Revoca concessione permessi Legge 104

Feed - CARABINIERI

Rispondi
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Per notizia nel caso possa interessare a qualcuno, posto qui sotto l'intera vicenda che ho trovato personalmente nel sito del Tar di Bari e del C.D.S.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------

13/09/2012 201200675 Sospensive 1


RESPINGE
ORDINANZA CAUTELARE 13/09/2012 201200675


N. 00675/2012 REG.PROV.CAU.
N. 01043/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1043 del 2012, proposto da L. G., rappresentato e difeso dall’avv. Paride Cesare Cretì, con domicilio eletto presso l’avv. Nicolò De Marco in Bari, via Abate Gimma, 189;

contro
Ministero della Difesa e 11° Battaglione Carabinieri Puglia - Ufficio Comando, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento
previa concessione di misura cautelare,
- della determinazione prot. n. 611/3, notificata in data 4.6.2012, con la quale il Comando Carabinieri Puglia ha revocato il provvedimento del 19.8.2011 di accoglimento dell’istanza per la concessione del beneficio ex art. 33, comma 3 legge n. 104/1992;
- di ogni atto comunque connesso, presupposto e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e dell’11° Battaglione Carabinieri Puglia - Ufficio Comando;
Vista la domanda cautelare presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2012 per le parti i difensori avv.ti Paride Cesare Cretì e Grazia Matteo;

Rilevato che dagli atti di causa emerge che OMISSIS, dichiarato portatore di handicap, risulta essere assistito dalla moglie dell’odierno ricorrente;

Ritenuto, conseguentemente, che non sussiste il presupposto cautelare del periculum in mora necessario per la concessione della misura cautelare richiesta;

Ritenuto, infine, che in considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese della presente fase cautelare;

P.Q.M.

respinge l’istanza cautelare.

Compensa le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Laura Marzano, Presidente FF
Savio Picone, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/09/2012

------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Successivamente il collega per tramite del legale si è rivolto al Consiglio di Stato il quale con propria Ordinanza ACCOGLIENDOLO così si è espresso.
N.B.: fatto strano che il Tar di Bari non abbia menzionato il giudizio del Consiglio di Stato.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

06/11/2012 201204375 Ordinaria 4

N. 04375/2012 REG.PROV.CAU.
N. 07302/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 7302 del 2012, proposto da:

G. L., rappresentato e difeso dagli avv. Cosimo Luperto, Paride Cesare Creti', con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

Comando Carabinieri Puglia - 11 Battaglione - Ufficio Comando - Sezione Segreteria e Personale;

per la riforma
dell' ordinanza cautelare del T.A.R. della PUGLIA – Sede di BARI- SEZIONE I n. 00675/2012, resa tra le parti, concernente revoca accoglimento dell'istanza per la concessione del beneficio ex art. 33 co. 3 l. 104/92

Visto l'art. 62 del codice del processo amministrativo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;

Viste le memorie difensive;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli l’ Avvocato M. De Tommasi in sostituzione di Cosimo Luperto e l’Avvocato dello Stato Pio Marrone;

Rilevato che sussiste il periculum in mora considerato che allo stato l’appellante non può prestare assistenza se non subendo decurtazioni stipendiali e rilevato altresì che la complessiva vicenda deve essere valutata anche in relazione all’ ormai affermatosi orientamento giurisprudenziale che ritiene non indispensabile il ricorrere del requisito della esclusività;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

Accoglie l'appello (Ricorso numero: 7302/2012) e, per l'effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata,

accoglie l'istanza cautelare in primo grado.

Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia trasmessa al Tar per la sollecita fissazione dell'udienza di merito ai sensi dell'art. 55, comma 10, cod. proc. amm.

Compensa tra le parti le spese della presente fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2012
-------------------------------------------------------------------------------------------------------

Ritornando nuovamente l'intero incarto al Tar di Bari, sulla scorta del giudizio del CdS è stata emessa la seguente sentenza in favore del collega CC.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------

29/05/2013 201300866 Sentenza 1


N. 00866/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01043/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1043 del 2012, proposto da L. G., rappresentato e difeso dall’avv. Paride Cesare Cretì, con domicilio eletto presso l’avv. Nicolò De Marco in Bari, via Abate Gimma, 189;

contro
Ministero della Difesa e 11° Battaglione Carabinieri Puglia - Ufficio Comando, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l’annullamento
previa concessione di misura cautelare,
- della determinazione prot. n. 611/3-2011 del 29.5.2012, notificata in data 4.6.2012, con la quale il Comando Carabinieri Puglia ha revocato il provvedimento del 19.8.2011 di accoglimento dell’istanza per la concessione del beneficio ex art. 33, comma 3 legge n. 104/1992;
- di ogni atto comunque connesso, presupposto e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e dell’11° Battaglione Carabinieri Puglia - Ufficio Comando;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 6 marzo 2013 per le parti i difensori avv.ti Nicolò de Marco, su delega dell’avv. Paride Cesare Cretì, e Giovanni Cassano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
L’odierno ricorrente L. G. (luogotenente dell’Arma di Carabinieri in servizio presso la 1^ Compagnia - 11° Battaglione Carabinieri Puglia) presentava in data 6.8.2011 domanda di concessione del beneficio di cui all’art. 33, comma 3 legge n. 104/1992 per assistere il parente (i.e. il proprio suocero OMISSIS) in gravi condizioni di handicap (invalidità totale al 100%).

Con nota prot. n. 611/2 del 19.8.2011 il Comando Carabinieri Puglia accoglieva la suindicata istanza.
Successivamente, lo stesso Comando provvedeva a revocare il beneficio con la gravata determinazione prot. n. 611/3 del 29 maggio 2012 sulla base della seguente motivazione:

«… la S.V. non riunisce più i requisiti previsti per la concessione del beneficio di cui alla citata legge 104/92 e ss.mm. perché ha dichiarato che sua moglie accudisce il proprio genitore diversamente abile …».

Il ricorrente aveva, infatti, indicato in altra domanda ex art. 40 legge n. 151/2001 che la moglie accudiva il proprio genitore portatore di handicap (OMISSIS).

In sostanza il provvedimento giustificava la revoca del beneficio in considerazione della esistenza di altri familiari del disabile (i.e. la moglie del ricorrente) oggettivamente non impossibilitati a prestare la dovuta assistenza.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio il L….. impugnava il citato provvedimento di revoca dell’originaria concessione del beneficio.

Evidenziava parte ricorrente, tra i motivi di censura, che il provvedimento gravato si fonda sulla previgente formulazione dell’art. 20 legge n. 53/2000 (i.e. necessità della esclusività dell’assistenza al fine di poter fruire dei permessi retribuiti); che, tuttavia, la novella di cui all’art. 24, comma 3 legge n. 183/2010 ha abolito tale requisito; che, pertanto, in base alla normativa vigente non è più richiesta la dimostrazione, a carico dell’istante, della impossibilità per altri familiari di assistere la persona per la quale è inoltrata la domanda.

Da ciò la richiesta di declaratoria di illegittimità del provvedimento gravato, in quanto fondato su un dato normativo ormai superato.

Si costituiva l’Amministrazione, resistendo al gravame.

Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia fondato.

Come correttamente evidenziato da parte ricorrente, la giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado, alla cui conclusioni questo Collegio ritiene di aderire, ha ormai riconosciuto il definitivo superamento dei requisiti della esclusività e della continuità della assistenza ai fini della fruizione dei benefici di cui all’art. 33 legge n. 104/1992 a seguito della novella legislativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 gennaio 2013, 252; Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5716; Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047).

Peraltro, la citata giurisprudenza amministrativa non ha mancato di sottolineare l’immediata operatività della previsione normativa di cui all’art. 24 legge n. 183/2010 anche con riferimento al pubblico impiego non contrattualizzato, pur in mancanza della disciplina attuativa richiamata dall’art. 19 legge n. 183/2010.

Conseguentemente, la presenza di altri familiari non impossibilitati alla prestazione della dovuta assistenza in favore del soggetto portatore di handicap non può più costituire di per sé ostacolo alla concessione del beneficio richiesto, nel caso di specie, dal L…..

Erra, pertanto, l’Amministrazione nel porre a fondamento del censurato provvedimento la presenza di altri familiari del disabile oggettivamente non impossibilitati a fornire la dovuta assistenza.

Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, l’annullamento della gravata determinazione prot. n. 611/3-2011 del 29 maggio 2012.

Ogni altra censura formulata da parte ricorrente resta assorbita.

In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la gravata determinazione prot. n. 611/3-2011 del 29 maggio 2012.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Giacinta Serlenga, Primo Referendario
Francesco Cocomile, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2013


panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

PolStato

- ) - diniego dei benefìci dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 104/1992.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

1) - il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.

2) - A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009,
- ) - la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni

e

- ) - la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza.

3) - Il questore respingeva entrambe le richieste

4) - Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.

5) - L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.

Il CONSIGLIO DI STATO precisa:

6) - Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.

7) - In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).

Ricorso Straordinario ACCOLTO.

Per completezza vi invito ha leggere il tutto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

06/11/2013 201004014 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 06/03/2013


Numero 04485/2013 e data 06/11/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 6 marzo 2013

NUMERO AFFARE 04014/2010

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor OMISSIS, nato a OMISSIS, per l’annullamento del decreto del capo della Polizia 20 ottobre 2009 n. 33.D/89014, notificatogli il 26 novembre 2009, di rigetto del ricorso gerarchico contro il provvedimento del questore di Roma 14 maggio 2009 n. ……, recante diniego dei benefìdi dell’esonero dai turni notturni e di tre giorni di permesso al mese ai sensi della legge 5 febbraio 1992 n. 104.

LA SEZIONE
Vista la relazione 31 agosto 2010 prot. n. 333-A/U.C./15643/1864/T con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, datato 25 marzo 2010;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Adolfo Metro.

Premesso:
il signor OMISSIS, sovrintendente della Polizia di Stato, con provvedimento dell’11/9/2007, aveva avuto riconosciuto il diritto ai benefìci della legge n. 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, per l’assistenza al marito della madre, portatore di handicap grave.

A seguito di variazioni delle competenze dell’ufficio, il ricorrente rinnovava le sue istanze per l’anno 2009, la prima datata 14/10/2008, con cui chiedeva di essere esentato dai turni notturni e la seconda, datata 26/2/09, con cui chiedeva di poter usufruire dei tre giorni di permesso mensile previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, sempre per l’assistenza al proprio OMISSIS.

Il questore respingeva entrambe le richieste

Avverso tali provvedimenti veniva proposto ricorso gerarchico al capo della Polizia che, con decreto datato 20/10/2009 e notificato il 26/11/2009 respingeva il ricorso relativo ad entrambe le richieste con la motivazione che condizione indispensabile per la concessione del beneficio doveva ritenersi la contemporanea sussistenza dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” nell’assistenza, mentre, nella specie, era carente il requisito dell’esclusività, essendo presente nel nucleo familiare la madre del ricorrente, moglie della persona da assistere, che non era lavoratrice né invalida civile, per cui il ricorrente non poteva considerarsi la sola persona effettivamente idonea a prestare assistenza.

Con il presente ricorso straordinario al capo dello Stato il ricorrente pone, a sostegno della sua pretesa, una circolare dell’INPS (n.90/2007) e la giurisprudenza della corte di cassazione degli ultimi anni, che avrebbe riesaminato i presupposti applicativi dell’art. 33 della legge n. 104/1992 in senso favorevole ad un’interpretazione estensiva dei requisiti di “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza, nel senso che ai fini dell’integrazione del requisito dell’esclusività non è richiesto che il lavoratore sia l’unico familiare della persona con disabilità a poter prestare le cure necessarie; richiama, al riguardo, le sentenze n. 7701/2003 della corte di cassazione, sezione lavoro e n. 13481/2004 della stessa corte.

L’Amministrazione, anche con riferimento a un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18/12/2007, ha sostenuto la prevalenza del principio della esclusività dell’assistenza, nel senso che vanno privilegiate le consolidate linee interpretative e ciò anche con riferimento alle specifiche esigenze delle Forze armate e di polizia che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, impongono la priorità della tutela degli interessi pubblici.

Considerato:

Per l’interpretazione delle disposizioni sopra citate può richiamarsi quanto disposto dalla cassazione civile, sezione lavoro, n. 16.460/2012, secondo cui “Sul piano sistematico - come le Sezioni unite di questa Corte hanno precisato con la sentenza n 16102 del 2009, e come ribadito da Cass. n. 4623/2010 - la configurazione giuridica delle posizioni soggettive riconosciute dalla L. n. 104 del 1992, art. 33, e i limiti del relativo esercizio all'interno del rapporto di lavoro, devono essere individuati alla luce dei numerosi interventi della Corte costituzionale, che - collocando le agevolazioni in esame all'interno di un’ampia sfera di applicazione della legge, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei soggetti svantaggiati, destinata a incidere sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sulla integrazione scolastica - ha tuttavia precisato la discrezionalità del Legislatore nell'individuare le diverse misure operative finalizzate a garantire la condizione del disabile mediante la interrelazione e la integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale (cfr. Corte cost. n. 406 del 1992; id., n. 325 del 1996).

In questa ottica, le misure previste dal’'art. 33, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile ai principi sanciti dall'art. 3 Cost., comma 2, e dall’art. 32 Cost., - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l'assistenza familiare e, dall'altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali.

Si è opportunamente osservato che tali agevolazioni sono dirette essenzialmente ad evitare che il bambino handicappato resti privo di assistenza, di modo che possa risultare compromessa la sua tutela psico-fisica e la sua integrazione nella famiglia e nella collettività, così confermandosi che, in generale, il destinatario della tutela realizzata mediante le agevolazioni previste dalla legge non è il nucleo familiare in sé, ovvero il lavoratore onerato dell’assistenza, bensì la persona portatrice di handicap (cfr. Corte cost. n. 19 del 2009). Una configurazione siffatta, d'altronde, è in linea con la definizione contenuta nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006, là dove la finalità comune dei diversi ordinamenti viene identificata nella piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri, nonchè con la nuova classificazione adottata nel 1999 dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha definito la disabilità come difficoltà all'espletamento delle “attività personali” e alla “partecipazione sociale” (cfr. Cass., sez. un., n. 16102 del 2009, cit.).

Va anche rilevato che, poco dopo l’emanazione dell’atto qui impugnato, l’art. 24 della legge 4 novembre 2010 n. 183 ha sostituito i commi 3 (permessi mensili retribuiti) e 5 (scelta della sede) dell’art. 33 della legge n. 104/1992, eliminando i requisiti della cosiddetta “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza quali necessari presupposti per la concessione del beneficio; e la giurisprudenza ha ritenuto che “la recente evoluzione legislativa deve ritenersi implicitamente retroattiva, proprio perché finalizzata a risolvere le svariate questioni insorte a seguito delle diverse interpretazioni fornite dalle precedenti normative e non può, quindi, non applicarsi a situazioni ancora non definite” (C.S. III 5725/11; C.S.6216/11).

Né a tale interpretazione estensiva può essere di ostacolo l’art. 19 della medesima legge, che dispone che la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti da tale disposizione.

Al riguardo, il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 5378/2012, n. 4291/2012 e n. 4047/2012, ha completamente mutato il proprio precedente orientamento, fornendo un’interpretazione più confacente al tenore letterale delle disposizioni in commento, nel senso che la norma di cui all’art. 24 della legge n. 183/2010, che ha soppresso i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza, è immediatamente applicabile anche ai rapporti di lavoro del personale di polizia, in quanto il citat art. 19 non è idoneo a giustificare l’inoperatività della norma, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, e si presenta, di contro, come un autonomo articolato, con lo scopo di prevedere le basi del futuro assetto di un’organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze armate e di polizia.

In conclusione, i requisiti della “continuità” ed “esclusività” non possono più essere pretesi dall’Amministrazione come presupposto per la concessione dei benefici di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992, neppure con riferimento al personale delle Forze armate e di polizia, in quanto gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione deve valutare se concedere o meno i benefìci in questione sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione d’appartenenza, rispetto alle quali il beneficio deve risultare “possibile”, e dall’altro, nel caso di trasferimento del lavoratore per l’assistenza del disabile, l’effettiva necessità del trasferimento, al fine di impedire un uso strumentale e opportunistico della normativa (T.A.R Piemonte, sez. I, n. 105/2013).

Per a quanto esposto, il ricorso dev’essere accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti, per difetto di motivazione, dato che l’Amministrazione non ha esternato nessuna valutazione sull’esistenza di eventuali ragioni organizzative od operative interne dell’Amministrazione d’appartenenza, tali da prevalere sull’interesse del familiare disabile a ricevere la dovuta assistenza.

P.Q.M.

esprime il parere che ricorso debba essere accolto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Adolfo Metro Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Gabriella Allegrini
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Quanti colleghi dovranno rinunciare x non fare permessi mensili abusivi?

Con questo ultimo aggiornamento si parla della distanza stradale superiore a 150 Km.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Decreto Legislativo 18 luglio 2011, n. 119
“Attuazione dell'articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi.”

(Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 2011, n. 173)

OMISSIS

Art. 6
Modifiche all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in materia di assistenza a soggetti portatori di handicap grave

1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.».


b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell'assistito.».
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Dal sito

http://www.handylex.org/gun/pensione_an ... bili.shtml" onclick="window.open(this.href);return false;
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Pensione anticipata, permessi e congedi per disabilità



La cosiddetta “riforma” pensionistica Fornero, com'è noto, ha rivisto profondamente le regole e i criteri di calcolo pensionistici.

Le principali novità sono state introdotte dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) e dal decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (convertito con modificazioni dalla Legge 24 febbraio 2012 , n. 14).

Sintetizzando di molto, attualmente vige la “nuova” pensione di vecchiaia e la pensione anticipata.

Per raggiungere il diritto alla pensione di vecchiaia è necessario disporre di almeno 20 anni di versamenti contributivi e aver raggiunto una determinata età.

Si è partiti dal 2012 fissando limiti di età diversificati fra maschi e femmine, dipendenti pubblici e privati e lavoratori autonomi, prevedendo però un aumento progressivo per l’adeguamento all’attesa di vita.

Nel 2020 tale limite sarà per tutti (maschi e femmine, pubblici, privati e automi) fissato a 66 anni e 11 mesi.

Per frattempo, nel 2013 l’età prevista per i lavoratori (maschi) dipendenti ed autonomi è di 66 anni e tre mesi, stessa età per le lavoratrici dipendenti pubbliche; 62 anni e 3 mesi per le lavoratrici dipendenti private e infine, 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici autonome.



Per compensare le nuove regole che diventeranno sempre più stringenti e per favorire chi ha iniziato a lavorare in giovane età, la “riforma” ha introdotto la pensione anticipata.

La pensione anticipata viene concessa a chi ha un’anzianità contributiva di almeno 42 anni e 1 mese se uomo o 41 anni e 1 mese se donna. Questi requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per il 2013 e per il 2014 e sono soggetti anch’essi all’adeguamento alla speranza di vita.

Per richiedere la pensione anticipata non è prevista un’età anagrafica minima, ma per chi la richiede prima dei 62 anni subisce una penalizzazione pari all’1% per ogni anno di anticipo entro un massimo di due anni e al 2% per ogni anno ulteriore rispetto ai primi 2.

Ad esempio: chi va in pensione a 59 anni, ha una penalizzazione del 4%.

La penalizzazione incide sull’ammontare della pensione e fa riferimento alle anzianità contributive maturate prima del 1 gennaio 2012.



La Legge 14/2012 ha precisato un elemento: le penalizzazioni, limitatamente alle persone che maturano l’anzianità contributiva entro il 31.12.2017, non operano se quell’anzianità contributiva “derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di cassa integrazione guadagni ordinaria.”



Nel conteggio del 42 anni e 2 mesi (2013) per i maschi, e 41 anni e 2 mesi per le femmine, si conteggiano quindi solo i “giorni” di lavoro effettivo, oltre alla maternità (obbligatoria), la leva, le assenze per malattia o infortunio. Altre “assenze” non sono contemplate.



Non sono, quindi, inclusi nel conteggio dell’anzianità contributiva:

◾l’astensione facoltativa di maternità in costanza di rapporto di lavoro (art. 35. Decreto legislativo 151/2001) anche se riscattati;


◾i permessi mensili previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992 (sia fruiti per l’assistenza a familiari con disabilità che quelli usati dalle stesse persone con disabilità lavoratrici);


◾i congedi retribuiti per l’assistenza a familiari con grave disabilità (art. 42, Decreto legislativo 151/2001);


◾le maggiorazioni di servizio virtuali a qualsiasi titolo (invalidità Legge 388/2000, vittime del terrorismo, dell’amianto ecc.);


◾i periodi relativi ai riscatti di laurea, specializzazione, diplomi professionali anche se oggetto di ricongiunzione (Legge 29/1979);


◾le assenze per sciopero;


◾i permessi per i donatori del sangue;


◾i periodi di disoccupazione se non hanno dato titolo all’accesso alla cassa integrazione guadagni, anche se oggetto di ricongiunzione (Legge 29/1979).




Vediamo gli effetti di questa limitazione.

Il lavoratore, di età inferiore ai 62 anni, per non subire penalizzazioni, deve raggiungere – come già detto – i 42 anni e 2 mesi di contribuzione effettiva (41 e 2, se donna). Se i permessi lavorativi, i congedi o altre assenze, non consentono di raggiungere quel limite minimo, dovrà proseguire il servizio effettivo fino al raggiungimento del limite prescritto o attendere il raggiungimento dell’età utile per il pensionamento di vecchiaia.

Al momento attuale la situazione per la pensione anticipata è quella descritta. Solo un intervento legislativo (che può essere di iniziativa parlamentare o governativa) può modificare le disposizioni già vigenti e sanarne gli effetti di notevole entità per i lavoratori che si trovano in prossimità della pensione.

30 settembre 2013



Riferimenti

Legge 22 dicembre 2011, n. 214, articolo 24, comma 10

Legge 24 febbraio 2012 , n. 14, articolo 6, comma 2-quater
melo

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da melo »

CONGEDI RETRIBUITI
DI DUE ANNI
La legge 388 /2000 (art. 80 comma 2) ha integrato le disposizioni previste dalla legge 53/2000 introducendo l’opportunità, per i
genitori,
di usufruire di due anni di congedo retribuito.
Anche in questo caso la condizione principale é che il disabile sia stato accertato in situazione di gravità da almeno 5 anni.
Questa condizione esclude la possibiltà di richiedere il congedo, ad esempio, nei casi di gravi disabilità di bambini in tenera
età, o ancora
nel caso di menomazioni derivanti da gravi lesioni, tanto improvvise da non avere ancora consentito l’accertamento dell’handica
p. Altra con-
dizione é che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto.
La legge 388/2000 (art.80 comma 2) prevede che questi congedi debbono essere retribuiti con un’indennità corrispondente all’ulti
ma retri-
buzione e coperti da contribuzione figurativa.
L’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo di lire 70 miloni annui (36.151 euro)
per il con-
gedo di durata annuale.
Il congedo della durata massima di due anni, spetta alternativamente ad uno dei dei genitori, anche adottivi, o, dopo la loro s
comparsa, ad
uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap. Durante la fruizione di questo congedo i lavoratori non h
anno diritto alla
fruizione dei permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992.
La disposizione non prevede l’estensione ad altri parenti o affini (es. la moglie del disabile), né consente l’applicazione del
beneficio a lavo-
ratori diversi dai genitori nel caso questi siano anziani o impossibilitati fisicamente all’assistenza.
Nel caso di figlio handicappato maggiorenne non convivente con il richiedente, é necessario che sia garantita la continuatività
e l’esclusivi-
tà dell’assistenza. Quindi se nel nucleo familiare del portatore di handicap,sono presenti altri soggetti (compreso l’altro gen
itore), non lavo-
ratori, in grado di prestare assistenza, il congedo retribuito non può essere concesso.
Altra particolarità introdotta dall’INPS, riguarda l’ipotesi in cui il disabile svolga attività lavorativa: in tal caso il con
gedo non può essere con-
cesso.
1) Continu
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Quesito relativo alle modifiche apportate dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità ed alla loro applicabilità al personale delle Forze Armate.

Con il presente Parere il CdS afferma definitivamente:

1) - A partire, infatti, dalle sentenze nn. 4047/12, 4291/12 e 5378/12 (ma si veda anche TAR Piemonte, I, 25 gennaio 2013, n. 105, che opta anch’essa, appunto, per l’immediata applicabilità agli agenti di polizia penitenziaria dei disposti della novella legislativa di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, ai fini della concessione di un trasferimento ex art. 33 l. 104/92), il Consiglio di Stato si è chiaramente orientato per l’immediata applicabilità al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia della norma soppressiva dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza.

2) - Così si è arrivati ad affermare che, in ossequio anche al tenore letterale delle norme, i requisiti della continuità e dell’esclusività non possono essere più pretesi dall’Amministrazione, ad esempio, ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 l. 104/92 al personale in argomento.

3) - Le uniche due esigenze che l’Amministrazione è tenuta a valutare ai fini del decidere se concedere o meno il benefico in parola al lavoratore istante, e dunque gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione è tenuta a muoversi sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione di appartenenza, rispetto alle quali il trasferimento deve risultare “possibile”, e, dall’altro lato, l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile, al fine di impedire un uso strumentale, improprio ed eventualmente opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi (cfr. anche Cons. Stato, III, ord. 27 ottobre 2012, n. 4300).


Per completezza dell'argomento leggete il tutto qui sotto.
------------------------------------------------------------------------------------

17/03/2014 201201082 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 22/01/2014


Numero 00896/2014 e data 17/03/2014


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 22 gennaio 2014

NUMERO AFFARE 01082/2012

OGGETTO:
Ministero della difesa – Stato Maggiore della Difesa.

Quesito relativo alle modifiche apportate dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità ed alla loro applicabilità al personale delle Forze Armate.

LA SEZIONE
Vista la relazione vistata dal Ministro p.t. e trasmessa con nota n. 0015474 del 22/02/2012, con la quale lo Stato Maggiore della Difesa ha trasmesso la richiesta di parere relativa all’oggetto, concernente l’applicabilità della nuova disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità al personale appartenente alle Forze armate.

Visto il parere interlocutorio dell’11 aprile 2012;

Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere Gerardo Mastrandrea;

Premesso e considerato:

Lo Stato Maggiore della Difesa chiedeva al Consiglio di Stato lumi circa l’applicabilità al personale appartenente alle Forze armate della nuova disciplina, prevista dall’articolo 24 della legge 04/11/2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), che, modificando l’articolo 33 della legge n. 104/1992, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità, ha eliminato l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” e dell’“esclusività” dell’assistenza quali presupposti necessari ai fini della fruizione di tali permessi da parte dei beneficiari.

In particolare, veniva richiesto se, alla luce della sentenza n. 2707/2011 emessa dalla IV Sezione di questo Consiglio, nelle more dell’emanazione dei provvedimenti legislativi che, ai sensi dell’articolo 19 della predetta legge n. 183/2010, dovranno dare attuazione alla c.d. “specificità” delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, potesse trovare applicazione il quadro normativo “ante” novella 2010, con la conseguente necessità della sussistenza - e delle connesse verifiche da parte dell’Amministrazione - dei requisiti della “continuità” e della “esclusività”, nonché del “terzo grado di parentela/affinità con il disabile da assistere”, ai fini della fruizione dei permessi in argomento da parte dei dipendenti che richiedano di avvalersi dei benefici previsti dal citato articolo 33 della legge n. 104/1992.

In subordine, qualora non dovesse essere confermato l’orientamento precedentemente espresso da questo Consiglio nella richiamata sentenza n. 2707/2011, veniva fatta richiesta di chiarire l’esatta portata della novella legislativa e, in particolare, di precisare se comunque continuasse a persistere la necessità dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza ai fini della concessione dei benefici in argomento al personale in questione, il riferimento ai quali è stato eliminato ad opera dell’articolo 24 della legge n. 183/2010.

Nell’esporre le proprie valutazioni, l’Amministrazione richiedente evidenziava, preliminarmente, che in base al quadro normativo di riferimento previgente nella materia de qua (l’articolo 33 della legge n. 104/1992 e l’articolo 20 della legge n. 53/2000), anche alla luce del costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, al fine della concessione dei benefici in parola occorreva verificare: la connotazione di “gravità” dell’handicap in capo al familiare disabile da assistere; i requisiti della “esclusività” e “continuità” dell’intervento assistenziale; la possibilità di “utile collocazione organica” dell’istante, in caso di richiesta di trasferimento, in un Ente ubicato nella sede di auspicata assegnazione, salvaguardando il prevalente interesse pubblico ad utilizzare il personale dipendente in conformità delle specifiche professionalità e competenze acquisite dall’interessato.

Sottolineava, poi, che qualora le citate modifiche introdotte dal citato articolo 24 del “collegato lavoro” fossero interpretate in modo letterale e non sulla base di un criterio sistematico, e ritenute dunque applicabili, senza tener conto della “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, secondo il dettato dell’articolo 19 della legge n. 183/2010, le modifiche stesse avrebbero un impatto significativo in termini di impiego del personale militare, con un incremento esponenziale delle istanze accolte, già peraltro numerose con particolare riferimento ai permessi mensili, e quindi con ripercussioni significative sulla stessa funzionalità dei reparti.

L’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella richiamata pronunzia n. 2707/2011, secondo cui, in definitiva, la nuova disciplina sopra descritta, introdotta dal “collegato lavoro”, potrà trovare applicazione al personale militare in questione “solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della richiamata legge”, troverebbe, inoltre, ulteriore conforto nella disciplina del codice dell’ordinamento militare (di cui al d.lg. 66/10), che all’art. 981 prevede espressamente che “al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le seguenti norme:…articolo 33, comma 5, della legge 104/92…”.

Orbene, con il parere di cui in premesse la Sezione osservava, in primo luogo, che il nuovo dettato normativo di cui all’articolo 24 della legge n. 183/2010 - introducendo modifiche sia all’articolo 33 della legge n. 104/1992, sia all’articolo 20, comma 1 della legge n. 53/2000, sia all’articolo 42 del d.lgs. n. 151/2001, mediante l’abrogazione del comma 3 - sopprime l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” (intesa come assistenza non occasionale prestata dal lavoratore al congiunto con handicap in situazione di gravità) e dell’ “esclusività” (intesa come condizione assicurata quando non risulti la presenza di altri familiari in grado di prestare assistenza al congiunto), individuati nella disciplina previgente quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari.

Non può, altresì, sottacersi che più volte la Corte Costituzionale, esaminando alcuni profili della legge n. 104 del 1992, ne ha sottolineato l’ampia sfera di applicazione, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei portatori di handicap. Essa incide sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sull’integrazione scolastica; in generale dette misure che hanno il fine di superare, o di contribuire a far superare, i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative, e nell'esercizio di diritti costituzionalmente protetti (sent. n. 406 del 1992). Ciò che viene in assoluto rilievo in subiecta materia, alla luce dei dicta della Consulta, è, quindi, la garanzia della condizione giuridica del portatore di handicap, la cui tutela passa attraverso “l’interrelazione e l’integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale” (cfr., ex plurimis, C. Cost., sentenza n. 325/1996).

Veniva, dunque, altresì preliminarmente precisato che la modifica introdotta alla disciplina in parola ad opera della legge 4 novembre 2010, n. 183, la cui finalità di tutela di valori costituzionalmente garantiti è stata testé ricordata, era intervenuta, invero, successivamente al varo del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che, come accennato in narrativa, all’articolo 981, comma 1, sancisce che al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nell’articolo 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e successive modificazioni.
Ciò nondimeno, non poteva disconoscersi, secondo l’avviso pro tempore della Sezione, il carattere di “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, che il legislatore ha voluto evocare espressamente al comma 1 dell’articolo 19 della richiamata legge n. 183/2010, enucleando quali principi dell’ordinamento la “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti”, “le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna”, “i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”. Una “specificità” funzionale connessa, dunque, alla delicatezza e all’importanza delle funzioni istituzionali, peraltro connotate da un elevato rischio operativo, che si traduce in specificità normativa in forza del comma 2 dello stesso articolo 19, il quale rinvia, per la disciplina attuativa, a successivi provvedimenti legislativi.

E si riteneva che coerentemente, dunque, ai detti principi, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, aveva avuto modo di affermare, nella materia di cui si discetta, che “la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge” (Cons. Stato, IV, n. 2707/2011, cit., ma cfr. anche IV, 10 gennaio 2012, n. 66).

In ogni caso, attesa anche la necessità di esaminare in maniera coordinata i vari profili sopra evidenziati, risultava, altresì, utile conoscere se, allo scopo, la questione era stata sottoposta anche alle altre Amministrazioni competenti, a partire dal Ministero del lavoro e dal Ministero dell’interno, con riferimento, in quest’ultimo caso, al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per gli evidenti profili di coordinamento, ai competenti Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (affari giuridici e legislativi e funzione pubblica).

Orbene, non sono pervenuti elementi di risposta da parte dell’Amministrazione richiedente.

Al fine, dunque, di licenziare definitivamente la richiesta di parere e fornire elementi di valutazione ed approfondimento, corre l’obbligo di segnalare all’Amministrazione come, nelle more, il quadro giurisprudenziale si sia orientato, ed in tal senso consolidato, in maniera difforme rispetto alle pronunzie citate nel parere cui si fa seguito.

A partire, infatti, dalle sentenze nn. 4047/12, 4291/12 e 5378/12 (ma si veda anche TAR Piemonte, I, 25 gennaio 2013, n. 105, che opta anch’essa, appunto, per l’immediata applicabilità agli agenti di polizia penitenziaria dei disposti della novella legislativa di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, ai fini della concessione di un trasferimento ex art. 33 l. 104/92), il Consiglio di Stato si è chiaramente orientato per l’immediata applicabilità al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia della norma soppressiva dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza.

Si è ritenuto, infatti, non ostativo all’applicazione immediata dell’art. 24 della l. 183/10 al personale in questione l’art. 19 della medesima l. 183/10, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi di contro come un autonomo articolato fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze Armate e di Polizia.

Così si è arrivati ad affermare che, in ossequio anche al tenore letterale delle norme, i requisiti della continuità e dell’esclusività non possono essere più pretesi dall’Amministrazione, ad esempio, ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 l. 104/92 al personale in argomento. Le uniche due esigenze che l’Amministrazione è tenuta a valutare ai fini del decidere se concedere o meno il benefico in parola al lavoratore istante, e dunque gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione è tenuta a muoversi sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione di appartenenza, rispetto alle quali il trasferimento deve risultare “possibile”, e, dall’altro lato, l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile, al fine di impedire un uso strumentale, improprio ed eventualmente opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi (cfr. anche Cons. Stato, III, ord. 27 ottobre 2012, n. 4300).

Il nuovo orientamento esegetico è stato, peraltro, recepito negli atti di alcune Amministrazioni competenti (es. circolare Min. Giustizia, DAP, del 28 dicembre 2012).

Tanto si doveva per la completezza dell’informazione, ai fini delle valutazioni e delle determinazioni dell’Amministrazione formulante il quesito.

P.Q.M.

Nei termini esposti è il parere della Sezione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea Pier Giorgio Trovato




IL SEGRETARIO
Marisa Allega
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Permessi per la 104 a parenti di terzo grado

I tre giorni al mese di permesso retribuito per assistere familiari con gravi handicap possono essere chiesti anche per parenti o affini entro il terzo grado se costoro non hanno coniuge o genitori che possono assisterli.

Rispondendo con l’interpello 19 del 26 giugno al quesito posto dalle associazioni Anquap e Cida, il Ministero del Lavoro chiarisce che questa è l’unica condizione e non rileva che vi siano altri parenti o affini, di grado inferiore che potrebbero assistere la persona disabile.

Il resto delle novità, leggetelo negli allegati qui sotto o scaricatelo direttamente.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Cass. Civile, Sentenza n. 15435, sezione Lavoro, del 07-07-2014
CASSAZIONE CIVILE

MADRE DI MINORE CON HANDICAP – LEGGE N. 104/1992 – PERMESSI EX ARTICOLO 33 – TREDICESIMA – CONGEDI PARENTALI – NON COMPUTABILITÀ CON I CONGEDI.
-----------------------------------------------------------------------------------------------

Permessi per figlio disabile ai fini della tredicesima

Cassazione Lavoro, sentenza depositata il 7 luglio 2014


I permessi usufruiti dalla lavoratrice, in quanto madre di un minore portatore di handicap, si computano ai fini della tredicesima. È quanto emerge dalla sentenza 7 luglio 2014, n. 15435, della Corte di Cassazione – Sezione Lavoro.

Il caso. Una società è stata condannata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria a corrispondere a una dipendente poco più di 300 euro, oltre accessori, a titolo di tredicesima e quattordicesima mensilità in relazione ai permessi usufruiti dalla medesima dipendente nel 1999 (da febbraio ad aprile), quale madre di un minore portatore di handicap.

Tesi a confronto. Ad avviso della Corte territoriale, la non computabilità dei permessi ai fini della tredicesima opera solo se questi permessi si cumulano con i congedi parentali previsti, circostanza che nel caso in esame non si era verificata.

Di diverso avviso il datore di lavoro, che infatti ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Suprema Corte, sostenendo che il comma 4 dell’articolo 33 della legge n. 104 del 1992 prevede l’esclusione del computo dei permessi previsti dai precedenti commi 2 e 3 ai fini della tredicesima mensilità in ogni caso, e non solo in quello in cui essi si cumulino con permessi previsti dall’articolo 7 della legge n. 1204 del 1991.

Ebbene, nel giudizio di legittimità ha prevalso la tesi del giudice di merito, con conseguente conferma della decisione gravata.

La Sezione Lavoro del Palazzaccio ha ritenuto corretta l’interpretazione della normativa di riferimento operata dalla Corte territoriale, perché “ragioni di coerenza con la funzione dei permessi” e i principi di matrice comunitaria (Direttiva 2000/78/CEE del Consiglio e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità) impongono di aderire “all’interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzo del permesso stesso”.

Gli Ermellini ricordano che la materia dei permessi per i figli con handicap grave è oggi disciplinata anche dall’articolo 42 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (TU delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità), che ha frammentato il comma 4 dell’articolo 33 della legge 104 in due parti: il comma 4 dell’articolo 42 e il comma 2 dell’articolo 43.

Tali disposizioni, tuttavia, non rilavano nel caso esaminato, in quanto il D.Lgs. 151 è intervenuto in epoca successiva ai fatti causa.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

anche se a che fare con i permessi legge 104/92, richiama anche la licenza ordinaria.

in allegato il chiarimento del Ministero della Difesa datato 21/07/2014
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

giusto per notizia
----------------------------------------------------------------------------------------

Sì ai tre giorni di permesso mensile previsti ex legge 104 anche se in casa c’è una badante.

Cassazione civile, sez. lavoro, 22 dicembre 2014, n. 27232
----------------------------------------------------------------------------------------
Il lavoratore può usufruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa previsto dal 3° comma dell’art. 33 della legge 104/92 anche se in casa vi sia altra persona che sia tenuta o che possa provvedere all’assistenza il famigliare disabile.

Diversamente verrebbe frustrato lo scopo perseguito dalla legge in quanto, essendo il lavoratore impegnato con il lavoro, se è vero che all’assistenza del parente provvede altra persona è senz’altro ragionevole ritenere che quest’ultima possa fruire di alcuni giorni di libertà, in coincidenza con la fruizione dei tre giorni di permessi del lavoratore. Nella specie, la Corte ha riconosciuto il diritto ai tre giorni di permesso mensile ex art. 33 legge 104 pur in presenza di una colf o badante.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Procedimenti disciplinari

Cassazione: sì al licenziamento per l'uso improprio dei permessi della Legge 104
-----------------------------------------------------------------------------------------------------

Sanzione espulsiva al dipendente comunale che andava all'Università invece di assistere il parente malato. La sentenza n. 17968 del 13.9.2016.

"In tema di esercizio del diritto di cui all'art. 33, comma 3, L. 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa e/o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un'assistenza comunque prestata. L'uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva".

È questo il principio affermato dalla corte di Cassazione Civile, Sez. L , nella sentenza Num. 17968 pubblicata il 13 settembre 2016 con la quale è stata confermata la legittimità del licenziamento di una dipendente comunale che aveva utilizzato, i permessi ai sensi dell'art. 33 L. 104/92, per finalità diverse dall'assistenza alla madre disabile, e specificamente per recarsi a Milano a frequentare le lezioni universitarie di un corso di laurea (nel primo trimestre del 2012, complessivamente n. 38 ore e 30 minuti di permesso).

Il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa spetta al "lavoratore dipendente ... che assiste persona con handicap in situazione di gravità..."; esso è riconosciuto dal legislatore in ragione dell'assistenza. Da ciò consegue - precisa la Corte - che in mancanza di specificazioni ulteriori da parte del legislatore, l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l'assistenza al disabile.

La norma non consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela.

Il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 L. n. 104/1992, si avvalga dello stesso non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi dell'abuso di diritto, giacchè tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell'affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell'Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un'indebita percezione dell'indennità ed uno sviamento dell'intervento assistenziale.

Aggiunge la Corte che i "permessi devono essere fruiti, dunque, in coerenza con la loro funzione. In difetto di tale nesso causale diretto tra assenza dal lavoro e prestazione di assistenza, devono ritenersi violati i principi di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell'Ente assicurativo. Tanto rileva anche ai fini disciplinari, pure a prescindere dalla figura dell'"abuso di diritto, che comunque è stata integrata tra i principi della Carta dei diritti dell'unione europea (art. 54), dimostrandosi cosi il suo crescente rilievo nella giurisprudenza europea".

Da ultimo la Corte con riferimento alla giusta causa del licenziamento ha evidenziato la correttezza della sentenza della Corte di Appello nella quale si è dato conto delle ragioni poste a fondamento della decisione, valorizzando, ai fini della valutazione della gravità della condotta, il carattere sistematico e la preordinazione nell'utilizzo improprio dei permessi, elementi anche sintomatici dell'intensità dell'elemento psicologico. Trattasi di circostanze idonee a integrare il precetto normativo della giusta causa.
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

fa seguito al mio post del 16.09.2016.
------------------------------------------------------------------------------

VENETO SENTENZA 24 09/02/2017
--------------------------------------------------------------------------------------------------
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 24 2017 RESPONSABILITA' 09/02/2017


N. 24/2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO

composta dai seguenti magistrati:
Dott. Guido Carlino Presidente
Dott. Gennaro Di Cecilia Giudice
Dott.ssa Giuseppina Mignemi Giudice relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

NEL GIUDIZIO DI RESPONSABILITÀ, ISCRITTO AL N. 30023 DEL REGISTRO DI SEGRETERIA, PROMOSSO DAL PROCURATORE REGIONALE

NEI CONFRONTI DI

L. P., (OMISSIS) , RESIDENTE A (OMISSIS), RAPPRESENTATA E DIFESA DAGLI AVVOCATI GIACOMO AGAPITO LUDOVICI E MASSIMO PALLINI ED ELETTIVAMENTE DOMICILIATA PRESSO LO STUDIO DEL PRIMO, IN MILANO, VIA NICOLA PICCINI N. 23;

VISTO L’ATTO INTRODUTTIVO DEL GIUDIZIO;

ESAMINATI GLI ATTI E I DOCUMENTI DI CAUSA;

UDITI, NELLA PUBBLICA UDIENZA DELL’8 FEBBRAIO 2017, IL GIUDICE RELATORE, DOTT.SSA GIUSEPPINA MIGNEMI, IL PUBBLICO MINISTERO, DOTT.SSA CHIARA IMPOSIMATO E L’AVVOCATO GIACOMO AGAPITO LUDOVICI PER LA CONVENUTA;

FATTO

CON ATTO DI CITAZIONE RITUALMENTE NOTIFICATO, IL PROCURATORE REGIONALE CONVENIVA IN GIUDIZIO P. L., CHIEDENDONE LA CONDANNA AL RISARCIMENTO DI € 22.679,35, OLTRE ACCESSORI, PER IL DANNO ASSERITAMENTE ARRECATO AL COMUNE DI (OMISSIS), PER AVERE UTILIZZATO I PERMESSI LAVORATIVI DI CUI ALL’ART. 33 DELLA LEGGE N. 104 DEL 1992 PER FREQUENTARE UN CORSO ALL’UNIVERSITÀ, INVECE CHE PER ACCUDIRE LA MADRE INVALIDA.

L'AZIONE TRAEVA ORIGINE DA ALCUNI ARTICOLI DI STAMPA PUBBLICATI NEL .... 2012.

DALLE INDAGINI EMERGEVA CHE, PER GLI STESSI FATTI, NEI CONFRONTI DELLA CONVENUTA, ERA STATO AVVIATO UN PROCEDIMENTO PENALE DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI VERONA (…..), PER IL DELITTO DI CUI ALL’ARTICOLO 640, COMMA 2, C.P., PERCHÉ, CON ARTIFICI E RAGGIRI CONSISTITI NEL PRESENTARE DOMANDA PER I PERMESSI RETRIBUITI DI CUI ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104, ATTESTANDO FALSAMENTE DI DOVER ASSISTERE LA MADRE MALATA, INDUCEVA IN ERRORE IL PERSONALE DIPENDENTE DEL COMUNE DI (OMISSIS) SUI MOTIVI DELLA PROPRIA ASSENZA DAL LUOGO DI LAVORO E PROCURAVA A SÉ IL PROFITTO CORRISPONDENTE ALLE ORE DI PERMESSO RETRIBUITE, CON PARI DANNO PER L’ENTE LOCALE.

IN PARTICOLARE, RICHIEDEVA N. 18 ORE MENSILI DI PERMESSO, PER LE GIORNATE DI LUNEDÌ E MERCOLEDÌ (DALLE 11,00 ALLE 13,30) DEI MESI DI OTTOBRE, NOVEMBRE E DICEMBRE 2011, GENNAIO, FEBBRAIO E MARZO 2012, UTILIZZATE PER RECARSI A MILANO PER ASSISTERE ALLE LEZIONI DEL CORSO DI LAUREA IN MANAGEMENT PUBBLICO, PRESSO L’UNIVERSITÀ STATALE - FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE.

IL TRIBUNALE DI VERONA, CON LA SENTENZA N. …./14, CONDANNAVA LA L.. A 9 MESI DI RECLUSIONE ED € 600,00 DI MULTA, AI SENSI DELL’ART. 640, COMMA 2, C.P..

LA SENTENZA N. …. DEL 2014 VENIVA IMPUGNATA DALL’ATTUALE CONVENUTA.

IL COMUNE DI (OMISSIS) COMUNICAVA ALLA PROCURA CONTABILE DI AVERE LICENZIATO SENZA PREAVVISO LA L.. PER I FATTI DI CUI INNANZI DETTO E COMUNICAVA, ALTRESÌ, LA QUANTIFICAZIONE DEI DANNI DERIVATI DALLA CONDOTTA DELLA DIPENDENTE.

IL PROVVEDIMENTO DI LICENZIAMENTO VENIVA IMPUGNATO INNANZI AL TRIBUNALE DI VERONA.

IL GIUDICE DEL LAVORO, CON SENTENZA N. …. DEL 2013, RESPINGEVA IL RICORSO DICHIARANDO LA LEGITTIMITÀ DEL LICENZIAMENTO E LA CORTE DI APPELLO DI VENEZIA, CON LA SENTENZA N. …. DEL 2014, CONFERMAVA LA SENTENZA DI PRIMO GRADO, IN ADESIONE ALL’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE (N. 4984 DEL 2014), SECONDO CUI L’ASSISTENZA FAMILIARE DEVE ESSERE PRESTATA IN ORARI COINCIDENTI CON QUELLI DEI PERMESSI RETRIBUITI, MENTRE IL NON ESERCIZIO O L’ESERCIZIO SECONDO CRITERI/ORARI DIVERSI, ARBITRARIAMENTE SCELTI DAL LAVORATORE FRUITORE DEL PERMESSO, DEVE CONSIDERARSI UN ABUSO DEL DIRITTO.

OSSERVAVA LA CORTE DI APPELLO CHE LA L…, QUANDO AVEVA CONCORDATO LE MODALITÀ DI FRUIZIONE DEI PERMESSI EX ART. 33 DELLA LEGGE N. 104/1992, NON AVEVA INFORMATO L’ENTE CHE AVREBBE UTILIZZATO LE ORE DI PERMESSO PER RECARSI A MILANO A FREQUENTARE LE LEZIONI ALL’UNIVERSITÀ.

L’INTENZIONALITÀ E LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CONDOTTA DELLA DIPENDENTE AVREBBERO TROVATO CONFERMA PROPRIO NEL FATTO CHE LA FRUIZIONE DEL PERMESSI EX ART. 33 DELLA LEGGE N. 104/1992 ERA AVVENUTA ESATTAMENTE NELLE GIORNATE DI LEZIONE A MILANO (LUNEDÌ E MERCOLEDÌ DEI MESI DI GENNAIO, FEBBRAIO E MARZO), MENTRE IL TERZO GIORNO DI LEZIONE SETTIMANALE, CHE CADEVA DI MARTEDÌ, ERA STATO “COPERTO” DALLA LAVORATRICE TRAMITE IL RICORSO A PERMESSI STUDIO, FRUITI NELLA STESSA FASCIA ORARIA 11,00 - 13,30.

IL RICORSO SISTEMATICO ED ALTERNATO AD ENTRAMBE LE TIPOLOGIE DI PERMESSI NEI TRE GIORNI (LUNEDÌ, MARTEDÌ E MERCOLEDÌ) IN CUI SI TENEVANO LE LEZIONI DEL CORSO UNIVERSITARIO AL QUALE ERA ISCRITTA, DIMOSTREREBBE, QUINDI, LA PIENA CONSAPEVOLEZZA DELLA CONVENUTA DI FARE UN USO IMPROPRIO DEI PERMESSI, IN QUANTO DELIBERATAMENTE UTILIZZATI NON PER FINALITÀ ASSISTENZIALI, MA PER ATTENDERE AD ALTRA ATTIVITÀ DI PROPRIO ESCLUSIVO INTERESSE.

VENIVA ESCLUSA L’ASSERITA SUSSISTENZA DELLA BUONA FEDE NELLA CONDOTTA DELLA LAVORATRICE, ANCHE IN CONSIDERAZIONE DELLA POSIZIONE DALLA MEDESIMA RIVESTITA DI ADDETTA ALL’UNITÀ PERSONALE DELL’ENTE E, QUINDI, EVIDENTEMENTE A CONOSCENZA DELLA NORMATIVA CHE REGOLA LA MATERIA DEI PERMESSI, NONCHÉ DELLE ESATTE E CORRETTE MODALITÀ DI FRUIZIONE DEGLI STESSI.

TALE USO IMPROPRIO DEI PERMESSI VENIVA CONSIDERATO IDONEO, DALLA CORTE DI APPELLO, A LEDERE IRRIMEDIABILMENTE IL RAPPORTO FIDUCIARIO CON L’ENTE DATORE DI LAVORO, TENUTO CONTO DELL’INTENZIONALITÀ DELLA CONDOTTA, DELLA RILEVANZA DEGLI OBBLIGHI VIOLATI E DELLA POSIZIONE DI LAVORO OCCUPATA DALLA STESSA L…, E AD INTEGRARE, QUINDI, UNA GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO, AI SENSI DELL’ART. 3, COMMA 8, LETT. F), DEL C.C.N.L..

LA PROCURA CONTABILE, SULLA BASE DELLE RISULTANZE ISTRUTTORIE INNANZI ILLUSTRATE, NOTIFICAVA ALL’ODIERNA CONVENUTA L’INVITO A DEDURRE.

LE MEMORIE DIFENSIVE PRODOTTE NON DETERMINAVANO UN MUTAMENTO DELLA RICOSTRUZIONE COMPLESSIVA DELLA VICENDA, CON LA CONSEGUENZA CHE LA PROCURA CITAVA IN GIUDIZIO LA L…, PERALTRO OPERANDO UNA RIDUZIONE DELL’IMPORTO DEL DANNO POSTULATO IN SEDE DI INVITO.

SECONDO LA RICOSTRUZIONE DELLA PROCURA, LA CONVENUTA AVREBBE INDEBITAMENTE FRUITO DI 38,5 ORE DI PERMESSO, EX ART. 33 DELLA LEGGE N. 104 DEL 1992, CHE AVREBBE UTILIZZATO PER FREQUENTARE LEZIONI UNIVERSITARIE, INVECE DI PRESTARE ASSISTENZA ALLA MADRE.

TANTO SAREBBE PROVATO, OLTRE CHE DALLA COINCIDENZA DEGLI ORARI DEI PERMESSI CON GLI ORARI DELLE LEZIONI, ANCHE DALLE RISULTANZE DELLE INDAGINI DI POLIZIA GIUDIZIARIA RELATIVE ALLE CELLE TELEFONICHE ATTIVATE DALL’UTENZA INTESTATA ALLA CONVENUTA E DALLA ATTIVITÀ DI OSSERVAZIONE E PEDINAMENTO COMPIUTA IN ALCUNI DEI GIORNI DI FRUIZIONE DEI PERMESSI.

LA CONDOTTA SAREBBE CONNOTATA DA DOLO, ATTESA LA COSCIENTE E VOLONTARIA VIOLAZIONE DI UNA NORMATIVA, CHE LA CONVENUTA DOVEVA CONOSCERE PERFETTAMENTE, ATTESE LE FUNZIONI ATTRIBUITELE PRESSO IL COMUNE.

SECONDO LA PROCURA, SAREBBE, INNANZITUTTO, IMPUTABILE ALLA L…, IL DANNO PATRIMONIALE, PARI A € 661,32, DERIVATO DALLA INDEBITA PERCEZIONE DI RETRIBUZIONE PER PERMESSI NON DOVUTI.

INOLTRE, LE SAREBBE IMPUTABILE UN DANNO DA DISSERVIZIO, PARI A COMPLESSIVI € 17.018,03.

IN PARTICOLARE:

1) 697,19 EURO, PER ONERI DIRETTI ED INDIRETTI SOSTENUTI DAL COMUNE AL FINE DI REMUNERARE UNA DIPENDENTE CHE AVREBBE SVOLTO, IN REGIME STRAORDINARIO, LE ORE NON ESPLETATE DALLA DIPENDENTE LICENZIATA, DURANTE LE ASSENZE NON GIUSTIFICATE;

2) 3.326,43 EURO, PER ONERI DIRETTI ED INDIRETTI SOSTENUTI DAL COMUNE AL FINE DI REMUNERARE L’ATTIVITÀ SVOLTA DAL VICE-SEGRETARIO GENERALE, PER LA GESTIONE DELLA “VERTENZA L…”, A LIVELLO DISCIPLINARE, CIVILE, PENALE E INNANZI ALLA CORTE DEI CONTI;

3) 997,93 EURO, PER ONERI DIRETTI ED INDIRETTI SOSTENUTI DAL COMUNE VOLTI A REMUNERARE L’ATTIVITÀ SVOLTA DAL SEGRETARIO GENERALE/DIRETTORE GENERALE, PER LA GESTIONE DELLA “VERTENZA L…”, A LIVELLO DISCIPLINARE E CIVILE;

4) 5.662,88 EURO, PER SPESE LEGALI PER RESISTERE NEL GIUDIZIO CIVILE DI PRIMO GRADO PROMOSSO DALL’EX DIPENDENTE PER L’ANNULLAMENTO DEL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE;

5) 1.258,40 EURO, PER L’INCARICO CONFERITO A UN AVVOCATO PENALISTA DI ACCEDERE E PRELEVARE GLI ATTI ACQUISITI DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA, RELATIVI ALL’INDAGINE DI POLIZIA GIUDIZIARIA, IN BASE AI QUALI L’ENTE AVEVA ATTIVATO IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE CONCLUSO CON IL LICENZIAMENTO;

6) 5.075,20 EURO, PER IL CONFERIMENTO DI INCARICO AD UN LEGALE PER LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE E PER LA PARTECIPAZIONE ALL’ATTIVITÀ DIBATTIMENTALE NEL GIUDIZIO PENALE DI PRIMO GRADO, CONCLUSO CON LA CONDANNA DELLA L….

SAREBBE, ALTRESÌ, IMPUTABILE ALLA CONVENUTA IL DANNO ALL’IMMAGINE, QUANTIFICATO, IN VIA EQUITATIVA, IN € 5.000,00.

SECONDO LA PROCURA, INFATTI, AL CASO DI SPECIE, SAREBBE APPLICABILE L’ART. 55 QUINQUIES DEL D.LGS. 30 MARZO 2001, N. 165 (INTRODOTTO DALL’ART. 69 DEL D.LGS. 27 OTTOBRE 2009, N. 150, IN ATTUAZIONE DELLA DELEGA DI CUI ALL’ART. 7, DELLA LEGGE 4 MARZO 2009, N. 15), CHE CONSENTIREBBE DI PRESCINDERE DALLA CONDANNA PENALE PER ADDEBITARE IL SUDDETTO DANNO.

CON MEMORIA DEPOSITATA IL 23.12.2015, SI COSTITUIVA IN GIUDIZIO P. L., RAPPRESENTATA E DIFESA DAGLI AVVOCATI LUDOVICI E PALLINI.

LA DIFESA DELLA CONVENUTA CHIEDEVA, INNANZITUTTO, IN VIA PRELIMINARE, LA SOSPENSIONE, EX ART. 295 C.P.C., DEL PRESENTE GIUDIZIO, IN ATTESA DELLA DEFINIZIONE DEI GIUDIZI, CIVILE E PENALE, PENDENTI SULLE MEDESIME CIRCOSTANZE CONTESTATE ALLA CONVENUTA DALLA PROCURA CONTABILE.

LA L… AVEVA, INFATTI, IMPUGNATO, DAVANTI ALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, LA DECISIONE DELLA CORTE D’APPELLO CIVILE DI VENEZIA N. …./2014 E, DAVANTI ALLA CORTE D’APPELLO PENALE DI VENEZIA, LA DECISIONE DEL TRIBUNALE PENALE DI VERONA N……/2014.

PER ENTRAMBI I GIUDIZI, IL RAPPORTO DI PREGIUDIZIALITÀ CON LA PROCEDURA PENDENTE DAVANTI ALLA CORTE DEI CONTI SAREBBE STATA, SECONDO LA PROSPETTAZIONE DIFENSIVA, DETERMINANTE, POICHÉ ENTRAMBE LE DECISIONI RIGUARDAVANO L’ACCERTAMENTO DELLA LICEITÀ O MENO DEI COMPORTAMENTI TENUTI DALLA L…, SUI QUALI SI FONDEREBBE ANCHE LA RICHIESTA RISARCITORIA AVANZATA DALLA PROCURA, RICHIESTA CHE VERREBBE MENO IN CASO DI ACCOGLIMENTO DELLE IMPUGNAZIONI PROPOSTE.

NEL MERITO, LA DIFESA RAPPRESENTAVA CHE, SIN DAL LUGLIO 2011, LA CONVENUTA SI OCCUPAVA DELL’ASSISTENZA DELLA PROPRIA MADRE AFFETTA SIA DA UNA GRAVE FORMA DI (OMISSIS - C.D. OMISSIS -, SIA DI OMISSIS).

LA GRAVE FORMA DI (OMISSIS) COSTRINGEVA LA MADRE A (OMISSIS).

L’IMPEGNO QUOTIDIANO PROFUSO DALLA L… SI CONCRETIZZAVA, IN PARTICOLARE, NELL’ORGANIZZAZIONE DELLE CURE PER LA MADRE, DELLE VISITE CON I MEDICI CURANTI, NONCHÉ DELLE INCOMBENZE NECESSARIE PER I BISOGNI MINIMI DEI PROPRI GENITORI (SPESA, PRANZO, CENA, PULIZIE DELLA CASA).

PER QUESTO MOTIVO, LA L… LEGITTIMAMENTE RICHIEDEVA ED OTTENEVA DAL PROPRIO DATORE DI LAVORO LA CONCESSIONE DEI PERMESSI DI CUI ALLA L. N. 104/1992.

TUTTI I TESTI ESCUSSI IN SEDE PENALE AVREBBERO CONFERMATO L’IMPEGNO E L’ASSISTENZA CONTINUA PRESTATA DALLA L… IN FAVORE DELLA MADRE, DAL 2011, SINO ALLA (OMISSIS).

LA DIFESA EVIDENZIAVA, INOLTRE, CHE IL FUNZIONARIO DEL COMUNE DI OMISSIS, SIG. B.., DIRETTO RESPONSABILE DELLA L…, AVEVA DICHIARATO, IN SEDE PENALE, DI NON AVER MAI FORNITO AI PROPRI SOTTOPOSTI SPECIFICHE INDICAZIONI SULLE MODALITÀ DI FRUIZIONE DEI PERMESSI EX ART. 33 E DI NON AVER MAI NEMMENO RICHIESTO ALLA STESSA L… CHE TIPO DI ASSISTENZA PRESTASSE IN FAVORE DELLA MADRE.

CONTRARIAMENTE A QUANTO RIFERITO DALLA PROCURA, SECONDO LA QUALE SAREBBERO STATE RILEVATE 38,30 ORE DI NON CORRETTO UTILIZZO DEI PERMESSI SOPRA RIFERITI - DI CUI 18 NEL MESE DI GENNAIO 2012; 18 NEL MESE DI FEBBRAIO 2012; 2,30 NEL MESE DI MARZO 2012 -, IL TRIBUNALE PENALE DI VERONA AVREBBE ACCERTATO L’IMPROPRIO UTILIZZO DEI PERMESSI SOLO PER LA GIORNATA DEL 22 FEBBRAIO 2012 E LO HA SUPPOSTO PER LE GIORNATE DELL’1, DEL 15 E DEL 20 FEBBRAIO 2012.

IL GIUDICE PENALE HA, QUINDI, ESPRESSAMENTE LIMITATO LA RESPONSABILITÀ DELLA L… ALLE QUATTRO GIORNATE SOPRA INDICATE DEL MESE DI FEBBRAIO 2012, PARI A COMPLESSIVE 12 ORE.

NESSUN ELEMENTO SAREBBE EMERSO PER LE ULTERIORI GIORNATE CONTESTATE DALLA PROCURA CONTABILE, RELATIVE AI MESI DI GENNAIO, FEBBRAIO (PER LE GIORNATE DEL 6, 8, 13) E MARZO DEL 2012 E NESSUNA VALIDA PROVA SAREBBE STATA FORNITA PER AVVALORARE LE ASSERZIONI FORMULATE DAL COMUNE DI OMISSIS.

RIGUARDO ALL’ELEMENTO SOGGETTIVO, COME INNANZI DETTO, LA PROCURA CONTESTAVA ALLA CONVENUTA LA SUSSISTENZA DEL DOLO CONTRATTUALE, CIOÈ DI UN COMPORTAMENTO VOLONTARIAMENTE ASSUNTO, CONTRARIO AGLI OBBLIGHI DIPENDENTI DAL RAPPORTO LAVORATIVO.

IN REALTÀ, SECONDO LA DIFESA, NON CI SAREBBE ALCUNA PROVA DELLA VOLONTÀ E CONSAPEVOLEZZA DELLA L… DI PORRE IN ESSERE UN COMPORTAMENTO CONTRARIO ALLA PREVISIONE NORMATIVA DI CUI ALL'ART. 33.

SECONDO LA PROCURA, L’INTENZIONALITÀ E LA CONSAPEVOLEZZA DELLA CONDOTTA AVREBBERO “TROVATO CONFERMA PROPRIO NEL FATTO CHE LA FRUIZIONE DEI PERMESSI EX ART.33 FOSSE AVVENUTA NELLE GIORNATE DI LEZIONE A MILANO”.

PERALTRO, IN ASSENZA DI INDICAZIONI DA PARTE DEL COMUNE DI OMISSIS, LA CONVENUTA BEN AVREBBE POTUTO RITENERE CHE I PERMESSI CONCESSI EX ART. 33 AVESSERO UNA NATURA COMPENSATIVA, NEL SENSO DI SGRAVARE PARZIALMENTE IL LAVORATORE DA UNA PORZIONE DELLA SUA OBBLIGAZIONE DI LAVORO PER COMPENSARE IL TEMPO LIBERO CHE IMPEGNAVA NEL PRESTARE ATTIVITÀ DI ASSISTENZA AL DISABILE.

LA NORMATIVA, INFATTI, NON IMPORREBBE AL DIPENDENTE DI ASSISTERE L’INVALIDO, PROPRIO NELLE MEDESIME ORE IN CUI RESTA ASSENTE DAL LAVORO E DEPORREBBE, IN TAL SENSO, LA RATIO STESSA DELLA NORMA, ANCHE RISCONTRABILE NEL SUO ITER FORMATIVO, CHE CONSENTIREBBE DI ACCEDERE AD UNA LETTURA DIVERSA DA QUELLA PROSPETTATA DALLA PROCURA.

LA L… ERA CONVINTA CHE LA PROPRIA CONDOTTA FOSSE LEGITTIMA, POICHÉ PRESTAVA QUOTIDIANAMENTE ASSISTENZA ALLA MADRE INVALIDA, PER UN NUMERO DI ORE BEN SUPERIORE A QUELLO CORRISPONDENTE AI PERMESSI ALLA STESSA CONCESSI DAL COMUNE.

EVIDENZIAVA, POI, LA DIFESA COME FOSSE STATO IL COMUNE DI OMISSIS A DIFFONDERE LA NOTIZIA DEL LICENZIAMENTO ALLA STAMPA LOCALE.

VENIVA, INFINE, CONTESTATA, SOTTO DIVERSI PROFILI, LA QUANTIFICAZIONE DEL DANNO DA DISSERVIZIO.

IN PARTICOLARE, RIGUARDO AI 697,19 EURO, PER ASSERITI ONERI DIRETTI E INDIRETTI AL FINE DI REMUNERARE UNA DIPENDENTE, CHE AVREBBE SVOLTO IN REGIME STRAORDINARIO LE ORE NON ESPLETATE DALLA L… DURANTE LE ASSENZE NON GIUSTIFICATE, LA PROCURA NON AVREBBE FORNITO PROVE SU QUALI ATTIVITÀ SAREBBERO STATE SVOLTE IN REGIME STRAORDINARIO E DA QUALE DIPENDENTE.

IN OGNI CASO, LE ORE DI UTILIZZO IMPROPRIO DEI PERMESSI CONCESSI ALLA L… SAREBBERO 12 E NON 38,30.

RIGUARDO AI 4.324,36 EURO, PER ONERI DIRETTI ED INDIRETTI CHE IL COMUNE DI OMISSIS AVREBBE SOSTENUTO PER REMUNERARE L’ATTIVITÀ SVOLTA DAL VICE SEGRETARIO GENERALE E DAL SEGRETARIO GENERALE/DIRETTORE GENERALE PER LA GESTIONE DELLA VERTENZA L…, LA DIFESA RILEVAVA CHE TRA I COMPITI ORDINARIAMENTE FACENTI CAPO AL SEGRETARIO GENERALE O AL SUO VICARIO O AL DIRETTORE GENERALE RIENTRANO QUELLI DI GESTIONE DEL PERSONALE DIPENDENTE DELL’ENTE LOCALE, AI SENSI DEGLI ARTT. 97 E 107 DEL T.U. DEGLI ENTI LOCALI, E, PERALTRO, ANCHE PER QUESTA VOCE, LA PROCURA NON AVREBBE FORNITO ALCUN ELEMENTO PROBATORIO IN ORDINE ALLA QUANTIFICAZIONE.

LA PROCURA NON AVREBBE, INFATTI, SPECIFICATO LE TEMPISTICHE DELLA ASSERITA COMPLESSA ATTIVITÀ CHE SAREBBE STATA ESEGUITA DAI FUNZIONARI DEL COMUNE DI OMISSIS, TALE DA GIUSTIFICARE LA PRETESA DI RISARCIMENTO DI 4.324,36 EURO.

ALTRETTANTO INGIUSTIFICATA SAREBBE LA PRETESA DI RIMBORSO DELLE SPESE LEGALI CHE IL COMUNE DI OMISSIS AVREBBE SOSTENUTO.

IN PRIMO LUOGO, NON VI SAREBBE PROVA DELL’AVVENUTO PAGAMENTO DELLE SUDDETTE SPESE.

INOLTRE, LE SPESE LEGALI LIQUIDATE NEI VARI GIUDIZI IN FAVORE DEL COMUNE DI OMISSIS RIENTREREBBERO NEI LIMITI PREVISTI DAL D.M. N. 55/2014 E, COMUNQUE, IL TRIBUNALE DI VERONA, IN SEDE PENALE, HA POSTO A CARICO DELLA L… IL RIMBORSO DELLE SPESE SOSTENUTE DALLA PARTE CIVILE NELLA MISURA DI EURO 2.900,00 OLTRE ONERI, CONSIDERANDO “IL COMPLESSO DELL’ATTIVITÀ SVOLTA, NONCHÉ LA QUALITÀ, LA COMPLESSITÀ E L’UTILITÀ DEL RISULTATO CONSEGUITO PENALE”.

IN OGNI CASO, NON AVREBBE ALCUNA GIUSTIFICAZIONE LA RICHIESTA DI RIMBORSO DI EURO 1.258,40 PER SPESE CHE IL COMUNE DI OMISSIS AVREBBE SOSTENUTO PER ACCEDERE E PRELEVARE GLI ATTI ACQUISITI IN PROCURA, ATTIVITÀ CHE RIENTREREBBE NELLA CD. FASE DI STUDIO DELLA CONTROVERSIA, PREVISTA DALL’ART. 4 DEL D.M. N. 55/2014, RICOMPRESA NEI COMPENSI PREVISTI PER LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE.

LA DIFESA CONTESTAVA, INFINE, ANCHE LA PRETESA DI RISARCIMENTO DEL DANNO ALL’IMMAGINE PUBBLICA QUANTIFICATO NELLA MISURA DI EURO 5.000,00, EVIDENZIANDO CHE LA CD. CASSA DI RISONANZA DOVUTA ALLA PUBBLICAZIONE A MEZZO STAMPA DEI PARTICOLARI DELLA VICENDA E IL CONSEGUENTE CLAMOR FORI ERA STATO DETERMINATO DALLO STESSO COMUNE DI OMISSIS, MENTRE LA L… NON SI ERA MAI RIVOLTA AGLI ORGANI DI STAMPA PER DIFENDERSI O PER FORNIRE LA PROPRIA VERSIONE DEI FATTI.

RASSEGNAVA, QUINDI, LA DIFESA LE SEGUENTI CONCLUSIONI:

“VOGLIA L’ILL.MA CORTE DEI CONTI PER IL VENETO, CONTRARIIS REJECTIS,

IN VIA PRELIMINARE: DISPORRE LA SOSPENSIONE DEL PRESENTE GIUDIZIO PER I MOTIVI INDICATI;

NEL MERITO: RESPINGERE LE DOMANDE ATTOREE PERCHÉ INFONDATE IN FATTO ED IN DIRITTO E, IN OGNI CASO, NON PROVATE;

CON OGNI RISERVA.

CON VITTORIA DI COMPENSI E SPESE DI LITE”.

ALL’ESITO DELL’UDIENZA DEL 14.1.2016, CON L’ORDINANZA N. 9 DEL 2016, IL COLLEGIO DISPONEVA LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO FINO ALLA DEFINIZIONE DEL GIUDIZIO PENDENTE INNANZI ALLA CORTE DI CASSAZIONE AVVERSO LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO CIVILE DI VENEZIA N. … DEL 2014, ONERANDO LA PARTE PIÙ DILIGENTE DEGLI INCOMBENTI DI CUI ALL’ART. 297 C.P.C..

VENIVA, INFATTI, RITENUTA PREGIUDIZIALE, PER LA VALUTAZIONE DELLA CONDOTTA DELLA CONVENUTA, ASSERITAMENTE FORIERA DI DANNO ERARIALE, L’INDIVIDUAZIONE DELLA NATURA DEI PERMESSI DI CUI ALL’ART. 33, COMMA 3, DELLA LEGGE N. 104 DEL 1992; NATURA DA CUI, IMPRESCINDIBILMENTE, DIPENDEVA LA VALUTAZIONE RELATIVA ALLA LEGITTIMITÀ DELLE MODALITÀ DI FRUIZIONE DEGLI STESSI E, QUINDI, LA LEGITTIMITÀ O MENO DELLA CONDOTTA DELLA RICORRENTE, CHE - NON CONTESTATE LA SPETTANZA DEL DIRITTO AI PERMESSI E LA EFFETTIVA PRESTAZIONE DI ASSISTENZA ALLA MADRE INVALIDA - ACCUDIVA IL GENITORE IN ORE NON COINCIDENTI CON I PERMESSI MEDESIMI, REPUTANDO CHE GLI STESSI AVESSERO NATURA COMPENSATIVA.

CON SENTENZA N. 17968 DEPOSITATA IL 13.9.2016, LA CORTE DI CASSAZIONE RIGETTAVA IL RICORSO DELLA L… AVVERSO LA SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA N. … DEL 2014.

CON ATTO DEPOSITATO, IN DATA 27.9.2016, LA PROCURA RIASSUMEVA IL GIUDIZIO INNANZI A QUESTA CORTE, INSISTENDO NELLE CONCLUSIONI GIÀ RASSEGNATE IN ATTI.

CON ATTO DEPOSITATO IN DATA 18.1.2017, SI COSTITUIVA, NEL GIUDIZIO RIASSUNTO DALLA PROCURA, P. L., CON IL PATROCINIO DELL’AVVOCATO GIACOMO AGAPITO LUDOVICI E DALL’AVVOCATO MASSIMO PALLINI, CHE SI RIPORTAVANO INTEGRALMENTE A QUANTO DEDOTTO ED ECCEPITO NELLA COMPARSA DI COSTITUZIONE DEL 21.12.2015 E NELLE PRECEDENTI NOTE DIFENSIVE DEL 26.6.2015 INSISTENDO PER L’ACCOGLIMENTO DELLE DOMANDE, ISTANZE, RAGIONI E DIFESE GIÀ IVI FORMULATE

ALL’UDIENZA DELL’8.2.2017, LE PARTI CONCLUDEVANO COME IN ATTI E LA CAUSA VENIVA, QUINDI, POSTA IN DECISIONE.

DIRITTO

1. Oggetto del giudizio

L’odierno giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero nei confronti P. L., intesa a vederla condannare al risarcimento di € 22.679,35, oltre accessori, per il danno asseritamente arrecato al Comune di (OMISSIS), per avere utilizzato i permessi lavorativi di cui all’art. 33 della legge n. 104 del 1992 per frequentare un corso all’Università, invece che per accudire la madre invalida.

2. Il merito

2.1 In generale

Con la sentenza n. 17968 depositata il 13.9.2016, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso della L… avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. … del 2014, enunciando il seguente principio di diritto: "In tema di esercizio del diritto di cui all'art. 33, comma 3, L. 104/92, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un'assistenza comunque prestata. L'uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva".

In particolare, ricostruito il quadro normativo rilevante per la fattispecie, con specifico riferimento all’art. 33, comma 3, della L. n. 104/92, come sostituito dall'art. 24, comma 1, lett. a), della Legge 4 novembre 2010, n. 183, anche a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119 e all’art. 24 della L. n. 183/2010, comma 1, lett. c), che ha aggiunto, all'art. 33 della L. 104/92, il comma 7-bis, chiariva la ratio della norma di cui all'art. 33, comma 3, della Legge n. 104/92.

Il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, spetta al "lavoratore dipendente che assiste persona con handicap in situazione di gravità ..." in ragione dell'assistenza, la quale è causa del riconoscimento del permesso.

Tale essendo la ratio del beneficio e in mancanza di specificazioni ulteriori da parte del legislatore, l'assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l'assistenza al disabile.

Nessun elemento, testuale o logico, consente di attribuire al beneficio una funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l'assistenza prestata al disabile. Tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela. Ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e, dunque, si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto, come già ritenuto dalla Corte di Cassazione in precedenti analoghi (Cass. n. 4984/2014, confermata da Cass. n. 9217/2016, n. 9749/2016 e n. 8784/2015).

Alla luce del suddetto orientamento, il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33 L. n. 104/1992, si avvalga dello stesso, non per l'assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l'ipotesi dell'abuso di diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell'affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell'Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un'indebita percezione dell'indennità ed uno sviamento dell'intervento assistenziale.

I permessi devono essere fruiti, infatti, in coerenza con la loro funzione.

In difetto di tale nesso causale diretto tra assenza dal lavoro e prestazione di assistenza, devono ritenersi violati i principi di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro, che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale, che dell'Ente assicurativo.

2.2 Il danno patrimoniale

Gli elementi istruttori raccolti risultano sufficienti a provare, nel presente giudizio erariale, che la L… utilizzava sistematicamente detti permessi per recarsi a Milano per assistere alle lezioni del Corso di Laurea in Management pubblico, presso l’Università Statale – Facoltà di Scienze Politiche, per tutte le 38,5 ore contestate dalla Procura.

Oltre agli elementi di prova valorizzati nella sentenza penale di condanna n. …./2014, che ha riconosciuto comprovato l’utilizzo illegittimo di 12 ore di permesso e sussistenti “per alcune giornate forti elementi di sospetto circa la messa in atto di condotte simili” non integranti prova piena ai fini penali, costituiscono indizi gravi precisi e concordanti della circostanza che la L… abbia utilizzato nello stesso modo anche tutte le altre ore di permesso la coincidenza sistematica dei giorni e degli orari delle lezioni con quelle di fruizione dei permessi, la copertura dell’ulteriore giorno di lezione con permessi per motivi di studio, le dichiarazioni di frequenza alle lezioni universitarie.

Detti elementi evidenziano chiaramente come la fruizione dei diversi tipi di permesso (per studio ed ex art. 33 della L. n. 104 del 1992) fosse complessivamente finalizzata alla necessaria frequentazione delle lezioni del Corso universitario e consentono di ritenere sufficientemente provato l’improprio utilizzo di tutte le ore di permesso ex L. n. 104 del 1992, contestate dalla Procura.

Inoltre, la particolare collocazione della L… presso l’Ufficio personale del Comune e le funzioni espletate dalla stessa, di gestione e rendicontazione proprio dei permessi fruiti ai sensi della legge n. 104 del 1992 dai dipendenti dell’Ente non consentono di dubitare della assoluta consapevolezza che la convenuta abbia avuto dell’illegittimità della propria condotta, configurabile, pertanto, come dolosa.

Per quanto anche evidenziato nella sentenza di Cassazione innanzi citata, poi, ai fini della valutazione della gravità della condotta, rilevano anche il carattere sistematico e la preordinazione nell'utilizzo improprio dei permessi, elementi anche sintomatici dell'intensità dell'elemento psicologico.

Difatti, oltre al disvalore sociale del comportamento, insito nello sviamento dalla funzione di assistenza del familiare, rilevano sia la consapevolezza dell'uso improprio, insita nel fatto di avere avanzato una richiesta di frazionamento dei permessi strumentale al soddisfacimento di esigenze personali, prive di qualsiasi nesso con la prestazione di assistenza, sia il carattere continuativo dell'uso indebito, che ne esclude qualsiasi connotazione di eccezionalità o occasionalità.

Né potrebbe rilevare, ai fini dell'attenuazione della portata dell'elemento soggettivo, la circostanza che l'Amministrazione abbia accordato il frazionamento richiesto, non potendo da ciò presumersi la consapevolezza, da parte del datore di lavoro, dello sviamento dalla funzione di assistenza.

La conoscenza dei fatti si è avuta, infatti, come risulta dagli atti di causa e come anche accertato dai giudici civili, solo all'esito delle indagini di polizia giudiziaria.

Ciò considerato, la L… va ritenuta responsabile del danno erariale patrimoniale di € 661,32, aumentato della rivalutazione monetaria, calcolata secondo gli indici ISTAT, da ogni pagamento non dovuto e sino al deposito della presente sentenza, oltre agli interessi legali decorrenti dal deposito della sentenza e fino all’effettivo soddisfo, cagionato dolosamente al Comune di (OMISSIS) e derivato dalla indebita percezione della retribuzione per la fruizione di permessi, di cui alla Legge n. 104 del 1992, illecitamente utilizzati.

2.3 Il danno da disservizio

Il danno da disservizio costituisce una posta di nocumento che, secondo la ormai consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte (si vedano, da ultimo, Corte dei Conti, Sez. Giur. Veneto, sent. n. 65 del 21.4.2016 e n. 107 del 14.5.2014; Sez. Giur. Puglia, sent. n. 118 del 29.1.2014; Sez. Giur. Abruzzo, sent. n. 58 del 21.2.2013), si risolve nel pregiudizio - ulteriore rispetto al danno patrimoniale diretto - recato dalla condotta illecita del dipendente al corretto funzionamento dell’apparato pubblico, concretandosi, ad esempio, in una o più delle seguenti fattispecie: mancato conseguimento della legalità, della efficienza, della efficacia, della economicità e della produttività dell’azione e della attività di una Pubblica Amministrazione (Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, sent. n. 346 del 28.9.2005); dispendio di energie per la ricostruzione di contabilità mancanti o contraffatte (Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, sent. n. 18 dell’11.1.2005); costo sostenuto dall’amministrazione per accertare e contrastare gli effetti negativi sull’organizzazione delle strutture e degli uffici, in conseguenza di comportamenti dolosi di un dipendente (Corte dei Conti, Sez. Giur. Marche, sent. n. 195 del 10.3.2003); costi sostenuti per il ripristino della funzionalità dell’ufficio (Corte dei Conti, Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 881 del 20 maggio 2002); mancato conseguimento del buon andamento dell’azione pubblica (Corte dei Conti, Sez. Giur. Umbria, sent. n. 511 del 29.11.2001); dispendio di risorse umane e di mezzi strumentali pubblici (Sezione II centrale di appello, sent. n. 125 del 10 aprile 2000).

La categoria dogmatica del danno da disservizio, quindi, si ricollega sempre all’espletamento del servizio al di sotto degli standard di qualità e quantità richiesti e, pertanto, non conforme ai canoni di legalità, di efficacia, di efficienza e di economicità (Corte dei Conti, Sez. Giur. Calabria, sent. n. 319 del 5.11.2012).

La specifica tipologia di danno erariale, progressivamente enucleata dalla giurisprudenza di questa Corte, presuppone un pubblico servizio (lato sensu) al quale correlarsi e consiste nel detrimento cagionato all’organizzazione e/o allo svolgimento dell’attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente (o amministratore), che abbia prodotto inefficienza, inefficacia, diseconomicità ovvero illegittimità dell’azione pubblica (Corte dei Conti, Sez. Giur. Veneto, sent. n. 107 del 14.5.2014).

Con riguardo al danno da disservizio, vanno esaminate distintamente le diverse voci contestate dalla Procura.

Certamente, può addebitarsi alla convenuta il danno di € 697,19 per gli oneri diretti ed indiretti sostenuti dal Comune per remunerare una dipendente che svolgesse il lavoro della lavoratrice assente.

Quanto a questa voce, infatti, anche in presenza di una non puntualissima allegazione probatoria relativa ai dati esatti della sostituzione, in via equitativa ex art. 1226 c.c., può ritenersi congruo l’importo di spesa indicato dal Comune per porre rimedio alle disfunzioni organizzative derivate dall’assenza ingiustificata della L…, essendo ragionevolmente ipotizzabile che l’Amministrazione abbia dovuto sostenere un costo aggiuntivo per sopperire al lavoro non svolto dalla convenuta durante i permessi; costo, nella specie, individuato nella retribuzione di un altro dipendente per il lavoro svolto in sostituzione.

Con riguardo alle voci di danno di € 3.326,43 “per oneri diretti e indiretti sostenuti dal Comune per remunerare l’attività svolta dal Vice Segretario Generale per la gestione della vertenza L…, a livello disciplinare, civile, penale e innanzi alla Corte dei conti” e di € 997,93 “per oneri diretti ed indiretti sostenuti dal Comune per remunerare l’attività svolta dal Segretario Generale/Direttore Generale per la gestione della vertenza L…, a livello disciplinare e civile”, va rilevato, invece, che non vi è sufficiente prova in atti dei suddetti costi asseritamente sostenuti dal Comune, laddove soprattutto si consideri che, per quanto anche ammesso dallo stesso ente (doc. 8 della Procura), rientra proprio tra le specifiche competenze d’ufficio del Vice-Segretario Generale e del Segretario Generale/Direttore Generale la gestione, fisiologia e patologia, del personale.

Di talché, non può considerarsi danno, per l’Amministrazione, il tempo impiegato dai predetti soggetti nello svolgimento di mansioni proprie.

Con riguardo, poi, alle voci di danno di : “5.662,88 euro per spese legali per resistere nel giudizio civile di primo grado promosso dall’ex dipendente per chiedere l’annullamento del licenziamento disciplinare; 1.258,40 euro per incarico a legale penalista di accedere e prelevare gli atti, acquisiti dalla Procura della Repubblica, relativi all’indagine di Polizia Giudiziaria che ha consentito all’Ente di disporre delle informazioni e della documentazione indispensabile per attivare e svolgere il procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento della ex dipendente comunale; 5.075,20 euro per incarico a legale di costituzione di parte civile e di partecipazione all’attività dibattimentale relativa al giudizio penale di primo grado conclusosi con la condanna della sig.ra L…”, va esclusa la sussistenza di un nesso causale tra le condotte illecite della convenuta e il danno contestato (Corte dei Conti, Sez. Giur. Veneto, sent. n. 65 del 21.4.2016)

I comportamenti della L… si pongono, invero, solo come causa remota delle spese sostenute dal Comune per resistere nel giudizio civile di primo grado, per l’accesso agli atti di indagine di Polizia Giudiziaria al fine di promuovere il giudizio disciplinare e per la costituzione di parte civile e partecipazione all’attività dibattimentale nel processo, che l’ha vista imputata prima e condannata poi.

Invece, l’antecedente immediato dei predetti esborsi va rinvenuto nelle delibere degli organi comunali competenti che, per un verso, hanno deciso di porre in essere le predette attività e, per altro verso, hanno scelto il legale ed hanno approvato e corrisposto al predetto legale i compensi nella misura indicata dall’Organo requirente. Solo con dette determinazioni può ritenersi sussistente il nesso causale immediato, rilevante in sede di giudizio amministrativo- contabile.

Laddove, peraltro, tutte le sentenze civili e penale hanno già statuito in ordine al ristoro delle spese legali, per come ritenute congrue, sostenute dal Comune.

E seppure possa ritenersi rientrare nella discrezionalità del Comune la scelta delle attività da compiere a tutela delle proprie ragioni, del legale cui affidarsi e della spesa che si voglia sostenere per le prestazioni professionali dello stesso, quanto di queste spese esorbiti ciò che i giudici civili e penale hanno ritenuto congruamente da corrispondere al predetto legale per l’attività svolta, non può certo porsi a carico di chi, a quelle decisioni, non abbia minimante contribuito.

Tutto ciò considerato, la convenuta L… va condannata al risarcimento del danno da disservizio solo in relazione alla prima voce trattata, per un importo di € 697,19, in favore del Comune di (OMISSIS), comprensivo di interessi e rivalutazione.

2.4 Il danno all’immagine

Con riguardo al danno all’immagine, secondo la Procura sarebbe applicabile, al caso di specie, l’art. 55-quinquies del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, rubricato “False attestazioni o certificazioni”, che prevede che “1. Fermo quanto previsto dal codice penale, il lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto 2. Nei casi di cui al comma 1, il lavoratore, ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all’immagine subiti dall’amministrazione.(…)”.

Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (Corte dei Conti, Sez. Giur. Puglia, sent. n. 109 del 16.3.2016; Sez. Giur. Veneto, sent. n. 84 del 16.6.2016), detta disposizione normativa, inserita nel corpus delle norme generali sul pubblico impiego dall'art. 69 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (c.d. “riforma Brunetta”), si inscrive tra le disposizioni della predetta riforma che mirano ad una maggiore efficacia del sistema sanzionatorio con l'individuazione, direttamente ad opera del legislatore, di alcune tipologie di infrazioni che, per la loro gravità, comportano l'irrogazione di specifiche sanzioni, anche di carattere non disciplinare; tra di esse, il comma 2 prevede la responsabilità patrimoniale amministrativa, sotto il duplice profilo del risarcimento sia del danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, sia del danno all'immagine subito dall'amministrazione.

In tal senso, la previsione del secondo comma del richiamato articolo 55 quinquies segue una tendenza recente, ma sempre più diffusa, del nostro legislatore, il quale provvede sempre più spesso ad individuare direttamente concretamente le ipotesi di danno erariale, in settori ritenuti di particolare importanza per l'andamento dell'attività degli uffici pubblici.

La ormai consolidata giurisprudenza contabile (da ultimo Sez. I d’App., sent. n. 542 del 21.10.2016) ritiene che la fattispecie contemplata dall’art. 55 quinquies presenti indiscutibili caratteri di autonomia rispetto a quella, più generale, prevista, sempre con riferimento alla risarcibilità del c.d. “danno all’immagine”, dall’art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 e s.m.i.,
in quanto norma speciale, siccome volta a sanzionare la specifica fattispecie dell’assenteismo fraudolento nel pubblico impiego, ricollegando ad essa l’azionabilità del risarcimento del danno (patrimoniale diretto ed all’immagine) cagionato alla P.A..


Ne deriva che, ai fini dell’applicazione dell’art. 55-quinquies, si prescinde dai requisiti di cui all’art.17, comma ter, del D.L. 78/09, non richiedendosi, in particolare, l’accertamento, con sentenza definitiva, della ricorrenza di talune indefettibili fattispecie delittuose, lesive dell’immagine.


Depone in tal senso anche un argomento testuale, rappresentato dal fatto che il secondo comma dell’art. 55-quinquies contiene l’inciso “(...) ferme la responsabilità penale e disciplinare e le relative sanzioni(…)”, a conferma della non necessità del preventivo accertamento definitivo di responsabilità penale ai fini dell’attivazione del meccanismo risarcitorio ivi delineato.


Le predette conclusioni risultano, altresì, rafforzate dalla circostanza per cui l’art. 69 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 è successivo all’art. 17, comma 30 ter.
Ne deriva che, in base al principio che regola la successione delle leggi nel tempo (lex posterior specialis derogat legi priori generali), la risarcibilità del danno all’immagine, in ipotesi di assenteismo fraudolento, opera a prescindere da qualsivoglia condizione sostanziale e/o processuale non espressamente prevista dalla norma stessa (Sez. Giur. d’App. Sicilia, sent. n. 85/A/2016). L’art. 55-quinquies, presenta, quindi, carattere di specialità rispetto alla normativa generale di cui all'art. 17, comma 30 ter, del D.L. n. 78/2009 e s.m.i..: quella prodotta dalla riforma Brunetta rappresenta, in tutta evidenza, una specifica (innovativa) previsione ex lege di responsabilità amministrativa, che opera al di fuori dei limiti della generale normativa precedente (Corte dei Conti, Sez. I d’App. n. 476 dell’11.9.2015. Nello stesso senso, Sez. Giur, Calabria, sent. n. 93 del 20.4.2016).

Ciò premesso, tuttavia, proprio perché connotata da specialità, la norma in questione deve ritenersi di stretta interpretazione con riferimento alla individuazione delle condotte del pubblico dipendente, la cui ricorrenza ne consente l’applicabilità.

Le condotte considerate dalla norma sono:

- la falsa attestazione della propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente;

- la giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia.

Ebbene, la condotta ascritta alla L…, consistente nell’illegittimo utilizzo di permessi fruiti ai sensi dell’art. 104 più volte innanzi citato, palesemente esorbita dall’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 55 quinquies, non essendo riconducibile a nessuna delle condotte tipizzate previste dalla norma.

Ciò considerato, la convenuta, per tale profilo, va assolta.

3. Le spese

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come precisato in dispositivo.

P.Q.M.

DEFINITIVAMENTE PRONUNCIANDO NEL GIUDIZIO DI RESPONSABILITÀ ISCRITTO AL N. 30023 DEL REGISTRO DI SEGRETERIA, ACCOGLIE PARZIALMENTE LA DOMANDA ATTRICE E, PER L’EFFETTO:

- CONDANNA L. P. AL RISARCIMENTO, IN FAVORE DEL COMUNE DI (OMISSIS), DEL DANNO PATRIMONIALE DI € 661,32, AUMENTATO DELLA RIVALUTAZIONE MONETARIA, CALCOLATA SECONDO GLI INDICI ISTAT, DA OGNI PAGAMENTO NON DOVUTO E SINO AL DEPOSITO DELLA PRESENTE SENTENZA, OLTRE AGLI INTERESSI LEGALI DECORRENTI DAL DEPOSITO DELLA PRESENTE SENTENZA E FINO ALL’EFFETTIVO SODDISFO, E DEL DANNO DA DISSERVIZIO DI € 697,19, COMPRENSIVO DI INTERESSI E RIVALUTAZIONE;

- ASSOLVE LA CONVENUTA CON RIFERIMENTO ALLA DOMANDA RELATIVA AL RISARCIMENTO DEL DANNO ALL’IMMAGINE.

LE SPESE SEGUONO LA SOCCOMBENZA E VENGONO LIQUIDATE, IN FAVORE DELLO STATO, IN € 1243,15 (EURO MILLEDUECENTOQUARANTATRE/15)

COSÌ DECISO IN VENEZIA, NELLA CAMERA DI CONSIGLIO DELL’8.2.2017.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.TO DOTT.SSA GIUSEPPINA MIGNEMI F.TO DOTT. GUIDO CARLINO

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 09/02/2017

IL FUNZIONARIO PREPOSTO
F.TO NADIA TONOLO
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 13220
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Re: Revoca concessione permessi Legge 104

Messaggio da panorama »

Per i collegi CC., queste sono nuove disposizioni precisate al Ministero della Difesa.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

Allego circolare del C.G.A. n. 51/168-2-1-1992 del 21/10/2017 ad oggetto: Permesso mensile per l’assistenza di portatori di Handicap in situazione di gravità (art. 33, co.3 L. 104/1992).

leggi
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
Rispondi