ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Feed - CARABINIERI

PFISC1963

ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da PFISC1963 »

Buonasera, desideravo porre il seguente quesito sperando in una risposta chiarificatrice magari di colleghi che si trovano nella mia stessa posizione. Arruolato nel 1985 quindi nel 2012 ho maturato l'assegno di funzione per i 27 anni di servizio che non è stato pagato a seguito del decreto salva Italia ormai noto a parte qualche somma una tantum. Ora nel 2014, ad aprile, sono stato riformato per infermità dipendente da causa di servizio e il pagamento di detta indennità è stato sbloccato dal gennaio 2015. Però a quanto pare solo al personale che al 1° gennaio 2015 si trovasse in servizio. Desideravo quindi chiedere se è un discorso chiuso o se c'è la possibilità anche tramite un ricorso di poter ottenere il pagamento di un diritto comunque acquisito. Grazie a chi potrà aiutarmi nella risposta.


Avatar utente
lino
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 5866
Iscritto il: sab mar 06, 2010 11:25 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da lino »

PFISC1963 ha scritto:Buonasera, desideravo porre il seguente quesito sperando in una risposta chiarificatrice magari di colleghi che si trovano nella mia stessa posizione. Arruolato nel 1985 quindi nel 2012 ho maturato l'assegno di funzione per i 27 anni di servizio che non è stato pagato a seguito del decreto salva Italia ormai noto a parte qualche somma una tantum. Ora nel 2014, ad aprile, sono stato riformato per infermità dipendente da causa di servizio e il pagamento di detta indennità è stato sbloccato dal gennaio 2015. Però a quanto pare solo al personale che al 1° gennaio 2015 si trovasse in servizio. Desideravo quindi chiedere se è un discorso chiuso o se c'è la possibilità anche tramite un ricorso di poter ottenere il pagamento di un diritto comunque acquisito. Grazie a chi potrà aiutarmi nella risposta.

Il ricorso lo potrai fare, ma in quel periodo erano stati congelati.
Non penso ci sia molto da fare so di altri colleghi che purtroppo hanno avuto stesse problematiche tue .
Prova a chiedere al collega "panorama" se vi sono sentenze favorevoli in tal senso, ma nutro seri dubbi.
Comunque tentaci!!!!
Per Aspera ad Astra!!!!
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13199
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da panorama »

Ricorso perso.
---------------------------------

1) - rigetto della domanda volto all’ adeguamento del trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale maturato durante il blocco stipendiale.
---------------------------------------------------------------------------------------------

TOSCANA SENTENZA 131 23/05/2017
--------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA SENTENZA 131 2017 PENSIONI 23/05/2017
-------------------------------------------------------------------------------------------

Sentenza n. 131/2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 60682/PM del registro di Segreteria, proposto dal sig. Ezio V.., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Fiore Tartaglia, pec angelofiore.tartaglia@avvocato.pe.it, presso cui è elettivamente domiciliato in Roma, alla Viale delle Medaglie d’Oro n.266 contro:

a) il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore domiciliato ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n.4 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

b) il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante Generale pro tempore domiciliato ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n.4 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

c) l’INPS, in persona del Presidente pro tempore, avverso:

a) la determinazione prot. n.24/43 – 2016 in data 1 settembre 2016 del Comando generale dell’Arma dei carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo – Ufficio Trattamento Economico di Attività - di rigetto della domanda volto all’ adeguamento del trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale maturato durante il blocco stipendiale di cui al D.L. n.78/2010

b) il decreto di cui al verbale n.49/3 in data 12 novembre 2015, la nota n.29/10 del 29 novembre 2015 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ed il relativo decreto di promozione del ricorrente al grado di Brigadiere Capo nella parte in cui tale promozione è disposta ai soli fini giuridici e non anche economici;

per l’accertamento del suo diritto a percepire il trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale e rapportato al parametro 120,25 di cui alla tabella 1 annessa al decreto legislativo 30 maggio 2003 n.193, con conseguente condanna delle resistenti amministrazioni a corrispondere alla parte ricorrente la relativa differenza di trattamento pensionistico con interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto sino a quella dell’effettivo soddisfo.

Nella udienza pubblica del 9 maggio 2017, non comparso il Ministero della Difesa, sono comparsi l’avv. Pier Paolo De Vizio, su delega dell’avv. Angelo Fiore Tartaglia, per la parte ricorrente e l’avv. Massimiliano Gorgoni per l’INPS.

FATTO e DIRITTO

Con atto introduttivo del giudizio pervenuto alla segreteria di questa Sezione il 2 dicembre 2016 la parte ricorrente ha proposto impugnativa volta all’adeguamento del trattamento pensionistico.

Deduceva il brig. capo Ezio V.., arruolato il 18 aprile 1979, promosso brigadiere il 16 settembre 2014, cessato dal servizio il 17 settembre 2014 dal servizio permanente per infermità e collocato in congedo in pari data, di aver maturato al compimento del 32° anno di servizio il diritto alla corresponsione della terza parte dell’assegno funzionale pensionabile istituito dall’ art. 6 del decreto legge n.387 del 1987 e non corrisposto dall’Amministrazione in quanto maturato durante il periodo del cosiddetto “ blocco stipendiale ” di cui al D.L. 31 maggio 2010 n.78 e prorogato sino al 31 dicembre 2014 dal D.P.R. 4 settembre 2013 n.122.

A fronte della istanza in data 4 giugno 2015 e successiva diffida 13 luglio 2016 della parte ricorrente affinché, cessata l’efficacia del “ blocco stipendiale ”, fosse riliquidato il trattamento pensionistico tenendo conto della parte dell’assegno funzionale maturato ma non corrisposto, l’Amministrazione osservava in data 1 settembre 2016 che “alla formazione della base pensionabile ed ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, concorrono i soli emolumenti che siano stati oggetto di materiale percezione da parte del dipendente sino al momento della cessazione. Ne consegue che tutte le voci stipendiali che non sono entrate a far parte della retribuzione devono restare escluse in sede di liquidazione della pensione”.

La parte ricorrente censurava il provvedimento dell’ Amministrazione deducendo la violazione degli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione e la violazione ed erronea interpretazione della normativa di specie (art. 9, commi 1 e 21 del D.L. 31 maggio 2010 n.78, 6, comma 1, del D.L. 21 settembre 1987 n.387 e dell’ art. 8 del D.P.R. 16 aprile 2000 n.51) asserendo che il riconoscimento avanzato presupponeva unicamente la durata del servizio senza demeriti e che solo “il blocco stipendiale ” richiamato ne aveva impedito l’erogazione materiale, siccome era stato riconosciuto dall’ 1 gennaio 2015 ad altri soggetti ancora in servizio, visto che il loro diritto era maturato al compimento del 32° anno di servizio.

La parte ricorrente insisteva, quindi, per la corretta applicazione del parametro stipendiale spettante (120,25) in luogo di quello applicato (116,25).

Il ricorso è infondato e va rigettato con tutte le conseguenze di legge.

La base normativa della controversia oggetto del presente giudizio è costituita dall’ art. 43 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (avente ad oggetto il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) e dall’art. 53 del medesimo D.P.R. per il personale militare secondo cui “ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili, la base pensionabile, costituita dall’ultimo stipendio o dall’ ultima paga o retribuzione e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati integralmente percepiti, è aumentata del 18%”.

La giurisprudenza è attestata su posizioni univoche nell’affermare il principio secondo il quale non è sufficiente la pensionabilità di un assegno o di un’indennità per il suo inserimento nella base pensionabile, in assenza di una specifica disposizione di legge che ciò espressamente preveda: in termini Sez. II Centr. 10 gennaio 2017 n.22. Ma nella fattispecie non risulta realizzato l’altro requisito previsto dalla suddetta norma ovvero che l’ultimo stipendio, l’ultima paga, gli assegni o indennità pensionabili indicati siano stati integralmente percepiti, situazione non verificatasi nella controversia oggetto del presente giudizio, atteso che l’erogazione e la percezione dell’emolumento di cui si discute sono state bloccate ex lege.

Dovendosi, pertanto, il trattamento di quiescenza ragguagliarsi alla contribuzione versata durante il rapporto di impiego, e non essendo l’assegno in questione entrato nella base retributiva e contributiva del ricorrente, lo stesso assegno non può entrare a far parte della corrispondente base pensionabile: cfr. per una fattispecie del tutto analoga Sezione giurisdizionale Regione Piemonte 6 settembre 2016 n.247.

Va, pertanto, rigettato il ricorso perché privo di fondamento.

Spese compensate.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Regione Toscana – Giudice Unico delle Pensioni - definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal sig. Ezio V.. contro il Ministero della Difesa ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2017 con deposito contestuale del dispositivo ai sensi dell’art. 167 D.Lgs. 26 agosto 2016 n.174.

Il Giudice Unico
F.to cons. Angelo Bax


Depositata in Segreteria il 23/05/2017

Il Direttore di Segreteria
F.to Paola Altini
Avatar utente
lino
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 5866
Iscritto il: sab mar 06, 2010 11:25 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da lino »

panorama ha scritto:Ricorso perso.
---------------------------------

1) - rigetto della domanda volto all’ adeguamento del trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale maturato durante il blocco stipendiale.
---------------------------------------------------------------------------------------------

TOSCANA SENTENZA 131 23/05/2017
--------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA SENTENZA 131 2017 PENSIONI 23/05/2017
-------------------------------------------------------------------------------------------

Sentenza n. 131/2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 60682/PM del registro di Segreteria, proposto dal sig. Ezio V.., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Fiore Tartaglia, pec angelofiore.tartaglia@avvocato.pe.it, presso cui è elettivamente domiciliato in Roma, alla Viale delle Medaglie d’Oro n.266 contro:

a) il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore domiciliato ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n.4 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

b) il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in persona del Comandante Generale pro tempore domiciliato ex lege in Firenze, via degli Arazzieri n.4 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

c) l’INPS, in persona del Presidente pro tempore, avverso:

a) la determinazione prot. n.24/43 – 2016 in data 1 settembre 2016 del Comando generale dell’Arma dei carabinieri - Centro Nazionale Amministrativo – Ufficio Trattamento Economico di Attività - di rigetto della domanda volto all’ adeguamento del trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale maturato durante il blocco stipendiale di cui al D.L. n.78/2010

b) il decreto di cui al verbale n.49/3 in data 12 novembre 2015, la nota n.29/10 del 29 novembre 2015 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ed il relativo decreto di promozione del ricorrente al grado di Brigadiere Capo nella parte in cui tale promozione è disposta ai soli fini giuridici e non anche economici;

per l’accertamento del suo diritto a percepire il trattamento pensionistico con il computo del terzo assegno funzionale e rapportato al parametro 120,25 di cui alla tabella 1 annessa al decreto legislativo 30 maggio 2003 n.193, con conseguente condanna delle resistenti amministrazioni a corrispondere alla parte ricorrente la relativa differenza di trattamento pensionistico con interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto sino a quella dell’effettivo soddisfo.

Nella udienza pubblica del 9 maggio 2017, non comparso il Ministero della Difesa, sono comparsi l’avv. Pier Paolo De Vizio, su delega dell’avv. Angelo Fiore Tartaglia, per la parte ricorrente e l’avv. Massimiliano Gorgoni per l’INPS.

FATTO e DIRITTO

Con atto introduttivo del giudizio pervenuto alla segreteria di questa Sezione il 2 dicembre 2016 la parte ricorrente ha proposto impugnativa volta all’adeguamento del trattamento pensionistico.

Deduceva il brig. capo Ezio V.., arruolato il 18 aprile 1979, promosso brigadiere il 16 settembre 2014, cessato dal servizio il 17 settembre 2014 dal servizio permanente per infermità e collocato in congedo in pari data, di aver maturato al compimento del 32° anno di servizio il diritto alla corresponsione della terza parte dell’assegno funzionale pensionabile istituito dall’ art. 6 del decreto legge n.387 del 1987 e non corrisposto dall’Amministrazione in quanto maturato durante il periodo del cosiddetto “ blocco stipendiale ” di cui al D.L. 31 maggio 2010 n.78 e prorogato sino al 31 dicembre 2014 dal D.P.R. 4 settembre 2013 n.122.

A fronte della istanza in data 4 giugno 2015 e successiva diffida 13 luglio 2016 della parte ricorrente affinché, cessata l’efficacia del “ blocco stipendiale ”, fosse riliquidato il trattamento pensionistico tenendo conto della parte dell’assegno funzionale maturato ma non corrisposto, l’Amministrazione osservava in data 1 settembre 2016 che “alla formazione della base pensionabile ed ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, concorrono i soli emolumenti che siano stati oggetto di materiale percezione da parte del dipendente sino al momento della cessazione. Ne consegue che tutte le voci stipendiali che non sono entrate a far parte della retribuzione devono restare escluse in sede di liquidazione della pensione”.

La parte ricorrente censurava il provvedimento dell’ Amministrazione deducendo la violazione degli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione e la violazione ed erronea interpretazione della normativa di specie (art. 9, commi 1 e 21 del D.L. 31 maggio 2010 n.78, 6, comma 1, del D.L. 21 settembre 1987 n.387 e dell’ art. 8 del D.P.R. 16 aprile 2000 n.51) asserendo che il riconoscimento avanzato presupponeva unicamente la durata del servizio senza demeriti e che solo “il blocco stipendiale ” richiamato ne aveva impedito l’erogazione materiale, siccome era stato riconosciuto dall’ 1 gennaio 2015 ad altri soggetti ancora in servizio, visto che il loro diritto era maturato al compimento del 32° anno di servizio.

La parte ricorrente insisteva, quindi, per la corretta applicazione del parametro stipendiale spettante (120,25) in luogo di quello applicato (116,25).

Il ricorso è infondato e va rigettato con tutte le conseguenze di legge.

La base normativa della controversia oggetto del presente giudizio è costituita dall’ art. 43 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (avente ad oggetto il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato) e dall’art. 53 del medesimo D.P.R. per il personale militare secondo cui “ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili, la base pensionabile, costituita dall’ultimo stipendio o dall’ ultima paga o retribuzione e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati integralmente percepiti, è aumentata del 18%”.

La giurisprudenza è attestata su posizioni univoche nell’affermare il principio secondo il quale non è sufficiente la pensionabilità di un assegno o di un’indennità per il suo inserimento nella base pensionabile, in assenza di una specifica disposizione di legge che ciò espressamente preveda: in termini Sez. II Centr. 10 gennaio 2017 n.22. Ma nella fattispecie non risulta realizzato l’altro requisito previsto dalla suddetta norma ovvero che l’ultimo stipendio, l’ultima paga, gli assegni o indennità pensionabili indicati siano stati integralmente percepiti, situazione non verificatasi nella controversia oggetto del presente giudizio, atteso che l’erogazione e la percezione dell’emolumento di cui si discute sono state bloccate ex lege.

Dovendosi, pertanto, il trattamento di quiescenza ragguagliarsi alla contribuzione versata durante il rapporto di impiego, e non essendo l’assegno in questione entrato nella base retributiva e contributiva del ricorrente, lo stesso assegno non può entrare a far parte della corrispondente base pensionabile: cfr. per una fattispecie del tutto analoga Sezione giurisdizionale Regione Piemonte 6 settembre 2016 n.247.

Va, pertanto, rigettato il ricorso perché privo di fondamento.

Spese compensate.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Regione Toscana – Giudice Unico delle Pensioni - definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal sig. Ezio V.. contro il Ministero della Difesa ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2017 con deposito contestuale del dispositivo ai sensi dell’art. 167 D.Lgs. 26 agosto 2016 n.174.

Il Giudice Unico
F.to cons. Angelo Bax


Depositata in Segreteria il 23/05/2017

Il Direttore di Segreteria
F.to Paola Altini
Mi spiace per il collega.
PANORAMA, ti faccio i miei complimenti ,
Invecchiando migliori come il vino!!!
Per Aspera ad Astra!!!!
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

mministrazione osservava in data 1 settembre 2016 che “alla formazione della base pensionabile ed ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, concorrono i soli emolumenti che siano stati oggetto di materiale percezione da parte del dipendente sino al momento della cessazione. Ne consegue che tutte le voci stipendiali che non sono entrate a far parte della retribuzione devono restare escluse in sede di liquidazione della pensione”.

Quindi gli una tantum sarebbero dovuti rientrare nel calcolo? Mah..
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Una porcata..buona giornata
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13199
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da panorama »

Ricorso pero
---------------

Sezione LOMBARDIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 138 Pubblicazione 09/07/2018

SENT. N. 138/2018


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA LOMBARDIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Primo Referendario dott.ssa Giuseppina Veccia,
all'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio di pensione, iscritto al n. 29084 del registro di segreteria, promosso da Z. M. nato a omissis residente in omissis, omissis, rappresentato e difeso dall'avv.to Mario Bacci (pec: mariobacci@ordineavvocatiroma.org), presso il cui studio in Roma, alla Via Luigi Capuana n. 207, è elettivamente domiciliato,

contro
- MINISTERO dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.,;
- COMANDO GENERALE della Guardia di Finanza, in persona del Comandante p.t.;
- INPS - Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, Direzione Provinciale di MILANO, in persona del Direttore legale rappresentante p.t,

per
il riconoscimento del diritto, ai fini della determinazione della base contributiva e di calcolo della pensione, all'attribuzione degli emolumenti pensionabili non conferiti durante il c.d. “blocco retributivo", ai sensi dell’art. 9, comma 1 e 21, D.L. n. 78/2010, convertito in L. n. 122/2010, a far data dal 1° gennaio 2015.

VISTI il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti approvato con il R.D. 12 luglio 1934 nr. 1214 ed il Codice della giustizia contabile di cui al Decreto Legislativo nr. 174 del 2016, in particolare, gli articoli 151 e seguenti,

VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa,

Premesso in
FATTO

Il ricorrente, ex appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, è stato collocato in congedo assoluto nell'arco temporale intercorrente tra il omissis e omissis, periodo in cui ha trovato applicazione il c.d. "blocco retributivo" di cui all’art. 9, comma 21 del D.L. n. 78/2010 e lamentano, pertanto, quali attuali titolari dei rispettivi trattamenti previdenziali, la mancata riliquidazione della pensione con il calcolo dei benefici economici maturati ed acquisiti prima del collocamento in quiescenza e "sospesi" nel periodo previsto dal citato art. 9, comma 21.

Tale omissione avrebbe determinato, innanzitutto, una disparità di trattamento rispetto al personale in servizio alla data del omissis, al quale, riferisce parte ricorrente, sono stati corrisposti i benefici economici maturati durante il c.d. "blocco", comportando, invece, per i ricorrenti, un’ irrazionale e definitiva decurtazione del rispettivo trattamento pensionistico.

Evocate pronunce della Corte Costituzionale - chiamata ad esprimersi sulla legittimità costituzionale della c.d. “cristallizzazione “ degli incrementi economici, rispetto alla quale la Corte ha ritenuto giustificato e legittimo l’intervento normativo a causa della notoria esigenza di contenimento della spesa pubblica solo ove tale sacrificio abbia carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario ed utile allo scopo prefisso - parte ricorrente afferma il suo diritto a vedersi riliquidare il trattamento pensionistico in ragione dei benefici economici maturati nel periodo di “sospensione” evidenziando come, diversamente operando, l’Amministrazione farebbe discendere dal “blocco delle retribuzioni” un effetto permanente in loro pregiudizio, ove, invece, il legislatore aveva previsto solo una “sospensione” e non una “eliminazione” di tali benefici .

Qualora, pertanto, non si ritenesse di addivenire in via immediata ad una siffatta interpretazione, l’istante chiede che, previa dichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 21, per violazione di principi costituzionalmente garantiti, nella specie gli artt. 1, 3, 4, 36, 38, 53 e 97 Cost., sia comunque riconosciuto il diritto alla rideterminazione del proprio trattamento pensionistico, nei termini sopra precisati.

Con memoria del 20 aprile 2018, si è costituita la Guardia di Finanza opponendo la correttezza del proprio operato. In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che il c.d. “blocco stipendiale” ha inevitabilmente prodotto effetti sul trattamento di quiescenza di coloro che, cessati dal servizio durante la sua vigenza, non hanno percepito gli emolumenti stipendiali colpiti dal blocco, i quali conseguentemente non sono entrati a far parte della base pensionabile. Con ordinanza n. 32/2018 è stato disposto il rinnovo della notifica del ricorso all’INPS all’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Registro presso il Ministero della Giustizia di cui all’art.12, comma 12, del D.L. n.179/2017 o, in mancanza, mediante deposito presso la Segreteria di questa Sezione, ai sensi dell’art.12, comma 6, D.L. n.179/2017 cit, fissando la nuova udienza alla data del 3 luglio 2018, ore 12.00.

Con memoria depositata via p.e.c. in data 25 giugno 2018 si è costituito l’INPS cui il ricorso e gli atti di causa sono stati notificati da parte ricorrente secondo quanto disposto nella richiamata ordinanza n. 32/2018.

L’istituto previdenziale - eccepiti, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione di questa Corte in favore del giudice del rapporto di lavoro nonché la carenza di legittimazione passiva dell’I.N.P.S., ha argomentato circa la manifesta infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato in fatto ed in diritto, con vittoria di spese e onorari di causa.

All’odierna pubblica udienza, nessuno presente per il ricorrente, il capitano Giovanni Vannucci per la Guardia di finanza e l’avv. Giulio Peco per l’INPS, si sono riportati alle memorie depositate in atti insistendo per le rispettive conclusioni.

La causa è passata in decisione, con conseguente lettura del dispositivo e fissazione del termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Considerato in
DIRITTO

Il presente giudizio si fonda sulla corretta applicazione della disposizione che ha previsto il c.d. “blocco retributivo”, l’art.9, comma 21, del d.l. 78/2010 in forza del quale: “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all’art. 3 del d.lgs 165/2001 cosi' come previsti dall’art., 24 della l. 448/98, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorchè a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all’art. 3 del d.lgs 165/2001 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale dell’art. 3 del d.lgs 165/2001 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”

In via pregiudiziale devono essere respinte le eccezioni formulate da INPS.

Come noto la giurisdizione va determinata, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., sulla base dell'oggetto della domanda secondo il criterio del petitum sostanziale e non v’è dubbio che , nel caso di specie il sig. Z. chieda il riconoscimento di benefici economici a valere sui rispettivi trattamenti pensionistici, benchè l’omesso computo tragga origine dalla mancata erogazione, non oggetto di contestazione, dei medesimi benefici in costanza di servizio.

La domanda, così come formulata, riguarda dunque la misura della pensione di cui il ricorrente è titolare e rientra, pertanto, nella “materia di pensioni in tutto o in parte a carico dello Stato” (oggi la Gestione dipendenti pubblici - ex INPDAP in seno all’INPS), che, ai sensi degli artt. 13, comma 9 e 62 comma 1 del R.D. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti) consente di radicare la giurisdizione di questa Corte.

Sul punto, peraltro, appare opportuno richiamare l’ordinanza n. 18573 in data 22 settembre 2016 della Cassazione Civile, la quale, pronunciando a Sezioni Unite su regolamento di giurisdizione proposto d’ufficio da altra Sez. giurisdizionale di questa Corte, ha dichiarato la giurisdizione del giudice contabile in ordine alla domanda di un dipendente avente ad oggetto una maggiorazione contributiva, così argomentando: “L’oggetto della domanda, pertanto, riguarda un beneficio rilevante al fine della quantificazione dell’anzianità contributiva utile per la determinazione dell’an e del quantum del trattamento pensionistico. Di conseguenza, trattandosi di pensione spettante a un dipendente pubblico, tale domanda è devoluta alla giurisdizione della Corte dei Conti, la quale ha giurisdizione esclusiva sui provvedimenti inerenti al diritto, alla misura ed alla decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonché degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante (in termini v. Cass. Sez. Un. 19-12-2014 n. 26935 e Cass. Sez. Un. 20-10-2010 n. 21490; Cass. Sez. I n. 11-9-2009 n. 19614)”.

In tal senso, peraltro, è la consolidata giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite della Cassazione Civile, che con la recente sentenza 9 giugno 2016 n. 11849 hanno ribadito che “la Corte dei conti giudica sui ‘ricorsi in materia di pensione, a carico totale o parziale dello Stato (R.D. n. 1214 del 1934, art. 13)’”, e che “in questo ambito la sua giurisdizione è esclusiva e ricomprende tutte le controversie funzionali alla pensione…”. Con riguardo, poi, al difetto di legittimazione passiva sollevato dall’Istituto previdenziale, anche tale eccezione risulta infondata, atteso che detto Istituto, benché mero ordinatore secondario di spesa, è, tuttavia, tenuto alla diretta erogazione del trattamento pensionistico dei ricorrenti, la corretta determinazione del quale non può non avere effetti diretti nella sua sfera patrimoniale, come, peraltro, dimostrato dall’azione di rivalsa sovente promossa dal medesimo Istituto nei confronti dell’Amministrazione ordinatrice primaria di spesa, nei giudizi pensionistici aventi ad oggetto il recupero di somme indebitamente erogate dall’istituto e dichiarate non più ripetibili.

Nel merito, il diverso tenore letterale della disposizione nelle due distinte ipotesi disciplinate al secondo ed al terzo periodo del riprodotto comma 21 consente di giungere a soluzioni differenziate anche con riguardo alla determinazione del trattamento pensionistico di dipendenti che, collocati in congedo nell’arco temporale del c.d. “blocco retributivo”, siano stati in detto periodo, privati del riconoscimento di benefici di mera natura economica, quali maturazione di classi e scatti stipendiali, (secondo periodo) ovvero per i quali le progressioni di carriera maturate abbiano avuto effetti meramente giuridici (terzo periodo) .

Mentre, infatti, in tale ultimo caso il citato comma 21 dell’art. 9 D.L. n. 78/2010 “sterilizza” gli effetti economici delle progressioni di carriera (così sent. Corte cost. n. 154/2014) che, comunque, producono effetti a fini esclusivamente giuridici e, una volta cessata la sospensione, riprendono a produrre altresì effetti economici che non possono non essere computati anche a fini pensionistici, diversa previsione riguarda i meccanismi di progressione automatica degli stipendi, vale a dire incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozione, rispetto ai quali il medesimo comma 21 prevede che “gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti”.

La differente disciplina, contenuta in due distinte previsioni comporta altresì che differenti siano gli effetti nella determinazione del trattamento pensionistico.

Poiché, infatti, gli anni 2011-2014 sono stati dal legislatore esclusi dal computo degli anni “utili” alla maturazione dei benefici economici, ne deriva che per coloro i quali, come i ricorrenti, abbiano subito gli effetti del blocco retributivo, in realtà non si sono mai realizzati i presupposti (raggiungimento di un certo numero di anni di servizio) necessari per il godimento di tali benefici economici che, dunque, a nessun titolo potrebbero poi trovare ingresso nel trattamento pensionistico.

Nel caso di specie, il sig. Z., posto in quiescenza in data omissis con il grado di Omissis, ha visto esclusi dall’ultima busta paga sia la misura economica dell'assegno funzionale commisurato all'anzianità di servizio pari ad anni 32 sia il parametro correlato alla permanenza nel grado (+ 8) di Omissis.

Trattasi, dunque di incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozione la cui mancata erogazione e - unico profilo qui di interesse - il cui mancato computo nel trattamento pensionistico non appare contrario al dettato costituzionale.

I profili di illegittimità costituzionale fatti valere da parte ricorrente hanno, infatti, già formato oggetto di esame da parte della Corte costituzionale che, in diverse pronunce, ha escluso per la norma in esame, sia pure sotto il profilo della minore retribuzione ma con principi estensibili ad ipotesi del minore trattamento pensionistico, le censure di disparità di trattamento rispetto ad altri dipendenti che avevano già raggiunto il grado superiore o maturato l’anzianità prima del 2011.

In particolare, il Giudice delle leggi ha affermato che non esiste un principio di omogeneità di retribuzione a parità di anzianità ed anzi “è ammessa una disomogeneità delle retribuzioni anche a parità di qualifica e di anzianità”, naturalmente in situazioni determinate e che “in una tale prospettiva non può considerarsi irragionevole un esercizio della discrezionalità legislativa che privilegi esigenze fondamentali di politica economica , a fronte di altri valori pur costituzionalmente rilevanti.” (OMISSIS OMISSIS del 2014.

Né una ingiustificata disparità di trattamento sarebbe ravvisabile rispetto a coloro che, ancora in servizio dopo il omissis, una volta cessato il c.d. “blocco retributivo” abbiano visto nuovamente decorrere, ai fini degli emolumenti in esame, l’anzianità di servizio. Essi, infatti, hanno regolarmente ricevuto, a partire dall’ omissis - dopo aver maturato, esclusi gli anni in questione, la prevista anzianità - i benefici oggi in esame, sebbene correttamente non abbiano recuperato alcunché degli emolumenti non percepiti a causa della cristallizzazione retributiva.

Del pari è stata ritenuta infondata la questione di costituzionalità per violazione degli artt.2, 3 e 53 Cost., in relazione alla presunta natura tributaria della misura in esame (per ultima, cfr. omissis)

Se, dunque, per quanto appena esposto, è da escludersi, per espressa pronuncia della Corte costituzionale, ogni censura di illegittimità del pregiudizio recato al quantum retributivo di talune fasce di dipendenti, alcuna illegittima violazione di diritti può rinvenirsi nel pregiudizio che, di riflesso viene a prodursi sul trattamento pensionistico, atteso che, ai sensi dell’art.53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (recante il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, occorre far riferimento alla base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili nella medesima norma indicati, integralmente percepiti.

Tale previsione, peraltro, è espressamente richiamata nell’art. 1866 “Base contributiva e pensionabile” di cui al Codice dell’Ordinamento militare, D.lgs. n.66/2010 che, al primo comma, prevede che “1. La pensione, nel sistema di calcolo retributivo, viene determinata sulla base dello stipendio, dell'indennità integrativa speciale e degli emolumenti retributivi espressamente definiti pensionabili dalla legge, ai sensi dell'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.”.

Pertanto, gli emolumenti in questione, non essendo mai entrati nella base retributiva e contributiva dei ricorrenti che non ne hanno maturato i presupposti in quanto “gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti”., non possono evidentemente entrare a far parte delle corrispondenti basi pensionabili.

Nella sentenza n. omissis, avente ad oggetto proprio il sindacato di costituzionalità dell’art. 9 comma 21 d.l. 78/2010, infatti, la stessa Corte Costituzionale, richiamando un suo consolidato orientamento nella materia, ha ravvisato nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nell’esigenza di contenimento della spesa pubblica, le condizioni per escludere l’irragionevolezza delle misure in questione.

La Corte, in detta materia, ha negato che sia ravvisabile una lesione dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, posto che “il legislatore può anche emanare disposizioni che modifichino in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, sempre che tali disposizioni “non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (omissis e omissis).

Per mera completezza, non attenendo tale questione al caso di specie, si evidenzia la differente valutazione delle progressioni di carriera comunque ottenute dai dipendenti, sebbene a soli fini giuridici, nel suddetto arco temporale le quali, a decorrere dal omissis, riprendono a dispiegare i loro effetti anche economici, con ricadute sia retributive che pensionistiche, secondo il disposto del terzo periodo del citato art.9, comma 21 del D.L. n.78/2010, ove si prevede per le progressioni di carriera disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 che abbiano effetto, per i predetti anni, “solo ai fini giuridici”.

Infatti, con la locuzione “per i predetti anni” il legislatore ha reso manifesta la volontà di sospendere gli effetti economici della progressione di carriera solo durante il triennio (diventato poi quadriennio a cagione della L.190/2014 che ha prorogato le misure restrittive per tutto l’anno 2014) facendoli nuovamente decorrere una volta cessato il blocco.

Continuare a non riconoscere gli effetti economici di una progressione di carriera comunque giuridicamente riconosciuta nel suddetto periodo, significherebbe determinare un effetto definitivo penalizzante in capo a taluni soggetti che comunque si sono visti attribuire la nuova qualifica, in violazione dei principi costituzionali e delle condizioni di ragionevolezza evidenziati dalla stessa Corte Costituzionale.

Per quanto sin qui esposto, dunque, dovendo farsi applicazione, nella presente fattispecie, della previsione di cui all’art.9, comma 21, secondo periodo, del D.L. n.78/2010, convertito in L. 122/2010 non può trovare accoglimento la pretesa rideterminazione dei trattamenti pensionistici dei ricorrenti a comprendere benefici economici mai entrati nelle rispettive basi pensionabili. Pertanto, il presente ricorso deve essere respinto.

Stante la particolarità della fattispecie trattata, sussistono i presupposti di legge per compensare le spese di lite.

P. Q. M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Lombardia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra deduzione, eccezione e domanda,

RESPINGE

Il ricorso presentato da Z. M. ed iscritto al n. 29084 del registro di Segreteria.

Compensa le spese fra le parti del giudizio.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.

Così deciso in Milano nella pubblica udienza del giorno 3 luglio 2018.


IL GIUDICE
Giuseppina Veccia


DEPOSITO IN SEGRETERIA IL 9/07/2018
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13199
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da panorama »

Anche con l'appello il collega CC. perde

Il collega ha fatto Appello averso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana n. 131/2017 del 23.5.2017 che ho già postato sopra.

N.B.: si farà forse Appello alla Terza Sezione?
--------------------------------------------------------

Sezione SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 409 Pubblicazione 03/07/2018


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai seguenti magistrati:
Luciano Calamaro Presidente
Piero Carlo Floreani Consigliere
Vincenzo Palomba Consigliere
Luisa de Petris Consigliere rel.
Maria Cristina Razzano 1^ Referendario
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sull’appello iscritto al n. 53010 del registro generale, proposto da E. V., rappresentato e difeso dall’ Avv. Angelo Fiore Tartaglia presso il cui studio in Roma, via Medaglie D’Oro n. 266, è elettivamente domiciliato, contro
INPS in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Caliulo, Clementina Pulli, Emanuela Capannolo, Manuela Massa e Nicola Valente dell’Avvocatura centrale Inps,
nonché
Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t., costituito con memoria a firma di proprio dirigente, dott. Alfredo Venditti.

avverso

la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana n. 131/2017 del 23.5.2017.

Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 5 aprile 2018 il relatore, consigliere Luisa de Petris, l’Avv. Roberto Delfino su delega per l’appellante nonché l’Avv. Clementina Pulli per l’INPS, e la dott. Marina Propersi per l’Amministrazione appellata.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 131/17 del 23.5.2017, la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana ha respinto il ricorso proposto da E. V., ex sottufficiale dei Carabinieri, promosso al grado di “brigadiere capo” il 16.9.2014 e cessato dal servizio il 17.9.2014, volto ad ottenere la riliquidazione della pensione con il computo del terzo assegno funzionale maturato durante il cd. blocco stipendiale di cui al DL 78/2010 e succ. mod., nonché con il riconoscimento a fini economici del maggior grado conseguito il giorno prima della cessazione.

La domanda è stata rigettata ai sensi e per gli effetti dell’art. 53 DPR 1092/73, atteso che l’assegno funzionale deve ritenersi escluso dal computo nella base pensionabile per non essere stato “integralmente percepito” in quanto soggetto ex lege al citato “blocco stipendiale”.

Avverso la sentenza (a quanto consta non notificata) il pensionato ha interposto appello (notificato il 20.11.2017 e depositato il 14.12.2017) per i motivi che di seguito brevemente si riassumono:
1. omessa motivazione sull’eccepita “disparità di trattamento” tra coloro che sono cessati dal servizio durante il blocco senza percepire l’assegno funzionale e coloro che sono cessati al termine del blocco (1.1.2015).

2. l’assegno funzionale non rientrerebbe nel blocco stipendiale di cui all’art. 9, comma 1 DL 78/2010 (prorogato per tutto il 2014 dal DPR 122/2013), né nella previsione di cui al comma 21, non essendo un “meccanismo di adeguamento retributivo” né una “progressione in carriera”, atteso che matura per la sola anzianità di servizio (al 32^ anno).

3. omessa pronuncia sul capo di domanda relativo al riconoscimento (anche) ai fini economici della promozione al grado di “brigadiere capo” con conseguente applicazione in pensione del parametro stipendiale di 120.25 in luogo di quello di 116,25.

Si è costituito l’appellato INPS contestando l’interpretazione del dato normativo fornita dall’appellante, essendo viceversa conforme a legge la motivazione dell’impugnata sentenza. Ha quindi concluso chiedendo il rigetto del gravame per infondatezza.

Si è costituito altresì l’appellato Ministero della Difesa ribadendo la inclusività nel blocco stipendiale, inizialmente previsto per il triennio 2011-2013 e poi prorogato per tutto il 2014, sia dell’assegno funzionale, sia delle “progressioni in carriera” maturate nel predetto arco temporale che, per effetto del comma 21, producono effetto “ai fini esclusivamente giuridici”. Ha quindi eccepito che il grado superiore di “brigadiere capo” è stato correttamente valutato solo ai fini giuridici. Ha escluso la ricorrenza dell’eccepita violazione dell’art. 3 Cost., richiamando sentenze della Corte Costituzionale in materia, concludendo per il rigetto dell’appello.

All’odierna udienza le parti presenti hanno ribadito le conclusioni di cui ai rispettivi atti, come da verbale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Alla delibazione dei motivi d’appello si procede secondo il seguente ordine logico giuridico.

1. L’art. 9 (Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico) del decreto legge n. 78/2010 del 31 maggio 2010 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce al comma 1:

“Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14”.

Il successivo comma 21 prevede che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

Con il successivo DL 98/2011, convertito dalla legge 111/2011, nonché con il DPR 122/2013, le suddette misure di contenimento della spesa pubblica sono state prorogate a tutto il 31.12.2014.

Sostiene l’appellante che “l’assegno funzionale” non rientrerebbe tra gli emolumenti stipendiali contemplati dal citato comma 21 come soggetti al blocco, non trattandosi di “un meccanismo di adeguamento retributivo”, né di una “progressione di carriera”, istituti questi che, per espressa previsione, produrrebbero effetti “esclusivamente giuridici” nell’arco temporale considerato.

Ritiene il Collegio che i commi 1 e 21 del citato art. 9 debbano essere letti ed interpretati in chiave sistematica, avuto riguardo alla ratio complessiva della norma quale esplicitata più volte dalla Corte Costituzionale, come di seguito si dirà (v. sentt. C. Cost. 304 e 310/2013, 154/2014). Ed invero, il legislatore ha inteso conseguire un risparmio della spesa in materia di pubblico impiego, congelando “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio” da erogarsi nel triennio 2011-2013 (poi esteso a tutto il 2014), nell’importo pari a quello “ordinariamente spettante per il 2010”, importo che non avrebbe potuto “in ogni caso” essere superato (v. art. 9 comma 1). La “cristallizzazione” così operata al 2010, è stata evidentemente concepita come omnicomprensiva, investendo il trattamento economico dei dipendenti pubblici complessivamente considerato, vale a dire nelle sue componenti principali ed accessorie. Per conseguire un effetto incidente sull’importo finale complessivo, il congelamento non può che operare anche sulle singole voci essendo inevitabile che l’aumento anche di una sola componente retributiva sia destinato a riverberarsi sulla sommatoria totale. Non è pertanto condivisibile il contrario assunto dell’appellante secondo cui la normativa in esame avrebbe consentito di agire solo “sull’importo complessivo del trattamento economico” e non anche “sulle singole componenti dello stesso”. Limitare gli effetti del blocco all’importo complessivo come se questo fosse un’entità autonomamente determinabile e non già la risultante della sommatoria delle singole voci economiche, si traduce, invero, nella sostanziale elusione della ratio legis, quale innanzi indicata.

Nello specifico, quindi, il terzo assegno funzionale maturato dall’interessato durante l’arco temporale di vigenza del blocco, deve ritenersi inciso dalla norma predetta, al pari di ogni altra componente del “trattamento economico complessivo”, salvo che non rientri tra quelli espressamente esclusi. In tal senso, il predetto comma 1 eccettua dall’importo cristallizzato al 2010, “gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate”, individuando in tal modo le voci retributive esenti che, quindi, possono essere corrisposte in aggiunta al trattamento economico complessivo liquidato nel 2010.

Ebbene, l’assegno funzionale per cui è causa non rientra all’evidenza in alcuna di dette ipotesi, atteso che prescinde del tutto anche dal tipo di “funzione” svolta, essendo dovuto in ragione della mera anzianità di servizio purché maturata senza demerito, né rientra nella previsione di cui al 3^ e 4^ periodo del successivo comma 21 (su riprodotta), non integrando l’assegno in questione una ipotesi di “progressione di carriera” atteso che non presuppone, né determina, un avanzamento nel grado (come del resto ammette lo stesso appellante). Conseguentemente, non produce nemmeno effetti meramente giuridici durante il blocco, a differenza delle citate “progressioni di carriera”. È ben vero, infine, che non si possa configurare nemmeno quale un “meccanismo di adeguamento retributivo”, intendendosi con tale locuzione espressiva, lo strumento idoneo a garantire la salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni del comparto pubblico mediante adeguamento annuale in ragione degli incrementi medi calcolati dall’ISTAT ai sensi dell’art. 24 della legge 448/98 (e succ. mod. e integr.), ma ciò non significa che sia, per ciò solo, escluso al blocco come pretenderebbe l’appellante. Si è già detto e si ribadisce che, al pari delle altre componenti retributive (compreso quelle accessorie), l’assegno funzionale quale voce del trattamento economico complessivo, maturato durante il blocco, rimane soggetto al citato divieto di corresponsione (art. 9 comma 1) nel periodo considerato, con le conseguenze che ne derivano a fini pensionistici ai sensi dell’art. 53 DPR 1092/73, quali delineate nell’impugnata sentenza e non contestate dall’appellante. Il primo giudice ha infatti rilevato che l’assegno in questione non essendo mai “entrato nella base retributiva e contributiva del ricorrente … non può entrare a far parte della corrispondente base pensionabile”. Tale conclusione non può che condividersi perché conforme ai principi generali ed immune da vizi logico-giuridici.

2. Benché l’impugnata sentenza abbia effettivamente omesso ogni pronuncia sul capo di domanda relativo al mancato computo del maggior parametro stipendiale (120,25) previsto per il grado di “Brigadiere Capo”, conseguito dall’interessato il giorno prima della cessazione dal servizio, non v’è dubbio -alla luce di quanto innanzi detto- che la promozione al grado superiore rientri, inequivocabilmente tra “le progressioni di carriera” che ai sensi del citato comma 21 “hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”. Ciò stante, il suddetto avanzamento di grado, riconosciuto a detti fini, non può produrre alcun effetto economico sicché il relativo parametro stipendiale non spetta perché espressamente vietato dalla citata disposizione normativa.

3. Residua la disamina (non affrontata dal primo giudice) dell’eccepita “disparità di trattamento” asseritamente indotta dall’anzidetta normativa rispetto a coloro che sono cessati dal servizio dopo la scadenza del blocco, ritenuta dall’appellante “rilevante ai sensi degli artt. 3, 36 e 97 Cost.”. Occorre all’uopo ricordare che la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte sulla legittimità dell’art. 9, comma 21, del DL 78/2010, affermando che “… la misura adottata è giustificata dall’esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalità di temporanea “cristallizzazione” del trattamento economico dei dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, realizzata con modalità per certi versi simili a quelle già giudicate da questa Corte non irrazionali ed arbitrarie (sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche in considerazione della limitazione temporale del sacrificio imposto ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999)”, e dichiarando quindi, infondate le denunciate violazioni dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 36, 97 (v. sentt. C. Cost. 304-310/2013). In particolare, con l’ultima pronuncia in materia (sent. C. Cost. 154/2014), in relazione alla più volte denunciata disparità di trattamento rispetto ai colleghi esenti dal blocco, la Corte ha affermato che “non esiste un principio di omogeneità di retribuzione a parità di anzianità, ed anzi «è ammessa una disomogeneità delle retribuzioni anche a parità di qualifica e di anzianità», naturalmente in situazioni determinate (sentenza n. 304 del 2013). E in una tale prospettiva non può considerarsi irragionevole un esercizio della discrezionalità legislativa che privilegi esigenze fondamentali di politica economica, a fronte di altri valori pur costituzionalmente rilevanti (da ultimo, sentenze n. 310 e n. 304 del 2013); anche con riferimento all’art. 36 Cost., ha ribadito che “questa Corte è ferma nel sostenere che il giudizio sulla conformità a tale parametro costituzionale non può essere svolto per singoli istituti, né giorno per giorno, ma occorre valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza (sentenze n. 310 e n. 304 del 2013, n. 366 e n. 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164 del 1994)”; infine, anche la questione di costituzionalità della predetta disposizione per violazione dell’art. 97 Cost., è stata reputata infondata in quanto «il principio di buon andamento dell’amministrazione non può essere richiamato per conseguire miglioramenti retributivi (ordinanza n. 205 del 1998; sentenza n. 273 del 1997, ordinanza n. 263 del 2002)».

Conclusivamente, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello deve essere rigettato con conseguente conferma dell’impugnata sentenza nei termini innanzi esposti. Le spese del grado come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’appellante ex art. 31 CGC.

P.Q.M.

la Corte dei conti, 2^ Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, così provvede:

- rigetta l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata ai sensi di cui in motivazione;

- condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado nella misura di € 700,00 nei confronti dell’INPS e di € 700,00 nei confronti del Ministero della Difesa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 aprile 2018.

L’Estensore Il Presidente
Luisa de Petris Luciano Calamaro
f.to Luisa de Petris f.to Luciano Calamaro


Depositata in Segreteria il -3 LUG 2018


IL DIRIGENTE
(dott. ssa Sabina Rago)
f.to Sabina Rago

DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private.
IL PRESIDENTE
(Luciano Calamaro)
f.to Luciano Calamaro
Depositata in Segreteria il -3 LUG 2018
IL DIRIGENTE
(dott. ssa Sabina Rago)
f.to Sabina Rago
In esecuzione del provvedimento collegiale ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, -3 LUG 2018
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
f.to Sabina Rago
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Grande Panorama tu che sei una persona preparata e qualificata, perché l'una tantum percepito negli anni del blocco non sono stati calcolati, se non ricordo male era presente la voce del rinnovo contrattuale.

Elenco (non esaustivo) delle voci di retribuzione che rientrano nell’imponibile TFR:

Paga base, contingenza, terzo elemento contrattuale, scatti di anzianità, superminimo individuale;
Tredicesima mensilità e quattordicesima mensilità;
Lavoro straordinario non occasionale;
Maggiorazione per lavoro notturno (in caso lavoro su turni);
indennità di mensa, di funzione, di mansione, di alloggio, di cassa o maneggio denaro, indennità di trasporto, attrezzi, indennità di servizio estero, indennità per lavori disagiati;
premi di fedeltà, premio annuo, premio di anzianità, premio finale, l’una tantum;
festività infrasettimanali retribuite, festività cadenti di domenica, ex festività 4 novembre spostata alla domenica;


///////////////////////

Voci della retribuzione escluse dal calcolo del TFR
La Suprema Corte di Cassazione in una sentenza del 2004 ha stabilito che: “Il concetto di retribuzione recepito dall’art. 2120 del codice civile, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR) è ispirato al criterio dell’omnicomprensività, nel senso che in detto calcolo vanno compresi tutti gli elementi che trovano la loro causa tipica e normale nel rapporto di lavoro cui sono istituzionalmente connessi, anche se strettamente correlati alla effettiva prestazione lavorativa, mentre ne vanno escluse solo quelle somme rispetto alle quali il rapporto stesso costituisce una mera occasione contingente per la loro fruizione, quand’anche essa trova la sua radice in un rapporto obbligatorio diverso ancorché collaterale e collegato al rapporto di lavoro”

Sulla base di quanto disposto dalla legge e dalla Cassazione riguardo le voci da escludere dal computo del TFR si evince che si tratta di quelle voci della busta paga che sono collegate a ragioni del tutto imprevedibili, accidentali e fortuite rispetto al normale svolgimento dell’attività lavorativa, cioè che non si tratta di emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione aziendale. Si tratta dei seguenti elementi della retribuzione (elenco non esaustivo):

il lavoro straordinario occasionale e non continuativo;
indennità di trasferta;
indennità di viaggio stabilita in ragione chilometrica secondo tariffe Aci;
il rimborso spese, ivi compreso quello a piè di lista;
indennità sostitutiva delle ferie quando ha carattere risarcitorio per inadempienze del datore di lavoro;
le indennità una tantum di carattere occasionale e non previste dal contratto collettivo, né da eventuali rinnovi contrattuali.
Ultima modifica di Sempreme064 il lun ott 08, 2018 4:56 pm, modificato 2 volte in totale.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13199
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da panorama »

Anche questo appello è stato perso, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale Piemonte n. 195/2016 del 7.6.2016

1) - Nello specifico, quindi, il secondo assegno funzionale maturato dall’interessato (il 2.2.2011) durante l’arco temporale di vigenza del blocco, deve ritenersi inciso dalla norma predetta, al pari di ogni altra componente del “trattamento economico complessivo”, salvo che non rientri tra quelli espressamente esclusi.
-----------------------------------------------

Sezione SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 269 Pubblicazione 23/04/2018


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai seguenti magistrati:
Luciano Calamaro Presidente
Piero Carlo Floreani Consigliere
Domenico Guzzi Consigliere
Luisa de Petris Consigliere rel.
Maria Cristina Razzano 1^ Referendario
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 51485 del registro generale, proposto da B. P., rappresentato e difeso dall’Avv. Angelo Tartaglia presso il cui studio in Roma, via Medaglie d’oro n.266, è elettivamente domiciliato,
contro
MINISTERO DELLA DIFESA in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dal direttore generale (dott.ssa Maura Paolotti) della D.G. Previdenza Militare e Leva, 1^ Reparto, 3^ divisione,
nonché
INPS in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Luigi Caliulo, Clementina Pulli, Emanuela Capannolo, Manuela Massa e Nicola Valente dell’Avvocatura Centrale INPS,
e
Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in persona del Comandante p.t., non costituito.

avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale Piemonte n. 195/2016 del 7.6.2016.

Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del 22 febbraio 2018 il relatore, consigliere Luisa de Petris, l’Avv. Angelo Tartaglia per l’appellante, la dottoressa Maria Luisa Guttuso su delega per l’Amministrazione appellata, nonché l’avv. Emanuela Capannolo per l’INPS.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 195/2016 del 7.6.2016, la Sezione giurisdizionale regionale per il Piemonte ha respinto il ricorso proposto da B. P., ex Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, in congedo assoluto per infermità dal 15.10.2014, avverso la determina del Comando Generale dell’Arma C.C. n. 19823 del 29.6.2015, negativa dell’invocato adeguamento della pensione con il computo del secondo assegno funzionale maturato durante il cd. “blocco stipendiale” di cui all’art. 9, commi 1-21, del DL 78/2010 (convertito con modifiche dalla legge 122/2010), e non corrisposto.

La domanda è stata rigettata ai sensi e per gli effetti dell’art. 53 DPR 1092/73, atteso che l’assegno in questione non essendo stato “integralmente percepito” perché soggetto ex lege al “blocco”, deve ritenersi escluso dal computo nella corrispondente base pensionabile.

Avverso la sentenza (a quanto consta, non notificata), il pensionato ha interposto appello (notificato il 26.10.2016 e depositato il 22.11.2016) lamentando l’omessa e carente motivazione da parte del primo giudice sulla dedotta “disparità di trattamento” rispetto ai colleghi cessati dal servizio dopo il blocco. Ha, altresì, contestato che l’assegno funzionale spettante al compimento del 27^ anno di servizio ai sensi dell’art. 8 del DPR 51/2009, rientrasse nella previsione normativa di cui al citato DL 78/2010, non essendo tale emolumento un “meccanismo di adeguamento retributivo”, nè tantomeno una “progressione di carriera”, trattandosi viceversa di un mero riconoscimento economico per il servizio prestato “senza demerito”. Ha concluso quindi per l’accoglimento dell’appello.

Con memoria depositata il 25.1.2018, si è costituito il Ministero della Difesa contestando la fondatezza del gravame e chiedendone il rigetto. Ha invocato le sentenze della Consulta n. 154/14 e 310/13 che hanno respinto le censure di incostituzionalità delle misure contenute nel DL n. 78/10. Ha quindi concluso per il rigetto del gravame, eccependo in subordine la prescrizione quinquennale dei ratei pregressi.

Con memoria depositata il 19.1.2018, si è costituito l’INPS contestando l’interpretazione del dato normativo fornita dall’appellante, essendo viceversa conforme a legge la motivazione dell’impugnata sentenza. Ha escluso la ricorrenza dell’eccepita violazione dell’art. 3 Cost., richiamando sentenze della Corte Costituzionale in materia. Ha quindi concluso chiedendo il rigetto del gravame.

Benché ritualmente notificato dell’appello, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri non si è costituito in giudizio.

All’odierna udienza le parti presenti hanno ribadito le conclusioni di cui ai rispettivi atti, come da verbale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. L’art. 9 (Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico) del decreto legge n. 78/2010 del 31 maggio 2010 (“Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, stabilisce al comma 1:

“Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14”.

Il successivo comma 21 prevede che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

Con il successivo DL 98/2011, convertito dalla legge 111/2011, nonché con il DPR 122/2013, le suddette misure di contenimento della spesa pubblica sono state prorogate a tutto il 31.12.2014.

Sostiene l’appellante che “l’assegno funzionale” non rientrerebbe tra gli emolumenti stipendiali contemplati dal citato comma 21 come soggetti al blocco, non trattandosi di “un meccanismo di adeguamento retributivo”, né di una “progressione di carriera”, istituti questi che, per espressa previsione, produrrebbero effetti “esclusivamente giuridici” nell’arco temporale considerato.

Rileva preliminarmente il Collegio che tale deduzione risulta formulata per prima volta nell’atto di appello, non essendovene traccia alcuna nel ricorso di prime cure (redatto direttamente dal pensionato senza difesa tecnica) che recava, quale unico motivo di doglianza, la denunciata “disparità di trattamento” (v. ricorso in atti). Trattasi quindi, di motivo del tutto nuovo, non scaturente nemmeno dalla sentenza impugnata la cui unica ratio decidendi poggia sul disposto dell’art. 53 DPR 1092/73. Ne consegue pertanto, la inammissibilità dello stesso ai sensi dell’art. 193 CGC.

E’ solo per ragioni di mera completezza, quindi, che si svolgono le seguenti considerazioni. Ritiene il Collegio che i commi 1 e 21 del citato art. 9 debbano essere letti ed interpretati in chiave sistematica, avuto riguardo alla ratio complessiva della norma quale esplicitata più volte dalla Corte Costituzionale, come di seguito si dirà (v. sentt. C. Cost. 304 e 310/2013, 154/2014). Ed invero, il legislatore ha inteso conseguire un risparmio della spesa in materia di pubblico impiego, congelando “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio” da erogarsi nel triennio 2011-2013 (poi esteso a tutto il 2014), nell’importo pari a quello “ordinariamente spettante per il 2010”, importo che non avrebbe potuto “in ogni caso” essere superato (v. art. 9 comma 1).

La “cristallizzazione” così operata al 2010, è stata evidentemente concepita come omnicomprensiva, investendo il trattamento economico dei dipendenti pubblici complessivamente considerato, vale a dire nelle sue componenti principali ed accessorie. Per conseguire un effetto incidente sull’importo finale complessivo, il congelamento non può che operare anche sulle singole voci essendo inevitabile che l’aumento anche di una sola componente retributiva sia destinato a riverberarsi sulla sommatoria totale.

Non è pertanto condivisibile il contrario assunto dell’appellante secondo cui la normativa in esame avrebbe consentito di agire solo “sull’importo complessivo del trattamento economico” e non anche “sulle singole componenti dello stesso”. Limitare gli effetti del blocco all’importo complessivo come se questo fosse un’entità autonomamente determinabile e non già la risultante della sommatoria delle singole voci economiche, si traduce, invero, nella sostanziale elusione della ratio legis, quale innanzi indicata.

Nello specifico, quindi, il secondo assegno funzionale maturato dall’interessato (il 2.2.2011) durante l’arco temporale di vigenza del blocco, deve ritenersi inciso dalla norma predetta, al pari di ogni altra componente del “trattamento economico complessivo”, salvo che non rientri tra quelli espressamente esclusi. In tal senso, il predetto comma 1 eccettua dall’importo cristallizzato al 2010, “gli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate” , individuando in tal modo le voci retributive esenti che, quindi, possono essere corrisposte in aggiunta al trattamento economico complessivo liquidato nel 2010.

Ebbene, l’assegno funzionale per cui è causa non rientra all’evidenza in alcuna di dette ipotesi, atteso che prescinde del tutto anche dal tipo di “funzione” svolta, essendo dovuto in ragione della mera anzianità di servizio purché maturata senza demerito, nè rientra nella previsione di cui al 3^ e 4^ periodo del successivo comma 21(su riprodotta), non integrando l’assegno in questione una ipotesi di “progressione di carriera” atteso che non presuppone, né determina, un avanzamento nel grado (come del resto ammette lo stesso appellante). Conseguentemente, non produce nemmeno effetti meramente giuridici durante il blocco, a differenza delle citate “progressione di carriera”. È ben vero, infine, che non si possa configurare nemmeno quale un “meccanismo di adeguamento retributivo”, intendendosi con tale locuzione espressiva, lo strumento idoneo a garantire la salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni del comparto pubblico mediante adeguamento annuale in ragione degli incrementi medi calcolati dall’ISTAT ai sensi dell’art. 24 della legge 448/98 (e succ. mod. e integr.), ma ciò non significa che sia, per ciò solo, escluso al blocco come pretenderebbe l’appellante. Si è già detto e si ribadisce che, al pari delle altre componenti retributive (compreso quelle accessorie), l’assegno funzionale quale voce del trattamento economico complessivo, maturato durante il blocco, rimane soggetto al citato divieto di corresponsione (art. 9 comma 1) nel periodo considerato, con le conseguenze che ne derivano a fini pensionistici ai sensi dell’art. 53 DPR 1092/73, quali delineate nell’impugnata sentenza e non contestate dall’appellante. Il primo giudice ha infatti rilevato che “L’assegno in questione … non essendo mai entrato nella base retributiva e contributiva del ricorrente, non può entrare a far parte, giusta quanto sopra, della corrispondente base pensionabile”.

Tale conclusione non può che condividersi perché conforme ai principi generali ed immune da vizi logico-giuridici.

2. Residua la disamina (non affrontata dal primo giudice) dell’eccepita “disparità di trattamento” asseritamente indotta dall’anzidetta normativa rispetto a coloro che sono cessati dal servizio dopo la scadenza del blocco, ritenuta dall’appellante “rilevante ai sensi degli artt. 3, 36 e 97 Cost.”. Occorre all’uopo ricordare che la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte sulla legittimità dell’art. 9, comma 21, del DL 78/2010, affermando che “… la misura adottata è giustificata dall’esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalità di temporanea “cristallizzazione” del trattamento economico dei dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, realizzata con modalità per certi versi simili a quelle già giudicate da questa Corte non irrazionali ed arbitrarie (sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche in considerazione della limitazione temporale del sacrificio imposto ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999)”, e dichiarando quindi, infondate le denunciate violazioni dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 36, 97 (v. sentt. C. Cost. 304-310/2013). In particolare, con l’ultima pronuncia in materia (sent. C. Cost. 154/2014), in relazione alla più volte denunciata disparità di trattamento rispetto ai colleghi esenti dal blocco, la Corte ha affermato che “non esiste un principio di omogeneità di retribuzione a parità di anzianità, ed anzi «è ammessa una disomogeneità delle retribuzioni anche a parità di qualifica e di anzianità», naturalmente in situazioni determinate (sentenza n. 304 del 2013). E in una tale prospettiva non può considerarsi irragionevole un esercizio della discrezionalità legislativa che privilegi esigenze fondamentali di politica economica, a fronte di altri valori pur costituzionalmente rilevanti (da ultimo, sentenze n. 310 e n. 304 del 2013); anche con riferimento all’art. 36 Cost., ha ribadito che “questa Corte è ferma nel sostenere che il giudizio sulla conformità a tale parametro costituzionale non può essere svolto per singoli istituti, né giorno per giorno, ma occorre valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza (sentenze n. 310 e n. 304 del 2013, n. 366 e n. 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164 del 1994)”; infine, anche la questione di costituzionalità della predetta disposizione per violazione dell’art. 97 Cost., è stata reputata infondata in quanto «il principio di buon andamento dell’amministrazione non può essere richiamato per conseguire miglioramenti retributivi (ordinanza n. 205 del 1998; sentenza n. 273 del 1997, ordinanza n. 263 del 2002)».

Conclusivamente, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello deve essere rigettato con conseguente conferma dell’impugnata sentenza. Le spese del grado come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e sono poste a carico dell’appellante ex art. 31 CGC.

P.Q.M.

la Corte dei conti, 2^ Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, così provvede:

-rigetta l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;

-condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado nella misura di € 700,00 nei confronti dell’INPS e di € 500,00 nei confronti del Ministero della Difesa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 febbraio 2018.

L’Estensore Il Presidente
Luisa de Petris Luciano Calamaro
f.to Luisa de Petris f.to Luciano Calamaro


Depositata in Segreteria il 23 APR. 2018


IL DIRIGENTE
(dott. ssa Sabina Rago)
f.to Sabina Rago
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Sempreme064 ha scritto:Grande Panorama tu che sei una persona preparata e qualificata, perché l'una tantum percepito negli anni del blocco non è stato calcolato , se non ricordo male era presente la voce del rinnovo contrattuale.

Elenco (non esaustivo) delle voci di retribuzione che rientrano nell’imponibile TFR:

Paga base, contingenza, terzo elemento contrattuale, scatti di anzianità, superminimo individuale;
Tredicesima mensilità e quattordicesima mensilità;
Lavoro straordinario non occasionale;
Maggiorazione per lavoro notturno (in caso lavoro su turni);
indennità di mensa, di funzione, di mansione, di alloggio, di cassa o maneggio denaro, indennità di trasporto, attrezzi, indennità di servizio estero, indennità per lavori disagiati;
premi di fedeltà, premio annuo, premio di anzianità, premio finale, l’una tantum;
festività infrasettimanali retribuite, festività cadenti di domenica, ex festività 4 novembre spostata alla domenica;


///////////////////////

Voci della retribuzione escluse dal calcolo del TFR
La Suprema Corte di Cassazione in una sentenza del 2004 ha stabilito che: “Il concetto di retribuzione recepito dall’art. 2120 del codice civile, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR) è ispirato al criterio dell’omnicomprensività, nel senso che in detto calcolo vanno compresi tutti gli elementi che trovano la loro causa tipica e normale nel rapporto di lavoro cui sono istituzionalmente connessi, anche se strettamente correlati alla effettiva prestazione lavorativa, mentre ne vanno escluse solo quelle somme rispetto alle quali il rapporto stesso costituisce una mera occasione contingente per la loro fruizione, quand’anche essa trova la sua radice in un rapporto obbligatorio diverso ancorché collaterale e collegato al rapporto di lavoro”

Sulla base di quanto disposto dalla legge e dalla Cassazione riguardo le voci da escludere dal computo del TFR si evince che si tratta di quelle voci della busta paga che sono collegate a ragioni del tutto imprevedibili, accidentali e fortuite rispetto al normale svolgimento dell’attività lavorativa, cioè che non si tratta di emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione aziendale. Si tratta dei seguenti elementi della retribuzione (elenco non esaustivo):

il lavoro straordinario occasionale e non continuativo;
indennità di trasferta;
indennità di viaggio stabilita in ragione chilometrica secondo tariffe Aci;
il rimborso spese, ivi compreso quello a piè di lista;
indennità sostitutiva delle ferie quando ha carattere risarcitorio per inadempienze del datore di lavoro;
le indennità una tantum di carattere occasionale e non previste dal contratto collettivo, né da eventuali rinnovi contrattuali.
Questo come da contratto ccnl..
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Per finire dove sono finite accessorie?
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Presumo sia stata inclusa la vacanza contrattuale nel calcolo pensione, quindi allo sbocco non vedo perché non è stato possibile malgrado i ricorsi non aver beneficiato del nuovo contratto di lavoro e tutto il resto che manca..le sentenze secondo me quelle negative sono fasulle..
PFISC1963

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da PFISC1963 »

Grazie per le risposte. Comunque è più di una porcata, un diritto acquisito gettato sotto le scarpe. Pazienza. Grazie di nuovo e buona serata.
Sempreme064
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 3832
Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: ASSEGNO DI FUNZIONE 27 ANNI DI SERVIZIO

Messaggio da Sempreme064 »

Ti raccontano quella dell'uva a ripetizione , non si capisce u c.. e si rimane con la vacanza..prego spero di esserti stato utile anche io..
Rispondi