Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet

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Vaccino antinfluenzale FLUAD, vietati due lotti dopo 4 casi gravi


Divieto di utilizzo di due lotti del vaccino antinfluenzale FLUAD della Novartis.

L’Aifa dispone lo stop cautelativo a seguito delle segnalazioni di ben 4 eventi avversi gravi o fatali, che si sono verificati in concomitanza temporale con la somministrazione di dosi provenienti dai lotti 142701 e 143301 del vaccino in questione. In attesa dell’esito degli accertamenti sui campioni già prelevati, per valutare un eventuale nesso di causalità con la somministrazione del vaccino, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha disposto il divieto di utilizzo di tali lotti.

L’Aifa invita i pazienti che abbiano in casa confezioni del vaccino FLUAD della Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l. a verificare sulla confezione il numero di lotto e, se corrispondente a uno di quelli per i quali è stato disposto il divieto, a contattare il proprio medico per la valutazione di un’alternativa vaccinale.

L’Agenzia specifica inoltre che i tre eventi ad esito fatale hanno avuto esordio entro le 48 ore dalla somministrazione delle dosi dei due lotti del vaccino.


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Allergeni alimentari, Efsa aggiorna parere scientifico


Il 75% delle reazioni allergiche fra i bambini sono causate da uova, arachidi, latte vaccino, pesce e noci, mentre circa la metà delle reazioni allergiche fra gli adulti si verificano a contatto con alcuni tipi di frutta e con verdure quali sedano, carote, erbe aromatiche, nonché con noci e arachidi.

L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha aggiornato il proprio parere scientifico sugli allergeni alimentari ed esaminato in dettagli i prodotto allergenici e le sostanze la cui presenza deve essere indicata in etichetta, secondo quanto prevede l’Unione europea.

Questi prodotti comprendo cereali contenenti glutine, latte, uova, noci, arachidi, soia, pesce, crostacei, molluschi, sedano, lupino, sesamo, senape e solfiti.

Il parere, redatto dal gruppo di esperti Efsa sui prodotti dietetici, la nutrizione e le allergie (gruppo NDA), fa notare che la prevalenza delle allergie alimentari è difficile da stabilire, a causa della scarsità di studi disponibili in alcune aree geografiche e dell’uso di diverse metodologie per raccogliere i dati sulla prevalenza.

Tuttavia la prevalenza di allergie alimentari in tutta Europa è stata stimata a circa l’1% sia in adulti che in bambini.

Il parere si basa dunque sull’analisi dei dati sulle allergie alimentari pubblicati in Europa.

In linea generale, emerge che “circa il 75% delle reazioni allergiche tra i bambini sono causate da uova, arachidi, latte vaccino, pesce e noci.

Circa il 50% delle reazioni allergiche tra gli adulti si verificano venendo a contatto con frutti che scatenano reazioni crociate al lattice, con la famiglia delle Rosacee (che comprende mele, pere, ciliegie, lamponi, fragole e mandorle), con le verdure della famiglia delle Apiaceae (che include il sedano, le carote e le erbe aromatiche), con varie noci e con le arachidi”.

Il gruppo di esperti scientifici NDA ha osservato come l’opportunità di determinare soglie per taluni alimenti allergizzanti abbia attirato molta attenzione da parte degli organismi di regolamentazione, delle associazioni dei consumatori e dell’industria.

L’Efsa sottolinea che la determinazione del livello di rischio considerato accettabile rappresenta una decisione che non le compete perché riguarda la gestione del rischio, però raccomanda che le indagini sul consumo di alimenti siano mirate a raccogliere dati sui modelli di consumo alimentare in soggetti allergici e a esaminare in che modo tali dati siano da metter in relazione con la popolazione generica che non presenta allergie alimentari. Il parere è inoltre riferito ad allergie alimentari immuno-mediate, a celiachia e a reazioni avverse ai solfiti negli alimenti e non alle intolleranze alimentari.
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Garante Privacy: stop alla raccolta dei dati sulla religione dei ricoverati


Il Garante Privacy si pronuncia in favore di uno stop alla raccolta sistematica di dati sulla religione delle persone ricoverate nelle strutture sanitarie.

Questa non può essere fatta in modo indiscriminato, attraverso questionari da compilare al momento del ricovero: tali dati possono essere raccolti solo per garantire assistenza religiosa e spirituale o per rispettare le volontà espresse in vita dai pazienti.

Lo rende noto l’Autorità nell’odierna newsletter.

“Le strutture sanitarie non possono raccogliere in maniera sistematica e preventiva informazioni sulle convinzioni religiose dei pazienti”.

“Le strutture – prosegue il Garante – possono trattare tali informazioni solo se il malato richieda di usufruire dell’assistenza religiosa e spirituale o se ciò risulti indispensabile nello svolgimento dei servizi necroscopici per rispettare le volontà espresse in vita dal paziente”.

Questo è quanto stabilito con un provvedimento generale adottato dopo diverse segnalazioni.

Sotto i riflettori dell’Autorità è finita infatti la prassi di numerose strutture sanitarie di somministrare ai pazienti, al momento del ricovero, questionari volti ad acquisire informazioni relative anche al loro credo religioso: questa è stata giudicata dal Garante non in linea con la regole dettate in materia fin dal 2005.

“Già durante i lavori preparatori dello schema tipo di regolamento per il trattamento dei dati sensibili da parte delle regioni, l’Autorità aveva affermato, infatti, che le strutture sanitarie possono raccogliere dati sulle convinzioni religiose solo se questi sono finalizzati a garantire ai ricoverati l’assistenza religiosa e spirituale tramite i ministri di culto delle diverse confessioni religiose (bisogno di conforto o di sacramento al letto) o per la preparazione della salma nell’ambito del servizio necroscopico.

Le richieste di assistenza religiosa e spirituale – spiega l’Authority – possono essere comunicate verbalmente dal paziente, da un familiare o un convivente, al personale di reparto, che provvederà a trasmetterle alla direzione sanitaria”.

Un’altra novità e tutela per le persone ricoverate prevede la possibilità di poter esprimere la propria volontà sulla scelta del regime alimentare e delle terapie cui essere sottoposte (come il rifiuto delle trasfusioni), senza dover dichiarare le eventuali motivazioni che ne sono alla base.

Il Garante Privacy ha ritenuto, infatti, che in questi casi il trattamento del dato sul credo religioso da parte delle strutture sanitarie non sia indispensabile.

Il provvedimento generale dell’Autorità è stato inviato alle regioni e alle province autonome per la divulgazione presso le strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale.
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Augmentin, ritirati alcuni lotti. Feder: “Perché cittadini non sono stati avvertiti?”


Perché l’Agenzia Italiana del Farmaco non ha avvertito i cittadini?

Questa la domanda che Federconsumatori lancia di fronte a una notizia che non è di oggi ma che sembra passata sotto silenzio, o quasi, nell’ultimo mese: il ritiro di alcuni lotti del medicinale Augmentin, un noto antibiotico, perché contenenti etichette in lingua romena.

La notizia in realtà era stata data da Il farmacista online il 5 dicembre ma non sembra aver avuto grande eco.

Come scriveva un mese fa il Quotidiano della Federazione Ordini Farmacisti Italiani, l’Aifa ha trasmesso un provvedimento che riguarda il ritiro di una partita del medicinale “AUGMENTIN 12 compresse rivestite 875+125 mg”, AIP n. 039785047 della ditta Medifarm.

Il ritiro è stato disposto a seguito delle segnalazioni da parte delle ditte GlaxoSmithKline e Medifarm che riguardavano etichette interne in lingua romena. “Nelle more del ritiro il medicinale non potrà essere utilizzato”, scrive l’Agenzia del farmaco.

La notizia è stata rilanciata da Federconsumatori che però contesta quanto accaduto: sono state coinvolte le farmacie, dice l’associazione, e non i cittadini.

Scrive Federconsumatori: “L’AIFA non smette di stupirci. A fronte di irregolarità sulla produzione di farmaci di largo consumo, veniamo a sapere solo in questi giorni del provvedimento di un mese fa, del 5 dicembre 2014 , che disponeva il ritiro di lotti di Augmentin 12 per il sospetto di essere “impropriamente” prodotti in Romania.

L’allarme, che ha costretto le farmacie a bloccare la vendita e l’utilizzazione del noto antibiotico, ha inspiegabilmente ignorato i cittadini”.

Il risultato, denuncia l’associazione, è che i cittadini non sono stati informati: “Viene spontaneo chiedersi: perché non sono stati avvertiti i cittadini?
Perché non sono stati invitati a verificare le confezioni del prodotto in loro possesso?
E’ necessario fare chiarezza – afferma Federconsumatori – e ribadire il massimo impegno nell’evitare di esporre i cittadini a rischi per la salute”.

Sulla questione è intervenuta anche Konsumer Italia che “invita tutti i cittadini che siano in possesso di una o più confezioni di Augmentin a leggere i “bugiardini” e verificare che non siano scritti in romeno.

In caso contrario, consigliamo ai consumatori di recarsi in farmacia per consegnare lì i medicinali irregolari.

Dopo aver interpellato l’AIFA, ci è stato comunque assicurato – afferma l’associazione – che la ditta Medifarm ha provveduto per tempo a ritirare i farmaci non idonei e non esiste alcun rischio nell’acquistare l’Augmentin in farmacia”.
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leggete questo link


July 08, 2003

Accusa di genocidio contro il BigPharma - gli accusati


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Luglio 8, 2003



Accusa di genocidio contro il BigPharma - la giurisdizione dell'ICC sugli imputati


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Luglio 8, 2003


Accusa di genocidio contro il BigPharma - le prove


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Malati di Alzheimer, Tribunale Milano annulla cartella esattoriale per ricovero in RSA
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Il Tribunale di Milano ha annullato la cartella esattoriale con cui si chiedeva a un cittadino di pagare 118 mila euro per la retta di ricovero della sorella, deceduta, malata di Alzheimer e ricoverata in una RSA.

Nulla può essere chiesto ai malati e ai loro parenti per il ricovero in RSA o in cliniche convenzionate, ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione nel 2012. E ora, spiega Confconsumatori, “anche la giurisprudenza ha iniziato a uniformarsi al dettato della Suprema Corte”.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4558 del 22 marzo 2012, ha stabilito statuito che nulla può essere chiesto ai malati di Alzheimer e ai loro parenti per il ricovero in RSA o in cliniche private convenzionate.

Confconsumatori, che da tempo si occupa del tema e che ha in corso cause analoghe in diverse città d’Italia, ha accolto con entusiasmo la notizia proveniente del Tribunale di Milano, chi si è pronunciato in questi giorni sul tema (sentenza n. 7020/15). Il caso è quello del fratello di una malata di Alzheimer, che aveva proposto opposizione avverso una cartella esattoriale di 118.245,12 euro emessa da Equitalia Nord S.p.a., la quale pretendeva dall’uomo, in qualità di unico erede della malata, il credito vantato dal Comune di Milano nei confronti della sorella, deceduta, in condizioni di non autosufficienza perché affetta da Alzheimer. Tale credito derivava dal pagamento, effettuato dall’ente territoriale, della retta di ricovero presso la RSA Istituto Geriatrico.

Il giudice ha seguito la pronuncia della Cassazione, affermando che: «Le ragioni del ricovero sono da ravvisare nella grave patologia diagnosticata e dalla necessità per la signora di prestazioni di natura sanitaria, rispetto alle quali quelle di natura socio-assistenziale hanno assunto un carattere marginale e accessorio. […] La Corte – si legge nella sentenza – ha concluso che in presenza di una stretta correlazione fra prestazioni sanitarie e assistenziali con prevalenza degli aspetti di natura sanitaria (come nella fattispecie in esame) si determina la totale competenza del Servizio sanitario nazionale, con conseguente non recuperabilità mediante azione di rivalsa nei confronti dei parenti delle prestazioni erogate dal Comune».

Si tratta, spiega Confconsumatori, della prima sentenza favorevole ai cittadini in tema di Alzheimer. Commenta l’avvocato Giovanni Franchi, che sta seguendo diverse cause analoghe: “Era ora che anche i Tribunali dicessero la loro e si uniformassero alla Corte di Cassazione. Le Regioni e i Comuni continuano a comportarsi come se quella sentenza non vi fosse mai stata, chiedendo rette di ricovero a malati e parenti”. L’associazione nei mesi scorsi ha scritto a tutte le Regioni chiedendo di sapere se la normativa regionale si è adeguata alla sentenza della Cassazione del 2012.
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Aromatizzanti, Efsa: aldeide perillica è genotossica
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L’aldeide perillica può provocare danni al dna. Un nuovo studio valutato dagli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) punta i riflettori su un aromatizzante che suscita preoccupazioni per la sicurezza e la salute: si tratta della sostanza p-menta-1,8-diene-7-al, nota anche come “aldeide perillica” o “perillaldeide”, usata per prodotti alimentari da forni, dolci, prodotti a base di carne e bevande per dare odore e sapore di agrumi.

Un nuovo studio sugli animali, valutato dagli esperti dell’Efsa, ha dimostrato la genotossicità (danni al DNA) di questa sostanza aromatizzante.

La pronuncia scaturisce da una revisione della sostanza chiesta nel 2008 dalla Commissione europea.

In precedenza, una valutazione internazionale del 2002 relativa all’aldeide perillica come aromatizzante alimentare diceva che “non desta preoccupazioni sul piano della sicurezza agli attuali livelli di assunzione”.

La revisione è partita nel 2012 quando l’industria degli aromatizzanti ha presentati i primi dati di questa sostanza; nel 2013 gli esperti dell’Efsa hanno concluso che la sostanza era potenzialmente genotossica e hanno richiesto un ulteriore studio per determinare i potenziali effetti sul fegato e sullo stomaco.

Il nuovo studio presentato nel 2014 è al centro dell’attuale parere dell’Efsa, secondo cui l’aldeide perillica causa danni al DNA nel fegato.

Gli esperti hanno rilevato, tuttavia, alcuni punti deboli nei dati di controllo precedenti (riguardanti gli animali da esperimento non esposti alla sostanza specifica in esame) del laboratorio che ha effettuato la sperimentazione.

Per gli esperti esiste un problema di sicurezza, salvo prova contraria, anche per altre nove sostanze chimiche affini all’aldeide perillica e note come “aldeidi alicicliche”.

L’aldeide perillica è un aromatizzante presente naturalmente nella buccia degli agrumi.

È prodotta in quantità limitate e aggiunta ad alcuni prodotti alimentari da forno, dolci, prodotti a base di carne e bevande alcoliche e non alcoliche, per ottenere un odore pungente e agrumato e un sapore legnoso, speziato, di agrumi.
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Per notizia per coloro che hanno subito da poco o che dovranno subire un intervento chirurgico di "VARICOCELE", problema molto comune tra maschi/femmine giovani.
Questo è un controllo medico da fare entro i 16 anni d'età per non andare incontro alla sterilità dopo il matrimonio e che, cmq., spesso si riscontra anche durante le visite mediche per concorsi/arruolamenti.
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A mio figlio il chirurgo ospedaliero ha consigliato, a seguito di tale evento, una cura per 3 MESI per rinforzare la potenza degli spermatozoi poiché a seguito dell'operazione subiscono dei traumi nella sacca scrotale.

La cura comprende l'assunzione di 1 compressa al giorno di FERTIPLUS (15 cp. a scatola) e di 1 compressa al giorno SPERGIN Q10 (16 cp. a scatola), entrambi sono degli integratori alimentari che contribuiscono alla normale fertilità e alla normale riproduzione.

Una delle 2 compresse va presa la mattina e l'altra la sera. Il costo delle 2 scatole varia da Farmacia a Farmacia e da Parafarmacia a Parafarmacia. Io ho provato la prima volta ad acquistarle presso la farmacia ed ho pagato 65,00 €. le altre volte sono sempre andato alla Parafarmacia pagando 56,00 €., ogni 15 giorni, (avendo un risparmio di 9€ per volta).

Alla fine della cura di 3 MESI bisogna fare un esame di laboratorio c.d.: SPERMIGRAMMA completo ( - non parziale - ) per verificare la funzionalità e la potenza del liquido seminale. Detto analisi non viene eseguito in Ospedale o quasi in nessun Ospedale, quindi bisogna recarsi in un laboratorio di analisi poiché non serve la prescrizione medica.
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Ospedale Gemelli informa.

vedi/ leggi e scarica l'informazione in PDF se d'interesse medico-sanitario.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Ricetta elettronica, ecco il decreto del Ministro che stabilisce modalità
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La ricetta elettronica sarà valida in tutte le farmacie d’Italia. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha firmato il decreto che definisce le modalità di dispensazione dei medicinali prescritti su ricetta medica dematerializzata a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

La ricetta sarà utilizzabile presso qualsiasi farmacia presente sul territorio italiano.

Il processo di digitalizzazione del SSN compie un ulteriore passo verso il miglioramento del rapporto costo/qualità dei servizi sanitari, rendendo più omogeneo l’accesso ai servizi nelle diverse aree del Paese, nonché́ semplificando il rapporto tra assistito e SSN.

La nuova ricetta consentirà di garantire un’assistenza migliore e più semplice nel percorso di cura e di verificare l’appropriatezza prescrittiva.

Tracciabilità delle prescrizioni, una più efficace integrazione tra tutti gli operatori sanitari grazie alla sincronizzazione delle attività di prescrizione da parte del medico e di erogazione da parte del farmacista, consentiranno inoltre non solo di controllare l’appropriatezza ma anche di ridurre eventuali truffe e falsificazioni, con un risparmio di tempo e di oneri burocratici.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201503680 - Public 2015-12-29 –


Numero 03680/2015 e data 29/12/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 11 novembre 2015

NUMERO AFFARE 07301/2012

OGGETTO:
Ministero della difesa direzione generale della previdenza militare.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto da -OMISSIS-, -OMISSIS- E.I. per l’annullamento del decreto N. -OMISSIS- (pos. N. -OMISSIS-) in data -OMISSIS-, comunicato all’interessato il -OMISSIS-, nella parte in cui respinge l’istanza di equo indennizzo per l’infermità “Pregressa febbre Deugne”.

LA SEZIONE
Vista la relazione prot. (pos. -OMISSIS-) in data -OMISSIS-, trasmessa con nota prot. MDGPREV-OMISSIS- del -OMISSIS-, pervenuta il giorno 1° agosto successivo, con la quale il Ministero della Difesa (Direzione Generale della Previdenza Militare) ha chiesto il parere sull’affare indicata in oggetto;

Richiamato in fatto quanto espone la riferente Amministrazione;

Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore Consigliere Carlo Visciola;

PREMESSO E CONSIDERATO

FATTO:

Con domanda presentata il -OMISSIS- il -OMISSIS- E.I. -OMISSIS- chiedeva, contestualmente, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo, per l’infermità “PREGRESSA FEBBRE DENGUE” da cui era stato riscontrato affetto con verbale della C.M.O. Sezione di -OMISSIS- del C.M. Medicina Legale di -OMISSIS- mod. ML/AB N. -OMISSIS- in data -OMISSIS-.

Con decreto N. -OMISSIS- del -OMISSIS-, il Direttore della competente Divisione (-OMISSIS-^) del Ministero della Difesa, riconosceva - in conformità al parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio N. -OMISSIS- reso nell’adunanza del -OMISSIS-- l’infermità sofferta dal militare come SI dipendente da causa di servizio, respingendo la richiesta di concessione dell’equo indennizzo per tardività della relativa domanda.

Avverso tale decreto, comunicatagli il -OMISSIS- insorgeva il -OMISSIS-, chiedendone l’annullamento “in parte qua”, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica datato -OMISSIS- e proposto il giorno successivo, a sostegno del quale deduceva:

Violazione ed omessa applicazione degli artt. 11 R.D. 15 aprile 1-OMISSIS-28 N. 1024 e d.p.r. 51 N. 686/1-OMISSIS-57; eccesso di potere per carenza istruttorio, erronea preso posizione dei fatti ed ingiustizia manifesta.

Contrariamente all’assunto dell’Amministrazione, la domanda di equo indennizzo sarebbe stata presentata nel previsto termine semestrale decorrente dalla data di effettiva conoscenza del giudizio formulato dalla C.M.O. in ordine alla dipendenza dell’infermità.

Con relazione in data -OMISSIS-, trasmessa con nota del -OMISSIS- - pervenuta il 1° agosto successivo -, il Ministero della Difesa rappresentava di aver ritenuto opportuno adottare, a seguito di un riesame del fascicolo medico - legale alla luce dell’interposto ricorso straordinario, un atto di ritiro e di aver conseguentemente annullato, con decreto N. -OMISSIS- in data -OMISSIS-, il provvedimento impugnato senza tuttavia poter procedere alla liquidazione dell’invocato equo indennizzo, attesa la non ascrivibilità dell’infermità lamentata - come stabilito dalla C.M.O. -.

L’indicata relazione, con i relativi allegati veniva trasmessa anche all’interessato, con nota prot. -OMISSIS- del -OMISSIS-, che ne aveva fatto espressa richiesta, con la contestuale assegnazione del termine di giorni 30 (trenta) per l’esercizio del diritto di replica.

DIRITTO

Riferisce - e documenta - il Ministero della Difesa che alla luce dell’interposto ricorso straordinario, sottoposti a nuovo esame gli atti del fascicolo medico - legale alla stregua delle censure introdotte dal ricorrente, ha ritenuto opportuno adottare il decreto N. -OMISSIS- in data -OMISSIS- - allegato alla relazione istruttoria inviata anche al ricorrente con nota prot. -OMISSIS- del -OMISSIS- -, con la quale ha annullato in via di autotutela il D.M. N. -OMISSIS- del -OMISSIS-, oggetto del gravame in esame, contestualmente riconoscendo come SI dipendente da causa di servizio l’infermità sofferta dall’interessato e respingendo la relativa richiesta di equo indennizzo attesa la non iscrizione a categoria della tabella “A” e “B” di cui al d.p.r. N. 834/1-OMISSIS-81, della medesima infermità.

Il provvedimento teste citato, assunto in pendenza del gravame e che ha modificato - annullando in via di autotutela il provvedimento oggetto di gravame straordinario e sostituendolo con un “nuovo provvedimento, suscettibile di autonoma impugnativa giurisdizionale o straordinaria, ove ritenuto non satisfattivo dall’interessato della propria sfera giuridica - la situazione di fatto e di diritto esistente al momento della presentazione del ricorso straordinario ha comportato, secondo pacifica giurisprudenza di questo Consiglio, l’improcedibilità del ricorso in esame (cfr. “ex plurimis”: Sezione Quarta, 26 febbraio 2013 N. 1184 e 4 marzo 2011 N. 1413; pareri sezione seconda N. 2-OMISSIS-54/2014 in data 1-OMISSIS- settembre 2014; 1507/2013 in data 21 marzo 2013) per sopravvenuta carenza di interesse.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art.22, comma 8 D.lg.s. 1-OMISSIS-6/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carlo Visciola Sergio Santoro




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La notizia d oggi.
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Sangue infetto, Corte di Stasburgo condanna Italia a risarcire 10 milioni alle vittime


Italia condannata a risarcire per oltre 10 milioni di euro i cittadini infettati con trasfusioni di sangue o emoderivati infetti. La condanna arriva dalla Corte europea dei diritti umani che ha accolto 371 ricorsi. I cittadini che hanno fatto ricorso a Strasburgo sono in tutto 889, nati tra il 1921 e il 1993, residenti in Italia e in Australia, che sono stati infettati da vari virus (Hiv, Epatite B e C) dopo trasfusioni effettuate durante cicli di cure o interventi chirurgici.

In 7 casi la Corte ha stabilito risarcimenti per danni materiali dai 73mila ai 350mila euro poiché lo Stato italiano ha violato il diritto dei pazienti a un equo processo e al rispetto alla proprietà privata. Per gli altri casi la Corte ha stabilito la violazione del diritto alla vita dei ricorrenti a causa della durata dei procedimenti: per ciascuno di loro è stato fissato un risarcimento per danni morali che varia tra i 20 e i 35mila euro.

L’Italia ha 6 mesi di tempo da quando la sentenza sarà definitiva per “stabilire una data inderogabile” entro cui si impegna a pagare.

Il Ministero della Salute si affretta a precisare: “La Corte, pur avendo riconosciuto per tutti quei casi risalenti agli anni ’90 la violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo relativamente al diritto ad un equo processo ed ad un ricorso effettivo, ha affermato che la procedura di cui all’art. 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 – la cui introduzione è stata fortemente voluta dal Ministro Lorenzin – che riconosce ai soggetti danneggiati, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro determinata nella misura di euro 100.000, costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati”.

“Ancora una volta l’Italia risulta in ritardo, gravemente inadempiente – commenta Federconsumatori – e di conseguenza viene condannata ad ottemperare all’obbligo di risarcire i danni ai cittadini infettati a seguito di trasfusioni, come già previsto da più sentenze della nostra Cassazione.

Il nostro Paese subisce oggi anche la beffa di una ulteriore e altrettanto autorevole condanna: non solo per i gravi ritardi nel definire le necessarie condizioni di sicurezza da assicurare ai pazienti bisognosi di trasfusioni, ma anche, negli ultimi anni, per i continui rinvii dei dovuti risarcimenti. Ritardi che le associazioni dei pazienti sospettano finalizzati a fiaccare la volontà di ottenere il giusto risarcimento.

A fronte della delicata questione del sangue infetto, che ha causato gravi danni alle centinaia di pazienti contagiati, Federconsumatori ritiene doveroso sostenere i diritti di pazienti innocenti, che per curarsi subiscono il danno di contrarre nuove e gravi patologie.
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Sangue infetto: Corte di Strasburgo condanna l'Italia
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14/01/2016) La Corte di Strasburgo condanna l’Italia al risarcimento delle persone colpite da sangue infetto. A fare ricorso alla Corte di Strasburgo tra il 2012 e il 2013 sono stati più di 800 italiani nati tra il 1921 e il 1993 che nel corso degli anni sono stati infettati in seguito a trasfusioni.

In particolare la Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire più di 350 cittadini infettati da vari virus (Aids, epatite B e C) attraverso le trasfusioni di sangue che hanno effettuato durante un ciclo di cure o un'operazione. Si prevedono risarcimenti per oltre 10 milioni di euro.

Il ministero della Salute in tal senso precisa che la Corte, “pur avendo riconosciuto per tutti quei casi risalenti agli anni ’90 la violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo relativamente al diritto ad un equo processo ed ad un ricorso effettivo, ha affermato che la procedura di cui all’art. 27-bis del decreto-legge n. 90/2014 - la cui introduzione è stata fortemente voluta dal Ministro Lorenzin –, che riconosce ai soggetti danneggiati, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro determinata nella misura di euro 100.000, costituisce un rimedio interno, del tutto compatibile con le previsioni della Convenzione e in grado di assicurare un adeguato ristoro ai soggetti danneggiati”.

Infine l’Api, l'Associazione politrasfusi italiani, riconosce che si tratta di un “importante riconoscimento, ma sicuramente non basta e non ci soddisfa completamente”.
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