Armi da sparo da versare per la distruzione

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Armi da sparo da versare per la distruzione

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RICORSO perso.
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sospensione disciplinare dall'impiego per mesi 8.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201701180
- Public 2017-05-22 -


Numero 01180/2017 e data 18/05/2017 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 22 marzo 2017

NUMERO AFFARE 00415/2013

OGGETTO:
Ministero della difesa, Comando generale dell'Arma dei Carabinieri.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza di sospensiva, proposto dal sig. OMISSIS, avverso il provvedimento di sospensione disciplinare dall'impiego per mesi 8.

LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 321800/CI – D – 8 del 23 gennaio 2012, con la quale il Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, ha chiesto al Consiglio di Stato il previsto parere sul presente ricorso straordinario;

Visto il parere interlocutorio del 13 marzo 2013;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Umberto Realfonzo;

Premesso:

Il Carabiniere Scelto OMISSIS fu condannato dal Tribunale di La Spezia a pena detentiva per i reati continuati di truffa, omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale, omissione di atti di ufficio e falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici (in concorso con altro militare) perché, al fine di trarne profitto, aveva ottenuto la cessione a titolo gratuito di più armi da sparo da versare in caserma per la successive distruzione, facendo sottoscrivere ai detentori un atto di alienazione a suo favore, e formando false attestazioni utilizzate per favorire le operazioni di cessione.

L'inchiesta formale, nell'ambito della quale non ha presentato memorie difensive in sua discolpa, si concluse con la proposta di irrogazione della sanzione sospensiva per mesi 3. Tale determinazione non veniva condivisa dal Comando generale, il quale, riteneva che, alla stregua della condotta lesiva del prestigio dell'Istituzione, la sanzione non fosse proporzionata ai reati contestati, che dimostravano una consapevole inosservanza delle norma attinenti il proprio status.

In conseguenza, in data 14 febbraio 2012, il Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri gli irrogava la sanzione disciplinare di stato di mesi otto di sospensione dall’impiego, ai sensi dell’articolo 1357, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 66/2010 (c.o.m.).

Con il presente ricorso al Capo dello Stato, il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, della predetta determinazione in data 14 febbraio 2012, deducendo vari capi di gravame relativi alla violazione dell'art. 9 della legge n.19/90, degli artt. 7 e 8 della legge 241/90, degli artt. 5 e 6 del D.M. n. 603/1993 e n. 690/1996 e dell’art. 120 del d.p.r. n.3/1957.

Con il parere interlocutorio del 13 marzo 2013, la Sezione ha disposto, su espressa richiesta del ricorrente che, allo scopo di perfezionare il contraddittorio, l’Amministrazione provvedesse a fargli pervenire copia della relazione ministeriale.

L’adempimento è stato ritualmente adempiuto dall’Amministrazione, tuttavia, nel tempo assegnatogli per le eventuali controdeduzioni, il ricorrente non ha fatto pervenire osservazioni.

Considerato:

Il ricorso è infondato.

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 9 della legge n. 19/90, in quanto dalla data di notifica dell'atto di contestazione degli addebiti alla data di emanazione del provvedimento finale da parte dell'Autorità competente sarebbero trascorsi 195 giorni anziché i 90 previsti dalla legge.

L'art. 9 l. 7 febbraio 1990, n. 19, laddove al primo comma prevede che il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale, non abroga in via di principio la pena accessoria della interdizione perpetua e, contrariamente a quanto vorrebbe la parte ricorrente, la predetta norma invocata concerne la specifica -- e differente fattispecie -- della destituzione in via amministrativa e quindi è estranea al caso in esame.

Inoltre, anche a voler seguire in via ipotetica la tesi del ricorrente, il secondo comma prevede non solo il termine di 180 giorni, decorrente dalla data in cui l'Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna, per l'avvio del procedimento disciplinare o per la prosecuzione del procedimento sospeso, ma anche il termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento ed i due termini si cumulano con la conseguenza che è concesso all'Amministrazione un termine complessivo di 270 giorni per concludere il procedimento disciplinare (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 1 gennaio 2004 n. 1, e di recente infra multa Consiglio di Stato, sez. III, 13/05/2015, n. 2374).

2. Insussistenti sono poi le pretese violazioni degli artt. 7 e 8 della legge 241/90, come modificati dalla legge n. 15/2005, e degli artt. 5 e 6 del D.M. n. 603/1993 e n. 690/1996 per mancata partecipazione al procedimento amministrativo, e poiché non gli sarebbe stata notificata la proposta inviata dal Comandante di Corpo alla Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa di adozione nei suoi confronti del provvedimento di sospensione disciplinare dall'impiego come da allegato C alla pubblicazione n. MIL/0309952/111/9xC Guide Tecnica - Norma e Procedure Disciplinari'' 2A edizione -anno 2008 edita dal Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare.

Il militare, infatti, ha ritualmente preso parte al procedimento amministrativo, in ragione della puntuale contestazione degli addebiti che gli era stata parimenti secondo rito notificata il 30 luglio 2012.

Orbene, in ragione della specialità del procedimento disciplinare, la contestazione degli addebiti è un istituto necessario e sufficiente a garantire la partecipazione dell'inquisito.

Peraltro, quanto alle altre facoltà procedimentali garantite dalla legge 241 del 1990 in sede disciplinare, l’interessato, pur ampiamente informato dall'ufficiale inquirente dei propri diritti, non ha ritenuto di produrre memorie difensive a sua discolpa.

3. Parimenti inconferente è poi la circostanza per cui la sanzione sarebbe stata illegittima per la mancata notifica della proposta di sanzione all’interessato in pretesa violazione dell’art. 120 dell'art. 120 comma 1, t.u. 10 gennaio 1957 n. 3, che concerne, invece, il termine estintivo del procedimento disciplinare ogni qualvolta, prima della sua scadenza, sia adottato un atto proprio del procedimento, anche se di carattere interno, dal quale possa inequivocabilmente desumersi la volontà dell'Amministrazione di portare a conclusione il procedimento (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 luglio 2012, n. 4257).

4. Sul piano sostanziale della logica e della razionalità, inoltre, il provvedimento sanzionatorio appare legittimamente ancorato ad una obiettiva e ragionevole valutazione delle vicende che avevano visto coinvolto il ricorrente e degli interessi istituzionali dell'Amministrazione.

5. Il gravame, in definitiva, si appalesa infondato.

P.Q.M.

esprime il parere che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Umberto Realfonzo Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà


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Re: Armi da sparo da versare per la distruzione

Messaggio da panorama »

dopo averne viste tante, decisi nel 2011 di fare un quesito all'URP

DOMANDA
Oggetto: Comandante di stazione e denunce di armi in ufficio

L’art. 104 del R.G.A. dispone che “I comandanti di stazione, nelle sedi ove non siano distaccati uffici di P.S. hanno l’obbligo:

a) Di accogliere le denunce delle armi proprie di cui è consentita la detenzione a domicilio e di trascriverle nell’apposito registro.

In riferimento all’art. 104 e alla lettera “A” di cui sopra, gradirei sapere se quanto sopra disposto dal R.G.A. è un obbligo/dovere solo ed esclusione del comandante di stazione e pertanto individuato dalla legge o TULPS come persone responsabile alla sola trattazione della particolare materia sulle armi.

Quanto sopra chiesto anche in quanto personalmente non ho mai visto nelle sedi in cui sono stato, un comandante di stazione trattare personalmente la delicata materia delle armi ma, al contrario, ho visto sempre App/ti e C/ri ricevere le denunce di acquisto e/o vendita di armi e trascriverle direttamente in apposito registro ed aggiungo anche che ci sono stati App/ti e C/ri autorizzati dal comandante a firmare la denuncia del possesso di armi direttamente da questi colleghi.

Per quanto sopra esposto gradirei sapere effettivamente chi deve essere materialmente a trattare tutte le pratiche di cui sopra secondo le disposizioni di leggi e se l’Arma ha individuato “l’unico operatore” personalmente nella persona del comandante di stazione o si è basata su
qualche articolo di legge.

Inoltre gradirei sapere se, nei casi di cui sopra chi sarebbe responsabile innanzi alla legge per errori materiali ecc. ecc., il comandante di stazione o quei colleghi App/ti e C/ri che firmano per il comandante?

Può personalmente un collega di cui sopra firmare le denunce di armi?

Ci sono in tal senso ulteriori circolari/disposizioni del C.G.A. o riferimenti di legge?

In attesa di una vostra gentile risposta porgo distinti saluti


RISPOSTA

Risposta:
Appuntato,
si conferma la vigenza del n. 104 R.G.A.,
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