vittima del dovere -respinto ricorso

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avt8
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vittima del dovere -respinto ricorso

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8914 del 2009, proposto da:
Massimo Addio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberto Valentino e Valeria Coppola, con domicilio eletto presso Roberto Valentino in Roma, Via Antonio Locatelli, 1;


contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;


per l'annullamento

del decreto della Direzione Generale delle Pensioni Militari del Collocamento al Lavoro dei Volontari Congedati e della Leva del Ministero della Difesa con cui veniva rigettata l’istanza prodotta dal ricorrente volta ad ottenere i benefici di cui all’art. 1, commi 563 e 564, della legge n.266 del 2005;

e per l’accertamento

del diritto dell’istante a percepire i benefici previsti dall’art. 3 della legge 13 agosto 1980 n.496 e la conseguente condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento delle relative somme, maggiorate di interessi e rivalutazione;




Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Francesco Riccio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

Con il ricorso, notificato il 29 marzo 2013 e depositato il successivo 23 aprile, l’interessato, in qualità di Caporal maggiore in servizio, all’epoca dei fatti, presso il BTG Logistico Brigata Garibaldi impiegato a Sarajevo in una missione internazionale per conto dell’ONU, ha impugnato l’atto meglio specificato in epigrafe perché lesivo del proprio interesse connesso al diritto alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 3 della legge 13agosto 1980 n. 496, di cui si chiede contestualmente l’accertamento, unitamente alla condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento delle somme spettanti, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.

Al riguardo, il medesimo ha prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui identifica e qualifica il fatto causativo del danno: in sostanza indebitamente la p.a. avrebbe riconosciuto le circostanze dell’evento dannoso come irrilevanti, mancando nella fattispecie in esame il requisito dell’altruità dell’azione.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa con atto meramente formale e depositando apposita relazione della Direzione Generale delle Pensioni Militari e del Collocamento al Lavoro dei Volontari congedati e della Leva.

All’udienza del 29 ottobre 2014 la causa è stata posta in decisione.

Il Collegio osserva che, ai sensi dell'art. 1, comma 563, della legge n. 266 del 2005, per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all’articolo 3 legge n. 466/1980 e, in genere, gli altri dipendenti pubblici che abbiano riportato una invalidità nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di eventi determinati (contrasto ad ogni tipo di criminalità; svolgimento di servizi di ordine pubblico; vigilanza ad infrastrutture civili e militari; in operazioni di soccorso; attività di tutela della pubblica incolumità; impiego internazionale); in virtù del comma 564 del medesimo articolo sono equiparati ai soggetti citati coloro che abbiano subito un medesimo evento in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

Le norme citate evidenziano chiaramente che l'infermità debba essere in rapporto di causalità immediata e diretta ("per effetto diretto") con le lesioni subite per causa di servizio.

Il dato letterale delle norme, da valutare alla luce dell'eccezionalità del meccanismo premiale che assicurano, evidenzia l'insufficienza della sussistenza di una ordinaria causa di servizio, ovvero del nesso causale (nella specie acclarato), tra la patologia e l'espletamento del servizio, richiedendo il quid pluris della specifica presenza di una ferita o lesione riportata nel corso di un evento di servizio.

Il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità o di una lesione non coincide, infatti, con il presupposto richiesto per l'attribuzione dei benefici spettanti alle vittime del dovere o ai loro congiunti, differenziandosi i due istituti - in particolare - per l'ambito e l'intensità del rapporto causale tra attività lavorativa ed evento protetto.

Per il riconoscimento della invalidità permanente è stato sufficiente assolvere l'onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell'affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita.

Per il sorgere del diritto alla speciale elargizione prevista dalla legge per le vittime del dovere, non basta, dunque, che l'evento lesivo sia genericamente connesso all'espletamento di funzioni di istituto, ma occorre pure che sia dipendente da un rischio specificamente attinente a individuate operazioni di polizia preventiva o repressiva, all'espletamento di attività di soccorso ovvero volte alla tutela della pubblica incolumità.

Occorre, in sostanza, che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all'attività di istituto e sia riconducibile a determinate circostanze del servizio.

Nella specifica materia la giurisprudenza ha, infatti, affermato che ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 13 agosto 1980 n. 466 per aver diritto alla speciale elargizione prevista a favore delle vittime del dovere o di azioni terroristiche non è sufficiente che i fatti che hanno causato l'evento siano connessi con l'espletamento di funzioni d'istituto, ma occorre che l'evento sia dipendente da rischi specifici attinenti a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all'espletamento di attività di soccorso (ex plurimis: Cons. di Stato, Sez. IV, n. 227/96).

Ma altra giurisprudenza ha precisato che la specificità del rischio va valutata, di volta in volta, nel contesto della circostanza in cui le operazioni si sono svolte (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 313/98), come pure va valutato il particolare stato di tensione del momento (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 164/87).

Nella specie, è pacifico che non si sia trattato nemmeno di un’ordinaria attività di servizio, ma unicamente di una condotta posta in essere senza la necessaria diligenza nella manipolazione degli ordigni esplosivi. Ciò rende inapplicabile il comma 563 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 2005 n. 266 il quale così si esprime: “Per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui all'articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi……. c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.

Infatti, al riguardo, dalla relazione depositata in giudizio dalla suindicata Direzione Generale del Ministero della Difesa, si evince (senza alcuna smentita in fatto da parte della difesa del ricorrente) che, in data 24 gennaio 1996, come è desumibile dalle dichiarazioni testimoniali redatte e rilasciate da altri commilitoni presenti, il ricorrente, mentre era seduto insieme ad altri commilitoni, tra i quali tre portoghesi, veniva travolto dall’esplosione conseguente ad un incerto maneggio di un ordigno esplosivo che da uno di questi ultimi veniva mostrato ai commilitoni italiani.

Sul caso di specie le testimonianze allegate escludono che tale evento dannoso sia stato frutto di un’operazione bellica e di prevenzione, anzi mettono in risalto che la medesima esplosione sia dovuta ad incuria e superficialità di alcuni commilitoni nel periodo immediatamente successivo alla somministrazione della cena e nell’ambito dei locali destinati al riposo.

L’attività posta in essere, oltre a non rientrare nelle normali attività d'istituto deputate alla manutenzione degli ordigni esplosivi, è da addebitare unicamente alla colpa dei militari che hanno posto in essere una condotta deprecabile e connotata giustamente dall’Amministrazione resistente da negligenza ed imprudenza.

Il rischio specifico delle operazioni poste in esse non era, dunque, reale, tenuto anche conto della assenza di un particolare stato di tensione, atteso che le circostanze accertate dimostrano altresì che il contesto ambientale era quello dei luoghi deputati alla somministrazione dei pasti e del riposo (camerata).

Ed invero, l'ordinamento riconosce la speciale elargizione di cui si discute come espressione del dovere di solidarietà sociale che incombe in presenza di fatti dai quali alcuni cittadini (militari o civili) sono colpiti nell'adempimento di doveri specifici e particolari che travalicano quelli propri d'istituto e che sono svolti a difesa degli interessi dell'intera comunità (Cfr. TAR Lazio, Sez. I/ter, 2 agosto 2013 n. 7807).

Il provvedimento impugnato resiste, dunque, alle rubricate censure mentre la domanda di accertamento s’appalesa infondata per mancanza dei presupposti legittimanti la richiesta dei postulati benefici economici.

Il ricorso è, pertanto, infondato e va, perciò, respinto.

La natura e la particolarità della questione prospettata inducono a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio


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