Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Feed - POLIZIA DI STATO

Rispondi
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13226
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da panorama »

Ricorso ACCOLTO.
-----------------------------------

1) - già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012,

2) - Detta promozione ha determinato solo effetti giuridici e nessun beneficio di natura economica; il menzionato provvedimento ha in proposito richiamato nel preambolo il d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 ed il d.l. n. 27/2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 74/2011, che hanno stabilito che le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 avrebbero avuto effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici ed è stato istituito un fondo destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.

3) - Con il presente ricorso è stato censurato il richiamato provvedimento e sono stati chiesti l’accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente al riconoscimento e conseguimento anche degli effetti economici derivanti dallo stesso.

Il TAR Lazio precisa:

4) - Si è detto in precedenza che il ricorrente, già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012, in applicazione dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005, ma gli sono stati riconosciuti unicamente gli effetti giuridici.

5) - La citata disposizione normativa, abrogata solo successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015, per effetto dell’art. 1 della l. n. 190/2014, recita: “In conseguenza di quanto previsto dal comma 259, a decorrere dal 1º gennaio 2006, sono attribuiti:
.... OMISSIS leggere direttamente in sentenza.

6) - Il provvedimento impugnato non stabilisce alcunché in ordine agli effetti economici e nel preambolo richiama il d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010.

7) - L’art. 9, comma 21, del citato d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 stabilisce: “Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”.
In applicazione della predetta disposizione, la promozione in questione ha avuto appunto solo effetti giuridici.

8) - Occorre, tuttavia, rimarcare i tratti peculiari che caratterizzano la promozione de qua.

9) - Essa discende direttamente dalla legge e viene attribuita automaticamente, senza alcuna valutazione né tanto meno alcun confronto comparativo tra concorrenti, il giorno prima che il dirigente superiore, in possesso della necessaria anzianità nella qualifica prevista ex lege, vada in quiescenza.

10) - È evidente che si tratta di un beneficio previsto dalla legge (ora non più, a decorrere dal 1°.1.2015), con incidenza diretta sul trattamento pensionistico, che si giustifica proprio in ragione di tali effetti, in quanto altrimenti sarebbe del tutto svuotato di significato.

11) - Diversamente invece le promozioni alle quali fa riferimento il menzionato art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010 disposte negli anni ivi indicati conseguono ad una valutazione e sono strumentali ad una vera e propria progressione in carriera, con correlato esercizio di funzioni nella mansione superiore.

12) - Il congelamento di che trattasi, riferito solamente agli anni specificamente individuati - 2011, 2012 e 2013 -, non può, perciò, che riguardare unicamente gli effetti economici delle promozioni in ultimo viste.

13) - Va detto al riguardo che, proprio in ragione di questa limitazione temporale della mancata esplicazione degli effetti economici, la norma in questione è stata ritenuta costituzionalmente legittima.

N.B.: per completezza leggete il tutto completamente in sentenza.
------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1T ,numero provv.: 201702024, - Public 2017-02-06 –

Pubblicato il 06/02/2017


N. 02024/2017 REG.PROV.COLL.
N. 05563/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5563 del 2012, proposto da:
Paul Albert F. N., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Barca, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Oslavia n. 7;

contro
Il Ministero dell’Interno ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, costituiti in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso la sede dell’Avvocatura generale dello Stato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento
del provvedimento del Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 29.3.2012, notificato in data 15.5.2012, di promozione alla qualifica di Dirigente Generale;

di ogni suo atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

per l’accertamento e la declaratoria
del diritto del ricorrente al riconoscimento e conseguimento anche degli effetti economici derivanti dal suindicato decreto di promozione, con corresponsione delle correlate somme dovute anche a titolo di trattamento di fine servizio, previa rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale del d.l. 31.5.2010, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 30.7.2010, n. 122, nella parte in cui l’art. 9, comma 21, contrasta con gli artt. 2, 3 e 97 Cost. per disparità di trattamento e violazione del principio di imparzialità.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2016, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

I - Il ricorrente, già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012, in applicazione dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005, giusta decreto del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 29.3.2012, notificato in data 15.5.2012.

Detta promozione ha determinato solo effetti giuridici e nessun beneficio di natura economica; il menzionato provvedimento ha in proposito richiamato nel preambolo il d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 ed il d.l. n. 27/2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 74/2011, che hanno stabilito che le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 avrebbero avuto effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici ed è stato istituito un fondo destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.

II - Con il presente ricorso è stato censurato il richiamato provvedimento e sono stati chiesti l’accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente al riconoscimento e conseguimento anche degli effetti economici derivanti dallo stesso.

III - I motivi di diritto dedotti sono i seguenti:

1) Violazione della Carta Costituzionale - Violazione di Legge.

Il provvedimento gravato sarebbe stato emesso in palese violazione dell’art. 1, comma 260, lettera b), della legge 23.12.2005, n. 266, il quale prevede che al dirigente superiore della Polizia di Stato “con almeno cinque anni di anzianità della qualifica sono attribuiti la promozione alla qualifica di Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio”, con la consequenziale attribuzione dei correlati effetti giuridici ed economici.

La promozione in esame non sarebbe assimilabile alle progressioni di carriera contemplate dal d.l. n. 78/2010, essendo essa attribuita a posteriori, ossia a pensionamento avvenuto, e, perciò, necessariamente riferita, per decorrenza, all’ultimo giorno di servizio prestato, quindi proprio alla fine stessa della carriera, alla quale è condizionata, mentre quella tipica, disposta nel vivo svolgersi della vita lavorativa, consente effettivamente l’esercizio della funzione di dirigente generale e, pertanto, può effettivamente qualificarsi come una progressione in carriera.

La sottoposizione della promozione de qua alle previsioni di cui all’art. 9, comma 21, della legge n. 122/2010 determinerebbe una disparità di trattamento, da una parte, rispetto ai colleghi di pari qualifica dirigenziale del ricorrente che hanno usufruito, antecedentemente al 1°.1.2011, del trattamento di quiescenza ai sensi della legge n. 266/2005, con l’attribuzione dei connessi benefici di carattere sia giuridico che economico, dall’altra, rispetto ai colleghi di pari qualifica dirigenziale interessati, ex post, dal trattamento di quiescenza solo con decorrenza 1°.1.2014.

Peraltro le promozioni in carriera vere e proprie sono disposte sulla base di una valutazione discrezionale e comparativa di merito, che ne evidenzia ulteriormente il carattere dell’eventualità, mentre quella qui in rilievo viene attribuita – e non disposta -in modo automatico, senza valutazioni preventive di carattere soggettivo, discendendo direttamente dalla previsione di legge.

Sarebbe anche svilito il legittimo affidamento riposto dal ricorrente sui diritti acquisiti e consolidati, derivanti dall’applicazione della legge n. 266/2005.

2) Eccesso di potere - Illogicità manifesta - Travisamento dei fatti - Difetto di motivazione: il provvedimento censurato ometterebbe di indicare adeguatamente le motivazioni ed i parametri giuridico - economici posti a fondamento dell’agire amministrativo.

IV - Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate.

V - Il ricorso è stato poi dichiarato perento con il decreto n. 11288 del 5.10.2015.

A seguito di opposizione, con ordinanza collegiale n. 12925 del 13.11.2015, detto decreto di perenzione è stato revocato, con reiscrizione del ricorso sul ruolo di merito.

VI - I Ministeri resistenti hanno successivamente hanno prodotto documentazione, ivi compresa una relazione sulle questioni dedotte in questa sede.

VII - Il ricorrente ha depositato una memoria difensiva, in vista della pubblica udienza dell’11.10.2016, nel corso della quale il suo difensore, avvisato della possibilità che a fondamento della decisione sul ricorso fosse posta una questione di rito – segnatamente che fosse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ha chiesto un rinvio per produrre deduzioni al riguardo.

VIII - Depositata una memoria sul punto da parte del ricorrente, infine nella pubblica udienza del 19.12.2016 il ricorso è stato introitato per la decisione.

IX - Preliminarmente deve verificarsi se nella specie sussista o meno la giurisdizione del giudice adito.

IX.1 - Condividendo quanto evidenziato nella memoria prodotta dal ricorrente ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., deve affermarsi che qui la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, rientrando in quella esclusiva relativa ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 133, lett. i), c.p.a..

In particolare, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 923 del 15.2.2013, afferma: “ le controversie aventi ad oggetto la contestazione dei provvedimenti autoritativi di status dei militari costituenti il presupposto del trattamento previdenziale appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo riservate alla Corte dei conti solo le questioni direttamente incidenti sulla liquidazione del trattamento previdenziale dei militari già collocati in ausiliaria "(Cons. Stato Sez. IV, 13102010, n. 7497). Ancora di recente, peraltro, si è rilevato che <<la controversia promossa dal pubblico dipendente in costanza di rapporto di lavoro, per denunciare l’illegittimità degli atti dell’Amministrazione in tema di riscatto di periodi di servizio (ovvero, mutatis mutandis, di riliquidazione dell’indennità di buonuscita e di trattamento pensionistico) e quindi ai fini pensionistici, spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, non della Corte dei Conti, perché non investe direttamente la determinazione del trattamento di pensione, bensì diritti ed obblighi inerenti al rapporto d’impiego, pur se influenti di riflesso sulla pensione.>> (Cons. Giust. Amm. Sic., 23042012, n. 414….

Può ribadirsi pertanto il tradizionale orientamento secondo il quale <<il giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 6 della L. 20 marzo 1980 n. 75 è competente a conoscere della domanda relativa alla riliquidazione del trattamento di previdenza e, cioé, dell’indennità di buonuscita, in via esclusiva.>> (Cons. Stato Sez. IV, 17062003, n. 3404) che costituisce corollario del più generale principio secondo cui <<la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni è limitata solo a quanto concerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l’estinguersi totale o parziale del diritto a pensione in senso stretto, restando esclusa da tale competenza ogni questione connessa con il rapporto di pubblico impiego, quale la determinazione della base pensionabile e dei relativi contributi da versare, sulla quale, invece, la giurisdizione è del giudice amministrativo. (Cons. Stato Sez. VI, 30042002, n. 2323).”.

Non vi è ragione per discostarsi dal richiamato orientamento del giudice d’appello.

X - Nel merito il ricorso è fondato.

X.1 - Si è detto in precedenza che il ricorrente, già dirigente superiore della Polizia di Stato, in quiescenza per raggiungimento del limite di età di 63 anni a decorrere dal 1°.3.3012, ha conseguito la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 29.2.2012, in applicazione dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005, ma gli sono stati riconosciuti unicamente gli effetti giuridici.

La citata disposizione normativa, abrogata solo successivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2015, per effetto dell’art. 1 della l. n. 190/2014, recita: “In conseguenza di quanto previsto dal comma 259, a decorrere dal 1º gennaio 2006, sono attribuiti:

b) ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio”.

Il comma 259, a sua volta, prevedeva un particolare trattamento pensionistico di favore per i dirigenti generali andati in pensione per raggiunti limiti di età prima dell’inquadramento nel livello B della qualifica.
X.2 - Il provvedimento impugnato non stabilisce alcunché in ordine agli effetti economici e nel preambolo richiama il d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010.

L’art. 9, comma 21, del citato d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010 stabilisce: “Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”.

In applicazione della predetta disposizione, la promozione in questione ha avuto appunto solo effetti giuridici.

X.3 - Occorre, tuttavia, rimarcare i tratti peculiari che caratterizzano la promozione de qua.

Essa discende direttamente dalla legge e viene attribuita automaticamente, senza alcuna valutazione né tanto meno alcun confronto comparativo tra concorrenti, il giorno prima che il dirigente superiore, in possesso della necessaria anzianità nella qualifica prevista ex lege, vada in quiescenza.

È evidente che si tratta di un beneficio previsto dalla legge (ora non più, a decorrere dal 1°.1.2015), con incidenza diretta sul trattamento pensionistico, che si giustifica proprio in ragione di tali effetti, in quanto altrimenti sarebbe del tutto svuotato di significato.

Diversamente invece le promozioni alle quali fa riferimento il menzionato art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010 disposte negli anni ivi indicati conseguono ad una valutazione e sono strumentali ad una vera e propria progressione in carriera, con correlato esercizio di funzioni nella mansione superiore.

X.4 - Il congelamento di che trattasi, riferito solamente agli anni specificamente individuati - 2011, 2012 e 2013 -, non può, perciò, che riguardare unicamente gli effetti economici delle promozioni in ultimo viste.

X.5 - Va detto al riguardo che, proprio in ragione di questa limitazione temporale della mancata esplicazione degli effetti economici, la norma in questione è stata ritenuta costituzionalmente legittima.
Infatti la Corte Costituzionale, con sentenza n. 154/2014, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 Cost., evidenziando il “carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato nonché temporalmente limitato dei sacrifici richiesti”.

X.6 - L’applicazione di tale norma generale anche all’ipotesi di promozione attribuita il giorno prima del pensionamento non determina invece effetti di carattere transitorio, ma, al contrario, produce effetti permanenti, per tutta la durata della pensione.

Essa diventa così irragionevole, comportando lo svuotamento della norma che ha previsto tale promozione, vale a dire dell’art. 1, comma 260, lett. b), della legge n. 266/2005.

X.7 – Deve rimarcarsi che il mantenimento degli effetti economici della promozione attribuita al ricorrente conseguente alla mancata applicazione alla stessa dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010 ben si giustifica in ragione del carattere speciale e peculiare della norma di cui al citato art. 1, comma 260, della legge n. 266/2005, in applicazione del principio “lex specialis derogat generali”.

XI - Conseguentemente il ricorso è fondato e deve essere accolto, con annullamento in parte qua del provvedimento impugnato ed obbligo, per l’Amministrazione, di attribuire al ricorrente gli effetti economici derivanti dalla sua promozione a dirigente generale.

XII - Le spese di giudizio seguono la soccombenza, ponendosi a carico delle Amministrazioni resistenti, e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:
- accoglie, nei modi di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe;

- condanna in solido le Amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese di giudizio, che liquida forfetariamente in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri di legge, in favore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2016, con l’intervento dei Magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
Francesca Petrucciani, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rita Tricarico Germana Panzironi





IL SEGRETARIO


panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13226
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da panorama »

La CdC respinge il ricorso del ricorrente
-------------------------------------------------

- promozione conseguita alla qualifica superiore

- Dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza dall’1/05/2012

1) - In particolare, contesta che l’Amministrazione datrice di lavoro e, di conseguenza, l’ente previdenziale hanno riconosciuto al conseguimento della qualifica superiore esclusivamente effetti giuridici, asseritamente in applicazione della previsione dettata dall’art. 9, comma 21, D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 121/2010, secondo cui “….Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici” [norma i cui effetti sono stati prorogati al 31/12/2014 dall’art. 1 del D.P.R. n. 122 del 4/09/2013].

La CdC scrive:

2) - Va sottolineato, infine, che il beneficio in discussione della promozione alla vigilia del collocamento in quiescenza è stato definitivamente abrogato, a decorrere dall’1/01/2015, con l’art. 1, comma 258, della L. 23/12/2014 n. 190, (“Sono abrogati gli articoli 1076, 1077, 1082 e 1083 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 260, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”).

Cmq. leggete il tutto qui sotto.
--------------------------------------------

Sezione FRIULI VENEZIA GIULIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 94 Pubblicazione 06/11/2018

REPUBBLICA ITALIANA
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia
Il Giudice Unico delle Pensioni
Cons. Giulia De Franciscis

SENTENZA

sul ricorso in materia pensionistica, iscritto al n. 13970 del registro di segreteria e depositato in data 22/03/2018, promosso da
R. C. , nato il omissis ad omissis (C.F. omissis), rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Barca, presso il cui studio, in Roma, via Italo Panattoni n. 4, è elettivamente domiciliato (PEC: mauriziobarca@ordineavvocatiroma.org );

contro
INPS, gestione ex INPDAP sede di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale della Direzione provinciale INPS di Trieste, in Via S. Anastasio, n. 5.

Esaminati gli atti e documenti del fascicolo processuale.
Uditi, nella pubblica udienza del 17 ottobre 2018, l’avv. Maurizio Barca per il ricorrente e l’avv. Luca Iero in rappresentanza dell’INPS.

Ritenuto in
FATTO

Con il ricorso in epigrafe il sig. R. – Dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza dall’1/05/2012 – chiede venga affermato il suo diritto alla riliquidazione della pensione mediante riconoscimento dei benefici connessi all’avvenuto conseguimento della qualifica superiore nel giorno antecedente la cessazione dal servizio, in ossequio alla previsione di cui all’art. 1, comma 260 della legge n. 266/2005. Ciò con attribuzione altresì dei pertinenti accessori di legge.

Lamenta al riguardo che, viceversa, l’INPS ha determinato l’importo della pensione spettantegli assumendo come parametro la qualifica di Dirigente superiore. In particolare, contesta che l’Amministrazione datrice di lavoro e, di conseguenza, l’ente previdenziale hanno riconosciuto al conseguimento della qualifica superiore esclusivamente effetti giuridici, asseritamente in applicazione della previsione dettata dall’art. 9, comma 21, D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 121/2010, secondo cui “….Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici” [norma i cui effetti sono stati prorogati al 31/12/2014 dall’art. 1 del D.P.R. n. 122 del 4/09/2013].

Rispetto alla summenzionata disposizione il ricorrente richiama a sostegno delle proprie ragioni una recente pronuncia di questa Corte (Sez. giur. Sicilia n. 652/2016), nella quale si è affermato che i vincoli da essa posti sul piano retributivo non concernono, invece, il trattamento pensionistico per il quale dunque deve dispiegare i propri effetti la promozione conseguita alla qualifica superiore.

Chiamata la causa nella pubblica udienza del 13/06/2018, questo Giudice rilevava l’erroneità della notificazione del ricorso, non conforme alla previsione di cui all’art. 155 c.g.c. e disponeva, pertanto, con ordinanza a verbale il rinnovo della stessa, rinviando la trattazione del giudizio all’udienza del 17/10/2018.

Con memoria depositata in data 05/10/2018 si è costituito in giudizio l’INPS, chiedendo la reiezione del ricorso sulla base di un duplice ordine di considerazioni. In primo luogo, pone in rilievo come la promozione conseguita dal ricorrente alla vigilia del pensionamento sia stata certamente assoggettata alla previsione limitativa di cui all’art. 9, comma 21, D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 121/2010, producendo soltanto effetti giuridici, con la conseguenza che questi non ha mai concretamente percepito la maggior retribuzione prevista per la qualifica di Dirigente generale e, quindi, non ricorrono i presupposti di cui all’art. 53 del T.U. n. 1092/1973 per valorizzare il più alto grado in termini economici nel calcolo della pensione.

Secondariamente segnala che, a fronte del precedente di questa Corte citato dal ricorrente, si registrano decisioni più recenti di segno contrario sia in primo grado che in Appello: in particolare richiama la sentenza della Sezione II centrale d’Appello n. 409/2018, nella quale si è affermato appunto che la progressione di carriera in questione rientra in quelle sottoposte alla limitazione dell’efficacia ai soli fini giuridici.

In fine, l’Istituto previdenziale evidenzia come – sul piano strettamente economico – il riconoscimento della pretesa attorea comporterebbe l’attribuzione di un trattamento pensionistico superiore a quello di colleghi di pari grado, collocati in quiescenza con il sistema retributivo fino al 31/12/2011: per effetto della legge Fornero (art. 24, comma 2, D.L. n. 201/2011, convertito con L. n. 214/2011), infatti, il sig. R. ha conseguito una terza quota di pensione, calcolata con il metodo contributivo, con riferimento al periodo gennaio-aprile 2012, la quale è altresì soggetta alla consistente rivalutazione prevista dall’art. 3, comma 7, D.lgs. n. 165/1997 (“Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione.

Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”).

Chiamata la causa nella pubblica udienza odierna, l’avv. Barca ha confermato le ragioni per l’accoglimento dell’impugnativa, a sostegno delle quali ha riportato due recenti pronunce favorevoli del Tribunale amministrativo del Lazio, che hanno riconosciuto la spettanza del trattamento retributivo commisurato alla qualifica di Direttore generale, giudicando esclusa la tipologia di promozione in discussione (di cui all’art. 1, comma 260 della legge n. 266/2005) dalla limitazione degli effetti ai soli fini giuridici, in quanto direttamente disposta dalla legge. L’avv. Iero, nell’interesse dell’INPS, pur prendendo atto di tali pronunce, ha ribadito la rilevanza nel caso in esame del diverso orientamento determinatosi presso il giudice contabile.

L’avv. Barca è stato autorizzato al deposito in udienza delle citate sentenze (TAR Lazio, sez. I ter, n. 02024/2017; TAR Lazio, sez. I quater, n. 09440/2018).

Considerato in
DIRITTO

Il ricorso non può essere accolto, alla luce della normativa applicabile al caso e della interpretazione della stessa offerta nella più recente giurisprudenza di questa Corte.

In primo luogo, giova richiamare il testo della previsione su cui si basa l’impugnativa, ovverosia l’art. 1, comma 260 della L. n. 266/2005, a norma del quale “In conseguenza di quanto previsto dal comma 259, a decorrere dal 1° gennaio 2006, sono attribuiti: a) ai dirigenti generali di pubblica sicurezza con almeno quattro anni nella qualifica al momento della cessazione dal servizio, il trattamento di quiescenza, normale e privilegiato, e l'indennità di buonuscita spettanti ai dirigenti generali di pubblica sicurezza di livello B, con analoga anzianità di servizio; b) ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio.”

Rispetto alla formulazione del testo può notarsi come, mentre nella lettera a) il legislatore ha stabilito espressamente un’equiparazione piena del trattamento di quiescenza e di fine servizio dei dirigenti generali di P.S. con almeno quattro di anzianità nella qualifica con quello dei dirigenti generali di livello B; invece, nella lettera b), per i dirigenti superiori con almeno cinque di anzianità, ha introdotto soltanto una progressione di qualifica alla vigilia del pensionamento.

Lo specifico tenore di tale seconda previsione va posto necessariamente in correlazione con le norme successivamente adottate dal legislatore medesimo per il contenimento della spesa pubblica e, in particolare, con l’art. 9, comma 21, D.L. n. 78/2010, conv. con L. n. 121/2010 secondo cui “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi.. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.”

Questa disposizione, infatti, si presenta chiaramente finalizzata ad impedire nel triennio 2011-2013 l’operatività economica dei principali strumenti di incremento delle retribuzioni del personale non contrattualizzato (art. 3, D.lgs. n. 165/2001): “meccanismi di adeguamento”, “progressioni automatiche degli stipendi”, “progressioni di carriera comunque denominate”. [detta ratio legis è esplicitata altresì nel precedente comma 1 della norma: “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento in godimento nell'anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d'anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all'estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall'articolo 8, comma 14”.]

Con riguardo al caso in esame va posto l’accento sul carattere onnicomprensivo del riferimento alle progressioni di carriera, che non si reputa lasci spazio ad alcuna diversificazione di interpretazione in ragione della natura delle medesime: ciò in particolare nel senso che risultano assoggettate al limite di efficacia tutte le forme di progressione, siano esse disposte dalle amministrazioni secondo le rispettive procedure, ovvero discendano direttamente da previsioni di legge. L’espressione “comunque denominate”, infatti, ha un significato obiettivamente volto a riguardare ogni possibile meccanismo di avanzamento, al fine di sterilizzarne gli effetti economici.

Va ricordato, inoltre, che tale misura di contenimento della spesa è stata prorogata al 31/12/2014 con l’art. 1, lett. a) del D.P.R. n. 122 del 4/09/2013 (“1. In attuazione a quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111: a) le disposizioni recate dall'articolo 9, commi 1, 2 nella parte vigente, 2-bis e 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono prorogate fino al 31 dicembre 2014.”). Va sottolineato, infine, che il beneficio in discussione della promozione alla vigilia del collocamento in quiescenza è stato definitivamente abrogato, a decorrere dall’1/01/2015, con l’art. 1, comma 258, della L. 23/12/2014 n. 190, (“Sono abrogati gli articoli 1076, 1077, 1082 e 1083 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 260, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”).

Le osservazioni che precedono portano questo Giudice a ritenere che la previsione di cui ha beneficiato il ricorrente sia foriera esclusivamente di effetti giuridici ed in tal senso si è correttamente orientata l’amministrazione dell’interno, che non ha corrisposto al ricorrente alcun emolumento riconducibile alla qualifica di dirigente generale: da ciò consegue, altrettanto fisiologicamente, che nessuna valorizzazione di tale maggior qualifica può essere disposta a fini pensionistici, imponendosi il rispetto del principio generale posto nell’art. 53 del D.P.R. n. 1092/1973, per il quale “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell'articolo 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento….”.

Nei descritti termini non può, dunque, essere condivisa la lettura della normativa offerta nel precedente di questa Corte del 2016, richiamato da parte attrice, secondo cui – viceversa - la limitazione ai soli effetti giuridici della progressione di carriera in esame non opererebbe sul piano pensionistico, poiché induce in via interpretativa una cesura, non ammissibile, tra emolumenti percepiti in servizio e base pensionabile, consentendo di valorizzare nella seconda un trattamento retributivo mai effettivamente conseguito. Sul punto deve piuttosto ribadirsi – riprendendo le affermazioni rese dalla Sezione II centrale d’Appello nella sentenza n. 409/2018 – come i commi 1 e 21 del citato art. 9 del D.L. n. 78/2010 <<..debbano essere letti ed interpretati in chiave sistematica, avuto riguardo alla ratio complessiva della norma quale esplicitata più volte dalla Corte Costituzionale, …. (v. sentt. C. Cost. 304 e 310/2013, 154/2014). Ed invero, il legislatore ha inteso conseguire un risparmio della spesa in materia di pubblico impiego, congelando “il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio” da erogarsi nel triennio 2011-2013 (poi esteso a tutto il 2014), nell’importo pari a quello “ordinariamente spettante per il 2010”, importo che non avrebbe potuto “in ogni caso” essere superato (v. art. 9 comma 1). La “cristallizzazione” così operata al 2010, è stata evidentemente concepita come omnicomprensiva, investendo il trattamento economico dei dipendenti pubblici complessivamente considerato, vale a dire nelle sue componenti principali ed accessorie.>> Da tale opzione ermeneutica consegue, invero, il riconoscimento che <<la promozione al grado superiore rientri, inequivocabilmente tra “le progressioni di carriera” che ai sensi del citato comma 21 “hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”. Ciò stante, il suddetto avanzamento di grado, riconosciuto a detti fini, non può produrre alcun effetto economico sicché il relativo parametro stipendiale non spetta perché espressamente vietato dalla citata disposizione normativa.>>

L’interpretazione prospettata dal Giudice di secondo grado (cfr. in termini, Sez. giur. Toscana, sent. n. 133/2018) va condivisa anche sotto il profilo della rispondenza ai principi reiteratamente declinati dalla Corte Costituzionali in tema di ammissibilità di trattamenti retributivi/previdenziali differenziati, laddove legati a non irrazionali scelte legislative di necessario contenimento della spesa pubblica. In particolare, sull’art. 1, commi 9 e 21, il Giudice delle leggi ha reso più di una pronuncia, sempre riconoscendo il non irragionevole esercizio della discrezionalità da parte del legislatore [cfr. sentenza n. 304/2013, in cui si è affermato che “la misura adottata è giustificata dall’esigenza di assicurare la coerente attuazione della finalità di temporanea “cristallizzazione” del trattamento economico dei dipendenti pubblici per inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica, realizzata con modalità per certi versi simili a quelle già giudicate da questa Corte non irrazionali ed arbitrarie (sentenze n. 496 e n. 296 del 1993; ordinanza n. 263 del 2002), anche in considerazione della limitazione temporale del sacrificio imposto ai dipendenti (ordinanza n. 299 del 1999)”].

Peraltro, risulta di precipuo rilievo in relazione alla questione della disparità di trattamento dei dipendenti soggetti al blocco dei miglioramenti retributivi rispetto ai colleghi esenti, l’ultima pronuncia resa dalla Corte in questa materia (sent. n. 154/2014): ivi si afferma che “Con specifico riferimento alla disparità di trattamento con i colleghi che hanno raggiunto il grado superiore o maturato l’anzianità prima del 2011, viene in rilievo uno degli elementi cui è connessa la disciplina economica del rapporto. Infatti coloro che si sono visti riconoscere il migliore trattamento retributivo hanno raggiunto il grado superiore o maturato la maggiore anzianità di servizio prima rispetto ai ricorrenti nel giudizio a quo, per i quali tali condizioni si sono verificate a partire dal 1° gennaio 2011. Come già affermato da questa Corte, ciò costituisce un elemento che di per sé può giustificare un diverso trattamento retributivo (sentenza n. 304 del 2013). In particolare, si è ritenuto che non esiste un principio di omogeneità di retribuzione a parità di anzianità, ed anzi «è ammessa una disomogeneità delle retribuzioni anche a parità di qualifica e di anzianità», naturalmente in situazioni determinate (sentenza n. 304 del 2013). E in una tale prospettiva non può considerarsi irragionevole un esercizio della discrezionalità legislativa che privilegi esigenze fondamentali di politica economica, a fronte di altri valori pur costituzionalmente rilevanti (da ultimo, sentenze n. 310 e n. 304 del 2013).”

Con riguardo alla fattispecie in esame risulta altrettanto significativa la statuizione del Giudice delle leggi con cui si è disattesa l’asserita violazione dell’art. 36 Cost., poiché si è ribadito che, rispetto a tale parametro costituzionale, il giudizio sulla norma scrutinata “non può essere svolto per singoli istituti, né giorno per giorno, ma occorre valutare l’insieme delle voci che compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco temporale di una qualche significativa ampiezza (sentenze n. 310 e n. 304 del 2013, n. 366 e n. 287 del 2006, n. 470 del 2002 e n. 164 del 1994)”.

Deve infatti notarsi, sul punto, che la difesa dell’INPS ha sottolineato come il ricorrente – cui si applica, per il periodo gennaio-aprile 2012 la legge Fornero (art. 24, comma 2, D.L. n. 201/2011, convertito con L. n. 214/2011) e, contestualmente, il peculiare meccanismo di supervalutazione dei periodi di anzianità maturati secondo il sistema contributivo (art. 3, comma 7, D.lgs. n. 165/1997) - ove conseguisse anche la valorizzazione a fini pensionistici della promozione alla qualifica di dirigente generale, otterrebbe un trattamento di quiescenza superiore ai colleghi di pari grado collocati in pensione con il sistema retributivo entro il 31/12/2011. In ciò emergendo l’effetto distorsivo, che conseguirebbe alla “forzatura ermeneutica” del dato normativo, in tal modo portato “fuori” dal sistema ordinamentale in cui è inserito.

Quanto sin qui osservato, infine, conduce questo Giudice a ritenere non percorribile la diversa interpretazione dell’art. 9, comma 21 del D.L. n. 78/2010, prospettata dal Giudice amministrativo in recenti sentenze – allegate dal ricorrente - secondo cui la promozione alla qualifica di dirigente generale di P.S. di cui all’art. 1, comma 260 della L. n. 266/2005 non rientra nel novero delle progressioni di carriera sottoposte al limite di efficacia ivi previsto, poiché discende direttamente dalla legge e non dalle ordinarie procedure amministrative di avanzamento professionale. Né persuade, ancorché si presenti suggestivo, l’ulteriore assunto per il quale il blocco di ogni effetto economico della promozione si tradurrebbe a carico dei soggetti interessati in un vincolo, non transeunte, ma permanente sul versante pensionistico.

Il tenore assolutamente generale della norma limitativa (i cui effetti sono stati estesi al 31/12/2014), la successiva abrogazione della promozione in questione dall’1/01/2015, la lettura sistematica e costituzionalmente conforme del quadro normativo offerta dal Giudice delle leggi, nonché gli effetti sostanzialmente distorsivi nei rapporti tra dipendenti di pari grado che deriverebbero dall’accoglimento di tale tesi ricostruttiva suffragano pienamente, infatti, il consolidamento dell’indirizzo negativo espresso dalla Sezione centrale II d’appello di questa Corte.

Da ultimo va sottolineato che anche presso il medesimo Giudice amministrativo sono state rese affermazioni di diverso segno, essendosi statuito che “una volta accertata, sulla base del giudizio espresso dalla Consulta e sopra sintetizzato, la non irragionevolezza della norma che ha introdotto limitazioni alla progressione del trattamento retributivo in favore dei ricorrenti, i successivi effetti sulla quantificazione del trattamento pensionistico assumono carattere necessitato, costituendo la naturale conseguenza dell’applicazione delle particolari norme di favore di cui beneficia il personale diplomatico, per il quale la pensione e l’indennità di fine rapporto sono parametrate all’ultima retribuzione percepita al momento della cessazione dal servizio. Non viene in considerazione, in sostanza, l’introduzione di un blocco o di un prelievo su entrate previdenziali già percepite, rispetto alle quali si potrebbe astrattamente porre la questione della natura non transitoria del sacrificio imposto legislativamente al lavoratore in quiescenza, in termini simili a quelli paventati nelle difese formulate dai ricorrenti.” (TAR Lazio, sez. I, sent. n. 05672/2017).

Alla luce delle motivazioni esposte il ricorso va dunque respinto.

La complessità delle questioni trattate e l’evoluzione della pertinente giurisprudenza consentono di disporre l’integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, in composizione monocratica di Giudice Unico delle pensioni, definitivamente pronunciando nei termini di cui in motivazione, respinge il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Il Giudice
Cons. Giulia De Franciscis

f.to

Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Trieste, 6 novembre 2018

Il Direttore della Segreteria
(Dott.ssa Anna De Angelis)

f.to
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13226
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da panorama »

Anche le qui sotto indicate sentenze sono NEGATIVE come sopra
-------------------------------------------------------------------------------

Sezione FRIULI VENEZIA GIULIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 93 Pubblicazione 06/11/2018

REPUBBLICA ITALIANA
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia
Il Giudice Unico delle Pensioni
Cons. Giulia De Franciscis

SENTENZA

sul ricorso in materia pensionistica, iscritto al n. 13969 del registro di segreteria e depositato in data 22/03/2018, promosso da
D. B., nato l’omissis a omissis (C.F. omissis), rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Barca, presso il cui studio, in Roma, via Italo Panattoni n. 4, è elettivamente domiciliato (PEC: mauriziobarca@ordineavvocatiroma.org );

contro
INPS, gestione ex INPDAP sede di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale della Direzione provinciale INPS di Trieste, in Via S. Anastasio, n. 5.

Esaminati gli atti e documenti del fascicolo processuale.
Uditi, nella pubblica udienza del 17 ottobre 2018, l’avv. Maurizio Barca per il ricorrente e l’avv. Luca Iero in rappresentanza dell’INPS.

Ritenuto in
FATTO

Con il ricorso in epigrafe il sig. D. – Dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza dall’1/06/2012 – chiede venga affermato il suo diritto alla riliquidazione della pensione mediante riconoscimento dei benefici connessi all’avvenuto conseguimento della qualifica superiore nel giorno antecedente la cessazione dal servizio, in ossequio alla previsione di cui all’art. 1, comma 260 della legge n. 266/2005. Ciò con attribuzione altresì dei pertinenti accessori di legge.

OMISSIS come la precedente sentenza

----------------------------------------------

Sezione FRIULI VENEZIA GIULIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 92 Pubblicazione 06/11/2018

REPUBBLICA ITALIANA
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia
Il Giudice Unico delle Pensioni
Cons. Giulia De Franciscis

SENTENZA

sul ricorso in materia pensionistica, iscritto al n. 13967 del registro di segreteria e depositato in data 22/03/2018, promosso da
T. A., nato il omissis a omissis (C.F. omissis), rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Barca, presso il cui studio, in Roma, via Italo Panattoni n. 4, è elettivamente domiciliato (PEC: mauriziobarca@ordineavvocatiroma.org );

contro
INPS, gestione ex INPDAP sede di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato presso l’Ufficio legale della Direzione provinciale INPS di Trieste, in Via S. Anastasio, n. 5.

Esaminati gli atti e documenti del fascicolo processuale.
Uditi, nella pubblica udienza del 17 ottobre 2018, l’avv. Maurizio Barca per il ricorrente e l’avv. Luca Iero in rappresentanza dell’INPS.

Ritenuto in
FATTO

Con il ricorso in epigrafe il sig. T. – Dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza dall’1/11/2014 – chiede venga affermato il suo diritto alla riliquidazione della pensione mediante riconoscimento dei benefici connessi all’avvenuto conseguimento della qualifica superiore nel giorno antecedente la cessazione dal servizio, in ossequio alla previsione di cui all’art. 1, comma 260 della legge n. 266/2005. Ciò con attribuzione altresì dei pertinenti accessori di legge.

OMISSIS come la precedente sentenza
naturopata
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 1774
Iscritto il: ven mag 19, 2017 3:24 pm

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da naturopata »

La proposta di legge presentata dal Capogruppo di Fdi in Commissione Difesa Salvatore Deidda, sottoscritta dalla collega del gruppo Wanda Ferro e dai colleghi del gruppo, intende correggere alcuni effetti distorsivi determinati dal “blocco retributivo” introdotto nel 2010, con riferimento al Personale del Comparto Sicurezza e Difesa.

In particolare il blocco ha determinato una cristallizzazione delle retribuzioni del Comparto Difesa e Sicurezza per un quadriennio ma ha inoltre ha sostanzialmente congelato il naturale maturarsi anche dei meccanismi di adeguamento retributivo.

Dal 1° gennaio 2015 gli effetti del blocco sono cessati ma solamente in favore del personale ancora in servizio, il quale si è visto riconoscere, correttamente, a tale data, gli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate durante il quadriennio 2011 – 2014.

Purtroppo non è avvenuto – pur non essendo tale esclusione in alcun modo previsto dalla normativa – in favore del personale che nell’arco del medesimo quadriennio abbia lasciato il servizio, in particolare perché collocato in quiescenza: infatti, il personale ha visto negarsi il riconoscimento degli effetti economici delle promozioni e progressioni di carriera maturate (e giuridicamente valide) con conseguente decurtamento del trattamento pensionistico in quanto determinato sulla base dell’ammontare dell’ultimo stipendio percepito nell’anno 2010.

La stessa Corte Costituzionale, pur ritenendo legittimo il blocco, per le note finalità di contenimento della spesa pubblica, ha precisato che la stessa debba comunque rivestire il carattere dell’eccezionalità e che i conseguenti effetti debbono necessariamente essere limitati

Dunque, il presente disegno di legge, presentato da Fratelli d’Italia, vuole mettere fine a tale ingiustizia e dopo diverse interrogazioni che non hanno mai avuto risposta, ora presenta la proposta di legge per dare seguito anche a diverse sentenze di Tribunali.
oreste.vignati
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 2663
Iscritto il: gio ago 21, 2014 8:34 am
Località: bologna

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da oreste.vignati »

speriamo sia la volta buona per chi purtroppo è andato in pensione in quel periodo
Alessio60
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 37
Iscritto il: gio nov 15, 2018 1:05 pm

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da Alessio60 »

Il personale in servizio durante il periodo del blocco in argomento non ha avuto 'correttamente' riconosciute le proprie competenze stipendiali ma solo un una tantum, tant'è che le voci stipendiali oggetto di calcolo che generano il montante contributivo sono riferite a quelle percepite in quegli anni e non a quelle che avremmo dovuto percepire per promozione al grado superiore e/o all'assegno di funzione maturato durante il quadriennio di blocco. Se al personale collocato in congedo durante il periodo di blocco gli vengono riconosciute le progressioni di carriera e relativi benefici pensionistici credo che tali benefici debbano essere estesi anche a chi è transitato e a chi dovrà essere collocato in congedo successivamente. Di fatto dovranno essere annullate le misure economiche restrittive contenute nei disposti normativi.
oreste.vignati
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 2663
Iscritto il: gio ago 21, 2014 8:34 am
Località: bologna

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da oreste.vignati »

va beh, speriamo intanto che passa questo provvedimento, poi ci sarà forse il resto e con l'aria che tira la vedo dura
naturopata
Sostenitore
Sostenitore
Messaggi: 1774
Iscritto il: ven mag 19, 2017 3:24 pm

Re: Progressioni di carriera anni 2011, 2012 e 2013

Messaggio da naturopata »

Ricorso accolto.

Pubblicato il 02/05/2019
N. 05495/2019 REG.PROV.COLL.

N. 05997/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5997 del 2014, proposto da Dante Consiglio, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Barca, con domicilio fisico ex art.25 c.p.a. eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio, 12;


contro

Ministero dell'Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;


PER L'ANNULLAMENTO

del provvedimento del 24 gennaio 2014 conosciuto in data 19 febbraio 2014 disposto, tra le altre fonti, ai sensi e per gli effetti della Legge 23 dicembre 2005 n. 266 art. 1, comma 260, lettera b) — del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella Legge 30 luglio 2010, n. 122 e del Decreto Legge 26 marzo 2011, n. 27, convertito con modificazioni nella legge 23 maggio 2011, n. 74, con cui è stata disposta ai soli fini giuridici la promozione alla qualifica di dirigente generale a decorrere dal 19 febbraio 2014 (giorno precedente la cessazione dal servizio), senza alcuna determinazione riguardo al trattamento economico, agli effetti pensionistici, previdenziale e di fine servizio derivanti dall’interruzione del rapporto di pubblico impiego.

E PER L’ACCERTAMENTO

del diritto del ricorrente al riconoscimento e percezione — sino al soddisfo - anche degli effetti economici derivanti ex lege dal decreto di promozione oggetto dell'odierno gravame, avente natura di provvedimento amministrativo con effetti economici di natura pensionistica e previdenziale, con corresponsione delle correlate somme dovute anche a titolo di trattamento di fine servizio.




Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2019 la dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe il dr. Dante Consiglio, dirigente generale della Polizia di Stato in quiescenza, ha chiesto l’annullamento, deducendone l’illegittimità sotto vari profili, del provvedimento in epigrafe con cui è stata disposta ai soli fini giuridici la promozione alla qualifica di dirigente generale, a decorrere dal 19 febbraio 2014 (giorno precedente la cessazione dal servizio), senza alcuna determinazione riguardo al trattamento economico agli effetti pensionistici, previdenziale e di fine servizio derivanti dall’interruzione del rapporto di pubblico impiego.

In particolare, parte ricorrente con un articolato motivo di censura ha dedotto violazione dell'art. 1, comma 260 della legge n. 266 del 2005 ed erronea applicazione dell'art. 9, comma 21 del d.l. n.78 del 2010, conv. dalla L.n. 122/2010, argomentando come nel caso in esame il richiamo al d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella L.30 luglio 2010, n. 122, ad avviso di parte ricorrente illegittimamente inserito e contenuto nel preambolo del provvedimento oggetto dell'odierno gravame, abbia l'evidente finalità di attribuire illegittimamente i soli effetti giuridici all'atipica progressione di carriera del dirigente superiore della Polizia di Stato, prevista invece ex lege con i relativi effetti pensionistici e previdenziali.

In tal modo, si verrebbe a determinare una macroscopica disparità di trattamento da una parte rispetto ai colleghi di pari qualifica dirigenziale del ricorrente che hanno usufruito, antecedentemente al 1° gennaio 2011, del trattamento di quiescenza ex lege 266/2005 (quindi con promozione alla qualifica superiore il giorno precedente il collocamento in quiescenza, ma con l'attribuzione dei legittimi, connessi benefici di carattere sia giuridico che economico); dall'altra, rispetto ai colleghi di pari qualifica dirigenziale interessati, ex post, dal trattamento di quiescenza solo con decorrenza 1° gennaio 2014.

Inoltre, il provvedimento impugnato sarebbe lesivo del legittimo affidamento riposto dal ricorrente medesimo sui diritti acquisiti e consolidati, derivanti dall'applicazione della L. n. 266/2005 oltre che viziato da travisamento dei fatti posti a fondamento della sua adozione e da illogicità manifesta, che si evincerebbe anche in ordine al contestuale richiamo, nel preambolo del provvedimento impugnato, della fonte normativa di cui alla legge 266/2005, mai abrogata dalla L. di conversione del d.l. 78/2010 n. 122/2010, con evidente contrasto di principi e conseguente adozione di un decreto non supportato da una logica, razionale ed esaustiva motivazione.

In via subordinata, ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, della L. n.122/2010 nella parte in cui ha imposto il “congelamento” dei precedenti benefici economici previsti dalla L. n.266/2005.

L’amministrazione si è costituita con articolata memoria per avversare il ricorso, depositando precedenti di reiezione (Tar Lazio, n.6702/2014).

Nell’odierna udienza, viste le ulteriori memorie delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso merita accoglimento, come da analoghi precedenti della Sezione (cfr. TAR Lazio, sez. 1 quater N. 09442/2018) da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, anche dopo il recente intervento

della Corte Costituzionale che con sentenza n. 200 del 15 novembre 2018 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art.16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n.98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, come integrato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei Conti con l’ordinanza del 13 gennaio 2017, nella parte in cui «dette norme non hanno previsto, nei confronti dei soggetti che sarebbero cessati dal servizio nell'arco temporale della "cristallizzazione", la valorizzazione in quiescenza, a decorrere dalla data di cessazione del blocco, degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera conseguite durante il blocco stesso».

In particolare, il Collegio non rinviene nella richiamata decisione alcun elemento per supportare la tesi sostenuta dall’amministrazione, secondo cui i principi ivi affermati essendo validi - secondo la Consulta - per tutti i dipendenti pubblici (promossi e cessati durante il blocco) che abbiano non solo conseguito la promozione alla qualifica superiore, ma anche svolto per un certo periodo le relative funzioni, varrebbero a maggior ragione per quei lavoratori pubblici che, come l’odierno ricorrente, abbiano beneficiato (sempre durante il blocco) della promozione “alla vigilia”, a decorrere dal giorno precedente a quello della cessazione dal servizio, senza quindi mai assumere gli incarichi ed i compiti connessi a tale progressione di carriera.

Nella fattispecie presa in esame dalla Consulta, infatti, il ricorrente ha lamentato di non aver avuto il trattamento economico del grado di ammiraglio ispettore capo - promozione conseguita il 30 agosto 2012, in vigenza del blocco del correlato incremento stipendiale disposto dalle norme censurate- nonché degli incrementi retributivi derivanti dalle progressioni di carriera maturate in data precedente al proprio collocamento a riposo ma durante il periodo del blocco (concluso al 31 dicembre 2014), e di aver avuto la pensione determinata in relazione alla base pensionabile correlata al trattamento economico inferiore al grado rivestito alla data di cessazione dal servizio.

Si tratta, quindi, di questione inerente all’applicazione dell’art.9 del D.L. n.78/2018 alla progressione di carriera maturata dal dipendente pubblico in costanza del blocco.

Nel presente ricorso invece, come già evidenziato in precedenti della Sezione riguardanti casi del tutto analoghi, il provvedimento impugnato costituisce, al contrario, effetto di una erronea applicazione dell’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo del D.L. n. 78/2010 – che riguarda esclusivamente le promozioni conseguite a seguito di una valutazione e strumentali a vere e proprie progressioni in carriera, con correlato esercizio di funzioni in mansioni superiori nell’ambito del rapporto di lavoro in atto disposte negli anni interessati - anche all’ipotesi di promozione attribuita il giorno prima del pensionamento di cui all’art.1, comma 260, lett.b), della legge n.266 del 2005 che, come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, riguarda una fattispecie ben diversa, trattandosi di promozione che discende direttamente dalla legge, senza alcuna valutazione né tanto meno alcun confronto comparativo tra concorrenti, con attribuzione automatica il giorno antecedente il collocamento a riposo in quiescenza del dirigente superiore, in possesso della necessaria anzianità nella qualifica prevista ex lege.

A tale beneficio il legislatore stesso ha voluto, con una norma speciale, collegare peculiari effetti, sotto l’aspetto giuridico del conseguimento della effettiva qualifica superiore di dirigente generale e, sotto l’aspetto economico, della attribuzione dello stipendio di dirigente generale (sia pure limitatamente all’ultimo giorno di servizio, alla vigilia del collocamento a riposo, anticipato), quale esigenza perequativa e ristoro economico per essere rimasti per il periodo di 5 anni in un grado soppresso (dal d.lgs. n. 165 del 2001 per tutta la Pubblica Amministrazione), con incidenza diretta sul trattamento pensionistico, che si giustifica proprio in ragione di tali effetti, in quanto altrimenti sarebbe del tutto svuotato di significato.

Il congelamento di che trattasi, riferito soltanto agli anni specificamente individuati - 2011, 2012 e 2013 - non può, perciò, che riguardare unicamente gli effetti economici di tali ultime promozioni, come anche evidenziato dalla stessa Amministrazione riguardo tale blocco intervenuto e giustificato nel suo complesso dalle notorie esigenze di contenimento della spesa pubblica e non anche fattispecie regolate da una disciplina speciale, quale è quella delle c.d. “promozioni alla vigilia”.

Peraltro, proprio in ragione di tale limitazione temporale della mancata esplicazione degli effetti economici, la norma in questione era stata già in passato ritenuta costituzionalmente legittima e giustificata dalla finalità di temporanea “cristallizzazione” del trattamento economico dei dipendenti pubblici interessati per le predette esigenze (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 154/2014, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, secondo e terzo periodo, del D.L. n. 78/2010 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 36, 53 e 97 Cost., sul presupposto delle caratteristiche della norma e del “carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato nonché temporalmente limitato dei sacrifici richiesti” ai dipendenti in attività di servizio), laddove il mantenimento degli effetti economici della promozione attribuita al ricorrente conseguente alla non applicazione alla stessa del sopravvenuto art. 9, comma 21, del D.L. n. 78/2010 si giustifica in ragione del carattere speciale e peculiare della norma di cui al citato art. 1, comma 260, della legge n. 266/2005, in applicazione del principio “lex specialis derogat generali”.

Né può influire su tale ricostruzione - tenuto conto che ai sensi dell'art. 1866 del d.lgs. n. 66 del 2010 e dell'art. 53 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), la base pensionabile si determina con riferimento allo stipendio e agli emolumenti retributivi pensionabili integralmente percepiti in attività di servizio- il fatto che anche la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, con la recente sentenza n.112/2018 del 12.12.2018, proprio alla luce dell’interpretazione data dalla Corte Costituzionale all’art.9, co. 21, del D.L. n. 78/2010, abbia testualmente ritenuto che “…non è revocabile in dubbio che per i dipendenti pubblici collocati in quiescenza nel periodo di blocco degli incrementi retributivi, la liquidazione del trattamento di pensione debba essere commisurata alla retribuzione “spettante” secondo la disciplina applicabile ratione temporis…”.

Infatti, nella fattispecie esaminata nel presente ricorso, la disciplina della retribuzione spettante ratione temporis è, appunto, quella dettata dall’art.1, comma 260, lett.b), della legge n.266 del 2005, successivamente abrogata, che anche per un solo giorno ha voluto riconoscere, con una norma ad hoc, ai dipendenti “promossi alla vigilia” allo status giuridico di dirigenti generali della Polizia di Stato anche il corrispondente trattamento economico.

Conseguentemente il ricorso è fondato e deve essere accolto, con annullamento in parte qua dei provvedimenti impugnati e obbligo per l’Amministrazione dell’Interno resistente di attribuire al ricorrente gli effetti economici derivanti dalla sua promozione a dirigente generale e per gli adempimenti conseguenti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono poste a carico del Ministero dell’Interno resistente con liquidazione come in dispositivo e sono compensate per il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna il Ministero dell’Interno resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente da liquidare in euro 1.500,00 (millecinquecento) oltre oneri e diritti come per legge.

Spese di giudizio compensate per il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:



Salvatore Mezzacapo, Presidente

Donatella Scala, Consigliere

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ines Simona Immacolata Pisano Salvatore Mezzacapo






IL SEGRETARIO
Rispondi