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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 399 del 2013, proposto da:
Franci Maria Pia e Cannoni Roberta, entrambe rappresentate e difese dall’Avv. Matteo Di Raimondo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Savoia n. 86;
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
il Capo della Polizia pro tempore;
per l’annullamento
- del decreto prot. n. 559/C/3/E/CC/1431 dell’11.10.2012, notificato il 29.12.2012, con cui è stata denegata la concessione dei benefici previsti per le vittime del dovere ai sensi del d.P.R. n. 243/2006, richiesta dalle ricorrenti, in qualità di familiari superstiti del Carabiniere Cannoni Bruno, deceduto durante l’espletamento di un servizio di istituto;
- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2014, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Carabiniere Cannoni Bruno, allora in servizio a Firenze, è deceduto in data 16.12.1963, a seguito di un incidente stradale, verificatosi a bordo di un’autovettura privata con autista, mentre svolgeva l’attività di scorta, unitamente ad altro carabiniere, nella traduzione, dal carcere fiorentino delle Murate alla casa di reclusione per minorati fisici di Civitavecchia, di un detenuto, al quale era ammanettato.
In relazione al richiamato decesso, le ricorrenti Franci Maria Pia e Cannoni Roberta, familiari del suddetto carabiniere, in qualità, rispettivamente, di vedova e figlia, con istanza del 20.4.2011, hanno chiesto l’applicazione dei benefici previsti per le vittime del dovere dal d.P.R. n. 243/2006.
Con atto datato 7.9.2011, alle stesse pervenuto il 26.9.2011, è stato dato preavviso di rigetto della predetta istanza, riscontrato con memoria del 4.10.2011, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i..
Con decreto prot. n. 559/C/3/E/CC/1431 dell’11.10.2012, notificato il 29.12.2012, è stata denegata la concessione dei benefici in parola.
Il citato provvedimento è stato impugnato con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura: violazione di legge - violazione dell’art. 1, commi 563 e 564, della legge n. 266 del 23.12.2005 e dell’art. 1 del d.P.R. n. 243 del 7.7.2006 – eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti - illogicità manifesta.
Il provvedimento non avrebbe tenuto conto delle modalità di espletamento della missione, in particolare della dinamica dell’incidente mortale verificatosi durante la missione [essendo tale un impiego in funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari, entro o fuori dai confini nazionali, autorizzato dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata].
Si sottolinea la non ordinarietà dei rischi, in primis la straordinarietà dell’attività di traduzione di detenuti da parte dei militari dell’Arma dei Carabinieri, in quanto detta attività travalicherebbe i normali adempimenti richiesti ad un appartenente alla stessa, ed inoltre la circostanza che il Sig. Cannoni si trovasse in una normale autovettura e soprattutto ammanettato al detenuto, per meglio tutelare l’interesse pubblico, in tal modo con impossibilità, per il medesimo, di divincolarsi dall’autovettura, una volta verificatosi l’incidente stradale.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato documentazione, ivi compresa un’articolata relazione, nella quale si sostiene la legittimità del suo operato, rimarcando la natura accidentale dell’evento e la circostanza che, prima della riforma del Corpo degli Agenti di Custodia, attuata con la legge n. 395/1990, in base all’art. 178 del R.D. del 18.6.1931, recante “Regolamento degli Istituti di Prevenzione e di Pena”, l’esecuzione dei “trasferimenti dei detenuti da un carcere giudiziario all’altro e le traduzioni dei condannati dalle carceri agli stabilimenti di pena” era demandata all’Arma dei Carabinieri, per cui non si rinverrebbe il carattere straordinario dell’attività posta in essere nella specie dal Carabiniere Cannoni. Conseguentemente il caso in esame non rientrerebbe in alcuno di quelli indicati nei commi 563 e 564 dell’art. 1 della legge n. 266/2005.
Nella pubblica udienza del 16.10.2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1 - Con il ricorso all’esame del Collegio le odierni istanti, quali familiari superstiti del Carabiniere Cannoni Bruno, impugnano il decreto del Capo della Polizia prot. n. 559/C/3/E/CC/1431 dell’11.10.2012, con il quale è stata respinta la loro domanda, datata 20.4.2011, tesa al riconoscimento dello status di “vittima del dovere”, in capo al proprio congiunto deceduto, nonché alla corresponsione della relativa elargizione.
2 - Si rende preliminarmente necessaria una breve ricostruzione del quadro normativo che regolamenta la materia de qua.
2.1 - L’art. 3 della legge 27.10.1973, n. 629, dopo aver previsto, al comma 1, l’elevazione della misura della speciale elargizione a favore delle famiglie degli appartenenti alle forze di polizia, vittime del dovere, di cui alla legge n. 101/1968, al comma 2 (aggiunto dall’art. 1 della legge n. 466/1980), ha disposto che “per vittime del dovere (…) s’intendono” gli appartenenti all’Arma dei carabinieri, al Corpo della Guardia di finanza, al Corpo delle guardie di pubblica sicurezza (recte: della Polizia di Stato), al Corpo degli agenti di custodia (recte: della Polizia penitenziaria) ed al Corpo forestale dello Stato, nonché i funzionari di pubblica sicurezza “deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di eventi connessi all’espletamento di funzioni d’istituto e dipendenti da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all’espletamento di attività di soccorso”.
Successivamente, i commi 563 e 564 dell’art. 1 della legge 23.12.2005, n. 266, hanno provveduto ad ampliare la nozione di “vittime del dovere” originariamente prevista dalla legge n. 466/1980, estendendola, sotto il profilo soggettivo, a tutti i “dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di” determinati “eventi”, e, sotto il profilo oggettivo, ad una serie di situazioni connesse al mutato ruolo internazionale dell’Italia ed alle nuove politiche dei ricorrenti interventi straordinari.
2.2 - Segnatamente il comma 563, individua, quali rilevanti ai fini indicati, gli eventi verificatisi: “a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.
2.3 - Il successivo comma 564 attribuisce rilevanza alle “infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative”.
2.4 - Con il d.P.R. n. 243 del 7.7.2006 è stato adottato il “Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati”.
3 - Fatto questo dovuto inquadramento normativo, occorre ora estrapolarne i principi e verificare se il caso in esame possa o meno inquadrarsi in una delle fattispecie sopra riportate.
3.1 - Va detto al riguardo in primo luogo che, secondo il quadro normativo vigente, affinché sorga il diritto alla speciale elargizione prevista dalla citata disposizione di legge per le vittime del dovere, è necessario che l’evento letale o causativo di infermità invalidanti permanenti sia connesso all’espletamento di funzioni d’istituto e dipendente da rischi specificamente attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all’espletamento di attività di missione e che tali rischi vadano oltre quello ordinario.
3.2 - Si ritiene che nel caso che ci occupa ricorrano i suindicati requisiti.
Segnatamente l’ipotesi in esame deve essere inquadrata nell’ambito applicativo del richiamato art. 1, comma 564, della legge n. 266/2005.
Infatti, pur attenendo l’attività di scorta nella traduzione di detenuti, come evidenziato dalla difesa erariale, a compiti demandati all’Arma dei Carabinieri all’epoca dei fatti, tale attività è stata espletata nell’ambito di una specifica missione, regolarmente autorizzata. Il Carabiniere Cannoni Bruno prestava servizio a Firenze e, su preciso ordine sovraordinato, ha svolto l’attività in questione nel tragitto dal carcere fiorentino delle Murate alla casa di reclusione per minorati fisici di Civitavecchia, al quale ha condotto il detenuto precedentemente recluso nel primo carcere.
Quanto alla straordinarietà del rischio affrontato, va rimarcato che, pur essendo il decesso del suddetto militare occasionato da un incidente stradale, esso va correlato alla particolare condizione operativa nella quale lo stesso si trovava a svolgere detta missione, vale a dire alla circostanza che, per motivi di sicurezza, al fine di impedire l’evasione del detenuto nel corso della sua traduzione, fosse ammanettato a quest’ultimo. Tale circostanza ha impedito al Sig. Cannoni di divincolarsi dall’auto e, per tale ragione, quando è stato soccorso, trovandosi ancora al suo interno, era ormai troppo tardi per essere salvato.
3.3 - Conseguentemente, in presenza dei presupposti ex lege su riportati, il beneficio de quo avrebbe dovuto essere concesso alle due familiari richiedenti, odierne ricorrenti.
4 - Il decreto di rigetto censurato risulta evidentemente viziato da violazione di legge, e segnatamente delle norme richiamate, nonché da travisamento dei fatti e da erroneità dei presupposti, e deve, perciò, essere annullato.
5 - Il ricorso è fondato e va accolto, dal che deriva, oltre che l’annullamento del provvedimento suindicato, altresì l’obbligo, per l’Amministrazione, di assumere le conseguenti determinazioni, stante l’effetto conformativo della sentenza.
6 - In considerazione della particolarità della vicenda sottoposta al vaglio del Collegio, si ritengono, tuttavia, sussistenti i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese, delle competenze e dei diritti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando:
- accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina all’Amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni;
- compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2014, con l’intervento dei Magistrati:
Carlo Taglienti, Presidente FF
Stefania Santoleri, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
RICONOSCIUTI I PARENTI VITTIME DEL DOVERE
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