, sostenuta da adeguati motivi di interesse generale (ex multis, sentenze n. 69 del 2014 e n. 264 del 2012).

7.– La disposizione interpretativa, nel caso in questione, appare coerente con l’assetto complessivamente dato alla regolazione del lavoro festivo nel settore in esame, secondo la disciplina collettiva recepita nei citati decreti. Al riguardo occorre del resto evidenziare che la specificità del settore in esame è stata tenuta presente dal legislatore laddove, con l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), ha disposto che nell’ambito, tra l’altro, delle strutture penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni contenute nel decreto stesso non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato come individuate con apposito decreto interministeriale.

L’assetto normativo in esame si fonda sulla previsione (accanto all’indennità per la maggiore penosità del lavoro svolto in un giorno deputato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale) del diritto al recupero del giorno di riposo entro il periodo previsto dalla contrattazione collettiva.

Va evidenziato, peraltro, che l’eventuale mancato rispetto del giorno di riposo non è oggetto del presente giudizio, mentre il lavoro straordinario, ove non retribuito, dà diritto ad un riposo compensativo.

Tale quadro regolatorio appare coerente con l’ordinamento, che consente l’alternatività tra la compensazione e la monetizzazione del lavoro straordinario, fermo il diritto al recupero del giorno di riposo come previsto dalla normativa collettiva.

8.– Relativamente al richiamo dell’art. 36 Cost. effettuato dal rimettente, questa Corte osserva che tale diposizione è stata menzionata non come parametro direttamente violato, ma solo quale elemento funzionale al sindacato di ragionevolezza. Resta, pertanto, assorbito il suo esame in merito al profilo dell’adeguatezza della retribuzione.

9.– Venendo, quindi, alla questione di illegittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, il Consiglio di Stato ritiene che tale obbligo non sarebbe stato rispettato poiché il principio di preminenza del diritto e quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU, sarebbero stati incisi dalla norma retroattiva censurata, idonea a condizionare le situazioni processuali in corso.

Nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo è precluso, infatti, al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale (sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia; sentenza 31 maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia; sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia;) che, con specifico riferimento alle norme nazionali interpretative, questa Corte, già con la sentenza n. 1 del 2011, ha affermato che possono essere identificati, tra l’altro, nella necessità di «ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», al fine di «porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata» (in tal senso la sentenza della Corte richiama le seguenti pronunce della Corte EDU: sentenza 23 ottobre 1997, National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society contro Regno Unito; sentenza 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie X e Blanche de Castille e altri contro Francia). Tale giurisprudenza è stata confermata in successive pronunce e da ultimo con sentenza n. 150 del 2015 che ha statuito che la norma censurata «avendo natura interpretativa, ha operato sul piano delle fonti, senza toccare la potestà di giudicare, limitandosi a precisare la regola astratta ed il modello di decisione cui l'esercizio di tale potestà deve attenersi, definendo e delimitando la fattispecie normativa oggetto della medesima (sentenza n. 170 del 2008), proprio al fine di assicurare la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (sentenza n. 209 del 2010)».

10.– Nella specie la corrispondenza della disposizione censurata al contenuto della disciplina originaria si giustifica in relazione al dato letterale e cioè al fatto che l’indennità per lavoro festivo compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero; la previsione risulta così coerente con l’assetto complessivo del trattamento retributivo del lavoro prestato in giornata festiva, il quale favorisce la fruizione del riposo compensativo rispetto alla monetizzazione della prestazione effettuata.

La preclusione posta dalla Corte europea, del resto, è correlata all’esigenza di tutela del legittimo affidamento ingenerato nei consociati, che nel caso in esame non può ritenersi effettivamente ricorrente, stante la riscontrata ambiguità di formulazione del dettato normativo.

11.– Di qui, pertanto, la non fondatezza anche della censura sollevata in riferimento all’art. 117 Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2016.

F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2016.


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Qui sotto riporto il commento tratto nella pagina ufficiale del Consiglio di Stato in relazione alla suindicata sentenza della Corte Costituzione.
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La Consulta, nel respingere una questione in tema di limitazione legislativa alla retribuzione per lavoro straordinario delle forze di polizia, detta indicazioni estensive in ordine alla possibile adozione di norme interpretative Corte cost. 10 giugno 2016, n. 132 – Pres. Grossi, Est. Prosperetti (questione rimessa dal sez. IV del Consiglio di Stato con ordinanza 27 aprile 2015 n. 197)

Forze di polizia – Giorno festivo – Prestazione lavorativa – Lavoro straordinario – Equiparazione – Esclusione – Questione di costituzionalità – Infondatezza.

E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui con norma interpretativa dispone che per il personale non dirigente delle Forze di polizia la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero.

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Con la sentenza in epigrafe la Consulta respinge la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 476, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), sollevata dal Consiglio di Stato nell’aprile 2015.

In particolare, tale norma dispone che l’art. 10, comma 3, d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007», e l’art. 11, comma 8, d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163, recante «Recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003», che recepiscono gli accordi sindacali di due successivi quadrienni relativi al personale delle forze di polizia «si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

Di interesse generale appaiono alcune considerazioni svolte dalla Corte in tema di norme interpretative, sia rispetto ai principi costituzionali interni sia rispetto a quelli di origine sovranazionale.

Sotto il primo profilo, per un verso, laddove (richiamando vari precedenti) individua le norme interpretative: “va riconosciuto carattere interpretativo alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo…..il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (1).

Per un altro verso laddove afferma i limiti del divieto di retroattività della legge il quale “pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale (salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme retroattive.

Sotto il secondo profilo, in relazione ai limiti derivanti dall’art. 6 della CEDU, in specie laddove la norma è idonea a condizionare le situazioni processuali in corso, si richiama la giurisprudenza della Corte di Strasburgo a mente della quale è precluso al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale.

A quest’ultimo proposito, fra tali motivi è stata altresì indicata la necessità di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore, al fine di porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata.

(1) Su una più rigida lettura dei parametri delle norme interpretative, in tema di decretazione d’urgenza, cfr. Corte cost. 15 luglio 2015, n. 154, in Foro it. 2015, 10, 2989 con nota di Romboli.
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Tanto si comunica per norma/tratto avvenire per come poter fare i ricorsi collettivi.


Cmq. il Tar bacchetta su come è stato presentato il ricorso collettivo.
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1) - La difesa dello Stato chiede la reiezione del ricorso in quanto i ricorrenti non hanno mai documentato che le prestazioni su cui fondano la pretesa siano state richieste dall’amministrazione.
- ) - Secondo la difesa dello Stato La giurisprudenza è del resto costante nel ritenere che il dipendente che avanzi pretese retributive per prestazioni di lavoro espletate in favore dell’amministrazione abbia l'onere di fornire quantomeno un principio di prova del loro fondamento, indicando la durata del servizio prestato e la sua quantificazione in termini retributivi ed allegando i provvedimenti in base ai quali è stato reso.


Il TAR precisa:

2) - Il ricorso è inammissibile per indeterminatezza della domanda.

3) - In materia di ricorso collettivo per conseguire il pagamento di differenze retributive da parte di personale in regime di rapporto di lavoro non privatizzato la giurisprudenza ha infatti affermato che “è inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e all'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedisce sia all'amministrazione emanante sia al giudice di controllare il concreto e personale interesse degli stessi e l'omogeneità e non confliggenza dell'interesse dei singoli";

inoltre

- ) - "è (parimenti) inammissibile il ricorso collettivo che non contenga la specifica indicazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono collettivamente, in tal modo precludendo al giudice amministrativo di entrare nel merito della pretesa e quindi anche di esperire l'eventuale attività istruttoria necessaria per valutare la fondatezza della domanda"

4) - Anche la precisazione delle spettanze asseritamente dovute rappresenta una condizione di ammissibilità dell’azione, in quanto, stante l'unicità del giudizio amministrativo, il giudice non può limitarsi a pronunciare soltanto la condanna al pagamento delle somme dovute in via generica, rimettendo ad altro giudizio la quantificazione del dovuto, ma è tenuto a condannare la pubblica amministrazione al pagamento del quantum spettante a ciascun interessato che abbia proposto ricorso

5) - Nel caso di specie le modalità con cui la prestazione del servizio è stata resa non sono ricavabili dagli atti e documenti di causa ed invero non sono state neppure allegate nel ricorso sicchè i fatti costitutivi della domanda di pagamento non risultano né sufficientemente circostanziati e neppure "personalizzati" come la natura del ricorso collettivo avrebbe reso necessario.

N.B.: per le bacchettate leggete il tutto in sentenza.
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SENTENZA ,sede di MILANO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201801540, - Public 2018-06-20 -
Pubblicato il 20/06/2018


N. 01540/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00764/2014 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 764 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Claudio Mignone, Benedetto Solazzi, con domicilio eletto presso lo studio Marco Raschetti in Milano, Piazzale Cadorna, 6;

contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l'accertamento
del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso straordinario in relazione alle ore di lavoro svolte, durante il quinquennio febbraio 2009 / febbraio 2014, nelle giornate destinate al riposo settimanale o in festivi infrasettimanali, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, nonché del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell'indennità di compensazione spettante ai sensi del combinato disposto dall'articolo 28, comma 3 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e dall'articolo 38, comma 4 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 51,

e la conseguente condanna
dell'Amministrazione a corrispondere gli importi dovuti, oltre ad interessi legali e a rivalutazione monetaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 maggio 2018 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, tutti militari dell'Arma dei Carabinieri in servizio presso il Comando Legione Carabinieri Lombardia, hanno proposto azione per la condanna del Ministero della difesa al pagamento del compenso per lavoro straordinario per le prestazioni rese oltre le 36 ore settimanali dell'orario di servizio in giornate di riposo.

Secondo i ricorrenti l'Amministrazione continua a non corrispondere ai propri dipendenti, per quel che attiene le ore in esubero alle ordinarie 36 ore settimanali, alcun compenso retributivo straordinario, riconoscendo esclusivamente il recupero del riposo (in quanto diritto irrinunciabile riconosciuto dal Legislatore Costituzionale all'art. 36 Cost.) e, in pochissimi casi, a causa di una cultura obsoleta e contra legem, la sola, insufficiente e del tutto simbolica, indennità prevista dall'art. 38, comma 4 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 51. Il principio della "giusta retribuzione" o, rectius, della "retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro", fermo restando il diritto al recupero del riposo, laddove la prestazione resa nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali concorra, su base settimanale, al superamento delle 36 ore ordinarie, comporterebbe che spetta al personale sia l'indennità di 8,00 curo per l'attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore ordinarie.

A tal fine i richiedenti chiedono in via preliminare condizionata, qualora ritenuta applicabile anche alle Forze di Polizia ad ordinamento militare la disposizione normativa prevista all'art. 1, comma 476 della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di Stabilità 2014), di rimettere gli atti di causa alla Corte Costituzionale affinché venga accertata e dichiarata l'illegittimità costituzionale della nonna citata, in relazione agli artt. 1, 3 e 36 della Costituzione italiana e per i motivi tutti dedotti in atti.

Nel merito chiedono di accertare e conseguentemente dichiarare il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso straordinario in relazione alle ore di lavoro svolte, durante il quinquennio febbraio 2009 / febbraio 2014, nelle giornate destinate al riposo settimanale o in festivi infrasettimanali, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, nonché accertare e conseguentemente dichiarare il diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell'indennità di compensazione spettante ai sensi del combinato disposto dall'articolo 28, comma 3 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e dall'articolo 38, comma 4 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 51.

Per l'effetto, condannare il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro-tempore, ed il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti delle spettanze dovute quale compenso straordinario in relazione alle ore di lavoro svolte, durante il quinquennio febbraio 2009 / febbraio 2014, nelle giornate destinate al riposo settimanale o in festivi infrasettimanali, oltre all'indennità di compensazione spettante ai sensi del combinato disposto dall'articolo 28, comma 3 del D.P.R. 11 settembre 2007,11. 170 e dall'articolo 38, comma 4 del D.P.R. 16 aprile 2009, n. 51.

La difesa dello Stato chiede la reiezione del ricorso in quanto i ricorrenti non hanno mai documentato che le prestazioni su cui fondano la pretesa siano state richieste dall’amministrazione. Secondo la difesa dello Stato La giurisprudenza è del resto costante nel ritenere che il dipendente che avanzi pretese retributive per prestazioni di lavoro espletate in favore dell’amministrazione abbia l'onere di fornire quantomeno un principio di prova del loro fondamento, indicando la durata del servizio prestato e la sua quantificazione in termini retributivi ed allegando i provvedimenti in base ai quali è stato reso.

Nel merito chiede la reiezione del ricorso.

All’udienza del 22 maggio 2018 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è inammissibile per indeterminatezza della domanda.

In materia di ricorso collettivo per conseguire il pagamento di differenze retributive da parte di personale in regime di rapporto di lavoro non privatizzato la giurisprudenza ha infatti affermato che “è inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e all'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto tale situazione impedisce sia all'amministrazione emanante sia al giudice di controllare il concreto e personale interesse degli stessi e l'omogeneità e non confliggenza dell'interesse dei singoli"; inoltre "è (parimenti) inammissibile il ricorso collettivo che non contenga la specifica indicazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono collettivamente, in tal modo precludendo al giudice amministrativo di entrare nel merito della pretesa e quindi anche di esperire l'eventuale attività istruttoria necessaria per valutare la fondatezza della domanda" (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, 07 febbraio 2013, n. 159; Cons. Stato. Sez. IV, sentenze nn. 2239 e 2241 del 2005; idem, sez. III, nn. 3575 e 3276 del 2011).

Anche la precisazione delle spettanze asseritamente dovute rappresenta una condizione di ammissibilità dell’azione, in quanto, stante l'unicità del giudizio amministrativo, il giudice non può limitarsi a pronunciare soltanto la condanna al pagamento delle somme dovute in via generica, rimettendo ad altro giudizio la quantificazione del dovuto, ma è tenuto a condannare la pubblica amministrazione al pagamento del quantum spettante a ciascun interessato che abbia proposto ricorso (Cons. Stato, V, 17 maggio 2005, n. 2447; idem VI, 15 giugno 2011, n. 3625).

Nel caso di specie le modalità con cui la prestazione del servizio è stata resa non sono ricavabili dagli atti e documenti di causa ed invero non sono state neppure allegate nel ricorso sicchè i fatti costitutivi della domanda di pagamento non risultano né sufficientemente circostanziati e neppure "personalizzati" come la natura del ricorso collettivo avrebbe reso necessario.

In particolare non risulta descritta in modo puntuale l’articolazione dei turni di servizio, né specificato in quali giorni veniva svolto il lavoro straordinario né in quali giorni si verificava la coincidenza tra il giorno di riposo e lo svolgimento dello straordinario; non risultano quantificate le ore di straordinario svolte su base settimanale né sono stati esibiti conteggi per quantificare la maggiore retribuzione asseritamente dovuta.

Ne risulta la assoluta indeterminatezza non solo dei fatti costitutivi della domanda di pagamento ma anche del petitum e cioè del quantum asseritamente dovuto, risolvendosi il ricorso nella inammissibile richiesta di una verifica istruttoria generalizzata circa le modalità di svolgimento dei turni di servizio, con condanna al pagamento degli straordinari nella misura eventualmente accertata all’esito di tale indagine.

Il ricorso è comunque infondato anche nel merito alla luce delle motivazioni espresse dal TAR Molise con sentenza 28 novembre 2014, n. 655 che si richiama quale precedente conforme.

Il ricorso pertanto va dichiarato inammissibile a motivo della indeterminatezza degli elementi costitutivi della domanda.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali alla resistente, che liquida in euro 3.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Alberto Di Mario, Presidente, Estensore
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario
Oscar Marongiu, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Alberto Di Mario





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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