Limite di età previsto per l’accesso alla carriera diplomatica.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201601917 - Public 2016-09-14 -
Numero 01917/2016 e data 14/09/2016
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 20 luglio 2016
NUMERO AFFARE 01233/2016
OGGETTO:
Ministero degli affari esteri - direzione generale risorse e innovazione.
quesito sul limite di età previsto per l’accesso alla carriera diplomatica.;
LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione in data 23/06/2016 con la quale il Ministero degli affari esteri - direzione generale risorse e innovazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo;
PREMESSO:
Il Concorso per la carriera diplomatica è attualmente disciplinato dal DPCM 1 aprile 2008 n.72, come modificato dal DPCM 28 gennaio 2013 n.17 (Regolamento recante la disciplina per il concorso di accesso alla carriera diplomatica), emanato ai sensi di quanto previsto dall’art. 99-bis del DPR gennaio 1967, n.18 (Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri).
Conformemente a tale normativa, l’ultimo bando di Concorso pe segretario di legazione in prova nella carriera diplomatica – pubblicato sulla G.U. IV serie speciale “Concorsi ed esami” n.4 del 15 gennaio 2016 e attualmente in fase di svolgimento – stabilisce fra i requisiti richiesti per la partecipazione dei candidati un limite di età di 35 ani, elevabili a determinate condizioni fino a 38.
Il Ministero interroga il Consiglio di Stato sulla compatibilità delle vigenti norme che regolano l’accesso alla carriera diplomatica (con particolare riferimento alla fissazione del limite di 35 anni di età perla partecipazione al concorso) con la vigente normativa nazionale ed europea.
Di seguito l’illustrazione del quesito da parte del Ministero.
La questione è stata, di recente, oggetto di forte attenzione da parte politica (con varie interrogazioni parlamentari), oltreché da parte di aspiranti candidati al concorso diplomatico, i quali, pur non impugnando il bando di concorso, hanno invocato l’incompatibilità dell’apposizione del predetto limite con la normativa vigente.
Si premette il quadro normativo, nazionale ed europeo, di riferimento.
1. La normativa speciale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI).
La carriera diplomatica è costituita da personale in regime di diritto pubblico, retta da un ordinamento speciale (il PDR 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, recante “Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri”) e strutturata in un ruolo unico, a cui si accede esclusivamente per concorso ex art. 99 del citato DPR 18/67.
La stessa normativa speciale aveva originariamente fissato a 30 anni il limite di età per l’accesso alla carriera, ai sensi dell’art. 94 del DPR 18/1967.
La fissazione di un tale limite era, del resto, pienamente compatibile con l’art. 2 del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (DPR 10 gennaio 1957 n. 3), secondo cui:
“Possono accedere agli impiegati civili dello Stato coloro che posseggono i seguenti requisiti generali: […]
2) età non inferiore agli anni 18 e non superiore ai 40. Per i candidati appartenenti a categorie per le quali leggi speciali prevedono deroghe, il limite massimo non può superare, anche in caso di cumulo di benefici, i quarantacinque anni di età”.
Il dettato dell’art. 2 del DPR 3/1957 non solo prevedeva un limite minimo e massimo di età, ma contemplava anche le deroghe previste per le categorie rette da leggi speciali (come quella che disciplina il personale diplomatico).
Tali deroghe sono state riprese anche dalla successiva legge in materia, la L. n.127/1997, che, nello stabilire che la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non è soggetta a limiti di età, faceva tuttavia espressamente salve le “deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o a oggettive necessità dell’amministrazione” (art. 3, co. 6, L. 127/1997).
Successivamente interveniva anche il d.lgs. n.85/2000 (recante “Riordino della carriera diplomatica, a norma dell’articolo 1 della legge 28 luglio 1999, n. 266”), che, introducendo l’art. 99bis del dPR n.18/67, prevedeva che “I requisiti per la partecipazione al concorso di ammissione alla carriera diplomatica, nonché le modalità di svolgimento del concorso ed i criteri di composizione della commissione giudicatrice sono stabiliti con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400…”.
Considerate la specialità della carriera e le citate facoltà di deroga mediante appositi regolamenti, il MAECI procedeva, nel tempo, all’adozione di vari regolamenti di disciplina del concorso diplomatico, n ei quali veniva sempre inserito uno specifico limite di età quale requisito per la partecipazione al suddetto concorso.
È il caso, in particolare, del decreto 2 ottobre 1998 n. 377, immediatamente successivo ed applicativo della L. 127/97, recante “Norme per la fissazione di un limite di età di trentacinque anni per la partecipazione al concorso diplomatico”.
Tale regolamento prevedeva che “per l’ammissione al concorso per la carriera diplomatica è richiesta una età non superiore a trentacinque anni” e richiamava esplicitamente, all’uopo, “…la natura del servizio affidato ai funzionari della carriera diplomatica e le oggettive necessità dell’Amministrazione degli affari esteri rendono necessaria l’adozione di un limite massimo di età per l’accesso al concorso per la carriera diplomatica”.
Oggi, il concorso diplomatico è disciplinato dal PCM 1 aprile 2008 n. 72 (recante “Regolamento recante la disciplina per il concorso di accesso alla carriera diplomatica”).
Anche in esso, l’Amministrazione ha inteso ribadire il limite di età a 35 anni, peraltro elevabile a 38 anni in favore di specifiche categorie di candidati.
In particolare, l’art. 3 del citato regolamento così recita:
“1. Per l’ammissione al concorso di cui all’articolo 2 sono necessari i seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana, esclusa ogni equiparazione;
b) età non superiore ai trentacinque anni. Il limite di età può essere innalzato per un massimo complessivo di te anni”.
Il limite originariamente indicato dal D.P.R. n.18/67 (30 anni) è stato, quindi, mantenuto, sebbene innalzato (35 anni) in ragione soprattutto del sopravvenuto allungamento dei corsi di studio, che ha comportato un ritardo nell’entrata nel modo del lavoro degli studenti italiani.
L’ultima e più recente novella concernente il concorso diplomatico è quella del DPCM n. 17/2013, che tuttavia, nell’emendare parzialmente il DPCM 1 aprile 2008 n. 72, ha lasciato invariato il limite di età, limitandosi ad aggiornare la disciplina del concorso diplomatico per la sola parte relativa alla prova attitudinale (ora articolata in un testo a risposta multipla).
Peraltro, in aggiunta al presente quadro relativo al MAECI, è opportuno ricordare che il limite massimo di età è tuttora previsto come requisito di accesso anche ad altre carriere e corpi speciali dello Stato.
Si fa riferimento, in particolare, al limite di età di accesso alla carriera prefettizia.
In ragione di analoga specialità, infatti, il Decreto del Ministero dell’Interno 29 luglio 1999 n. 357 (“Regolamento recante norme sui limiti di età per la partecipazione ai concorsi pubblici di accesso ai ruoli del personale della carriera prefettizia”, da ultimo modificato con il Decreto 13 febbraio 2007 n. 39), richiede per l’ammissione al relativo concorso di immissione un’età non superiore a 35 anni, elevabile sino ad un massimo di 40 anni.
2. L’evoluzione normativa europea e nazionale.
Nella normativa europea si è sempre più consolidato il principio generale della parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, contro ogni discriminazione fondata, tra l’altro, sull’età.
Si afferma, infatti, in sede comunitaria che “…il divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione…” (cfr. Direttiva 2000/78/CE del Consiglio).
Tuttavia tale prescrizione non è assoluta, rinvenendosi – anche all’interno della medesima direttiva europea – possibili condizioni per il mantenimento di limiti di età, esercitando le facoltà di deroga e facendo prevalere le specialità all’uopo contemplate.
È, infatti, espressamente disposto che “in casi strettamente limitati una disparità d trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata […] all’età o alle tendenze sessuale costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato” (23esimo Considerato).
È previsto, inoltre, che “…in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri.” (25 esimo Considerato).
Inoltre, l’art. 4 col. 1 della Direttiva afferma, in linea generale, che “gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a uno qualunque dei motivi di cui all’articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa vien espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento di quell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato”.
Con specifico riferimento alle disparità di trattamento collegate all’età, l’art.6 della Direttiva prevede, poi, espressamente che “gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove essere sia no oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare: […] la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento”.
E tale Direttiva ha – come noto – ricevuto attuazione in Italia con il d.lgs. n. 216/2003 che reca “…le disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente […] dall’età […] per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione” (art.1).
Anche tale decreto ha, quindi, fatto salva la possibilità di specifiche deroghe e trattamenti differenziati in ragione dell’età dei lavoratori.
L’art. 3, commi 4-bis e ter, dispone infatti:
“Sono fatte salve le disposizioni che prevedono trattamenti differenziati in ragione dell’età dei lavoratori e in particolare quelle che disciplinano […]:
c) la fissazione di un’età massima per l’assunzione, basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o sulla necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento.
4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis sono fatte salve purché siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da finalità legittime, quali giustificati obiettivi della politica del lavoro, del mercato del lavoro e o della formazione professionale, qualora i mezzi per il conseguimento di tali finalità siano appropriati e necessari”.
Della questione si è occupata recentemente anche la corte di Giustizia europea, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di una normativa nazionale che fissava a 30 anni l’età massima per l’assunzione di agenti della polizia locale (cfr. Sentenza della Corte, Seconda Sezione – 13 novembre 2014 – causa C-416/13 Vital Pérez / Ayuntamiento de Oviedo).
In quell’occasione, la Corte ha espressamente riconosciuto la legittimità del limite di età finalizzato ad assicurare il carattere operativo e il buon funzionamento dei servizi coinvolti, impegnandosi comunque a verificare “…se, fissando un tale limite di età, la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale abbia imposto un requisito proporzionato, vale a dire se il limite in parola sia idoneo a raggiungere l’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto è necessario per conseguirlo…”.
Ciò premesso, il Ministero, alla luce della natura della carriera diplomatica, ritiene che la fissazione dell’età massima per l’accesso alla carriera diplomatica sia conforme alla normativa vigente.
CONSIDERATO:
È lapalissiano che il problema della legittimità del limite di età è stato posto in riferimento alla normativa dell’Unione Europea, atteso che nessuno ne ha mai seriamente dubitato in riferimento alle norme costituzionali, che non pongono alcun vincolo e che anzi consentono al legislatore, in attuazione del precetto di cui all’art. 97, comma 2 Cost., di modellare i requisiti di accesso in nome del fondamentale principio del buon andamento dell’amministrazione.
Non è dubbio, peraltro, che la normativa comunitaria, pur manifestando un favore verso l’abolizione dei limiti di età, ammette deroghe a tutela di motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione. E ciò emerge non solo dalle fonti citate dal Ministero, ma anche dal diritto primario, ossia i Trattati e la Carta europea dei diritti fondamentali.
Il problema, dunque, si sostanzia nel valutare le caratteristiche specifiche della carriera diplomatica, se siano tali da giustificare il suddetto limite, tenuto conto peraltro che lo stesso è fissato a un livello medio-alto, ossia i 35 anni elevabili a 38 anni.
Sotto questo profilo colgono nel segno le osservazioni descrittive svolte dal Ministero.
La carriera diplomatica è strutturata in un ruolo unico, in cui di volta in volta vengono in rilievo, in forma connessa e complessa, i distinti profili del grado rivestito dai funzionari diplomatici, delle funzioni svolte e della formazione/esperienza maturata.
In particolare, quanto alla connessione tra gradi e funzioni, viene in rilievo l’art. 101 del DPR n. 18/67, che recita:
“…I gradi della carriera diplomatica sono:
ambasciatore;
ministro plenipotenziario;
consigliere di ambasciata;
consigliere di legazione;
segretario di legazione.
In relazione al grado rivestito, i funzionari diplomatici esercitano:
I. presso l’amministrazione centrale, le funzioni del grado in relazione all’organizzazione del Ministero, secondo quanto previsto dal presente decreto e dal regolamento recante norme per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale dell’amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
II. presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari, le funzioni indicate nella tabella 1 annessa al presente decreto …”.
L’ingresso in carriera avviene esclusivamente per concorso (art. 99 del DPR 18/67), mentre gli avanzamenti e nomine ai gradi superiori avvengono annualmente nei limiti dei posti disponibili alla data del 1° gennaio (per i gradi di ambasciatore e ministro plenipotenziario) e del 1° luglio (per i gradi di consigliere di ambasciata e consigliere di legazione) (art. 105 del DPR 18/67).
Al conseguimento di tali avanzamenti si giunge con percorsi temporalmente cadenziati (nel requisito minimo) e dopo esperienze lavorative ed adempimenti professionali che formano il diplomatico alle più delicate e gravose funzioni che i gradi crescenti gli richiedono di svolgere.
In particolare, le promozioni al grado di consigliere di legazione sono effettuate fra i Segretari di Legazione che abbiano compiuto un periodo complessivo di dieci anni e mezzo di servizio effettivo nella carriera diplomatica, nel corso del quale:
“…b) abbiano prestato servizio, fatta eccezione per i funzionari indicati nella lettera c), per almeno quattro anni negli uffici all’estero o nella delegazioni diplomatiche speciali o, previa autorizzazione dell’Amministrazione, in organizzazioni internazionali o presso Stati esteri, di cui almeno due nell’esercizio di funzioni della specializzazione per quelli specializzati;
III. abbiano prestato servizio, se specializzati per aree geografiche, per almeno quattro anni in Paesi situati nell’area di specializzazione;
IV. abbiano prestato servizio per almeno un anno e mezzo presso il Ministero degli affari esteri, gli organi costituzionali o le amministrazioni centrali dello Stato;
V. abbiano prestato servizio pe almeno due anni in sedi individuate nel decreto del Ministro degli affari esteri previsto dal quinto comma dell’articolo 101 del presente decreto…” (art. 107 DPR n. 18/67).
Analoghi requisiti temporali e adempimenti funzionali vigono per le promozioni successive ai gradi apicali, essendo effettuate fra i funzionari che abbiano compiuto: 4 anni di effettivo servizio nel grado di consigliere di ambasciata per la nomina a ministro plenipotenziario (art. 109); di 6 anni per la successiva e finale nomina ad ambasciatore (art. 109-bis).
Anche per questi ultimi avanzamenti, ed a prescindere dai requisiti temporali minimi richiesti, l’Amministrazione deve accertare una maturazione nel tempo del funzionario che, per accedere al grado successivo, deve infatti dare comprova “…della qualità del servizio prestato, degli incarichi svolti, dell’eventuale responsabilità di uffici al Ministero o reggenza di uffici all’estero, dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati, delle condizioni politico-ambientali in cui il servizio è stato svolto, della cultura, nonché della personalità del funzionario ei della sua attitudine a ricoprire le funzioni del grado superiore. …” (cfr., ad esempio, i requisiti per la promozione a consigliere d’ambasciata, art. 108 DPR n. 18/67).
Dunque, gli avanzamenti nella carriera diplomatica soggiacciano a strette valutazioni di natura meritocratica (sempre più severe e stringenti man mano che si sale nella scala gerarchica), che fanno sì che la permanenza nei gradi intermedi sia ben più lunga di quanto previsto dal citato DPR n. 18/1967 (che stabilisce solo i termini di permanenza minima in ciascun grado ai fini dell’avanzamento a quello successivo).
In particolare, sono rarissimi i casi di funzionari (specie per gli avanzamenti ai gradi apicali) promossi immediatamente al primo scrutinio utile, ossia già al primo anno di maturazione del requisito minimo richiesto per legge.
Si è calcolato che, attualmente, sono mediamente necessari più di 31 anni di servizio per giungere al grado di ambasciatore, in presenza – non va dimenticato – di un percorso di carriera caratterizzato dall’assoluta eccezionalità dei risultati conseguiti.
Inoltre, le “nomine e le promozioni nella carriera diplomatica sono conferite nei limiti dei posti disponibili nel grado a cui si deve accedere e in tutti i gradi superiori del ruolo” (art. 105, comma 2).
Il ridimensionamento degli organici dei gradi della carriera diplomatica operato nel 2013 ha notevolmente ristretto le opportunità di avanzamento in carriera per i funzionari appartenenti ai gradi iniziali, che risulterebbero ancor più penalizzati qualora entrassero in età avanzata.
In queste condizioni, la presenza del limite di età per l’accesso alla carriera ha l’evidente pregio di consentire a chi entra di poter legittimamente aspirare a completare l’avanzamento ai tutti i gradi previsti nell’arco della sua vita professionale, garantendo soprattutto all’Amministrazione la fondamentale presenza di funzionari in tutti i gradi e correlate funzioni.
La carriera diplomatica è costellata di obblighi di formazione. L’art. 103 DPR 18/67 stabilisce che “…I vincitori del concorso di cui all’art. 99-bis del presente decreto sono nominati segretari di legazione in prova con decreto del Ministro degli affari esteri. Essi sono tenuti ad effettuare un periodo di prova della durata di nove mesi, coincidente con il corso di formazione di cui al primo comma, lettera a), dell’art. 102, che è computato a tutti gli effetti come servizio di ruolo nella qualifica iniziale…”.
A loro volta, i funzionari diplomatici appartenenti al grado di Consigliere di Legazione, ai fini della promozione al grado di Consigliere di Ambasciata, devono aver frequentato con profitto un corso di aggiornamento di sei mesi, ai sensi del combinato disposto dell’art. 102 e 108 del cit. dPR 18/67.
Del resto, come è evidente da tale contesto normativo, la professione del diplomatico richiede, per sua stessa natura, una formazione costante ed un aggiornamento permanente.
Ne costituisce prova il fatto che, come sopra riferito, per maturare i requisiti per l’avanzamento al secondo grado della carriera – quello di Consigliere di legazione – il funzionario nel grado di Segretario di legazione deve aver prestato effettivo servizio per almeno 10 anni e mezzo, 4 dei quali all’estero ed almeno 2 anni in sedi c.d. “di adempimento” (art. 107 del DPR 18/67).
Si tratta di un periodo durante il quale il servizio prestato dai funzionari neo-assunti si combina con il loro apprendimento “su campo”, consentendo loro di maturare la necessaria esperienza per poter assumere maggiori responsabilità e funzioni superiori.
Per una precisa scelta, il Legislatore ha imposto non a caso – ai fini della promozione – un periodo minimo di servizio in sedi disagiate o lontane (cfr. decreto interministeriale 26 aprile 2000, n. 1698) e volutamente tale servizio è stato imposto nel primo periodo di carriera, facendo sì che la copertura obbligatoria delle citate sedi di adempimento venga destinata ai funzionari in età più giovane.
Ciò non soltanto per evidenti motivi di formazione professionale, ma anche in quanto essi si rilevano naturalmente più inclini e disponibili ad accettare incarichi disagiati all’estero, dai quali derivano particolari sacrifici (sia in termini familiari, sia personali, sia professionali) che si è naturalmente meno disposti ad affrontare in età avanzata.
Ed infatti, la maggiore disponibilità dei giovani funzionari a prestare servizio in sedi particolarmente disagiate si esplicita chiaramente in rapporto alla copertura delle Sedi belliche, che, ad esempio, negli ultimi due anni sono state assegnate esclusivamente a giovani funzionari con meno di 31 anni di età.
Non è, quindi, casuale che l’adempimento obbligatorio di cui trattasi sia previsto per legge nel grado iniziale della carriera che, come detto, rappresenta oltretutto un periodo essenziale per la formazione dei diplomatici neo-assunti.
L’ordinamento prevede espressamente una corrispondenza tra funzioni e grado rivestito; tali funzioni, poi, mutano a seconda che siano esercitate presso l’Amministrazione centrale o presso gli Uffici diplomatico-consolari all’estero (cfr. art. 101 e Tabella 1 del DPR n. 18/67).
Infatti le funzioni svolte presso l’Amministrazione centrale variano in relazione all’organizzazione del Ministero.
In particolare, le funzioni di Capo di un Ufficio di livello dirigenziale o di Capo di struttura ad esso equiparata sono, di norma, svolte da funzionari diplomatici aventi quanto meno il grado Consigliere di Ambasciata. (cfr. art. 16, comma 7, DPR n.18/67, secondo cui: “Le funzioni di capo ufficio sono conferite a funzionari diplomatici di grado non inferiore a consigliere di ambasciata….”).
Ed invece le funzioni rivestite all’estero (presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari) sono specificamente individuate dalla Tabella n.1 allegata al DPR n. 18/67.
In sintesi può dirsi che le funzioni di Capo Missione competono ad un Ambasciatore o Min. Plen. Di grado; i funzionari aventi il grado di Consigliere di Ambasciata svolgono all’estero le funzioni di Primo consigliere presso rappresentanza diplomatica (anche per i settori economico e commerciale, sociale e dell’emigrazione, informazione e stampa), Capo di consolato generale oppure Console generale aggiunto presso consolato generale di 1a classe; al grado di Segretario di Legazione con quattro anni di anzianità corrispondono la funzione di Capo di Consolato (vds. Tabella 1 allegata al D.P.R. n. 18/67).
I funzionari più giovani, per freschezza di studi e contesto sociale ed esistenziale meglio si attagliano ai compiti iniziali della carriera. Ai gradi iniziali, infatti, la carriera diplomatica è tutt’altro che una carriera “da tavolino” ed ai giovani funzionari viene principalmente riservata l’attività operativa degli uffici dell’Amministrazione centrale oppure vengono affidati gli adempimenti di servizio in luoghi ed in Ambasciate collocate posti disagiati, nonché i compiti operativi e/o di stretto rapporto con i connazionali e gli utenti (come quelli dei titolari dei servizi consolari di minore rilevanza politica, ma di maggiore portata operativa, dislocati anche all’interno di Paesi e/o in realtà non sempre facili e ben servite logisticamente).
Tale ipotesi scientifica è confortata dal dato empirico.
Per converso, meno giovani sono i funzionari e meno sono propensi a intraprendere i suddetti percorsi, vulnerando l’efficienza dell’azione amministrativa: più avanti si va negli anni e più problematico diventa, infatti, reclutare funzionari disponibili e motivati a ricoprire sedi ed adempimenti tanto disagiati quanto ineludibili a servizio del Paese e dei connazionali.
E prevedibile che sarebbe più complesso per i funzionari più anziani affrontare gli impegnativi compiti iniziali.
Quando, poi, i gradi cominciano ad essere più elevati e le conseguenti funzioni cominciano ad essere più delicate e rappresentative (richiedendo capacità di raccordo, rappresentanza ed assunzione di responsabilità nella titolarità di uffici), si richiede al funzionario una maturità professionale che meglio si concilia con un graduale avanzamento anagrafico, in cui la maggiore anzianità diventa, nei gradi e nelle funzioni apicali, un valore aggiunto anche in termini di autorevolezza, competenza ed esperienza accumulata nei pregressi anni di servizio.
Fino ad arrivare ai gradi ed agli incarichi apicali, cui si accede soltanto dopo che il funzionario ha visto accertato il livello di eminenza, maturato dopo un adeguato (e necessariamente prolungato) apprendistato durato anni e che consegue alle importanti funzioni svolte.
Sono queste le ragioni che creano l’interesse dell’Amministrazione a poter contare su funzionari che possano compiere tutto il loro percorso professionale, senza terminarlo in anticipo per raggiunti limiti di età.
E ciò potrà garantirsi soltanto con un congruo limite di età all’ingresso in carriera.
Dal descritto quadro emerge come si sia in presenza di una carriera del tutto peculiare, strutturata da una progressiva acquisizione di livelli di professionalità connessi all’esercizio di funzioni necessitate, acquisiti in un arco temporale la cui indispensabile congruità garantisce la potenziale progressione nei gradi di carriera.
Ciò comporta che l’Amministrazione abbia interesse a poter contare e formare funzionari diplomatici che possano compiere in tempi congrui il proprio completo cursus honorum.
In altre parole, c’è l’interesse dello Stato a garantire l’accesso e la progressione della carriera secondo tempi necessitati ed congrui per poter constatare l’impegno dei funzionari assunti, la progressiva acquisizione di esperienza e professionalità e, quindi, l’idoneità ad ambire progressivamente alle più alte responsabilità.
E non è da trascurare la circostanza che l’Amministrazione investe nella formazione del proprio personale ingenti somme di denaro dell’Erario, in specie nei primi anni della carriera; tale investimento, tuttavia, potrebbe essere vanificato in radice ove il neo assunto non abbia un congruo arco temporale di servizio da offrire allo Stato.
Ne consegue come l’eventuale avanzata età anagrafica d’ingresso costituisca elemento ostativo agli interessi dell’Amministrazione e dello Stato, che investirebbe risorse in personale utilizzabile in modo incompleto e per una arco temporale ristretto.
Considerata la delicatezza dei compiti svolti dal personale diplomatico, tutti gli elementi finora indicati assurgono a motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare un limite di età di ingresso in carriera.
Il limite indicato appare senz’altro proporzionato (35/38 anni), né si configura alcuna violazione del principio di parità di trattamento con gli altri funzionari dello Stato, alla luce degli obiettivi di politica del lavoro e di formazione professionale adottati legittimamente dall’ordinamento speciale del Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Economica, in conformità a quanto – in sede comunitaria – disposto dalla normativa e riconosciuto dalla giurisprudenza (v. Direttiva n. 2000/78 e Corte di Giustizia UE 13/4/14 citata).
P.Q.M.
Nelle sueposte considerazioni è il parere del Consiglio di Stato.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
limite di età previsto per l’accesso alla carriera diplomati
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