Ricorso Accolto
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1) - titolare, a far data dal 1/9/2009, del trattamento di pensione n. ..... superiore a sei volte il trattamento minimo (come indicato nell’istanza rivolta all’INPS del 18.1.2016 e nella memoria integrativa del 31.1.2018 di cui si dirà appresso) - ha convenuto in giudizio l’INPS ...... per sentir dichiarare il proprio diritto ad ottenere la rivalutazione, secondo il meccanismo della perequazione automatica, del predetto trattamento pensionistico a decorrere dal 1/1/2016, rinunciando invece agli arretrati relativi al periodo 2012-2015, con la conseguente corresponsione, fino all’effettivo soddisfo, dei relativi arretrati, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria.
2) - Il ricorrente ha dedotto di aver chiesto, con raccomandata A/R del 18.1.2016, all’Inps di competenza provinciale l’adeguamento del proprio trattamento pensionistico al meccanismo della perequazione automatica a decorrere dal 1.1.2016, domanda alla quale il predetto Ente previdenziale ha fornito risposta negativa.
3) - la disciplina della perequazione ivi prevista lederebbe i principi di adeguatezza e proporzionalità del trattamento di pensione, nonché il principio di uguaglianza per i titolari di pensioni di importo superiore a sei volte il minimo I.N.P.S.
- ) - Inoltre, la riproposizione di una norma già dichiarata incostituzionale farebbe ritenere integrata la violazione dell’art. 136 Cost.
4) - Con note integrative del 23 gennaio 2018 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, indicando la misura del trattamento mensile a titolo di perequazione a lui asseritamente spettante, pari ad euro 186,58, confermando la decorrenza del 1.1.2016 e la rinuncia agli adeguamenti per il periodo 2012-2015 che ammonterebbero ad euro 10.831,47.
5) - gli arretrati richiesti dal ricorrente sono limitati al periodo successivo al 1.1.2016
6) - Ciò premesso, questo Giudice Unico deve rilevare che la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 250 del 25-10/1-12-2017, ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65/2015 in tema di perequazione automatica delle pensioni , ritenendo che,
- ) - con la nuova disciplina di cui al richiamato d.l. 65/2015, “nell’intento dichiarato di dare attuazione alla sentenza di questa Corte n. 70 del 2015, il legislatore ha operato un nuovo bilanciamento dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti nella materia”.
7) - E’ stato, altresì, rilevato che “l’art. 1, comma 1, numero 1) del d.l. n. 65 del 2015
- ) - ha, infatti, introdotto una nuova disciplina della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici relativa agli anni 2012 e 2013,
- ) - diversa da quella dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 70 del 2015,
- ) - poiché riconosce la perequazione, in misura percentuale decrescente, anche ai trattamenti pensionistici - in precedenza esclusi dalla stessa-
- ) - compresi quelli superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e quelli fino a sei volte lo stesso trattamento”.
8) - Nella predetta decisione è stata scrutinata anche la questione dell’applicazione della perequazione automatica ai trattamenti pensionistici superiori a sei volte il minimo INPS, quale è quello in godimento all’odierno ricorrente.
9) - La lettera e) del comma 25 dell’articolo 24 d.l. 201-2011, come modificato dall’articolo 1, comma 1, d.l. 65/2015, ha, infatti, del tutto escluso, limitatamente al biennio 2012-2013, la perequazione automatica dei predetti trattamenti pensionistici.
10) - L’articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), come modificato dall’articolo 1, comma 286, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, alla lettera e),
- ) - ha previsto che
- ) - “per il periodo 2014-2018 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448
- ) - è riconosciuta […] nella misura del 45 per cento,
- ) - per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS
- ) - con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi”.
11) - Il suddetto impianto normativo è stato ritenuto costituzionalmente legittimo da parte della Corte costituzionale nella citata sentenza n. 250/2017.
12) - In proposito la Consulta (cfr. punto 8.1 e 8.2.2. del considerato in diritto) ha rilevato che
- ) - il blocco della perequazione per i trattamenti pensionistici superiore a sei volte il trattamento minimo INPS
- ) - è riferito soltanto al biennio 2012-2013,
- ) - mentre per il periodo successivo (2014-2018), la disposizione cui fare riferimento è l’articolo 1, comma 483, lett. e) della legge n. 147/2013 e s.m.i.
13) - Tale disposizione riconosce la perequazione dei predetti trattamenti pensionistici nella misura del 45% per il periodo 2015-2018.
Per comprendere al meglio le argomentazioni, Leggete il tutto qui sotto.
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CAMPANIA SENTENZA 67 13/02/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CAMPANIA SENTENZA 67 2018 PENSIONI 13/02/2018
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Sentenza n. 67/2018
REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei conti
Sezione Giurisdizionale per la Campania
Il Giudice Unico delle Pensioni
dott.ssa Benedetta Cossu
ha emesso la seguente:
SENTENZA
sul ricorso in materia di pensione, iscritto al n. 68653 del registro di segreteria, depositato in data 14 dicembre 2016 proposto, da
A. S., nato a Omissis (Omissis) il Omissis, residente in Omissis, Omissis, non costituito a mezzo di procuratore, il quale ha dichiarato di voler ricevere le comunicazioni presso il seguente indirizzo PEC:
stancoalfonso@pec.it;
contro
INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, via Ciro il Grande, n. 21, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Sofia Lizzi, elettivamente domiciliato in Napoli, via De Gasperi, n. 55;
Visto l’atto introduttivo del giudizio.
Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Udito, alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2018, celebrata con l’assistenza del segretario, dott. Filiberto Imposimato, l’avvocato Maria Sofia Lizzi per l’INPS, presente la parte ricorrente personalmente.
Ritenuto in
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il Prof. S. – titolare, a far data dal 1/9/2009, del trattamento di pensione n. 17701313 superiore a sei volte il trattamento minimo (come indicato nell’istanza rivolta all’INPS del 18.1.2016 e nella memoria integrativa del 31.1.2018 di cui si dirà appresso) - ha convenuto in giudizio l’INPS della sede provinciale di Salerno per sentir dichiarare il proprio diritto ad ottenere la rivalutazione, secondo il meccanismo della perequazione automatica, del predetto trattamento pensionistico a decorrere dal 1/1/2016, rinunciando invece agli arretrati relativi al periodo 2012-2015, con la conseguente corresponsione, fino all’effettivo soddisfo, dei relativi arretrati, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria.
Il ricorrente ha dedotto di aver chiesto, con raccomandata A/R del 18.1.2016, all’Inps di competenza provinciale l’adeguamento del proprio trattamento pensionistico al meccanismo della perequazione automatica a decorrere dal 1.1.2016, domanda alla quale il predetto Ente previdenziale ha fornito risposta negativa.
Parte ricorrente ha ricostruito il quadro normativo venutosi a determinare a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 70/ 2015, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, co. 25, del D.L. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, co. 1, della legge n. 214/2011. Ha evidenziato, in particolare, come, a seguito della decisione della Consulta, sia stato emanato il decreto legge n. 65/2015, convertito in legge n. 109/2015, contenente una disciplina della rivalutazione dei trattamenti pensionistici che ha recepito solo parzialmente i contenuti della sentenza n. 70/ 2015, disponendo l’attribuzione di percentuali perequative rapportate all’ ammontare delle pensioni .
Il ricorrente ha, quindi, eccepito l’illegittimità costituzionale della legge n. 109/2015 per violazione dei parametri di cui agli artt. 3, 36 co. 1, 38 co. 2, 53 e 136 della Costituzione. In particolare, la disciplina della perequazione ivi prevista lederebbe i principi di adeguatezza e proporzionalità del trattamento di pensione, nonché il principio di uguaglianza per i titolari di pensioni di importo superiore a sei volte il minimo I.N.P.S. Inoltre, la riproposizione di una norma già dichiarata incostituzionale farebbe ritenere integrata la violazione dell’art. 136 Cost.
Con note integrative del 23 gennaio 2018 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, indicando la misura del trattamento mensile a titolo di perequazione a lui asseritamente spettante, pari ad euro 186,58, confermando la decorrenza del 1.1.2016 e la rinuncia agli adeguamenti per il periodo 2012-2015 che ammonterebbero ad euro 10.831,47. Ha, altresì, richiesto, richiamando la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il riconoscimento di un equo indennizzo per i danni morali subiti per effetto del blocco del meccanismo della perequazione automatica del trattamento pensionistico in godimento.
Con memoria del 31 gennaio 2018 si è costituito in giudizio l’INPS eccependo la decadenza dall’azione giudiziaria ex art. 47 DPR 639/1970 per i ratei messi in pagamento prima dei tre anni calcolati a ritroso dal deposito del ricorso introduttivo del giudizio. Nel merito ha rilevato l’infondatezza della domanda in quanto il decreto legge n. 65/2015, adottato a seguito della sentenza della Corte costituzionale 70/2015, ha regolamentato la disciplina della perequazione dei trattamenti pensionistici introducendo delle differenziazioni in ragione degli importi dei trattamenti pensionistici, escludendola del tutto per i trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.
Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2018, è comparso il ricorrente personalmente, il quale non essendo costituito tramite un difensore, secondo quanto previsto dall’articolo 157, comma 1, c.g.c., non ha potuto svolgere le proprie difese; l’avvocato Lizzi per l’INPS si è riportata alla memoria di costituzione chiedendo il rigetto del ricorso.
Il giudizio è passato, dunque, in decisione con lettura del dispositivo in udienza.
Considerato in
DIRITTO
1. In via pregiudiziale, deve essere dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di decadenza dall’azione giudiziaria sollevata dalla difesa dell’INPS. Dagli atti di causa si ricava, infatti, che il ricorso introduttivo del giudizio, previa presentazione di domanda in via amministrativa (18.1.2016), è stato notificato all’Ente previdenziale il 30.11.2016 e che gli arretrati richiesti dal ricorrente sono limitati al periodo successivo al 1.1.2016, avendo quest’ultimo espressamente rinunciato a quelli relativi al periodo 2012-2015.
2. Nel merito, la questione di diritto sulla quale questo Giudice Unico delle Pensioni è chiamato a pronunciarsi riguarda il sistema di perequazione dei trattamenti pensionistici introdotto dall’art. 1 del d.l. 65/2015 sotto il profilo della sua conformità ai principi sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 70 del 30 aprile 2015.
Con la citata decisione è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale - per contrasto con gli artt. 36, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione - dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in cui prevedeva, “in considerazione della contingente situazione finanziaria”, che “la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448” venisse “riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento”.
Nell’ambito di tale decisione, la violazione dei parametri costituzionali della proporzionalità del trattamento di quiescenza (art. 36, co. 1, Cost.) e della sua adeguatezza (art. 38, co. 2, Cost.) - da intendersi quale espressione del principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. e, nel contempo, attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, co. 2, Cost. - ha trovato fondamento nella considerazione che il diritto dei pensionati alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite risultava “irragionevolmente sacrificato da esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”.
Più in particolare, i Giudici della Consulta hanno posto in evidenza come la disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo di cui all’art. 25, comma 24, del D.L. n. 201 del 2011 si limitasse a richiamare genericamente la “contingente situazione finanziaria”, senza che dal disegno complessivo della legge emergesse la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti che venivano compressi da interventi così fortemente incisivi.
A seguito della pronuncia dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/2011, il Governo è intervenuto con il D.L. n. 65 del 21.5. 2015, convertito, con modifiche, nella legge n. 109 del 17.7. 2015, introducendo, con efficacia retroattiva, la disciplina della perequazione automatica delle pensioni che parte ricorrente ha sottoposto a censura sotto il profilo dell’asserita violazione dei parametri di cui agli artt. 3, 36 co. 1, 38 co. 2, 53 e 136 della Costituzione.
Ciò premesso, questo Giudice Unico deve rilevare che la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 250 del 25-10/1-12-2017, ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto-legge n. 65/2015 in tema di perequazione automatica delle pensioni , ritenendo che, con la nuova disciplina di cui al richiamato d.l. 65/2015, “nell’intento dichiarato di dare attuazione alla sentenza di questa Corte n. 70 del 2015, il legislatore ha operato un nuovo bilanciamento dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti nella materia”. E’ stato, altresì, rilevato che “l’art. 1, comma 1, numero 1) del d.l. n. 65 del 2015 ha, infatti, introdotto una nuova disciplina della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici relativa agli anni 2012 e 2013, diversa da quella dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 70 del 2015, poiché riconosce la perequazione, in misura percentuale decrescente, anche ai trattamenti pensionistici - in precedenza esclusi dalla stessa- compresi quelli superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e quelli fino a sei volte lo stesso trattamento”.
Nella predetta decisione è stata scrutinata anche la questione dell’applicazione della perequazione automatica ai trattamenti pensionistici superiori a sei volte il minimo INPS, quale è quello in godimento all’odierno ricorrente.
La lettera e) del comma 25 dell’articolo 24 d.l. 201-2011, come modificato dall’articolo 1, comma 1, d.l. 65/2015, ha, infatti, del tutto escluso, limitatamente al biennio 2012-2013, la perequazione automatica dei predetti trattamenti pensionistici.
L’articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), come modificato dall’articolo 1, comma 286, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, alla lettera e), ha previsto che “per il periodo 2014-2018 la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 è riconosciuta […] nella misura del 45 per cento, per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi”.
Il suddetto impianto normativo è stato ritenuto costituzionalmente legittimo da parte della Corte costituzionale nella citata sentenza n. 250/2017. In proposito la Consulta (cfr. punto 8.1 e 8.2.2. del considerato in diritto) ha rilevato che il blocco della perequazione per i trattamenti pensionistici superiore a sei volte il trattamento minimo INPS è riferito soltanto al biennio 2012-2013, mentre per il periodo successivo (2014-2018), la disposizione cui fare riferimento è l’articolo 1, comma 483, lett. e) della legge n. 147/2013 e s.m.i.
Tale disposizione riconosce la perequazione dei predetti trattamenti pensionistici nella misura del 45% per il periodo 2015-2018.
3. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, considerato che l’oggetto della domanda è costituito dall’applicazione della perequazione automatica al trattamento pensionistico (superiore a sei volte il minimo INPS) in godimento da parte del ricorrente, a decorrere dal 1.1.2016, avendo quest’ultimo espressamente rinunciato alla perequazione dei ratei relativi al periodo 2012-2015, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, l’INPS deve essere condannato al pagamento, a decorrere dal rateo di pensione del mese di gennaio 2016, dell’integrazione del trattamento pensionistico in godimento nella misura prevista ex art. 1, comma 483, lett. e), l. n. 147/2013 e s.mi. (pari al 45%). Sulle predette somme sono dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria determinata con applicazione degli indici ISTAT, secondo il principio del cumulo parziale affermato nella pronuncia delle SS.RR. di questa Corte n. 10/2002/QM, con decorrenza dalla data di maturazione dei singoli ratei differenziali sino all’effettivo soddisfo.
4. Destituita di fondamento è, viceversa, la domanda volta ad ottenere l’indennizzo per i danni morali subiti dal ricorrente per effetto del blocco dell’adeguamento automatico della propria pensione.
In disparte la considerazione che il ricorrente, nel ricorso introduttivo del presente giudizio, ha espressamente rinunciato all’adeguamento dei ratei di pensione relativi al periodo 2012-2015, nessuna violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU è stata ravvisata da parte della Corte costituzionale nella già richiamata sentenza n. 250/2017. La Consulta ha, in proposito precisato che l’intervento operato dal legislatore con l’articolo 1, comma 1, del d.l. 65/2015, pur se contenente disposizioni retroattive (i.d. quelle relative alla perequazione applicabile nel 2012 e 2013) idonee ad incidere su procedimenti giudiziari in corso, è stato motivato dal dichiarato “intento di dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015”, operando, con riguardo a tutti i trattamenti pensionistici, un nuovo bilanciamento tra l’interesse dei pensionati e le esigenze finanziarie dello Stato” (punto 6.2.2. del considerato in diritto).
5. In relazione alla statuizione sulle spese, non sono dovute quelle di giustizia in ragione della gratuità dei giudizi pensionistici, né quelle legali in ragione della reciproca soccombenza delle parti e della mancata costituzione del ricorrente tramite un proprio difensore.
P.Q.M.
La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Campania - in composizione di Giudice Unico per le pensioni , definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso nei termini di cui in motivazione.
Nulla per le spese di giudizio e legali.
Fissa in trenta giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso, in Napoli, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2018.
Il Giudice
(Dott.ssa Benedetta Cossu)
Depositata in Segreteria il 13 febbraio 2018
Il Direttore della Segreteria (dott. Carmine De Michele)