Pensione privilegiata cumulabile con altri trattamenti quis
Inviato: dom ott 15, 2017 10:21 am
Dalla Corte dei Conti Sezioni Riunite affermato il seguente diritto.
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“Al percettore di pensione privilegiata tabellare spetta l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SEZIONI RIUNITE SENTENZA 29 2017 PENSIONI 13/09/2017
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SEZIONI RIUNITE SENTENZA 29 13/09/2017
Sentenza n. 29/2017/QM
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
composta dai seguenti magistrati:
Alberto AVOLI Presidente
Antonio CIARAMELLA Consigliere
Pina Maria Adriana LA CAVA Consigliere
Maria Elisabetta LOCCI Consigliere relatore
Giuseppina MAIO Consigliere
Francesca PADULA Consigliere
Gerardo DE MARCO Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio su questione di massima, iscritto al n. 541/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni riunite, deferita dalla Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti con sentenza/ordinanza n. 15/2017, depositata il 12 gennaio 2017, pronunciata sul giudizio di appello n. 50326, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Sardegna del 27 ottobre 2015, n. 250/2015, e contro il signor Bruno ERGOI.
Visti gli atti di causa.
Uditi, nell’udienza del 14 giugno 2017, con l’assistenza del Segretario Dr.ssa Maria Elvira ADDONIZIO, il relatore Cons. Maria Elisabetta LOCCI, gli Avvocati Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, ed il pubblico Ministero, nella persona del vice Procuratore generale Antongiulio MARTINA. Non presente l’Avvocatura dello Stato.
Ritenuto in
FATTO
1. Con la sentenza/ordinanza in epigrafe, la Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello ha posto la seguente questione di massima: “Se al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
2. Rileva, in narrativa, il Giudice remittente che la Sezione giurisdizionale per la Sardegna, con la sentenza n. 250/2015, aveva dichiarato il diritto del sig. ERGOI all’ indennità integrativa speciale in misura intera, ivi compresa la 13^ mensilità, sulla pensione privilegiata tabellare di cui è titolare, a decorrere dall’8 luglio 2009, in costanza di percezione di altra pensione INPS dell’assicurazione generale obbligatoria, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria sui relativi arretrati.
Avverso la pronuncia aveva interposto appello il Ministero dell’economia e delle finanze, chiedendone la riforma, nel senso di limitare il beneficio alla misura corrispondente al cosiddetto “minimo INPS”, in ragione della persistenza del divieto di cumulo dell’ indennità integrativa speciale , principio applicabile anche alle pensioni INPS dell’A.G.O., poiché provviste di un accessorio finalizzato a mantenere inalterato il potere di acquisto della moneta.
Il sig. ERGOI, con il patrocinio degli avv.ti Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, aveva sostenuto, in ordine al merito della questione, che non si porrebbe alcun problema di cumulo dell’ indennità integrativa speciale , non essendo previsto alcun analogo beneficio sul trattamento INPS dell’A.G.O., invocando l’applicazione dei principi dettati dalla sentenza di queste Sezioni riunite, n. 54/2015/QM, ancorché pronunciata per la diversa ipotesi di contestuale percezione di una pensione tabellare e di un trattamento INPS – ex INPDAP, liquidato dopo il 1° gennaio 1995.
Nel ritenere inconferente il richiamo alla sentenza della Corte di cassazione, Sezioni unite, 23 ottobre 2008 n. 25616, contenuto nel gravame, il ricorrente aveva addotto che, pur volendo considerare impossibile il cumulo dell’ indennità in parola con le quote aggiuntive previste per le pensioni INPS dell’A.G.O., comunque la prima dovrebbe essere corrisposta a scapito delle seconde, anche perché riferita a un trattamento pensionistico avente decorrenza più remota. In ogni caso, avendo le pensioni tabellari natura risarcitoria, le stesse sarebbero pienamente cumulabili con altri trattamenti pensionistici, effetto che si estenderebbe anche all’ indennità integrativa speciale su tali prestazioni corrisposta.
3. La Sezione remittente, respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’ERGOI, ha sospeso la pronuncia nel merito dell’appello, e ha rimesso a queste Sezioni riunite la riportata questione di massima, evidenziando come, nelle ipotesi di diritto del titolare di pensione privilegiata tabellare a percepire su detto trattamento l’ indennità integrativa speciale , in misura intera, in costanza di altro trattamento pensionistico INPS dell'assicurazione generale obbligatoria, sia dato registrare un contrasto giurisprudenziale.
Difatti, la stessa Sezione I centrale, dopo aver inizialmente aderito all’orientamento che, in ragione della natura risarcitoria (indennitaria e non previdenziale), delle pensioni privilegiate tabellari escludeva l’applicazione del “divieto di cumulo” (sentenza n. 808/2014), ha di poi mutato indirizzo (inaugurato con sentenza n. 1013/2014, relativa a due trattamenti pubblici, e confermato con sentenze n. 327/2015 e n. 544 del 30 ottobre 2015), giungendo all’approdo che, nel caso di duplice pensione, spetti l’ indennità integrativa speciale anche sul secondo trattamento pensionistico, ma solo limitatamente alla misura necessaria per ottenere l’integrazione della pensione sino all’importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il fondo pensione lavoratori dipendenti (cosiddetto “minimo INPS”), data la vigenza del principio che vieta la duplicazione di incrementi pensionistici, comunque denominati, collegati con il costo della vita e la previsione, per le pensioni INPS, di un sistema di perequazione che sostituisce l’ indennità integrativa speciale .
Diversamente, la Sezione seconda giurisdizionale di appello, con la sentenza n. 613/2016 (e analogamente con le sentenze n. 612/2016 e n. 188/2014), ha accolto la tesi favorevole ai pensionati, evidenziando che “secondo il sistema pensionistico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria a carico dell’INPS, esteso dal 1°.1.1995 anche alle forme di previdenza esclusive o sostitutive di tale sistema, l’ indennità integrativa speciale (ove percepita quale componente della retribuzione) non costituisce un elemento accessorio della pensione ed è invece considerata – ai fini del calcolo della pensione e come ogni altro elemento retributivo assoggettato a contribuzione – quale parte integrante della retribuzione pensionabile”. Peraltro, poiché “per la pensione liquidata dall’INPS secondo le norme vigenti per l’Assicurazione Generale Obbligatoria non esiste un emolumento separato dalla stessa pensione assimilabile all’ indennità integrativa speciale , viene meno la stessa ragion d’essere del divieto di cumulo”.
4. L’Avvocatura generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’economia e delle finanze, si è costituita nel presente giudizio depositando all’uopo memoria difensiva in data 29 maggio 2017, con la quale ha chiesto che la questione di massima sia decisa nel senso di stabilire che "al percettore di pensione privilegiata tabellare spetta l' indennità integrativa speciale in misura limitata al cosiddetto minimo INPS, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell'Assicurazione Generale Obbligatoria, con ogni conseguenza di legge”.
Ad avviso dell’Avvocatura, la declaratoria d'illegittimità pronunciata dalla Consulta avrebbe travolto le sole norme relative al divieto di cumulo nel caso di prestazioni rese alle dipendenze di terzi, sia pubblici che privati (art. 99, quinto comma, del D.P.R. 23.12.1973 n. 1092, e art. 17, primo comma, della legge 21.12.1978 n. 843), rimanendo fermo il divieto di cumulo dell' indennità integrativa speciale in misura intera su plurime pensioni, posto dall'art. 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/73, tuttora vigente, di talché potrebbe farsi salvo il solo importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensione lavoratori dipendenti.
A conforto di tale assunto ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 31.12.1993, le sentenze delle Sezioni riunite di questa Corte n. 14/QM/2003 del 18.06.2003/11.07.2003, e n. 2/QM/2006 del 22.02.2006, nonché diversi precedenti del Giudice d’appello (tra cui, terza Sezione giurisdizionale d'appello, sentenza n. 163/08 del 9–12/5/2008, e prima Sezione giurisdizionale d'appello, sentenza n. 236/2008/A del 16-28/5/2008).
Nessuna novità sarebbe stata introdotta dall'art. 1, comma 776, della legge 266/2006, come precisato da queste Sezioni riunite con sentenza n. l/QM/2009, con la quale è stata ribadita la vigenza del divieto di cumulo, né potrebbe sostenersi, come argomentato dal difensore del ricorrente, che la indennità integrativa speciale abbia mutato natura, quanto meno dal 01.01.1995, per inferirne una sorta di diritto alla riliquidazione delle pensioni, con percezione in misura integrale dell’emolumento, in quanto tali conclusioni non parrebbero confortate dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, e dall'andamento del cammino legislativo.
Difatti, la Corte costituzionale, con sentenza n. 197 del 2010, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, avrebbe ribadito i principi affermati nei suoi precedenti interventi, e confermato il divieto per il pensionato di fruire in misura intera dell' indennità integrativa speciale su più trattamenti pensionistici, fatto salvo il limite del c.d. minimo INPS, mantenendo un orientamento condiviso dalle Sezioni centrali d'appello della Corte dei conti, con le sentenze: nn. 371/2009, 842/2012, 58/2012, 30/2013 e 675/2014, della III Sezione centrale; n. 13/2014 della II Sezione centrale; nn. 163/2008, 236/2008, 256/2009, 9/2010/A, 127/2010, 926/2013, 242/2014/A, 302/2014/A, 1125/2014/A, della I Sezione centrale.
Inoltre, lo stesso Giudice d’appello (I Sezione giurisdizionale centrale, sentenze n. 327, 544, e 597 del 2015, e 34 del 2016, e III Sezione giurisdizionale centrale, sentenza n. 54 del 2016), nel condividere il principio affermato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 25616/2008), avrebbe chiarito che anche il trattamento pensionistico INPS ha una voce corrispondente all’ indennità integrativa speciale , mentre non sarebbe applicabile, al caso di specie, la sentenza delle Sezioni riunite n. 54/15 del 25.09.2015, poiché riferita a fattispecie diversa, inerente a pensione tabellare percepita in costanza di altro trattamento erogato dall'ex INPDAP, in cui l'emolumento non è più erogato come assegno accessorio, ma conglobato nella base pensionabile. Anzi, proprio la ratio di siffatta ultima pronuncia delle Sezioni riunite confermerebbe, ad avviso della difesa erariale, la sussistenza di un divieto di cumulo integrale, avendo, comunque, i trattamenti INPS dell’A.G.O., un accessorio finalizzato a mantenere inalterato il potere di acquisto della moneta.
Infine, a supporto di una lettura sostanzialistica e non meramente nominalistica del regime dell' indennità , con esclusione del cumulo integrale, militerebbe il combinato disposto degli artt. 2 e 81 Cost., ai sensi dei quali è preteso da ciascuno l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, che non potrebbe che estrinsecarsi anche nel contribuire, singolarmente, come membro della comunità statale, all'obiettivo dello Stato di assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Alla luce delle disposizioni costituzionali, quindi, si giustificherebbe un'interpretazione della normativa primaria che, in questa fase storica dell'ordinamento vigente, impedisca qualsivoglia duplicazione di trattamenti economici a carico delle finanze pubbliche.
5. Il signor ERGOI si è costituito nel presente giudizio con il patrocinio degli Avv.ti Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, con memoria depositata in data 1° giugno 2017, con la quale è stato conclusivamente richiesto che sia dichiarato “il diritto del percettore di pensione privilegiata tabellare a conseguire la indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, in contemporanea titolarità di altro trattamento di quiescenza INPS dell'A.G.O.”, sulla scorta delle seguenti argomentazioni.
In primo luogo, non sembrerebbe ammissibile la tesi del Ministero, secondo il quale la indennità integrativa speciale debba e possa limitarsi per ragioni meramente reddituali, facendo a tal fine richiamo a quanto erroneamente affermato da due sole sentenze del Giudice d’appello (la n. 544/2015, del 30.10.2015, e la n. 327/2015, del 20.05.2015, entrambe della prima Sezione centrale), che hanno negato il diritto a percepire la indennità integrativa speciale in costanza di altra pensione INPS dell'A.G.O. in forza di un "principio immanente" nel nostro ordinamento – ancorato a mere ragioni reddituali – per cui "il titolare di più pensioni può godere della indennità integrativa speciale su un solo trattamento pensionistico".
Né argomenti a favore di una decurtazione della indennità integrativa speciale potrebbero trarsi dall'art. 24, comma 25 del d.l. n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011), posto a fondamento delle indicate pronunce, in ragione della intervenuta caducazione della norma ad opera della Corte costituzionale, con sentenza n. 70/2015 (pubblicata in epoca precedente all’adozione delle sentenze d’appello, perciò impugnate per revocazione).
In ogni modo, spetterebbe al solo legislatore stabilire se la indennità integrativa speciale possa essere limitata in ragione del mero reddito percepito dal pensionato, nel rispetto, peraltro, dei principi costituzionali di proporzionalità ed adeguatezza del trattamento di quiescenza.
A non voler considerare che una decisione della Corte dei conti che neghi la percezione dell’emolumento, non per un "divieto di cumulo" della indennità integrativa speciale , di cui all’art. 99, comma 2 del D.P.R. n. 1092/73 e ss. mod., o all'art. 19 commi 1 e 2 della l. 843/1978, bensì soltanto per motivi reddituali, eccederebbe immancabilmente il potere giurisdizionale, in violazione degli artt. 103, 111 e 117 Cost., poiché verrebbe, nei fatti, applicata non già una norma esistente, bensì una norma giurisprudenzialmente creata e, di conseguenza, inammissibilmente esercitata.
In conclusione, alla luce del quadro ordinamentale e delle pronunce della Consulta (sentenze 29-31 dicembre 1993 n. 494, e 13-22 dicembre 1989, n. 566), dovrebbe trarsi il principio che qualora il pensionato sia percettore di due trattamenti che contemplino la indennità integrativa speciale autonoma e separata, vada fatto salvo l'importo della indennità integrativa speciale fino alla concorrenza del "minimo INPS” sul secondo trattamento.
nel caso di specie, peraltro, la indennità integrativa speciale non sarebbe stata autonomamente liquidata nel trattamento di pensione INPS dell'A.G.O., di talché l'importo della indennità integrativa speciale sull'altra pensione (quella tabellare), non essendo in alcun modo limitato dalla legge, dovrebbe essere corrisposto nella misura integrale.
Non trattandosi di un caso di "cumulo" di più indennità integrative speciali, tale emolumento non potrebbe essere limitato al c.d. minimo INPS, in assenza di alcun substrato normativo positivo, per cui la questione proposta dovrebbe essere dichiarata in tal senso inammissibile, non potendosi sindacare la spettanza o meno della indennità integrativa speciale integrale in ordine ad un parametro meramente reddituale del pensionato, pur se ingenerato da altro trattamento pensionistico.
Ad avviso della difesa dell’originario ricorrente, una lettura sistematica della normativa di riferimento dovrebbe portare ad escludere l’applicazione alla fattispecie in esame della norma di cui all'art. 99 del D.P.R. n. 1092/73, sia pur contemperata dal principio formulato dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni riunite della Corte dei conti, in quanto diretta a regolare il "divieto di cumulo" su plurimi trattamenti pensionistici pubblici ante 01.01.1995, liquidati con indennità integrativa speciale separata.
Il ricorrente, al contrario, non avrebbe un secondo trattamento pensionistico statale e, oltretutto, sulla pensione liquidata dall'NPS (dell'A.G.O.), calcolata mediante il conglobamento di tutte le voci che vanno a formare il cespite pensionistico, poi ridotto all'80%, non vi sarebbe alcun emolumento liquidato a titolo di indennità integrativa speciale , separatamente dall'importo pensione.
Difatti, nel regime dell’A.G.O., l'emolumento corrispondente alla indennità integrativa speciale (la cosiddetta "scala mobile"), era stato assorbito (e conglobato), sia negli stipendi che nelle pensioni già da tempo, così divenendo parte integrante del trattamento pensionistico e perdendo la funzione propria di adeguamento dinamico di rivalutazione.
Da ciò l’applicabilità, anche per le pensioni INPS dell'A.G.O., dei principi affermati dalle Sezioni riunite con sentenza n. 54 del 25/09/2015, in forza dei quali nessun problema di cumulo si porrebbe in ordine alle pensioni statali liquidate dopo il 01.01.1995, proprio in relazione al conglobamento dell' indennità in questione, e della marginalizzazione della funzione propria dell'adeguamento al costo della vita, che il Legislatore, come descritto dal dato testuale delle leggi 724/1994 e 335/1995, ha mutuato dall’ordinamento pensionistico INPS dell’A.G.O..
Inoltre, poiché il petitum e la causa petendi del presente giudizio sarebbero limitate alla spettanza della indennità integrativa speciale sulla pensione tabellare statale nella misura integrale, non dovrebbero trovare ingresso le ulteriori argomentazioni della difesa erariale sulla presunta permanenza di un divieto di cumulo, in ragione del disposto di cui all'art. 19 della l. 834/1978, in forza del quale sarebbero non dovute, sulla pensione INPS dell’A.G.O., in ipotesi di contestuale percezione di trattamento di pensione ordinaria liquidato con indennità integrativa speciale separata, le c.d. quote aggiuntive.
Peraltro, in virtù sia del dato testuale della norma richiamata, sia dell’orientamento costante dalla Suprema Corte, in compresenza di pensioni pubbliche con indennità integrativa speciale separata e pensioni INPS dell'A.G.O., andrebbe privilegiata sempre la concessione della indennità integrativa speciale sulla pensione statale, divenendo semmai non spettanti le quote aggiuntive sulla pensione dell'A.G.O. (Sentenze Cass. n.25616 del 2008, e n. 11010 del 2009).
In altre parole, in tali delineate ipotesi, la pensione liquidata dall'INPS dell'A.G.O. non andrebbe aggiornata con le quote aggiuntive annuali.
Rileverebbe, infine, la specifica natura, esclusivamente risarcitoria, della pensione privilegiata tabellare (ai sensi del combinato disposto dell'art. 49 della legge 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 3 della legge 25 novembre 1971 n. 1079), che ne consentirebbe la piena cumulabilità con altri trattamenti pensionistici (cfr. Cass., sentenze n. 6414/1992, n. 8619/1993, n. 12219/2004).
6. La Procura generale ha depositato memoria in data 1° giugno 2017, con la quale ha chiesto che, alla questione deferita, sia data soluzione nel senso che “al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
A sostegno delle rassegnate conclusioni, ha formulato le seguenti osservazioni e considerazioni.
In primo luogo, la questione sarebbe da considerare ammissibile in quanto, alla luce dei precedenti richiamati dalla sentenza/ordinanza di deferimento, parrebbe sussistere un contrasto giurisprudenziale orizzontale in grado d'appello (cfr. SS.RR. 01.06.2011 n. 10/2011/QM), ancorché non potrebbe affermarsi che le pronunce citate contengano "l'elaborazione coerente ed organica di argomentazioni, volte alla dimostrazione di una tesi decisoria risolutiva della questione in rilievo".
Difatti, all'orientamento espresso dalla II Sezione giur. d'appello, con le sentenze n. 188/2014, n. 613/2016 e n. 612/2016, in forza del quale non sarebbe configurabile il "cumulo", in ragione della ritenuta mancanza, nella pensione liquidata dall'INPS, secondo le norme vigenti per l'assicurazione generale obbligatoria, di un emolumento separato dalla stessa pensione assimilabile all' indennità integrativa speciale , si contrappone l'orientamento espresso della I Sezione giur. d'appello con sentenze n. 544/2015 e n. 327/2014, per il quale "nel caso di due trattamenti pensionistici, almeno uno dei quali sia garantito da sistema di adeguamento comunque denominato, l' indennità integrativa speciale spetta solo su un trattamento, potendo, al più, il secondo trattamento, su cui non è corrisposta l' indennità integrativa speciale , essere integrato al cd minimo INPS".
Ha, peraltro segnalato come, nella sentenza n. 808/2014 della I Sezione, il riconoscimento dell' indennità in misura intera sulla pensione tabellare si fondi sulla rilevata natura di trattamento risarcitorio, indennitario e non previdenziale, della pensione tabellare.
Nel merito della questione, la Procura generale ha ritenuto che non siano condivisibili né le argomentazioni, né le conclusioni, cui è pervenuta la I Sezione giur. centrale con le sentenze nn. 544/2015 e 327/2014.
In proposito, ha osservato come le fattispecie ivi decise non riguardino il caso di soggetto intestatario di più pensioni pubbliche, cui parimenti acceda l' indennità integrativa speciale (con correlata questione del cumulo), ma la diversa ipotesi, oggetto della deferita questione di massima, di titolarità, in capo al medesimo soggetto, di una pensione pubblica (pensione tabellare), cui accede l' indennità integrativa speciale , e di un trattamento pensionistico erogato dall'I.N.P.S., secondo il regime dell'A.G.O. cui non accede l' indennità integrativa ma, eventualmente, altro analogo trattamento di adeguamento al costo della vita.
Per tali ipotesi non dovrebbero, pertanto, trovare applicazione gli artt. 2, sesto comma, della l. 324/1959 e 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, con il correttivo di cui alle sentenze della Corte costituzionale nn. 172 del 22.04.1991, e 494 del 31.12.1993, ma la diversa disposizione di cui all'art. 19, della l. n. 843/1978, dettata per regolare, appunto, l'ipotesi del cumulo di analoghi trattamenti, collegati con le variazioni del costo della vita. Conseguentemente, non potrebbe affermarsi, come invece ritenuto dalla I Sezione giur. centrale, con le summenzionate sentenze nn. 544/2015 e 327/2014, che l' indennità integrativa speciale sul trattamento tabellare competa solo nella misura del c.d. "minimo INPS".
Avuto riguardo alle sentenze n. 808/2014 della I Sezione, e n. 188/2014, n. 613/2016 e n. 612/2016 della Il Sezione, la Procura generale, nel condividerne le conclusioni, ha ritenuto non condivisibili le motivazioni addotte.
In particolare, la ratio decidendi della sentenza n.808/2014 della I Sezione sarebbe incentrata sulla natura risarcitoria della pensione privilegiata tabellare, elemento privo di qualsivoglia rilievo, alla luce di quanto affermato da queste Sezioni riunite, con sentenza del 25.09. 2015, n.54.
Del pari, non sarebbe convincente la motivazione contenuta nelle altre sentenze della Sezione Il giur. centrale, nella parte in cui hanno escluso la configurabilità del cumulo, in ragione della ritenuta mancanza, nella pensione liquidata dall'INPS secondo le norme vigenti per l'assicurazione generale obbligatoria, di un emolumento separato dalla pensione, analogo all' indennità integrativa speciale .
Difatti, nel regime dell’A.G.O. spetterebbe, comunque, la perequazione automatica conseguente al variare dell’indice del costo vita, a norma dell’art. 10, comma 3, della legge n. 160 del 1975 (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 04/10/2011, n. 20262) e, dunque, un emolumento che svolgerebbe, per i titolari di pensione a carico del fondo pensione lavoratori dipendenti, la medesima funzione assolta dall' indennità integrativa speciale .
Anche nell’ambito dell'assicurazione generale obbligatoria, l'art. 19, primo comma, della l. 21/12/1978, n. 843, avrebbe previsto il divieto di cumulo, per i titolari di due o più pensioni, di siffatti trattamenti di adeguamento al costo della vita (a decorrere dal 1° gennaio 1979).
La disposizione conterrebbe un principio applicabile anche in ipotesi di contemporanea percezione di una pensione dell'assicurazione generale obbligatoria e di una pensione dello Stato, provvista di indennità integrativa speciale , a seguito della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 25616 del 23.10.2008, con la quale la Suprema Corte aveva risolto il contrasto di indirizzi ermeneutici insorto in ordine all'ambito di operatività dell'art. 19 della l. 843/1978 (si era ritenuto, in precedenza, che la norma riferisse il divieto di cumulo esclusivamente ai titolari di più pensioni "a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti" o "a carico delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o comunque integrative dell’assicurazione generale obbligatoria", mentre non fosse applicabile in caso di concorso di una pensione dell'A.G.O. e di una a carico dello Stato).
Alla soluzione ermeneutica espressa dalle Sezioni unite si sarebbe conformata la giurisprudenza successiva (cfr., ex multis, Cass. civ. Sez. VI – lav., ordinanza, 08-10-2015, n. 20169; Cass. civ. Sez. lav., 11.02.2010, n. 3109; Cass. civ. Sez. lav., 01.02.2010, n. 2286).
Peraltro, ad avviso della Procura generale, l’applicazione del divieto di cumulo di cui all'art. 19, primo comma, della l. n. 843/1978, se rilevante per i trattamenti pensionistici INPS dell'assicurazione generale obbligatoria, oggetto di cognizione da parte dell'Autorità giudiziaria ordinaria, sarebbe priva di rilevanza pratica, avuto riguardo alle pensioni oggetto di cognizione da parte della Corte dei conti.
Infatti, ai sensi del secondo comma della richiamata disposizione, qualora su una delle pensioni trovi applicazione la l. 31 luglio 1975. n. 364, continua a corrispondersi l' indennità integrativa speciale di cui alla legge stessa, restando in ogni caso non dovuta la quota aggiuntiva di cui all'art. 10, della legge n. 160/1975, o altro analogo trattamento collegato con le variazioni del costo della vita (cfr. sentenza n. 25616/2008 cit.).
Ne conseguirebbe che, in ogni caso, al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l' indennità integrativa speciale sulla pensione statale in godimento, appartenente alla cognizione di questa Corte, a nulla rilevando, alla luce del chiaro disposto di cui all'art. 19, secondo comma, l. n. 843/1978 che sia, altresì, titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’assicurazione generale obbligatoria.
La cognizione sulla eventuale operatività del divieto di cumulo di cui all' art. 19, primo comma, l. n. 843/1978, e sulla spettanza, o meno, delle quote aggiuntive di cui all'art. 10 della l. n. 160/1975, o di eventuale altro trattamento di adeguamento al costo della vita sarebbe, difatti, demandata all'Autorità giudiziaria ordinaria.
Sulla pensione privilegiata tabellare, sarebbe, inoltre, dovuta l’ indennità integrativa speciale sul rateo di tredicesima mensilità, a termini dell'art. 3, primo comma, l. 364/1975, il quale ha previsto che, a decorrere dall'anno 1976, l' indennità integrativa speciale mensile sia corrisposta al personale in quiescenza, anche in aggiunta atta tredicesima mensilità, per un importo lordo pari alla differenza tra la misura spettante nel mese di dicembre dell'anno considerato, e quella fissata al 10 gennaio 1975 in £.38.720.
7. Nella pubblica udienza del 14 giugno 2017, l’Avvocato LIPPI, nel richiamare le difese in atti, ha sottolineato la scarsa rilevanza pratica della giurisprudenza sul divieto di cumulo, in ragione dell’evoluzione normativa sulle modalità di computo dei trattamenti pensionistici in genere. In particolare, poi, essendo l’ERGOI titolare di trattamento INPS sul quale non sono corrisposte le quote aggiuntive, non dovrebbe aver luogo alcuna limitazione.
Il pubblico Ministero, nella persona del vice Procuratore generale Antongiulio MARTINA, ha integralmente richiamato la memoria scritta, precisando che il divieto di cumulo, come operante nel regime dell’A.G.O. escluderebbe il riconoscimento delle quote aggiuntive, per la cui valutazione sarebbe competente il Giudice ordinario.
La causa in questi termini è stata trattenuta per la decisione.
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FINE PRIMA PARTE
continua
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“Al percettore di pensione privilegiata tabellare spetta l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SEZIONI RIUNITE SENTENZA 29 2017 PENSIONI 13/09/2017
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SEZIONI RIUNITE SENTENZA 29 13/09/2017
Sentenza n. 29/2017/QM
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
composta dai seguenti magistrati:
Alberto AVOLI Presidente
Antonio CIARAMELLA Consigliere
Pina Maria Adriana LA CAVA Consigliere
Maria Elisabetta LOCCI Consigliere relatore
Giuseppina MAIO Consigliere
Francesca PADULA Consigliere
Gerardo DE MARCO Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio su questione di massima, iscritto al n. 541/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni riunite, deferita dalla Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello della Corte dei conti con sentenza/ordinanza n. 15/2017, depositata il 12 gennaio 2017, pronunciata sul giudizio di appello n. 50326, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Sardegna del 27 ottobre 2015, n. 250/2015, e contro il signor Bruno ERGOI.
Visti gli atti di causa.
Uditi, nell’udienza del 14 giugno 2017, con l’assistenza del Segretario Dr.ssa Maria Elvira ADDONIZIO, il relatore Cons. Maria Elisabetta LOCCI, gli Avvocati Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, ed il pubblico Ministero, nella persona del vice Procuratore generale Antongiulio MARTINA. Non presente l’Avvocatura dello Stato.
Ritenuto in
FATTO
1. Con la sentenza/ordinanza in epigrafe, la Sezione prima giurisdizionale centrale d’appello ha posto la seguente questione di massima: “Se al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
2. Rileva, in narrativa, il Giudice remittente che la Sezione giurisdizionale per la Sardegna, con la sentenza n. 250/2015, aveva dichiarato il diritto del sig. ERGOI all’ indennità integrativa speciale in misura intera, ivi compresa la 13^ mensilità, sulla pensione privilegiata tabellare di cui è titolare, a decorrere dall’8 luglio 2009, in costanza di percezione di altra pensione INPS dell’assicurazione generale obbligatoria, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria sui relativi arretrati.
Avverso la pronuncia aveva interposto appello il Ministero dell’economia e delle finanze, chiedendone la riforma, nel senso di limitare il beneficio alla misura corrispondente al cosiddetto “minimo INPS”, in ragione della persistenza del divieto di cumulo dell’ indennità integrativa speciale , principio applicabile anche alle pensioni INPS dell’A.G.O., poiché provviste di un accessorio finalizzato a mantenere inalterato il potere di acquisto della moneta.
Il sig. ERGOI, con il patrocinio degli avv.ti Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, aveva sostenuto, in ordine al merito della questione, che non si porrebbe alcun problema di cumulo dell’ indennità integrativa speciale , non essendo previsto alcun analogo beneficio sul trattamento INPS dell’A.G.O., invocando l’applicazione dei principi dettati dalla sentenza di queste Sezioni riunite, n. 54/2015/QM, ancorché pronunciata per la diversa ipotesi di contestuale percezione di una pensione tabellare e di un trattamento INPS – ex INPDAP, liquidato dopo il 1° gennaio 1995.
Nel ritenere inconferente il richiamo alla sentenza della Corte di cassazione, Sezioni unite, 23 ottobre 2008 n. 25616, contenuto nel gravame, il ricorrente aveva addotto che, pur volendo considerare impossibile il cumulo dell’ indennità in parola con le quote aggiuntive previste per le pensioni INPS dell’A.G.O., comunque la prima dovrebbe essere corrisposta a scapito delle seconde, anche perché riferita a un trattamento pensionistico avente decorrenza più remota. In ogni caso, avendo le pensioni tabellari natura risarcitoria, le stesse sarebbero pienamente cumulabili con altri trattamenti pensionistici, effetto che si estenderebbe anche all’ indennità integrativa speciale su tali prestazioni corrisposta.
3. La Sezione remittente, respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’ERGOI, ha sospeso la pronuncia nel merito dell’appello, e ha rimesso a queste Sezioni riunite la riportata questione di massima, evidenziando come, nelle ipotesi di diritto del titolare di pensione privilegiata tabellare a percepire su detto trattamento l’ indennità integrativa speciale , in misura intera, in costanza di altro trattamento pensionistico INPS dell'assicurazione generale obbligatoria, sia dato registrare un contrasto giurisprudenziale.
Difatti, la stessa Sezione I centrale, dopo aver inizialmente aderito all’orientamento che, in ragione della natura risarcitoria (indennitaria e non previdenziale), delle pensioni privilegiate tabellari escludeva l’applicazione del “divieto di cumulo” (sentenza n. 808/2014), ha di poi mutato indirizzo (inaugurato con sentenza n. 1013/2014, relativa a due trattamenti pubblici, e confermato con sentenze n. 327/2015 e n. 544 del 30 ottobre 2015), giungendo all’approdo che, nel caso di duplice pensione, spetti l’ indennità integrativa speciale anche sul secondo trattamento pensionistico, ma solo limitatamente alla misura necessaria per ottenere l’integrazione della pensione sino all’importo corrispondente al trattamento minimo previsto per il fondo pensione lavoratori dipendenti (cosiddetto “minimo INPS”), data la vigenza del principio che vieta la duplicazione di incrementi pensionistici, comunque denominati, collegati con il costo della vita e la previsione, per le pensioni INPS, di un sistema di perequazione che sostituisce l’ indennità integrativa speciale .
Diversamente, la Sezione seconda giurisdizionale di appello, con la sentenza n. 613/2016 (e analogamente con le sentenze n. 612/2016 e n. 188/2014), ha accolto la tesi favorevole ai pensionati, evidenziando che “secondo il sistema pensionistico dell’Assicurazione Generale Obbligatoria a carico dell’INPS, esteso dal 1°.1.1995 anche alle forme di previdenza esclusive o sostitutive di tale sistema, l’ indennità integrativa speciale (ove percepita quale componente della retribuzione) non costituisce un elemento accessorio della pensione ed è invece considerata – ai fini del calcolo della pensione e come ogni altro elemento retributivo assoggettato a contribuzione – quale parte integrante della retribuzione pensionabile”. Peraltro, poiché “per la pensione liquidata dall’INPS secondo le norme vigenti per l’Assicurazione Generale Obbligatoria non esiste un emolumento separato dalla stessa pensione assimilabile all’ indennità integrativa speciale , viene meno la stessa ragion d’essere del divieto di cumulo”.
4. L’Avvocatura generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’economia e delle finanze, si è costituita nel presente giudizio depositando all’uopo memoria difensiva in data 29 maggio 2017, con la quale ha chiesto che la questione di massima sia decisa nel senso di stabilire che "al percettore di pensione privilegiata tabellare spetta l' indennità integrativa speciale in misura limitata al cosiddetto minimo INPS, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell'Assicurazione Generale Obbligatoria, con ogni conseguenza di legge”.
Ad avviso dell’Avvocatura, la declaratoria d'illegittimità pronunciata dalla Consulta avrebbe travolto le sole norme relative al divieto di cumulo nel caso di prestazioni rese alle dipendenze di terzi, sia pubblici che privati (art. 99, quinto comma, del D.P.R. 23.12.1973 n. 1092, e art. 17, primo comma, della legge 21.12.1978 n. 843), rimanendo fermo il divieto di cumulo dell' indennità integrativa speciale in misura intera su plurime pensioni, posto dall'art. 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/73, tuttora vigente, di talché potrebbe farsi salvo il solo importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensione lavoratori dipendenti.
A conforto di tale assunto ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 31.12.1993, le sentenze delle Sezioni riunite di questa Corte n. 14/QM/2003 del 18.06.2003/11.07.2003, e n. 2/QM/2006 del 22.02.2006, nonché diversi precedenti del Giudice d’appello (tra cui, terza Sezione giurisdizionale d'appello, sentenza n. 163/08 del 9–12/5/2008, e prima Sezione giurisdizionale d'appello, sentenza n. 236/2008/A del 16-28/5/2008).
Nessuna novità sarebbe stata introdotta dall'art. 1, comma 776, della legge 266/2006, come precisato da queste Sezioni riunite con sentenza n. l/QM/2009, con la quale è stata ribadita la vigenza del divieto di cumulo, né potrebbe sostenersi, come argomentato dal difensore del ricorrente, che la indennità integrativa speciale abbia mutato natura, quanto meno dal 01.01.1995, per inferirne una sorta di diritto alla riliquidazione delle pensioni, con percezione in misura integrale dell’emolumento, in quanto tali conclusioni non parrebbero confortate dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, e dall'andamento del cammino legislativo.
Difatti, la Corte costituzionale, con sentenza n. 197 del 2010, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, avrebbe ribadito i principi affermati nei suoi precedenti interventi, e confermato il divieto per il pensionato di fruire in misura intera dell' indennità integrativa speciale su più trattamenti pensionistici, fatto salvo il limite del c.d. minimo INPS, mantenendo un orientamento condiviso dalle Sezioni centrali d'appello della Corte dei conti, con le sentenze: nn. 371/2009, 842/2012, 58/2012, 30/2013 e 675/2014, della III Sezione centrale; n. 13/2014 della II Sezione centrale; nn. 163/2008, 236/2008, 256/2009, 9/2010/A, 127/2010, 926/2013, 242/2014/A, 302/2014/A, 1125/2014/A, della I Sezione centrale.
Inoltre, lo stesso Giudice d’appello (I Sezione giurisdizionale centrale, sentenze n. 327, 544, e 597 del 2015, e 34 del 2016, e III Sezione giurisdizionale centrale, sentenza n. 54 del 2016), nel condividere il principio affermato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 25616/2008), avrebbe chiarito che anche il trattamento pensionistico INPS ha una voce corrispondente all’ indennità integrativa speciale , mentre non sarebbe applicabile, al caso di specie, la sentenza delle Sezioni riunite n. 54/15 del 25.09.2015, poiché riferita a fattispecie diversa, inerente a pensione tabellare percepita in costanza di altro trattamento erogato dall'ex INPDAP, in cui l'emolumento non è più erogato come assegno accessorio, ma conglobato nella base pensionabile. Anzi, proprio la ratio di siffatta ultima pronuncia delle Sezioni riunite confermerebbe, ad avviso della difesa erariale, la sussistenza di un divieto di cumulo integrale, avendo, comunque, i trattamenti INPS dell’A.G.O., un accessorio finalizzato a mantenere inalterato il potere di acquisto della moneta.
Infine, a supporto di una lettura sostanzialistica e non meramente nominalistica del regime dell' indennità , con esclusione del cumulo integrale, militerebbe il combinato disposto degli artt. 2 e 81 Cost., ai sensi dei quali è preteso da ciascuno l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale, che non potrebbe che estrinsecarsi anche nel contribuire, singolarmente, come membro della comunità statale, all'obiettivo dello Stato di assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Alla luce delle disposizioni costituzionali, quindi, si giustificherebbe un'interpretazione della normativa primaria che, in questa fase storica dell'ordinamento vigente, impedisca qualsivoglia duplicazione di trattamenti economici a carico delle finanze pubbliche.
5. Il signor ERGOI si è costituito nel presente giudizio con il patrocinio degli Avv.ti Andrea LIPPI e Simonetta MARCHETTI, con memoria depositata in data 1° giugno 2017, con la quale è stato conclusivamente richiesto che sia dichiarato “il diritto del percettore di pensione privilegiata tabellare a conseguire la indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, in contemporanea titolarità di altro trattamento di quiescenza INPS dell'A.G.O.”, sulla scorta delle seguenti argomentazioni.
In primo luogo, non sembrerebbe ammissibile la tesi del Ministero, secondo il quale la indennità integrativa speciale debba e possa limitarsi per ragioni meramente reddituali, facendo a tal fine richiamo a quanto erroneamente affermato da due sole sentenze del Giudice d’appello (la n. 544/2015, del 30.10.2015, e la n. 327/2015, del 20.05.2015, entrambe della prima Sezione centrale), che hanno negato il diritto a percepire la indennità integrativa speciale in costanza di altra pensione INPS dell'A.G.O. in forza di un "principio immanente" nel nostro ordinamento – ancorato a mere ragioni reddituali – per cui "il titolare di più pensioni può godere della indennità integrativa speciale su un solo trattamento pensionistico".
Né argomenti a favore di una decurtazione della indennità integrativa speciale potrebbero trarsi dall'art. 24, comma 25 del d.l. n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011), posto a fondamento delle indicate pronunce, in ragione della intervenuta caducazione della norma ad opera della Corte costituzionale, con sentenza n. 70/2015 (pubblicata in epoca precedente all’adozione delle sentenze d’appello, perciò impugnate per revocazione).
In ogni modo, spetterebbe al solo legislatore stabilire se la indennità integrativa speciale possa essere limitata in ragione del mero reddito percepito dal pensionato, nel rispetto, peraltro, dei principi costituzionali di proporzionalità ed adeguatezza del trattamento di quiescenza.
A non voler considerare che una decisione della Corte dei conti che neghi la percezione dell’emolumento, non per un "divieto di cumulo" della indennità integrativa speciale , di cui all’art. 99, comma 2 del D.P.R. n. 1092/73 e ss. mod., o all'art. 19 commi 1 e 2 della l. 843/1978, bensì soltanto per motivi reddituali, eccederebbe immancabilmente il potere giurisdizionale, in violazione degli artt. 103, 111 e 117 Cost., poiché verrebbe, nei fatti, applicata non già una norma esistente, bensì una norma giurisprudenzialmente creata e, di conseguenza, inammissibilmente esercitata.
In conclusione, alla luce del quadro ordinamentale e delle pronunce della Consulta (sentenze 29-31 dicembre 1993 n. 494, e 13-22 dicembre 1989, n. 566), dovrebbe trarsi il principio che qualora il pensionato sia percettore di due trattamenti che contemplino la indennità integrativa speciale autonoma e separata, vada fatto salvo l'importo della indennità integrativa speciale fino alla concorrenza del "minimo INPS” sul secondo trattamento.
nel caso di specie, peraltro, la indennità integrativa speciale non sarebbe stata autonomamente liquidata nel trattamento di pensione INPS dell'A.G.O., di talché l'importo della indennità integrativa speciale sull'altra pensione (quella tabellare), non essendo in alcun modo limitato dalla legge, dovrebbe essere corrisposto nella misura integrale.
Non trattandosi di un caso di "cumulo" di più indennità integrative speciali, tale emolumento non potrebbe essere limitato al c.d. minimo INPS, in assenza di alcun substrato normativo positivo, per cui la questione proposta dovrebbe essere dichiarata in tal senso inammissibile, non potendosi sindacare la spettanza o meno della indennità integrativa speciale integrale in ordine ad un parametro meramente reddituale del pensionato, pur se ingenerato da altro trattamento pensionistico.
Ad avviso della difesa dell’originario ricorrente, una lettura sistematica della normativa di riferimento dovrebbe portare ad escludere l’applicazione alla fattispecie in esame della norma di cui all'art. 99 del D.P.R. n. 1092/73, sia pur contemperata dal principio formulato dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni riunite della Corte dei conti, in quanto diretta a regolare il "divieto di cumulo" su plurimi trattamenti pensionistici pubblici ante 01.01.1995, liquidati con indennità integrativa speciale separata.
Il ricorrente, al contrario, non avrebbe un secondo trattamento pensionistico statale e, oltretutto, sulla pensione liquidata dall'NPS (dell'A.G.O.), calcolata mediante il conglobamento di tutte le voci che vanno a formare il cespite pensionistico, poi ridotto all'80%, non vi sarebbe alcun emolumento liquidato a titolo di indennità integrativa speciale , separatamente dall'importo pensione.
Difatti, nel regime dell’A.G.O., l'emolumento corrispondente alla indennità integrativa speciale (la cosiddetta "scala mobile"), era stato assorbito (e conglobato), sia negli stipendi che nelle pensioni già da tempo, così divenendo parte integrante del trattamento pensionistico e perdendo la funzione propria di adeguamento dinamico di rivalutazione.
Da ciò l’applicabilità, anche per le pensioni INPS dell'A.G.O., dei principi affermati dalle Sezioni riunite con sentenza n. 54 del 25/09/2015, in forza dei quali nessun problema di cumulo si porrebbe in ordine alle pensioni statali liquidate dopo il 01.01.1995, proprio in relazione al conglobamento dell' indennità in questione, e della marginalizzazione della funzione propria dell'adeguamento al costo della vita, che il Legislatore, come descritto dal dato testuale delle leggi 724/1994 e 335/1995, ha mutuato dall’ordinamento pensionistico INPS dell’A.G.O..
Inoltre, poiché il petitum e la causa petendi del presente giudizio sarebbero limitate alla spettanza della indennità integrativa speciale sulla pensione tabellare statale nella misura integrale, non dovrebbero trovare ingresso le ulteriori argomentazioni della difesa erariale sulla presunta permanenza di un divieto di cumulo, in ragione del disposto di cui all'art. 19 della l. 834/1978, in forza del quale sarebbero non dovute, sulla pensione INPS dell’A.G.O., in ipotesi di contestuale percezione di trattamento di pensione ordinaria liquidato con indennità integrativa speciale separata, le c.d. quote aggiuntive.
Peraltro, in virtù sia del dato testuale della norma richiamata, sia dell’orientamento costante dalla Suprema Corte, in compresenza di pensioni pubbliche con indennità integrativa speciale separata e pensioni INPS dell'A.G.O., andrebbe privilegiata sempre la concessione della indennità integrativa speciale sulla pensione statale, divenendo semmai non spettanti le quote aggiuntive sulla pensione dell'A.G.O. (Sentenze Cass. n.25616 del 2008, e n. 11010 del 2009).
In altre parole, in tali delineate ipotesi, la pensione liquidata dall'INPS dell'A.G.O. non andrebbe aggiornata con le quote aggiuntive annuali.
Rileverebbe, infine, la specifica natura, esclusivamente risarcitoria, della pensione privilegiata tabellare (ai sensi del combinato disposto dell'art. 49 della legge 30 aprile 1969 n. 153 e dell'art. 3 della legge 25 novembre 1971 n. 1079), che ne consentirebbe la piena cumulabilità con altri trattamenti pensionistici (cfr. Cass., sentenze n. 6414/1992, n. 8619/1993, n. 12219/2004).
6. La Procura generale ha depositato memoria in data 1° giugno 2017, con la quale ha chiesto che, alla questione deferita, sia data soluzione nel senso che “al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’ indennità integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.
A sostegno delle rassegnate conclusioni, ha formulato le seguenti osservazioni e considerazioni.
In primo luogo, la questione sarebbe da considerare ammissibile in quanto, alla luce dei precedenti richiamati dalla sentenza/ordinanza di deferimento, parrebbe sussistere un contrasto giurisprudenziale orizzontale in grado d'appello (cfr. SS.RR. 01.06.2011 n. 10/2011/QM), ancorché non potrebbe affermarsi che le pronunce citate contengano "l'elaborazione coerente ed organica di argomentazioni, volte alla dimostrazione di una tesi decisoria risolutiva della questione in rilievo".
Difatti, all'orientamento espresso dalla II Sezione giur. d'appello, con le sentenze n. 188/2014, n. 613/2016 e n. 612/2016, in forza del quale non sarebbe configurabile il "cumulo", in ragione della ritenuta mancanza, nella pensione liquidata dall'INPS, secondo le norme vigenti per l'assicurazione generale obbligatoria, di un emolumento separato dalla stessa pensione assimilabile all' indennità integrativa speciale , si contrappone l'orientamento espresso della I Sezione giur. d'appello con sentenze n. 544/2015 e n. 327/2014, per il quale "nel caso di due trattamenti pensionistici, almeno uno dei quali sia garantito da sistema di adeguamento comunque denominato, l' indennità integrativa speciale spetta solo su un trattamento, potendo, al più, il secondo trattamento, su cui non è corrisposta l' indennità integrativa speciale , essere integrato al cd minimo INPS".
Ha, peraltro segnalato come, nella sentenza n. 808/2014 della I Sezione, il riconoscimento dell' indennità in misura intera sulla pensione tabellare si fondi sulla rilevata natura di trattamento risarcitorio, indennitario e non previdenziale, della pensione tabellare.
Nel merito della questione, la Procura generale ha ritenuto che non siano condivisibili né le argomentazioni, né le conclusioni, cui è pervenuta la I Sezione giur. centrale con le sentenze nn. 544/2015 e 327/2014.
In proposito, ha osservato come le fattispecie ivi decise non riguardino il caso di soggetto intestatario di più pensioni pubbliche, cui parimenti acceda l' indennità integrativa speciale (con correlata questione del cumulo), ma la diversa ipotesi, oggetto della deferita questione di massima, di titolarità, in capo al medesimo soggetto, di una pensione pubblica (pensione tabellare), cui accede l' indennità integrativa speciale , e di un trattamento pensionistico erogato dall'I.N.P.S., secondo il regime dell'A.G.O. cui non accede l' indennità integrativa ma, eventualmente, altro analogo trattamento di adeguamento al costo della vita.
Per tali ipotesi non dovrebbero, pertanto, trovare applicazione gli artt. 2, sesto comma, della l. 324/1959 e 99, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, con il correttivo di cui alle sentenze della Corte costituzionale nn. 172 del 22.04.1991, e 494 del 31.12.1993, ma la diversa disposizione di cui all'art. 19, della l. n. 843/1978, dettata per regolare, appunto, l'ipotesi del cumulo di analoghi trattamenti, collegati con le variazioni del costo della vita. Conseguentemente, non potrebbe affermarsi, come invece ritenuto dalla I Sezione giur. centrale, con le summenzionate sentenze nn. 544/2015 e 327/2014, che l' indennità integrativa speciale sul trattamento tabellare competa solo nella misura del c.d. "minimo INPS".
Avuto riguardo alle sentenze n. 808/2014 della I Sezione, e n. 188/2014, n. 613/2016 e n. 612/2016 della Il Sezione, la Procura generale, nel condividerne le conclusioni, ha ritenuto non condivisibili le motivazioni addotte.
In particolare, la ratio decidendi della sentenza n.808/2014 della I Sezione sarebbe incentrata sulla natura risarcitoria della pensione privilegiata tabellare, elemento privo di qualsivoglia rilievo, alla luce di quanto affermato da queste Sezioni riunite, con sentenza del 25.09. 2015, n.54.
Del pari, non sarebbe convincente la motivazione contenuta nelle altre sentenze della Sezione Il giur. centrale, nella parte in cui hanno escluso la configurabilità del cumulo, in ragione della ritenuta mancanza, nella pensione liquidata dall'INPS secondo le norme vigenti per l'assicurazione generale obbligatoria, di un emolumento separato dalla pensione, analogo all' indennità integrativa speciale .
Difatti, nel regime dell’A.G.O. spetterebbe, comunque, la perequazione automatica conseguente al variare dell’indice del costo vita, a norma dell’art. 10, comma 3, della legge n. 160 del 1975 (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 04/10/2011, n. 20262) e, dunque, un emolumento che svolgerebbe, per i titolari di pensione a carico del fondo pensione lavoratori dipendenti, la medesima funzione assolta dall' indennità integrativa speciale .
Anche nell’ambito dell'assicurazione generale obbligatoria, l'art. 19, primo comma, della l. 21/12/1978, n. 843, avrebbe previsto il divieto di cumulo, per i titolari di due o più pensioni, di siffatti trattamenti di adeguamento al costo della vita (a decorrere dal 1° gennaio 1979).
La disposizione conterrebbe un principio applicabile anche in ipotesi di contemporanea percezione di una pensione dell'assicurazione generale obbligatoria e di una pensione dello Stato, provvista di indennità integrativa speciale , a seguito della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 25616 del 23.10.2008, con la quale la Suprema Corte aveva risolto il contrasto di indirizzi ermeneutici insorto in ordine all'ambito di operatività dell'art. 19 della l. 843/1978 (si era ritenuto, in precedenza, che la norma riferisse il divieto di cumulo esclusivamente ai titolari di più pensioni "a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti" o "a carico delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o comunque integrative dell’assicurazione generale obbligatoria", mentre non fosse applicabile in caso di concorso di una pensione dell'A.G.O. e di una a carico dello Stato).
Alla soluzione ermeneutica espressa dalle Sezioni unite si sarebbe conformata la giurisprudenza successiva (cfr., ex multis, Cass. civ. Sez. VI – lav., ordinanza, 08-10-2015, n. 20169; Cass. civ. Sez. lav., 11.02.2010, n. 3109; Cass. civ. Sez. lav., 01.02.2010, n. 2286).
Peraltro, ad avviso della Procura generale, l’applicazione del divieto di cumulo di cui all'art. 19, primo comma, della l. n. 843/1978, se rilevante per i trattamenti pensionistici INPS dell'assicurazione generale obbligatoria, oggetto di cognizione da parte dell'Autorità giudiziaria ordinaria, sarebbe priva di rilevanza pratica, avuto riguardo alle pensioni oggetto di cognizione da parte della Corte dei conti.
Infatti, ai sensi del secondo comma della richiamata disposizione, qualora su una delle pensioni trovi applicazione la l. 31 luglio 1975. n. 364, continua a corrispondersi l' indennità integrativa speciale di cui alla legge stessa, restando in ogni caso non dovuta la quota aggiuntiva di cui all'art. 10, della legge n. 160/1975, o altro analogo trattamento collegato con le variazioni del costo della vita (cfr. sentenza n. 25616/2008 cit.).
Ne conseguirebbe che, in ogni caso, al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l' indennità integrativa speciale sulla pensione statale in godimento, appartenente alla cognizione di questa Corte, a nulla rilevando, alla luce del chiaro disposto di cui all'art. 19, secondo comma, l. n. 843/1978 che sia, altresì, titolare di altro trattamento di quiescenza INPS dell’assicurazione generale obbligatoria.
La cognizione sulla eventuale operatività del divieto di cumulo di cui all' art. 19, primo comma, l. n. 843/1978, e sulla spettanza, o meno, delle quote aggiuntive di cui all'art. 10 della l. n. 160/1975, o di eventuale altro trattamento di adeguamento al costo della vita sarebbe, difatti, demandata all'Autorità giudiziaria ordinaria.
Sulla pensione privilegiata tabellare, sarebbe, inoltre, dovuta l’ indennità integrativa speciale sul rateo di tredicesima mensilità, a termini dell'art. 3, primo comma, l. 364/1975, il quale ha previsto che, a decorrere dall'anno 1976, l' indennità integrativa speciale mensile sia corrisposta al personale in quiescenza, anche in aggiunta atta tredicesima mensilità, per un importo lordo pari alla differenza tra la misura spettante nel mese di dicembre dell'anno considerato, e quella fissata al 10 gennaio 1975 in £.38.720.
7. Nella pubblica udienza del 14 giugno 2017, l’Avvocato LIPPI, nel richiamare le difese in atti, ha sottolineato la scarsa rilevanza pratica della giurisprudenza sul divieto di cumulo, in ragione dell’evoluzione normativa sulle modalità di computo dei trattamenti pensionistici in genere. In particolare, poi, essendo l’ERGOI titolare di trattamento INPS sul quale non sono corrisposte le quote aggiuntive, non dovrebbe aver luogo alcuna limitazione.
Il pubblico Ministero, nella persona del vice Procuratore generale Antongiulio MARTINA, ha integralmente richiamato la memoria scritta, precisando che il divieto di cumulo, come operante nel regime dell’A.G.O. escluderebbe il riconoscimento delle quote aggiuntive, per la cui valutazione sarebbe competente il Giudice ordinario.
La causa in questi termini è stata trattenuta per la decisione.
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FINE PRIMA PARTE
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