Indennità di trasloco mobili e masserizie da e per l’estero.

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Indennità di trasloco mobili e masserizie da e per l’estero.

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Per opportuna notizia, era ora che veniva fatta chiarezza.

riferimenti:

1)- artt. 1 e 9 della L. 8 luglio 1961 n. 642, la norma è stata abrogata per effetto dell’art. 2268, comma 1, del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66,

2)- art. 19, sesto comma, della L. 18 dicembre 1973 n. 836,

3)- art. 8, comma 2, della L. 26 luglio 1978 n. 417,

4)- Va da ultimo denotato che con l’entrata in vigore dell’art. 1808 D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66 ogni questione similare a quella qui resa oggetto di giudizio risulta opportunamente superata.

5)- La nuova disciplina, applicata per tutte le Forze Armate (l’Arma dei Carabinieri non è stata ivi menzionata per un presumibile errore), dispone infatti, sulla falsariga della precedente L. 642 del 1961, ma assorbendo in sé anche la fattispecie del trasporto dei mobili e delle masserizie, senza limiti di peso.

Ricorso Accolto al Consiglio di Stato.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 02159/2012REG.PROV.COLL.
N. 06090/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6090 del 2008, proposto da:
D. N., B. N., M. E., G. S., M. C., Q. A., F. G., C. G., D’A. M., F. A., F. S., T. G., C. M., V. M., P. P. e G. V., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie d’Oro, 266
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro della Difesa pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero della Difesa – Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale per gli Armamenti; Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il LAZIO, Roma, Sez. I-bis, n. 452 dd. 2008, concernente restituzione somme liquidate quali indennità di trasloco da e per l’estero.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2011 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per gli appellanti l’Avv. Angelo Fiore Tartaglia e per il Ministero della Difesa l’Avvocato dello Stato Enrico De Giovanni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.1. Gli attuali appellanti, Signori N. D., N. B., E. M., S. G., C. M., A. Q., G. F., G. C., M. D’A., A. F., S. F., G. T., M. C., M. V., P. P. e V. G., prestano servizio nell’Amministrazione della Difesa e ciascuno di essi è stato destinato ad una sede all’estero per un periodo non inferiore a 15 mesi.
Ogni appellante ha effettuato, all’atto del trasferimento da e per la sede estera, il trasporto dei propri mobili e masserizie.
Gli appellanti specificano di aver chiesto e ottenuto dall’Amministrazione di appartenenza, prima di effettuare tale trasporto, l’autorizzazione a servirsi di mezzi diversi dalla ferrovia: autorizzazione necessaria in quanto, come da documentazione in loro possesso, sussisteva un’oggettiva impossibilità di servirsi del mezzo di trasporto ferroviario.
In particolare, Trenitalia – Divisione Cargo, Direzione Mercati B.U. Internazionale aveva loro comunicato che “Trenitalia non effettua più il trasporto di piccole partite in campo internazionale”, e le imprese ferroviarie di altri Paesi li avevano a loro volta informati di non effettuare il trasporto “door to door” e, comunque, di non trasportare masserizie.
Tutti gli appellanti hanno quindi chiesto e ottenuto dall’Amministrazione della Difesa il rimborso delle spese sulla base del maggior esborso effettivamente da loro sostenuto per il trasloco per e dalla sede estera di servizio: esborso debitamente documentato dalle fatture dei vettori rispettivamente utilizzati e da loro puntualmente prodotte all’Amministrazione medesima.
Nondimeno, l’Amministrazione della Difesa ha inoltrato a ciascuno degli attuali appellanti, nel corso del 2005, una nota che – anche sulla scorta del parere n. 115 dd. 13 febbraio 2001 reso dalla Sezione III del Consiglio di Stato – afferma il principio per cui competerebbe loro un rimborso per le spese di trasloco dei mobili e delle masserizie comunque non superiore alla tariffa di trasporto ferroviaria in ogni caso da reputarsi vigente, con conseguente rideterminazione dell’indennità chilometrica già da loro percepita nella misura di Lire 127 / € 0,0656 e non già di Lire 310 / € 0,1600.
In conseguenza di ciò, la medesima Amministrazione della Difesa ha in via contestuale intimato loro di restituire entro 90 giorni le somme corrisposte in eccedenza.

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 2348 del 2007 innanzi al T.A.R. per il Lazio gli attuali appellanti, nonché i Signori C. G. B., G. F., G. T., B. P., M. N., I. M., S. G., N. D., A. De M. e P. De R. – parimenti resi destinatari di omologhi provvedimenti - hanno pertanto chiesto l’annullamento degli atti emanati dal Ministero della Difesa – Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti – Ufficio Amministrazioni Speciali – Sezione Cooperazione Internazionale, con i quali è stata loro chiesta la restituzione di parte degli importi corrisposti a titolo di trasporti di mobili e masserizie da e per l’estero; degli atti emanati dal Ministero della Difesa – Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti – Ufficio Amministrazioni Speciali – Sezione Cooperazione Internazionale, avente ad oggetto “pratica di rimborso delle spese sostenute per il trasporto dei mobili e delle masserizie dal personale trasferito d’autorità da e per l’estero: lettera di addebito”, con le quali è stato richiesto a ciascuno di loro di restituire parte del rimborso delle spese sostenute per il trasporto dei mobili e delle masserizie a seguito del trasferimento da e per l’estero; dell’atto emanato dall’Aeronautica Militare – 41° Stormo A/S – Sigonella, recante prot. n. RS41/7.2-8/6663 del 28/09/05, con il quale il Maresciallo di 1ª classe AM B. P. veniva invitato a restituire parte del rimborso delle spese sostenute per il trasporto; delle buste paga percepite da P. B. dal mese di settembre 2006 all’atto della domanda giudiziale, nella parte in cui viene effettuata una trattenuta pari ad € 314,27 sullo stipendio mensile, senza che nei confronti del P. venisse emesso alcun atto di recupero e senza che venisse data alcuna risposta all’istanza presentata dallo stesso; nonché di ogni altro collegato, conseguente e connesso.

1.3. Con sentenza n. 452 dd. 22 gennaio 2008, resa in forma semplificata a’ sensi degli allora vigenti artt. 21, decimo comma e 26, quarto comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come rispettivamente integrati dagli artt. 3, comma 3, e 9, comma 1, della L. 21 luglio 2000 n. 205, la Sez. I-bis dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso, “considerato che il ricorrente (recte: i ricorrenti) ha (nno) introdotto azione di accertamento in ordine al diritto a trattenere quanto già liquidato in suo (recte: loro) favore a titolo di rimborso per le spese sostenute per il trasporto di masserizie in occasione di trasferimento dalla sede di assegnazione all’estero, lamentando l’illegittimità del disposto recupero, trattandosi di somme irripetibili, perché percepite in buona fede, e per le modalità previste, essendo stato previsto l’accredito in unica soluzione; considerato che l’esame della documentazione depositata dalla resistente Amministrazione in esecuzione” di ordinanza istruttoria “con cui la Sezione aveva chiesto ogni documentato chiarimento in ordine ai fatti per cui è causa, con particolare riferimento alla autorizzazione del ricorrente, al momento del rientro in patria (rectius: Patria) all’utilizzo di mezzo di trasporto diverso dal servizio ferroviario, emergono le ragioni che hanno indotto alla adozione del disposto recupero; considerato che l’art. 19, sesto comma, della L. 18 dicembre 1973 n. 836, recante il trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, applicabile anche al personale militare, prevede testualmente che: “Il dipendente statale trasferito d’autorità può anche servirsi, per il trasporto dei mobili e delle masserizie, nei limiti di peso consentiti e previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, di mezzi diversi dalla ferrovia, fermo restando che il rimborso va effettuato sulla base della tariffa ferroviaria d’uso”; ritenuto che il rimborso delle spese di trasporto al personale militare, oltre i limiti ivi indicati, deve essere espressamente contemplato da apposite disposizioni di legge; ritenuto che l’estensione delle spese di trasporto rimborsabili comporterebbe un onere non considerato e non quantificato per la finanza pubblica, aggiuntivo rispetto a quello per il quale viene prevista idonea copertura finanziaria dei pertinenti capitoli di bilancio; rilevato che il ricorrente, all’atto del rientro in patria (rectius. Patria) ha chiesto l’autorizzazione a servirsi di mezzi diversi dalla ferrovia per il trasporto di mobili e masserizie ancorché il percorso prevedesse questo tipo di collegamento, e che l’Amministrazione, nel rilasciare il chiesto titolo, ha espressamente richiamato l’art. 19, sesto comma, della L. 836 del 73 (cf.r all. 25 dell’Amministrazione); ritenuto, pertanto, che legittimamente l’Amministrazione ha provveduto a calcolare nuovamente l’indennità chilometrica sulla base della tariffa ferroviaria, pari a € 0,0656, non trovando fondamento giuridico la corresponsione della indennità più favorevole, in assenza dei presupposti a tali fini richiesti dalla norma – “percorso non servito da ferrovia”; considerato che, per costante giurisprudenza amministrativa, il recupero delle somme indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici ha natura di atto dovuto, ex art. 2033 del codice civile, con la conseguenza che la buona fede del percettore può rilevare ai fini della decorrenza del calcolo degli interessi, oltre che ai fini delle modalità (ipoteticamente: mediante rateizzazione) con cui il recupero deve essere effettuato, in modo da non incidere in maniera eccessivamente onerosa sulle esigenze di vita del dipendente; ritenuto che, pertanto, non sussistono ragionevoli dubbi sulla legittimità dell’atto impugnato, per cui del ricorso può predicarsi la infondatezza, con conseguente sua reiezione, fatta salva la possibilità per il ricorrente di formulare apposita istanza alla Amministrazione per eventualmente ottenere, come da ipotesi testé formulata, un piano di rateizzazione per la restituzione del debito formatosi, istanza su cui l’Amministrazione sarà tenuta a pronunciarsi;
considerato, infine, quanto alle spese di giudizio, che le stesse possono essere compensate, in ragione della peculiarità della fattispecie”.

2.1. Gli anzidetti, attuali appellanti – con l’esclusione dei predetti co-ricorrenti in primo grado Signori C. G. B., G. F., G. T., B. P., M. N., I. M., S. G., N. D., A. De M. e P. De R. – chiedono quindi la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo:
a) con un primo ordine di censure l’avvenuta violazione, ovvero falsa applicazione, dell’art. 8, comma 2 (recte: comma 3), della L. 26 luglio 1978 n. 417, l’erronea applicazione dell’art. 19, sesto comma, della L. 18 dicembre 1973 n. 836, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., eccesso di potere per contraddittorietà, arbitrarietà, manifesta illogicità, irragionevolezza, errore sul presupposto, violazione del criterio cronologico di successione nelle leggi del tempo (art. 15 disp. prel. c.c.);
b) con un secondo ordine di censure, l’avvenuta violazione dell’art. 21-novies della L. 7 agosto 1990 n. 241, carenza del presupposto dell’interesse pubblico all’adozione dell’atto di autotutela, violazione dell’art. 1 della L. 241 del 1990 e delle regole di trasparenza e di pubblicità dell’azione amministrativa, eccesso di potere per omessa valutazione della situazione di fatto, difetto di motivazione, errore sul presupposto per ulteriore profilo, irragionevolezza, violazione del principio dell’affidamento, eccesso di potere secondo ulteriori profili per illogicità, arbitrarietà, ingiustizia manifesta, nonché per ingiustificata ed eccessiva lentezza dell’azione amministrativa, violazione dell’art. 97 Cost. e dei conseguenti principi di correttezza e di buon andamento dell’azione amministrativa, carenza di motivazione assoluta della sentenza impugnata.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Ministero della Difesa, concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso il ricorso va accolto, avuto riguardo – in via assorbente - a quanto qui appresso esposto, con l’ovvia ma necessaria precisazione preliminare che non è nell’interesse degli attuali appellanti ottenere l’annullamento anche degli atti segnatamente riferiti al Maresciallo di 1ª classe AM B. P. e degli altri atti da loro congiuntamente impugnati in primo grado ma egualmente riferiti alle persone di coloro che – come, per l’appunto, il medesimo P. – dopo aver proposto ricorso innanzi al T.A.R. non hanno proposto appello avverso la sentenza qui impugnata.

4.2. Va innanzitutto denotato che il quadro normativo rilevante per la fattispecie è costituito, innanzitutto, dal combinato disposto degli artt. 1 e 9 della L. 8 luglio 1961 n. 642 (vigente all’epoca dei fatti di causa, ma poi abrogata per effetto dell’art. 2268, comma 1, del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66) in forza del quale “il personale militare dell'Esercito, della Marina e dell’Aeronautica destinato isolatamente presso Delegazioni o Rappresentanze militari all’estero, per un periodo superiore a 6 mesi, percepisce”, per quanto qui segnatamente interessa, “il rimborso delle spese effettivamente sostenute per il trasporto con i mezzi usuali e più economici del bagaglio, fino ad un massimo di chilogrammi trecento per gli ufficiali, centocinquanta per i sottufficiali e cento per i militari di truppa”.
Nel susseguentemente emanato art. 19, sesto comma, della L. 18 dicembre 1973 n. 836, puntualmente citato nella stessa sentenza impugnata, testualmente si dispone – come detto innanzi – che “il dipendente statale trasferito d’autorità può anche servirsi, per il trasporto dei mobili e delle masserizie, nei limiti di peso consentiti e previa autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza, di mezzi diversi dalla ferrovia, fermo restando che il rimborso va effettuato sulla base della tariffa ferroviaria d’uso”.
Va evidenziato, a questo punto, che la prassi dell’Amministrazione della Difesa non ha reputato “speciale” la disciplina contenuta nell’anzidetta L. 642 del 1961, ancorché specificatamente deputata a sovvenire alle esigenze del personale di tutte le Forze Armate, e ha pertanto considerato applicabile comunque al personale militare, in quanto “dipendente statale” l’ora riferito art. 19, sesto comma, della L. 836 del 1973, il quale peraltro non contempla di per sé il limite di peso di trecento chilogrammi riferito al bagaglio personale, ma contempla comunque il trasporto di tutti i mobili e di tutte le masserizie del personale militare trasferito.
Segnatamente su tale disciplina, peraltro, ha pure dispiegato effetto l’art. 8, comma 2, della L. 26 luglio 1978 n. 417, nel quale a sua volta si dispone che “il dipendente statale trasferito di autorità, per il trasporto di mobili e masserizie può servirsi, nei limiti di peso consentiti e previa autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza, di mezzi diversi dalla ferrovia. In tal caso le spese saranno rimborsate con una indennità chilometrica di L. 60 a quintale o frazione di quintale superiore a 50 chilogrammi, fino ad un massimo di 40 quintali per i mobili e le masserizie e di un quintale a persona per il bagaglio. Il rimborso non potrà comunque superare la spesa effettivamente sostenuta e documentata”.
Risulta ben evidente che tale ultima disposizione di legge innova la precedente, e va ragionevolmente applicata in luogo dello ius vetus, implicitamente abrogato nella misura in cui esso risulti incompatibile con quello precedente, a’ sensi del generale principio enunciato dall’art. 15 disp. prel. c.c.
Risulta, pertanto, irrefutabilmente acquisita all’ordinamento vigente la norma per cui il dipendente trasferito d’autorità può servirsi per la spedizione dei propri mobili e masserizie, se debitamente autorizzato, di mezzi diversi dalla ferrovia con un conseguente rimborso delle relative spese che non potrà comunque eccedere la spesa effettivamente sostenuta e documentata dal medesimo interessato.
Risulta altrettanto acquisita all’ordinamento “vivente”, quale risultato ermeneutico del combinato disposto tra ius novum e ius vetus, che dall’autorizzazione a servirsi di un mezzo diverso da quello ferroviario, se rilasciata nelle ipotesi di oggettiva mancanza del servizio stesso, consegue – per l’appunto – l’obbligo per l’Amministrazione a rimborsare le spese sostenute dal dipendente in misura anche eccedente rispetto al criterio “sulla base della tariffa ferroviaria d’uso” enunciato dall’art. 19, sesto comma, della L. 836 del 1973, fermo restando che il mezzo utilizzato sia quello comunque “usuale” per tali necessità “e più economico” (cfr. art. 9 della L. 642 del 1961 cit.), nel mentre se l’autorizzazione è rilasciata nell’assodata circostanza che sussiste comunque la possibilità di servirsi nella specie anche del mezzo di trasporto ferroviario, il medesimo criterio di rimborso “sulla base della tariffa ferroviaria d’uso” dovrà essere inderogabilmente applicato.

4.3 Chiarito ciò, il punto fondamentale della controversia risiede pertanto nello stabilire se la testuale precisazione scritta rilasciata agli attuali appellanti da Trenitalia S.p.a. – Divisione Cargo – Direzione Mercati B.U. Internazionale – secondo la quale “Trenitalia non effettua più il trasporto di piccole partite in campo internazionale” si configura, o meno, quale idoneo presupposto per poter escludere che nella specie non sussisteva la possibilità per gli appellanti medesimi di utilizzare per le loro necessità di spedizione il mezzo ferroviario, con la conseguente sussistenza del loro titolo a ottenere il rimborso delle spese sostenute in applicazione dell’indennità chilometrica di Lire 310 / € 0,1600 e non già di Lire 127 / € 0,0656.

La questione va risolta in senso favorevole agli appellanti.

Va innanzitutto precisato che, a’ sensi dell’allora vigente D.P.R. 30 marzo 1961 n. 197, recante Revisione delle condizioni per il trasporto delle cose sulle Ferrovie dello Stato, all’epoca dei fatti di causa le tipologie di spedizione di merci ivi contemplare erano le seguenti:
1) spedizione a bagaglio, riguardanti oggetti di uso personale del viaggiatore (cfr. ivi, art. 11 e ss.);
2) spedizione di “piccole partite” o “collettame” di merce in quanto elencate nell’apposita “Nomenclatura” annessa alla tariffa, con carico e scarico da effettuarsi a cura delle stesse Ferrovie dello Stato e consegna e riconsegna nei luoghi indicati dalle Ferrovie medesime (cfr. ibidem, artt. 17 e 18);
3) spedizione di merce “a carro” ordinato e utilizzato dallo speditore, con versamento alle Ferrovie dello Stato di idonea cauzione per il carro assegnato e carico e scarico del carro medesimo a cura e responsabilità dello speditore nei luoghi e negli orari indicati dalle stesse Ferrovie dello Stato (cfr. ibidem, art. 19 e ss.)
La dichiarazione di Trenitalia – Divisione Cargo rilasciata agli attuali appellanti è prodotta in copia
quale doc. 8 dell’appellato Ministero della Difesa.
Dalla sua lettura consta che la spedizione delle “piccole partite” o “collettame” non era più espletata per l’estero dalle Ferrovie dello Stato, nel frattempo divenuta Trenitalia – Divisione Cargo S.p.a., la quale espletava invece la sola spedizione “a carro” mediante l’utilizzo di carri merci di portata di 22 tonnellate.
Tale modalità di spedizione richiedeva comunque, a quel tempo, l’esistenza di un carico minimo da trasportare pari ad almeno 10 tonnellate o che, comunque, doveva essere tassato con tariffa adeguata a tale peso.
In dipendenza di ciò, quindi, risulta con ogni evidenza che l’offerta di Trenitalia – Divisione Cargo non risultava conferente con l’interesse degli attuali appellanti, i quali, oltre ad un sensibile aumento dell’importo da pagare in dipendenza della circostanza che ciascuno di loro era con ciò costretto a pagare una tariffa comunque rapportata a 10 tonnellate di merce (ossia in ogni caso ben superiore al peso dei mobili e delle masserizie da trasportare, obbligatoriamente pari a’ sensi del predetto art. 8, comma 2, della L. 417 del 1978 a 40 quintali per i mobili e le masserizie e a 1 quintale a persona per il bagaglio), dovevano comunque farsi carico delle ulteriori spese di trasporto e di carico delle proprie cose sino alla stazione ferroviaria indicata da Trenitalia.
In tale contesto, pertanto, gli appellanti e, in buona definitiva, la stessa Amministrazione della Difesa), hanno scontato la mutata strategia commerciale del vettore ferroviario pubblico (tale rimasto anche dopo la sua c.d. “privatizzazione” attuata in forza della deliberazione C.I.P.E. del 12 agosto 1992 - adottata a sua volta a’ sensi dell’art. 18 del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito in L. 8 agosto 1992 n. 359 - mediante la sua trasformazione in diverse società, tra le quali, per l’appunto, la Divisione Cargo S.p.a., comunque con capitale totalitariamente di proprietà dello Stato), il quale ha preferito adibire i propri servizi a beneficio dell’impresa ripetutamente utilizzatrice di uno o più carri ferroviari e che dispone di logistica propria o fruibile presso strutture logistiche intermodali condivisibili, come ad esempio gli interporti, piuttosto che rivolgere ancora la propria offerta alla clientela diffusa e costituita dalle persone fisiche o dai gruppi familiari che intuitivamente devono soddisfare esigenze ben più modeste e sporadiche.
Sempre in tale contesto, la “tariffa ferroviaria d’uso”,già a suo tempo praticata dalla monopolista Azienda autonoma Ferrovie dello Stato e poi, a’ sensi della L. 17 maggio 1985 n. 210 dal parimenti monopolista Ente pubblico economico Ferrovie dello Stato, non può più, pertanto, assumere a’ sensi dell’anzidetto art. 19, sesto comma, della L. 836 del 1973, una valenza di “mercuriale” ufficiale se non più di fatto praticata dal nuovo vettore privatizzato come ab origine presupposta dal legislatore per le necessità del pubblico dipendente in trasferimento, ossia come essenzialmente riferita al trasporto a “piccole partite” o “collettame”.

4.4. Va ancora soggiunto che la menzione, contenuta nei provvedimenti impugnati, del parere
n. 115 dd. 13 febbraio 2001 reso dalla Sezione III del Consiglio di Stato come precedente asseritamente favorevole alla tesi del Ministero della Difesa, risulta - per contro - del tutto inconferente per la risoluzione della questione qui trattata.
Mediante quel parere, infatti, l’anzidetta Sezione consultiva di questo Consiglio si era limitata ad affermare l’inapplicabilità dell’art. 7, comma 1, del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 255, recante il recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze Armate relativo al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999, laddove afferma che “l’Amministrazione, ove non disponga di mezzi idonei ad effettuare il trasporto dei mobili e delle masserizie dei dipendenti trasferiti d'ufficio, previsto dall’art. 19, comma 8, della L. 18 dicembre 1973 n. 836, provvede entro il 31 dicembre 1999 a stipulare convenzioni con trasportatori privati, anche oltre i limiti stabiliti dal comma 1 del medesimo articolo”.
Nel parere si legge che tale disciplina regolamentare è recessiva rispetto a quella di rango superiore e che va pertanto disapplicata, senza ulteriori precisazioni sul punto ma presumibilmente (anche se il parere stesso non approfondisce in via espressa tale aspetto) in quanto gli allora vigenti art. 6 del D.L.vo 12 maggio 1995 n. 195 e art. 2, comma 4, della L. 6 marzo 1992 n. 216 riservavano - tra l’altro - alla legge, ovvero ad atti normativi o amministrativi adottati in base alla legge, la disciplina del trattamento economico accessorio per i servizi prestati all’estero: ma in ogni caso, come ben si vede, il parere di cui trattasi, proprio poiché involgeva una questione di principio sulla mera possibilità per l’Amministrazione di stipulare apposite convenzioni con i vettori a favore del personale, rimaneva del tutto estraneo alla questione qui segnatamente trattata.

4.5. Va da ultimo denotato che con l’entrata in vigore dell’art. 1808 D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66 ogni questione similare a quella qui resa oggetto di giudizio risulta opportunamente superata.
La nuova disciplina, applicata per tutte le Forze Armate (l’Arma dei Carabinieri non è stata ivi menzionata per un presumibile errore), dispone infatti, sulla falsariga della precedente L. 642 del 1961, ma assorbendo in sé anche la fattispecie del trasporto dei mobili e delle masserizie, senza limiti di peso, che “al personale dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare destinato isolatamente a prestare servizio per un periodo superiore a sei mesi presso delegazioni o rappresentanze militari nazionali costituite all’estero, ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali, dai quali non sono corrisposti stipendi o paghe, competono”, per quanto qui segnatamente interessa, “il rimborso delle spese effettivamente sostenute per il trasporto con i mezzi usuali e più economici del bagaglio e per la spedizione di mobili e masserizie secondo le misure vigenti per i dipendenti dello Stato, fatte salve le disposizioni dettate in sede di Unione europea”.
In tal modo, pertanto, il dipendente viene onerato della sola comprova che il mezzo da lui utilizzato è in effetti il più economico, senza necessità di riferirsi a tariffe di fatto non più vigenti.

5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e – per l’effetto – in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado per quanto di interesse degli appellanti.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2012


panorama
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Re: Indennità di trasloco mobili e masserizie da e per l’est

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) - gli interessati, in qualità di ufficiali e sottufficiali delle Forze Armate inviati in missione in Belgio, presso il Comando Supremo delle Potenze Alleate in Europa per un periodo di tre anni circa.

) - circolare n. BL/17429/A.9.10 dell’11.10.1988

) - recente sentenza del C.d.S. Sez. IV n. 2159 del 2012, secondo la quale in materia di rimborso delle spese di trasporto, anche alla luce dell’entrata in vigore dell’art. 1808 del D.Lgs. 15 marzo 2010 n. 66, il dipendente viene onerato della sola comprova che il mezzo da lui utilizzato è in effetti il più economico, senza necessità di riferirsi a tariffe di fatto non più vigenti (quelle di Ferrovia dello Stato).

Il TAR Lazio precisa:

1) - La questione va accolta essendo più aderente alla situazione dei fatti l’interpretazione della normativa di riferimento trasfusa nella successiva circolare del 2004, laddove, per trasporti eseguiti su percorsi non serviti da Ferrovie dello Stato, prevede una tariffa chilometrica ed a quintale pari ad € 0,16 per un quantitativo di peso non superiore a q.li 40 e sempre che le spese fatturate siano superiori all’importo spettante applicando la diversa e superiore tariffa.

2) - L’amministrazione in sede di liquidazione delle somme spettanti a tale titolo, così come comunicato negli ultimi mesi del 2004, ha invece applicato la tariffa inferiore pari ad € 0,0656.

Ricorso ACCOLTO.

Il resto leggetelo qui sotto.
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21/01/2014 201400744 Sentenza 1B


N. 00744/2014 REG.PROV.COLL.
N. 09166/2005 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9166 del 2005, proposto da:
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS – per spazio), tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Ferrari, 4;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del diritto patrimoniale ad ottenere il rimborso, nella misura consentita di € 0,16 a chilometro per ogni quintale consentito, delle spese sostenute dai ricorrenti per il trasporto dei mobili, delle masserizie e del bagaglio, proprio e del nucleo familiare, a seguito dell’invio in missione in Belgio, presso il Comando Supremo delle Potenze Alleate in Europa e presso la Rappresentanza Militare Italiana presso i Comandi Militari della Nato e della UE, o, quanto meno, la differenza tra quanto sinora liquidato dall’U.A.S. e la somma che sarebbe occorsa per far eseguire il suddetto trasporto da Trenitalia S.p.a. “a carro completo”;

per l’annullamento
dei provvedimenti con i quali l’Amministrazione ha respinto le domande di pagamento delle differenze tra quanto effettivamente e documentalmente speso dai ricorrenti e quanto rimborsato;

per la condanna
del Ministero della Difesa a corrispondere le suddette differenze, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalle date delle singole domande di rimborso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti i documenti acquisiti per effetto dell’ordinanza collegiale istruttoria n. 3913/2013 del 10 aprile 2013;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2013 il dott. Francesco Riccio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso, notificato il 23 settembre 2005 e depositato il successivo 19 ottobre, gli interessati, in qualità di ufficiali e sottufficiali delle Forze Armate inviati in missione in Belgio, presso il Comando Supremo delle Potenze Alleate in Europa per un periodo di tre anni circa, hanno chiesto l’accertamento del diritto al rimborso delle spese debitamente documentate per il trasporto di mobili e masserizie, avvenuto in concreto senza l’utilizzo della Ferrovia dello Stato, previo annullamento degli atti meglio specificati in epigrafe e con la condanna dell’Amministrazione della Difesa al pagamento delle somme spettanti e degli interessi legali e della svalutazione monetaria da computarsi sin dal momento delle singole domande di rimborso.

Al riguardo, i medesimi hanno prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici.

Si è costituito in giudizio con atto formale il Ministero della Difesa.

Con ordinanza n. 3913/2013 del 18 marzo 2013 la Sezione ha ritenuto necessario dover acquisire la necessaria documentazione a chiarimento, in particolare la circolare n. BL/17429/A.9.10 dell’11.10.1988 ed il conseguente eventuale giudizio di congruità formulato dalla stessa amministrazione; l’istruttoria è stata, altresì, orientata anche alla luce della recente sentenza del C.d.S. Sez. IV n. 2159 del 2012, secondo la quale in materia di rimborso delle spese di trasporto, anche alla luce dell’entrata in vigore dell’art. 1808 del D.Lgs. 15 marzo 2010 n. 66, il dipendente viene onerato della sola comprova che il mezzo da lui utilizzato è in effetti il più economico, senza necessità di riferirsi a tariffe di fatto non più vigenti (quelle di Ferrovia dello Stato).

All’udienza del 11 dicembre 2013 la causa è stata posta in decisione.

In esecuzione della predetta ordinanza collegiale istruttoria il Ministero della Difesa ha depositato in giudizio solo le fatture allegate alle richieste di rimborso delle spese di spedizione all’estero e la citata circolare del 1988.

La questione va accolta essendo più aderente alla situazione dei fatti l’interpretazione della normativa di riferimento trasfusa nella successiva circolare del 2004, laddove, per trasporti eseguiti su percorsi non serviti da Ferrovie dello Stato, prevede una tariffa chilometrica ed a quintale pari ad € 0,16 per un quantitativo di peso non superiore a q.li 40 e sempre che le spese fatturate siano superiori all’importo spettante applicando la diversa e superiore tariffa.

L’amministrazione in sede di liquidazione delle somme spettanti a tale titolo, così come comunicato negli ultimi mesi del 2004, ha invece applicato la tariffa inferiore pari ad € 0,0656.

Nei limiti della differenza con la somma da liquidarsi con la tariffa di € 0,16 a chilometro, la domanda dei ricorrenti va accolta essendo fondata, oltre che assorbente e prevalente, la seconda doglianza.

Al riguardo giustamente la difesa di parte ricorrente assume che, seppur libera di interpretare la locuzione “percorsi non serviti da ferrovia” contenuta nell’art. 19, comma 4, della legge n. 836 del 1973, la stessa amministrazione resistente non avrebbe potuto disattendere la Direttiva DGPM/IV/12/3101/10/A.3 del 13.1.2004 in cui aveva inequivocabilmente chiarito che qualora la società di trasporto non effettuasse il servizio di mobili e di masserizie o lo effettuasse unicamente “a carro completo”, l’indennità chilometrica da liquidare era quella prevista per i tratti non serviti da ferrovia.

Tale interpretazione risulta per tabulas anche nella successiva direttiva riepilogativa del 21 luglio 2004.

L’erroneità dell’operato della p.a. lo si evince dalle citate comunicazioni dell’avvenuta liquidazione della pratica di rimborso delle spese sostenute per il trasporto di mobilio e masserizie dalle parti interessate, in cui il richiamo per l’esatto ammontare dei rimborsi spettanti è dato soltanto alla circolare BL/17429/A.9.10 dell’11 ottobre 1988.

Quest’ultima, però, non era pienamente in linea con le fattispecie evocate dagli ufficiali e sottufficiali inviati in missione all’estero nel corso dell’anno 2003, in essa infatti, anche e soprattutto per una dato temporale (già a partire dall’anno 1997 Trenitalia S.P.A. ha sospeso il servizio di trasporto delle piccole partite a livello nazione ed internazionale) il trasporto delle masserizie era per regola effettuato per ferrovia e solo a scelta dell’interessato poteva essere effettuato da un vettore privato.

Tale opzione, a parità di condizioni e modalità, come già rilevato, nel tempo successivo all’ultima circolare citata è venuta meno; anzi il vettore prescelto dalla p.a. (Ferrovie dello Stato, prima, e Trenitalia, poi) aveva espressamente rinunciato ad espletare il servizio ritenendolo ragionevolmente non più remunerativo.

La scelta come facoltà del militare interessato è stata eliminata a causa del cambiamento del mercato dei servizi di trasporto merci a cui senz’altro doveva adeguarsi la disciplina di settore, data anche dalle interpretazioni delle vigenti disposizioni di legge che in concreto non avevano una formulazione così stringente da impedire un successivo adattamento alle diverse condizioni di mercato.

Anzi, si può ritenere che il dato desumibile dalle circolari adottate nell’anno 2004 dimostra che un’interpretazione logico funzionale della normativa di riferimento avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione della difesa a prendere atto, in sede di liquidazione dei rimborsi in questione ed a circolari già emanate, quantomeno della applicazione della diversa e più consistente tariffa prevista per i percorsi non più serviti da ferrovia, già quantificata dalla circolare del 1988 in € 0,16 per i trasporti non effettuati per ferrovia, ma con vettore privato.

Tali considerazioni trovano conferma anche nel precedente giurisprudenziale, in parte applicabile alla fattispecie in esame, dato dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2159 del 2012, in cui il giudice di secondo grado così si esprime sull’evoluzione interpretativa della normativa di riferimento:

“Va innanzitutto denotato che il quadro normativo rilevante per la fattispecie è costituito, innanzitutto, dal combinato disposto degli artt. 1 e 9 della L. 8 luglio 1961 n. 642 (vigente all’epoca dei fatti di causa, ma poi abrogata per effetto dell’art. 2268, comma 1, del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66) in forza del quale “il personale militare dell'Esercito, della Marina e dell’Aeronautica destinato isolatamente presso Delegazioni o Rappresentanze militari all’estero, per un periodo superiore a 6 mesi, percepisce”, per quanto qui segnatamente interessa, “il rimborso delle spese effettivamente sostenute per il trasporto con i mezzi usuali e più economici del bagaglio, fino ad un massimo di chilogrammi trecento per gli ufficiali, centocinquanta per i sottufficiali e cento per i militari di truppa”.

Nel susseguentemente emanato art. 19, sesto comma, della L. 18 dicembre 1973 n. 836, puntualmente citato nella stessa sentenza impugnata, testualmente si dispone – come detto innanzi – che “il dipendente statale trasferito d’autorità può anche servirsi, per il trasporto dei mobili e delle masserizie, nei limiti di peso consentiti e previa autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza, di mezzi diversi dalla ferrovia, fermo restando che il rimborso va effettuato sulla base della tariffa ferroviaria d’uso”.

Va evidenziato, a questo punto, che la prassi dell’Amministrazione della Difesa non ha reputato “speciale” la disciplina contenuta nell’anzidetta L. 642 del 1961, ancorché specificatamente deputata a sovvenire alle esigenze del personale di tutte le Forze Armate, e ha pertanto considerato applicabile comunque al personale militare, in quanto “dipendente statale” l’ora riferito art. 19, sesto comma, della L. 836 del 1973, il quale peraltro non contempla di per sé il limite di peso di trecento chilogrammi riferito al bagaglio personale, ma contempla comunque il trasporto di tutti i mobili e di tutte le masserizie del personale militare trasferito.

Segnatamente su tale disciplina, peraltro, ha pure dispiegato effetto l’art. 8, comma 2, della L. 26 luglio 1978 n. 417, nel quale a sua volta si dispone che “il dipendente statale trasferito di autorità, per il trasporto di mobili e masserizie può servirsi, nei limiti di peso consentiti e previa autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza, di mezzi diversi dalla ferrovia. In tal caso le spese saranno rimborsate con una indennità chilometrica di L. 60 a quintale o frazione di quintale superiore a 50 chilogrammi, fino ad un massimo di 40 quintali per i mobili e le masserizie e di un quintale a persona per il bagaglio. Il rimborso non potrà comunque superare la spesa effettivamente sostenuta e documentata”.

Risulta ben evidente che tale ultima disposizione di legge innova la precedente, e va ragionevolmente applicata in luogo dello ius vetus, implicitamente abrogato nella misura in cui esso risulti incompatibile con quello precedente, a’ sensi del generale principio enunciato dall’art. 15 disp. prel. c.c..

Risulta, pertanto, irrefutabilmente acquisita all’ordinamento vigente la norma per cui il dipendente trasferito d’autorità può servirsi per la spedizione dei propri mobili e masserizie, se debitamente autorizzato, di mezzi diversi dalla ferrovia con un conseguente rimborso delle relative spese che non potrà comunque eccedere la spesa effettivamente sostenuta e documentata dal medesimo interessato.

Risulta altrettanto acquisita all’ordinamento “vivente”, quale risultato ermeneutico del combinato disposto tra ius novum e ius vetus, che dall’autorizzazione a servirsi di un mezzo diverso da quello ferroviario, se rilasciata nelle ipotesi di oggettiva mancanza del servizio stesso, consegue – per l’appunto – l’obbligo per l’Amministrazione a rimborsare le spese sostenute dal dipendente in misura anche eccedente rispetto al criterio “sulla base della tariffa ferroviaria d’uso” enunciato dall’art. 19, sesto comma, della L. 836 del 1973, fermo restando che il mezzo utilizzato sia quello comunque “usuale” per tali necessità “e più economico” (cfr. art. 9 della L. 642 del 1961 cit.), nel mentre se l’autorizzazione è rilasciata nell’assodata circostanza che sussiste comunque la possibilità di servirsi nella specie anche del mezzo di trasporto ferroviario, il medesimo criterio di rimborso “sulla base della tariffa ferroviaria d’uso” dovrà essere inderogabilmente applicato.

Chiarito ciò, il punto fondamentale della controversia risiede pertanto nello stabilire se la testuale precisazione scritta rilasciata agli attuali appellanti da Trenitalia S.p.a. – Divisione Cargo – Direzione Mercati B.U. Internazionale – secondo la quale “Trenitalia non effettua più il trasporto di piccole partite in campo internazionale” si configura, o meno, quale idoneo presupposto per poter escludere che nella specie non sussisteva la possibilità per gli appellanti medesimi di utilizzare per le loro necessità di spedizione il mezzo ferroviario, con la conseguente sussistenza del loro titolo a ottenere il rimborso delle spese sostenute in applicazione dell’indennità chilometrica di Lire 310 / € 0,1600 e non già di Lire 127 / € 0,0656.

La questione va risolta in senso favorevole agli appellanti.

Va innanzitutto precisato che, a’ sensi dell’allora vigente D.P.R. 30 marzo 1961 n. 197, recante Revisione delle condizioni per il trasporto delle cose sulle Ferrovie dello Stato, all’epoca dei fatti di causa le tipologie di spedizione di merci ivi contemplare erano le seguenti:

1) spedizione a bagaglio, riguardanti oggetti di uso personale del viaggiatore (cfr. ivi, art. 11 e ss.);

2) spedizione di “piccole partite” o “collettame” di merce in quanto elencate nell’apposita “Nomenclatura” annessa alla tariffa, con carico e scarico da effettuarsi a cura delle stesse Ferrovie dello Stato e consegna e riconsegna nei luoghi indicati dalle Ferrovie medesime (cfr. ibidem, artt. 17 e 18);

3) spedizione di merce “a carro” ordinato e utilizzato dallo speditore, con versamento alle Ferrovie dello Stato di idonea cauzione per il carro assegnato e carico e scarico del carro medesimo a cura e responsabilità dello speditore nei luoghi e negli orari indicati dalle stesse Ferrovie dello Stato (cfr. ibidem, art. 19 e ss.).

La dichiarazione di Trenitalia – Divisione Cargo rilasciata agli attuali appellanti è prodotta in copia
quale doc. 8 dell’appellato Ministero della Difesa.

Dalla sua lettura consta che la spedizione delle “piccole partite” o “collettame” non era più espletata per l’estero dalle Ferrovie dello Stato, nel frattempo divenuta Trenitalia – Divisione Cargo S.p.a., la quale espletava invece la sola spedizione “a carro” mediante l’utilizzo di carri merci di portata di 22 tonnellate.

Tale modalità di spedizione richiedeva comunque, a quel tempo, l’esistenza di un carico minimo da trasportare pari ad almeno 10 tonnellate o che, comunque, doveva essere tassato con tariffa adeguata a tale peso.

In dipendenza di ciò, quindi, risulta con ogni evidenza che l’offerta di Trenitalia – Divisione Cargo non risultava conferente con l’interesse degli attuali appellanti, i quali, oltre ad un sensibile aumento dell’importo da pagare in dipendenza della circostanza che ciascuno di loro era con ciò costretto a pagare una tariffa comunque rapportata a 10 tonnellate di merce (ossia in ogni caso ben superiore al peso dei mobili e delle masserizie da trasportare, obbligatoriamente pari a’ sensi del predetto art. 8, comma 2, della L. 417 del 1978 a 40 quintali per i mobili e le masserizie e a 1 quintale a persona per il bagaglio), dovevano comunque farsi carico delle ulteriori spese di trasporto e di carico delle proprie cose sino alla stazione ferroviaria indicata da Trenitalia.

In tale contesto, pertanto, gli appellanti e, in buona definitiva, la stessa Amministrazione della Difesa), hanno scontato la mutata strategia commerciale del vettore ferroviario pubblico (tale rimasto anche dopo la sua c.d. “privatizzazione” attuata in forza della deliberazione C.I.P.E. del 12 agosto 1992 - adottata a sua volta a’ sensi dell’art. 18 del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito in L. 8 agosto 1992 n. 359 - mediante la sua trasformazione in diverse società, tra le quali, per l’appunto, la Divisione Cargo S.p.a., comunque con capitale totalitariamente di proprietà dello Stato), il quale ha preferito adibire i propri servizi a beneficio dell’impresa ripetutamente utilizzatrice di uno o più carri ferroviari e che dispone di logistica propria o fruibile presso strutture logistiche intermodali condivisibili, come ad esempio gli interporti, piuttosto che rivolgere ancora la propria offerta alla clientela diffusa e costituita dalle persone fisiche o dai gruppi familiari che intuitivamente devono soddisfare esigenze ben più modeste e sporadiche.”.

Per le ragioni sopra indicate il ricorso va accolto ed accertato il diritto dei ricorrenti a percepire, quantomeno (essendo mancante un giudizio di congruità, sopperito comunque dall’applicazione della diversa e più confacente tariffa) la differenza tra quanto percepito a seguito della eseguita liquidazione e quanto sarebbe spettato se fosse stata applicata la tariffa pari ad € 0,16 per ciascun chilometro per non oltre 40 quintali, secondo quanto stabilito nelle circolari del 2004, con conseguente condanna dell’Amministrazione resistente a corrispondere alle parti istanti le eventuali differenze economiche, oltre gli interessi legali e la svalutazione monetaria da computarsi sulla sorte capitale dalla domanda di liquidazione sino al soddisfo, atteso che il credito vantato ha natura indennitaria (quindi di valore e non di valuta) volta a sollevare il dipendente dall’onere delle spese sostenute.

Per la natura interpretativa della disciplina applicabile al caso de quo, sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed accerta il diritto alla corresponsione delle somme eventualmente spettanti (per differenza con quanto già liquidato) a titolo di rimborso delle spese debitamente documentate per il trasporto di mobili e masserizie in ambito internazionale, oltre interessi e rivalutazione da computarsi sulla sorte capitale nei termini indicati in motivazione.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2014
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