Reintegro nel ruolo di provenienza

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Reintegro nel ruolo di provenienza

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Salve a tutti,

vorrei informarvi (magari qualcuno è interessato) sulla possibilità di chiedere il reintegro nel ruolo di provenienza, a transito avvenuto, secondo una sentenza della Corte Costituzionale:

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Agenti di Polizia penitenziaria e riammissione nel ruolo di provenienza per intervenuta guarigione
(Corte costituzionale, sentenza 13 novembre 2009 n. 294 - Avv. Daniela Carbone)
Con sentenza n. 294 del 13.11.2009 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 80 del d.lgs. 30 ottobre 1992 n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria) nella parte in cui non consente, allorchè sia intervenuta la guarigione, la possibilità di presentare istanza di riammissione nel ruolo di provenienza da parte del dipendente transitato a domanda in altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perchè giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche conseguenti a causa di servizio, all'assolvimento dei compiti di istituto.

La questione di legittimità era stata sollevata dal TAR del Lazio (cn ordinanza n. 111 del 2009) per violazione degli artt. 2, 3, 4 e 35 della Costituzione.

La Corte costituzionale ha ritenuto che la questione fosse fondata sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., poichè non può ragionevolmente giustificarsi il vigente divieto assoluto di riammissione nel posto di ruolo precedentemente occupato, prescindendo da qualsivoglia esame di merito circa le attuali condizioni di salute del richiedente e le esigenze di organico.

In ogni caso, l'amministrazione, nel decidere sull'istanza di riammissione, dovrà comunque procedere al rigoroso accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge, restando comunque titolare di un ampio potere discrezionale nella valutazione dell'esistenza dell'interesse pubblico all'adozione del provvedimento, in considerazione delle proprie complessive esigenze, anche di organico, sussistenti al momento della domanda medesima.

Avv. Daniela Carbone
SENTENZA N. 294
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 80 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1992, n. 395), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nel procedimento vertente tra S. M. e il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con ordinanza del 28 gennaio 2009, iscritta al n. 111 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2009.
Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2009 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 80 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1992, n. 395), per violazione degli articoli 2, 3, 4 e 35 della Costituzione.
Premette, in punto di fatto, il TAR del Lazio che il ricorso ha ad oggetto l'impugnazione del provvedimento datato 8 agosto 2008 con il quale l'Amministrazione intimata ha rigettato la istanza di riammissione nel Corpo di Polizia penitenziaria avanzata da S. M.
In particolare, nell'ordinanza di rimessione si precisa che il ricorrente «è stato arruolato nel Corpo di Polizia penitenziaria in data 3 luglio 1992, in qualità di “agente semplice”» e che, essendogli stata successivamente diagnosticata una «leucemia non linfoide in attuale quiescenza clinica», è stato ritenuto «non idoneo allo svolgimento del servizio d'istituto, a decorrere dal 16 novembre 1994», nonché trasferito, su sua domanda – ai sensi del combinato disposto degli artt. 75, comma 1, e 76 del d.lgs. n. 443 del 1992 – «al ruolo amministrativo dell'Amministrazione penitenziaria, con la qualifica di “operatore amministrativo - V q.f.”».
Riferisce ancora il collegio rimettente che, ottenuta la completa guarigione dalla suddetta patologia – così come attestato da certificazione medica del 14 febbraio 2006 –, con atto del 16 febbraio 2006, S.M. ha chiesto di essere reintegrato nel Corpo di Polizia penitenziaria, essendo «venuta meno l'unica causa che ne aveva determinato l'inidoneità al servizio di istituto ed il suo trasferimento ai ruoli amministrativi».
Con provvedimento in data 8 giugno 2006, prosegue il giudice a quo, l'Amministrazione competente ha respinto detta istanza sull'assunto che, «ai sensi dell'art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 443 del 1992, il personale dispensato dal servizio per infermità non può essere riammesso».
Il collegio rimettente precisa che l'istante ha quindi reiterato la richiesta di riammissione nel ruolo di provenienza – previo annullamento del citato provvedimento di rigetto – richiamando al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 1994, la quale avrebbe sancito «l'inoperatività della richiamata disposizione quando la dispensa dal servizio sia avvenuta per motivi di salute e l'infermità sia successivamente venuta meno». L'Amministrazione penitenziaria, riferisce ancora il TAR del Lazio , con nota dell'8 agosto 2008, ha rigettato tale ulteriore istanza sulla base, questa volta, dell'art. 80 del d.lgs. n. 443 del 1992, in base al quale non potrebbe «essere riammesso nel ruolo di provenienza il personale trasferito, a domanda, nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perché giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute […]».
Con il ricorso oggetto del giudizio a quo, precisa il collegio rimettente, è stato chiesto l'annullamento del citato provvedimento di rigetto in data 8 agosto 2008 e, per l'effetto, la «riammissione al servizio, nonché la condanna dell'Amministrazione intimata alla corresponsione, in favore del ricorrente, delle differenze retributive dallo stesso maturate, a far corso dalla proposizione dell'ultima istanza rigettata, in ragione della mancata riammissione in servizio nel Corpo di Polizia penitenziaria e dello speculare mantenimento nel ruolo amministrativo e nella qualifica di “operatore amministrativo B2”».
Nell'ordinanza di rimessione si evidenzia che le censure formulate dal ricorrente – in termini di «eccesso di potere per difetto assoluto e/o contraddittorietà di motivazione» – si fondano sul presupposto secondo cui sarebbe possibile un'interpretazione dell'art. 80 del d.lgs. n. 443 del 1992 che consenta, nel caso di intervenuta guarigione, «la riammissione nel ruolo di provenienza del dipendente, transitato, per motivi di salute, in altri ruoli della medesima Amministrazione» o in altre amministrazioni dello Stato; ciò, in particolare, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 1994 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 132 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), «laddove non consente la riammissione in servizio quando la dispensa è avvenuta per motivi di salute», nonché di «pronunce dei giudici di merito che avrebbero esaminato disposizioni sostanzialmente identiche».
2. – Ad avviso del collegio rimettente, invece, il tenore letterale dell'art. 80 del d.lgs. n. 443 del 1992, secondo il quale «il personale di cui ai commi 1, 3 e 5 dell'articolo 75» – quello appunto, spiega il TAR del Lazio , «inidoneo al servizio in modo assoluto o comunque affetto da patologia dipendente o meno da causa di servizio» –, «trasferito ad altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria o ad altre amministrazioni dello Stato, non può essere riammesso nel ruolo di provenienza», non consentirebbe di attribuirvi il significato auspicato dal ricorrente.
Inoltre, evidenzia il TAR del Lazio , la sentenza n. 3 del 1994 della Corte costituzionale, invocata dal ricorrente a sostegno del proprio diritto alla riammissione nel ruolo di provenienza, avendo dichiarato «la illegittimità costituzionale dell'art. 132 del d.P.R n. 3 del 1957, nella parte in cui non comprende la dispensa dal servizio per motivi di salute tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali è possibile la riammissione in servizio», riguarderebbe un'ipotesi del tutto differente da quella oggetto del giudizio a quo: infatti, «nel caso investito dalla menzionata pronuncia del giudice delle leggi la riammissione» conseguirebbe «all'avvenuta cessazione del rapporto di impiego», per cui essa sarebbe «funzionale ad assicurare l'esercizio di una qualche attività lavorativa», mentre in quello oggetto del ricorso la reintegrazione si riferirebbe «ad un soggetto che già svolga un lavoro , sebbene diverso da quello iniziale, a causa della patologia che ne ha comportato il transito in altri ruoli della stessa Amministrazione o in altre amministrazioni, e che aspiri a tornare all'attività originaria».
3. – Il TAR del Lazio ritiene, dunque, di dover sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 80 del d.lgs. n. 443 del 1992 – «di cui si lamenta la violazione» nel giudizio a quo –, in quanto la norma, «stante l'impossibilità di attribuirvi un significato ermeneutico diverso», non consentirebbe all'odierno ricorrente «di conseguire la riammissione nei ruoli della Polizia penitenziaria, a seguito di intervenuta completa guarigione della patologia da cui era affetto e che ne aveva determinato il transito, su domanda, nei ruoli civili della medesima Amministrazione».
4. – Ad avviso del collegio rimettente, la questione, oltre che rilevante per la decisione del giudizio a quo, sarebbe altresì non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4 e 35 Cost.
In particolare, posto che l'art. 4 Cost. riconosce «ai cittadini […] il diritto-dovere al lavoro» e che il successivo art. 35 Cost. stabilisce che lo Stato italiano «tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni», secondo il TAR del Lazio , si dovrebbe ritenere che la tutela garantita dalla Carta costituzionale non andrebbe intesa «solo nel senso di riconoscere il diritto del cittadino a svolgere una qualche attività lavorativa, idonea al sostentamento proprio e della propria famiglia, e, a tal fine, di approntare tutti gli interventi possibili affinché ciò si verifichi», ma avrebbe una portata più ampia come si desumerebbe, in particolare, dal comma 2 del citato art. 4 Cost., secondo cui il dovere del cittadino «di svolgere […] un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» deve avvenire «secondo le proprie possibilità e la propria scelta».
Infatti, prosegue il collegio rimettente, se si considera che «il lavoro deve reputarsi quale strumento di esplicazione e realizzazione della personalità del lavoratore» risulterebbe evidente che «ove invece si limitasse ad un'attività meramente strumentale al sostentamento», ne deriverebbe la violazione dell'art. 2 Cost., «che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo, quale può senz'altro considerarsi quello ad un'esistenza dignitosa e soddisfacente, conseguibile anche grazie alla realizzazione delle proprie attitudini ed aspirazioni in campo lavorativo».
5. – Alla luce di tali considerazioni, a giudizio del rimettente, «il tassativo divieto di riammissione in servizio nel ruolo di provenienza di chi sia transitato, per motivi di salute, in altri ruoli della stessa Amministrazione, com'è accaduto per il ricorrente, o in altra amministrazione – ipotesi del tutto speculare – quando sia intervenuta la guarigione», operato dalla disposizione censurata, sembrerebbe porsi in contrasto con detti articoli, essendo venuta meno «l'unica ragione ostativa allo svolgimento della precedente attività lavorativa».
Sotto altro profilo, a parere del Collegio, la riammissione nel ruolo di provenienza, nell'ipotesi in esame, non contrasterebbe «con il principio di buon andamento della Pubblica amministrazione», sancito dall'art. 97 Cost., posto che, una volta intervenuta la guarigione dalla patologia che era stata «l'unica ragione del transito di cui trattasi», il dipendente dell'Amministrazione risulterebbe «perfettamente idoneo a svolgere nuovamente l'attività lavorativa in tale ruolo, per il cui accesso ha dovuto sostenere e vincere un apposito concorso».
Conseguentemente, a giudizio del TAR rimettente, «la mancata riammissione non permette al dipendente, ormai guarito, di svolgere l'attività lavorativa conforme alla propria scelta ed alle proprie attitudini e, perciò, di realizzarsi», in violazione degli artt. 2, 4 e 35 Cost.
6. – Al contempo, osserva sempre il collegio rimettente, atteso che il dipendente, «una volta guarito dalla patologia ostativa allo svolgimento dell'originaria attività lavorativa», riacquisterebbe «una condizione di idoneità, sotto ogni profilo, ivi compreso naturalmente quello fisico, la mancata riammissione» costituirebbe «un'arbitraria discriminazione nei confronti di quanti, a parità di condizioni, possano, invece, svolgere la medesima attività lavorativa».
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita della legittimità costituzionale dell'art. 80 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1992, n. 395), nella parte in cui, in riferimento all'art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992, «non consente, a seguito di intervenuta guarigione, la riammissione nel ruolo di provenienza del dipendente, transitato, per motivi di salute, in altri ruoli della medesima Amministrazione o in altra amministrazione» dello Stato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4 e 35 della Costituzione.
1.1. – Ad avviso del collegio rimettente la norma censurata, vietando, nei casi di trasferimento ad altro ruolo della medesima Amministrazione o di altre amministrazioni statali – fondati su assoluta inidoneità per motivi di salute, anche dipendente da causa di servizio, all'assolvimento dei compiti di istituto (art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992) – la riammissione nel posto di ruolo originariamente ricoperto, non permetterebbe al dipendente, una volta che sia intervenuta la guarigione dalla patologia ostativa allo svolgimento dei compiti originariamente assegnati, «di svolgere l'attività lavorativa conforme alla propria scelta e alle proprie attitudini» (in violazione degli artt. 2, 4 e 35 Cost.), determinando altresì «un'arbitraria discriminazione nei confronti di quanti, a parità di condizioni possano, invece, svolgere la medesima attività lavorativa» (in contrasto con l'art. 3 Cost.).
2. – La questione, sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., è fondata.
2.1. – Questa Corte con la sentenza n. 3 del 1994 si è occupata dell'istituto della riammissione in servizio previsto dall'art. 132, comma 1, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), dichiarandone la illegittimità costituzionale nella parte in cui non comprendeva, tra le fattispecie di cessazione del rapporto di impiego in ordine alle quali era possibile la riammissione in servizio, la dispensa per motivi di salute.
La riammissione nel posto di ruolo originariamente ricoperto a seguito di trasferimento (richiesta dal dipendente ai sensi dell'art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992), espressamente vietata dalla disposizione oggi censurata, presuppone, a differenza della riammissione in servizio disciplinata dall'art. 132, comma 1, del d.P.R. n. 3 del 1957, anziché la pregressa cessazione del rapporto di lavoro (per motivi di salute), la prosecuzione dello stesso sia pure in una posizione organica diversa da quella originaria.
Ebbene, tale diversità strutturale fra le ipotesi di riammissione poste a raffronto se – come osservato anche dal giudice a quo – esclude l'implicito travolgimento anche della fattispecie normativa in esame ad opera della citata decisione, non la rende tuttavia immune dai vizi di illegittimità costituzionale prospettati dal rimettente.
Il divieto assoluto di riammissione nel posto di ruolo precedentemente occupato, prescindendo, così come previsto dalla disposizione oggi censurata, da qualsivoglia esame di merito circa le attuali condizioni di salute dell'interessato e le esigenze di organico, non può ragionevolmente giustificarsi in considerazione del fatto che la disciplina organizzativa del personale del Corpo di Polizia penitenziaria esige un rigoroso controllo del possesso e della conservazione dei requisiti di idoneità psico-fisici richiesti per l'assolvimento degli specifici compiti ad esso assegnati.
Al riguardo occorre ribadire che anche il trasferimento ad altro ruolo della Amministrazione penitenziaria o di altra amministrazione dello Stato, seppur attivato da una specifica richiesta dell'interessato, risulta sostanzialmente fondato su una situazione (lo stato di inidoneità all'assolvimento dei compiti di istituto per motivi di salute) la quale, da un lato, «è ovviamente indipendente dalla volontà dell'interessato – per cui certamente esula dal provvedimento una valutazione negativa del comportamento dell'impiegato (e comunque qualsiasi profilo sanzionatorio) –¸ dall'altro, non può considerarsi in assoluto irreversibile, tanto più alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica» (così la sentenza n. 3 del 1994).
Pertanto, l'aver precluso inderogabilmente, sulla base di una presunzione assoluta di irreversibilità dello stato di infermità, la possibilità di presentare una istanza di riammissione nel posto di ruolo ricoperto precedentemente al trasferimento richiesto per motivi di salute, determina la violazione del principio di uguaglianza, poiché sottopone detti soggetti ad un trattamento irragionevolmente deteriore rispetto a quello riservato a coloro che, a parità di condizioni, possono, invece, svolgere la medesima attività lavorativa.
Giova ribadire, infine, che, in ogni caso, l'amministrazione, nel decidere sull'istanza di riammissione, dovrà pur sempre «procedere al rigoroso accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge», restando comunque titolare di un ampio potere discrezionale nella valutazione dell'esistenza dell'interesse pubblico all'adozione del provvedimento, in considerazione delle proprie complessive esigenze, anche di organico, sussistenti al momento della presentazione della domanda medesima.
2.2. – Conseguentemente deve essere dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 80 del d.lgs. n. 443 del 1992, nella parte in cui, in riferimento all'ipotesi di cui all'art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992 – e cioè del dipendente transitato nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perché giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche conseguenti a causa di servizio, all'assolvimento dei compiti di istituto – non prevede la possibilità, per il dipendente stesso che sia successivamente guarito, di presentare una istanza di riammissione nel ruolo di provenienza.
3.– Restano assorbiti i profili di censura relativi agli artt. 2, 4, e 35 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzione dell'art. 80 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 443 (Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, a norma dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1992, n. 395), nella parte in cui non consente, allorché sia intervenuta la guarigione, la possibilità di presentare istanza di riammissione nel ruolo di provenienza da parte del dipendente transitato a domanda in altri ruoli della Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perché giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche conseguenti a causa di servizio, all'assolvimento dei compiti di istituto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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lino
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da lino »

Grazie Pos veramente interessante la sentenza, anche se sara' dura rientrare!!
Ciao.
Per Aspera ad Astra!!!!
michele.messina

Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da michele.messina »

Grazie della notizia, menomale che c'è la Cassazione che a volte ci pensa altrimenti nelle mani dei nostri dirigenti sarebbe una tragedia!
Un Ufficiale deluso e amareggiato.
corrado.didonna
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da corrado.didonna »

salve a tutti, ma materialmente come si può impostare una domanda di reintegro per un ex maresciallo dei CC come me , riformato per una discopatia lombale a marcata incidenza funzionale e ascritta ad una tabella A ctg 8^ il cui riconoscimento della D.C.S. è stata verificata dal CVCS di Roma ma che non conosco l'esito?
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lino
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da lino »

Ricordiamoci che anche la cassazione lascia poi ampi poteri discrezionali come sotto riportato:

"Giova ribadire, infine, che, in ogni caso, l'amministrazione, nel decidere sull'istanza di riammissione, dovrà pur sempre «procedere al rigoroso accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge», restando comunque titolare di un ampio potere discrezionale nella valutazione dell'esistenza dell'interesse pubblico all'adozione del provvedimento, in considerazione delle proprie complessive esigenze, anche di organico, sussistenti al momento della presentazione della domanda medesima".

Chiedo a tutti, si potranno fare dei ricorsi collettivi in materia.?

Un saluto a tutti.
Per Aspera ad Astra!!!!
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da stefanoorfano »

SONO UN SOTTUFFICIALE IN CONGEDO PER CAUSA DI SERVIZIO GRADO M.LLO CAPO ,STO' CERCANDO D'IMPOSTARE LA DOMANDA DI RIAMMISSIONE IN SERVIZIO CHIEDENDO LA VISITA PER L'IDONEITA' AL NUOVO PROFILO DETTATO DALLE NUOVE NORME,SONO IN COLOQUIO IN SETTIMANA COL RESPONSABILE DEL CE.DOC. PER POTER DEFINIRE LA SITUAZIONE, SENZA ADIRE ALLE VIE LEGALI,MA' SE NON VI E' MODO ,DOVRO' PRODURRE RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO, SI SPERA DI NO. COMUNQUE LA LEGGE DEL 2001 / 215 ART. 13 PARLA MOLTO CHIARO ,SUL NON CONGEDO PER PATOLOGIE DI BASSA CATEGORIA CIOE' 7' 8' DOVE VI E' LA POSSIBILITA DI UN INSERIMENTO AD INCARICHI DI UFFICIO ,O AMMNISTRATIVI SEMPRE IN SUPPORTO AD UFFICI ,COMUNQUE SI STABILISCE TRAMITE LA CMO. DI COMPETENZA IL NUOVO PROFILO SANITARIO LE ULTIME NOTIZIE SONO QUESTE COMUNQUE NON CI SI DEVE ARRENDERE MAI.... STEFANO ORFANO :mrgreen:
michele.messina

Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da michele.messina »

mai arrendersi anche perchè non stiamo certo chiedendo un favore, né qualcosa che possa nuocere agli interessi della P.A.
corrado.didonna
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da corrado.didonna »

ò auad allora proviamoci a fare sta domanda, magari qualche avvocato ci può aiutare dal punto legislativo (dietro compenso ovviamente).........Da Maresciallo CC comandante di stazione mi sento un extraterrestre ora all'impiego civile presso un CME ........
gio81

Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da gio81 »

Qualora si venisse riammessi come MILITARI, sorge un proble, quale DESTINAZIONE ci darebbe l'amministrazione?
corrado.didonna
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da corrado.didonna »

ci sarebbe credo la ripartenza della carriera fin dove l'hai lasciata e quindi torneresti nell'ultima sede di servizio......ma ci vogliamo informare bene come fare e cosa presentare?
panorama
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

Messaggio da panorama »

Ricorso Accolto.
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ha chiesto di essere riammesso in servizio effettivo come appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria.

Il resto leggetelo qui sotto.
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07/05/2014 201401192 Sentenza 4


N. 01192/2014 REG.PROV.COLL.
N. 03646/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3646 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Di Gaetano, con domicilio eletto presso la segreteria del Tribunale, in Milano via Corridoni n. 39;

contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, presso i cui Uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento
- del parere contrario alla riammissione in servizio nel corpo di polizia Penitenziaria adottato con Provvedimento Prot. 2000-7/10/2011-0376932 nella seduta del 29 luglio 2011.
- di ogni atto presupposto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2014 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente impugna gli atti indicati in epigrafe deducendone la illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario, di cui chiede il rigetto.

All’udienza del 5 marzo 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) OMISSIS ha svolto funzioni di Agente del Corpo di Polizia Penitenziaria dal 1984, conseguendo la qualifica di Assistente Capo; in data 15 novembre 2005 la C.M.O. di Milano lo ha riconosciuto affetto da infermità per OMISSIS.

Successivamente OMISSIS è stato collocato in aspettativa e con provvedimento del 4 maggio 2009 è transitato nei ruoli civili dell’amministrazione penitenziaria con la qualifica di Collaboratore posizione economica Area II F2.

In data 20 novembre 2010, OMISSIS ha chiesto di essere riammesso in servizio effettivo come appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria.

Il Consiglio di amministrazione del Ministero della Giustizia, con nota del 4 ottobre 2011, ha espresso parere contrario alla riammissione in servizio, sulla base delle seguenti ragioni: 1) nell’ultimo biennio di servizio nel corpo di Polizia Penitenziaria, anni 2006 e 2007, ha riportato il giudizio di “OMISSIS”; 2) “non sussistono i presupposti necessari per la riammissione in servizio richiesta in quanto l’interessato ha superato il 40° anno di età”.

La valutazione negativa ora indicata è stata pedissequamente recepita dall’amministrazione con la nota del 13 ottobre 2011, trasmessa al ricorrente.

Avverso le determinazioni ora indicate OMISSIS ha proposto l’impugnazione in esame.

2) Le censure articolate nel ricorso sono strettamente connesse sul piano logico e giuridico e, pertanto, possono essere trattate congiuntamente.

Il ricorrente deduce, in termini di violazione di legge e di eccesso di potere, l’irrilevanza dei fatti valorizzati dall’amministrazione ai fini del rigetto dell’istanza di riammissione in servizio attivo, con conseguente difetto di motivazione, in considerazione, in particolare, delle previsioni dettate dal d.l.vo 1992 n. 443.

La riammissione in servizio degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria è regolata, in primo luogo, dall’art. 42 del d.l.vo 1992 n 443, che rinvia ai contenuti dell'articolo 132 del testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, salvo precisare, al secondo comma, che “non può essere riammesso il personale dispensato dal servizio per infermità”.

L’art. 132 del D.P.R. n. 3/1957 prevede che: 1) l'impiegato con qualifica inferiore a direttore generale, cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo o per decadenza dall'impiego nei casi previsti dalle lettere b) e c) dell'art. 127, può essere riammesso in servizio, sentito il parere del Consiglio di amministrazione; 2) può essere riammessa in servizio l'impiegata dichiarata decaduta ai sensi della lettera a) dell'art. 127, quando la perdita della cittadinanza italiana si sia verificata a seguito di matrimonio contratto con cittadino straniero e l'impiegata abbia riacquistata la cittadinanza per effetto dell'annullamento o dello scioglimento del matrimonio; 3) l'impiegato riammesso è collocato nel ruolo e nella qualifica cui apparteneva al momento della cessazione dal servizio, con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa dalla data del provvedimento di riammissione; 4) la riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto e non può aver luogo se la cessazione dal servizio avvenne in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciale.

Del resto, l’art. 80 del d.l.vo n. 443 ha introdotto un radicale divieto di riammissione in servizio per il personale della polizia penitenziaria che sia stato trasferito ad altri ruoli dell'Amministrazione penitenziaria o ad altre amministrazioni dello Stato, qualora detto trasferimento sia dipeso da assoluta inidoneità per motivi di salute, anche dipendenti da causa di servizio, all'assolvimento dei compiti d'istituto, ovvero che abbia riportato un'invalidità non dipendente da causa di servizio, la quale non comporti l'inidoneità assoluta ai compiti d'istituto.

Nondimeno, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 294 del 2009, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 80 del d.l.vo n. 443 del 1992, nella parte in cui, in riferimento all'ipotesi di cui all'art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 443 del 1992 - e cioè del dipendente transitato nelle corrispondenti qualifiche di altri ruoli della Amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perché giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche conseguenti a causa di servizio, all'assolvimento dei compiti di istituto - non prevede la possibilità, per il dipendente stesso che sia successivamente guarito, di presentare una istanza di riammissione nel ruolo di provenienza.

La disciplina ora richiamata evidenzia che, dopo l’intervento della Corte costituzionale, non sono configurabili situazioni di radicale divieto di riammissione in servizio, salva l’ipotesi della vacanza del posto, fermo restando che spetta al Consiglio di amministrazione del Ministero della giustizia di rendere un parere sull’istanza stessa, parere ampiamente discrezionale, che, pertanto, richiede una puntuale motivazione in ordine alle ragioni ritenute ostative al reinserimento del dipendente nei ruoli effettivi della polizia penitenziaria.

Nel caso di specie la determinazione negativa dell’amministrazione si fonda su due distinte ragioni, quali il superamento dei 40 anni di età del ricorrente, nonché il giudizio di OMISSIS riportato dal ricorrente nel 2006 e nel 2007, durante lo svolgimento delle mansioni di appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio effettivo.

Si tratta di motivazioni che, per la loro evidente laconicità, sono inidonee a supportare la determinazione negativa impugnata.

In primo luogo, non è dato comprendere per quale motivo il superamento dei 40 anni di età sia ostativo alla riammissione al servizio attivo, atteso che nessuna delle norme di riferimento pone un limite insuperabile alla riammissione in ruolo legato al raggiungimento di una determinata età.

Allo stesso modo, il mero richiamo ai giudizi riportati nel 2006 e nel 2007 non vale ad integrare una ragionevole causa ostativa alla riammissione in servizio effettivo, perché non si traduce nella evidenziazione di fatti concreti oggettivamente incompatibili con la ripresa del servizio.

Del resto, dalla semplice lettura del foglio matricolare emerge che il ricorrente nel 2006 e nel 2007 ha prestato servizio per periodi molto limitati, sino all’intervento della sua riforma parziale per motivi di salute, risalente al 14 agosto 2007, sicché non è neppure possibile comprendere quali siano i dati di fatto che hanno condotto alla valutazione di OMISSIS.

In definitiva, il provvedimento impugnato si fonda su ragioni del tutto generiche, che non trovano puntuale corrispondenza nel quadro normativo di riferimento e che, pertanto, non sono idonee a supportare la determinazione negativa assunta dall’amministrazione, con conseguente fondatezza delle censure articolate sul punto dal ricorrente.

4) In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato indicato in epigrafe.

Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.500 (millecinquecento), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 07/05/2014
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Re: Reintegro nel ruolo di provenienza

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Il Ministero della Difesa vince l'Appello al CdS.
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1) - L’art. 2 disciplina le modalità di transito e, al comma 9, dispone che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza”.

2) - maggiore degli Alpini, è stato collocato in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare incondizionato in data 28 giugno 2007 e quindi - con provvedimento del 19 dicembre 2008 - è transitato nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della difesa con la qualifica di direttore di amministrazione.

3) - Il signor Camilleri ha chiesto la riammissione in servizio nell’Esercito con istanza del 28 gennaio 2011, respinta in base all’art. 2, comma 9, del decreto del Ministro della difesa 18 aprile 2002, n. 22680.

4) - Come è messo in luce nei precedenti specifici in materia, dai quali non vi è ragione per discostarsi [C.G.A.R.S. 16 febbraio 2011, n. 135, Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2225; Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2017, n. 3330; alle quali decisioni si rinvia anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.],
l'ordinamento militare non contempla la possibilità che un militare cessato dal servizio permanente a domanda possa esservi in seguito riammesso.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201802514
- Public 2018-04-26 –


Pubblicato il 26/04/2018

N. 02514/2018 REG. PROV. COLL.
N. 02469/2013 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2469 del 2013, proposto dal Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
Loris Camilleri, rappresentato e difeso dagli avvocati Claudio Pipitone Federico, Carlo Marzano, Umberto Giardini, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Marzano in Roma, via Sabotino, 45;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione I bis, 15 novembre 2012, n. 9416.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Loris Camilleri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Carlo Marzano e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor Loris Camilleri, maggiore degli Alpini, è stato collocato in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare incondizionato in data 28 giugno 2007 e quindi - con provvedimento del 19 dicembre 2008 - è transitato nelle corrispondenti aree amministrative del personale civile del Ministero della difesa con la qualifica di direttore di amministrazione.

2. Il signor Camilleri ha chiesto la riammissione in servizio nell’Esercito con istanza del 28 gennaio 2011, respinta in base all’art. 2, comma 9, del decreto del Ministro della difesa 18 aprile 2002, n. 22680.

3. Avverso il diniego il signor Camilleri ha proposto ricorso gerarchico, dichiarato inammissibile in data 19 luglio 2011.

4. Egli ha impugnato il provvedimento di diniego, quello di reiezione del ricorso gerarchico e in parte qua il presupposto decreto ministeriale n. 22680/2002 formulando un ricorso che il T.A.R. per il Lazio, sez. I bis, ha accolto con sentenza 15 novembre 2012, n. 9416, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio.

5. Il Tribunale regionale ha ritenuto che il citato decreto ministeriale - là dove prevede che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza” - sarebbe illegittimo per contrasto con i principi enunciati in tema di riassunzione in servizio dalla Corte costituzionale (sentenze 26 gennaio 1994, n. 3, e 13 novembre 2009, n. 294), che avrebbero dovuto orientare l’esercizio della potestà regolamentare attribuita dall’art. 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266. Ferma restando l’inesistenza di un diritto soggettivo alla riammissione, sarebbe irragionevole una disciplina che privi l’Amministrazione di qualsiasi valutazione circa la sussistenza in concreto dell’interesse pubblico ad avvalersi nuovamente della prestazione di lavoro del richiedente, mentre non vi sarebbero motivi per non applicare la norma dell’art. 132 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (testo unico del pubblico impiego).

6. Il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la sentenza n. 9416/2012, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.

7. L’Amministrazione appellante sostiene che:

- la decisione di primo grado non avrebbe tenuto conto delle peculiarità del rapporto di impiego del personale militare che - come risulterebbe dal sistema delineato dalla complessiva normativa vigente - sarebbe tale da integrare uno specifico e particolare status, acquisito unicamente all’atto dell’arruolamento;

- la disposizione primaria che prevede il transito nei ruoli civili dei soggetti divenuti inidonei (art. 14, comma 5, della legge n. 266/1999) sarebbe norma speciale attributiva di un vantaggio e non suscettibile di applicazioni estensive, non avendo ragion d’essere per il passaggio inverso anche in considerazione degli effetti potenzialmente dirompenti che potrebbe comportare un tale rientro nei ranghi;

- l’art. 132 t.u. riguarderebbe i soli impiegati civili dello Stato e non sarebbe estensibile per analogia a un rapporto di lavoro (quello militare) oggetto di una normativa speciale e organica, così come espressamente sancito dall’art. 19 della legge 4 novembre 2010, n. 19;

- diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, tale restrizione della riammissione in servizio sarebbe costituzionalmente legittima alla luce dei pertinenti precedenti della Corte costituzionale, orientati a valorizzare la peculiarità di determinati status (ord. 30 gennaio 2002, n. 10, in tema di magistrati cessati a domanda dal servizio; ord. 25 novembre 2005, n. 430, in tema di ufficiali cessati a domanda dal servizio permanente).

8. Con ordinanza 2 maggio 2013, n. 1588, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.

9. La parte privata si è costituita in giudizio con un nuovo difensore e ha depositato una memoria.

10. All’udienza pubblica del 12 aprile 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

11. L’art. 1, comma 1, del decreto ministeriale n. 22680/2002 stabilisce che:

“Il personale delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o non da causa di servizio transita, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile del Ministero della difesa, secondo la corrispondenza definita nell'annessa tabella A, sempreché l'infermità accertata ne consenta l'ulteriore impiego”.

12. L’art. 2 disciplina le modalità di transito e, al comma 9, dispone che “il militare trasferito nei ruoli del personale civile del Ministero della difesa non può essere riammesso nel ruolo di provenienza”.

13. Il decreto ministeriale è stato adottato sulla base dell’art. 19, comma 5, della legge n. 266/1999 ed è sopravvissuto alla parziale abrogazione della norma primaria (con unica salvezza del personale della Guardia di finanza) disposta dal codice dell’ordinamento militare (artt. 2268 e 2269) a partire dalla sua entrata in vigore (art. 2272: cinque mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, avvenuta sul n. 106 dell’8 maggio 2010).

14. Sulla base della disposizione del d.m., l’Amministrazione ha rigettato l’istanza dell’originario ricorrente, volta a ottenere la riammissione nei ruoli militari.

15. L’appello è fondato e merita di essere accolto.

16. Come è messo in luce nei precedenti specifici in materia, dai quali non vi è ragione per discostarsi [C.G.A.R.S. 16 febbraio 2011, n. 135, Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2225; Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2017, n. 3330; alle quali decisioni si rinvia anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.], l'ordinamento militare non contempla la possibilità che un militare cessato dal servizio permanente a domanda possa esservi in seguito riammesso.

17. A tale riguardo:

a) non valgono in termini generali gli articoli 961 e 935 bis c.o.m., recanti norme palesemente eccezionali, come tali insuscettibili di interpretazione analogica;

b) neppure potrebbe essere valorizzato l'art. 795 c.o.m., in quanto disposizione che si limita a dettare le modalità operative e concrete della "riammissione in ruolo" di militari in precedenza cessati e che, pertanto, non ha autonoma portata innovativa sulla ipotetica ammissibilità di tale "riammissione in ruolo" (fattispecie, oltretutto, non solo lessicalmente diversa dall'anelata "riammissione in servizio");

c) visto il carattere tendenzialmente compiuto e autosufficiente dell’ordinamento militare - diverso da quello proprio del Corpo di Polizia penitenziaria (su cui Corte cost. n. 249/2009) che, pur nelle sua specificità, si muove tendenzialmente sul piano della disciplina comune del pubblico impiego - non può trovare spazio di applicazione l’art. 132 del t.u. n. 3/1957, che prevede la generale possibilità di riammissione in servizio per gli impiegati civili dello Stato, poiché le norme dell'ordinamento militare "non solo derogano a quelle poste per la generalità degli impiegati dello Stato, ma si configurano come un sistema di rapporti sostanzialmente diverso e chiuso rispetto alle immissioni della disciplina comune" (C.G.A.R.S. n. 135/2011);

d) tale disciplina è costituzionalmente legittima, dal momento:

“che la normativa sul rapporto di impiego degli ufficiali delle Forze armate in servizio permanente, nel regolare la cessazione dal servizio permanente a domanda dell'interessato, ignora del tutto l'istituto della riammissione in servizio, nel senso che non detta un'autonoma disciplina né contiene, in proposito, norme di rinvio a quella vigente per il personale civile dello Stato, e questo silenzio del legislatore viene non implausibilmente inteso dal giudice remittente come disconoscimento dei presupposti essenziali perché possa disporsi la ricostituzione del rapporto d'impiego con l'ufficiale che sia cessato dal servizio a domanda;

che la mancata previsione di questa possibilità rinviene la propria ratio nel particolare status dell'ufficiale in servizio permanente, per il quale il legislatore prevede peculiari forme di selezione attitudinale, di addestramento e di formazione professionale, in connessione con i compiti che la Repubblica assegna alle Forze armate …;

che - premesso che non è consentito al controllo di costituzionalità di travalicare nel merito delle opzioni legislative (sentenza n. 5 del 2000) - deve escludersi che la norma denunciata [art. 43, secondo comma, della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), nella parte in cui non prevede che l'Amministrazione della difesa possa riassumere in servizio l'ufficiale cessato a domanda dal servizio permanente effettivo e collocato in congedo] sia manifestamente irragionevole o arbitraria o contrasti con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, tenuto conto che al legislatore ordinario spetta un'ampia discrezionalità nella materia dell'inquadramento e dell'articolazione delle carriere degli ufficiali, e che la riammissione in servizio di colui che abbia cessato di far parte, in seguito a sua domanda, di un'amministrazione, non costituisce un istituto caratterizzante” (Corte cost., n. 430/2005);

e) alla luce di tali considerazioni, la disposizione regolamentare, posta a base dei provvedimenti amministrativi impugnati e censurata dal T.A.R., non appare in contrasto con i principi enunciati dal giudice delle leggi né rappresenta “lo sbocco di un irragionevole esercizio della discrezionalità amministrativa”.

18. In conclusione, come anticipato, l’appello dell’Amministrazione è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

19. Considerata la natura della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO
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