URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Ho trovato questa esemplare sentenza che ritengo giusta in favore di questo appartenente all'E.I. e spero che altri ne beneficeranno altrettanto.
Sono contento per questo militare e per il lavoro che ha svolto il proprio legale e il C.T.U..

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 210 dell’anno 2009, proposto da:
B. V., rappresentato e difeso dall'avv. (OMISSIS), con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli, alla via ……(Parco Parva Domus), presso l’avv. (omissis);
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui è per legge domiciliato, in Napoli, via A. Diaz n° 11;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del decreto n. ……… luglio 2008 con il quale è stato denegato l'equo indennizzo per tardività;
nonché per il riconoscimento del diritto del ricorrente ad ottenere l'equo indennizzo nella misura massima prevista, con condanna dell'amministrazione al pagamento con interessi e rivalutazione monetaria;
nonché, ancora, per l'accertamento del diritto del ricorrente al risarcimento del danno biologico derivante dall'infermità "……. ", già riconosciuta dipendente da causa di servizio e per colpa del Ministero della difesa, datore di lavoro, in una percentuale non minore del 35%, eventualmente con l'applicazione dei criteri di cui alla legge 302/1990, con condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme a tale titolo dovute, con interessi e rivalutazione monetaria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2010 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il presente ricorso, notificato a mezzo posta il 10/12 gennaio 2009 e depositato il successivo 15 gennaio, B. V. ha esposto
- che era uno dei 513 soldati (al cui numero erano da aggiungerne altri 45 già deceduti) che avevano accusato patologie associate all’esposizione all’uranio impoverito (cd. sindrome dei Balcani, dovuta all’uso massiccio di tale sostanza negli armamenti utilizzati dalle forze armate della NATO durante l’intervento in tale area);
- che egli, infatti, aveva operato in Kosovo dal …...3.2000 al …...7.2000; dal …...3.2001 al …...7.2001; dal ….3.2002 al …….7.2002, quale (omissis);
- che, senza dubbio doveva essere ascritto a causa di servizio il (omissis) per il quale era stato operato e sottoposto a ………. (attualmente non stabilizzato), e che alla sua insorgenza aveva certo concorso l’Amministrazione della Difesa, essendo stata anch’essa diretta utilizzatrice di armi all’uranio impoverito e non avendo apprestato idonee misure per contrastare efficacemente la contaminazione dei propri militari;
- che il Ministero della Difesa, su conforme parere del Comitato di Verifica per le cause di Servizio prot. n° …….. del ……..2008, aveva sì riconosciuto la dipendenza da causa di servizio della detta patologia, ma non aveva, però, anche riconosciuto l’equo indennizzo, in quanto la domanda sarebbe stata presentata in ritardo rispetto al termine semestrale di cui all’art. 2 co. 1 D.P.R. 461/2001 (assumendosi che la piena conoscenza della natura del male sarebbe risalita al …….5.2004, a fronte della presentazione della domanda in data ….1.2005);
Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, di diniego dell’equo indennizzo, chiedendone l’annullamento per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 co. 1 D.P.R. 461/2001.
Contestualmente, il B…….. ha anche chiesto il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere l'equo indennizzo nella misura massima prevista, con condanna dell'Amministrazione al pagamento con interessi e rivalutazione monetaria, nonché ancora l'accertamento del proprio diritto a conseguire il risarcimento del danno biologico derivante dall'infermità "……….", già riconosciuta dipendente da causa di servizio (e ciò per colpa del Ministero della difesa, datore di lavoro), in una percentuale non minore del 35%, eventualmente con l'applicazione dei criteri di cui alla legge 302/1990, con condanna dell'Amministrazione al pagamento delle somme a tale titolo dovute, con interessi e rivalutazione monetaria.
In data …….. febbraio 2009 si è costituita l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, per l’Amministrazione della Difesa, al fine di resistere al proposto ricorso.
Con ordinanza n° …../2009, questo Tribunale ha dato ingresso, limitatamente ai profili impugnatori, alla tutela cautelare chiesta dal ricorrente, sospendendo l’efficacia dell’impugnato decreto n° ……… del …...7.2008 del Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, con obbligo per la P.A. di riformulare il tratto di azione amministrativa così privato di effetti.
In data ….. maggio 2009, la difesa erariale ha depositato documentazione attestante l’avvenuto annullamento, ad opera del Decreto n° …….. del …...3.2009 emesso dal Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, dell’impugnato Decreto n° …….. del …..7.2008, con contestuale riconoscimento (nello stesso provvedimento) della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “postumi di intervento di ………”.
Con ordinanza n° …../2009 del …… ottobre 2009, questo Tribunale ha disposto sia adempimenti istruttori a carico dell’Amministrazione della Difesa (al fine di verificare se, a seguito della rideterminazione di cui al Decreto n° …….. del …...3.2009 del Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, fossero seguiti il riconoscimento del chiesto equo indennizzo e la liquidazione e corresponsione del relativo importo), sia una Consulenza Tecnica di Ufficio di tipo medico-legale, al fine di stabilire <<tenuto conto del quadro clinico presentato da B……. V……., quali conseguenze, in termini di danno biologico (inteso secondo le disposizioni di cui agli artt. 138 e 139 Decr. Leg.vo 209/2005, nonché secondo le pronunzie della giurisprudenza intervenute nella materia), abbia comportato la prestazione del servizio militare con esposizione a radiazioni sprigionate da uranio impoverito e il conseguente insorgere dell’infermità “ OMISSIS”; nonché il successivo configurarsi di “postumi di intervento di …………..” >>; con precisazioni sul <<se l’interessato abbia accusato anche invalidità permanente, con valutazione in termini di punteggio o di percentuale dell’incidenza sulla sua integrità psicofisica, e conseguente monetizzazione delle lesioni subite>>.
In data …….. dicembre 2009 la difesa erariale, al fine di adempiere a quanto disposto in via istruttoria dal Tribunale, ha prodotto copia del Decreto n° ……. del ……..9.2009 del Ministero della Difesa Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, di liquidazione di €9.445,03 in favore di B. V. a titolo di equo indennizzo in relazione alle affezioni per cui è causa (e quest’ultimo ha, con atto prodotto il ….. maggio 2010, dato conto di aver anche concretamente incassato tale somma di denaro).
Successivamente, in data ….. aprile 2010, il C.T.U. dott. Prof. (omissis), nominato su indicazione del Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi Federico II di Napoli, ha depositato l’elaborato peritale contenente le risposte ai formulati quesiti.
Alla pubblica udienza del 6 maggio 2010, dopo discussione (nel cui ambito il difensore di parte ricorrente ha lamentato il mancato computo di interessi legali e rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di equo indennizzo) la causa è stata quindi nuovamente trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il presente giudizio, B. V. ha formulato sia una domanda impugnatoria (volta all’annullamento del provvedimento con cui l’Amministrazione della difesa gli ha negato, per tardività della richiesta, l’equo indennizzo per la patologia “postumi di intervento di ………….”), sia domande volte al riconoscimento tanto del diritto all’equo indennizzo, quanto del diritto a conseguire il risarcimento del danno biologico subito in seguito alla malattia “ OMISSIS”, accusata dopo aver prestato servizio come militare per più periodi di tempo in Kosovo, ed essere rimasto esposto a radiazioni emesse dall’uranio impoverito presente nelle armi ivi utilizzate.
Dopo che al ricorrente è stata accordata tutela cautelare dal Tribunale (limitatamente ai profili impugnatori proposti), l’Amministrazione della Difesa ha ritenuto di rideterminarsi autonomamente (come si evince dall’assenza di riserve e dalla presenza di una specifica rivalutazione del giudizio clinico espresso dalla C.M.O. di Padova in data …….10.2005) in senso positivo per il privato interessato, posto che, con il Decreto n° ………. del …...3.2009 emesso dal Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, ha annullato l’impugnato Decreto n° …….. del …..7.2008, e contestualmente ha riconosciuto, senza alcuna limitazione, la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “postumi di intervento di …………….” (peraltro già in precedenza riconosciuta, pur senza concessione dell’equo indennizzo per assunta tardiva presentazione della richiesta).
A seguito di specifici accertamenti istruttori disposti dal Tribunale, è poi stato documentato che, con Decreto n° …… del …...9.2009 del Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva, è stata disposta in favore di B. V., a titolo di equo indennizzo in relazione alle affezioni per cui è causa, la liquidazione di €9.445,03; somma poi concretamente a lui corrisposta (come da attestazione di bonifico bancario prodotta in data …… maggio 2010).
Ciò posto, quanto alla proposta domanda impugnatoria diretta a contrastare l’atto con cui la P.A. intimata ha negato l’equo indennizzo per la patologia “postumi di intervento di ……………”, va dichiarata la cessazione della materia del contendere, poiché il ricorrente ha conseguito in pieno del bene della vita cui aspirava: infatti, come evidenziato, dopo che l’Amministrazione della Difesa ha ritenuto di rideterminarsi autonomamente in senso positivo per il B……, ha poi anche proceduto alla liquidazione in suo favore della somma di €9.445,03 a titolo di equo indennizzo, e, quindi al relativo pagamento.
Sul punto va solo soggiunto che nessuna rilevanza ostativa in proposito spiegano, in assenza di tempestivo e rituale gravame, le osservazioni svolte oralmente, in sede di discussione, dal difensore del ricorrente circa la mancata corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria sul quantum liquidato a titolo di equo indennizzo.
Diversamente, la correlata domanda con cui B… V… ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto al chiesto equo indennizzo per la medesima causale, va dichiarata inammissibile, in quanto il giudizio instaurato innanzi al G.A. per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una malattia o di una menomazione fisica, così come anche quello volto alla liquidazione di un equo indennizzo per le stesse, si configura come giudizio di impugnazione, essendo la posizione del dipendente di interesse legittimo; mentre una posizione di diritto soggettivo sorge solo una volta che ne sia avvenuto il riconoscimento ad opera della P.A. (cfr. Cons. di Stato sez. VI, n° 4621 del 23.9.2009; Cons. di Stato sez. VI, n° 4368 dell’8.7.2009; Cons. di Stato sez. VI, n° 5293 del 24.10.2008; Cons. di Stato sez. IV, n° 3914 del 10.7.2007; Cons. di Stato sez. IV, n° 3769 del 27.6.2007; T.A.R. Liguria n° 802 del 3.6.2005; T.A.R. Lazio-Roma n° 3093 del 26.4.2005; T.A.R. Lazio-Roma n° 12056 del 29.10.2004; T.A.R. Campania-Salerno n° 224 del 27.3.2003).
Rimane, pertanto, da esaminare solo la domanda con la quale il ricorrente ha chiesto accertarsi il diritto al risarcimento del danno biologico a lui derivato in conseguenza dell’infermità “ OMISSIS” e dei connessi “postumi di intervento di ………………….”, con condanna dell’Amministrazione al pagamento di quanto dovuto per tale causale, con interessi e rivalutazione monetaria.
In proposito, va premesso come la giurisprudenza amministrativa abbia reiteratamente affermato (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2515 del 27.5.2008; T.A.R. Campania-Napoli, n. 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Lazio-Roma n. 8008 del 2.9.2008; T.A.R. Lazio-Roma n° 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Abruzzo-Pescara n. 339 del 23.3.2007; T.A.R. Campania-Napoli n. 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Campania-Napoli n. 6737 del 6.6.2006; T.A.R. Lazio-Roma, n. 2375 del 4.4.2006; T.A.R. Calabria-Catanzaro, n. 1927 del 29.5.2003) che la domanda del dipendente volta alla condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno biologico si presti ad essere qualificata sia come azione di natura extracontrattuale, se proposta ai sensi dell'art. 2043 c.c., e dunque appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario, sia come azione per l'accertamento della responsabilità contrattuale della Pubblica Amministrazione quando essa sia invece correlata alla violazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell'obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti; e tale ricostruzione è stata più volte avallata in sede di regolamento di giurisdizione dalla Suprema Corte ( cfr. Cass. SS.UU. n. 5785 del 4.3.2008; Cass. SS.UU., n. 7394 del 28.7.1998), la quale con recente pronunzia (cfr. Cass. SS.UU. n. 5468 del 6.3.2009), nell’annullare la decisione n. 6678 del 14.11.2006 della sez. V del Consiglio di Stato che sul punto aveva negato la giurisdizione del G.A., ha ribadito che “la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario”, precisando, altresì, che “non rileva, ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (art. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.); nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale conseguendo l'ingiustizia del danno alle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto di lavoro si articola e sostanziandosi la condotta lesiva nelle specifiche modalità di gestione del rapporto di lavoro. Soltanto nel caso in cui, all'esito dell'indagine condotta secondo gli indicati criteri, non possa pervenirsi all'identificazione dell'azione proposta dal danneggiato, si deve qualificare l'azione come di responsabilità extracontrattuale”.
Orbene, nel caso in esame, il B….., militare dell’Esercito Italiano che ha operato in Kosovo a più riprese tra il 2000 e il 2002, per un periodo complessivo di un anno, dopo aver prospettato, sulla scorta di apposita consulenza medico legale di parte, che la patologia ………. contratta ( OMISSIS ) e per la quale aveva subito ……….. chirurgica della ………, era ricollegabile alla esposizione all’uranio impoverito (cd. sindrome dei Balcani), essendo stata tale sostanza massicciamente impiegata negli armamenti usati dalle Forze Armate NATO durante l’intervento militare nei Balcani, ha espressamente lamentato la sussistenza di una responsabilità dell’Amministrazione della Difesa, per aver “impiegato senza alcuna protezione specifica personale militare in zona da lei stessa contaminata con l’uso di proiettili con uranio impoverito”, pur nella consapevolezza della esposizione di tale personale a concreti fattori di rischio, come dimostrato dall’emanazione della normativa di cui all’art. 4 bis D.L. 393/2000, introdotto dalla legge di conversione n. 27/2001, con la quale era stata disposta “la realizzazione di una compagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che a qualunque titolo hanno operato o operano nei territori della Bosnia –Herzegovina e del Kosovo”.
Sulla scorta di tali elementi, è così indiscutibile, a giudizio del Tribunale, che la formulata domanda risarcitoria trovi il proprio fondamento nella responsabilità conseguente all’inosservanza dei precisi obblighi che l’art. 2087 cod. civ. (“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”) pone a carico del datore di lavoro rispetto ai dipendenti; norma ritenuta applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione: la sua cognizione, quindi, riguardando una questione riferibile al rapporto di impiego di personale non contrattualizzato della P.A., è devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A..
Peraltro, l’azione volta a conseguire il risarcimento del danno biologico (definibile quale “lesione alla integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale… risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”, alla luce del disposto di cui agli artt. 138 e 139 Decr. Leg.vo 209/2005, nonché di quelli di cui all’art. 5 D.P.R. 3.3.2009 n. 37 e di cui agli artt. 1, 3 e 4 D.P.R. 30.10.2009 n. 181, trattandosi di disposizioni costituenti espressione di principi generali) risulta cumulabile con la pretesa all’equo indennizzo, posto che, mentre il risarcimento, “quanto ad oggetto e finalità, tende a ristabilire l’equilibrio nella situazione del soggetto turbata dall’evento lesivo e a compensare per equivalente la perduta integrità fisio-psichica”, invece l’equo indennizzo “proprio per il concetto e di discrezionalità ad esso inerente, e per la sua non coincidenza con l’entità effettiva del pregiudizio subito dal dipendente, appare avvicinabile ad una delle tante indennità che l’Amministrazione conferisce ai propri dipendenti in relazione alle vicende del servizio, con funzioni di graduazione e di equa distribuzione di compensi aggiuntivi” (così Cons. di Stato sez. IV, n° 2009 del 31.3.2009, e, in senso analogo Cass. Civ. n° 13887 del 23.7.2004); con la conseguenza che “dall’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno alla persona (patrimoniale o biologico) non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, oppure a titolo di assegni, di equo indennizzo, o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte od all’invalidità” in quanto, “perché possa applicarsi il principio della <<compensatio lucri cun damno>> è necessario che il vantaggio economico sia arrecato direttamente dal medesimo fatto concreto che ha prodotto il danno”, e invece le erogazioni da ultimo indicate “si fondano su un titolo diverso rispetto all’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie” (cfr. Cass. Civ. n° 10291 del 27.7.2001; Cass. Civ. n° 11440 del 18.11.1997; T.A.R. Campania-Napoli n° 3536 del 7.5.2008).
Nel merito, va in primis chiarito che la proposta domanda risarcitoria è stata limitata al solo danno biologico nei termini sopra precisati (e quindi con esclusione di altre voci di danno non patrimoniale; e ciò a prescindere dalla inquadrabilità di queste come tipologie autonome di danno, o meno, secondo quanto affermato da Cass. SS. UU. n° 26973 dell’11.11.2008). Va, poi, in secundis evidenziato che dalla documentazione in atti sono emersi elementi idonei a dar conto della sussistenza della patologia lamentata dal ricorrente (“ OMISSIS”, con i successivi “postumi di intervento di …………”), nonché dell’eziologia di questa. In particolare, quest’ultima è risultata legata, quanto meno quale fattore concausale, alla prolungata esposizione del ricorrente all’uranio impoverito, a sua volta dovuta alle concrete mansioni da lui svolte nella sua veste di militare dell’Esercito Italiano per più periodi negli anni 2000/2002 in Kosovo, ovvero in zona contaminata perché in precedenza interessata da operazioni belliche effettuate utilizzando proiettili contenenti appunto tale sostanza (la quale, come notorio, si è rivelata tossica, tanto che con l’art. 4 bis della legge n. 27/2001, di conversione del D.L. 393/2000, è stata disposta “la realizzazione di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che qualunque titolo hanno operato od operano nei territori della Bosnia-Herzegovina e del Kosovo, in relazione a missioni internazionali di pace e di assistenza umanitaria, nonche' di tutto il personale della pubblica amministrazione, incluso quello a contratto, che ha prestato o presta servizio, nei predetti territori, presso le rappresentanze diplomatiche o uffici ad esse collegati, e dei familiari che con loro convivono o hanno convissuto. I relativi accertamenti sanitari sono svolti a titolo gratuito presso qualsiasi struttura sanitaria militare o civile”).
A conferma di tali conclusioni in ordine all’eziologia della patologia in questione, anche il C.T.U. dott. prof. ( OMISSIS ), dopo aver illustrato ampiamente il punto in relazione, ha concluso (senza che la difesa erariale abbia opposto alcuna contraria osservazione) nel senso che “l’esposizione alle radiazioni ionizzanti sprigionate dall’uranio impoverito è stata causa dell’insorgenza del …………………., trattato mediante intervento chirurgico di ……… totale con successiva terapia adiuvante ……………”.
Orbene, una volta accertata la derivazione causale della patologia dall’ambiente di lavoro, deve dirsi contestualmente determinata una inversione dell’onere della prova in ordine alla responsabilità dell’Amministrazione di appartenenza del militare per mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l’integrità fisica dei dipendenti (sul punto cfr. Cass. Civ. n° 17017 del 2.8.2007): pertanto, non essendovi stata alcuna allegazione contraria da parte dell’Avvocatura dello Stato (ma, anzi, risultando la cosa avvalorata dal fatto che l’affezione è stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio fin dal primo provvedimento qui impugnato, essendo il diniego del riconoscimento dell’equo indennizzo giustificato esclusivamente con la pretesa tardività della richiesta) deve essere ritenuto sussistente il nesso di causalità tra l’omissione della P.A., che non ha adottato alcuna misura cautelativa, e il pregiudizio che è derivato all’odierno ricorrente.
A quest’ultimo proposito, gli accertamenti svolti dal nominato C.T.U. hanno portato ad evidenziare che effettivamente vi è stata una compromissione dell’integrità psico-fisica di B…. V…. in dipendenza dalla sequenza causale testé descritta; compromissione risarcibile a titolo di danno biologico e stimata nella misura del 20%: tali conclusioni, non oggetto di contestazioni ad opera di alcuna delle parti in causa, possono quindi, a giudizio del Collegio, costituire idonea base per stabilire il quantum risarcitorio spettante al ricorrente.
Quanto appunto alla concreta determinazione del risarcimento, il Tribunale – atteso che con riferimento alla voce “personalizzazione” dell’importo del risarcimento residua un ambito di valutazione non compiutamente esercitato - ritiene di rimettere il punto alle decisioni delle parti ai sensi dell'art. 35 comma 2 del D. Lgs. n. 80 del 1998, precisando, però, in questa sede i criteri che dovranno guidare l’Amministrazione nella formulazione dell’offerta al danneggiato.
Innanzitutto, va detto che, quale base dell'accordo, non solo dovrà essere valutata la percentuale di compromissione dell’integrità psico-fisica accertata (nella misura del 20%) dal consulente con riferimento alla data di effettuazione dell’intervento chirurgico subito dal ricorrente, ma che per la concreta determinazione del quantum risarcitorio dovranno essere utilizzate, analogamente a quanto fatto dall’ausiliare, le tabelle all’uopo predisposte dal Tribunale di Milano, peraltro tenendosi presente che il debito in questione è di valore, per cui la sua liquidazione deve consentire la rimessa in pristino del patrimonio del danneggiato all’attualità (così Cass. Civ. n° 29191/2008; Cass. Civ. n° 10022 del 24.6.2003; Cass. Civ. n° 748 del 24.1.2000).
Su tale base l’Amministrazione dovrà quindi valutare un opportuno e motivato aumento personalizzato nell’ambito della misura massima sempre prevista dalle citate tabelle, ed effettuare, sempre ai sensi del comma 2 dell’art. 35 Decr. Leg.vo 80/1998, una proposta di risarcimento al B…. nel termine di gg. 90 dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza.
Le spese del presente giudizio, ivi comprese quelle della svolta C.T.U. (il cui compenso sarà determinato con separato decreto) vengono poste a carico della soccombente Amministrazione pubblica e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - sede di Napoli - Sezione VII, definitivamente pronunziando sul ricorso di cui all’epigrafe, proposto da B… V…., così provvede:
dichiara cessata la materia del contendere tra le parti in relazione alla proposta domanda impugnatoria del Decreto n. …… del …. luglio 2008 del Ministero della Difesa – Direz. Gen. Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva;
dichiara inammissibile la domanda con cui parte ricorrente ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto al chiesto equo indennizzo;
condanna l'Amministrazione della Difesa al risarcimento del danno biologico sofferto dal ricorrente, da determinarsi a norma dell'art. 35 D. Lgs. n. 80 del 1998 con i criteri e nei termini di cui in motivazione;
condanna l’Amministrazione della difesa alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di giudizio, che liquida in complessivi €2.000,00 (di cui €700,00 per diritti ed €1.300,00 per onorario) cui andranno aggiunte le spese di C.T.U. (che saranno liquidate con separato provvedimento), nonché i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere, Estensore
(omissis), Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/08/2010


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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Giusto per orientamento circa la cumulabilità prevista (ma come al solito fanno i duri nell'Amministrazione).
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Liquidazione equo indennizzo
nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio e cumulabilità con il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.

Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.

Ricorso ACCOLTO

Il resto per completezza leggete qui sotto.
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06/03/2014 201401417 Sentenza 7


N. 01417/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01970/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1970 del 2010, proposto da: OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS, con domicilio eletto presso il medesimo in Napoli, V. Andrea D'Isernia n.8;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Dello Stato, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;

Per l’annullamento
del decreto n…../2009 con il quale il dir. della divisione “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo per il ricorrente la somma di euro 15.776,78=;

nonché per il risarcimento
di tutti i danni connessi e derivanti dall’infortunio occorso durante il servizio;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato OMISSIS ha impugnato il decreto n…../2009 con il quale il dirigente della divisione del Ministero della Difesa “cause di servizio ed equo indennizzo” ha disposto quale equo indennizzo in suo favore la somma di euro 15.776,78, in relazione all’infermità (OMISSIS) insorta a seguito dell’incidente verificatosi in data ……/2005 nel mentre prestava servizio quale volontario in forma prolungata; ha altresì richiesto il risarcimento del danno biologico ed esistenziale derivante dall’infortunio de quo.

2. Il ricorrente deduce di avere avuto il riconoscimento dell’equo indennizzo per tale patologia, con l’impugnato decreto, con dimezzamento, avendo nel contempo beneficiato, in relazione alla medesima patologia, della pensione privilegiata ordinaria.

2.1. Deduce inoltre di essersi attivato per richiedere al Ministero della Difesa di quale copertura assicurativa potesse usufruire per avere il ristoro totale dei danni occorsigli in conseguenza di tale incidente, ma di non avere allo stato ricevuto alcuna risposta.

3. Ha quindi impugnato il decreto de quo, in relazione alla determinazione dell’indennizzo e richiesto altresì il ristoro in relazione al danno biologico ed esistenziale, articolando in due motivi di ricorso, le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 38 della Costituzione.

Assume il ricorrente che la somma riconosciuta a titolo di equo indennizzo, così come determinata con l’impugnato decreto, deve considerarsi assolutamente incompatibile ed in violazione palese del canone di adeguatezza di cui all’art. 38 Cost., in relazione ad una patologia, come quella insorta, che lo aveva privato dell’uso degli arti inferiori alla giovane età di venti anni.

Assume pertanto che, ove detta determinazione sia avvenuta in forza di normativo di rango regolamentare, la stessa debba intendersi illegittima, mentre ove effettuata in forza di norma primaria dovrebbe sostenersene l’illegittimità costituzionale.

2) Violazione dell’art. 38 della Cost del D.P.R. 30/06/1965 n. 1124; del Dlgs. 23/02/2000 n. 38; eccesso di potere per manifesta ingiustizia.

Deduce inoltre che il riconoscimento dell’equo indennizzo non dovrebbe escludere l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, laddove al ricorrente non era stato riconosciuto nulla a tale titolo, con la conseguente impossibilità di avere il completo ristoro dei danni subiti.

Pertanto -nella prospettazione attorea- in ogni caso il Ministero dovrebbe procedere direttamente al ristoro del danno biologico ed esistenziale derivatogli dall’infortunio verificatosi durante il servizio.

4. Si è costituito l’intimato Ministero, con deposito di documenti e di memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso, sulla base del rilievo che si era proceduto alla liquidazione dell’indennizzo nella misura massima -con l’ascrizione alla 1^ cat.- e secondo i parametri normativi, con il dimezzamento previsto dalla normativa di settore, in considerazione della contemporanea corresponsione della pensione privilegiata ordinaria; ha inoltre dedotto che i militari non possono beneficiare dell’assicurazione INAIL, che tra l’altro rappresenterebbe una forma inammissibile di tutela previdenziale, rispetto a quella già assicurata con la corresponsione dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria, nonché l’infondatezza della domanda risarcitoria, tra l’altro formulata in maniera generica, laddove il lavoratore dovrebbe invece provare il fatto costituente inadempimento dell’obbligo di sicurezza, nonché il nesso di causalità materiale tra l’inadempimento stesso e il danno subito.

5. Con ordinanza 03268/2013 la Sezione ha disposto verificazione, al fine dell’accertamento del danno biologico subito dal ricorrente in relazione alla malattia già riconosciuta come dipendente da causa di servizio in forza dell’impugnato decreto.

6. L’organismo verificatore ha provveduto al deposito della relazione in data 18 dicembre 2013.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito della udienza pubblica del 9 gennaio 2014.

8. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene l’iniquità della somma liquidata a titolo di equo indennizzo in relazione ad una patologia che lo aveva privato in giovane età dell’uso degli arti inferiori.

8.1 In particolare il ricorrente non contesta l’ascrizione a categoria tabellare – tra l’altro avvenuta nella categoria massima – ma la liquidazione corrispondente a tale ascrizione, deducendo l’illegittimità della normativa regolamentare nonché l’eventuale l’illegittimità costituzionale della normativa primaria.

8.2 Il motivo è infondato.

8.2.1 Ed invero in relazione all’istanza di equo indennizzo di cui è causa – presentata in data 5/02/2007 – l’Amministrazione ha fatto correttamente riferimento, in base alla normativa applicabile ratione temporis, allo stipendio tabellare iniziale in godimento alla data di presentazione della domanda, ai sensi dei commi 210 e 211 dell’art. 1 della legge finanziaria n. 266/2005, ed in applicazione dei criteri di cui al comma 119 dell’art. 1 della legge 662/1996; inoltre, in considerazione del fatto che al ricorrente, in relazione alla medesima infermità è stata riconosciuta la pensione privilegiata ordinaria, in applicazione dell’art. 144 del D.P.R. 1092/1973 e dell’art. 50 del D.P.R. 686/57, si è operato il dimezzamento dell’importo da corrispondersi a titolo di equo indennizzo.

8.2.2. Ciò posto, non può in alcun modo sostenersi l’illegittimità dell’importo correttamente liquidato dall’amministrazione in base ai parametri normativi vigenti ratione temporis; né si può ritenere che la normativa regolamentare sia illegittima per contrasto con l’art. 38 Cost.

8.2.3. Del pari in relazione alla normativa di rango primario – nell’ipotesi di specie art. 1 comma 119 della legge n. 662/1996 – deve sostenersi la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità eccepita da parte ricorrente in relazione all’art. 38 Cost. secondo cui “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale” in considerazione della molteplicità dei benefici previdenziali riconosciuti al ricorrente, ed in particolare della corresponsione della pensione privilegiata ordinaria. Inoltre secondo quanto dedotto dall’Amministrazione e non contestato dal ricorrente, lo stesso gode altresì della corresponsione dell’indennità di assistenza e di accompagnamento. Risulta così complessivamente e razionalmente assicurata la tutela previdenziale del ricorrente, quale cittadino inabile al lavoro, nel rispetto dei valori di cui all’art. 38 Cost.

8.2.4. Vi è infine da evidenziare che l’equo indennizzo non è volto ad assicurare il ristoro del danno biologico subito, trattandosi di somma corrisposta a titolo di indennizzo, ovvero derivante da responsabilità per fatto lecito, essendo riconosciuto a prescindere dalla colpevolezza della P.A., sulla base del solo accertamento del nesso causale fra patologia permanente insorta e “fatto di servizio”, laddove il risarcimento del danno biologico è ascrivibile alla responsabilità da fatto illecito ed in particolare, secondo quanto di seguito specificato, o alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., o alla responsabilità di carattere contrattuale di cui all’art. 2087 c.c.; pertanto, va disattesa la censura di iniquità lamentata da parte ricorrente, che postula il riferimento alla gravità del danno subito.

9. Il secondo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente richiede di usufruire della copertura assicurativa INAIL, ovvero in alternativa del risarcimento del danno biologico ed esistenziale insorti in forza dell’infortunio di cui è causa è fondato solo in relazione alla richiesta del risarcimento del danno biologico (nel cui ambito è da ascriversi anche il danno esistenziale attraverso la personalizzazione del punteggio riconosciuto a titolo di danno biologico, secondo quanto di seguito precisato).

10. Ed invero, come già evidenziato con l’ordinanza collegiale n. 03268/2013, nell’ipotesi di specie non può applicarsi la tutela assicurativa INAIL, in quanto l’art. 12 bis L. 38/2009 (Norma di interpretazione autentica in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) ha disposto che “Gli articoli 1 e 4 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, si interpretano nel senso che le disposizioni ivi contenute non si applicano al personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, che rimangono disciplinate dai rispettivi ordinamenti, fino al complessivo riordino della materia”; per cui deve ritenersi che per il personale delle Forze Armate l’equo indennizzo si presenti come sostitutivo della tutela assicurativa de qua.

10.1 Peraltro, al di là di tali rilievi, anche la giurisprudenza formatasi in data antecedente tale disposto normativo ha escluso il cumulo dell’assicurazione INAIL e dell’equo indennizzo, riconosciuto nell’ipotesi di specie a parte ricorrente (cfr., ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1328 del 19-11-1992, secondo cui “Nell'attuale sistema (art. 50 del D.P.R. 3 maggio 1957 n. 686 e artt. 10 e 11 del D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) va escluso il cumulo fra rendita per infortunio sul lavoro o malattia professionale ed equo indennizzo, per cui l'art. 11 del D.P.R. 1 giugno 1979 n. 191 va inteso nel senso che, ferma restando l'assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie professionali per i dipendenti degli enti locali assicurati presso l'I.N.A.I.L. a norma di legge, agli altri dipendenti non assicurati presso l'I.N.A.I.L. perché non addetti a lavori soggetti all'assicurazione obbligatoria - è esteso l'equo indennizzo previsto dalle norme sui dipendenti statali”);

11. Venendo alla disamina dell’alternativa domanda di risarcimento del danno biologico, va premesso come la giurisprudenza amministrativa abbia reiteratamente affermato (cfr. Cons. di Stato sez. V, n° 2515 del 27.5.2008; T.A.R. Campania-Napoli, n. 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Lazio-Roma n. 8008 del 2.9.2008; T.A.R. Lazio-Roma n° 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Abruzzo-Pescara n. 339 del 23.3.2007; T.A.R. Campania-Napoli n. 8106 del 14.9.2006; T.A.R. Campania-Napoli n. 6737 del 6.6.2006; T.A.R. Lazio-Roma, n. 2375 del 4.4.2006; T.A.R. Calabria-Catanzaro, n. 1927 del 29.5.2003) che la domanda del dipendente volta alla condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno biologico si presti ad essere qualificata sia come azione di natura extracontrattuale, se proposta ai sensi dell'art. 2043 c.c., e dunque appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario, sia come azione per l'accertamento della responsabilità contrattuale della Pubblica Amministrazione quando essa sia invece correlata alla violazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell'obbligo di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti; e tale ricostruzione è stata più volte avallata in sede di regolamento di giurisdizione dalla Suprema Corte ( cfr. Cass. SS.UU. n. 5785 del 4.3.2008; Cass. SS.UU., n. 7394 del 28.7.1998), la quale con recente pronunzia (cfr. Cass. SS.UU. n. 5468 del 6.3.2009), nell’annullare la decisione n. 6678 del 14.11.2006 della sez. V del Consiglio di Stato che sul punto aveva negato la giurisdizione del G.A., ha ribadito che “la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell'Amministrazione, è strettamente subordinata all'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario”, precisando, altresì, che “non rileva, ai fini dell'accertamento della natura giuridica dell'azione di responsabilità proposta, la qualificazione formale data dal danneggiato in termini di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ovvero mediante il richiamo di norme di legge (art. 2043 e ss., 2087 c.c.), indizi di per sé non decisivi, essendo necessario considerare i tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito posto a base della pretesa risarcitoria, onde stabilire se sia stata denunciata una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi, indifferentemente, nei confronti della generalità dei cittadini e nei confronti dei propri dipendenti, costituendo, in tal caso, il rapporto di lavoro mera occasione dell'evento dannoso; oppure se la condotta lesiva dell'amministrazione presenti caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto d'impiego e le sia imputata la violazione di specifici obblighi di protezione dei lavoratori (art. 2087 c.c.); nel qual caso la responsabilità ha natura contrattuale conseguendo l'ingiustizia del danno alle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto di lavoro si articola e sostanziandosi la condotta lesiva nelle specifiche modalità di gestione del rapporto di lavoro. Soltanto nel caso in cui, all'esito dell'indagine condotta secondo gli indicati criteri, non possa pervenirsi all'identificazione dell'azione proposta dal danneggiato, si deve qualificare l'azione come di responsabilità extracontrattuale”.

11.1 Orbene, nel caso in esame, il OMISSIS agisce per il risarcimento del danno occorsogli per un incidente verificatosi nel mentre prestava servizio come militare in ferma prolungata presso il distaccamento del 62° Reggimento Fanteria “Sicilia”, alla guida di un automezzo militare nel corso di attività di pattugliamento, richiedendo in via principale di usufruire dell’assicurazione INAIL.

Sulla scorta di tali elementi, è così indiscutibile, a giudizio del Tribunale, che la formulata domanda risarcitoria trovi il proprio fondamento nella responsabilità conseguente all’inosservanza dei precisi obblighi che l’art. 2087 cod. civ. (“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”) pone a carico del datore di lavoro rispetto ai dipendenti; norma ritenuta applicabile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione: la sua cognizione, quindi, riguardando una questione riferibile al rapporto di impiego di personale non contrattualizzato della P.A., è devoluta alla giurisdizione esclusiva del G.A..

12. Nel merito la domanda è fondata.

12. 1 Ed invero l’azione volta a conseguire il risarcimento del danno biologico (definibile quale “lesione alla integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale… risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”, alla luce del disposto di cui agli artt. 138 e 139 Decr. Leg.vo 209/2005, nonché di quelli di cui all’art. 5 D.P.R. 3.3.2009 n. 37 e di cui agli artt. 1, 3 e 4 D.P.R. 30.10.2009 n. 181, trattandosi di disposizioni costituenti espressione di principi generali) risulta cumulabile con la pretesa all’equo indennizzo (già percepito dall’interessato), posto che, mentre il risarcimento, “quanto ad oggetto e finalità, tende a ristabilire l’equilibrio nella situazione del soggetto turbata dall’evento lesivo e a compensare per equivalente la perduta integrità fisio-psichica”, invece l’equo indennizzo “proprio per il concetto e di discrezionalità ad esso inerente, e per la sua non coincidenza con l’entità effettiva del pregiudizio subito dal dipendente, appare avvicinabile ad una delle varie indennità che l’Amministrazione conferisce ai propri dipendenti in relazione alle vicende del servizio, con funzioni di graduazione e di equa distribuzione di compensi aggiuntivi” (così Cons. di Stato sez. IV, n° 2009 del 31.3.2009, e, in senso analogo Cass. Civ. n° 13887 del 23.7.2004); con la conseguenza che “dall’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno alla persona (patrimoniale o biologico) non può essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, oppure a titolo di assegni, di equo indennizzo, o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte od all’invalidità” in quanto, “perché possa applicarsi il principio della <<compensatio lucri cum damno>> è necessario che il vantaggio economico sia arrecato direttamente dal medesimo fatto concreto che ha prodotto il danno”, e invece le erogazioni da ultimo indicate “si fondano su un titolo diverso rispetto all’atto illecito e non hanno finalità risarcitorie” (cfr. Cass. Civ. n° 10291 del 27.7.2001; Cass. Civ. n° 11440 del 18.11.1997; T.A.R. Campania-Napoli n° 3536 del 7.5.2008; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).

12.2. Ciò posto, va in primis chiarito che la proposta domanda risarcitoria è stata limitata al solo danno biologico e al danno esistenziale nei termini sopra precisati (figura quest’ultima non configurabile come categoria autonoma di danno, secondo quanto affermato da Cass. SS. UU. n° 26973 dell’11.11.2008). Va, poi, in secondo luogo evidenziato che dalla documentazione in atti sono emersi elementi idonei a dar conto della sussistenza della patologia lamentata dal ricorrente, nonché dell’eziologia di questa. In particolare, quest’ultima è risultata legata, alla lesione OMISSIS apprezzata nell’immediatezza dell’evento traumatico verificatosi in servizio, mediante indagini strumentali di secondo livello, al pari della frattura OMISSIS e alle lesioni della OMISSIS e OMISSIS.

12.2.1. A conferma di tali conclusioni in ordine all’eziologia della patologia in questione si pongono anche le conclusioni della relazione di verificazione redatta dal dott. prof. P. D. L. (cui può rinviarsi), nonché il riconoscimento al riguardo operato dal Ministero della Difesa con la corresponsione dell’equo indennizzo, che presuppone l’eziologia fra la patologia e il fatto di servizio.

12.2.2. Orbene, una volta accertata la derivazione causale della patologia dall’ambiente di lavoro, deve dirsi contestualmente determinata una inversione dell’onere della prova in ordine alla responsabilità dell’Amministrazione di appartenenza del militare per mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l’integrità fisica dei dipendenti (sul punto cfr. Cass. Civ. n° 17017 del 2.8.2007; T.A.R. Campania, Napoli VII sez. n. 01084 del 25/02/2013).

12.2.3. Né rileva in senso contrario quanto ritenuto da Consiglio di Stato sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388 secondo cui “La responsabilità del datore di lavoro in ipotesi di patologie contratte dal lavoratore (ovvero, in ipotesi di aggravamento di pregresse patologie) va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; con la conseguenza che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta o del comportamento datoriale, un danno alla salute, l' onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro o dei comportamenti in concreto subiti, nonché il nesso tra l'uno e l'altro, e solo se il lavoratore ha fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l' onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile all'inosservanza di tali obblighi”, atteso che nell’ipotesi di specie il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio vale ad esentare il ricorrente dalla prova dell’indicato nesso causale.

12.2.4. Pertanto, non essendovi stata alcuna allegazione contraria da parte dell’Avvocatura dello Stato circa l’adozione di tutte le cautele necessarie ad evitare il danno (ma, anzi, risultando la cosa avvalorata dal fatto che la menomazione è stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio) deve essere ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la prestazione lavorativa, avvenuta senza l’apprestamento delle necessarie cautele, da intendersi riferite all’utilizzo del mezzo militare, e il pregiudizio che è derivato all’odierno ricorrente, non avendo l’Amministrazione neanche allegato, ad esclusione della sua responsabilità, il caso fortuito.

12.3. Gli accertamenti svolti dal nominato verificatore hanno portato ad evidenziare che effettivamente vi è stata una compromissione dell’integrità psico-fisica di OMISSIS in dipendenza dalla sequenza causale innescata dall’indicato incidente; compromissione risarcibile a titolo di danno biologico e stimata nella misura del 88/90%, comprensiva del danno esistenziale: tali conclusioni, non oggetto di contestazioni ad opera di alcuna delle parti in causa, possono quindi, a giudizio del Collegio, costituire idonea base per stabilire il quantum risarcitorio spettante al ricorrente.

12.4 Quanto appunto alla concreta determinazione del risarcimento, il Tribunale – atteso che con riferimento alla voce “personalizzazione” dell’importo del risarcimento residua un ambito di valutazione, riferito al danno esistenziale apprezzato complessivamente dal verificatore nell’ambito del danno biologico - di per sé isolatamente considerato, comportante un’invalidità dell’80-85%- ritiene di rimettere il punto alle decisioni delle parti ai sensi dell'art. 34 comma 4 cpa (cfr Consiglio di Stato 12/07/2011, n. 41 96 secondo cui “Ai fini della quantificazione del danno, il Collegio ritiene di fare applicazione della previsione di cui al comma 4 dell'art. 34, c.p.a., secondo cui in caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), precisando, tuttavia, in questa sede i criteri che dovranno guidare l’Amministrazione nella formulazione dell’offerta al danneggiato, atteso che le attuali tabelle in uso presso il Tribunale di Milano fanno riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della menzionata personalizzazione del danno, indicando la percentuale massima di aumento del quantum risarcibile a tale titolo, rispetto a quanto liquidato a titolo di danno biologico isolatamente considerato e non, come avvenuto ad opera del verificatore, con un aumento del punteggio riferito alla stima del danno biologico.

12.4.1. Ciò comunque sempre avendo riguardo al rilievo che, anche secondo la più recente giurisprudenza (Casss. Sez. 3, Sentenza n. 21716 del 23/09/2013) “Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione”.

12.4.2. Innanzitutto, va detto che, quale base dell'accordo, non solo dovrà essere valutata la percentuale di compromissione dell’integrità psico-fisica accertata (nella misura del 80-85%, essendo la percentuale dell’88-90% dal verificatore, come sopra precisato, riferita anche alla liquidazione del danno esistenziale, da liquidarsi per contro tramite la personalizzazione riferita all’aumento percentuale indicato nelle tabelle del Tribunale milanese nella misura massima) dal consulente, ma che per la concreta determinazione del quantum risarcitorio dovranno essere utilizzate, le tabelle all’uopo predisposte dal Tribunale di Milano, ai fini della liquidazione di tale danno e della liquidazione del danno non patrimoniale, con un opportuno e motivato aumento personalizzato nell’ambito della misura massima sempre prevista dalle citate tabelle, dovendo il danno non patrimoniale, allegato dal ricorrente sub specie di danno esistenziale, da valere quale misura di personalizzazione del danno biologico, nell’ipotesi di specie da ritenersi provato per presunzioni ex art. 2729 c.c., avuto riguardo alla gravità della lesione subita, quale accertata dal verificatore, e alla giovanissima età del ricorrente all’epoca del sinistro.

12.5. Del pari l’Amministrazione dovrà procedere alla liquidazione e personalizzazione del danno da inabilità temporanea assoluta, accertato dal verificatore nella misura di 442 giorni, corrispondenti ai giorni dei ricoveri ospedalieri, nell’ambito della forbice del pari prevista al riguardo nelle tabelle del Tribunale di Milano.

12.6. Nella liquidazione complessiva peraltro dovrà tenersi presente che il debito in questione è di valore, per cui la sua liquidazione deve consentire la rimessa in pristino del patrimonio del danneggiato all’attualità (così Cass. Civ. n° 29191/2008; Cass. Civ. n° 10022 del 24.6.2003; Cass. Civ. n° 748 del 24.1.2000).

12.6. Su tale base l’Amministrazione dovrà quindi valutare, ed effettuare, sempre ai sensi del comma 4 dell’art. 34 CPA, una proposta di risarcimento al OMISSIS, nel termine di gg. 90 dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notifica della presente sentenza.

13. Il ricorso va dunque rigettato quanto alla domanda di annullamento ed accolto quanto alla domanda risarcitoria.

14. Attesa la parziale soccombenza, le spese di lite possono essere compensate nella misura di ½ e liquidate come da dispositivo, avuto riguardo alla natura della controversia e alla complessità delle questioni trattate.

15. Il compenso spettante al verificatore viene del pari liquidato come da dispositivo e posto totalmente a carico dell’Amministrazione soccombente, in quanto attinente alla domanda di risarcimento del danno, totalmente accolta.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RIGETTA quanto alla domanda di annullamento; lo ACCOGLIE quanto alla domanda risarcitoria.

Compensa nella misura di ½ le spese di lite, che per il resto vengono poste a carico dell’Amministrazione resistente e liquidate nella misura complessiva di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre ad oneri accessori, se dovuti, come per legge.

Liquida il compenso spettante al liquidatore, prof. P. D. L., nella misura già prevista a titolo di acconto nell’ordinanza 03268/2013, pari ad euro 1.000,00 (mille/00), ponendolo definitivamente a carico della resistente Amministrazione, con eventuale ripetizione da parte del ricorrente nei confronti dell’Amministrazione medesima, ove tale compenso sia già stato corrisposto quale acconto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 06/03/2014
panorama
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

Messaggio da panorama »

Mi trovo questa notizia e la metto qui anche se è data 04/06/2009.
Potrebbe servire a qualcuno.
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SALUTE. Indennizzo alle vittime dell'uranio impoverito; Inca Cgil denuncia scarsa informazione
04/06/2009.

Con l'emanazione del decreto presidenziale n. 37 del marzo 2009 sono stati individuati i soggetti destinatari del riconoscimento e dell'indennizzo di "particolari infermità" contratte per esposizione ed utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e alla dispersione nell'ambiente di nano particelle di metalli pesanti, prodotte dalle esplosioni di materiale bellico.

Dunque al personale militare e civile viene riconosciuto il diritto all'indennizzo, ma l'Inca Cgil denuncia il fatto che non è stata impostata nessuna campagna di comunicazione per far conoscere le procedure per inoltrare le domande.

Per l'Inca "si tratta di un provvedimento importante che contribuisce anche a far emergere il nesso tra lavoro e malattie, fortemente sottostimato, superando quelle divisioni ideologiche tra mondo militare e civile, che hanno impedito finora di indagare con rigore sugli effetti di queste sostanze nocive sulla salute e sull'ambiente".

L'Inca spiega che "questo provvedimento ha esteso il diritto all'indennizzo anche al personale civile operante all'estero e in Italia, nonché a tutti i cittadini che risiedono vicino ai poligoni di tiro presenti in Italia."

Per il triennio 2008-2010 sono stati stanziati 30 milioni di euro "che saranno ripartiti fino a un massimo di duecentomila euro per ciascun richiedente".

"Per coloro che già sono affetti da malattia - ribadisce l'Inca in una nota - c'è tempo 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto (6 maggio) per inoltrare la domanda.

Non si conosce la reale portata del numero delle vittime coinvolte, ma già la Commissione parlamentare riferiva di 312 casi di tumore maligno, di cui 77 con esito mortali, insorti durante le missioni nei Balcani, in Iraq, in Afghanistan e in Libano".

L'Inca mette a disposizione le sue strutture per garantire l'inoltro delle domande e il rispetto dei diritti delle persone coinvolte.
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Corte dei Conti Lazio

LAZIO SENTENZA 369 2013 PENSIONI 06/05/2013
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Corte dei Conti Abruzzo

ABRUZZO SENTENZA 399 2012 PENSIONI 16/11/2012
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Benefici previsti dell’art. 1079 co. 1 del DPR 90/2010 e dall’art. 603 del d.lvo. 66/2010.

Un diritto deve essere "sempre" vantato innanzi alla magistratura.

Chiunque va in missione all'estero deve sapersi tutelare e deve sapere
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21/07/2014 201407777 Sentenza 1B


N. 07777/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04763/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4763 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G. T., rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso Angelo Fiore Tartaglia in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro
Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona dei rispettivi Ministri p.t.,rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento di rigetto dell’istanza di concessione dei benefici previsti dall'art. 1079 co. 1 d.p.r. 90/10.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Il Caporal Maggiore dell’Esercito Italiano ricorrente premette: di essersi arruolato nel gennaio 1999, di essere stato impiegato in poligoni di tiro nonché adibito alla pulitura di munizioni ed automezzi rientranti dalle operazioni militari nei Teatri Operativi all’estero ove era utilizzato l’uranio impoverito; di essere stato collocato in congedo a decorrere dal 25.11.2000 in quanto giudicato “permanente non idoneo al servizio militare incondizionato” in quanto affetto da Malattia di Hodgkin (varietà sclerosi nodulare in stadio clinico II A); di aver presentato nell’aprile 2002 la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e di equo indennizzo; di aver impugnato con ricorso iscritto al ruolo n. rgr 6167/2009, tutt’ora pendente, il decreto del 14.1.2009 con cui la predetta istanza era stata respinta sulla base del parere espresso in data 8.2.2005 dal Comitato di verifica per le cause di servizio. Quest’ultimo aveva escluso il nesso causale ritenendo che trattavasi di “linfoadenopatia iperoplastica primitiva sistemica, di natura idiopatica, pertanto, non sussistendo nel servizio prestato specifiche noxae potenzialmente idonee ad assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti".

Con il ricorso in esame egli impugna il Decreto del 19.3.2012 con cui l’Amministrazione ha respinto anche l’istanza presentata in data 15.10.2009 per ottenere per la predetta infermità l'indennità di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 37 del 2009 (ora 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010). I motivi ostativi all’accoglimento della predetta istanza erano stati preannunciati con nota del 14.12.2001, ai sensi all’art. 10 bis della legge n. 241/90, con cui si comunicava il parere negativo espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio in data 29.11.2011; nota riscontrata dal ricorrente formulando specifiche osservazioni in merito alle particolari condizioni di impiego che l’avevano esposto a polveri contenenti nanonoparticelle di uranio documentate dei Rapporti Informativi redatti dai superiori gerarchici in data 8.4.2011 e 19.10.2011 e sulla base delle Relazioni Tecniche di Consulenti esterni consultati. Ciononostante in data 29.2.2012 il Comitato di verifica per le cause di servizio, a conclusione del riesame, confermava il proprio parere negativo.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di censura: Violazione dell’art. 1079 co. 1 del DPR 90/2010 e dell’art. 603 del d.lvo. 66/2010. Eccesso di potere per erronea interpretazione e/o travisamento della situazione di fatto, errore sui presupposti, irrazioanlità, incongruità, inattendibilità, contraddittorietà, apoditticità, insufficienza della motivazione; difetto di istruttoria.

Con motivi aggiunti egli ha impugnato altresì la nota del 9.7.2013 con cui è stata respinta l’istanza di concessione dei benefici previsti D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 per le vittime del dovere nonché il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio espresso in data 18.6.2013 nel senso di confermare il parere negativo già reso in data 8.2.2005.

Le censure dedotte avverso il provvedimento di reiezione dell’istanza di cui all’art. 1079 del DPR 90/2010 sono riconducili alla violazione della normativa in materia ed all’eccesso di potere in tutte le sue forme, oltre che disparità di trattamento e violazione dell’art. 3 Cost. ed incentrate, in particolare, sul difetto di motivazione e di istruttoria, con conseguente travisamento ed errore sui presupposti di fatto, anche alla luce di quanto affermato nella relazione del Dott. Causo del 30.5.2013.

Infine con secondi motivi aggiunti il ricorrente, che in data 8.8.2013 aveva presentato istanza di riesame dell’atto di diniego del 9.7.2013, impugna la nota del 2.10.2013 con cui l’Amministrazione rifiuta di rivedere, in autotutela il proprio operato.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha prodotto memoria difensiva a difesa del proprio operato, sostenendo di aver svolto un’attività istruttoria particolarmente approfondita ed asserendo che non vi è prova certa del nesso di causalità tra la patologia in contestazione ed il servizio prestato dal ricorrente dato che i rapporti di servizio contengono solo “affermazioni in termini di verosomiglianza e di ipotetica possibilità di circostanze ed accadimenti”.

Con memoria di replica il ricorrente ha articolatamente controdedotto alle deduzioni difensive della resistente richiamando gli argomenti già introdotti con il ricorso ed i motivi aggiunti.

All’udienza pubblica del 19.3.2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

La controversia sottoposta all’esame del Collegio concerne il riconoscimento al ricorrente dell'indennità di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 37 del 2009 (ora 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010) prevista per le infermità contratte nelle particolari condizioni di impiego di cui all'articolo 1078, comma 1, lettere d) ed e), ivi comprese l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico che hanno costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante delle infermità o patologie tumorali permanentemente invalidanti o da cui è conseguito il decesso.

Come precisato nella parte in fatto il ricorrente è affetto da linfoma di Hodgkin, varietà sclerosi nodulare in stadio clinico II A - che rientra tra le patologia sopraindicate – però l’Amministrazione disconosce il collegamento di tale infermità con il servizio dallo stesso prestato e quini ha negato all’interessato qualsiasi beneficio di legge, escludendo sia la possibilità di riconoscimento dell’equo indennizzo – questione oggetto di contenzioso tutt’ora pendente - sia il beneficio specificamente previsto per i militari esposti all’inquinante sopra richiamato, che costituisce oggetto della controversia in esame.

In via preliminare il Collegio ritiene che, nonostante la possibilità di disporre la riunione per connessione delle cause in parola, sia opportuno decidere immediatamente nel merito la causa in esame - che rientra tra quelle attribuite alla giurisdizione di questo Tribunale, come ribadito dalla recente ordinanza della Cassazione n. 9667/2014 - senza ulteriori dilazioni vista l’urgenza economica prospettata dal ricorrente.

Sempre in via preliminare va inoltre, dichiarata l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso introduttivo, con cui si impugna il primo atto di diniego del beneficio in questione del 19.3.2012. Detto provvedimento era stato disposto sulla base del parere espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio del 29.11.2011 così motivato: “la patologia non può ritenersi riconducibile condizioni ambientali ed operative di missione così come risultanti e descritti in atti, ovvero a particolari fattori di rischio quali quelli previsti dagli artt. 603 e 1907 del d.lvo. 66/2010…tenuto altresì conto che, nel caso di specie, è stato espresso parere negativo anche ai sensi del D.P.R. n. 461/2001” e del successivo parere – espresso a seguito di riesame sollecitato dal ricorrente – reso in data 29.2.2012 che si esprimeva ugualmente in senso negativo.

Sull’istanza in questione infatti l’Amministrazione si è ulteriormente ripronunciata su sollecitazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’uranio impoverito adottando, a seguito di rinnovata attività istruttoria e sulla base di nuova motivazione, un ulteriore provvedimento di rifiuto in data 9.7.2013, che è stato impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti, nonché un ultimo atto di diniego, di contenuto sostanzialmente confermativo del predetto, impugnato coi secodi motivi aggiunti. Ne consegue che il ricorso avverso il provvedimento del 19.3.2012 è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, essendo l’atto di diniego originariamente gravato interamente sostituito dal nuovo atto di diniego, sul quale si è ormai trasferito l’interesse a ricorrere dell’interessato.

Il complesso procedimento di revisione della pratica del ricorrente, avviato nel novembre del 2012, ha implicato il riesame della contestata relazione causale tra la patologia del ricorrente e le specifiche modalità del servizio prestato, alla luce sia delle circostanze rappresentate nei Rapporti Informativi redatti dai superiori gerarchici in data 8.4.2011 e 19.10.2011 (pag. 4 e 5 sul maneggio di munizioni e contatto con automezzi verosimilmente provenienti da teatri operativi esposti a polveri di uranio impoverito) sia delle considerazioni tecniche contenute nella Relazione Medico legale del 7.11.2008 del Dott. Filonzi (che si era espresso nel senso dell’efficacia quantomeno concausale dell’attività lavorativa svolta), nel Rapporto della Dott.ssa Gatti del 16.2.2010 (che nelle conclusioni a pag. 21 riferiva la presenza nei frammenti bioptici del ricorrente di nanoparticelle di origine esogena non biocompatibili; alla figura 12 rilevava la presenza di detriti di alluminio, ferro, titanio, cromo etc) integrata dalle Osservazioni della Prof. Celli del 18.6.2011 (che precisava la natura cancerogena dei nanoparticolati esogeni di natura metallica rinvenuti nei tessuti del ricorrente e presenti negli ambienti in cui egli ha lavorato ed in tale senso depone il tempo, annuale, intercorso tra l’esposizione ai predetti fattori e l’insorgere della patologia).

In sostanza il supplemento di istruttoria disposto in sede di riesame era volto ad acquisire, dagli stessi Ufficiali che avevano già redatto i precedenti rapporti informativi sopracitati, la conferma che il ricorrente fosse stato adibito a compiti di bonifica di mezzi coinvolti in operazioni comportanti l’impiego di materiale impoverito. Al riguardo, il Maggiore Pasquale Barriera nel rapporto informativo del 18.12.2012 confermava che il ricorrente era stato adibito a compiti di bonifica di automezzi che “presumibilmente” erano stati impiegati in teatro balcanico.

Sulla base della documentazione esaminata il Comitato di Verifica in data 26.3.2013 si esprimeva nuovamente in senso negativo ritenendo che “nelle osservazioni ripresentate dall’interessato non si rilevano elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso” e che le decisioni di accoglimento di analoghi ricorsi non fossero pertinenti in quanto riguardanti patologie diverse.

A seguito di un ulteriore riesame, sollecitato dal ricorrente, in data 18.6.2013 il predetto Comitato si ripronunciava nuovamente in senso negativo, però seguendo un iter logico più articolato.

Nella motivazione dell’atto in questione le ragioni del diniego sono riconducibili a considerazioni di ordine generale e considerazioni attinenti lo specifico caso in esame.

Innanzitutto, il Comitato di Verifica esclude, in linea generale e teorica, il collegamento causale tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgenza del linfoma sulla base dei risultati di una risalente indagine statistico-epidemiologia che non riporterebbe alcun aumento di incidenza dei linfomi nei militari reduci da missioni fuori area (al riguardo cita uno studio non meglio identificato della Regione Veneto da cui risulterebbe che in Kosovo su 400.000 persone residenti e ricoverate nell’ospedale civile Peha l’incidenza sarebbe addirittura inferiore a quelle di un ospedale italiano di riferimento) sulla base dei dati dell’Osservatorio epistemologico della Difesa (in cui sono registrati dal 1995 i militari impiegati all’estero) ed asserisce che nella letteratura scientifica dal 1999 ad oggi non risulterebbe dimostrato che l’uranio impoverito possa determinare l’insorgenza di tumori.

Per quanto invece concerne lo specifico caso del ricorrente, il Comitato di Verifica ribadiva l’esclusione del nesso di causalità già sancita nei precedenti pareri espressi, in quanto il ricorrente non è mai stato fuori area in missione operativa (circostanza, tuttavia, del tutto pacifica) e comunque esclude che il contatto con i mezzi che provenivano da zone belliche possa aver avuto alcun effetto patogeno in quanto “l’armamento bellico di rientro dai Teatri Operativi all’estero risulta, in adempimento della direttiva del Comando Generale, essere stato bonificato prima del rientro in Patria” e comunque “l’elemento contaminante, sia uranio impoverito o altra sostanza potenzialmente oncogena, non presenta azione lesiva quando depositato su una data superficie, ma solo se, sotto forma di aereosol, viene sprigionato dal contatto esclusivo del munizionamento bellico su mezzi blindati o simili, in particolare ad altissime temperature”.

Orbene, tale essendo l’iter logico-giuridico che ha condotto l’Amministrazione a negare al ricorrente i benefici richiesti, appare evidente che esso risulta affetto dal difetto di motivazione denunciato con i primi ed i secondi motivi aggiunti e si pone in stridente contrasto con la documentazione versata in atti.

Innanzitutto per quanto concerne la contestata correlazione tra alcune patologie tumorali, ed in particolare il linfoma di Hodgin, e l’esposizione a polveri di uranio impoverito va ricordato che la questione ha costituito oggetto di diverse indagini e studi svolti da organismi internazionali - sulla base dei quali sono state adottate specifiche misure di protezione dal Governo degli Stati Uniti, l'ONU e la NATO - conosciuti dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipmente Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995) che hanno indotto l’ONU a vietare l’utilizzo di armi contenenti uranio impoverito (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi ad adottare misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (Ministero della Difesa direttiva del 26.11.99).

Anche in Italia sono stati condotti studi epidemiologici che hanno riscontrato tra i militari impiegati nelle missioni all’estero con esposizione a polveri di uranio impoverito la patologia in questione (Rapporto del 2001 della cd. Commissione Mandelli) con un tasso di correlazione statisticamente significativo (il numero dei casi di Linfoma di Hodgkin osservati era triplo rispetto a quelli attesi). Quindi è stata avviata ex lege n. 27 del 2001 una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori in questione (decreto del 2 ottobre del 2002 del Ministero della Salute, direttiva del Ministero della Difesa - Direzione Generale della sanità Militare del 23 luglio 2004) i cui risultati sono riportati nella relazione della "Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico" istituita con deliberazione del Senato dell’11 ottobre 2006.

Nelle relazioni delle Commissioni parlamentari di inchiesta approvate nelle sedute del 12 gennaio 2008 e del 9 gennaio 2013 sono richiamati i risultati dei diversi studi che hanno evidenziato gli effetti nocivi derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito nonché i dati dell'Osservatorio epidemiologico della Difesa nonché dell'Istituto Superiore della Sanità che confermano le conseguenze patogene dell'esposizione a tale sostanza nonché l’abbassamento delle difese immunitarie indotto dai vaccini cui vengono sottoposti i militari destinati all’estero (in particolare, l’ingente numero di militari malati, ammontanti 70.000 casi, anche tra quelli mai inviati all’estero, ha inoltre indotto ad ipotizzare la possibile azione concasuale dei vaccini a questi somministrati per via dell’effetto immunodeprimente). Quest’ultima circostanza ha indotto ad estendere gli studi in parola anche all’effetto di tali inquinanti nei poligoni di tiro (Commissione Parlamentare di inchiesta istituita con deliberazione del Senato del 16.3.2010, nella relazione del 9.1.2013).

Appare perciò evidente, vista la documentazione scientifica richiamata, esaminata nel corso di audizione di autorevoli esperti, che il parere espresso dal Comitato di Verifica, nella parte in cui esclude recisamente qualunque collegamento tra l’insorgere della patologia tumorale in questione e l’esposizione all’inquinante in contestazione, si pone in contrasto con quanto sostenuto dalla Comunità Scientifica e recepito dalle Istituzioni Politiche, che ha indotto lo stesso legislatore a riconoscere l'esistenza del rischio specifico correlato all’impiego nei Teatri Operativi e di conseguenza a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell'esposizione all'uranio impoverito e alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 - e già con l'abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell'art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007) e le controversie relative all’applicazione di tale normativa sono state ripetutamente affrontate in sede giudiziaria e risolte a favore degli interessati (Cons. Stato, IV, 4 settembre 2013, n. 4440 che richiama il documento pubblicato sul sito istituzionale dell'Istituto Superiore di Sanità; TAR Lazio Sez. I bis, Sent., 16-08-2012, n. 7363; TAR Salerno Sez. I, Sent., 10-10-2013, n. 2034; ‎cfr. n. 5817 del 26 giugno 2012). Tutti elementi, questi, che non sono stati adeguatamente considerati nel parere in contestazione.

Anche per quanto riguarda specificamente la pronuncia relativa allo caso del ricorrente il parere del Comitato di verifica risulta affetto dalla denunciata carenza motivazionale.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla resistente, il riconoscimento dell’indennità in questione non richiede quel grado di certezza di dimostrazione del nesso causale da essa preteso: come chiarito dalla richiamata giurisprudenza è proprio per l'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, e per il riconoscimento del concorso di altri fattori collegati ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei teatri operativi che il legislatore non richiede la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008, allegati n. 33, pagg. 6 e 7 e di quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013, pagg. 33 e 34) che ha sostituito il criterio di probabilità al nesso di causalità (T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 10-10-2013, n. 2034). In tale prospettiva è stato ritenuto che “il verificarsi dell'evento costituisca di per sé elemento sufficiente (criterio di probabilità) a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente (compreso il riconoscimento della causa di servizio e della speciale elargizione) in tutti quei casi in cui l'Amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalità. Quindi la normativa in materia prevede un’inversione dell’onere della prova per cui una volta accertata l'esposizione del militare all’inquinante in parola è la PA che deve dimostrare che questi non abbiano determinato l’insorgere della patologia e che essa dipenda invece da altri fattori (esogeni) dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica, e determinanti per l'insorgere dell'infermità (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 10-02-2012, n. 321; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 04-03-2014, n. 649).

Sotto quest’ultimo aspetto in particolare va osservato che il Comitato di verifica non menziona e non tiene conto di tutto quel complesso insieme di fattori causali e/o concausali (impiego in poligoni di tiro, sottoposizione a vaccinazioni etc.) ripetutamente segnalati dalla Comunità scientifica - rappresentati davanti alla Commissione Bicamerale e da questa recepiti- né degli ulteriori fattori di rischio sopra evidenziati comunque sempre riconducibili all’esposizione di inquinanti in ambito lavorativo (in particolare l’esposizione ad agenti inquinanti e cancerogeni nell’attività di pulizia degli armamenti e durante lo svolgimento di attività di addestramento in aree “sospette” su cui l’Amministrazione ha negato al ricorrente l’accesso ad ulteriori informazioni invocando il segreto militare). E proprio quest’ulteriore aspetto della problematica avrebbe dovuto indurre il Comitato di verifica ad indicare congrue ragioni per escludere che le particolari condizioni di impiego del ricorrente potessero aver influito sull’insorgere della grave patologia di cui è affetto il ricorrente. Questi è stato ascoltato nel corso del 2012, insieme ad altri militari affetti da patologia tumorale, davanti alla Commissione Parlamentare che ha sentito in varie audizioni sia le Autorità militari interessate (tra cui il Generale Marmo -capo Ufficio Militare della Sanità Militare) sia consulenti esterni e, a conclusione dei lavori, ha invitato l’Amministrazione a riesaminare i pareri negativi espressi, compreso quello relativo al ricorrente.

Tuttavia, in sede di riesame, la documentazione scientifica in quella sede prodotta e le considerazioni svolte dai tecnici non sono stati oggetto di particolare attenzione da parte del Comitato di verifica. Nel ribadire il parere negativo precedentemente espresso il predetto Comitato non tiene conto, come invece avrebbe dovuto, di quanto rappresentato nelle Note di Accompagnamento all’audizione della Prof. Celli del 26.5.2012, la quale, escluso che la patologia da cui egli è affetto fosse riconducibile a predisposizione genetica, precisava che la presenza di particelle micrometriche nel tessuto bioptico d’origine esogena doveva essere ricondotta alla polverizzazione dell’uranio impoverito - che raggiunte temperature di 3000° gradi centigradi– inalata dal ricorrente incaricato di “pulire a fondo” mezzi provenienti dai teatri operativi (nella stessa relazione si fa anche riferimento all’esposizione ai medesimi inquinanti nella frequentazione da marzo a giugno 1999 dei Poligoni di Tiro di san Michele, Fontana Fusa e Aquino in cui egli aveva impiegato e pulito armi Nato calibro 7,62 e munizionamento 5,56 su cui l’Amministrazione militare invocava la sottrazione dall’accesso per un periodo di 50 anni (pag. 4 e ss). Si tratta di considerazioni la cui attendibilità di tali rilievi è stata confermata dal Consulente esterno incaricato dalla Commissione Parlamentare (Dott. Bruno Causo) che nella propria relazione del 30.5.2013 evidenzia come il contatto con mezzi e materiali provenienti da zone di conflitto (rapporto informativo del 24.11.2012) e l’attività di bonifica di mezzi verosimilmente provenienti da tali aree (rapporto Maggiore Barriera del 18.12.2012) costituiscono “rischio generico aggravato” e quindi “almeno concause efficienti e determinanti, se non delle vere e proprie cause di insorgenza” della patologia tumorale di cui è affetto il ricorrente (pagg. 8 e seg.).

A fronte di tali significativi elementi di valutazione il Comitato di Verifica si è limitato ad asserire genericamente l’innocuità delle polveri dell’inquinante depositato su mezzi e munizioni, rappresentando che “l’elemento contaminante, sia uranio impoverito o altra sostanza potenzialmente oncogena, non presenta azione lesiva quando depositato su una data superficie, ma solo se, sotto forma di aereosol, viene sprigionato dal contatto esclusivo del munizionamento bellico su mezzi blindati o simili, in particolare ad altissime temperature”. Quindi si limita a pronunciarsi in senso opposto a quanto ritenuto dai consulenti della Commissione, senza tuttavia addurre specifici argomenti volti a contestare le specifiche ricostruzioni relative alla modalità di incorporazione nell’organismo del ricorrente delle sostanze in questione. Il Comitato infatti non fornisce alcuna spiegazione in merito alla rinvenuta presenza di nanoparticelle dei metalli pesanti in questione nei tessuti bioptici del ricorrente, non contesta che si tratti di elementi d’origine esogena, e non replica adeguatamente (limitandosi ad asserire l’innocuità del deposito polveroso) in merito alla loro riconducibilità alla polverizzazione da esplosione di uranio impoverito. Si tratta di chiarimenti essenziali al fine di escludere il nesso causale dato che, secondo quanto affermato nella perizia delle Dott.sse Celli e Gatti, la presenza di tali radionuclidi all’interno dell’organismo del ricorrente non si spiega altrimenti che con l’inalazione di polveri di armi o automezzi impiegati in aree in cui è stato utilizzato l’uranio impoverito (l’unica spiegazione alternativa, che il ricorrente sia stato impiegato in altoforno, non è stata ovviamente neppure ventilata dalla resistente). E tale circostanza meritava invece di essere adeguatamente approfondita visto che la questione dei numerosi casi di militari ammalatasi anche senza essere stati inviati nelle aree interessate da conflitto bellico costituiva oggetto di attenzione da parte della Commissione.

Né vale ad escludere la possibilità di contaminazione quanto genericamente affermato dal Generale Mora davanti alla Commissione Parlamentare di Inchiesta dei mezzi provenienti dall’estero (che comunque già di per se vale come ammissione dell’influenza nociva della polvere depositata sugli stessi mezzi): al riguardo è appena il caso di rilevare che la mera esistenza di una direttiva del Comando Generale che prescriva che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria non vale a dimostrare che tali operazioni siano state effettivamente espletate (peraltro lo stesso Generale ha precisato che l’attività di decontaminazione veniva svolta “soprattutto con riferimento all’afta epizootica”). E proprio quest’ultima circostanza assume valore decisivo dato che il ricorrente fonda la sua pretesa proprio sull’omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione – che è stata posta a fondamento di numerose sentenze di accoglimento azioni risarcitorie fondate violazione degli obblighi "datoriali" di cui all'art. 2087 cod. civ. (cfr. Trib. civ. Roma, sez. XII, nr 19437/2010 e n.10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, cfr. Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012) - tant’è che il ricorrente insiste nella richiesta istruttoria di prova per testi della mancata bonifica dei mezzi in questione (indicando come testimone il Sig. Ferrara).
In conclusione, va ribadito che l’Amministrazione non ha addotto ragioni sufficienti ad escludere l’esposizione del ricorrente alle polveri di uranio impoverito ed altri inquinanti carcinogenici nel corso dei diversi impieghi ai quali era stato adibito e che hanno comportato occasione di contatto con oggetti contaminati da sostanze la cui presenza è stata effettivamente riscontrata nei prelievi bioptici. Occasioni che invece sono state accuramente rappresentate dal ricorrente che ha riferito specifiche circostanze di svolgimento di prestazioni che l’hanno esposto all’azione nociva di tali sostanze: tre mesi di servizio presso il 57 Battaglione Abruzzi di Sulmona nei quali è stato applicato come vedetta nei poligoni di tiro ed esposto alle polveri di materiale esplodente; periodo di addestramento presso l’80 Reggimento di Roma Cassino che implicava la permanenza in buche e trincee realizzate mediante esplosioni nonchè operazioni di pulizia e smontaggio/rimontaggio di armi con benzene senza le necessarie attrezzature protettive; addestramenti nell’uso di esplosivo sospetto “che al denotare sprigionava polvere giallastra tipica del tritolo” in località non meglio precisata della Jugoslavia -operazioni sulle quali l’Amministrazione rifiutava di fornire informazioni, respingendo le relative richieste di accesso formulate dal ricorrente invocando il segreto militare -; servizio prestato al 9° Reggimento Paracadusti “Col. Moschin” di Livorno per 13 mesi, dal giugno 1999 al luglio 2000 dove ha partecipato ad attività di addestramento con armi e materiali esplosivi, ha effettuato stoccaggio di materiale bellico nella polveriara della Brigata Folgore di Cesina e nel Magazzino delle Casermette (deposito di Bibbona) che asserisce inquinato da uranio impoverito; soprattutto l’attività di pulitura e bonifica di munizioni ed automezzi blindati e cingolati rientranti dalle operazioni militari nei Teatri Operativi all’estero ove era utilizzato l’uranio impoverito (Kosovo) ordinate dal Maresciallo Emanuele Terzi nonchè delle operazioni di scarico di materiale bellico inscatolato in casse di metallo sigillate asseritamente recanti il simbolo di materiale radioattivo. Nemmeno è stato dall’Amministrazione confutato l’effetto patogeno, derivato dalla soppressione delle difese immunitarie, riconducibile alle numerose vaccinazioni (registrate nel libretto sanitario) a cui è stato sottoposto il ricorrente (peraltro asseritamente senza previo consenso informato).

Alla luce delle considerazioni sopra svolte i motivi aggiunti risultano fondati sicchè vanno accolti con conseguente annullamento, per l’effetto, degli atti impugnati.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) dichiara improcedibile il ricorso introduttivo, accoglie i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati.
Condanna il Ministero della Difesa ed il Ministero dell'Economia, in solido fra loro, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) oltre I.V.A. e C.P.A. e rimborso del contributo unificato, ove corrisposto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2014
panorama
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Per tutti coloro che si trovano nelle medesime condizioni, vi posto questa sentenza Positiva.

(Linfoma di Hodgkin’s) - missione, vaccini e quant'altro
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SENTENZA ,sede di TORINO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500429 - Public 2015-03-06 -


N. 00429/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00309/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 309 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Miretta Malanot, Alessandra Cavagnetto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandra Cavagnetto in Torino, corso San Martino, 4;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata presso i suoi uffici, in Torino, corso Stati Uniti, 45;

per l'annullamento

I) con il ricorso principale

del decreto n. OMISSIS del Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, II Reparto - 7° Divisione - 1° Sezione, a firma del Capo del II Reparto, in data 18.12.2013, notificato il 13.1.2014, con cui l'infermità sofferta dal ricorrente è stata riconosciuta non dipendente da causa di servizio ed è stata respinta per mancanza dei presupposti di legge l'istanza presentata dal ricorrente volta ad ottenere la concessione dell'equo indennizzo;
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e connessi, tra cui in particolare il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia e delle Finanze posizione n. …../2013, reso nell'adunanza n. …./2013 in data 2.7.2013.

II) con motivi aggiunti depositati in data 30 dicembre 2014

del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’Adunanza n. …/2014 in data 25 giugno 2014, depositato in giudizio in data 6 ottobre 2014, con cui è stato espresso parere negativo.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 la dott.ssa Silvana Bini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1) Con atto notificato in data 13 marzo 2014 e depositato in data 25 marzo 2014, il ricorrente, militare di leva dell’Aereonautica, ha impugnato il parere del Comitato di verifica e il successivo Decreto del Ministero della Difesa, che hanno ritenuto che l’infermità sofferta dal ricorrente (Linfoma di Hodgkin’s scleronodulare stadio III Bin trattamento), non sia dipesa dal causa di servizio.

Espone di essere stato assegnato dapprima a Taranto, quindi in varie sedi, a Roma, Sora e da ultimo a Torino, alloggiando presso caserme nelle quali i tetti erano stati costruiti in materiali contenenti amianto.

Ha svolto diverse missioni all’estero, per le quali gli sono stati somministrati notevoli quantità di vaccini, con conseguente indebolimento delle barriere immunitarie.

Da aprile 2006 a novembre 2006 è stato in missione in Iraq (operazione Babilonia), senza avere alcuna licenza; in detta missione ha svolto attività di vigilanza presso la base “Camp Mittica” partecipando ad attività di bonifica delle aree, senza alcuna protezione individuale.

Duranti le frequenti esplosioni era costretto a stare per ore all’interno di piccoli rifugi, senza alcun riparo dalle polveri sottili ed ultra sottili conseguenti alle esplosioni.

Dal 20 luglio 2008 al 18 febbraio 2009 ha svolto una missione in Libano, partecipando all’operazione “Leonte”, prestando servizio nella squadra dei “OMISSIS” operando nella linea blu line, tra il Libano e Israele, nonché servizio come radiofonista a Beirut.

Nel corso del 2012 gli veniva diagnosticata la patologia "-OMISSIS-”, per cui, veniva sottoposto ad un programma di polichemioterapia.

Ha presentato quindi domanda di riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio.

La CMO di Torino con verbale del 7 marzo 2013 ha giudicato il ricorrente affetto dalla infermità -OMISSIS-, stadio III B in trattamento, ritenendola non stabilizzata.

Con parere n. …./2013 del 2 luglio 2013, il Comitato di verifica per le causa di servizio ha ritenuto l’infermità non dipendente da causa di servizio.

Avverso gli atti indicati in epigrafe, ha proposto il ricorso principale, per i seguenti motivi:

1) violazione e/o erronea applicazione della L. 241/90, art 10 bis;
violazione di legge; DPR n. 461/2001, violazione del DPR n. 3/1957, violazione del DPR 461/2001 e del DPR 686/1957; violazione del DPR 834/1981, delle tabelle A e B; violazione del principio di legalità, violazione dell’art 97 Cost., eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti in fatto e diritto, illogicità, irragionevolezza: in questo motivo sono stati i seguenti profili di illegittimità:

a) il provvedimento non è stato preceduto dal preavviso di rigetto;

b) il provvedimento è stato adottato oltre il termine di legge;

c) l’Amministrazione ha omesso di valutare i fattori specifici di rischio, evidenziati invece nelle relazioni mediche;

d) sussistono i requisiti per riconoscere l’indennizzabilità perché la menomazione è riconducibile ad una delle Tabelle A e B del DPR n. 834/1981 o comunque equivalente ad una di esse;

e) il riconoscimento della indennità non richiede la certezza di dimostrazione del nesso causale, ma spetta all’Amministrazione fornire la prova che gli specifici elementi del servizio svolto dal ricorrente non abbiano determinato l’insorgere della patologia;

f) il comitato di verifica non ha svolto alcuna istruttoria, neppure dopo la produzione documentale medica, in ordine alle cause e concause che in un soggetto di soli 32 anni possono aver provocato la malattia di cui è affetto il ricorrente;

g) da ciò consegue anche un profilo di illegittimità per difetto di motivazione.

Si è costituita la difesa erariale, depositando il nuovo parere del Comitato di verifica, reso nell’Adunanza n. …./2014 in data 25 giugno 2014, che ha confermato il rigetto della domanda.

Con motivi aggiunti depositati il 30 dicembre 2014, parte ricorrente ha impugnato anche quest’ultimo parere, confermando i profili di illegittimità esposti nel ricorso principale.

Alla pubblica udienza del giorno 19 febbraio 2015, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

1) Il ricorrente ha impugnato i due pareri del Comitato di verifica per le causa di servizio, che hanno negato la dipendenza della patologia da lui sofferta dal servizio prestato.

Il secondo parere, confermativo del primo, si qualifica come atto del tutto nuovo in quanto è stato emesso dopo un nuovo esame della documentazione, sulla scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una aggiornata motivazione; di conseguenza deve essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso diretto avverso il provvedimento che, in pendenza del giudizio, sia stato sostituito dal provvedimento di conferma, innovativo e dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica del suo destinatario e, come tale, idoneo a rendere priva di ogni utilità la pronuncia sul ricorso proposto avverso il precedente provvedimento.

2) Entrando quindi nel merito dei motivi proposti avverso il parere reso nell’Adunanza n. …./2014 in data 25 giugno 2014, giova premettere che, per giurisprudenza costante, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all'equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di Verifica per le cause di servizio, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi la inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454).

Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal Comitato di Verifica, unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001 n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio), ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.

Nel caso in esame ritiene il Collegio di dover sottolineare la particolarità della situazione: non si tratta infatti di un militare che lamenta affezioni tipiche, derivanti dalla attività usurante, o svolta all’aperto, ma di una grave patologia, insorta in un ragazzo di 32 anni, per i quali gli invocati eventi di servizio ben possono essere tali da assurgere a fattori causali e concausali efficienti e determinanti.

L'odierno "thema decidendum" concerne una problematica molto nuova e molto complessa, tutt'ora in fase di evoluzione, in tema di nesso eziologico fra le vaccinazioni, le conseguenze da esposizione ad "uranio impoverito" e l'insorgenza dei tumori, nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte dalle Forze Armate Nazionali.

Il Collegio condivide le argomentazioni svolte dal TAR Catanzaro (sez. II 02 ottobre 2014 n. 1568) che ha approfonditamente esaminato la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali, ed in particolare -OMISSIS- e l’attività militare svolta in determinati ambienti, contaminati da uranio impoverito.

Si afferma della sentenza che “sono state svolte diverse indagini e studi da parte di organismi internazionali - sulla base dei quali sono state adottate specifiche misure di protezione dal Governo degli Stati Uniti, l'ONU e la NATO, conosciute dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipmente Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995), che hanno indotto l'ONU a vietare l'utilizzo di armi contenenti uranio impoverito (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (in particolare, Direttiva del Ministero della Difesa del 26.11.99).

In Italia, sono stati condotti studi epidemiologici che hanno riscontrato, tra i militari impiegati nelle missioni all'estero con esposizione a polveri di uranio impoverito, l'insorgenza del linfoma (Rapporto del 2001 della cd. Commissione Mandelli), con un tasso di correlazione statisticamente significativo, particolarmente per quanto concerne i casi di "Linfoma di Hodgkin", che hanno evidenziato numeri triplicati, rispetto a quelli attesi.

A seguito dell'entrata in vigore della Legge 28.2.2001 n. 27 ("Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania"), è stata avviata, con Decreto del 2.10. 2002 del Ministero della Salute e con la Direttiva del Ministero della Difesa - Direzione Generale della sanità Militare del 23 luglio 2004, una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori interessati, i cui risultati sono riportati nella relazione della "Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico", istituita con deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006.

Nelle relazioni delle Commissioni Parlamentari di inchiesta, approvate nelle sedute del 12.1.2008 e del 9.1.2013, vengono richiamati i risultati dei diversi studi che hanno evidenziato gli effetti nocivi derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito, i dati dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa nonché i dati dell'Istituto Superiore della Sanità, che hanno confermato le conseguenze patogene dell'esposizione a tale sostanza, l'abbassamento delle difese immunitarie indotto dai vaccini cui vengono sottoposti i militari destinati all'estero (in particolare, l'ingente numero di militari malati, ammontanti 70.000 casi, anche tra quelli mai inviati all'estero), per cui è stata ipotizzata la possibile azione concausale dei vaccini a questi somministrati, per via dell'effetto immunodeprimente.

Conseguentemente, la Commissione Parlamentare di inchiesta istituita con Deliberazione del Senato del 16.3.2010, nella relazione del 9.1.2013, ha ritenuto che gli studi in questione vadano estesi anche all'effetto di tali inquinanti nei poligoni di tiro”.

Il parere impugnato che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non hanno fatto alcun cenno a dati e alle indagini sopra citate.

Dati e risultati che hanno portato il legislatore a riconoscere l'esistenza del rischio specifico, correlato all'impiego nei Teatri Operativi e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell'esposizione all'uranio impoverito ed alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 - e già con l'abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell'art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).

Oltre alla sentenza sopra citata, si devono richiamare le ulteriori decisioni relative a fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante le missioni di pace all'estero, in cui la domanda di riconoscimento di invalidità per causa di servizio è stata accolta (in un caso simile: TAR Friuli, sent. 19.6.2014 n. 308; Cons. Stato, IV, 4 settembre 2013, n. 4440; TAR Lazio Sez. I bis, Sent., 16-08-2012, n. 7363; TAR Salerno Sez. I, Sent., 10-10-2013, n. 2034).

In particolare il Collegio condivide l’orientamento prevalente, laddove afferma che a causa dell'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, e per il riconoscimento del concorso di altri fattori collegati ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei Teatri Operativi, non deve essere richiesta la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione, in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 (allegati n. 33, pagg. 6 e 7) ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013 (pagg. 33 e 34), con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano (conf.: T.A.R. Campania Salerno Sez. I, sent. 10.10.2013, n. 2034).

Nella medesima ottica, è stato ritenuto che il verificarsi dell'evento costituisca un dato sufficiente ex se, secondo il cosiddetto "criterio di probabilità", a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari agli strumenti indennitari, previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui, accertata l'esposizione del militare all'inquinante in parola, la PA non riesca a dimostrare che essa non abbiano determinato l'insorgenza della patologia e che essa dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l'insorgere dell'infermità (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 10-02-2012, n. 321; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 04-03-2014, n. 649).

Inoltre, occorre verificare se la Direttiva del Comando Generale, che prescrive che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria, sia stata effettivamente rispettata, poiché l'omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione è stato posto a fondamento di numerose sentenze di accoglimento azioni risarcitorie fondate violazione degli obblighi di cui all'art. 2087 c.c. (conf.: Trib. Civ. Roma, Sez. XII, nr 19437/2010 e n. 10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (conf.: Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012).

In applicazioni a questi principi, il ricorso deve essere accolto, in considerazione dell’evidente difetto di istruttoria e di motivazione: il comitato si è limitato a respingere la richiesta affermando, anche dopo il riesame, che “non vi sarebbero specifici elementi del servizio che per loro natura rilevanza ed entità ben determinata e quantificata, forniscono la prova che incombe sul richiedente di essere esclusivamente causativi ovvero prevalenti rispetto a comuni fattori morbigeni, e cioè causa o concausa efficiente e determinante della patologia in esame”.

E’ indubbio che il ricorrente abbia vissuto in ambiti contaminati e abbia svolto la missione senza le necessarie protezioni ed è fatto notorio che in quegli ambiti è presente l’uranio impoverito: vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell’esposizione alle polveri sottili e ultra sottili.

L’Amministrazione non ha dimostrato che l’attività svolta dal ricorrente non comportasse esposizione all’uranio impoverito, ovvero si svolgesse in condizioni “di sicurezza” con l’adozione di forme e sistemi di protezione, considerato che già al momento della prima missione, nel 2006, gli effetti dell’uranio impoverito erano conosciuti.

Ne consegue anche la violazione dell'obbligo generale di motivazione, dal momento che il diniego della richiesta del ricorrente non tiene conto della particolare situazione rappresentata al fine di ottenere il beneficio richiesto, né contesta le certificazioni mediche con dati scientifici.

Anche secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie, in funzione della tutela del diritto alla salute, garantito dall'art. 32 Cost, deve essere disposta la rinnovazione del parere infraprocedimentale del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio ed anche dell'istruttoria, affinché la fattispecie possa essere riesaminata, tenendo conto delle più recenti scoperte scientifiche, delle più recenti indagini sul punto, di tutta la copiosa documentazione medica versata in atti dal ricorrente, dalla sua storia clinica, della sua anamnesi personale e familiare, della sua anamnesi patologica, nonché di ogni altro elemento ritenuto opportuno.

4) Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso principale va dichiarato improcedibile, mentre il ricorso per motivi aggiunti va accolto, con conseguente annullamento del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’Adunanza n. …/2014 in data 25 giugno 2014, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto delle motivazioni svolte nella presente sentenza.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando dichiara il ricorso principale improcedibile e accoglie i motivi aggiunti e per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, come precisato in parte motiva.

Condanna l’Amministrazione resistente a liquidare a favore del ricorrente la spese di giudizio, quantificate in € 3.000,00 (tremila), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 e del giorno 4 marzo 2015, con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Silvana Bini, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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L'iniziativa M5S - Sel
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Uranio Impoverito, sì unanime dalla Camera alla commissione di inchiesta

La proposta di legge promossa da M5S e Sel per far luce sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici come l'uranio -

30 giugno 2015

La Camera approva all'unanimità l'istituzione di una commissione di inchiesta sull'utilizzo dell'uranio impoverito con 405 voti favorevoli, su 405 votanti.

La proposta promossa da M5S-Sel "Vogliamo che questa commissione di inchiesta parlamentare, la quarta che si occupa di uranio impoverito, sia quella che renda definitiva giustizia ai nostri militari morti, che si sono ammalati gravemente, e alle loro famiglie. Per raggiungere questo scopo sarà necessaria la massima unità d'intenti, trasparenza e il superamento di quelle 'zone grigie' che negli ultimi 20 anni hanno impedito di fare luce fino in fondo. Ci aspettiamo dunque la massima collaborazione, da parte di tutti. In caso contrario, denunceremo ostruzionismi sia in sede istituzionale che in pubblico".

Così il gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, che ha dato parere favorevole alla proposta di legge abbinata M5S-Sel. Obiettivo è quello di far luce nei prossimi due anni, "sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito i militari impiegati in missioni all'estero, nei poligoni di tiro e nei depositi di munizioni. Non solo: approfondiremo anche tematiche legate ai vaccini e alle loro modalità di somministrazione, ai rischi connessi al gas radon e all'amianto con i quali i militari sono a contatto".

"Ricordiamo - proseguono i 5 Stelle - che in base alle stime di osservatorio militare. sono oltre 3.600 i nostri militari che si sono ammalati dopo aver operato in missioni nei Balcani, in Iraq, e in Afghanistan e, di questi, 318 sono morti. A questi cittadini italiani, che hanno servito il Paese, dobbiamo verità e vicinanza da parte delle Stato. Un dovere che spetta in primis alle nostre Forze Armate: proprio il rispetto verso la Patria che servono e difendono non può andare di pari passo con il trincerarsi ulteriormente dietro alle gerarchie".
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Ecco qui sotto la fonte

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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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ecco un altro interessante link
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- Una nuova commissione di inchiesta tornerà a occuparsi di uranio impoverito

- danni permanenti che hanno pregiudicato le loro vite: casi di infertilità permanente e “vittime terze”, tanto per fare un esempio. Ovvero, figli degli ex militari nati con gravissime anomalie.

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http://espresso.repubblica.it/attualita ... o-1.195419" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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eccone un altro link

http://www.balcanicaucaso.org/Temi/Uranio-impoverito" onclick="window.open(this.href);return false;
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Effetti sull'uomo e sull'ambiente

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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Uranio impoverito, il Tar riconosce il nesso statistico con i tumori
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Il Ministero perde l'Appello al CdS.

Il CdS bacchetta cmq. il Ministero.

Mi domando: quando finiranno queste missioni estere?
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1) - diniego di riconoscimento all’appellato della sua infermità come dipendente da causa di servizio;

2) - dichiara d’aver partecipato fin dai primi anni 2000 a varie missioni militari italiane all’estero, rimanendo esposto, a causa dell’intensa attività operativa, a contaminazioni da uranio impoverito, tant’è che gli fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin classico.

N.B.: il CdS precisa:

3) - Sicché rettamente il TAR ha censurato tal parere, nulla più che una mera clausola di stile buona per ogni vicenda e qualunque patologia, appunto perché a sua volta inficiato da un evidente e fin qui mai sanato difetto di motivazione.

4) - Ma in entrambi i casi, sono le appellanti a fornire, in corso di causa, i dati rilevanti sulla vicenda de qua, di talché sfugge al Collegio per qual ragione questi ultimi, evidentemente già esistenti al tempo in cui fu reso l’annullato parere, non potessero esservi inclusi nella motivazione e così resi noti allo stesso appellante.

5) - Non basta allora né predicarli, né ostenderli in corso di causa, perché ciò non è che una integrazione postuma, e con scritti difensionali, d’un parere fintamente motivato, il difetto del quale era e resta tuttora evidente.

6) - Pare al Collegio, anzi, che vi sia un fraintendimento di fondo, nell’appello, rispetto a quello che scrive il TAR in ordine sia al difetto di motivazione (che emerge ictu oculi e NON è seriamente revocabile in dubbio), sia all’onere della prova (che è ripartito tra i vari attori del procedimento amministrativo nei sensi dianzi descritti). Non è chi non veda come il difetto di motivazione è il sintomo più chiaro dell’assenza del clare loqui della P.A. in un contesto in cui la delicatezza della questione in sé e dei vari interessi implicati ne imporrebbe l’esposizione con dovizia di particolari, ma non determina di per sé solo, almeno allo stato, il riconoscimento d’alcunché all’appellato.

7) - Se, dunque, le appellanti, come mostrano nel ricorso in epigrafe, hanno i dati e gli argomenti per paralizzare ogni pretesa dell’appellato, la doverosa riedizione della statuizione, la quale di regola consegue al giudicato, sarà l’opportuna sede per statuire in tal senso.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600837
- Public 2016-02-29 -


N. 00837/2016REG.PROV.COLL.
N. 05544/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al n. 5544/2015 RG, proposto dal Ministero della difesa e dal Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall' Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ezio Bonanni e Pietro Gambino, con domicilio eletto in Roma, via Crescenzio, n. 2;

per la riforma
della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. I-bis, n. 4345/2015, resa tra le parti e concernente il diniego di riconoscimento all’appellato della sua infermità come dipendente da causa di servizio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 14 gennaio 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. Gambino (in proprio e in dichiarata delega di Bonanni) e l'avvocato dello Stato Camassa;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Il sig. OMISSIS, sottocapo in SPE della Marina militare, dichiara d’aver partecipato fin dai primi anni 2000 a varie missioni militari italiane all’estero, rimanendo esposto, a causa dell’intensa attività operativa, a contaminazioni da uranio impoverito, tant’è che gli fu diagnosticato un linfoma di Hodgkin classico.

Sicché il OMISSIS, in data 7 marzo 2006, propose un’istanza al Ministero della difesa affinché gli fosse riconosciuta la dipendenza di tal patologia da causa di servizio. La CMO di OMISSIS, in esito agli accertamenti clinici, il 9 febbraio 2007 confermò sì che il sig. OMISSIS fosse affetto da tal malattia ma senza ascriverla ad alcuna categoria, per cui egli presentò un’istanza di revisione. Con parere n. ….. del 18 dicembre 2009, il CVCS non riconobbe tal patologia come dipendente da causa di servizio, non avendo al riguardo l’interessato addotto ragioni circostanziate e scientificamente fondate. Dal che l’emanazione del decreto n. … del 1° marzo 2010, con il quale il Ministero della difesa rigettò la pretesa del sig. OMISSIS.

Questi impugnò tal decreto in una con gli atti presupposti innanzi al TAR Lazio, con il ricorso n. 10354/2010 RG, deducendone l’illegittimità per difetto di motivazione e d’istruttoria, per illogicità, per travisamento, per ingiustizia manifesta e per violazione dell’art. 3, c. 6 del DPR 3 marzo 2009 n. 37 (ora, dall’art. 1079, c. 1 del Dlg 15 marzo 2010 n. 90), oltre a produrre vario materiale sulle conseguenze patologiche dell’esposizione all’uranio impoverito e sugli effetti delle vaccinazioni compiute senza criterio.

Con sentenza n. 4345 del 19 marzo 2015, l’adito TAR ha accolto, con molti argomenti, la pretesa azionata sotto il profilo assorbente del difetto di motivazione del parere del CVCS , stante l’ampia letteratura sulla correlazione tra talune malattie neoplastiche (compreso il linfoma di Hodgkin) e l’esposizione del paziente all’uranio impoverito, tant’è che il legislatore ne ha riconosciuto il rischio specifico legato all’impiego in vari teatri operativi.

Appellano quindi il Ministero della difesa ed il Ministero dell’ economia e delle finanze, col ricorso in epigrafe, contestando l’ impugnata sentenza sotto il profilo sia del preteso difetto di motivazione che non sussiste in concreto e sulla scorta del quadro clinico dell’appellato, sia dell’onere della prova (non essendo stato egli impiegato né in teatri di combattimento, né a mansioni che previdero in modo diretto tali impieghi), sia della non riconducibilità della patologia alla somministrazione delle varie vaccinazioni cui egli fu sottoposto nelle missioni alle quali partecipò. Resiste in giudizio il sig. Motta, che conclude per il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2016, il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il TAR Lazio ha annullato il decreto ed il presupposto parere del CVCS che hanno escluso, in capo all’appellato (militare in SPE partecipante a varie missioni militari italiane all’estero), la dipendenza della di lui patologia (linfoma di Hodgkin classico) da causa di servizio per una contaminazione da uranio impoverito o per gli effetti di vaccinazioni subite nel corso dell’attività operativa.

L’appello, che con il ricorso in epigrafe il Ministero della difesa ed il Ministero dell’ economia e delle finanze hanno interposto avverso tal annullamento, non ha pregio e va disatteso.

Al riguardo, si legge in detto parere del CVCS il linfoma di cui soffre l’appellato che non dipende da fatti di servizio, «… non sussistendo nel servizio prestato specifiche noxae potenzialmente idonee ad assurgere a fattori causali o concausali efficienti e determinanti, la forma in questione ( del linfoma – NDE) non può attribuirsi allo stesso, pur considerando tutti i suoi aspetti descritti agli atti…», null’altro.

Sicché rettamente il TAR ha censurato tal parere, nulla più che una mera clausola di stile buona per ogni vicenda e qualunque patologia, appunto perché a sua volta inficiato da un evidente e fin qui mai sanato difetto di motivazione. Per contro, nei casi come quelli in esame, nell’accertare i presupposti sostanziali della dipendenza della patologia da causa di servizio la P.A. procedente ed i suoi organi tecnici sono gravati da un onere d’istruttoria e di motivazione assai stringente, circa la sussistenza, in concreto, delle circostanze straordinarie e dei fatti di servizio che hanno esposto il militare ad un maggior rischio rispetto alle condizioni ordinarie d’attività. Non considerano le appellanti che, nei casi delicati qual è quello in esame, all’interessato basta dimostrare l’insorgenza della malattia in termini probabilistico–statistici, non essendo sempre possibile stabilire un nesso diretto di causalità tra l’insorgenza della neoplasia ed i contesti operativi complessi o degradati sotto il profilo bellico o ambientale in cui questi è chiamato ad operare. Viceversa, la P.A. procedente, che ha disposizione dati aggiornati e più precisi e le professionalità più acconce per effettuare la verifica della concreta posizione del militare, pure in ordine alla ricostruzione dell’attività da lui svolta con riguardo ai di lui qualifica e profilo d’impiego operativo, ben più facilmente può tratteggiare, partendo da questi ultimi dati, una seria probabilità d’insorgenza, o meno, della malattia denunciata.

Se si fa riferimento a quanto descritto dalle appellanti e da taluni atti versati nella presente causa, il dato fattuale dell’impiego dell’appellato non sembra dirimente per concludere in un senso, anziché in un altro a favore della di lui tesi. Infatti, il tipo di operazioni cui egli fu inviato ed il profilo di suo impiego personale non sembrerebbero tali da giustificare, secondo la regola del «più probabile che non» ed anche per il tempo di formazione della sofferta neoplasia, una diretta dipendenza di essa da esposizioni all’uranio impoverito, mentre così non è possibile concludere per le vaccinazioni.

Ma in entrambi i casi, sono le appellanti a fornire, in corso di causa, i dati rilevanti sulla vicenda de qua, di talché sfugge al Collegio per qual ragione questi ultimi, evidentemente già esistenti al tempo in cui fu reso l’annullato parere, non potessero esservi inclusi nella motivazione e così resi noti allo stesso appellante.

Non basta allora né predicarli, né ostenderli in corso di causa, perché ciò non è che una integrazione postuma, e con scritti difensionali, d’un parere fintamente motivato, il difetto del quale era e resta tuttora evidente. Ciò però non toglie che sarebbe stato (ed è tuttora) possibile adoperarli in ogni momento al fine di correggere detta motivazione, nell’esercizio dell’autotutela da parte sia dell’organo tecnico, sia della P.A. procedente nell’interlocuzione con esso e nella pienezza del contraddittorio procedimentale.

Tanto affinché la definizione dell’ assetto tecnico degli interessi contrapposti trovasse (e trovi, in sede di riedizione del potere malamente esercitato) la sua acconcia e giusta sede nel provvedimento conclusivo, come impongono gli ordinari canoni di legittimità, efficacia ed imparzialità dell’azione amministrativa.

In questi termini, non giova asserire che il parere della CVCS è definitivo, quando esso accerta la riconducibilità di una patologia all’attività di servizio ed il rapporto di causalità tra i fatti e siffatta infermità. Questo è vero, ma solo nel senso dell’efficacia del parere come obbligatorio e vincolante in ordine ai dati così accertati, non potendo esser confuso tal effetto ex lege con i diversi profili, per un verso, della congruità fattuale e scientifica dell’accertamento svolto e, per altro verso, dell’esatta rappresentazione di esso in forma intelligibile a qualunque terzo, che nella specie è mancata. Pare al Collegio, anzi, che vi sia un fraintendimento di fondo, nell’appello, rispetto a quello che scrive il TAR in ordine sia al difetto di motivazione (che emerge ictu oculi e NON è seriamente revocabile in dubbio), sia all’onere della prova (che è ripartito tra i vari attori del procedimento amministrativo nei sensi dianzi descritti). Non è chi non veda come il difetto di motivazione è il sintomo più chiaro dell’assenza del clare loqui della P.A. in un contesto in cui la delicatezza della questione in sé e dei vari interessi implicati ne imporrebbe l’esposizione con dovizia di particolari, ma non determina di per sé solo, almeno allo stato, il riconoscimento d’alcunché all’appellato.

Se, dunque, le appellanti, come mostrano nel ricorso in epigrafe, hanno i dati e gli argomenti per paralizzare ogni pretesa dell’appellato, la doverosa riedizione della statuizione, la quale di regola consegue al giudicato, sarà l’opportuna sede per statuire in tal senso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 5544/2015 RG in epigrafe), lo respinge.

Condanna le Amministrazioni statali appellanti al pagamento, a favore del resistente e costituito sig. OMISSIS, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 2.500,00 (Euro duemila cinquecento/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 gennaio 2016, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/02/2016
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Re: URANIO IMPOVERITO, Eq. Ind. + Danno biologico

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Accolto.

1) - Quando il proiettile colpisce l’obiettivo si liberano, secondo numerosi, accreditati e documentati studi scientifici, da 1 a 3 kg di polvere di -OMISSIS- -OMISSIS-; inoltre, quando i penetratori al-OMISSIS- non colpiscono l'obiettivo, rimanendo sul suolo, sepolti o sommersi nell'acqua, essi si ossidano e si disgregano creando le condizioni per c-OMISSIS- le -OMISSIS-. Il tutto, poi, senza considerare che la polvere prodotta da un impatto iniziale può essere rimessa in sospensione da impatti successivi e dal vento.

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SENTENZA ,sede di FIRENZE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600431, - Public 2016-03-14 -
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N. 00431/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00597/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 597 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Maria Guerra, Paolo Guerra, con domicilio eletto presso - Segreteria T.A.R. in Firenze, Via Ricasoli 40;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, ove domicilia, in Firenze, Via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento

1) del Decreto Direttoriale del Ministero della Difesa - PREVIMIL n. 7/N del 01.01.2010 notificato il 29.01.10 con il quale e' stata respinta la domanda presentata dal ricorrente - Caporal Maggiore Capo E.I. - in data 28.12.2005, in servizio presso il Distaccamento 6° Reggimento di Manovra di -OMISSIS-, per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell'equo indennizzo dell'-OMISSIS- -OMISSIS-;

2) di ogni atto presupposto, endoprocedimentale e non, connesso e conseguente, nella parte in c-OMISSIS- pregiudichi il diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della ridetta -OMISSIS-e dei richiesti connessi benefici, segnatamente:

3) del verbale di visita della 1^ C.M.O. di -OMISSIS-mod. BL/B n. 009206 datato 22.06.2005;4) del parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio espresso nell'adunanza n. 231/2009 frl 15.05.2009, posizione 37624/2008.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2016 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Espone il ricorrente, caporalmaggiore capo dell’Esercito, di avere eseg-OMISSIS-to a partire dal 1999, numerose missioni di “-OMISSIS-” in teatri di guerra (-OMISSIS-) dove è notorio che i belligeranti facessero uso di armamenti dotati di-OMISSIS-.

Durante l’ultima di tali missioni veniva diagnosticato all’interessato un “-OMISSIS-”. Per tale ragione veniva sottoposto ad intervento chirurgico di -OMISSIS-, dovendo successivamente assumere per tale ragione una terapia -OMISSIS- sostitutiva permanente.

Ai fini del riconoscimento della dipendenza di tale -OMISSIS-da causa di servizio veniva sottoposto a visita dalla Commissione Medica Ospedaliera di -OMISSIS-che, con verbale del 22 giugno 2005, esprimeva la diagnosi di “-OMISSIS-in buon compenso periferico -OMISSIS-”, ascrivendo l’-OMISSIS-alla Tabella A, 8^ categoria.

Conformandosi al parere negativo espresso dal Comitato di verifica per le cause di servizio, il Ministero della Difesa, con il provvedimento in epigrafe rigettava l’istanza per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell'equo indennizzo dell'-OMISSIS-sopradetta.

Avverso tale proponeva ricorso il sig. -OMISSIS- chiedendone l’annullamento e deducendo tra l’altro, il vizio di eccesso di poter per travisamento dei fatti, irragionevolezza e difetto di motivazione.

Si costit-OMISSIS-va in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2016 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

Il ricorrente lamenta che il parere espresso dal Comitato di verifica e, conseguentemente, il provvedimento conclusivo del procedimento si fondino su motivazioni apodittiche che non tengono in alcun conto il quadro anamnestico quale risultante dalla riferita partecipazione del militare a missioni nelle quali si è stato, notoriamente, fatto uso di munizioni ad-OMISSIS- e, dunque, si è omesso di valutare l’elevata probabilità che la patologia contratta sia riconducibile all’esposizione a “fattori multipli inducenti la proliferazione-OMISSIS-”.

L’assunto merita condivisione.

Come è noto -OMISSIS-, ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell’-OMISSIS-, viene utilizzato nelle munizioni anticarro, per il suo potere di penetrazione, e nelle corazzature di alcuni sistemi d'arma, per la sua elevata resistenza.

Quando il proiettile colpisce l’obiettivo si liberano, secondo numerosi, accreditati e documentati studi scientifici, da 1 a 3 kg di polvere di -OMISSIS- -OMISSIS-; inoltre, quando i penetratori al-OMISSIS- non colpiscono l'obiettivo, rimanendo sul suolo, sepolti o sommersi nell'acqua, essi si ossidano e si disgregano creando le condizioni per c-OMISSIS- le -OMISSIS-. Il tutto, poi, senza considerare che la polvere prodotta da un impatto iniziale può essere rimessa in sospensione da impatti successivi e dal vento.

Si è in proposito parlato di "sindrome dei-OMISSIS-" riferendosi a quella lunga serie di malattie - per lo più -OMISSIS-- che hanno colpito i soldati italiani al ritorno dalle missioni internazionali.

Nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 4 gennaio 2010, l’Associazione italiana Vittime -OMISSIS- ha reso noto il bilancio provvisorio sul numero di militari italiani morti per possibile contaminazione da-OMISSIS-, ammontante ad “almeno 216 casi”.

La probabile connessione tra l’esposizione a-OMISSIS- e l’insorgenza di -OMISSIS-, ha indotto l’ONU a vietare l’utilizzo di armi contenenti tale elemento (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (vedasi la Direttiva del Ministero della Difesa del 26.11.99).

La Commissione parlamentare d’inchiesta “s-OMISSIS- casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace”, istit-OMISSIS-ta con deliberazione del Senato del 17 novembre 2004, nella sua relazione finale, approvata nella seduta del 1º marzo 2006, pur rilevando che “non sono emersi elementi che consentano di affermare che le patologie in questione siano da attrib-OMISSIS-re ad effetti -OMISSIS-dovuta a questo tipo di munizionamento” afferma che “l’esistenza di un rischio significativo per la salute riconducibile in quanto tale all’-OMISSIS- -OMISSIS- sembra doversi circoscrivere ai soggetti che abbiano comunque potuto inalare l’aerosol che si sviluppa a seg-OMISSIS-to dell’impatto di proiettili a -OMISSIS-: in concreto, tale situazione sembra poter ricorrere solo per coloro che si fossero trovati a breve distanza di tempo da un mitragliamento con utilizzo di proiettili a -OMISSIS- nelle immediate vicinanze di veicoli o edifici colpiti”; tale rischio dunque sarebbe “realisticamente ipotizzabile per i militari italiani impegnati nei-OMISSIS-, visto che essi non risultano aver partecipato ad azioni di guerra sul terreno”.

Soggiunge, nondimeno, la medesima relazione che “Occorre però ricordare come quasi tutte le forme di -OMISSIS- abbiano un’eziologia multicausale, e come in particolare l’esposizione a un ampio novero di agenti chimici, fisici o biologici possa avere effetti -OMISSIS-. Vengono -OMISSIS-in considerazione quelle situazioni di degrado ambientale ed inq-OMISSIS-namento bellico che sono state ben documentate dagli studi dell’UNEP 30, e che possono aver giocato un ruolo particolarmente importante nel primo periodo di operatività dei contingenti, allorché più alta era la concentrazione di inq-OMISSIS-nanti derivanti da manufatti industriali o civili danneggiati o distrutti dalle operazioni belliche”.

Di tali risultanze il Comitato non sembra aver tenuto alcun conto, neppure nella forma di ipotesi da escludere sulla base di circostanze certe attinenti al caso concreto.

La manifesta lacunosità dell’istruttoria si palesa perfino nella noncuranza con c-OMISSIS- si è riprodotta la diagnosi (manifestamente errata e probabilmente dovuta ad un refuso) della CMO e cioè “-OMISSIS-”, senza ritenere di dover richiedere a tale organo tecnico una precisazione o una rettifica.

Come è noto, il parere del Comitato per la verifica della cause di servizio costit-OMISSIS-sce giudizio di discrezionalità tecnica, parzialmente vincolante per l'Amministrazione nel senso che essa non se ne può discostare, a meno che non ravvisi una evidente carenza istruttoria ovvero un palese travisamento dei fatti e/o illogicità; del pari anche il giudice, chiamato a vagliare la legittimità di tale parere, può esercitare in proposito solo un cosiddetto “sindacato debole”, nel senso che la contestazione di una valutazione tecnica come quella resa dal Comitato di verifica può attenere unicamente ad aspetti di incongr-OMISSIS-tà e irrazionalità (tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 17 dicembre 2015 n. 3610; T.A.R. Lazio, sez. I, 13 aprile 2015 n. 5371).

Nondimeno, ai fini dell'affermazione o della negazione se il servizio ha potuto costit-OMISSIS-re causa o concausa dell'-OMISSIS-denunciata dal pubblico dipendente è necessaria la ricostruzione, da effettuare con la dovuta sintesi, ma sulla base di una compiuta istruttoria, delle caratteristiche specifiche del servizio, dei fatti accaduti e delle circostanze rilevanti risultanti dagli atti acq-OMISSIS-siti, da porre in relazione con i caratteri della patologia riscontrata, al fine della espressione di un giudizio che sia frutto di un'approfondita analisi degli elementi considerati e delle possibili correlazioni tra gli elementi stessi (T.A.R. Marche 11 dicembre 2015 n. 872, T.R.G.A. Trento 14 maggio 2014 n. 191).

Si è affermato, in tema, che il provvedimento che nega la dipendenza da causa di servizio dell'-OMISSIS-deve basarsi su indagini di fatto dirette a valutare il tipo di -OMISSIS-, l'ambiente nel quale l'attività lavorativa viene prevista e la sua connessione con l'insorgere della malattia (T.A.R. Molise, 4 dicembre 2014 n. 665): valutazione che, nella fattispecie, appare del tutto omessa o comunque non motivata, essendo in sostanza assorbita da una mera formula di stile.

Con specifico riferimento alla patologia denunciata la giurisprudenza ha in più occasioni riconosciuto l’illegittimità dei provvedimenti con c-OMISSIS- l’Amministrazione ha negato il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione ad -OMISSIS-di natura -OMISSIS- connesse alla probabile o certa esposizione ad-OMISSIS- (Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4440; T.A.R. Campania, sez. VI, 28 novembre 2007, n. 15430; T.A.R. Campania, 5 agosto 2010, n. 17232; T.A.R. Lombardia Milano, Sez. 4, 19 febbraio 2013, n. 478; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 27 ottobre 2015, n. 2247; T.A.R. Lazio, sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1364; T.A.R. Piemonte, sez. I, 17 aprile 2015, n. 659).

Il parere q-OMISSIS- impugnato, che ha escluso il nesso eziologico fra la grave -OMISSIS-contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non ha fatto alcun cenno ai dati e alle indagini sopra citate che hanno condotto lo stesso Legislatore a riconoscere l’esistenza del rischio specifico, correlato all’impiego di militari nei principali teatri operativi, quali i-OMISSIS-,-OMISSIS-, e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie-OMISSIS-a causa dell’esposizione all’-OMISSIS- -OMISSIS- ed alla dispersione nell’ambiente di -OMISSIS-, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 – e già con l’abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell’art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).

Va -OMISSIS-condivisa la tesi espressa dalla giurisprudenza prevalente secondo c-OMISSIS- “a causa sia dell’impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, sia del concorso di altri fattori collegati a contesti ambientali fortemente degradati ed inq-OMISSIS-nati, non deve essere richiesta la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013, con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i-OMISSIS-, -OMISSIS-” (T.A.R. Lazio, sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1364; e nello stesso senso T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 2 ottobre 2014 n. 1568; T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034, T.A.R. Friuli, 19 giugno 2014 n. 308; Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4440; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 agosto 2012, n. 7363;).

Senza voler affermare una sorta di inversione dell’onere della prova, occorre rilevare che il diniego della richiesta del ricorrente non tiene alcun conto della particolare situazione rappresentata al fine di ottenere il beneficio richiesto, né contesta le risultanze diagnostiche e anamnestiche relative all’interessato con dati scientifici certi, sottraendosi così all’obbligo generale di motivazione del provvedimento e, prima ancora, a quello di eseg-OMISSIS-re una completa istruttoria sulle questioni oggetto di valutazione.

Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va perciò accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato e del parere presupposto, facendo obbligo all’Amministrazione di riesaminare la fattispecie, alla luce delle argomentazioni illustrate in precedenza.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liq-OMISSIS-date come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e conseguentemente annulla l’atto impugnato agli effetti in motivazione precisati.

Condanna il Ministero della Difesa alla rifusione delle spese di giudizio che si liq-OMISSIS-dano in € 3.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseg-OMISSIS-ta dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di c-OMISSIS- all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in -OMISSIS-nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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per opportuno orientamento.
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1) - ha respinto la domanda volta a conseguire la speciale elargizione prevista dall’art. 603 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66 e dall’art. 1079 del DPR n. 90/2010 per la patologia che ha portato al decesso.

2) - in quanto è stato disconosciuto il nesso eziologico tra la patologia tumorale manifestatosi nel dicembre 2000 e ripresentato in forma metastatizzata nonostante ripetuti interventi chirurgici - che ha condotto alla morte il giovane Appuntato Scelto -OMISSIS- in data 7.10.2007 e l’esposizione alle polveri di uranio impoverito presenti nell’ambiente in cui lo stesso ha prestato servizio durante la missione in Bosnia dal 20.4.2000 al 30.11.2000.

Il Tar Lazio precisa:

3) - la Suprema Corte ha ritenuto che si tratta di un diritto di natura prevalentemente assistenziale volto a prestare un ausilio a chi abbia subito un'infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi, con conseguente ascrizione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro e dell'assistenza sociale.

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SENTENZA BREVE ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201702180, - Public 2017-02-09 –

Pubblicato il 09/02/2017

N. 02180/2017 REG.PROV.COLL.
N. 05048/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 5048 del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro
Ministero della Difesa non costituito in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze non costituito in giudizio;
in persona del legale rappresentante p.t. non costituito in giudizio;
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato non costituito in giudizio;
domiciliata in Roma non costituito in giudizio;
via dei Portoghesi non costituito in giudizio;
12;

Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri non costituito in giudizio;
Comitato di Verifica Per Le Cause di Servizio non costituito in giudizio;

per l'annullamento
del Decreto n. …. posizione 5/….. del 13.3.2913 con cui il Ministero della Difesa –D.G. Previdenza Miliare – I reparto – I div. Area SBAN ha respinto la domanda volta a conseguire la speciale elargizione prevista dall’art. 603 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66 e dall’art. 1079 del DPR n. 90/2010 per la patologia che ha portato al decesso dell'Appuntato Scelto c.c. -OMISSIS-,

nonché
degli atti presupposti, connessi e consequenziali, in particolare del parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio espresso nella seduta del 10.9.2008, del 4.3.2009 e del 6.10.2009;

nonché per l’accertamento
del diritto del ricorrente a conseguire le somme dovute maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 9 gennaio 2017 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Con il ricorso in esame vengono impugnati gli atti in epigrafe con cui è stata respinta l’istanza volta a conseguire la speciale elargizione prevista dall’art. 603 e 1907 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66 e dall’art. 1079 co. 1 del DPR n. 90/2010 (ex DPR 37/2009) in quanto è stato disconosciuto il nesso eziologico tra la patologia tumorale (-OMISSIS-) - manifestatosi nel dicembre 2000 e ripresentato in forma metastatizzata nonostante ripetuti interventi chirurgici - che ha condotto alla morte il giovane Appuntato Scelto -OMISSIS- in data 7.10.2007 e l’esposizione alle polveri di uranio impoverito presenti nell’ambiente in cui lo stesso ha prestato servizio durante la missione in Bosnia dal 20.4.2000 al 30.11.2000.

L’art. 603 del Codice dell’ordinamento militare prevede il riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano che, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura effettuate entro e fuori i confini nazionali, abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative, al personale impiegato nei poligoni di tiro e nei siti dove vengono stoccati munizionamenti, nonché al personale civile italiano nei teatri operativi all'estero e nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale, che abbia contratto le stesse infermità o patologie tumorali connesse alle medesime condizioni ambientali, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010. In caso di decesso a seguito delle citate infermità o patologie tumorali, l'indennizzo è corrisposto al coniuge, al convivente, ai figli superstiti, ai genitori, nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti”. Il comma 2 precisa che “I termini e le modalità per la corresponsione, ai soggetti di cui al comma 1 ed entro il limite massimo di spesa ivi stabilito, delle misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e 3 agosto 2004, n. 206, sono disciplinati dal libro VII del regolamento, fermo restando quanto disposto dall'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126.

L’art. 1907 ribadisce che “ I termini e le modalità per il riconoscimento della causa di servizio e per la corresponsione di adeguati indennizzi per il personale che a causa dell'esposizione a particolari fattori di rischio ha contratto infermità o patologie tumorali sono disciplinati dall'articolo 603, che detta altresì il relativo limite massimo di spesa, e dal regolamento”.

Il regolamento in parola, approvato con DPR 90/2010, all’art. 1079 stabilisce che “1. Ai soggetti di cui all'articolo 603 del codice è corrisposta l'elargizione di cui agli articoli 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, 1 e 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e 5, commi 1, 2 e 5, della legge 3 agosto 2004, n. 206, quando le condizioni di cui all'articolo 1078, comma 1, lettere d) ed e), ivi comprese l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico, hanno costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante delle infermità o patologie tumorali permanentemente invalidanti o da cui è conseguito il decesso.

2. I soggetti di cui al comma 1 sono: a) il personale militare e civile italiano impiegato nelle missioni di qualunque natura; b) il personale militare e civile italiano impiegato nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti; c) il personale militare e civile italiano impiegato nei teatri operativi all'estero e nelle aree di cui alle lettere a) e b); d) i cittadini italiani operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell'ambito di programmi aventi luogo nei teatri operativi all'estero e nelle aree di cui alle lettere a) e b); e) i cittadini italiani residenti nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree di cui alla lettera b). Per zone adiacenti si intendono quelle rientranti nella fascia di territorio della larghezza di 1,5 chilometri circostante il perimetro delle basi militari o delle aree di cui alla lettera b); f) il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e), i genitori ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, in caso di decesso a seguito delle patologie di cui all'articolo 603 del codice.

3. L'elargizione di cui al comma 1 è corrisposta ai beneficiari secondo i termini e le modalità di cui agli articoli 1080, 1082 e 1084, con riferimento ad eventi verificatisi dal 1°(gradi) gennaio 1961 ed entro i termini di cui all'articolo 1080, comma 2, sul territorio nazionale e all'estero”.

La giurisdizione sulle controversie relative al beneficio in questione è stata in passato ritenuta da questo Tribunale rientrare nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sul personale pubblico non contrattualizzato, al pari di analoghe provvidenze riconosciute ai militari con leggi di settori che disciplinano in materia precisa il relativo procedimento concessorio, senza attribuire all’autorità procedente alcuna discrezionalità né relativamente all’an né al quantum, come anche nel caso dell’equo indennizzo (T.A.R. Lazio Sez. I bis, n. 7397/2011; n. 7363/2012; n. 4520/2014; 11604/2015; 10947/2015 e n. 6979/2016).

Di recente la giurisdizione sulle controversie relative a benefici previsti per le persone equiparate alle vittime del dovere è stata di recente rimessa in discussione dalla Corte di Cassazione - Sezioni Unite con due sentenze del 16-11-2016, n. 23300 e 17-11-2016 n. 23396.

Con tali decisioni, la Suprema Corte ha sottolineato che il beneficio in parola è stato configurato dal legislatore come un vero e proprio diritto soggettivo, e non come un interesse legittimo, in quanto, in presenza dei requisiti richiesti, le vittime dirette, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di un'amministrazione pubblica priva di discrezionalità in ordine alla decisione di erogare o meno le provvidenze ed in ordine alla misura delle stesse. Pertanto, sulla base della qualificazione della posizione soggettiva degli aspiranti beneficiari come diritto soggettivo, in quanto la pubblica amministrazione è priva di ogni potere discrezionale “sia con riguardo ai presupposti dell'erogabilità, sia con riferimento alla quantificazione del beneficio, prefissata dalla legge” ha ritenuto che le relative controversie rientrino tra quelle attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario. In tale prospettiva viene precisato che non è ravvisabile alcun elemento di discrezionalità “nella disciplina che regola l'attività del Comitato di verifica cui la normativa richiamata del D.P.R. n. 90 del 2010, artt. 1079 e ss, affida il compito di formulare un parere medico - legale in ordine al riconoscimento della dipendenza delle infermità invalidanti o del decesso da causa di servizio”, e viene escluso che l’Amministrazione goda di alcun discrezionalità nell’an e nel quantum: il comitato non ha discrezionalità nello svolgere il suo compito di “accertare” la dipendenza da cause di servizio e deve applicare criteri e modalità precisate dalla stessa legge per determinare l'invalidità permanente; la PA deve provvedere in conformità al giudizio espresso dalle commissioni mediche ospedaliere nonchè al parere del comitato di verifica, adottando il provvedimento concessorio e di liquidazione del beneficio. In particolare la Suprema Corte ha precisato che è del tutto irrilevante la circostanza che lo stesso legislatore abbia previsto un tetto massimo di spesa per la concessione dei benefici in questione in quanto ciò vale solo a giustificare il mancato accoglimento delle domande qualora il limite sia stato raggiunto e non vi siano più fondi, ma non implica alcuna discrezionalità nella erogazione del beneficio.

La Suprema Corte ha altresì escluso che tale beneficio possa essere ricondotto all’insieme di diritti e doveri afferenti al pubblico impiego non contrattualizzato, escludendo pertanto che le relative controversie possano essere ricondotte nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto ha ritenuto che si tratta di “un diritto che si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno, potendo riguardare anche soggetti che con la amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio” e che la normativa in parola estende la disciplina inizialmente dettata per i dipendenti pubblici al di là del rapporto di impiego pubblico e che ingloba, ad esempio, i militari di leva, “personale” e volontari civili, “cittadini” e familiari superstiti.
In tale prospettiva la Suprema Corte ha ritenuto che si tratta di un diritto di natura prevalentemente assistenziale volto a prestare un ausilio a chi abbia subito un'infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche da cui siano derivati particolari rischi, con conseguente ascrizione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro e dell'assistenza sociale.

Tale indirizzo è stato prontamente recepito dal TAR Toscana, sez. I, n. 63/2017 - aderendo ad un analogo orientamento già espresso da alcuni Tribunali Amministrativi Regionali (vedi,tra tante, TAR Campania, sez. I, n. 4477/2016, n. 4263/2016; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, n. 587/2015 e n. 1204/2015) – proprio con riferimento ad una controversia concernente la spettanza dei benefici di cui all’art. 1079 del DPR n. 90/2010 ed all’art. 603 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66 per indennizzi al personale italiano esposto a particolari fattori di rischio motivando l’adesione al recente orientamento del Giudice della giurisdizione “non solo per doveroso rispetto ai principi di cui agli artt. 111, ultimo comma Cost; 37, 41, 360 n.1, 362, 374, 382 c.p.c., ma anche per convinta adesione ad un ordine argomentativo che appare maggiormente rispettoso dei principi di effettività, celerità, semplificazione e razionalità della tutela giurisdizionale, solo se si pensi che: a) Per le controversie in parola ci sarebbe un doppio canale di tutela sulla stessa materia, secondo le varie categorie di soggetti richiedenti il beneficio: rispettivamente pubblici dipendenti o non. b) Riconoscere agli organi sanitari e medico legali dell’amministrazione un potere discrezionale (e non di mero accertamento tecnico), che radichi la giurisdizione del G.A. significherebbe vanificare o almeno dilatare temporalmente la tutela le quante volte (non rare nella concreta casistica giurisprudenziale) il giudice amministrativo declini la tutela finale ed effettiva con la consueta ma defatigante tecnica del rimando alla stessa amministrazione, condensata nella nota formula “annulla, salvi gli ulteriori provvedimenti”.

Il Collegio ritiene di dover accogliere l’invito formulato dalla parte ricorrente, che alla Camera di Consiglio odierna ha espressamente sollecitato una declaratoria di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione, di uniformarsi all’orientamento soprarichiamato in quanto condivide sia l’esigenza di assicurare una maggiore effettività della tutela giurisdizionale sopra segnalata sia l’esigenza di evitare alla parte ricorrente di proseguire nella coltivazione i un giudizio il cui esito, allo stato attuale, rischia di incorrerebbe nella cassazione del Giudice della giurisdizione.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la controversia in esame rientra tra quelle attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, presso il quale il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi previsto dall’art. 11 CPA e già dall’art. 59 della L. 69/2009, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda già presentata.

Sussistono giusti motivi, visto il recente mutamento di orientamento giurisprudenziale, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
Paola Patatini, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Rizzetto Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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veniva rigettata l'istanza di riconoscimento della causa di servizio e di concessione dell'equo indennizzo.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201712540, - Public 2017-12-20 -
Pubblicato il 20/12/2017


N. 12540/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01148/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1148 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, nonché quale genitore esercente la patria potestà su -OMISSIS-., rappresentata e difesa dagli avvocati Rosanna Serafini e Eugenio Pini, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via della Giuliana, 82;

contro
Ministero della Difesa, Ministero della Difesa - Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
- della delibera n. 8221/2015 adottata dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio nell’adunanza del 19 maggio 2015;

- del decreto n. 4261, adottato dal Ministero della Difesa in data 29 ottobre 2015, con cui veniva rigettata l'istanza di riconoscimento della causa di servizio e di concessione dell'equo indennizzo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, della Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 la dott.ssa Paola Patatini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierna ricorrente ha adito questo TAR nella qualità di vedova ed erede del defunto Caporal Maggiore Capo Sc. -OMISSIS-, per ottenere l’annullamento del rigetto della domanda tesa al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e alla concessione dell’equo indennizzo, per l’infermità “-OMISSIS-”, causativa del decesso del de cuius.

Espone in fatto che l’ufficiale aveva preso parte a diverse missioni internazionali di pace nella zona dei Balcani (nel 1996 e nel 1999 in Bosnia, nel 2000 in Kosovo, nel 2004 in Irak, nel 2008 ancora in Kosovo con l’operazione “Joint Entrerprise”), nota per essere un territorio ad altissima contaminazione da uranio impoverito, svolgendo l’incarico di armerie e guastatore, privo di specifiche protezioni individuali.

Nel mese di dicembre 2013, il OMISSIS iniziava a manifestare malessere diffuso che si aggravava col trascorrere del tempo, finché nel gennaio 2014 veniva a mancare.

Avverso il decreto in epigrafe indicato ed il presupposto parere - secondo cui l’infermità in questione non potrebbe riconoscersi dipendente da fatti di servizio, “in quanto nei precedenti di servizio dell’interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo alla genesi neoplastica. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o concausalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso metaplastico” – la parte ha articolato tre motivi di doglianza, deducendo:

1) illegittimità per eccesso di potere per erronea interpretazione e travisamento di fatto, errore sul presupposto, difetto di istruttoria, incongruità, illogicità; insufficienza e contraddittorietà della motivazione;

2) illegittimità per violazione di legge con riferimento all’art. 1079, comma 1, d.p.r. n. 90/2010 e art. 7, d.p.r. n. 40/2012;

3) illegittimità per violazione di legge e disapplicazione delle direttive dello stato maggiore della Difesa 6 dicembre 1999 e 27 marzo 2000.

Secondo la tesi ricorrente, l’Amministrazione avrebbe adottato le determinazioni in questione in assenza di circostanziate attività di indagine, risultando invece dagli atti che il militare ha operato in zone inquinate e tossiche, rimanendo esposto a polveri liberatesi dopo l’esplosione di materiale bellico, che, secondo gli studi scientifici in materia, sarebbero correlate all’insorgenza di patologie tumorali. Detta circostanza fattuale avrebbe quindi imposto un adeguato compendio motivazionale alla base del diniego, tenuto altresì conto che l’Amministrazione sarebbe stata perfettamente a conoscenza della pericolosità dell’ambiente in cui il personale militare operava, come mostrato dalle direttive del 6 dicembre 1999 e del 27 marzo 2000, direttive che, nel caso del OMISSIS, sarebbero comunque state disattese.

Per resistere al gravame, si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa con comparsa formale.

Alla camera di consiglio del 2 marzo 2016, parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare, incidentalmente avanzata col gravame.

A seguito dell’ordinanza collegiale n. 3739/2017, l’Amministrazione ha depositato una dettagliata e documentata relazione sulla vicenda, insistendo per l’infondatezza del ricorso.

Con memoria del 22 settembre 2017, la ricorrente ha contestato quanto ex adverso dedotto, concludendo per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 25 ottobre 2017, la causa è infine passata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

Tra il 1999 e il 2004, il Caporal Maggiore ha svolto principalmente funzioni di guastatore e armiere, occupandosi di lavori di tipo campale, nonché di montaggio e smontaggio di ponti metallici componibili, ovvero di montaggio ponti.

Risulta poi, dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione, come non possa comunque escludersi che, nelle operazioni “Joint Forge” e “Joint Guardian”, lo stesso sia stato inoltre impegnato a supporto dei nuclei addetti alla bonifica di ordigni inesplosi “per la realizzazione di “fornelli” per il brillantamento di tali ordigni inesplosi e/o opere per il contenimento della proiezione di schegge attraverso l’utilizzo di sacchetti a terra” (cfr. rapporto informativo del 25 agosto 2017), né che “i movimenti a bordo di mezzi militari, anche lungo itinerari già oggetto di bombardamenti, possano aver contribuito all’insorgenza della patologia riscontrata”, così come non potrebbe parimenti escludersi “un potenziale rischio residuo da esposizione ad agenti chimici nell’ambito della sua mansione di utilizzatore dell’armeria” ( cfr. rapporto informativo del 27 luglio 2017).

Pur a fronte di dette circostanze fattuali, già evidenziate nel ricorso e confermate dagli atti del Ministero, la dipendenza della patologia dai fatti di servizio è stata tuttavia negata sul presupposto che, nei precedenti di servizio, non risultassero fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo alla genesi neoplastica.

Quanto asserito dall’organismo tecnico contrasta, tuttavia, non solo con le circostanze sopra dette, essendo invero incontestabile che il de cuius abbia prestato servizio per un periodo complessivamente lungo in ambienti che erano stati interessati da episodi bellici e bombardamenti, risultando dunque inquinati, ma anche con quanto diffusamente emerso nella giurisprudenza amministrativa che si è largamente occupata del tema.

Numerose infatti sono le pronunce che richiamano gli studi e le indagini svolti da organismi internazionali, sulla base dei quali il Governo degli Stati Uniti, l’ONU e la NATO hanno adottato specifiche misure di protezione, conosciute dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipement Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995), (in primis, TAR Catanzaro, n. 1568/2014, poi condivisa dalla giurisprudenza successiva, da ultimo TAR Napoli, VI, n. 4886/2017), dalle quali emerge la consapevolezza della pericolosità delle condizioni di lavoro dei militari italiani nelle varie zone di guerra dei Balcani per la probabile connessione tra l’esposizione a uranio impoverito e l’insorgenza di gravi patologie, anche di natura oncologica.

Pertanto, il parere impugnato, che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta ed il servizio prestato, risulta nelle specie inficiato per la manifesta inattendibilità delle conclusioni cui è pervenuto, a causa dell’omessa considerazione delle incontestabili circostanze di fatto, prima viste, nonché dei dati scientifici e delle indagini sopra citati.

D’altronde, l’Amministrazione stessa ha riconosciuto, nei siti de quibus, l’esistenza di radioattività in presenza di residui di involucri di proiettili perforanti, oltreché la presenza di uranio sul terreno, ritenendo conseguentemente doveroso dare disposizioni per l’adozione di misure cautelative per la protezione del personale militare ivi operante (v. circolare del 6 dicembre 1999).

La tesi difensiva dell’Amministrazione, che si richiama inammissibilmente ad un parere medico successivo, riconosce, quali fattori di rischio più comuni per il tumore alla cistifellea, i calcoli biliari, le colecisti “a porcellana”, l’infiammazione cronica del dotto biliare, oltre che la componente ereditaria, senza tuttavia tener in debito conto anche le risultanze scientifiche fino ad ora formulate sull’uranio impoverito.

Il Comitato di Verifica si è, nella specie, limitato a negare genericamente l’esistenza di fattori potenzialmente idonei a determinare la malattia nei precedenti di servizio, quando è invece provato per tabulas che il militare ha vissuto in ambiti contaminati, per i quali è fatto notorio la presenza di uranio impoverito.

Vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell'esposizione alle polveri sottili e ultra sottili, come quelle rinvenute dalla biopsia fatta sul Caporal Maggiore.

Né l’Amministrazione ha dimostrato che l’attività svolta dal ricorrente si svolgesse in condizioni “di sicurezza”, con l'adozione di forme e sistemi di protezione, considerato altresì che, almeno con riferimento alla prima missione (aprile – agosto 1999), i provvedimenti cautelativi di cui alla circolare del dicembre 1999 non potevano essere stati applicati, essendo la nota successiva alla permanenza del militare in quei luoghi.

Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere quindi accolto, in ragione dell’evidente difetto di istruttoria e di motivazione, con conseguente annullamento del parere del Comitato di Verifica e del diniego che lo ha recepito, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto delle motivazioni qui svolte.

Le spese di lite seguono infine la soccombenza, da liquidarsi in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’affetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna le Amministrazioni resistenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore della ricorrente, che liquida in euro 1800,00 (milleottocento/00), oltre accessori per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8, D.lgs. n. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Roberto Vitanza, Primo Referendario
Paola Patatini, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paola Patatini Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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