Per opportuna notizia a tutti per l'avvenire.
L'Ispettore di Polizia quale "Capo pattuglia" è stato ritenuto responsabile da parte del Consiglio di Stato a seguito del ricorso straordinario al P.D.R. per: “culpa in vigilando”.
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Numero 00674/2012 e data 17/02/2012
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 11 gennaio 2012
NUMERO AFFARE 03103/2011
OGGETTO:
Ministero dell'interno-Dipartimento della pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dall’ispettore di polizia OMISSIS, avverso sanzione disciplinare del richiamo scritto;
LA SEZIONE
Vista la relazione XXX-A/U.C./1580/2266/D del 12/07/2011 con la quale il Ministero dell'interno dipartimento della pubblica sicurezza ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull' affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Eugenio Mele;
Premesso:
Il presente ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è proposto dall’ispettore della Polizia di Stato, OMISSIS, e si dirige contro il decreto ministeriale del 16 settembre 2010 (notificato al ricorrente il successivo 13 novembre 2010) di rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso il provvedimento disciplinare dell’8 febbraio 2010, con il quale il Questore di OMISSIS ha inflitto al medesimo ricorrente la sanzione del richiamo scritto.
La sanzione era stata irrogata, in quanto l’ispettore OMISSIS, nella sua qualità di capo pattuglia, durante un intervento con due autovetture di servizio, non aveva impartito all’autista della seconda vettura le opportune istruzioni, per evitare la collisione con l’automobile che precedeva il convoglio.
Il ricorrente, premesso che non sono state correttamente esaminate le proprie giustificazioni, censura provvedimenti impugnati per i seguenti motivi di diritto:
difetto di motivazione, in quanto nella specie la negligenza in servizio del ricorrente è da collegare con un evento sul quale lo stesso non poteva incidere, essendo dovuto al fatto del terzo (l’autista che non era riuscito ad arrestare in tempo l’auto di servizio, al fine di evitare la collisione con l’automobile che precedeva);
erronea applicazione dell’art. 25 del d.P.R. n. 782 del 1985; poiché l’articolo in rubrica prevede che i mezzi dell’Amministrazione siano custoditi ed utilizzati con diligenza, ma da parte dell’utilizzatore, che era l’autista del mezzo;
erronea valutazione dei fatti; essendo l’automobile di servizio condotta da altro soggetto, per cui l’addebito al ricorrente ricade nell’ambito di una mera responsabilità oggettiva, non vedendosi come lo stesso poteva impedire l’incidente, mentre il conduttore del mezzo aveva operato correttamente durante la guida e il lieve tamponamento era avvenuto per la brusca frenata dell’auto che precedeva per le condizioni dell’asfalto precarie, in quanto bagnato e in discesa.
L’Amministrazione dell’interno replica rilevando come, proprio in considerazione delle condizioni dell’asfalto, il capo pattuglia avrebbe dovuto impartire all’autista le opportune prescrizioni di precauzione atte ad evitare l’impatto.
Oltre a ciò, precisa l’Amministrazione, che è intervenuta un’attenta istruttoria dell’accadimento, cosa che ha comportato l’irrogazione di una sanzione più lieve di quella prevista nella originaria contestazione dell’addebito.
Considerato:
Il ricorso non presenta, a parere della Sezione, elementi di fondatezza.
Va, infatti, rilevato che è preciso dovere del soggetto preposto a capo della pattuglia, organizzare e dirigere l’intervento, predisponendo ogni necessaria e opportuna istruttoria affinché l’intervento medesimo si svolga correttamente.
Ora, il fatto che si era in presenza di una situazione dell’asfalto particolarmente precaria, avrebbe dovuto consigliare di impartire all’autista del mezzo circostanziate istruzioni per impedire la collisione, cosa che avrebbe comportato, oltre ad evitare il sinistro, anche una migliore e più sicura capacità di intervento nel caso di specie, invece evidentemente rallentata proprio dall’intervenuto incidente.
Né può avere ingresso la censura fatta propria dal ricorrente che la custodia e l’utilizzazione del bene dell’Amministrazione faccia capo all’autista, in quanto nella specie, si era in sede di intervento e in tale contesto la responsabilità di tutta l’operazione, ivi compresa quella attinente ai beni dell’Amministrazione, faceva necessariamente capo al soggetto che era preposto all’intervento.
Pertanto, non può parlarsi nel caso di specie, di responsabilità oggettiva, ma di vera e propria “culpa in vigilando”, essendo mancata una precisa individuazione in ordine al fatto di impartire le necessarie disposizioni a tutela dei beni dell’Amministrazione e della efficacia dell’intervento.
P.Q.M.
La Sezione è del parere che il ricorso straordinario indicato in epigrafe sia da respingere.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Eugenio Mele Giuseppe Barbagallo
IL SEGRETARIO
Licia Grassucci
Collisione, sanzione disciplinare al capo pattuglia
Re: Collisione, sanzione disciplinare al capo pattuglia
Si parla di incidente stradale.
Occhio ai mezzi di servizio e agli interventi.
Se tutto va bene e un conto ma, se va male sono ........
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
1) - provvedimento disciplinare tramite il quale è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo
2) - La sanzione è stata inflitta per un incidente stradale, avvenuto durante il turno notturno del 30.11.2010: essendo stato segnalato un probabile furto in atto presso un deposito Caravan limitrofo ad un distributore, il ricorrente, mentre raggiungeva velocemente il luogo dell’intervento, azionando i lampeggianti, ad un incrocio, entrava in collisione con un’autovettura che proveniva da sinistra, con diritto di precedenza.
3) - Veniva contestato al ricorrente la mancanza disciplinare per omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare il sinistro, dovuto a grave negligenza ed imprudenza, avendo arrecato gravi danni all’autovettura di servizio, lesioni personali a se stesso, all’equipaggio e all’occupante della vettura coinvolta nel sinistro.
4) - Al ricorrente è stato contestato di aver posto in essere “grave negligenza ed imprudenza, arrecando gravi danni all’autovettura di servizio la cui entità risulta preventivamente quantificata in € 13.398,73, nonché lesioni personali a se stesso all’equipaggio della volante e all’occupante dell’autovettura coinvolta nel sinistro (art 4 nn. 10 e 18 del D.P.R. n. 737/1981).
5) - € 13.398,73.
IL TAR precisa:
6) - ritiene il Collegio che elemento gravemente indiziario della violazione da parte dell'odierno ricorrente del regole di diligenza e di prudenza sia l’aver affrontato un incrocio ad alta velocità (come emerge dalle conseguenze provocate all’autovettura e alle persone coinvolte), senza aver rispettato il diritto di precedenza.
RICORSO PERSO.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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18/09/2014 201401486 Sentenza 1
N. 01486/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00840/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 840 del 2011, proposto da:
S. B., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Grazia Broiera, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Francia, 333/6;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge presso i suoi uffici, in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
del provvedimento disciplinare tramite il quale è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo, notificato in data 13.4.2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, agente scelto della Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di OMISSIS, sezione volanti, con mansione di autista, ha impugnato il provvedimento con cui è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30° di una mensilità dello stipendio e degli assegni di carattere fisso.
La sanzione è stata inflitta per un incidente stradale, avvenuto durante il turno notturno del 30.11.2010: essendo stato segnalato un probabile furto in atto presso un deposito Caravan limitrofo ad un distributore, il ricorrente, mentre raggiungeva velocemente il luogo dell’intervento, azionando i lampeggianti, ad un incrocio, entrava in collisione con un’autovettura che proveniva da sinistra, con diritto di precedenza.
Veniva contestato al ricorrente la mancanza disciplinare per omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare il sinistro, dovuto a grave negligenza ed imprudenza, avendo arrecato gravi danni all’autovettura di servizio, lesioni personali a se stesso, all’equipaggio e all’occupante della vettura coinvolta nel sinistro.
Il ricorrente presentava le proprie controdeduzioni, ricostruendo i fatti e contestando che il comportamento potesse essere ritenuto negligente.
Il procedimento si concludeva con la sanzione pecuniaria sopra indicata, avverso la quale sono articolate le seguenti censure:
violazione dell’art 2054 c.c., art 13 DPR 737/1981, artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.; art 1 DPR 737/81; eccesso di potere ed illogicità della motivazione: l’Amministrazione non avrebbe esaminato compiutamente la dinamica del sinistro nè considerato le ragioni del ricorrente, violando l’art 13 DPR 737/81. Una esatta ricostruzione dei fatti avrebbe portato a prospettare un concorso di colpa del ricorrente con la conduttrice dell’autovettura venuta a collisione, riducendo in tal modo la sanzione.
Il ricorrente chiede anche l’escussione dei testi al fine della ricostruzione dei fatti oggetto di sanzione.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria depositata in data 23 maggio 2014 parte ricorrente ha introdotto un nuovo motivo, lamentando la lesione del diritto di difesa nel corso del procedimento disciplinare.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2014, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1) Il presente ricorso è stato proposto avverso la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio.
Al ricorrente è stato contestato di aver posto in essere “grave negligenza ed imprudenza, arrecando gravi danni all’autovettura di servizio la cui entità risulta preventivamente quantificata in € 13.398,73, nonché lesioni personali a se stesso all’equipaggio della volante e all’occupante dell’autovettura coinvolta nel sinistro (art 4 nn. 10 e 18 del D.P.R. n. 737/1981).
2) Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Con un’unica censura parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1 e art 13 DPR 737/1981, nonché dell’art 2054 c.c., perché la sanzione applicata si fonderebbe sull'erronea ricostruzione della dinamica del sinistro.
L’Amministrazione non ha considerato che oltre ai dispositivi lampeggianti si era inserita (seppur accidentalmente), anche la sirena bitonale, per cui l’autovettura di servizio aveva la precedenza nell’incrocio.
Il motivo non è fondato.
Occorre premettere che la valutazione dei fatti contestati ad un appartenente all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ai fini della loro rilevanza disciplinare, appartiene alla sfera di discrezionalità dell'Amministrazione stessa, sicché - fatte salve le ipotesi di manifesta irrazionalità o sproporzione - non vi è spazio per il sindacato del giudice amministrativo in ordine alla scelta di comminare una determinata sanzione disciplinare (T.A.R. Napoli sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 38; T.A.R. Umbria, 05/12/2013, n.560),
Quanto al fatto addebitato, ritiene il Collegio che elemento gravemente indiziario della violazione da parte dell'odierno ricorrente del regole di diligenza e di prudenza sia l’aver affrontato un incrocio ad alta velocità (come emerge dalle conseguenze provocate all’autovettura e alle persone coinvolte), senza aver rispettato il diritto di precedenza.
Si tratta di un fatto che correttamente è stata qualificato come grave negligenza, considerando altresì che erano stati inseriti i soli dispositivi di emergenza visivi, non essendo stata data prova certa dell’inserimento della sirena, che potrebbe essere “scattata” solo dopo lo scontro tra le autovetture.
In ogni caso l’uso dei dispositivi non esclude la cautela mentre si affronta un incrocio, in quanto possono essere coinvolte altre autovetture e quindi si pone in pericolo l’incolumità di altre persone.
Il Collegio è quindi dell'avviso che il provvedimento sanzionatorio emanato dall'Amministrazione resistente sia del tutto adeguato, non solo in quanto proporzionale alla indubbia rilevanza disciplinare dei fatti addebitati al ricorrente, ma anche quanto alla esatta ricostruzione dei fatti e al profilo motivazionale, perché riporta una ampia giustificazione delle ragioni della sanzione.
2.2. Quanto al motivo in cui si lamenta la violazione del diritto di difesa, si deve osservare che lo stesso è stato introdotto non solo tardivamente, ma in una memoria non notificata all’Amministrazione, per cui deve essere dichiarato inammissibile.
3) Per le ragioni sopra riportate, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate, in considerazione della natura del ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2014
Occhio ai mezzi di servizio e agli interventi.
Se tutto va bene e un conto ma, se va male sono ........
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1) - provvedimento disciplinare tramite il quale è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo
2) - La sanzione è stata inflitta per un incidente stradale, avvenuto durante il turno notturno del 30.11.2010: essendo stato segnalato un probabile furto in atto presso un deposito Caravan limitrofo ad un distributore, il ricorrente, mentre raggiungeva velocemente il luogo dell’intervento, azionando i lampeggianti, ad un incrocio, entrava in collisione con un’autovettura che proveniva da sinistra, con diritto di precedenza.
3) - Veniva contestato al ricorrente la mancanza disciplinare per omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare il sinistro, dovuto a grave negligenza ed imprudenza, avendo arrecato gravi danni all’autovettura di servizio, lesioni personali a se stesso, all’equipaggio e all’occupante della vettura coinvolta nel sinistro.
4) - Al ricorrente è stato contestato di aver posto in essere “grave negligenza ed imprudenza, arrecando gravi danni all’autovettura di servizio la cui entità risulta preventivamente quantificata in € 13.398,73, nonché lesioni personali a se stesso all’equipaggio della volante e all’occupante dell’autovettura coinvolta nel sinistro (art 4 nn. 10 e 18 del D.P.R. n. 737/1981).
5) - € 13.398,73.
IL TAR precisa:
6) - ritiene il Collegio che elemento gravemente indiziario della violazione da parte dell'odierno ricorrente del regole di diligenza e di prudenza sia l’aver affrontato un incrocio ad alta velocità (come emerge dalle conseguenze provocate all’autovettura e alle persone coinvolte), senza aver rispettato il diritto di precedenza.
RICORSO PERSO.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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18/09/2014 201401486 Sentenza 1
N. 01486/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00840/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 840 del 2011, proposto da:
S. B., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Grazia Broiera, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Francia, 333/6;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge presso i suoi uffici, in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
del provvedimento disciplinare tramite il quale è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio e degli assegni a carattere fisso e continuativo, notificato in data 13.4.2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, agente scelto della Polizia di Stato, in servizio presso la Questura di OMISSIS, sezione volanti, con mansione di autista, ha impugnato il provvedimento con cui è stata inflitta la sanzione della pena pecuniaria nella misura di 1/30° di una mensilità dello stipendio e degli assegni di carattere fisso.
La sanzione è stata inflitta per un incidente stradale, avvenuto durante il turno notturno del 30.11.2010: essendo stato segnalato un probabile furto in atto presso un deposito Caravan limitrofo ad un distributore, il ricorrente, mentre raggiungeva velocemente il luogo dell’intervento, azionando i lampeggianti, ad un incrocio, entrava in collisione con un’autovettura che proveniva da sinistra, con diritto di precedenza.
Veniva contestato al ricorrente la mancanza disciplinare per omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare il sinistro, dovuto a grave negligenza ed imprudenza, avendo arrecato gravi danni all’autovettura di servizio, lesioni personali a se stesso, all’equipaggio e all’occupante della vettura coinvolta nel sinistro.
Il ricorrente presentava le proprie controdeduzioni, ricostruendo i fatti e contestando che il comportamento potesse essere ritenuto negligente.
Il procedimento si concludeva con la sanzione pecuniaria sopra indicata, avverso la quale sono articolate le seguenti censure:
violazione dell’art 2054 c.c., art 13 DPR 737/1981, artt. 3, 24, 97 e 111 Cost.; art 1 DPR 737/81; eccesso di potere ed illogicità della motivazione: l’Amministrazione non avrebbe esaminato compiutamente la dinamica del sinistro nè considerato le ragioni del ricorrente, violando l’art 13 DPR 737/81. Una esatta ricostruzione dei fatti avrebbe portato a prospettare un concorso di colpa del ricorrente con la conduttrice dell’autovettura venuta a collisione, riducendo in tal modo la sanzione.
Il ricorrente chiede anche l’escussione dei testi al fine della ricostruzione dei fatti oggetto di sanzione.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria depositata in data 23 maggio 2014 parte ricorrente ha introdotto un nuovo motivo, lamentando la lesione del diritto di difesa nel corso del procedimento disciplinare.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2014, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1) Il presente ricorso è stato proposto avverso la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 (un trentesimo) di una mensilità dello stipendio.
Al ricorrente è stato contestato di aver posto in essere “grave negligenza ed imprudenza, arrecando gravi danni all’autovettura di servizio la cui entità risulta preventivamente quantificata in € 13.398,73, nonché lesioni personali a se stesso all’equipaggio della volante e all’occupante dell’autovettura coinvolta nel sinistro (art 4 nn. 10 e 18 del D.P.R. n. 737/1981).
2) Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Con un’unica censura parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1 e art 13 DPR 737/1981, nonché dell’art 2054 c.c., perché la sanzione applicata si fonderebbe sull'erronea ricostruzione della dinamica del sinistro.
L’Amministrazione non ha considerato che oltre ai dispositivi lampeggianti si era inserita (seppur accidentalmente), anche la sirena bitonale, per cui l’autovettura di servizio aveva la precedenza nell’incrocio.
Il motivo non è fondato.
Occorre premettere che la valutazione dei fatti contestati ad un appartenente all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ai fini della loro rilevanza disciplinare, appartiene alla sfera di discrezionalità dell'Amministrazione stessa, sicché - fatte salve le ipotesi di manifesta irrazionalità o sproporzione - non vi è spazio per il sindacato del giudice amministrativo in ordine alla scelta di comminare una determinata sanzione disciplinare (T.A.R. Napoli sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 38; T.A.R. Umbria, 05/12/2013, n.560),
Quanto al fatto addebitato, ritiene il Collegio che elemento gravemente indiziario della violazione da parte dell'odierno ricorrente del regole di diligenza e di prudenza sia l’aver affrontato un incrocio ad alta velocità (come emerge dalle conseguenze provocate all’autovettura e alle persone coinvolte), senza aver rispettato il diritto di precedenza.
Si tratta di un fatto che correttamente è stata qualificato come grave negligenza, considerando altresì che erano stati inseriti i soli dispositivi di emergenza visivi, non essendo stata data prova certa dell’inserimento della sirena, che potrebbe essere “scattata” solo dopo lo scontro tra le autovetture.
In ogni caso l’uso dei dispositivi non esclude la cautela mentre si affronta un incrocio, in quanto possono essere coinvolte altre autovetture e quindi si pone in pericolo l’incolumità di altre persone.
Il Collegio è quindi dell'avviso che il provvedimento sanzionatorio emanato dall'Amministrazione resistente sia del tutto adeguato, non solo in quanto proporzionale alla indubbia rilevanza disciplinare dei fatti addebitati al ricorrente, ma anche quanto alla esatta ricostruzione dei fatti e al profilo motivazionale, perché riporta una ampia giustificazione delle ragioni della sanzione.
2.2. Quanto al motivo in cui si lamenta la violazione del diritto di difesa, si deve osservare che lo stesso è stato introdotto non solo tardivamente, ma in una memoria non notificata all’Amministrazione, per cui deve essere dichiarato inammissibile.
3) Per le ragioni sopra riportate, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono essere compensate, in considerazione della natura del ricorso.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2014
Re: Collisione, sanzione disciplinare al capo pattuglia
La Corte dei Conti SEZ. III GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO, condanna il collega (conducente) al pagamento, però riducendola alla somma di € 20.000,00.
--------------------------------------------------------------------------
1) - ritenuto responsabile del danno risentito dalle pubbliche finanze in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 25.10.2008, assertivamente provocato dal predetto agente mentre era alla guida dell’autovettura di servizio Alfa 159 targata OMISSIS.
2) - secondo la tesi accusatoria l’agente avrebbe impegnato un incrocio, nonostante il semaforo segnalasse luce rossa, facendo uso del solo lampeggiante luminoso e senza azionare il dispositivo di segnalazione acustica di cui all’art. 177 del d. lgs. 30.4.1992 n. 285, sì da urtare violentemente in tal modo il lato posteriore di un altro veicolo che stava attraversando l’incrocio stesso, essendosi avvalso della segnalazione semaforica a luce verde.
3) - I danni riportati dall’auto guidata dall’agente sono stati quantificati, alla stregua delle acquisite fatture, in complessivi € 26.630,59 e di tale somma il predetto è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte lombarda.
N.B.: il tutto leggetelo qui sotto.
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 123 31/03/2016
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 123 2016 RESPONSABILITA' 31/03/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZ. III GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dagli ill.mi signori magistrati :
Enzo Rotolo Presidente rel. est.
Giuseppa Maneggio Consigliere
Giuseppina Maio Consigliere
Maria Nicoletta Quarato Consigliere
Giuseppe Di Benedetto Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio d’appello in materia di responsabilità patrimoniale - iscritto al n. 46.009 del registro di segreteria –
ad istanza
del Procuratore Regionale per la Lombardia
avverso
la sentenza n. 86/2013 del 4.4.2013 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia e
nei confronti
P. A., rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Seregni e Francesco Valsecchi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, via Cesare Beccarla n. 84.
Visto l’atto d’appello;
Esaminati tutti gli altri documenti di causa;
Udita, alla pubblica udienza del giorno 23.3.2016, la relazione del Presidente Enzo Rotolo ed udito, altresì, il PM in persona del Vice Procuratore Generale Carmela de Gennaro nonché, nell’interesse della parte appellata, l’avv. Valsecchi.
Ritenuto in
FATTO
Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia ha assolto l’agente della Polizia di Stato A. P., evocato in giudizio dal competente Procuratore Regionale di questa Corte in quanto ritenuto responsabile del danno risentito dalle pubbliche finanze in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 25.10.2008, assertivamente provocato dal predetto agente mentre era alla guida dell’autovettura di servizio Alfa 159 targata OMISSIS.
In particolare secondo la tesi accusatoria l’agente avrebbe impegnato un incrocio, nonostante il semaforo segnalasse luce rossa, facendo uso del solo lampeggiante luminoso e senza azionare il dispositivo di segnalazione acustica di cui all’art. 177 del d. lgs. 30.4.1992 n. 285, sì da urtare violentemente in tal modo il lato posteriore di un altro veicolo che stava attraversando l’incrocio stesso, essendosi avvalso della segnalazione semaforica a luce verde.
I danni riportati dall’auto guidata dall’agente sono stati quantificati, alla stregua delle acquisite fatture, in complessivi € 26.630,59 e di tale somma il predetto è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte lombarda.
I primi giudici hanno escluso l’elemento della colpa grave a carico del convenuto rilevando che il mancato rispetto di norme disciplinanti la guida degli autoveicoli non può, da solo, integrare gli estremi di una condotta gravemente riprovevole, potendo a tal fine assumere rilevanza varie circostanze, come quella, nella specie, dell’urgente assolvimento di un servizio di polizia, unitamente a quelle dell’avvenuta attivazione del segnale intermittente dei proiettori abbaglianti, della modalità di azionamento della sirena (di competenza peraltro del capopattuglia) e delle altre dichiarazioni o verbalizzazioni relative all’accaduto.
Avverso tale pronuncia ha interposto appello il Procuratore regionale per la Lombardia deducendo vari motivi.
In particolare, dopo aver delineato i profili fattuali della vicenda inferendone l’erroneità della sentenza impugnata in punto di mancata valutazione di elementi particolarmente significativi della sussistenza dell’elemento soggettivo, ha negato rilevanza all’urgenza del servizio laddove debbano prevalere regole di comune prudenza ed ha sostenuto che nella specie sarebbero state contemporaneamente violate più norme, non essendo stata moderata la velocità in prossimità di un incrocio, non essendo stati, inoltre, attivati contemporaneamente i dispositivi acustici e luminosi di emergenza ed essendosi messa a repentaglio l’incolumità pubblica degli altri utenti della strada.
Tali argomenti darebbero anche conto della erroneità delle conclusioni raggiunte in punto di insussistenza di imprudenza e imperizia, non potendosi negare, ad avviso dell’appellante, l’elevata velocità dell’autovettura in base ad elementi che avrebbero dovuto quanto meno integrare indizi e prove presuntive, fermo restando che il principio della presunzione di colpa non potrebbe ritenersi operante solo a favore del conducente dell’auto privata coinvolta nel sinistro.
Dopo essersi soffermato, infine, sulla concezione normativa della colpa ed aver sostenuto che la condotta di guida dell’agente avrebbe dovuto esser valutata in rapporto agli schemi previsti per quella astrattamente esigibile, il Procuratore appellante ha concluso per l’accoglimento dell’impugnativa e per la conseguente riforma della gravata sentenza, con ogni consequenziale pronuncia.
Il P.. si è costituito col patrocinio dell’avv. Raffaele Lessio contestando le ragioni della parte ricorrente.
In particolare, dopo aver messo l’accento sull’insufficienza dell’affermata violazione di norme sulla circolazione stradale ai fini della configurabilità della colpa grave perseguibile davanti a questa Corte e dopo aver sottolineato - in linea con l’orientamento dei primi giudici - che vi era da svolgere un servizio di massima urgenza (presenza di ordigno esplosivo) il P.. ha puntualizzato alcune circostanze dell’accaduto (attivazione del segnale luminoso, marcia su corsia preferenziale) contestando la ricostruzione dei fatti operata dalla Procura e rilevando, poi, che il richiamo scritto rivoltogli dalla Questura di Milano a seguito dei fatti controversi escludeva gli elementi del dolo e della colpa grave a suo carico nella conduzione del mezzo.
Il resistente ha quindi affermato che, in assenza di richiesta di condanna, la eventuale sentenza di riforma dovrebbe limitarsi all’an debeatur e alle sole spese di giudizio.
In via subordinata ha chiesto un ampio uso del potere riduttivo dell’addebito concludendo per il rigetto dell’appello e varie subordinate.
Con atto in data 16.3.2016 l’avv. Lessio ha dichiarato di rinunciare al mandato difensivo conferitogli dalla parte appellata e, con successivo atto del 21.3.2016, il P.. ha rilasciato nuovo mandato agli avvocati Fabrizio Seregni e Francesco Valsecchi; i quali, con memoria in pari data, si sono costituiti, con riserva di ulteriori deduzioni, richiamando e ratificando il contenuto degli scritti difensivi già depositati dal precedente legale. All’odierna pubblica udienza il PM ha sottolineato l’elevata velocità del mezzo guidato dall’agente P.S. ed ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, mentre l’avv. Valsecchi, dopo essersi riportato agli atti scritti, ha insistito motivatamente per il rigetto del proposto gravame e per la conferma della sentenza impugnata.
Quindi la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Non ha alcun pregio la deduzione relativa alla opposta carenza formale formale dell’atto d’appello, privo - secondo la parte appellata - della specifica indicazione del quantum debeatur, essendo la domanda di integrale riforma della sentenza impugnata di per sé sufficiente a far intendere, alla stregua delle formulazioni dell’originario atto di citazione, l’oggetto della richiesta di parte pubblica. Questa, infatti, col proposto gravame fondato su doglianze ritenute rilevanti ai fini della configurabilità, nella specie, di una colpa grave, ha devoluto al giudice d’appello la cognizione dello stesso rapporto sostanziale dedotto in primo grado, con la conseguenza che non v’è alcuna incertezza sull’entità della pretesa risarcitoria azionata in favore dell’Erario e cioè, come puntualizzato dalla stesso Procuratore Regionale, in favore del Ministero dell’Interno.
Nel merito l’appello è fondato.
Non può dubitarsi, infatti, che il P.., avendo attraversato l’incrocio mentre il semaforo segnalava luce rossa (fatto, questo, incontroverso), abbia operato in aperta violazione di fondamentali norme sulla circolazione stradale, all’osservanza delle quali avrebbe potuto sottrarsi (e pur sempre con opportune cautele) solo se avesse fatto uso congiunto, come ha rilevato il Procuratore ricorrente, dei dispositivi luminosi ed acustici, segnalando un’emergenza in atto. E a nulla rileva che l’azionamento dei dispositivi acustici fosse di competenza del capopattuglia, giacchè l’odierno appellato non poteva certo precorrere i suoi ordini od anticiparne gli effetti; così come nessun rilievo può riconoscersi al carattere urgente del servizio che si accingeva ad espletare, perché anche in una circostanza siffatta egli avrebbe comunque dovuto rendersi osservante delle regole di comune prudenza, poste a salvaguardia del fondamentale principio del neminem laedere, le quali gli imponevano di adeguare la condotta di guida alle particolari condizioni di prevedibile pericolosità della circolazione notturna e di fare tutto il possibile per scongiurare possibili inconvenienti, seppur dovuti a comportamenti colposi altrui. Invece egli temerariamente ritenne di poter ricevere un’affidante assicurazione dall’aver azionato ad intermittenza i proiettori abbaglianti - a ben vedere indicativi, per regola di comune conoscenza, di un’andatura tutt’altro che moderata - ponendo in essere una condotta irresponsabile, in quanto improntata a notevole avventatezza e inescusabile negligenza.
L’elevata velocità impressa al veicolo, del resto, oltre che confermata dal verbale contenente i riferimenti di alcuni testimoni presenti al fatto (S.. e M..), può agevolmente desumersi dalla dinamica e soprattutto dalle gravi conseguenze dell’incidente, dal quale sono derivati danni di notevole entità secondo l’incontestata quantificazione che ne è stata fatta in base alla documentazione acquisita agli atti.
La velocità, dunque, era in quel frangente eccessiva, siccome non consona alle particolari condizioni di luogo (incrocio con segnale semaforico a via impedita) e alle esigenze della circolazione; una velocità con la quale l’agente venne evidentemente a trovarsi nella impossibilità di governare l’auto per evitare il sinistro.
La notevole imprudenza del predetto è senza dubbio indice di colpa grave, sia che tale stato soggettivo voglia accertarsi con il criterio, peraltro di scarso seguito, della prevedibilità ex ante, sia che tale accertamento voglia compiersi aderendo alla concezione normativa della colpa, favorevolmente prospettata dall’appellante. Che infatti in tale indagine si ponga l’accento sull’elemento intellettivo o su quello volitivo del soggetto agente a seconda che voglia formularsi un giudizio sulle sue effettive capacità di previsione dell’evento ovvero sulla divergenza della sua condotta da quella astrattamente esigibile secondo le disposizioni di riferimento, è in ogni caso innegabile che il P.. operò con un elevato grado di sprovvedutezza e di riprovevolezza, essendosi mostrato particolarmente insensibile alle prudenziali valutazioni che nel caso si richiedevano, oltre che incurante di elementari norme sulla circolazione e sulla sicurezza stradale.
Erra pertanto la Corte territoriale quando esclude che al momento del fatto non ricorressero le condizioni di elevata prevedibilità (e probabilità) dell’evento dannoso, non potendosi ammettere che chi si accinge ad attraversare un incrocio col semaforo a via impedita possa non percepire immediatamente che la manovra diviene in tal caso di fortuna per il rilevante rischio di incidenti insito in essa.
È peraltro la concezione normativa della colpa, prospettata dall’appellante, quella che, in punto di accertamento dell’elemento soggettivo, ritiene il Collegio di condividere, in accordo con la giurisprudenza ormai prevalente.
Sicchè è ancor più evidente, stando alla rilevata divergenza del comportamento dell’agente dagli schemi delle astratte norme di riferimento, che quest’ultimo abbia in concreto violato disposizioni di particolare importanza che neppure il meno accorto o il meno esperto degli addetti alla guida di autoveicoli avrebbe così disinvoltamente ignorato.
A carico del predetto, dunque, si configura una colpa di considerevole gravità, a nulla rilevando in contrario il diverso apprezzamento che a fini disciplinari risulta esser stato fatto sul suo conto con la sanzione del richiamo scritto rivoltogli con nota del 16.12.2009 della Questura di Milano.
In base alle argomentazioni che precedono deve accogliersi il proposto gravame e deve di conseguenza riformarsi l’impugnata sentenza, mentre per quanto attiene alla determinazione dell’onere risarcitorio può farsi uso, in considerazione della giovane età dell’interessato al momento del fatto, del potere riduttivo dell’addebito, ponendo in definitiva a carico del predetto la minor somma di € 20.000,00 (compresa rivalutazione monetaria), oltre interessi in misura legale dal deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
disattesa ogni contraria eccezione e deduzione, accoglie l’appello in epigrafe e riforma l’impugnata sentenza.
Per l’effetto condanna A. P. al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, della somma di € 20.000,00 (comprensiva di rivalutazione monetaria) oltre interessi legali, su detta somma, dalla pubblicazione al soddisfo.
Pone a carico del predetto le spese del doppio grado di giudizio che, fino all’originale della presente sentenza, si liquidano in € 420,74 (quattrocentoventi/74).
Manda alla Segreteria gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 23.3.2016.
Il Presidente estensore
(F.to Enzo Rotolo)
Depositata nella Segreteria della Sezione il 31-03-2016
Il Dirigente
F.to Dott.ssa Patrizia Fiocca
--------------------------------------------------------------------------
1) - ritenuto responsabile del danno risentito dalle pubbliche finanze in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 25.10.2008, assertivamente provocato dal predetto agente mentre era alla guida dell’autovettura di servizio Alfa 159 targata OMISSIS.
2) - secondo la tesi accusatoria l’agente avrebbe impegnato un incrocio, nonostante il semaforo segnalasse luce rossa, facendo uso del solo lampeggiante luminoso e senza azionare il dispositivo di segnalazione acustica di cui all’art. 177 del d. lgs. 30.4.1992 n. 285, sì da urtare violentemente in tal modo il lato posteriore di un altro veicolo che stava attraversando l’incrocio stesso, essendosi avvalso della segnalazione semaforica a luce verde.
3) - I danni riportati dall’auto guidata dall’agente sono stati quantificati, alla stregua delle acquisite fatture, in complessivi € 26.630,59 e di tale somma il predetto è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte lombarda.
N.B.: il tutto leggetelo qui sotto.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 123 31/03/2016
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 123 2016 RESPONSABILITA' 31/03/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZ. III GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dagli ill.mi signori magistrati :
Enzo Rotolo Presidente rel. est.
Giuseppa Maneggio Consigliere
Giuseppina Maio Consigliere
Maria Nicoletta Quarato Consigliere
Giuseppe Di Benedetto Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio d’appello in materia di responsabilità patrimoniale - iscritto al n. 46.009 del registro di segreteria –
ad istanza
del Procuratore Regionale per la Lombardia
avverso
la sentenza n. 86/2013 del 4.4.2013 pronunciata dalla Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia e
nei confronti
P. A., rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Seregni e Francesco Valsecchi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, via Cesare Beccarla n. 84.
Visto l’atto d’appello;
Esaminati tutti gli altri documenti di causa;
Udita, alla pubblica udienza del giorno 23.3.2016, la relazione del Presidente Enzo Rotolo ed udito, altresì, il PM in persona del Vice Procuratore Generale Carmela de Gennaro nonché, nell’interesse della parte appellata, l’avv. Valsecchi.
Ritenuto in
FATTO
Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia ha assolto l’agente della Polizia di Stato A. P., evocato in giudizio dal competente Procuratore Regionale di questa Corte in quanto ritenuto responsabile del danno risentito dalle pubbliche finanze in conseguenza di un incidente stradale avvenuto il 25.10.2008, assertivamente provocato dal predetto agente mentre era alla guida dell’autovettura di servizio Alfa 159 targata OMISSIS.
In particolare secondo la tesi accusatoria l’agente avrebbe impegnato un incrocio, nonostante il semaforo segnalasse luce rossa, facendo uso del solo lampeggiante luminoso e senza azionare il dispositivo di segnalazione acustica di cui all’art. 177 del d. lgs. 30.4.1992 n. 285, sì da urtare violentemente in tal modo il lato posteriore di un altro veicolo che stava attraversando l’incrocio stesso, essendosi avvalso della segnalazione semaforica a luce verde.
I danni riportati dall’auto guidata dall’agente sono stati quantificati, alla stregua delle acquisite fatture, in complessivi € 26.630,59 e di tale somma il predetto è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte lombarda.
I primi giudici hanno escluso l’elemento della colpa grave a carico del convenuto rilevando che il mancato rispetto di norme disciplinanti la guida degli autoveicoli non può, da solo, integrare gli estremi di una condotta gravemente riprovevole, potendo a tal fine assumere rilevanza varie circostanze, come quella, nella specie, dell’urgente assolvimento di un servizio di polizia, unitamente a quelle dell’avvenuta attivazione del segnale intermittente dei proiettori abbaglianti, della modalità di azionamento della sirena (di competenza peraltro del capopattuglia) e delle altre dichiarazioni o verbalizzazioni relative all’accaduto.
Avverso tale pronuncia ha interposto appello il Procuratore regionale per la Lombardia deducendo vari motivi.
In particolare, dopo aver delineato i profili fattuali della vicenda inferendone l’erroneità della sentenza impugnata in punto di mancata valutazione di elementi particolarmente significativi della sussistenza dell’elemento soggettivo, ha negato rilevanza all’urgenza del servizio laddove debbano prevalere regole di comune prudenza ed ha sostenuto che nella specie sarebbero state contemporaneamente violate più norme, non essendo stata moderata la velocità in prossimità di un incrocio, non essendo stati, inoltre, attivati contemporaneamente i dispositivi acustici e luminosi di emergenza ed essendosi messa a repentaglio l’incolumità pubblica degli altri utenti della strada.
Tali argomenti darebbero anche conto della erroneità delle conclusioni raggiunte in punto di insussistenza di imprudenza e imperizia, non potendosi negare, ad avviso dell’appellante, l’elevata velocità dell’autovettura in base ad elementi che avrebbero dovuto quanto meno integrare indizi e prove presuntive, fermo restando che il principio della presunzione di colpa non potrebbe ritenersi operante solo a favore del conducente dell’auto privata coinvolta nel sinistro.
Dopo essersi soffermato, infine, sulla concezione normativa della colpa ed aver sostenuto che la condotta di guida dell’agente avrebbe dovuto esser valutata in rapporto agli schemi previsti per quella astrattamente esigibile, il Procuratore appellante ha concluso per l’accoglimento dell’impugnativa e per la conseguente riforma della gravata sentenza, con ogni consequenziale pronuncia.
Il P.. si è costituito col patrocinio dell’avv. Raffaele Lessio contestando le ragioni della parte ricorrente.
In particolare, dopo aver messo l’accento sull’insufficienza dell’affermata violazione di norme sulla circolazione stradale ai fini della configurabilità della colpa grave perseguibile davanti a questa Corte e dopo aver sottolineato - in linea con l’orientamento dei primi giudici - che vi era da svolgere un servizio di massima urgenza (presenza di ordigno esplosivo) il P.. ha puntualizzato alcune circostanze dell’accaduto (attivazione del segnale luminoso, marcia su corsia preferenziale) contestando la ricostruzione dei fatti operata dalla Procura e rilevando, poi, che il richiamo scritto rivoltogli dalla Questura di Milano a seguito dei fatti controversi escludeva gli elementi del dolo e della colpa grave a suo carico nella conduzione del mezzo.
Il resistente ha quindi affermato che, in assenza di richiesta di condanna, la eventuale sentenza di riforma dovrebbe limitarsi all’an debeatur e alle sole spese di giudizio.
In via subordinata ha chiesto un ampio uso del potere riduttivo dell’addebito concludendo per il rigetto dell’appello e varie subordinate.
Con atto in data 16.3.2016 l’avv. Lessio ha dichiarato di rinunciare al mandato difensivo conferitogli dalla parte appellata e, con successivo atto del 21.3.2016, il P.. ha rilasciato nuovo mandato agli avvocati Fabrizio Seregni e Francesco Valsecchi; i quali, con memoria in pari data, si sono costituiti, con riserva di ulteriori deduzioni, richiamando e ratificando il contenuto degli scritti difensivi già depositati dal precedente legale. All’odierna pubblica udienza il PM ha sottolineato l’elevata velocità del mezzo guidato dall’agente P.S. ed ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, mentre l’avv. Valsecchi, dopo essersi riportato agli atti scritti, ha insistito motivatamente per il rigetto del proposto gravame e per la conferma della sentenza impugnata.
Quindi la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Non ha alcun pregio la deduzione relativa alla opposta carenza formale formale dell’atto d’appello, privo - secondo la parte appellata - della specifica indicazione del quantum debeatur, essendo la domanda di integrale riforma della sentenza impugnata di per sé sufficiente a far intendere, alla stregua delle formulazioni dell’originario atto di citazione, l’oggetto della richiesta di parte pubblica. Questa, infatti, col proposto gravame fondato su doglianze ritenute rilevanti ai fini della configurabilità, nella specie, di una colpa grave, ha devoluto al giudice d’appello la cognizione dello stesso rapporto sostanziale dedotto in primo grado, con la conseguenza che non v’è alcuna incertezza sull’entità della pretesa risarcitoria azionata in favore dell’Erario e cioè, come puntualizzato dalla stesso Procuratore Regionale, in favore del Ministero dell’Interno.
Nel merito l’appello è fondato.
Non può dubitarsi, infatti, che il P.., avendo attraversato l’incrocio mentre il semaforo segnalava luce rossa (fatto, questo, incontroverso), abbia operato in aperta violazione di fondamentali norme sulla circolazione stradale, all’osservanza delle quali avrebbe potuto sottrarsi (e pur sempre con opportune cautele) solo se avesse fatto uso congiunto, come ha rilevato il Procuratore ricorrente, dei dispositivi luminosi ed acustici, segnalando un’emergenza in atto. E a nulla rileva che l’azionamento dei dispositivi acustici fosse di competenza del capopattuglia, giacchè l’odierno appellato non poteva certo precorrere i suoi ordini od anticiparne gli effetti; così come nessun rilievo può riconoscersi al carattere urgente del servizio che si accingeva ad espletare, perché anche in una circostanza siffatta egli avrebbe comunque dovuto rendersi osservante delle regole di comune prudenza, poste a salvaguardia del fondamentale principio del neminem laedere, le quali gli imponevano di adeguare la condotta di guida alle particolari condizioni di prevedibile pericolosità della circolazione notturna e di fare tutto il possibile per scongiurare possibili inconvenienti, seppur dovuti a comportamenti colposi altrui. Invece egli temerariamente ritenne di poter ricevere un’affidante assicurazione dall’aver azionato ad intermittenza i proiettori abbaglianti - a ben vedere indicativi, per regola di comune conoscenza, di un’andatura tutt’altro che moderata - ponendo in essere una condotta irresponsabile, in quanto improntata a notevole avventatezza e inescusabile negligenza.
L’elevata velocità impressa al veicolo, del resto, oltre che confermata dal verbale contenente i riferimenti di alcuni testimoni presenti al fatto (S.. e M..), può agevolmente desumersi dalla dinamica e soprattutto dalle gravi conseguenze dell’incidente, dal quale sono derivati danni di notevole entità secondo l’incontestata quantificazione che ne è stata fatta in base alla documentazione acquisita agli atti.
La velocità, dunque, era in quel frangente eccessiva, siccome non consona alle particolari condizioni di luogo (incrocio con segnale semaforico a via impedita) e alle esigenze della circolazione; una velocità con la quale l’agente venne evidentemente a trovarsi nella impossibilità di governare l’auto per evitare il sinistro.
La notevole imprudenza del predetto è senza dubbio indice di colpa grave, sia che tale stato soggettivo voglia accertarsi con il criterio, peraltro di scarso seguito, della prevedibilità ex ante, sia che tale accertamento voglia compiersi aderendo alla concezione normativa della colpa, favorevolmente prospettata dall’appellante. Che infatti in tale indagine si ponga l’accento sull’elemento intellettivo o su quello volitivo del soggetto agente a seconda che voglia formularsi un giudizio sulle sue effettive capacità di previsione dell’evento ovvero sulla divergenza della sua condotta da quella astrattamente esigibile secondo le disposizioni di riferimento, è in ogni caso innegabile che il P.. operò con un elevato grado di sprovvedutezza e di riprovevolezza, essendosi mostrato particolarmente insensibile alle prudenziali valutazioni che nel caso si richiedevano, oltre che incurante di elementari norme sulla circolazione e sulla sicurezza stradale.
Erra pertanto la Corte territoriale quando esclude che al momento del fatto non ricorressero le condizioni di elevata prevedibilità (e probabilità) dell’evento dannoso, non potendosi ammettere che chi si accinge ad attraversare un incrocio col semaforo a via impedita possa non percepire immediatamente che la manovra diviene in tal caso di fortuna per il rilevante rischio di incidenti insito in essa.
È peraltro la concezione normativa della colpa, prospettata dall’appellante, quella che, in punto di accertamento dell’elemento soggettivo, ritiene il Collegio di condividere, in accordo con la giurisprudenza ormai prevalente.
Sicchè è ancor più evidente, stando alla rilevata divergenza del comportamento dell’agente dagli schemi delle astratte norme di riferimento, che quest’ultimo abbia in concreto violato disposizioni di particolare importanza che neppure il meno accorto o il meno esperto degli addetti alla guida di autoveicoli avrebbe così disinvoltamente ignorato.
A carico del predetto, dunque, si configura una colpa di considerevole gravità, a nulla rilevando in contrario il diverso apprezzamento che a fini disciplinari risulta esser stato fatto sul suo conto con la sanzione del richiamo scritto rivoltogli con nota del 16.12.2009 della Questura di Milano.
In base alle argomentazioni che precedono deve accogliersi il proposto gravame e deve di conseguenza riformarsi l’impugnata sentenza, mentre per quanto attiene alla determinazione dell’onere risarcitorio può farsi uso, in considerazione della giovane età dell’interessato al momento del fatto, del potere riduttivo dell’addebito, ponendo in definitiva a carico del predetto la minor somma di € 20.000,00 (compresa rivalutazione monetaria), oltre interessi in misura legale dal deposito della presente sentenza fino all’effettivo soddisfo.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
disattesa ogni contraria eccezione e deduzione, accoglie l’appello in epigrafe e riforma l’impugnata sentenza.
Per l’effetto condanna A. P. al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, della somma di € 20.000,00 (comprensiva di rivalutazione monetaria) oltre interessi legali, su detta somma, dalla pubblicazione al soddisfo.
Pone a carico del predetto le spese del doppio grado di giudizio che, fino all’originale della presente sentenza, si liquidano in € 420,74 (quattrocentoventi/74).
Manda alla Segreteria gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 23.3.2016.
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