computo nell’indennità di buonuscita della c.d. indennità pensionabile di polizia, ed altro.
Ricorso del 1999, rigettato.
Il tutto leggetelo qui sotto.
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28/01/2014 201401069 Sentenza 1
N. 01069/2014 REG.PROV.COLL.
N. 10793/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10793 del 1999, proposto da:
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS - per questione di spazio), rappresentati e difesi dall'avv. Riccardo Gozzi, presso lo studio del quale elettivamente domiciliano in Roma, via Valadier, n. 36;
contro
Ministero di grazia e giustizia e Ministero del tesoro, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n.12;
Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica - Inpdap, rappresentato e difeso dall’avv. Piera Messina, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Istituto in Roma, via C. Beccaria, n. 29;
Istituto nazionale della previdenza sociale - Inps, rappresentato e difeso dall’avv. Piera Messina, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Istituto in Roma, via C. Beccaria, n. 29;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
(congruo numero di nominativi – OMISSIS – per questione di spazio), rappresentati e difesi dall'avv. Riccardo Gozzi, presso lo studio del quale elettivamente domiciliano in Roma, via Valadier, n. 36;
per il riconoscimento
- del diritto dei ricorrenti al ricalcolo delle tredicesime mensilità di retribuzione arretrate, computandosi in esse il compenso delle ore settimanali di servizio obbligatorio;
- del diritto dei ricorrenti all’inclusione del compenso per le ore settimanali di servizio obbligatorio nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita e della pensione;
- del diritto dei ricorrenti al computo nell’indennità di buonuscita della c.d. indennità pensionabile di polizia,
con conseguente condanna delle amministrazioni resistenti, ciascuna per quanto di ragione, al pagamento in favore dei ricorrenti delle somme dovute, oltre rivalutazione e interessi.
Visto il ricorso;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero di grazia e giustizia e del Ministero del tesoro;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Inpdap;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Inps;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ad adiuvandum;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 15 gennaio 2014 il cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti i difensori come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Alcuni dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria con diverse qualifiche, tra cui quelli indicati in epigrafe, hanno domandato con l’odierno gravame che il compenso per le due ore di servizio settimanali “retribuite come prestazioni di lavoro straordinario di cui all’art. 7, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1984, n. 69”, richiamate dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1988, n. 234 e qualificate quali “prestazioni di lavoro obbligatorie settimanali” dall’art. 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, sia considerato elemento integrante della retribuzione, da computarsi ai fini del calcolo delle tredicesime mensilità maturate, della pensione e dell’indennità di buonuscita.
A sostegno della domanda, i ricorrenti hanno evidenziato l’obbligatorietà, la continuità e l’ordinarietà della prestazione di lavoro di cui trattasi e la circostanza che l’amministrazione si sarebbe in seguito ravveduta, inserendo, a seguito dell’art. 12 del D.P.R. 395/1995 e a partire dal 1° gennaio 1996, i compensi dovuti per le ridette due ore settimanali nella voce stipendio della busta paga.
Hanno domandato inoltre i ricorrenti che nel procedere al calcolo dell’indennità di buonuscita l’amministrazione sia tenuta a considerare anche l’indennità pensionabile di polizia, che, variamente denominata e come introdotta dalle relative disposizioni normative (tra cui art. 2, l. 22 dicembre 1969, n. 967, l. 28 dicembre 1970, n. 1079, art. 144, l. 11 luglio 1980, n. 312, art. 43, l. 1° aprile 1981, n. 121), tutti i militari e il personale dei corpi di polizia, ivi compresi i ricorrenti, hanno sempre percepito durante il rapporto di lavoro.
Per i ricorrenti tale indennità pensionabile riveste carattere istituzionale, ha natura pienamente retributiva e va, pertanto, ricompresa nella nozione di retribuzione quale indicata dall’art. 38 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n.1032, che definisce la base contributiva ai fini della buonuscita, ancorchè ivi non specificamente menzionata.
I ricorrenti hanno domandato infine la condanna dell’amministrazione al pagamento di quanto dovuto ai titoli di cui sopra, oltre interessi e rivalutazione.
Si sono costituite in resistenza tutte le intimate amministrazioni.
L’Inps, pure costituitosi in giudizio quale successore ex lege dell’Inpdap, ha eccepito la prescrizione quinquennale dei diritti invocati ex adverso e ha confutato le argomentazioni di parte ricorrente .
Con atto di intervento ad adiuvandum altri dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria si sono costituiti in giudizio formulando identiche domande.
Con decreto presidenziale n. 21894/2012 il ricorso è stato dichiarato perento.
Con decreto presidenziale n. 11784/2013 il decreto di perenzione è stato revocato limitatamente ai ricorrenti indicati in epigrafe ed è stata disposta la reiscrizione del ricorso nel ruolo del merito.
La controversia è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 15 gennaio 2014.
DIRITTO
1. Vanno prioritariamente affrontate, com’è d’uopo, le questioni pregiudiziali.
1.1. L’atto di intervento va, d’ufficio, dichiarato inammissibile.
Gli intervenienti ad adiuvandum risultano infatti essere soggetti legittimati alla proposizione di un ricorso autonomo per l’accertamento nei loro confronti degli stessi diritti invocati dai ricorrenti.
E, come noto, nel giudizio amministrativo è di norma inammissibile l'intervento da parte del soggetto legittimato alla proposizione del ricorso autonomo poichè in contrasto con la regola secondo cui l'intervento ad adiuvandum o ad opponendum può essere proposto solo da un soggetto titolare di una posizione giuridica collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e non anche da un soggetto che sia portatore di un interesse che lo abiliti a proporre ricorso in via principale (C. Stato, IV, 12 giugno 2013, n. 3252).
L’intervento nel processo amministrativo, infatti, sia nella previgente disciplina, sia secondo il disposto di cui all’art. 28, comma 2, c.p.a., non è litisconsortile autonomo, bensì adesivo dipendente, a sostegno delle ragioni di una o di altra parte, consentito a condizione che il soggetto, se legittimato, non sia decaduto dal diritto di impugnare il provvedimento amministrativo; sarebbe, infatti, inammissibile l'intervento ad opera del soggetto che sia comunque legittimato a proporre direttamente ricorso in via principale avverso il medesimo atto impugnato da terzi nel procedimento in cui ritiene di intervenire, eludendosi altrimenti il rispetto dei termini decadenziali individuati dalla legge (Tar Lazio, III, 8 novembre 2012, n. 9166).
Né a diversa conclusione può pervenirsi nell’odierna controversia, attinente diritti soggettivi, ipotizzando che l’atto di intervento sia stato interposto da soggetti versanti a tale data nelle condizioni di legge, anche temporali, per far valere validamente in giudizio le pretese patrimoniali investite dal gravame, e sia pertanto volto a beneficiare indirettamente delle auspicate statuizioni favorevoli ai ricorrenti.
Invero, anche in tal caso l’intervento sarebbe inammissibile, per carenza di interesse, atteso che gli intervenienti non potrebbero comunque mai giovarsi dell’eventuale giudicato favorevole ai ricorrenti, stante il divieto di estensione del giudicato in materia di personale delle amministrazioni pubbliche secondo il principio introdotto nell'ordinamento dall'art. 22, comma 34, della l. 23 dicembre 1994, n. 724, e successivamente sempre riprodotto, da ultimo nel comma 6 dell’art. 41 del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla l. 27 febbraio 2009, n. 14.
1.2. Va respinta l’eccezione di prescrizione delle avanzate pretese spiegata dal resistente Inps, che risulta generica, dal momento che l’Istituto sostiene che al momento della proposizione della domanda giudiziale risultavano già decorsi più di cinque anni dalla risoluzione del rapporto previdenziale, senza indicare la data dell’asserita risoluzione.
2. Nel merito, le questioni poste dalla controversia vanno risolte alla luce di consolidata giurisprudenza amministrativa, dalla quale in questa sede non vi è alcun motivo per discostarsi.
3. Con riferimento alla domanda relativa al riconoscimento del diritto a vedere considerato, quale elemento integrante della retribuzione, da computarsi ai fini del calcolo delle tredicesime mensilità maturate, il compenso per le due ore di servizio settimanali “retribuite come prestazioni di lavoro straordinario di cui all’art. 7, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1984, n. 69”, richiamate dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 988, n. 234 e qualificate quali “prestazioni di lavoro obbligatorie settimanali” dall’art. 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, va rilevato che il carattere di continuità e di obbligatorietà del compenso in parola non determina un mutamento della sostanza del relativo compenso, che, al di là del rilievo nominalistico, resta di carattere straordinario, tanto da essere commisurato proprio al più elevato compenso per lavoro straordinario, e vede l’applicazione della relativa disciplina (Tar Lazio, Roma, I-quater, 19 dicembre 2008, n. 12009; C. Stato, VI, 10 febbraio 2006, n. 533; 20 settembre 2005, n. 4876; 20 settembre 2005, n. 4884; 17 febbraio 2003, n. 842; Tar Lazio, Roma, I-quater, 7 aprile 2008, n. 2880; Tar Toscana, I, 18 ottobre 2007, n. 3290; 12 febbraio 2007, n. 177; 7 giugno 2005, n. 2747; Tar Liguria, II, 4 luglio 2002, n. 785).
Detto compenso non è indi computabile ai fini della determinazione della tredicesima mensilità, in quanto non rientrante nelle voci della paga tabellare che costituiscono la base di calcolo di quest’ultima (Tar Toscana, 12 febbraio 2007, n. 179; 6 giugno 2005, n. 2718).
La pretesa in esame va pertanto respinta.
4. Con riferimento alla domanda relativa al riconoscimento del diritto a vedere considerato lo stesso compenso quale elemento integrante della retribuzione, da computarsi ai fini del calcolo della pensione e dell’indennità di buonuscita, va rilevato innanzitutto che la pretesa è avanzata per il periodo anteriore al 31 dicembre 1995, dopo il quale, come riferito dagli stessi ricorrenti, la disciplina convenzionale è mutata.
Segnatamente, per espressa previsione contenuta nel combinato disposto degli artt. 4, comma 4, e 12, commi 1, 2 e 3, del citato D.P.R. 395/1995, a decorrere dal 31 dicembre 1995 l’emolumento corrisposto per le due ore di che trattasi è entrato a far parte della base pensionabile.
Ciò ha indotto la giurisprudenza consolidata ad affermare che la disciplina previgente, in assenza di una tale chiara previsione, fosse diversa, nel senso della non computabilità in detta base (Tar Toscana, I, 12 febbraio 2007, nn. 177 e 179; 18 ottobre 2007, n. 3290; 12 febbraio 2007, n. 177; 7 giugno 2005, n. 2745; Corte Conti, Sez. giurisdizionale regione Puglia, 25 luglio 2005 , n. 516.
Lo stesso è a dirsi con riguardo alla possibilità o meno di considerare il compenso spettante per le due ore in questione ai fini dell’indennità di buonuscita, atteso che, solo a partire dal 31 dicembre 1995, così come espressamente statuito dall’art. 4, comma 4, del D.P.R. 395/1995, detto compenso, previsto dall’art. 12 del medesimo decreto, si aggiunge all’indennità pensionabile.
In particolare, in base all’art. 38 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, rientrano nella base contributiva per il calcolo dell’indennità de qua, oltre ad una serie di voci ivi indicate, altresì “gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale”, nel cui ambito s’inserisce il compenso di cui trattasi appunto solo a far data dal 31 dicembre 1995.
La domanda va pertanto respinta.
5. Infine, anche la domanda di accertamento del diritto dei ricorrenti al computo della c.d. indennità pensionabile di polizia nell’indennità di buonuscita va respinta.
La computabilità della c.d. indennità di polizia ai fini della quantificazione della buonuscita, dopo alcune incertezze giurisprudenziali, “è stata costantemente esclusa a partire dalla decisione 17 settembre 1996, n.19” dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (così C. Stato, VI, 2 novembre 2005, n. 6093; 29 luglio 2004, n. 5357; vedasi anche Tar Marche, I, 23 ottobre 2012, n. 657; Tar Emilia Romagna, I, 22 maggio 2008, n. 2030; Tar Lazio, Roma, III, 7 novembre 2007, n. 10960; Tar Toscana, I, 18 ottobre 2007, n. 3290).
Ciò alla luce dell’accertato carattere tassativo dell’elenco delle indennità, anche di natura retributiva, previste dall’art.38 del D.P.R. 1032/1973, “riferimenti costitutivi della base contributiva per il calcolo dell’indennità di buonuscita … la cui natura eccezionale e valenza finalistica non consente alcuna interpretazione estensiva o analogica” (così testualmente C. Stato, VI, n. 6093 del 2005, cit.).
6. In finale, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Si ravvisano nondimeno giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe:
a) dichiara inammissibile l’intervento ad adiuvandum;
b) rigetta il ricorso;
c) compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore
Rosa Perna, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2014
Computo nell’indennità di buonuscita della c.d. indennità pe
Re: Computo nell’indennità di buonuscita della c.d. indennit
Il CdS rigetta l'Appello del ricorrente.
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23/09/2014 201404784 Sentenza 6
N. 04784/2014REG.PROV.COLL.
N. 10205/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10205 del 2007, proposto da:
Muggi Angelo, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Del Vecchio, con domicilio eletto presso la Segreteria della VI Sezione del C.d.S. in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
l’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) e Ministero della difesa, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione III ter, 23 ottobre 2006, n. 10820, resa tra le parti, concernente inclusione dell’indennità pensionabile nel calcolo della buonuscita – riliquidazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il consigliere Andrea Pannone;
Nessuno è presente per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, unitamente ad altri appartenenti alle forze di polizia, adiva il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per ottenere l’accertamento del diritto a vedersi computare, nel calcolo dell’indennità di buonuscita dovuta dall’E.N.P.A.S., anche l’indennità pensionabile prevista dagli art. 43, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34 e 5 del d.P.R. 27 marzo 1984, n. 69.
L’I.N.P.D.A.P. aveva respinto la domanda sul rilievo che l’indennità in questione non era assoggettata a contribuzione previdenziale.
2. Con la sentenza qui impugnata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso richiamando la giurisprudenza formatasi a seguito dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 17 settembre 1996, n. 19 (Cons. Stato VI Sez., 29 settembre 2003, n. 5593, 11 settembre 2003 n. 5107; 3 novembre 2000 n. 5914).
3. Ha proposto ricorso in appello il sig. Muggi lamentando sostanzialmente la violazione dell’art. 38, comma 2, del d.P.R. n. 1032 del 1973 e dell’art. 43, comma 3, della legge 1° aprile 1981 n. 121.
4. Il ricorso è infondato.
Il Collegio non può che richiamare quanto affermato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 17 settembre 1996, n. 19.
“Dal riconosciuto carattere retributivo dell’indennità di polizia, non discende implicitamente che questa debba essere computata ai fini dell’indennità di buonuscita. Di detta indennità è stabilita espressamente soltanto la pensionabilità, ma non sussiste una corrispondenza biunivoca necessaria tra la pensionabilità di un emolumento e la sua inclusione nell’indennità di buonuscita.
In effetti, l’indennità di buonuscita corrisposta dall’E.N.P.A.S. agli ex dipendenti dello Stato (R.D. 26 febbraio 1928, n. 619; legge 25 novembre 1957, n. 1139; T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali in favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032; legge 29 aprile 1976, n. 177; legge 20 marzo 1980, n. 75; legge 29 gennaio 1994, n. 87) ha chiaramente una funzione previdenziale (Corte costituzionale, 19 giugno 1979, n. 82) e non costituisce una forma di retribuzione differita, come il trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c. o come l’indennità di anzianità spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici in forza dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70.
Il Fondo di previdenza che la eroga, infatti, è alimentato anche dai contributi degli stessi iscritti ed è gestito ed amministrato non già dal datore di lavoro (Stato), ma da un terzo soggetto (E.N.P.A.S.) del rapporto previdenziale trilatero.
Ora, nell’ambito di un tale assetto giuridico, tipico dell’attuale sistema di previdenza obbligatoria (laddove l’esistenza di leggi speciali comporta la deroga al c.d. principio dell’“automatismo delle prestazioni” di cui all’art. 2116 c.c.) è imprescindibile il nesso sinallagmatico che intercorre tra la contribuzione obbligatoria e la prestazione previdenziale, nel senso che questa non può essere garantita senza quella”.
“La tecnica impiegata per la determinazione di tali elementi è quella della tassativa enumerazione che viene effettuata, specificatamente e direttamente, dalla legge”.
“Attualmente la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita è costituita dall’80% dello stipendio annuo, della tredicesima mensilità (art. 2 Legge n. 75/1980), dell’indennità integrativa speciale (art. 1 Legge n. 87/1994) e dei soli assegni ed indennità tassativamente indicati dall’art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, fra le quali non è compresa la c.d. indennità di polizia di cui all’art. 43, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 ed agli artt. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34 e 5 del d.P.R. 27 marzo 1984, n. 69.
Infatti, sia lo stesso art. 38 che l’art. 2 della legge 20 marzo 1980 n. 75 (che ha espressamente riconosciuto la XIII mensilità come utile ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita), precisano che possono concorrere a formare la citata base contributiva soltanto gli assegni e le indennità specificatamente indicati, nonché, come norma di chiusura, quelli previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale, mentre le citate disposizioni normative concernenti l’indennità di polizia non contemplano affatto l’utilizzabilità di tale emolumento ai fini previdenziali”.
“Il termine retribuzione, contenuto nell’art. 38 del testo unico in esame, non è ricomprensivo di qualsiasi emolumento continuativamente erogato a corrispettivo dell’opera prestata.
D’altra parte, la locuzione <<stipendio>> nel pubblico impiego va, in linea di massima, intesa come paga tabellare e non come comprensiva di tutti gli emolumenti erogati con continuità ed a scadenza fissa (Cons. St., Sez. VI, n. 344 del 6 luglio 1982 e Sez. IV, n. 719 del 25 settembre 1990).
Il che significa che, per stabilire l’idoneità di un certo compenso a fare parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita, ciò che rileva non è il carattere sostanziale di esso (natura retributiva o meno), ma il dato formale e cioè il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento (Cons. St., Sez. VI, 3 aprile 1985, n. 121 e 5 novembre 1990, n. 946; Cons. St., Sez. IV, 9 ottobre 1991 n. 783).
E, nella specie, nessuna disposizione di legge stabilisce la computabilità ai fini dell’indennità di buonuscita dell’indennità di polizia”.
5. In conclusione il ricorso in appello va respinto.
6. La mancata costituzione dell’amministrazione evocata in giudizio esime il giudice dal pronunciarsi sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2014
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23/09/2014 201404784 Sentenza 6
N. 04784/2014REG.PROV.COLL.
N. 10205/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10205 del 2007, proposto da:
Muggi Angelo, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Del Vecchio, con domicilio eletto presso la Segreteria della VI Sezione del C.d.S. in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
l’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) e Ministero della difesa, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione III ter, 23 ottobre 2006, n. 10820, resa tra le parti, concernente inclusione dell’indennità pensionabile nel calcolo della buonuscita – riliquidazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il consigliere Andrea Pannone;
Nessuno è presente per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, unitamente ad altri appartenenti alle forze di polizia, adiva il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio per ottenere l’accertamento del diritto a vedersi computare, nel calcolo dell’indennità di buonuscita dovuta dall’E.N.P.A.S., anche l’indennità pensionabile prevista dagli art. 43, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121, 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34 e 5 del d.P.R. 27 marzo 1984, n. 69.
L’I.N.P.D.A.P. aveva respinto la domanda sul rilievo che l’indennità in questione non era assoggettata a contribuzione previdenziale.
2. Con la sentenza qui impugnata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso richiamando la giurisprudenza formatasi a seguito dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 17 settembre 1996, n. 19 (Cons. Stato VI Sez., 29 settembre 2003, n. 5593, 11 settembre 2003 n. 5107; 3 novembre 2000 n. 5914).
3. Ha proposto ricorso in appello il sig. Muggi lamentando sostanzialmente la violazione dell’art. 38, comma 2, del d.P.R. n. 1032 del 1973 e dell’art. 43, comma 3, della legge 1° aprile 1981 n. 121.
4. Il ricorso è infondato.
Il Collegio non può che richiamare quanto affermato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 17 settembre 1996, n. 19.
“Dal riconosciuto carattere retributivo dell’indennità di polizia, non discende implicitamente che questa debba essere computata ai fini dell’indennità di buonuscita. Di detta indennità è stabilita espressamente soltanto la pensionabilità, ma non sussiste una corrispondenza biunivoca necessaria tra la pensionabilità di un emolumento e la sua inclusione nell’indennità di buonuscita.
In effetti, l’indennità di buonuscita corrisposta dall’E.N.P.A.S. agli ex dipendenti dello Stato (R.D. 26 febbraio 1928, n. 619; legge 25 novembre 1957, n. 1139; T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali in favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032; legge 29 aprile 1976, n. 177; legge 20 marzo 1980, n. 75; legge 29 gennaio 1994, n. 87) ha chiaramente una funzione previdenziale (Corte costituzionale, 19 giugno 1979, n. 82) e non costituisce una forma di retribuzione differita, come il trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c. o come l’indennità di anzianità spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici in forza dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70.
Il Fondo di previdenza che la eroga, infatti, è alimentato anche dai contributi degli stessi iscritti ed è gestito ed amministrato non già dal datore di lavoro (Stato), ma da un terzo soggetto (E.N.P.A.S.) del rapporto previdenziale trilatero.
Ora, nell’ambito di un tale assetto giuridico, tipico dell’attuale sistema di previdenza obbligatoria (laddove l’esistenza di leggi speciali comporta la deroga al c.d. principio dell’“automatismo delle prestazioni” di cui all’art. 2116 c.c.) è imprescindibile il nesso sinallagmatico che intercorre tra la contribuzione obbligatoria e la prestazione previdenziale, nel senso che questa non può essere garantita senza quella”.
“La tecnica impiegata per la determinazione di tali elementi è quella della tassativa enumerazione che viene effettuata, specificatamente e direttamente, dalla legge”.
“Attualmente la base contributiva di calcolo dell’indennità di buonuscita è costituita dall’80% dello stipendio annuo, della tredicesima mensilità (art. 2 Legge n. 75/1980), dell’indennità integrativa speciale (art. 1 Legge n. 87/1994) e dei soli assegni ed indennità tassativamente indicati dall’art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973, fra le quali non è compresa la c.d. indennità di polizia di cui all’art. 43, terzo comma, della legge 1° aprile 1981, n. 121 ed agli artt. 2 della legge 20 marzo 1984, n. 34 e 5 del d.P.R. 27 marzo 1984, n. 69.
Infatti, sia lo stesso art. 38 che l’art. 2 della legge 20 marzo 1980 n. 75 (che ha espressamente riconosciuto la XIII mensilità come utile ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita), precisano che possono concorrere a formare la citata base contributiva soltanto gli assegni e le indennità specificatamente indicati, nonché, come norma di chiusura, quelli previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale, mentre le citate disposizioni normative concernenti l’indennità di polizia non contemplano affatto l’utilizzabilità di tale emolumento ai fini previdenziali”.
“Il termine retribuzione, contenuto nell’art. 38 del testo unico in esame, non è ricomprensivo di qualsiasi emolumento continuativamente erogato a corrispettivo dell’opera prestata.
D’altra parte, la locuzione <<stipendio>> nel pubblico impiego va, in linea di massima, intesa come paga tabellare e non come comprensiva di tutti gli emolumenti erogati con continuità ed a scadenza fissa (Cons. St., Sez. VI, n. 344 del 6 luglio 1982 e Sez. IV, n. 719 del 25 settembre 1990).
Il che significa che, per stabilire l’idoneità di un certo compenso a fare parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita, ciò che rileva non è il carattere sostanziale di esso (natura retributiva o meno), ma il dato formale e cioè il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento (Cons. St., Sez. VI, 3 aprile 1985, n. 121 e 5 novembre 1990, n. 946; Cons. St., Sez. IV, 9 ottobre 1991 n. 783).
E, nella specie, nessuna disposizione di legge stabilisce la computabilità ai fini dell’indennità di buonuscita dell’indennità di polizia”.
5. In conclusione il ricorso in appello va respinto.
6. La mancata costituzione dell’amministrazione evocata in giudizio esime il giudice dal pronunciarsi sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2014
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