Cari amici del forum, leggete attentamente nel caso vi dovesse capitare analoga disavventura.
Cmq. l'INPS deve nuovamente versare le somme.
Ecco qualche brano:
1) - Ebbene proprio quest’ultima verifica non appare essere stata correttamente posta in essere dall’Inps.
2) - Dagli atti prodotti si evince, infatti, che la modifica del conto corrente su cui versare la pensione del ricorrente è stata effettuata a fronte della ricezione di una e-mail semplice, non di una PEC, e che tale indirizzo di posta elettronica non era neppure stato utilizzato precedentemente dal ricorrente nel comunicare con l’Inps.
3) - Anche la stessa comune prudenza avrebbe, dunque, in questo caso imposto – in disparte dalla considerazione che nello stesso senso non può non militare anche l’assenza sul predetto modulo del timbro dell'Ufficio pagatore e della firma di un suo funzionario – di procedere almeno ad una verifica, con un mero confronto con atti già in possesso dell’Amministrazione, della veridicità del documento d’identità allegato alla domanda di variazione e alla relativa firma.
4) - Anche questo semplice controllo, che avrebbe evitato il perfezionarsi dell’illecita sottrazione in esame, è mancato, essendosi l’Istituto affidato alla “mera apparenza” della comunicazione ricevuta, con la conseguenza che, secondo l’autorevole insegnamento della Cassazione sopra richiamato, il successivo pagamento dei ratei pensionistici, ai sensi dell’art. 1189 c.c., non può essere considerato liberatorio.
5) - Ne consegue, altresì, che risulta superata anche l’osservazione dell’Inps inerente “il divieto di doppia erogazione dei ratei in questione”: la mancata diligenza nell’effettuazione del primo pagamento, infatti, non consente di poter qualificare lo stesso, per quanto ora detto, come un’effettiva erogazione.
6) - Diversamente opinando si giungerebbe alla conclusione di dover accollare in capo al pensionato il rischio inerente all’effettuazione dell’erogazione, con la conseguenza che lo stesso dovrebbe subire gli effetti di comportamenti illeciti, posti in essere ai danni dell’Istituto previdenziale e rispetto ai quali il pensionato non ha neppure modo di poter porre in essere condotte impeditive del danno, che, di contro, l’Inps avrebbe potuto facilmente effettuare prima di disporre la modifica del numero di conto corrente del ricorrente.
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LAZIO SENTENZA 25 16/01/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 25 2018 PENSIONI 16/01/2018
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SENT.N. 25/2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL LAZIO
nella persona del giudice monocratico Giovanni GUIDA, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n° 74132 del registro di segreteria della Sezione
PROPOSTO DA
M. L. (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avv.ti Gian Luca Righi e Maria Federica Olivieri ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, alla via Vittoria Colonna n. 32 in Roma;
CONTRO
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del presidente pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n° 29 presso l’Avvocatura centrale dell’INPS stesso;
§ § §
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente chiede di accertare e dichiarare che l'INPS è inadempiente all'obbligazione di corrispondergli il rateo di pensione relativo al mese di dicembre 2012 e la tredicesima mensilità spettante per il medesimo anno per un importo complessivo di € 7.568,10 e per l'effetto condannare l'INPS al versamento allo stesso dell'importo di € 7.568,10 oltre interessi come per legge, per i dedotti titoli ovvero a titolo di risarcimento, nonché l'importo di € 2.000,00 ovvero la diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia da, eventualmente, liquidare anche in via equitativa, a titolo di risarcimento danni non patrimoniali.
1.1. Il ricorrente fonda la domanda sulla circostanza che alla data del 3.1.2013 sul proprio conto corrente non risultavano accreditati il rateo pensionistico relativo al mese di dicembre 2012 e la tredicesima mensilità. L'Ufficio INPS di Latina rappresentava all'istante che il rateo pensionistico e la tredicesima mensilità, a seguito di richiesta di variazione anagrafica sottoscritta da tale "M. L.", erano stati accreditati su un conto corrente "Che Banca!". L’istituto di credito confermava l'esistenza di un conto corrente intestato al Sig. M. L.. Alla luce della documentazione esibitagli dall'Ufficio INPS, il Gen. L. rilevava la difformità della carta di identità, della foto e delle firme apposte ai documenti in possesso dell'ufficio oltre che dei numero telefonico e dell'indirizzo e-mail non appartenenti ad esso ricorrente il quale, pertanto, sporgeva formale denuncia querela a carico di ignoti presso la competente sezione di Polizia Postale denunciando una fraudolenta sostituzione di persona.
1.2. Assumendo che l'INPS sarebbe responsabile del mancato pagamento in suo favore delle somme sopra specificate per non aver posto in essere le doverose verifiche in ordine all'identità del soggetto che ha presentato istanza di modifica delle modalità di riscossione della pensione e circa l'autenticità dei documenti presentati, il Gen. L. ha adito il Tribunale del Lavoro di Latina per ottenere i risarcimento del danno che assume derivante dal mancato introito, instando per il pagamento della somma di €7.568,10 oltre danni ulteriori come sopra specificati. In data 14 gennaio 2015 l’adito tribunale ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore di quella di questa Corte, presso cui è stato riassunto l’odierno giudizio. Il ricorrente rileva, in particolare, che:
ricostruita come di natura contrattuale la responsabilità gravante sull’Inps, «la frode subita dall'Ente debitore non possa evidentemente ritenersi esimente valida a sospendere la corresponsione di quanto dovuto - e non versato - al Gen. L., atteso che il pregiudizio delle azioni delittuose poste in essere da una banda di truffatori nei confronti dell’INPS non può, e non deve, essere sopportato dal pensionato incolpevole ed ignaro, allo stato unico soggetto colpito dagli effetti pregiudizievoli del delitto perpetuato nei confronti dell’Ente resistente. L'istituto previdenziale, invero, adempie allorquando il pensionato creditore acquista la disponibilità giuridica della somma di denaro dovuta a titolo di rateo pensionistico. "Ne consegue che il pagamento del titolo a persona diversa non estingue il debito per il rateo corrispondente, che l’istituto deve ugualmente erogare" (cfr. Cassazione civile, Sez. lavoro, 17 gennaio 2012, n. 572)»;
«a norma dell'art. 1188 c.c., il pagamento deve essere fatto al creditore, al suo rappresentante ovvero alla persona indicata dal creditore e il pagamento ad un soggetto diverso, ai sensi dell’art. 1189 c.c., non ha effetti liberatori, a meno che il creditore non lo abbia ratificato o ne abbia approfittato, ovvero ricorrano le condizioni del pagamento al creditore apparente»;
«il pagamento da parte dell’Ente Previdenziale dei ratei pensionistici spettanti … è avvenuto … anche a causa della condotta negligente e/o colposa dell’Istituto. … Una condotta maggiormente avveduta e responsabile da parte dei funzionari dell’Istituto pensionistico avrebbe invero consentito all'Ente in questione di scongiurare il raggiro evitando così di versare illegittimamente i ratei pensionistici di spettanza del Gen. L. su un altro conto corrente rispetto a quello indicato dal pensionato. E’ innegabile, infatti, che dinanzi al rischio intrinsecamente connesso a tali operazioni è necessario che l'Istituto adotti idonee forme di protezione in grado di evitare possibili truffe in suo danno, come accaduto nella fattispecie. … l'INPS avrebbe senza meno dovuto diligentemente adottare necessarie ed opportune misure di cautela (conferma telefonica o scritta delle richieste modifiche, confronto del documento esibito con quello del pensionato conservato presso gli archivi dell'Istituto Previdenziale, etc) prima di procedere all'accredito del rateo pensionistico in altro conto corrente, e ciò non ha fatto. … l'Ente ha dato seguito alla falsa richiesta di cambio di domiciliazione bancaria del 29.11.2012 nel giro di pochissimi giorni, quando è notorio che per la variazione suddetta solitamente l’INPS impiega due o tre mesi dal ricevimento della domanda di nuova domiciliazione. A ciò si aggiunga che l’INPS provvede a predisporre i pagamenti dei ratei di pensione e soprattutto della 13° con ampio anticipo rispetto alla erogazione (che avviene il giorno 16 del mese di riferimento) e pertanto appare alquanto anomalo che nel caso di specie abbia provveduto in tempi così rapidi. Da ciò ne deriva che la condotta tenuta dall 'Ente, non può che considerarsi negligente nella misura in cui ha violato i doveri di diligenza e di vigilanza cui è tenuto nello svolgimento dei propri obblighi istituzionali ed in particolare nei rapporti con i contribuenti. Grava infatti, come detto, sull'ente di previdenza uno specifico obbligo comportamentale consistente nell'uso della dovuta diligenza e professionalità nello svolgimento di operazioni amministrative, obbligo che peraltro trova la sua fonte nell'art. 1176 c.c., dettato in materia di adempimento delle obbligazioni»;
«sebbene l’art. 2 della circolare n. 47 del 27.3.2012 rubricato "Decertificazione e telematizzazione nei rapporti fra PP.AA. e privati” (peraltro richiamato nella nota Inps del 18.3.2013, stabilisca che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione “il requisito della autenticità della firma si intende infatti soddisfatto allorché la dichiarazione o l’istanza sia sottoscritta dall’interessato in presenza del responsabile del procedimento o del dipendente addetto, oppure venga inoltrata o trasmessa anche via fax, unitamente alla fotocopia non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore, da includere nel fascicolo, oppure, infine, trasmessa per via telematica”, è tuttavia evidente che l’Ente sia venuto meno a quanto prescritto dall’art. 7 della predetta circolare laddove si legge “l’intero impianto normativo in materia impone che le amministrazioni procedenti - attesa la novità circa la totale indisponibilità all'utilizzo di certificati e atti notori - operino per assicurare, comunque, la certezza degli atti, dei fatti e dei dati giuridicamente rilevanti attraverso l'acquisizione d'ufficio delle informazioni necessarie ed effettuino gli idonei controlli, anche a campione, previsti dagli articoli 71 e 72 del DPR n. 445 del 2000, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive ricevute dagli interessati. Come già previsto al comma 5, articolo 43 del D.P.R. 445/2000, le amministrazioni procedenti potranno accedere direttamente, senza oneri, alle informazioni attinenti a stati, qualità personali e fatti presso le amministrazioni competenti, con qualsiasi mezzo idoneo ad assicurare la certezza della fonte di provenienza”. In particolare si rileva che nel prospetto informativo Inps riguardante le modalità di pagamento della pensione, è espressamente specificato che il richiedente che voglia riscuotere la pensione mediante accredito sul proprio conto corrente bancario debba indicare all’atto della presentazione della domanda di pensione le coordinate dell’Ufficio pagatore presso cui intenda riscuoterla unitamente al timbro dell'Ufficio pagatore e alla firma di un suo funzionario. Tale ultima formalità però, nella richiesta di accredito sul nuovo conto corrente “Che Banca!” in virtù della quale l’Istituto controparte ha modificato le modalità di pagamento della pensione all’odierno ricorrente non è stata rispettata, mancando invero il timbro e la firma del funzionario dell’Istituto di credito. Con la conseguenza che è l’Ente previdenziale ha dato corso alla richiesta ricevuta in palese violazione degli ordinari doveri di diligenza nello svolgimento dei propri obblighi istituzionali».
2. Resiste l’Inps, evidenziando che «non è ravvisabile nel comportamento dei Funzionari dell'Istituto, alla luce dei fatti rappresentati dallo stesso ricorrente, alcuna responsabilità per violazione dei doveri di diligenza atteso che il loro operato è stato conforme alle norme di legge, dei regolamenti e delle circolari interne e che, in pendenza di accertamenti da parte delle competenti Autorità Giudiziarie la domanda di pagamento del rateo di pensione e tredicesima non può trovare accoglimento. L’operato dell’Ufficio è stato conforme alla normativa che disciplina la materia recata dal D.P.R. n. 445/200 (T.U. sulla documentazione amministrativa) nonché dalla circolare n. 47 del 27/03/2012. … Da quanto esposto emerge che l'Istituto ha osservato le disposizioni vigenti in ordine agli - adempimenti necessari per dare seguito alle richieste degli iscritti, fornendo inoltre tempestivi ed esaustivi chiarimenti al ricorrente come risulta dalle note allegate. La Sede INPS di Latina ha, altresì, proceduto, a mezzo del Direttore Responsabile Dott. Francesco Quaranta a presentare un esposto denuncia alla locale Procura della Repubblica prestando massima collaborazione agli organi inquirenti ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilità. Inoltre, è necessario rilevare che, nel periodo occorrente per lo svolgimento delle indagini di polizia in ordine a fattispecie quale quella in esame, è fatto divieto, pena la responsabilità per danno erariale, di pagare nuovamente il rateo di pensione e la tredicesima all'avente diritto. Ne consegue che, a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra il pensionato e l'ente previdenziale, in ogni caso non si rinviene nella fattispecie alcuna forma di inadempimento o inesatto adempimento dal momento che l'INPS ha effettuato 1' accredito dei benefici su un nuovo conto corrente in esecuzione di una richiesta di variazione formulata secondo le modalità di legge, proveniente apparentemente dallo stesso pensionato, per cui l'Istituto previdenziale deve essere ritenuto indenne da qualsiasi responsabilità. Non emerge, oltretutto, alcuna violazione del dovere di diligenza e/o di mancato controllo da parte dell'ente. E' ovvio che nell'ipotesi che ci occupa, il ricevimento della mail proveniente da un soggetto “omonimo” del ricorrente che ha indicato il corretto numero di partita pensionistica e l'indicazione del nuovo numero di conto corrente sul quale far accreditare il dovuto risultano sufficienti per l'ente erogatore a dare seguito alla richiesta (con allegazione di carta di identità e tessera sanitaria), senza per questo dover essere tacciato di condotta colposa e, addirittura essere costretto ad una duplicazione di pagamento, quanto meno nelle more degli accertamenti in corso. Sul punto, sembra del tutto infondata l’affermazione avversaria circa il fatto che la pendenza del procedimento permetta di superare il divieto di doppia erogazione dei ratei in questione e del fatto dell’omissione nel caso di specie di ulteriori controlli peraltro previsti a campione. Consegue da quanto sopra che l'operato dell'INPS è stato del tutto legittimo e non censurabile sotto nessun profilo, per cui le domande avanzate nei confronti dell'Istituto previdenziale vanno respinte con ogni conseguenza di legge».
3. All’odierna udienza, sono presenti, per il ricorrente, l’avv. Olivieri, e per l’Inps, l’avv. Botta, che si riportano ai propri scritti difensivi. La causa, conseguentemente, è stata posta in decisione.
4. La domanda di parte ricorrente merita di essere accolta, seppur in modo parziale. Indipendentemente da un approfondimento sulla natura del rapporto intercorrente tra Istituto previdenziale e titolare del rapporto pensionistico, come è stato chiaramente messo in evidenza dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (n. 572/2012), «nelle obbligazioni pecuniarie l'estinzione satisfattiva dell'obbligazione può avvenire solo con il pagamento e l'effetto liberatorio per il debitore che si avvalga della facoltà di pagare mediante consegna di assegno circolare si verifica quando il creditore acquista, concretamente, la disponibilità giuridica della somma di denaro (v., ex multis, Cass., S.U., 26617/2007). L'estinzione satisfattiva dell'obbligazione dell'INPS nei confronti del debitore va, dunque, raccordata alla disponibilità giuridica della somma di denaro acquisita dal creditore, solo in tal momento potendo ritenersi l'INPS esonerato da responsabilità per inadempimento nei confronti del debitore». In questo quadro generale l’adempimento, nel caso di specie in esame, dell’Istituto previdenziale deve essere valutato ai sensi dell’art. 1189 c.c., che «riconosce effetto liberatorio al pagamento fatto dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, il principio dell'apparenza del diritto, che mira alla tutela della buona fede dei terzi, trova applicazione quando concorrono le due condizioni costituite dallo stato di fatto non corrispondente alla situazione di diritto e dal convincimento del terzo, derivante da errore scusabile, che lo stato di fatto rispecchi la realtà giuridica. Pertanto, per l'applicazione di siffatto principio, occorre procedere all'indagine, da compiersi caso per caso, non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza dell'affidamento, il quale, perciò, non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa (riconducibile alla negligenza) per aver trascurato l'obbligo, derivante dalla stessa legge oltre che dall'osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose, facilmente controllabile, e per essersi affidato alla mera apparenza» (così Cass. civ. n. 20906/2005). Ebbene proprio quest’ultima verifica non appare essere stata correttamente posta in essere dall’Inps. Dagli atti prodotti si evince, infatti, che la modifica del conto corrente su cui versare la pensione del ricorrente è stata effettuata a fronte della ricezione di una e-mail semplice, non di una PEC, e che tale indirizzo di posta elettronica non era neppure stato utilizzato precedentemente dal ricorrente nel comunicare con l’Inps.
Anche la stessa comune prudenza avrebbe, dunque, in questo caso imposto – in disparte dalla considerazione che nello stesso senso non può non militare anche l’assenza sul predetto modulo del timbro dell'Ufficio pagatore e della firma di un suo funzionario – di procedere almeno ad una verifica, con un mero confronto con atti già in possesso dell’Amministrazione, della veridicità del documento d’identità allegato alla domanda di variazione e alla relativa firma. Anche questo semplice controllo, che avrebbe evitato il perfezionarsi dell’illecita sottrazione in esame, è mancato, essendosi l’Istituto affidato alla “mera apparenza” della comunicazione ricevuta, con la conseguenza che, secondo l’autorevole insegnamento della Cassazione sopra richiamato, il successivo pagamento dei ratei pensionistici, ai sensi dell’art. 1189 c.c., non può essere considerato liberatorio.
4.1. Ne consegue, altresì, che risulta superata anche l’osservazione dell’Inps inerente “il divieto di doppia erogazione dei ratei in questione”: la mancata diligenza nell’effettuazione del primo pagamento, infatti, non consente di poter qualificare lo stesso, per quanto ora detto, come un’effettiva erogazione.
Diversamente opinando si giungerebbe alla conclusione di dover accollare in capo al pensionato il rischio inerente all’effettuazione dell’erogazione, con la conseguenza che lo stesso dovrebbe subire gli effetti di comportamenti illeciti, posti in essere ai danni dell’Istituto previdenziale e rispetto ai quali il pensionato non ha neppure modo di poter porre in essere condotte impeditive del danno, che, di contro, l’Inps avrebbe potuto facilmente effettuare prima di disporre la modifica del numero di conto corrente del ricorrente. Né, infine, su un piano più generale, può ritenersi che la semplificazione delle procedure prevista dalla disciplina sopra richiamata, di cui l’invio telematico costituisce una species, possa ridondare in un maggior rischio, anche potenziale, per il cittadino, in favore della quale è stata legislativamente prevista, dovendo, invece, essere parametro su cui graduare la diligenza dell’Amministrazione coinvolta.
5. Non merita, invece, accoglimento la domanda volta alla richiesta del risarcimento del danno morale, in mancanza non solo di qualsivoglia prova, ma anche di specifica allegazione del danno concretamente subito dal ricorrente, ulteriore rispetto a quello già risarcito ex lege mediante attribuzione di interessi legali e rivalutazione monetaria secondo il disposto dell’art. 429 c.p.c.
6. Data la complessa natura della causa, sussistono apprezzabili motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette
Accoglie
nei termini di cui in motivazione il ricorso in epigrafe e per l’effetto condanna l’INPS a versare al ricorrente l’importo di € 7.568,10, oltre a rivalutazione dalla data in cui sarebbe dovuto essere stato effettuato il versamento dei predetti ratei ed interessi dalla data della presente sentenza fino al soddisfo.
Spese compensate.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 20 ottobre 2017.
IL GIUDICE
(F.to: Giovanni Guida)
Depositata in Segreteria il 16.01.2018
P. Il Dirigente
F.to: Dott. Alessandro VINICOLA
Truffa accredito rateo pensionistico. Inps ripaga
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