Libertà di manifestazione del pensiero

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Libertà di manifestazione del pensiero

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Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66
Codice dell'ordinamento militare
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Art. 1472 Libertà di manifestazione del pensiero

1. I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione.

2. Essi possono, inoltre, trattenere presso di sé, nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica.

3. Nei casi previsti dal presente articolo resta fermo il divieto di propaganda politica.


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Re: Libertà di manifestazione del pensiero

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In merito al titolo del post,

- sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione

- Il CdS accoglie l'appello del ricorrente e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso n. -OMISSIS- del 2018 ed annulla la sanzione disciplinare impugnata, fatta salva l’ulteriore attività amministrativa nei sensi e limiti di cui in motivazione.

- N.B. la vicenda nasce:- "per aver rilasciato ad una giornalista dichiarazioni videoregistrate, rese pubbliche in una trasmissione su una rete a copertura nazionale, ritenute di stampo ,,,,,,,,, e ...... e quindi lesive dell’immagine dell’Arma."

Il CdS scrive: (ecco qualche brano preso)

1) - A tale riguardo osserva il Collegio, preliminarmente, che la contestazione mossa all’odierno appellante afferisce a dichiarazioni rese dal medesimo e che pertanto costituiscono, in termini potenziali, espressione della fondamentale libertà di manifestazione del pensiero che è consacrata sia nel testo costituzionale (art. 21, comma 1, a mente del quale “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”) sia nella disciplina eurounitaria (art. 11, comma 1, della Carta diritti fondamentali UE, secondo cui “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”) sia, infine, in quella europea (art. 10, comma 1, della Convenzione EDU, a mente del quale “Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”).

2) - Se, da un lato, negli ordinamenti liberali – al novero dei quali quello italiano va ascritto, quantomeno in ragione della sua adesione alle testé evocate organizzazioni e convenzioni internazionali – in linea di principio non è vietato al cittadino avere opinioni personali di qualsiasi contenuto, anche dissonante dai principi costituzionali fondanti, né esprimerle, purché continentemente e comunque sempre con modalità non apologetiche, neppure v’è dubbio, d’altra parte, che più stringenti limiti, anche in punto di espressione di tali opinioni, possano essere imposti ai militari in servizio e ad alcune categorie di pubblici funzionari (arg. ex art. 98, terzo comma, Cost.); sicché tale oggettiva ed astratta riconducibilità della condotta del militare all’evocato principio fondamentale non vale ex se ad escludere la possibile rilevanza disciplinare della stessa, in considerazione dei limiti che il suo perimetro applicativo sopporta.

3) - Invero, l’art.1355 del Codice dell’Ordinamento Militare, di cui l’art. 1472, comma 1 del medesimo Codice è norma di attuazione (“i militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione”), invocato da parte appellante, statuisce che “le sanzioni disciplinari sono commisurate al tipo di mancanza commessa ed alla gravità della stessa”, ed è proprio in base a tale parametro legale, sebbene di tenore generale, che emerge l’illegittimità della sanzione adottata risultando sproporzionata rispetto alla condotta contestata, una volta sfrondata degli elementi risultati insussistenti o comunque non adeguatamente supportati sul piano probatorio.

N.B.: come sempre vi rimando alla lettura dell'allegato ove comprendere meglio i motivi, specie la parte conclusiva "annulla la sanzione disciplinare impugnata, fatta salva l’ulteriore attività amministrativa nei sensi e limiti di cui in motivazione."
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