legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Salve a tutti.
per usufruire della "legge 100" (indennizzo economico), c'è un kilometraggio minimo (oltre 12 km???).
e se è trasferimento ad altra sede a più di 12 km, ma nello stesso Comune, spetta?
ciao e grazie.
per usufruire della "legge 100" (indennizzo economico), c'è un kilometraggio minimo (oltre 12 km???).
e se è trasferimento ad altra sede a più di 12 km, ma nello stesso Comune, spetta?
ciao e grazie.
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Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Messaggio da luigino2010 »
Ciao Mister No,
la ex legge 100 adesso si chiama LEGGE 29 marzo 2001, n.86 , è un indennità di trasferimento e spetta a seguito di trasferimento d' Autorità, da un comune diverso da quello di provenienza , quindi ad esempio roma per roma non spetta, ti allego la legge:
LEGGE 29 marzo 2001, n.86
Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
Art. 1.
(Indennita' di trasferimento)
1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorita' ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennita' mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
2. L'indennita' di cui al comma 1 e' ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio.
3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio puo' optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l'alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi. Al rimborso di cui al presente comma si applica l'articolo 48, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
4. L'indennita' di cui al comma 1 del presente articolo compete anche al personale in servizio all'estero ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, 27 luglio 1962, n. 1114, e 27 dicembre 1973, n. 838, e successive modificazioni, all'atto del rientro in Italia.
Ciao
la ex legge 100 adesso si chiama LEGGE 29 marzo 2001, n.86 , è un indennità di trasferimento e spetta a seguito di trasferimento d' Autorità, da un comune diverso da quello di provenienza , quindi ad esempio roma per roma non spetta, ti allego la legge:
LEGGE 29 marzo 2001, n.86
Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente legge:
Art. 1.
(Indennita' di trasferimento)
1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorita' ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennita' mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
2. L'indennita' di cui al comma 1 e' ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio.
3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio puo' optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l'alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi. Al rimborso di cui al presente comma si applica l'articolo 48, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
4. L'indennita' di cui al comma 1 del presente articolo compete anche al personale in servizio all'estero ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, 27 luglio 1962, n. 1114, e 27 dicembre 1973, n. 838, e successive modificazioni, all'atto del rientro in Italia.
Ciao
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
A quanti potrà interessare c'è questa importante sentenza sulla legge 100/87.
N. 02928/2010 REG.DEC.
N. 00738/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 738 del 2002, proposto dai signori L…. V… e M…. G…, rappresentati e difesi dagli avv.ti ……, con domicilio eletto in Roma, viale Giulio Cesare …, presso l’avv. R….;
contro
il Ministero dell'Interno ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione 2ª n. 00911/2001, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2010 il Consigliere Anna Leoni e uditi per gli appellanti l’avvocato P…., su delega dell’avv. C…;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori L… V…. e M… G…. hanno proposto ricorso al TAR della Liguria chiedendo il riconoscimento del diritto alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. 10 marzo 1987, n. 100.
I suddetti, rispettivamente colonnello e maresciallo aiutante della Guardia di finanza, sostengono di aver titolo al predetto trattamento economico di missione in relazione al loro trasferimento d’autorità da T…. a G… e l’assegnazione alla sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica del Tribunale di G…..
Il primo giudice, accogliendo l’eccezione dell’Avvocatura dello Stato, intervenuta a difesa delle Amministrazioni intimate, ha ritenuto che l’indennità richiesta non spetti, in quanto prescritta ex art. 2948 c.c.
La sentenza viene appellata dai soccombenti V… e G…., i quali contestano la statuizione di intervenuta prescrizione, sia perché non si applicherebbe alla indennità in questione l’art. 2948 nn. 4 e 5, cod. civ., non essendo crediti lavorativi, sia perché comunque si applicherebbe la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., come ogniqualvolta è necessario un provvedimento ricognitivo dei presupposti di fatto da parte della Pubblica amministrazione.
Superata la questione di prescrizione, si sostiene la fondatezza della pretesa agita avanti al TAR sulla scorta di giurisprudenza formatasi in materia.
Le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
Le parti appellanti, con successiva memoria, hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi.
Il ricorso in appello è fondato.
Va, anzitutto affrontata la censura relativa all’erronea applicazione del termine di prescrizione quinquennale, ex art. 2948, n. 4 c.c., laddove, nella specie, opererebbe l’ordinario termine decennale, trattandosi di credito non discendente direttamente dalla legge, bensì insorgente a seguito di uno specifico provvedimento ricognitivo dell’Amministrazione.
La tesi è fondata.
La prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso (cfr. VI Sez., n. 4149/00). In questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.
Il caso concreto può farsi rientrare in tale ipotesi, posto che la speciale indennità accordata ai militari dalla L. n. 100 del 1987, che non ha natura retributiva, ma di ristoro dei disagi che l’interessato affronta nel reperire una diversa sistemazione in una nuova sede di servizio ( cfr. IV Sez., n. 5239/08) non può essere riconosciuta senza che l’Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l’attribuzione del beneficio economico in questione (cfr. VI Sez. n. 1042/02).
Le conclusioni di cui sopra consentono di affrontare il merito della spettanza o meno della indennità in questione.
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della l. n. 100/1987, “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
L’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 prevede, al comma 1, che “gli interessati all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda all’amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze indicando, se lo ritengono, tre sedi di preferenza” e, al comma 3, che, “Quando mancano le domande o queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale, individuato a norma del comma 2, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini dell'assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze”.
La sezione condivide l’orientamento giurisprudenziale (cfr., fra le altre, VI Sez., n. 71 del 2001) secondo cui il discrimine tra trasferimento d'ufficio e a domanda del personale delle forze armate debba cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l'interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione, mentre la domanda prevista dall'art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni (Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6624 e 24 maggio 1995, n. 353).
E’ vero che, successivamente al ricorso di primo grado e alla sentenza appellata, è intervenuto l’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui “L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”.
Siffatta norma, tuttavia, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente a quanto accade nel caso di specie - che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest'ultima; e, infine, non adotti un'opzione ermeneutica non desumibile dall'ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati alla certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Cons. Stato, sez. IV: 20 aprile 2006, n. 2247; 7 aprile 2006, n. 1928; 1° marzo 2006, n. 970; 7 marzo 2005, n. 872).
Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e dichiarato il diritto degli appellanti alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. n. 100/1987. Le spese del doppio grado di giudizio vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, accoglie il ricorso in appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e dichiara il diritto degli appellanti alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. n. 100/1987.
Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3000,00.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 16 febbraio 2010 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Luigi Cossu, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere, Estensore
Vito Carella, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2010
N. 02928/2010 REG.DEC.
N. 00738/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 738 del 2002, proposto dai signori L…. V… e M…. G…, rappresentati e difesi dagli avv.ti ……, con domicilio eletto in Roma, viale Giulio Cesare …, presso l’avv. R….;
contro
il Ministero dell'Interno ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione 2ª n. 00911/2001, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2010 il Consigliere Anna Leoni e uditi per gli appellanti l’avvocato P…., su delega dell’avv. C…;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori L… V…. e M… G…. hanno proposto ricorso al TAR della Liguria chiedendo il riconoscimento del diritto alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. 10 marzo 1987, n. 100.
I suddetti, rispettivamente colonnello e maresciallo aiutante della Guardia di finanza, sostengono di aver titolo al predetto trattamento economico di missione in relazione al loro trasferimento d’autorità da T…. a G… e l’assegnazione alla sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica del Tribunale di G…..
Il primo giudice, accogliendo l’eccezione dell’Avvocatura dello Stato, intervenuta a difesa delle Amministrazioni intimate, ha ritenuto che l’indennità richiesta non spetti, in quanto prescritta ex art. 2948 c.c.
La sentenza viene appellata dai soccombenti V… e G…., i quali contestano la statuizione di intervenuta prescrizione, sia perché non si applicherebbe alla indennità in questione l’art. 2948 nn. 4 e 5, cod. civ., non essendo crediti lavorativi, sia perché comunque si applicherebbe la prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., come ogniqualvolta è necessario un provvedimento ricognitivo dei presupposti di fatto da parte della Pubblica amministrazione.
Superata la questione di prescrizione, si sostiene la fondatezza della pretesa agita avanti al TAR sulla scorta di giurisprudenza formatasi in materia.
Le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
Le parti appellanti, con successiva memoria, hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi.
Il ricorso in appello è fondato.
Va, anzitutto affrontata la censura relativa all’erronea applicazione del termine di prescrizione quinquennale, ex art. 2948, n. 4 c.c., laddove, nella specie, opererebbe l’ordinario termine decennale, trattandosi di credito non discendente direttamente dalla legge, bensì insorgente a seguito di uno specifico provvedimento ricognitivo dell’Amministrazione.
La tesi è fondata.
La prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso (cfr. VI Sez., n. 4149/00). In questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.
Il caso concreto può farsi rientrare in tale ipotesi, posto che la speciale indennità accordata ai militari dalla L. n. 100 del 1987, che non ha natura retributiva, ma di ristoro dei disagi che l’interessato affronta nel reperire una diversa sistemazione in una nuova sede di servizio ( cfr. IV Sez., n. 5239/08) non può essere riconosciuta senza che l’Amministrazione abbia valutato le posizioni individuali dei soggetti contemplati dalla norma, al fine di accertare la sussistenza delle condizioni richieste per l’attribuzione del beneficio economico in questione (cfr. VI Sez. n. 1042/02).
Le conclusioni di cui sopra consentono di affrontare il merito della spettanza o meno della indennità in questione.
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della l. n. 100/1987, “a decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, trasferito d’autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.
L’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 prevede, al comma 1, che “gli interessati all’assegnazione alle sezioni di polizia giudiziaria presentano domanda all’amministrazione di appartenenza entro trenta giorni dalla pubblicazione delle vacanze indicando, se lo ritengono, tre sedi di preferenza” e, al comma 3, che, “Quando mancano le domande o queste sono in numero inferiore al triplo delle vacanze, ciascuna amministrazione indica al procuratore generale, individuato a norma del comma 2, coloro che possono essere presi in considerazione ai fini dell'assegnazione alle sezioni sino a raggiungere, tenendo conto anche delle eventuali domande, un numero triplo a quello delle vacanze”.
La sezione condivide l’orientamento giurisprudenziale (cfr., fra le altre, VI Sez., n. 71 del 2001) secondo cui il discrimine tra trasferimento d'ufficio e a domanda del personale delle forze armate debba cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l'interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Ne consegue che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d'autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l'interesse dell'amministrazione, mentre la domanda prevista dall'art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all'assegnazione alle suddette sezioni (Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2000, n. 6624 e 24 maggio 1995, n. 353).
E’ vero che, successivamente al ricorso di primo grado e alla sentenza appellata, è intervenuto l’art. 3, comma 74, della l. 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui “L'articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell'applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”.
Siffatta norma, tuttavia, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente a quanto accade nel caso di specie - che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest'ultima; e, infine, non adotti un'opzione ermeneutica non desumibile dall'ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l'efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati alla certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Cons. Stato, sez. IV: 20 aprile 2006, n. 2247; 7 aprile 2006, n. 1928; 1° marzo 2006, n. 970; 7 marzo 2005, n. 872).
Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e dichiarato il diritto degli appellanti alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. n. 100/1987. Le spese del doppio grado di giudizio vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, accoglie il ricorso in appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e dichiara il diritto degli appellanti alla corresponsione del beneficio economico di cui all’art. 1 della l. n. 100/1987.
Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3000,00.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 16 febbraio 2010 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Luigi Cossu, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere, Estensore
Vito Carella, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/05/2010
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Questa sentenza del Tar Lazio riguarda il trasferimento alle Sezioni di Polizia Giudiziaria ed è stato accolto in favore di 2 Carabinieri.
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N. 04650/2011 REG.PROV.COLL.
N. 07005/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. di registro generale 7005 del 2004, proposto da OMISSIS, rappresentati e difesi, da ultimo, dall'avv. Cinzia Meco, e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Nomentana 91;
contro
il Ministero della difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per la declaratoria (e conseguente condanna dell'Amministrazione)
del loro diritto alla corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, con interessi e rivalutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 16 febbraio 2011 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato in verbale;
Considerato che i ricorrenti, appartenenti all'Arma dei carabinieri, sono stati trasferiti in date diverse a sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica;
Considerato che essi ricorrono al T.a.r. perché venga accertato il loro diritto alla corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, sostenendo in proposito che i trasferimenti di cui sopra non sono trasferimenti a domanda ma trasferimenti d'autorità;
Considerato che, come rilevato dai ricorrenti, la questione ha formato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali favorevoli alla tesi in ricorso, le quali hanno rilevato che il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle forze armate e di polizia deve cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Con la conseguenza che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d’autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l’interesse dell’Amministrazione, mentre la domanda prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all’assegnazione alle suddette sezioni (v., per tutte, C.d.S., Sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2928);
Considerato altresì che anche l’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (secondo cui “l’articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell’applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”) è interpretato dalla prevalente giurisprudenza in senso favorevole alla tesi del ricorso, nella considerazione che siffatta norma, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente a quanto accade nel caso di specie – che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest’ultima; e, infine, non adotti un’opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati alla certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (v. la citata decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010);
Ritenuto pertanto, in adesione al citato indirizzo giurisprudenziale, che il ricorso debba essere accolto;
Ritenuto che le spese di giudizio, in considerazione dei dubbi interpretativi alla data del gravame, debbano essere compensate ai sensi dell'articolo 92 del codice di procedura civile.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe.
Per l'effetto, dichiara il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 16 febbraio e del 13 aprile 2011.
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2011
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N. 04650/2011 REG.PROV.COLL.
N. 07005/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. di registro generale 7005 del 2004, proposto da OMISSIS, rappresentati e difesi, da ultimo, dall'avv. Cinzia Meco, e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Nomentana 91;
contro
il Ministero della difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per la declaratoria (e conseguente condanna dell'Amministrazione)
del loro diritto alla corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, con interessi e rivalutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 16 febbraio 2011 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato in verbale;
Considerato che i ricorrenti, appartenenti all'Arma dei carabinieri, sono stati trasferiti in date diverse a sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica;
Considerato che essi ricorrono al T.a.r. perché venga accertato il loro diritto alla corresponsione dell'indennità di cui all'articolo 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100, sostenendo in proposito che i trasferimenti di cui sopra non sono trasferimenti a domanda ma trasferimenti d'autorità;
Considerato che, come rilevato dai ricorrenti, la questione ha formato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali favorevoli alla tesi in ricorso, le quali hanno rilevato che il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle forze armate e di polizia deve cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative. Con la conseguenza che il trasferimento di unità di personale presso le sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d’autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l’interesse dell’Amministrazione, mentre la domanda prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989 è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all’assegnazione alle suddette sezioni (v., per tutte, C.d.S., Sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2928);
Considerato altresì che anche l’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (secondo cui “l’articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza è da considerare, ai fini dell’applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”) è interpretato dalla prevalente giurisprudenza in senso favorevole alla tesi del ricorso, nella considerazione che siffatta norma, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente a quanto accade nel caso di specie – che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest’ultima; e, infine, non adotti un’opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati alla certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (v. la citata decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010);
Ritenuto pertanto, in adesione al citato indirizzo giurisprudenziale, che il ricorso debba essere accolto;
Ritenuto che le spese di giudizio, in considerazione dei dubbi interpretativi alla data del gravame, debbano essere compensate ai sensi dell'articolo 92 del codice di procedura civile.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe.
Per l'effetto, dichiara il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 16 febbraio e del 13 aprile 2011.
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2011
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Questa sentenza del Consiglio di Stato riguarda il "diniego di corresponsione dell’indennità di trasferimento di sede" in ambito stessa Provincia per il trasferimento dell’intero gruppo aereonavale di stanza a G..... nella nuova sede di T.......-
Menomale che i colleghi della Guardia di Finanza hanno fatto ricorso e l'hanno vinto.
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20/07/2011 201104376 Sentenza 4
N. 04376/2011REG.PROV.COLL.
N. 04084/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4084 del 2009, proposto dal:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, e dal Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante Generale in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso la sede di detta Avvocatura;
contro
i sigg. (congruo numero di persone- OMISSIS), con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Danilo Pagliari, in Roma, via Francesco Crispi n. 36;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia – sede di Lecce – Sezione I^ - n. 482 del 16 marzo 2009, resa tra le parti, concernente il diniego di corresponsione dell’indennità di trasferimento di sede;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dei sigg. OMISSIS con il quale hanno controdedotto alle avverse tesi esposte nell’appello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – E’ appellata la sentenza del TAR Puglia, sede di Lecce, n. 482 del 16 marzo 2009 che ha accolto il ricorso proposto dal sig. N. P. ed altri quattordici militari del Corpo della Guardia Finanza per l’annullamento del provvedimento n. OMISSIS, datato 23.5.2003 , del Comando Centro Navale di Formia di detto Corpo, con il quale è stato negato il diritto dei ricorrenti a vedersi corrisposta l’indennità di prima sistemazione di cui alla legge n.863 del 1973 e l’indennità ex lege n. 86 del 2001, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o conseguente, anche non conosciuto, nonché per l’accertamento del relativo diritto dalla data di trasferimento e per la condanna dell’Amministrazione al pagamento di dette indennità, oltre interessi e rivalutazione dal dì del sorgere del diritto a detta indennità a quello di effettivo soddisfo della pretesa economica.
In particolare, detto Giudicante di prime cure ha ritenuto che il trasferimento dell’intero gruppo aereonavale di stanza a G…. nella nuova sede di T….., con decorrenza dal 26 giugno 2002, costituisca trasferimento autoritativo, ai sensi delle citate leggi, che ha determinato inequivocabilmente un mutamento della loro sede di servizio per cui spettano le indennità rivendicate, situandosi la nuova sede di servizio (T…..) in un comune diverso da quello di provenienza (G…..).
Ha soggiunto che non può, pertanto, essere condivisa la tesi della amministrazione la quale eccepisce la sussistenza, nella specie, di un trasferimento c.d. figurativo -tale dovendo intendersi il movimento di personale dipendente cui però non si riconnetta un cambiamento dell’area di operatività- in quanto “…la tesi in questione non è coerente al dato normativo di riferimento il quale non autorizza affatto la distinzione prospettata dalla difesa erariale tra trasferimento figurativo e trasferimento effettivo. Ciò che conta è che il trasferimento abbia provocato un cambiamento della sede di servizio , ossia il materiale esercizio della attività lavorativa in un luogo fisico diverso da quello di provenienza, indipendentemente dalla area di operatività o dagli incarichi ricoperti dal militare dipendente…”.
Ha concluso, infine, il Giudice di primo grado affermando che, conseguentemente, “…al mutamento della sede di servizio si correla, così, la necessità di compensare il disagio subito dal dipendente il quale ha, dunque, diritto a percepire la indennità di trasferimento nei termini previsti dalla disciplina di settore…” e che “…analoghe considerazioni possono svolgersi a favore del diritto dei ricorrenti a percepire la indennità di prima sistemazione, contemplata dalla legge 18 dicembre 1978 n.836…” in quanto “…anche detta provvidenza , nell’impianto disegnato dal legislatore del 1978, risulta doverosamente spettante, posto che l’art 21 della legge da ultimo citata riconosce l’indennità in parola al dipendente trasferito tout court , senza ulteriori specificazioni ma prevedendo, semmai, una decurtazione in caso di mancato trasferimento nella nuova sede di servizio della famiglia del dipendente…”.
2. – Con l’appello in epigrafe il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Comando generale della Guardia di Finanza hanno chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi di diritto:
i)- irricevibilità del ricorso introduttivo di primo grado in quanto proposto tardivamente rispetto alla data di emanazione del primo provvedimento di impiego nella nuova sede;
ii)- infondatezza delle pretese indennitarie avanzate poiché difetterebbe un reale trasferimento di sede essendosi verificata una semplice ridislocazione per motivi logistici di un intero reparto nel medesimo ambito territoriale di influenza (nella specie dalla sede di G…… e quella “prossima” (poco più di dieci Km) di T……) che, alla stregua della costante giurisprudenza del Giudice Amministrativo, non costituirebbe presupposto sufficiente al riconoscimento delle rivendicate indennità di trasferimento e di prima sistemazione.
3. – Con ordinanza n. 2989, emessa nella Camera di Consiglio del 9 giugno 2009, la Sezione accoglieva l’istanza cautelare delle appellanti Amministrazioni di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
4. – Si sono costituiti in giudizio i militari appellati con controricorso con il quale hanno diffusamente argomentato in ordine all’infondatezza dell’appello del quale hanno chiesto la reiezione.
5. – All’udienza pubblica del 24 maggio 2011 l’appello è stato introitato per la decisione.
6 – Tutto ciò premesso, in punto di fatto, può darsi ingresso all’esame dei motivi di appello.
6. 1 – Il primo di essi, con il quale si eccepisce l’irricevibilità del ricorso di primo grado, è infondato perché oggetto del giudizio non è il provvedimento di trasferimento dei militari appellati e, quindi, la connessa questione della legittimità o meno dello stesso provvedimento, bensì la spettanza o meno della pretesa economica connessa, sulla quale, peraltro, l’Amministrazione si era inizialmente espressa una prima volta, ancorché in via interlocutoria, in modo non sfavorevole agli appellati (cfr. nota n. 30686 del 7 novembre 2002, citata dagli appellati senza essere smentiti sul punto) tanto da ritenere necessario rimettere la questione ed ogni definitiva decisione al Comando Generale del Corpo.
6.2 – Né diversa sorte può avere il secondo motivo di appello che, pertanto, deve considerarsi infondato, per le seguenti considerazioni.
Osserva il Collegio che la giurisprudenza della Sezione -formatasi con le decisioni n. 1262 del 1998, n. 3099 del 2000 e n. 4760 del 2005 e richiamata sia nell’appello, sia nell’ordinanza cautelare emessa nel corso del presente grado di giudizio- si è formata sulla previgente regolamentazione della fattispecie (legge n.100 del 1987) che collegava l’indennità di trasferimento all’indennità di missione e poneva un limite chilometrico minimo (10 Km), invece assente nella vigente legislazione in materia;
La nuova disciplina di cui alla legge n. 86 del 29 marzo 2001, applicata nella fattispecie, non prevede più, infatti, alcun minimo chilometrico e la giurisprudenza formatasi di recente sull’interpretazione da darsi a detta nuova normativa (C.G.A.R.S. n. 1071 del 2009 e C.d.S., sez. VI^, n. 8211 del 2010) ha chiarito che con il cambiamento della sede di servizio mediante trasferimento in Comune diverso da quello precedente spetta l’indennità di trasferimento se questo è disposto di autorità.
Infatti, detta giurisprudenza, che il Collegio condivide, ha affermato che l’indennità di trasferimento di cui si discute ha una sua specifica ed autonoma disciplina, che è basata su presupposti compiutamente regolati dalla nuova norma così riassumibili: - trasferimento del militare di autorità; - predeterminazione del criterio di quantificazione dell’indennità non più rda ricavare mediante rinvio ad altre disposizioni; - ubicazione della nuova sede di servizio in Comune diverso da quello di provenienza.
Né, a parere del Collegio, può essere validamente opposto il rilievo della “…nuova dislocazione nello stesso ambito territoriale del reparto militare…”, quale presupposto legittimante il diniego, sia perché la norma non prevede la valutazione di un tale elemento, sia perché, in ogni caso, nel caso in esame, l’ambito territoriale militare di T……. é diverso da quello di Gr……, dipendendo le relative sedi militari da distinti Comandi, come hanno affermato gli appellati militari senza essere smentiti sul punto dalla difesa dell’Amministrazione;
Inoltre, quand’anche volesse ritenersi ancora applicabile nel nuovo regime la condizione della distanza minima di 10 Km prevista dalla previgente disciplina, pur tuttavia l’Amministrazione avrebbe dovuto riconoscere agli appellati l’indennità di trasferimento e di prima sistemazione perché, con riferimento alla prima di dette misure, la distanza tra i Comuni di T…… e Gr…… è ben superiore ai citati 10 Km (circa 20) e, quanto alla seconda, è la stessa Amministrazione che ne ha escluso l’applicabilità più volte anche con circolari, come riferito dagli appellati senza essere smentiti da controparte neppure su tale punto.
Infine, va segnalato che, in altri casi (cfr. ad es. nota n. 10690 del 14 luglio 2004 del Comando aereonavale della Guardia di Finanza) è stata già condivisa tale interpretazione della legge n. 86 del 2001, laddove è stata riconosciuta la diversità concreta della disciplina recata da detta legge, rispetto a quella previgente e si è affermato che rileva esclusivamente il dato che il Comune in cui si è chiamati a lavorare sia diverso da quello in cui precedentemente si prestava servizio, così esprimendo l’avviso che rileva, ai fini della citata legge n. 86 del 2001, esclusivamente il concreto spostamento fisico della sede di lavoro che, nella specie, è materialmente avvenuto da Gr……… a T……..
Consegue che il “trasferimento figurativo” richiamato nelle difese delle appellanti Amministrazioni è ipotizzabile, alla luce della nuova regolamentazione del 2001, soltanto quando il mutamento della sede istituzionale dell’Unità militare non comporti materialmente il trasferimento del personale dalla precedente sede fisica a quella nuova esistente in un Comune diverso dal precedente.
7. – In conclusione l’appello è infondato e come tale merita di essere respinto.
8. – Quanto alle spese del presente grado di giudizio ritiene il Collegio di poter disporre l’integrale compensazione delle stesse tra le parti, attesa la novità della questione interpretativa trattata alla data (2003) di proposizione del ricorso di primo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 4084 del 2009, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2011
Menomale che i colleghi della Guardia di Finanza hanno fatto ricorso e l'hanno vinto.
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20/07/2011 201104376 Sentenza 4
N. 04376/2011REG.PROV.COLL.
N. 04084/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4084 del 2009, proposto dal:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, e dal Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante Generale in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso la sede di detta Avvocatura;
contro
i sigg. (congruo numero di persone- OMISSIS), con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Danilo Pagliari, in Roma, via Francesco Crispi n. 36;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia – sede di Lecce – Sezione I^ - n. 482 del 16 marzo 2009, resa tra le parti, concernente il diniego di corresponsione dell’indennità di trasferimento di sede;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dei sigg. OMISSIS con il quale hanno controdedotto alle avverse tesi esposte nell’appello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2011 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Giustina Noviello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – E’ appellata la sentenza del TAR Puglia, sede di Lecce, n. 482 del 16 marzo 2009 che ha accolto il ricorso proposto dal sig. N. P. ed altri quattordici militari del Corpo della Guardia Finanza per l’annullamento del provvedimento n. OMISSIS, datato 23.5.2003 , del Comando Centro Navale di Formia di detto Corpo, con il quale è stato negato il diritto dei ricorrenti a vedersi corrisposta l’indennità di prima sistemazione di cui alla legge n.863 del 1973 e l’indennità ex lege n. 86 del 2001, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o conseguente, anche non conosciuto, nonché per l’accertamento del relativo diritto dalla data di trasferimento e per la condanna dell’Amministrazione al pagamento di dette indennità, oltre interessi e rivalutazione dal dì del sorgere del diritto a detta indennità a quello di effettivo soddisfo della pretesa economica.
In particolare, detto Giudicante di prime cure ha ritenuto che il trasferimento dell’intero gruppo aereonavale di stanza a G…. nella nuova sede di T….., con decorrenza dal 26 giugno 2002, costituisca trasferimento autoritativo, ai sensi delle citate leggi, che ha determinato inequivocabilmente un mutamento della loro sede di servizio per cui spettano le indennità rivendicate, situandosi la nuova sede di servizio (T…..) in un comune diverso da quello di provenienza (G…..).
Ha soggiunto che non può, pertanto, essere condivisa la tesi della amministrazione la quale eccepisce la sussistenza, nella specie, di un trasferimento c.d. figurativo -tale dovendo intendersi il movimento di personale dipendente cui però non si riconnetta un cambiamento dell’area di operatività- in quanto “…la tesi in questione non è coerente al dato normativo di riferimento il quale non autorizza affatto la distinzione prospettata dalla difesa erariale tra trasferimento figurativo e trasferimento effettivo. Ciò che conta è che il trasferimento abbia provocato un cambiamento della sede di servizio , ossia il materiale esercizio della attività lavorativa in un luogo fisico diverso da quello di provenienza, indipendentemente dalla area di operatività o dagli incarichi ricoperti dal militare dipendente…”.
Ha concluso, infine, il Giudice di primo grado affermando che, conseguentemente, “…al mutamento della sede di servizio si correla, così, la necessità di compensare il disagio subito dal dipendente il quale ha, dunque, diritto a percepire la indennità di trasferimento nei termini previsti dalla disciplina di settore…” e che “…analoghe considerazioni possono svolgersi a favore del diritto dei ricorrenti a percepire la indennità di prima sistemazione, contemplata dalla legge 18 dicembre 1978 n.836…” in quanto “…anche detta provvidenza , nell’impianto disegnato dal legislatore del 1978, risulta doverosamente spettante, posto che l’art 21 della legge da ultimo citata riconosce l’indennità in parola al dipendente trasferito tout court , senza ulteriori specificazioni ma prevedendo, semmai, una decurtazione in caso di mancato trasferimento nella nuova sede di servizio della famiglia del dipendente…”.
2. – Con l’appello in epigrafe il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Comando generale della Guardia di Finanza hanno chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi di diritto:
i)- irricevibilità del ricorso introduttivo di primo grado in quanto proposto tardivamente rispetto alla data di emanazione del primo provvedimento di impiego nella nuova sede;
ii)- infondatezza delle pretese indennitarie avanzate poiché difetterebbe un reale trasferimento di sede essendosi verificata una semplice ridislocazione per motivi logistici di un intero reparto nel medesimo ambito territoriale di influenza (nella specie dalla sede di G…… e quella “prossima” (poco più di dieci Km) di T……) che, alla stregua della costante giurisprudenza del Giudice Amministrativo, non costituirebbe presupposto sufficiente al riconoscimento delle rivendicate indennità di trasferimento e di prima sistemazione.
3. – Con ordinanza n. 2989, emessa nella Camera di Consiglio del 9 giugno 2009, la Sezione accoglieva l’istanza cautelare delle appellanti Amministrazioni di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
4. – Si sono costituiti in giudizio i militari appellati con controricorso con il quale hanno diffusamente argomentato in ordine all’infondatezza dell’appello del quale hanno chiesto la reiezione.
5. – All’udienza pubblica del 24 maggio 2011 l’appello è stato introitato per la decisione.
6 – Tutto ciò premesso, in punto di fatto, può darsi ingresso all’esame dei motivi di appello.
6. 1 – Il primo di essi, con il quale si eccepisce l’irricevibilità del ricorso di primo grado, è infondato perché oggetto del giudizio non è il provvedimento di trasferimento dei militari appellati e, quindi, la connessa questione della legittimità o meno dello stesso provvedimento, bensì la spettanza o meno della pretesa economica connessa, sulla quale, peraltro, l’Amministrazione si era inizialmente espressa una prima volta, ancorché in via interlocutoria, in modo non sfavorevole agli appellati (cfr. nota n. 30686 del 7 novembre 2002, citata dagli appellati senza essere smentiti sul punto) tanto da ritenere necessario rimettere la questione ed ogni definitiva decisione al Comando Generale del Corpo.
6.2 – Né diversa sorte può avere il secondo motivo di appello che, pertanto, deve considerarsi infondato, per le seguenti considerazioni.
Osserva il Collegio che la giurisprudenza della Sezione -formatasi con le decisioni n. 1262 del 1998, n. 3099 del 2000 e n. 4760 del 2005 e richiamata sia nell’appello, sia nell’ordinanza cautelare emessa nel corso del presente grado di giudizio- si è formata sulla previgente regolamentazione della fattispecie (legge n.100 del 1987) che collegava l’indennità di trasferimento all’indennità di missione e poneva un limite chilometrico minimo (10 Km), invece assente nella vigente legislazione in materia;
La nuova disciplina di cui alla legge n. 86 del 29 marzo 2001, applicata nella fattispecie, non prevede più, infatti, alcun minimo chilometrico e la giurisprudenza formatasi di recente sull’interpretazione da darsi a detta nuova normativa (C.G.A.R.S. n. 1071 del 2009 e C.d.S., sez. VI^, n. 8211 del 2010) ha chiarito che con il cambiamento della sede di servizio mediante trasferimento in Comune diverso da quello precedente spetta l’indennità di trasferimento se questo è disposto di autorità.
Infatti, detta giurisprudenza, che il Collegio condivide, ha affermato che l’indennità di trasferimento di cui si discute ha una sua specifica ed autonoma disciplina, che è basata su presupposti compiutamente regolati dalla nuova norma così riassumibili: - trasferimento del militare di autorità; - predeterminazione del criterio di quantificazione dell’indennità non più rda ricavare mediante rinvio ad altre disposizioni; - ubicazione della nuova sede di servizio in Comune diverso da quello di provenienza.
Né, a parere del Collegio, può essere validamente opposto il rilievo della “…nuova dislocazione nello stesso ambito territoriale del reparto militare…”, quale presupposto legittimante il diniego, sia perché la norma non prevede la valutazione di un tale elemento, sia perché, in ogni caso, nel caso in esame, l’ambito territoriale militare di T……. é diverso da quello di Gr……, dipendendo le relative sedi militari da distinti Comandi, come hanno affermato gli appellati militari senza essere smentiti sul punto dalla difesa dell’Amministrazione;
Inoltre, quand’anche volesse ritenersi ancora applicabile nel nuovo regime la condizione della distanza minima di 10 Km prevista dalla previgente disciplina, pur tuttavia l’Amministrazione avrebbe dovuto riconoscere agli appellati l’indennità di trasferimento e di prima sistemazione perché, con riferimento alla prima di dette misure, la distanza tra i Comuni di T…… e Gr…… è ben superiore ai citati 10 Km (circa 20) e, quanto alla seconda, è la stessa Amministrazione che ne ha escluso l’applicabilità più volte anche con circolari, come riferito dagli appellati senza essere smentiti da controparte neppure su tale punto.
Infine, va segnalato che, in altri casi (cfr. ad es. nota n. 10690 del 14 luglio 2004 del Comando aereonavale della Guardia di Finanza) è stata già condivisa tale interpretazione della legge n. 86 del 2001, laddove è stata riconosciuta la diversità concreta della disciplina recata da detta legge, rispetto a quella previgente e si è affermato che rileva esclusivamente il dato che il Comune in cui si è chiamati a lavorare sia diverso da quello in cui precedentemente si prestava servizio, così esprimendo l’avviso che rileva, ai fini della citata legge n. 86 del 2001, esclusivamente il concreto spostamento fisico della sede di lavoro che, nella specie, è materialmente avvenuto da Gr……… a T……..
Consegue che il “trasferimento figurativo” richiamato nelle difese delle appellanti Amministrazioni è ipotizzabile, alla luce della nuova regolamentazione del 2001, soltanto quando il mutamento della sede istituzionale dell’Unità militare non comporti materialmente il trasferimento del personale dalla precedente sede fisica a quella nuova esistente in un Comune diverso dal precedente.
7. – In conclusione l’appello è infondato e come tale merita di essere respinto.
8. – Quanto alle spese del presente grado di giudizio ritiene il Collegio di poter disporre l’integrale compensazione delle stesse tra le parti, attesa la novità della questione interpretativa trattata alla data (2003) di proposizione del ricorso di primo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 4084 del 2009, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2011
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Sentenza sul diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento economico previsto per il personale trasferito d’autorità dall’art.1, L. n. 86/2001 – e fino al 31 dicembre 2000, dall’art. 1, L. n. 100/1987 – dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di polizia giudiziaria .
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N. 09793/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04652/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4652 del 2004, proposto da:
( nr. 14 persone ricorrenti ) rappresentati e difesi dagli avv. Domenico Barboni, Marina Messina, Anna Nardone, con domicilio eletto presso Marina Messina in Roma, via Monte Zebio, 32;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri – e Ministero dell'Economia e delle Finanze rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento economico previsto per il personale trasferito d’autorità dall’art.1, L. n. 86/2001 – e fino al 31 dicembre 2000, dall’art. 1, L. n. 100/1987 – dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di polizia giudiziaria ad oggi, ovvero, in subordine, dalla data dell’avvenuto trasferimento alla data dell’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2003, n. 350 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo;
per la condanna delle intimate amministrazioni al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciuto;
per l’annullamento, in via strumentale, della nota del comando generale dell’arma dei carabinieri datata 19 gennaio 2004 con la quale è stato disposto che le assegnazioni di militari alle sezioni di polizia giudiziaria disposte a decorrere dal 24 giugno 1999 non potranno dar luogo alla corresponsione di alcuna indennità di trasferimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2011 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, i ricorrenti hanno proposto:
-azione di accertamento del proprio diritto a percepire il trattamento economico previsto per il personale trasferito d’autorità dall’art.1, L. n. 86/2001 – e fino al 31 dicembre 2000, dall’art. 1, L. n. 100/1987 – dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di polizia giudiziaria ad oggi, ovvero, in subordine, dalla data dell’avvenuto trasferimento alla data dell’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2003, n. 350 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo;
-azione di condanna nei confronti delle intimate amministrazioni al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciuto.
In via strumentale, essi hanno impugnato la nota del comando generale dell’arma dei carabinieri datata 19 gennaio 2004 con la quale è stato disposto che le assegnazioni di militari alle sezioni di polizia giudiziaria disposte a decorrere dal 24 giugno 1999 non potranno dar luogo alla corresponsione di alcuna indennità di trasferimento.
Si sono costituiti sia il Ministero della Difesa che il Ministero dell’Economia e Finanza per mezzo dell’Avvocatura di Stato.
Con memoria depositata il 5 settembre 2011, i ricorrenti insistono per l’accoglimento del gravame.
All’udienza del 19 ottobre 2011, il difensore dei ricorrenti ha dichiarato la persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso.
Alla stressa udienza, la causa stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato sulla base dei numerosi precedenti in materia (per tutte: C.d.S., sez. IV , 27/11/2008, n. 5867; C.d.S., sez. IV, 23/10/2008, n. 5238; C.d.S., sez. IV, 7/8/2005, n. 2991), quanto meno relativi a fatti (come quelli in esame) precedenti la disposizione interpretativa in materia, intervenuta con la legge finanziaria per l'anno 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350).
Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, con orientamento univoco, si è in presenza di un trasferimento di ufficio con conseguente nascita del diritto alla indennità prevista dall'art. 1 L. 100 del 1987, ogni qualvolta il trasferimento sia prioritariamente teso a soddisfare l'interesse della Amministrazione di appartenenza (nella specie, trasferimento alle sezioni di Polizia Giudiziaria delle Procure della Repubblica), senza che rilevi la presenza di dichiarazioni di assenso o di disponibilità al trasferimento di sede o la indicazione di preferenze di sede (in tal senso, ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 12.9.2006, n. 5314).
Per completezza la sezione osserva – in conformità all’indirizzo giurisprudenziale formatosi in subiecta materia - che la disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 74 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui la disponibilità manifestata dagli interessati per essere assegnati alle Sezioni di Polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica deve essere considerata come domanda di trasferimento, precludendo così il riconoscimento del diritto alla liquidazione della indennità di trasferimento di cui alla legge n. 100 del 1987, benché abbia natura interpretativa, non può riguardare i fatti precedenti la sua entrata in vigore quali (quelli per cui è causa, risalenti al 1999), dovendo essere applicata in senso conforme al dettato costituzionale (C.d.S., sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8513).
Va, infatti, ricordato che:
a) affinché una norma interpretativa ed efficacia retroattiva possa considerarsi costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest'ultima e, infine, che non adotti una opzione ermeneutica non desumibile dalla ordinaria esegesi della stessa (in tal senso, Consiglio di Stato, V, 2 luglio 2002, n. 3612);
b) la efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguenza della illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Corte Costituzionale 27 novembre 2000, n. 525).
Per le considerazioni sopra svolte, il ricorso in esame va accolto.
Sussistono giusti ed eccezionali motivi, a ragione dell’incerto quadro normativo di riferimento, per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
a) accerta il diritto dei ricorrenti a percepire l’indennità di cui all’art. 1, L. n. 86/2001 e L. n. 100/1987;
b) condanna il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’economia e Finanza al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciutogli, dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di Polizia Giudiziaria a quello di notifica del gravame, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito sino al suo soddisfo (trattandosi di un credito retributivo liquido ed esigibile)..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2011
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 09793/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04652/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4652 del 2004, proposto da:
( nr. 14 persone ricorrenti ) rappresentati e difesi dagli avv. Domenico Barboni, Marina Messina, Anna Nardone, con domicilio eletto presso Marina Messina in Roma, via Monte Zebio, 32;
contro
Ministero della Difesa - Comando Generale Arma dei Carabinieri – e Ministero dell'Economia e delle Finanze rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento economico previsto per il personale trasferito d’autorità dall’art.1, L. n. 86/2001 – e fino al 31 dicembre 2000, dall’art. 1, L. n. 100/1987 – dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di polizia giudiziaria ad oggi, ovvero, in subordine, dalla data dell’avvenuto trasferimento alla data dell’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2003, n. 350 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo;
per la condanna delle intimate amministrazioni al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciuto;
per l’annullamento, in via strumentale, della nota del comando generale dell’arma dei carabinieri datata 19 gennaio 2004 con la quale è stato disposto che le assegnazioni di militari alle sezioni di polizia giudiziaria disposte a decorrere dal 24 giugno 1999 non potranno dar luogo alla corresponsione di alcuna indennità di trasferimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2011 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, i ricorrenti hanno proposto:
-azione di accertamento del proprio diritto a percepire il trattamento economico previsto per il personale trasferito d’autorità dall’art.1, L. n. 86/2001 – e fino al 31 dicembre 2000, dall’art. 1, L. n. 100/1987 – dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di polizia giudiziaria ad oggi, ovvero, in subordine, dalla data dell’avvenuto trasferimento alla data dell’entrata in vigore della L. 24 dicembre 2003, n. 350 oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo;
-azione di condanna nei confronti delle intimate amministrazioni al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciuto.
In via strumentale, essi hanno impugnato la nota del comando generale dell’arma dei carabinieri datata 19 gennaio 2004 con la quale è stato disposto che le assegnazioni di militari alle sezioni di polizia giudiziaria disposte a decorrere dal 24 giugno 1999 non potranno dar luogo alla corresponsione di alcuna indennità di trasferimento.
Si sono costituiti sia il Ministero della Difesa che il Ministero dell’Economia e Finanza per mezzo dell’Avvocatura di Stato.
Con memoria depositata il 5 settembre 2011, i ricorrenti insistono per l’accoglimento del gravame.
All’udienza del 19 ottobre 2011, il difensore dei ricorrenti ha dichiarato la persistenza dell’interesse alla decisione del ricorso.
Alla stressa udienza, la causa stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato sulla base dei numerosi precedenti in materia (per tutte: C.d.S., sez. IV , 27/11/2008, n. 5867; C.d.S., sez. IV, 23/10/2008, n. 5238; C.d.S., sez. IV, 7/8/2005, n. 2991), quanto meno relativi a fatti (come quelli in esame) precedenti la disposizione interpretativa in materia, intervenuta con la legge finanziaria per l'anno 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350).
Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, con orientamento univoco, si è in presenza di un trasferimento di ufficio con conseguente nascita del diritto alla indennità prevista dall'art. 1 L. 100 del 1987, ogni qualvolta il trasferimento sia prioritariamente teso a soddisfare l'interesse della Amministrazione di appartenenza (nella specie, trasferimento alle sezioni di Polizia Giudiziaria delle Procure della Repubblica), senza che rilevi la presenza di dichiarazioni di assenso o di disponibilità al trasferimento di sede o la indicazione di preferenze di sede (in tal senso, ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 12.9.2006, n. 5314).
Per completezza la sezione osserva – in conformità all’indirizzo giurisprudenziale formatosi in subiecta materia - che la disposizione contenuta nell'articolo 3, comma 74 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, secondo cui la disponibilità manifestata dagli interessati per essere assegnati alle Sezioni di Polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica deve essere considerata come domanda di trasferimento, precludendo così il riconoscimento del diritto alla liquidazione della indennità di trasferimento di cui alla legge n. 100 del 1987, benché abbia natura interpretativa, non può riguardare i fatti precedenti la sua entrata in vigore quali (quelli per cui è causa, risalenti al 1999), dovendo essere applicata in senso conforme al dettato costituzionale (C.d.S., sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8513).
Va, infatti, ricordato che:
a) affinché una norma interpretativa ed efficacia retroattiva possa considerarsi costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest'ultima e, infine, che non adotti una opzione ermeneutica non desumibile dalla ordinaria esegesi della stessa (in tal senso, Consiglio di Stato, V, 2 luglio 2002, n. 3612);
b) la efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati nella certezza dell'ordinamento giuridico, con la conseguenza della illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Corte Costituzionale 27 novembre 2000, n. 525).
Per le considerazioni sopra svolte, il ricorso in esame va accolto.
Sussistono giusti ed eccezionali motivi, a ragione dell’incerto quadro normativo di riferimento, per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
a) accerta il diritto dei ricorrenti a percepire l’indennità di cui all’art. 1, L. n. 86/2001 e L. n. 100/1987;
b) condanna il Ministero della Difesa ed il Ministero dell’economia e Finanza al pagamento delle differenze tra il trattamento economico corrisposto ai ricorrenti e quello riconosciutogli, dalla data dell’avvenuto trasferimento alle sezioni di Polizia Giudiziaria a quello di notifica del gravame, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla maturazione del credito sino al suo soddisfo (trattandosi di un credito retributivo liquido ed esigibile)..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2011
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
1)- I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri.
2)- Essi prospettano di essere stati trasferiti, in date diverse, a diverse Sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica, e lamentano la mancata corresponsione da parte delle rispettive Amministrazioni del trattamento economico di trasferimento di cui alla legge 29 marzo 2001, n. 86.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00152/2012 REG.PROV.COLL.
N. 13088/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13088 del 2003, proposto da (congruo numero di interessati); rappresentati e difesi, da ultimo, dall'avv. Cinzia Meco e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Nomentana 91;
contro
il Ministero dell'Interno, il Ministero delle Finanze - Comando generale della Guardia di finanza, il Ministero della Difesa; rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
per
la corresponsione del trattamento economico previsto dalla legge n. 86/01.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 16 novembre 2011 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato in verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri.
Essi prospettano di essere stati trasferiti, in date diverse, a diverse Sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica, e lamentano la mancata corresponsione da parte delle rispettive Amministrazioni del trattamento economico di trasferimento di cui alla legge 29 marzo 2001, n. 86.
Le intimate Amministrazione si sono costituite per resistere.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti.
La causa è passata in decisione alla udienza pubblica del 16 novembre 2011.
2. – Il ricorso va accolto.
Come rilevato da parte ricorrente, la questione ha formato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali favorevoli alla tesi in ricorso e più recenti delle pronunce di segno opposto richiamate dalle resistenti.
Queste favorevoli pronunce hanno ritenuto che il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle Forze armate e di polizia deve cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative; e ne hanno tratto la conseguenza che il trasferimento di unità di personale presso le Sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d’autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l’interesse dell’Amministrazione, mentre la relativa domanda, prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989, è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all’assegnazione alle suddette Sezioni (v., per tutte, C.d.S., Sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2928; cui si è adeguata questa Sezione I bis con la sentenza 25 maggio 11 n. 4650);
Quanto alla disposizione di interpretazione autentica di cui all’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (secondo cui “l’articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza è da considerare, ai fini dell’applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”) essa è pure interpretata dalla prevalente giurisprudenza in senso favorevole alla tesi del ricorso, nella considerazione che siffatta disposizione, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente da quanto accade nel caso di specie – che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest’ultima; e, infine, non adotti un’opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati alla certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (v. la citata decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010).
La suddetta decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010 si è pronunciata – pure in senso favorevole agli attuali ricorrenti e sfavorevole alle eccezioni delle Amministrazioni qui intimate – anche relativamente alla prescrizione dei crediti in argomento, rilevando che la prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso; e che dunque in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.
Il Collegio non riscontra i presupposti per discostarsi dai precedenti favorevoli sopra indicati, sicché il ricorso va accolto.
Per l'effetto, va dichiarato il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Le spese di giudizio, in considerazione dei dubbi interpretativi alla data del gravame, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe.
Per l'effetto, dichiara il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 novembre 2011.
Giancarlo Luttazi, Presidente FF, Estensore
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2012
2)- Essi prospettano di essere stati trasferiti, in date diverse, a diverse Sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica, e lamentano la mancata corresponsione da parte delle rispettive Amministrazioni del trattamento economico di trasferimento di cui alla legge 29 marzo 2001, n. 86.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00152/2012 REG.PROV.COLL.
N. 13088/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13088 del 2003, proposto da (congruo numero di interessati); rappresentati e difesi, da ultimo, dall'avv. Cinzia Meco e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Nomentana 91;
contro
il Ministero dell'Interno, il Ministero delle Finanze - Comando generale della Guardia di finanza, il Ministero della Difesa; rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
per
la corresponsione del trattamento economico previsto dalla legge n. 86/01.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 16 novembre 2011 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato in verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri.
Essi prospettano di essere stati trasferiti, in date diverse, a diverse Sezioni di polizia giudiziaria di Procure della Repubblica, e lamentano la mancata corresponsione da parte delle rispettive Amministrazioni del trattamento economico di trasferimento di cui alla legge 29 marzo 2001, n. 86.
Le intimate Amministrazione si sono costituite per resistere.
Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti.
La causa è passata in decisione alla udienza pubblica del 16 novembre 2011.
2. – Il ricorso va accolto.
Come rilevato da parte ricorrente, la questione ha formato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali favorevoli alla tesi in ricorso e più recenti delle pronunce di segno opposto richiamate dalle resistenti.
Queste favorevoli pronunce hanno ritenuto che il discrimine tra trasferimento d’ufficio e a domanda del personale delle Forze armate e di polizia deve cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi tra interesse pubblico e interesse personale del dipendente; per cui nel primo caso il trasferimento è reputato indispensabile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel secondo è solo riconosciuto compatibile con le esigenze amministrative; e ne hanno tratto la conseguenza che il trasferimento di unità di personale presso le Sezioni di polizia giudiziaria ha natura di trasferimento d’autorità, in quanto è destinato a soddisfare prioritariamente l’interesse dell’Amministrazione, mentre la relativa domanda, prevista dall’art. 8 del d.lgs. n. 271/1989, è solo una dichiarazione di assenso o di disponibilità all’assegnazione alle suddette Sezioni (v., per tutte, C.d.S., Sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2928; cui si è adeguata questa Sezione I bis con la sentenza 25 maggio 11 n. 4650);
Quanto alla disposizione di interpretazione autentica di cui all’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (secondo cui “l’articolo 8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza è da considerare, ai fini dell’applicazione della legge 10 marzo 1987, n. 100, come domanda di trasferimento di sede”) essa è pure interpretata dalla prevalente giurisprudenza in senso favorevole alla tesi del ricorso, nella considerazione che siffatta disposizione, pur autoqualificandosi come interpretativa, non può trovare applicazione per fatti precedenti alla sua entrata in vigore, pena l’incostituzionalità della stessa. Ciò in quanto, affinché una norma interpretativa, e quindi retroattiva, possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario – diversamente da quanto accade nel caso di specie – che: la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente; non integri il precetto di quest’ultima; e, infine, non adotti un’opzione ermeneutica non desumibile dall’ordinaria esegesi della stessa. Fermo restando che l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati alla certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguente illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (v. la citata decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010).
La suddetta decisione del Consiglio di Stato n. 2928/2010 si è pronunciata – pure in senso favorevole agli attuali ricorrenti e sfavorevole alle eccezioni delle Amministrazioni qui intimate – anche relativamente alla prescrizione dei crediti in argomento, rilevando che la prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso; e che dunque in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione.
Il Collegio non riscontra i presupposti per discostarsi dai precedenti favorevoli sopra indicati, sicché il ricorso va accolto.
Per l'effetto, va dichiarato il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Le spese di giudizio, in considerazione dei dubbi interpretativi alla data del gravame, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe.
Per l'effetto, dichiara il diritto di ricorrenti alla indennità pure in epigrafe specificata e ai relativi accessori di legge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 novembre 2011.
Giancarlo Luttazi, Presidente FF, Estensore
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2012
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Marcia indietro circa la distanza chilometrica.
Il Tar del Lazio in questa sentenza ha fatto presente che:
E’ tuttavia di recente intervenuta la sentenza 14 dicembre 2011 n. 23 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, esaminata a fondo la questione di causa, ha annullato le sentenze 2484, 2485 e 2463 della Sezione Prima ter di questo Tribunale, disconoscendo il diritto del militare ad ottenere l’indennità di trasferimento nel caso in discussione.
Conclusivamente l’Adunanza plenaria ha statuito “ in sintesi, deve affermarsi il principio di diritto secondo cui la attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00695/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04624/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4624 del 2008, proposto da:
(congruo numero di personale GdF), rappresentati e difesi dagli avv. OMISSIS con domicilio eletto presso Studio Legale OMISSIS in Roma, via Guglielmo Pepe, 37;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
delle note di rigetto delle istanze per la corresponsione dell'indennita' di trasferimento ex art. 1 l. n. 86/2001
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, trasferiti d’autorità nell’anno 2007 da ……. a ……., chiedono in via giudiziale l’accertamento del diritto di ottenere l’indennità di prima sistemazione prevista dall’articolo 1 della legge 2001 n. 86, diritto denegato dall’Amministrazione perché tra le rispettive sedi di partenza e di invio intercorrono meno di dieci chilometri.
Deducono, previa affermazione della natura autoritativa dei trasferimenti subiti, che la norma invocata, nella sua chiara formulazione, non consente più interpretazioni restrittive, in ordine alla distanza minima, formatesi sulla disposizione previgente della legge n. 100 del 1987.
Deducono inoltre che l’effettiva distanza tra le due sedi sarebbe superiore ai dieci chilometri.
Si oppone l’Amministrazione con memoria nella quale contesta in diritto ed in fatto le tesi avversarie.
Va rilevato preliminarmente, al riguardo, che questo Tribunale, con diverse pronuncie, aveva ritenuto superato il limite della distanza minima di 10 chilometri tra la sede di partenza e quella di nuova destinazione, sulla base della nuova normativa introdotta dalla legge n. 86 del 2001 (cfr. le sentenze 3338/2007 della Sezione Prima ter e la sentenza 2008 n. 12293 di questa stessa Sezione, a mente della quale:
“Mentre la normativa pregressa, 1 della legge 10 marzo 1987 n. 100, nel disciplinare l'indennità prevista per i trasferimenti d'autorità, rinviava al trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (che disciplinava l'indennità di missione dei magistrati attraverso un rinvio al trattamento di missione previsto per i dipendenti statali), prevedendo quindi il requisito della distanza minima fra la sede di provenienza e la sede di destinazione, la nuova normativa in materia di indennità di trasferimento introdotta con l'art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, contiene una disciplina in sé compiuta, senza rinvio alle disposizioni previste per altre categorie, e quantifica con precisione il beneficio economico, sulla base delle diarie di missione, richiamate esclusivamente ai tali fini. In altre parole, la nuova normativa disciplina direttamente i requisiti per il riconoscimento del beneficio, senza alcun riferimento al presupposto della distanza minima, e rinvia al trattamento di missione solo per la quantificazione dell'indennità”.
E’ tuttavia di recente intervenuta la sentenza 14 dicembre 2011 n. 23 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, esaminata a fondo la questione di causa, ha annullato le sentenze 2484, 2485 e 2463 della Sezione Prima ter di questo Tribunale, disconoscendo il diritto del militare ad ottenere l’indennità di trasferimento nel caso in discussione.
Conclusivamente l’Adunanza plenaria ha statuito “ in sintesi, deve affermarsi il principio di diritto secondo cui la attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”
A tale orientamento, supportato da condivisibili argomentazioni, il Collegio non può che adeguarsi.
Anche la subordinata tesi, per la quale tra la precedente sede di servizio e quella di nuova assegnazione, intercorrerebbero circa 12 Km va respinta perché infondata in fatto.
Al riguardo appare determinante la certificazione dell’ACI secondo la quale la distanza tra i due Comuni sia inferiore a quella minima richiesta per la concessione dell’indennità.
E poiché la distanza tra Comuni limitrofi deve essere calcolata tenendo conto delle rispettive linee di confine la pretesa dei ricorrenti di considerare l’intero tragitto dalla ubicazione della precedente sede di servizio a quella della nuova sede è priva di fondamento.
Il ricorso va di conseguenza respinto, pur se sussistono evidenti ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente, Estensore
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/01/2012
Il Tar del Lazio in questa sentenza ha fatto presente che:
E’ tuttavia di recente intervenuta la sentenza 14 dicembre 2011 n. 23 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, esaminata a fondo la questione di causa, ha annullato le sentenze 2484, 2485 e 2463 della Sezione Prima ter di questo Tribunale, disconoscendo il diritto del militare ad ottenere l’indennità di trasferimento nel caso in discussione.
Conclusivamente l’Adunanza plenaria ha statuito “ in sintesi, deve affermarsi il principio di diritto secondo cui la attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”
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N. 00695/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04624/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4624 del 2008, proposto da:
(congruo numero di personale GdF), rappresentati e difesi dagli avv. OMISSIS con domicilio eletto presso Studio Legale OMISSIS in Roma, via Guglielmo Pepe, 37;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
delle note di rigetto delle istanze per la corresponsione dell'indennita' di trasferimento ex art. 1 l. n. 86/2001
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, trasferiti d’autorità nell’anno 2007 da ……. a ……., chiedono in via giudiziale l’accertamento del diritto di ottenere l’indennità di prima sistemazione prevista dall’articolo 1 della legge 2001 n. 86, diritto denegato dall’Amministrazione perché tra le rispettive sedi di partenza e di invio intercorrono meno di dieci chilometri.
Deducono, previa affermazione della natura autoritativa dei trasferimenti subiti, che la norma invocata, nella sua chiara formulazione, non consente più interpretazioni restrittive, in ordine alla distanza minima, formatesi sulla disposizione previgente della legge n. 100 del 1987.
Deducono inoltre che l’effettiva distanza tra le due sedi sarebbe superiore ai dieci chilometri.
Si oppone l’Amministrazione con memoria nella quale contesta in diritto ed in fatto le tesi avversarie.
Va rilevato preliminarmente, al riguardo, che questo Tribunale, con diverse pronuncie, aveva ritenuto superato il limite della distanza minima di 10 chilometri tra la sede di partenza e quella di nuova destinazione, sulla base della nuova normativa introdotta dalla legge n. 86 del 2001 (cfr. le sentenze 3338/2007 della Sezione Prima ter e la sentenza 2008 n. 12293 di questa stessa Sezione, a mente della quale:
“Mentre la normativa pregressa, 1 della legge 10 marzo 1987 n. 100, nel disciplinare l'indennità prevista per i trasferimenti d'autorità, rinviava al trattamento economico previsto dall'art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (che disciplinava l'indennità di missione dei magistrati attraverso un rinvio al trattamento di missione previsto per i dipendenti statali), prevedendo quindi il requisito della distanza minima fra la sede di provenienza e la sede di destinazione, la nuova normativa in materia di indennità di trasferimento introdotta con l'art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, contiene una disciplina in sé compiuta, senza rinvio alle disposizioni previste per altre categorie, e quantifica con precisione il beneficio economico, sulla base delle diarie di missione, richiamate esclusivamente ai tali fini. In altre parole, la nuova normativa disciplina direttamente i requisiti per il riconoscimento del beneficio, senza alcun riferimento al presupposto della distanza minima, e rinvia al trattamento di missione solo per la quantificazione dell'indennità”.
E’ tuttavia di recente intervenuta la sentenza 14 dicembre 2011 n. 23 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, esaminata a fondo la questione di causa, ha annullato le sentenze 2484, 2485 e 2463 della Sezione Prima ter di questo Tribunale, disconoscendo il diritto del militare ad ottenere l’indennità di trasferimento nel caso in discussione.
Conclusivamente l’Adunanza plenaria ha statuito “ in sintesi, deve affermarsi il principio di diritto secondo cui la attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”
A tale orientamento, supportato da condivisibili argomentazioni, il Collegio non può che adeguarsi.
Anche la subordinata tesi, per la quale tra la precedente sede di servizio e quella di nuova assegnazione, intercorrerebbero circa 12 Km va respinta perché infondata in fatto.
Al riguardo appare determinante la certificazione dell’ACI secondo la quale la distanza tra i due Comuni sia inferiore a quella minima richiesta per la concessione dell’indennità.
E poiché la distanza tra Comuni limitrofi deve essere calcolata tenendo conto delle rispettive linee di confine la pretesa dei ricorrenti di considerare l’intero tragitto dalla ubicazione della precedente sede di servizio a quella della nuova sede è priva di fondamento.
Il ricorso va di conseguenza respinto, pur se sussistono evidenti ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente, Estensore
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/01/2012
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Il Comando Generale della GdF (Ministero.....) perdono anche in Appello.
Importante precisazione del Consiglio di Stato che ribadisce che per aver diritto al TRATT. ECONOMICO PREVISTO PER IL TRASFERIMENTO D'AUTORITA', il requisito dei 10 Km. si calcola tra la sede di servizio di provenienza e quella di destinazione e non tra i due comuni.
Finalmente "chiarezza" fatta una volta per tutti.
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N. 01338/2012REG.PROV.COLL.
N. 07468/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7468 del 2008, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Gen. Gdf - Comando Regionale Friuli Venezia Giulia;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00135/2008, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE TRATT. ECONOMICO PREVISTO PER IL TRASFERIMENTO D'AUTORITA'
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. Sergio De Felice e udito per le parti l’ avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia OMISSIS agiva per l’annullamento del provvedimento della Guardia di Finanza del 21 settembre 2006 di rigetto dell’istanza di riconoscimento del trattamento economico previsto dall’art. 1, comma 1 della legge n.86 del 2001 per trasferimento di autorità in altro comune.
Il ricorrente era stato trasferito d’autorità dalla OMISSIS.
L’amministrazione aveva motivato il rigetto, sostenendo che vi era altresì da rispettare il requisito della distanza di almeno dieci chilometri tra i due comuni e che tale distanza andava calcolata fra le due diverse case comunali, piuttosto che tra la sede di servizio di provenienza e quella di destinazione, come invece sosteneva il ricorrente, dimostrando la distanza di Km.10,6 quindi superiore a dieci chilometri.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, ritenendo che la norma di legge (art. 1 L.29 marzo 2001, n.86) per il trasferimento di autorità prevede soltanto il requisito del trasferimento in diverso comune, superando quindi il silenzio normativo del previgente art. 1 L.100 del 1987, che era stato colmato dalla elaborazione di giurisprudenza con la richiesta dei requisiti previsti per l’indennità di missione, tra cui figuravano i dieci chilometri di distanza minima.
Avverso tale sentenza, propone appello il Ministero della Difesa, deducendo che il requisito della distanza dei dieci chilometri è da intendersi ancora vigente perché la disposizione relativa non risulta abrogata; nella specie, la distanza effettiva, secondo quanto risulta dalla attestazione n…… del 2006, fornita dall’Aci- direzione commerciale-Ufficio servizi Turistici in data 24 novembre 2006, calcolando la distanza tra le Case comunali, è di cinque chilometri.
L’appellato non si è costituito.
Alla udienza pubblica del 28 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
E’ vero che l’attribuzione della indennità di trasferimento di autorità, prevista dall’art. 1, comma 1, l.29 marzo 2001, n.86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione (di recente, Consiglio di Stato, ad.plen. 16 dicembre 2011, n.23).
Anche la sezione ha ritenuto che anche successivamente all’entrata in vigore della l.29 marzo 2001, n.86, il personale previsto dall’art. 1 di tale legge ha diritto ad ottenere l’indennità di trasferimento nella sola ipotesi in cui la nuova sede di servizio sia ubicata ad una distanza superiore a 10 km rispetto a quella di provenienza (Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2008, n.6417).
Già nel vigore della legge n. 100 del 1987, pur in mancanza di una specifica disciplina, era stato ritenuto dalla giurisprudenza (Cons. di Stato, Ad. Plen. 28 aprile 1999, n. 7; Sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1156) che l'indennità di trasferimento, per la parte non direttamente disciplinata, dovesse intendersi sottoposta allo stesso regime giuridico dell'indennità di missione, nel quale si colloca l'elemento della distanza minima (dieci Km) tra la sede di servizio e quella di trasferimento (v. da ultimo, Cons. Stato, IV, 26 settembre 2008, n. 4637).
Secondo l’Adunanza Plenaria richiamata, lo scopo essenziale della legge del 2001 è quello di rideterminare, incrementandolo sensibilmente, il trattamento economico collegato al trasferimento di autorità, senza incidere, però, sul presupposto applicativo generale, sempre costituito dalla distanza minima di dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione.
Quanto alla sussistenza del requisito, la parte appellante sostiene che esso non sussisterebbe, in quanto la distanza chilometrica tra case comunali, attestata dall’Aci, dimostra la misura di soli cinque chilometri.
In contrario, va però rilevato che, in punto di diritto, la decisione della Adunanza Plenaria fa riferimento alla distanza che deve calcolarsi tra la sede di servizio e la sede di destinazione, senza ulteriori specificazioni.
Tale distanza, come riportato in un passaggio della sentenza impugnata, non adeguatamente contrastato dalla appellante amministrazione, è della misura di dieci chilometri e seicento metri.
Come ha sostenuto la parte ricorrente in prime cure, nel ritenere illegittimo il diniego dell’amministrazione, doveva farsi riferimento quindi alla distanza tra le due diverse sedi di servizio, piuttosto che a quella tra le due case comunali.
Per le considerazioni sopra svolte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:
rigetta l’appello, confermando la sentenza impugnata. Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2012
Importante precisazione del Consiglio di Stato che ribadisce che per aver diritto al TRATT. ECONOMICO PREVISTO PER IL TRASFERIMENTO D'AUTORITA', il requisito dei 10 Km. si calcola tra la sede di servizio di provenienza e quella di destinazione e non tra i due comuni.
Finalmente "chiarezza" fatta una volta per tutti.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01338/2012REG.PROV.COLL.
N. 07468/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7468 del 2008, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Gen. Gdf - Comando Regionale Friuli Venezia Giulia;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00135/2008, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE TRATT. ECONOMICO PREVISTO PER IL TRASFERIMENTO D'AUTORITA'
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. Sergio De Felice e udito per le parti l’ avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia OMISSIS agiva per l’annullamento del provvedimento della Guardia di Finanza del 21 settembre 2006 di rigetto dell’istanza di riconoscimento del trattamento economico previsto dall’art. 1, comma 1 della legge n.86 del 2001 per trasferimento di autorità in altro comune.
Il ricorrente era stato trasferito d’autorità dalla OMISSIS.
L’amministrazione aveva motivato il rigetto, sostenendo che vi era altresì da rispettare il requisito della distanza di almeno dieci chilometri tra i due comuni e che tale distanza andava calcolata fra le due diverse case comunali, piuttosto che tra la sede di servizio di provenienza e quella di destinazione, come invece sosteneva il ricorrente, dimostrando la distanza di Km.10,6 quindi superiore a dieci chilometri.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, ritenendo che la norma di legge (art. 1 L.29 marzo 2001, n.86) per il trasferimento di autorità prevede soltanto il requisito del trasferimento in diverso comune, superando quindi il silenzio normativo del previgente art. 1 L.100 del 1987, che era stato colmato dalla elaborazione di giurisprudenza con la richiesta dei requisiti previsti per l’indennità di missione, tra cui figuravano i dieci chilometri di distanza minima.
Avverso tale sentenza, propone appello il Ministero della Difesa, deducendo che il requisito della distanza dei dieci chilometri è da intendersi ancora vigente perché la disposizione relativa non risulta abrogata; nella specie, la distanza effettiva, secondo quanto risulta dalla attestazione n…… del 2006, fornita dall’Aci- direzione commerciale-Ufficio servizi Turistici in data 24 novembre 2006, calcolando la distanza tra le Case comunali, è di cinque chilometri.
L’appellato non si è costituito.
Alla udienza pubblica del 28 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
E’ vero che l’attribuzione della indennità di trasferimento di autorità, prevista dall’art. 1, comma 1, l.29 marzo 2001, n.86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione (di recente, Consiglio di Stato, ad.plen. 16 dicembre 2011, n.23).
Anche la sezione ha ritenuto che anche successivamente all’entrata in vigore della l.29 marzo 2001, n.86, il personale previsto dall’art. 1 di tale legge ha diritto ad ottenere l’indennità di trasferimento nella sola ipotesi in cui la nuova sede di servizio sia ubicata ad una distanza superiore a 10 km rispetto a quella di provenienza (Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2008, n.6417).
Già nel vigore della legge n. 100 del 1987, pur in mancanza di una specifica disciplina, era stato ritenuto dalla giurisprudenza (Cons. di Stato, Ad. Plen. 28 aprile 1999, n. 7; Sez. IV, 10 marzo 2004, n. 1156) che l'indennità di trasferimento, per la parte non direttamente disciplinata, dovesse intendersi sottoposta allo stesso regime giuridico dell'indennità di missione, nel quale si colloca l'elemento della distanza minima (dieci Km) tra la sede di servizio e quella di trasferimento (v. da ultimo, Cons. Stato, IV, 26 settembre 2008, n. 4637).
Secondo l’Adunanza Plenaria richiamata, lo scopo essenziale della legge del 2001 è quello di rideterminare, incrementandolo sensibilmente, il trattamento economico collegato al trasferimento di autorità, senza incidere, però, sul presupposto applicativo generale, sempre costituito dalla distanza minima di dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione.
Quanto alla sussistenza del requisito, la parte appellante sostiene che esso non sussisterebbe, in quanto la distanza chilometrica tra case comunali, attestata dall’Aci, dimostra la misura di soli cinque chilometri.
In contrario, va però rilevato che, in punto di diritto, la decisione della Adunanza Plenaria fa riferimento alla distanza che deve calcolarsi tra la sede di servizio e la sede di destinazione, senza ulteriori specificazioni.
Tale distanza, come riportato in un passaggio della sentenza impugnata, non adeguatamente contrastato dalla appellante amministrazione, è della misura di dieci chilometri e seicento metri.
Come ha sostenuto la parte ricorrente in prime cure, nel ritenere illegittimo il diniego dell’amministrazione, doveva farsi riferimento quindi alla distanza tra le due diverse sedi di servizio, piuttosto che a quella tra le due case comunali.
Per le considerazioni sopra svolte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:
rigetta l’appello, confermando la sentenza impugnata. Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2012
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
CORRESPONSIONE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO DI TRASFERIMENTO L. 86/01 per il personale trasferito alle sezioni di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso diversi Tribunali.
Essi appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri.
La loro pretesa è stata accolta dal Tribunale regionale, che, per distinguere il trasferimento d’autorità da quello su domanda, ha argomentato dal tipo dell’interesse (pubblico, nel primo caso; privato, nel secondo) che il movimento tenderebbe a soddisfare.
Il Consiglio di Stato ha accolto l'Appello dell'Amministrazione.
IL C.d.S. però afferma:
- Il Collegio è consapevole che, sul tema specifico, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato non è uniforme (per la spettanza dell’indennità di trasferimento, si vedano, ad. es., Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238; Id., 21 dicembre 2009, n. 8513; Id., 13 maggio 2010, n. 2928;
- in senso contrario, ad es., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3867; Sez. VI, 21 ottobre 2009, n. 6457; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6611; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6612; Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3701; Cons. giust. Amm. Reg. Sic. 2 dicembre 2010, n. 1447).
- Re melius perpensa, il Collegio è dell’avviso di condividere la tesi proposta dall’Amministrazione.
Il resto potete leggerlo in sentenza qui sotto.
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06/08/2012 201204501 Sentenza 4
N. 04501/2012REG.PROV.COLL.
N. 02028/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2028 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(congruo numero di ricorrenti-omissis-), rappresentati e difesi dall'avv. Cinzia Meco, con domicilio eletto presso Cinzia Meco in Roma, via Nomentana, 91;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00152/2012, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO DI TRASFERIMENTO L. 86/01.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (congruo numero di ricorrenti-omissis-);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Cinzia Meco e Amedeo Elefante (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza 9 gennaio 2012, n. 152, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I bis, ha accolto il ricorso proposto dal signor P. S. e altri per il riconoscimento, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, del trattamento economico di trasferimento previsto dalla legge 29 marzo 2001, n. 86.
L’Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia.
La domanda cautelare è stata accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 14 aprile 2012, n. 1632, che ha fissato l’udienza di discussione nel merito al 3 luglio 2012.
In tale data l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Gli odierni appellati appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri.
Sono stati trasferiti a sezioni di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso diversi Tribunali.
Assumono che l’assenso da loro prestato al trasferimento non ne muterebbe la natura di trasferimento d’autorità, cosicché agiscono per ottenere il trattamento economico previsto dalle norme richiamate in narrativa.
La loro pretesa è stata accolta dal Tribunale regionale, che, per distinguere il trasferimento d’autorità da quello su domanda, ha argomentato dal tipo dell’interesse (pubblico, nel primo caso; privato, nel secondo) che il movimento tenderebbe a soddisfare.
Il Collegio è consapevole che, sul tema specifico, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato non è uniforme (per la spettanza dell’indennità di trasferimento, si vedano, ad. es., Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238; Id., 21 dicembre 2009, n. 8513; Id., 13 maggio 2010, n. 2928; in senso contrario, ad es., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3867; Sez. VI, 21 ottobre 2009, n. 6457; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6611; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6612; Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3701; Cons. giust. Amm. Reg. Sic. 2 dicembre 2010, n. 1447).
Re melius perpensa, il Collegio è dell’avviso di condividere la tesi proposta dall’Amministrazione.
Occorre prendere le mosse dalla normativa di settore che, essendo ben nota, può essere riassunta in termini estremamente sintetici.
Per la provvista delle sezioni di polizia giudiziaria, l’art. 8 delle norme di attuazione del c.p.p. prevede un doppio canale: la domanda degli interessati (comma 1); in difetto di (un numero sufficiente di) domande, l’autonoma segnalazione da parte dell’Amministrazione.
Non da oggi si è posto il quesito se la domanda formulata dall’interessato ai sensi del comma 1 escluda l’indennità prevista per il trasferimento d’autorità.
A risolvere il dubbio è intervenuto il legislatore che, con l’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che, ai fini in discorso, l’art. 8 citato è da interpretare nel senso che tale domanda va considerata come domanda di trasferimento di sede.
Attesa la normale efficacia retroattiva delle norme interpretative, come si autoqualifica quella ricordata, la questione avrebbe dovuto ritenersi chiusa anche per i fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della legge citata.
Senonché si è pure sostenuto che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata a pena, altrimenti, della stessa illegittimità costituzionale della norma in discorso, questa andrebbe applicata solo per il futuro.
Ora, come afferma la Corte costituzionale, una norma di interpretazione autentica non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (cfr. da ultimo sentenza 2-5 aprile 2012, n. 78, par. 12 del “considerato in diritto”; ivi riferimenti ulteriori).
Con riguardo al caso di specie, la norma interpretativa intende, in definitiva, che, nella fattispecie dell’art. 8 richiamato, “domanda “ voglia dire “domanda di trasferimento”. Sembra davvero difficile revocare in dubbio che tale lettura rientri fra quelle che legittimamente possono farsi discendere dal testo originario.
Neppure, a fronte e a limite della retroattività della norma di interpretazione richiamata, sarebbe possibile opporre il legittimo affidamento dei consociati. Infatti, o questo è inteso in senso generale, come affidamento alla certezza dell’ordinamento giuridico (come sembra ritenere la sentenza impugnata); e allora, in senso letterale, questa tesi contraddirebbe in radice la possibilità stessa dell’esistenza di norme interpretative con efficacia retroattiva, posto che queste, per definizione, producono un mutamento retrospettivo nell’ordinamento giuridico e quindi in qualche misura alterano il quadro normativo che a esse preesisteva.
Ma neppure il richiamo all’affidamento funziona con riguardo alla fattispecie in questione, dato che proprio l’esistenza di un assetto normativo equivoco e controverso - per definizione, dunque, inidoneo a dare base a qualunque affidamento - ha spinto il legislatore ad adottare la disposizione di cui, in questa sede, si contesta – ma a torto - l’applicabilità.
Poiché, dunque, nulla impedisce che la disposizione dell’art. 3, comma 74, della legge n. 350 del 2003 dispieghi la propria naturale efficacia retroattiva anche nei riguardi di fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, si deve concludere che i trasferimenti degli appellati sono da considerarsi disposti su domanda e non d’autorità, con le conseguenze che da una tale premessa derivano in ordine al trattamento economico dovuto.
Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello dell’Amministrazione è fondato e va perciò accolto.
Considerata la natura della controversia e tenuto conto delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/08/2012
Essi appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri.
La loro pretesa è stata accolta dal Tribunale regionale, che, per distinguere il trasferimento d’autorità da quello su domanda, ha argomentato dal tipo dell’interesse (pubblico, nel primo caso; privato, nel secondo) che il movimento tenderebbe a soddisfare.
Il Consiglio di Stato ha accolto l'Appello dell'Amministrazione.
IL C.d.S. però afferma:
- Il Collegio è consapevole che, sul tema specifico, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato non è uniforme (per la spettanza dell’indennità di trasferimento, si vedano, ad. es., Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238; Id., 21 dicembre 2009, n. 8513; Id., 13 maggio 2010, n. 2928;
- in senso contrario, ad es., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3867; Sez. VI, 21 ottobre 2009, n. 6457; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6611; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6612; Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3701; Cons. giust. Amm. Reg. Sic. 2 dicembre 2010, n. 1447).
- Re melius perpensa, il Collegio è dell’avviso di condividere la tesi proposta dall’Amministrazione.
Il resto potete leggerlo in sentenza qui sotto.
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06/08/2012 201204501 Sentenza 4
N. 04501/2012REG.PROV.COLL.
N. 02028/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2028 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(congruo numero di ricorrenti-omissis-), rappresentati e difesi dall'avv. Cinzia Meco, con domicilio eletto presso Cinzia Meco in Roma, via Nomentana, 91;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00152/2012, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE DEL TRATTAMENTO ECONOMICO DI TRASFERIMENTO L. 86/01.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (congruo numero di ricorrenti-omissis-);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Cinzia Meco e Amedeo Elefante (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza 9 gennaio 2012, n. 152, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I bis, ha accolto il ricorso proposto dal signor P. S. e altri per il riconoscimento, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, del trattamento economico di trasferimento previsto dalla legge 29 marzo 2001, n. 86.
L’Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia.
La domanda cautelare è stata accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 14 aprile 2012, n. 1632, che ha fissato l’udienza di discussione nel merito al 3 luglio 2012.
In tale data l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Gli odierni appellati appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri.
Sono stati trasferiti a sezioni di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso diversi Tribunali.
Assumono che l’assenso da loro prestato al trasferimento non ne muterebbe la natura di trasferimento d’autorità, cosicché agiscono per ottenere il trattamento economico previsto dalle norme richiamate in narrativa.
La loro pretesa è stata accolta dal Tribunale regionale, che, per distinguere il trasferimento d’autorità da quello su domanda, ha argomentato dal tipo dell’interesse (pubblico, nel primo caso; privato, nel secondo) che il movimento tenderebbe a soddisfare.
Il Collegio è consapevole che, sul tema specifico, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato non è uniforme (per la spettanza dell’indennità di trasferimento, si vedano, ad. es., Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238; Id., 21 dicembre 2009, n. 8513; Id., 13 maggio 2010, n. 2928; in senso contrario, ad es., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3867; Sez. VI, 21 ottobre 2009, n. 6457; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6611; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6612; Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3701; Cons. giust. Amm. Reg. Sic. 2 dicembre 2010, n. 1447).
Re melius perpensa, il Collegio è dell’avviso di condividere la tesi proposta dall’Amministrazione.
Occorre prendere le mosse dalla normativa di settore che, essendo ben nota, può essere riassunta in termini estremamente sintetici.
Per la provvista delle sezioni di polizia giudiziaria, l’art. 8 delle norme di attuazione del c.p.p. prevede un doppio canale: la domanda degli interessati (comma 1); in difetto di (un numero sufficiente di) domande, l’autonoma segnalazione da parte dell’Amministrazione.
Non da oggi si è posto il quesito se la domanda formulata dall’interessato ai sensi del comma 1 escluda l’indennità prevista per il trasferimento d’autorità.
A risolvere il dubbio è intervenuto il legislatore che, con l’art. 3, comma 74, della legge 24 dicembre 2003 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che, ai fini in discorso, l’art. 8 citato è da interpretare nel senso che tale domanda va considerata come domanda di trasferimento di sede.
Attesa la normale efficacia retroattiva delle norme interpretative, come si autoqualifica quella ricordata, la questione avrebbe dovuto ritenersi chiusa anche per i fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della legge citata.
Senonché si è pure sostenuto che, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata a pena, altrimenti, della stessa illegittimità costituzionale della norma in discorso, questa andrebbe applicata solo per il futuro.
Ora, come afferma la Corte costituzionale, una norma di interpretazione autentica non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (cfr. da ultimo sentenza 2-5 aprile 2012, n. 78, par. 12 del “considerato in diritto”; ivi riferimenti ulteriori).
Con riguardo al caso di specie, la norma interpretativa intende, in definitiva, che, nella fattispecie dell’art. 8 richiamato, “domanda “ voglia dire “domanda di trasferimento”. Sembra davvero difficile revocare in dubbio che tale lettura rientri fra quelle che legittimamente possono farsi discendere dal testo originario.
Neppure, a fronte e a limite della retroattività della norma di interpretazione richiamata, sarebbe possibile opporre il legittimo affidamento dei consociati. Infatti, o questo è inteso in senso generale, come affidamento alla certezza dell’ordinamento giuridico (come sembra ritenere la sentenza impugnata); e allora, in senso letterale, questa tesi contraddirebbe in radice la possibilità stessa dell’esistenza di norme interpretative con efficacia retroattiva, posto che queste, per definizione, producono un mutamento retrospettivo nell’ordinamento giuridico e quindi in qualche misura alterano il quadro normativo che a esse preesisteva.
Ma neppure il richiamo all’affidamento funziona con riguardo alla fattispecie in questione, dato che proprio l’esistenza di un assetto normativo equivoco e controverso - per definizione, dunque, inidoneo a dare base a qualunque affidamento - ha spinto il legislatore ad adottare la disposizione di cui, in questa sede, si contesta – ma a torto - l’applicabilità.
Poiché, dunque, nulla impedisce che la disposizione dell’art. 3, comma 74, della legge n. 350 del 2003 dispieghi la propria naturale efficacia retroattiva anche nei riguardi di fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, si deve concludere che i trasferimenti degli appellati sono da considerarsi disposti su domanda e non d’autorità, con le conseguenze che da una tale premessa derivano in ordine al trattamento economico dovuto.
Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello dell’Amministrazione è fondato e va perciò accolto.
Considerata la natura della controversia e tenuto conto delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/08/2012
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
corresponsione indennita' per trasferimento d'autorità poiché trasferito nel 2001 dalla stazione alla Sezione di Polizia Giudiziaria presso la Procura ed il ricorrente aveva chiesto la corresponsione dell’indennità di cui all’articolo 1 della legge n.100 del 1987.
Il resto circa il mancato accoglimento dell'Appello al C.d.S. leggetelo qui sotto.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
28/10/2013 201305199 Sentenza 4
N. 05199/2013REG.PROV.COLL.
N. 06185/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6185 del 2009, proposto da:
G. S., rappresentato e difeso dagli avv.ti G. R., M. Z., con domicilio eletto presso G. R. in Roma, piazza della Libertà, 20;
contro
Ministero della Difesa; Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00110/2009, resa tra le parti, concernente corresponsione indennita' per trasferimento d'autorita'
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati M. Z. e l'Avvocato dello Stato Marina Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al TAR del Molise, il sig. G. S., maresciallo dell’Arma dei Carabinieri trasferito nel 2001 dalla stazione di OMISSIS alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di OMISSIS, impugnava il provvedimento con il quale il Comando rigettava l’istanza con cui il ricorrente aveva chiesto la corresponsione dell’indennità di cui all’articolo 1 della legge n.100 del 1987.
Il diniego, reso con provvedimento in data 25.2.2004, veniva motivato sul presupposto che “la legge n.350 del 2003 ha stabilito che l’articolo 8 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali ed agenti di P.G. è da considerarsi, ai fini dell’applicazione della legge n.100 del 1987, come domanda di trasferimento di sede”.
- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
- Di qui l’appello interposto dall’interessato, innanzi a questo Consesso ed affidato ai motivi trattati nel prosieguo della presente pronunzia.
- Si è costituito nel giudizio il Ministero della Difesa, resistendo al ricorso ed esponendo le proprie difese richiamando quanto già esposto in prime cure.
Alla pubblica udienza del 4 giugno 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- La controversia sottoposta alla Sezione dall’appello in esame verte su questione (la spettanza dell’indennità in fatto specificata in relazione all’art.8 disp.att. CPP) che, anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 74 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), era regolata dalla giurisprudenza di questo Consesso sulla base della natura, a domanda o d’autorità, riconoscibile nel trasferimento, e cioè a seconda che rispettivamente esso miri a soddisfare un’esigenza organizzativa, un interesse del dipendente o dell’amministrazione. In particolare, e nel senso del riconoscimento della spettanza dell’indennità, una parte giurisprudenza aveva sottolineato come la indicazione da parte del militare di una sede o anche di una disponibilità non mutasse il trasferimento d’autorità in trasferimento a domanda (v. ex multis, Cons. di Stato, sez.IV, n.332/2001). Di contro, altro ed opposto orientamento aveva sottolineato che proprio detti elementi venissero a costituire la fattispecie del movimento ad istanza del dipendente (cfr., fra le altre, Cons. di Stato, sez. IV, n. 3867/2008). Peraltro, successivamente all’avvento della cennata disposizione, sulla cui portata interpretativa non sussiste alcun dubbio, il Collegio ritiene che l’orientamento del TAR, espressosi con la sentenza impugnata per la non spettanza dell’indennità, resti definitivamente confermato nel senso chiaramente esplicitato dalla predetta normativa, palesandosi perciò l’infondatezza dell’appello proposto.
Ed invero dispone l’articolo 3, comma 74 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) che "l'art.8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989 n.271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli agenti di polizia giudiziaria . . . è, da considerarsi, ai fini dell'applicazione della legge 100/87, come domanda di trasferimento di sede".
Ne deriva che la fattispecie non può che essere regolata “a contrariis” dal tenore dell’art. 1 della legge n.100/1987, il quale riconosce l’indennità in parola soltanto a seguito dei trasferimenti d’autorità e non a quelli a domanda.
A fronte del dettato legislativo non possono perciò assumere rilievo i motivi svolti dall’appellante, che sostiene l’erroneità della sentenza gravata, anzitutto ove afferma che il caso del trasferimento di autorità si realizza “solo nell'ipotesi indicata al comma terzo del citato articolo 8, allorché, in carenza di domande, è prevista l'indicazione d'autorità, da parte dell'amministrazione al procuratore generale, di coloro che possono essere considerati ai fini dell'assegnazione”.
A tale conclusione, come anche alla rilevanza della richiesta espressa in merito dal procuratore della Repubblica, non lascia infatti spazio alcuno la disposizione di legge preclusiva sopra riportata, la quale ha dichiaratamente ed effettivamente natura interpretativa (negata dall’appellante) potendo perciò essere applicata anche alle domande indennitarie presentate anteriormente alla sua entrata in vigore. Né tale conclusione può utilmente essere avversata invocando il principio di irretroattività delle leggi alle situazioni giuridiche che sarebbero maturate in precedenza, o che la norma sopravvenuta ha valenza innovativa. Ed invero è assolutamente dubbio, in primo luogo, che gli elementi costitutivi del diritto si fossero concretizzati già prima dell’avvento della legge n. 350/2004, dando luogo ad una qualche “consolidazione” della pretesa vantata, e ciò soprattutto considerando che all’oggettiva incertezza della questione si aggiungeva che la sua regolazione interpretativa in sede giurisprudenziale non presentava certo carattere di uniformità.
Osta poi alla tesi dell’appellante sia il testo letterale della norma, che si esprime manifestamente per la funzione interpretativa (sicchè “in claris non fit intepretatio”), sia la natura di fonte ordinaria dell’art. 11 delle “preleggi”, che non impedisce al legislatore ordinario di derogare ad altra disposizione di legge in materia interpretativa, purchè tale intendimento, come nel caso in esame (e ricorda lo stesso appellante) risulti in modo assolutamente esplicito.
2.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Resta assorbita ogni altra eventuale questione od eccezione, che il Collegio non ritiene rilevante ai fini della decisione.
3.- Le spese del giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,
respinge l’appello.
Condanna parte appellante al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, complessivamente, in Euro millecinquecento/00 (1.500,00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con l’intervento dei signori:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2013
Il resto circa il mancato accoglimento dell'Appello al C.d.S. leggetelo qui sotto.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
28/10/2013 201305199 Sentenza 4
N. 05199/2013REG.PROV.COLL.
N. 06185/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6185 del 2009, proposto da:
G. S., rappresentato e difeso dagli avv.ti G. R., M. Z., con domicilio eletto presso G. R. in Roma, piazza della Libertà, 20;
contro
Ministero della Difesa; Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00110/2009, resa tra le parti, concernente corresponsione indennita' per trasferimento d'autorita'
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati M. Z. e l'Avvocato dello Stato Marina Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al TAR del Molise, il sig. G. S., maresciallo dell’Arma dei Carabinieri trasferito nel 2001 dalla stazione di OMISSIS alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura di OMISSIS, impugnava il provvedimento con il quale il Comando rigettava l’istanza con cui il ricorrente aveva chiesto la corresponsione dell’indennità di cui all’articolo 1 della legge n.100 del 1987.
Il diniego, reso con provvedimento in data 25.2.2004, veniva motivato sul presupposto che “la legge n.350 del 2003 ha stabilito che l’articolo 8 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli ufficiali ed agenti di P.G. è da considerarsi, ai fini dell’applicazione della legge n.100 del 1987, come domanda di trasferimento di sede”.
- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
- Di qui l’appello interposto dall’interessato, innanzi a questo Consesso ed affidato ai motivi trattati nel prosieguo della presente pronunzia.
- Si è costituito nel giudizio il Ministero della Difesa, resistendo al ricorso ed esponendo le proprie difese richiamando quanto già esposto in prime cure.
Alla pubblica udienza del 4 giugno 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- La controversia sottoposta alla Sezione dall’appello in esame verte su questione (la spettanza dell’indennità in fatto specificata in relazione all’art.8 disp.att. CPP) che, anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 74 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), era regolata dalla giurisprudenza di questo Consesso sulla base della natura, a domanda o d’autorità, riconoscibile nel trasferimento, e cioè a seconda che rispettivamente esso miri a soddisfare un’esigenza organizzativa, un interesse del dipendente o dell’amministrazione. In particolare, e nel senso del riconoscimento della spettanza dell’indennità, una parte giurisprudenza aveva sottolineato come la indicazione da parte del militare di una sede o anche di una disponibilità non mutasse il trasferimento d’autorità in trasferimento a domanda (v. ex multis, Cons. di Stato, sez.IV, n.332/2001). Di contro, altro ed opposto orientamento aveva sottolineato che proprio detti elementi venissero a costituire la fattispecie del movimento ad istanza del dipendente (cfr., fra le altre, Cons. di Stato, sez. IV, n. 3867/2008). Peraltro, successivamente all’avvento della cennata disposizione, sulla cui portata interpretativa non sussiste alcun dubbio, il Collegio ritiene che l’orientamento del TAR, espressosi con la sentenza impugnata per la non spettanza dell’indennità, resti definitivamente confermato nel senso chiaramente esplicitato dalla predetta normativa, palesandosi perciò l’infondatezza dell’appello proposto.
Ed invero dispone l’articolo 3, comma 74 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) che "l'art.8 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989 n.271, si interpreta nel senso che la domanda prodotta dagli agenti di polizia giudiziaria . . . è, da considerarsi, ai fini dell'applicazione della legge 100/87, come domanda di trasferimento di sede".
Ne deriva che la fattispecie non può che essere regolata “a contrariis” dal tenore dell’art. 1 della legge n.100/1987, il quale riconosce l’indennità in parola soltanto a seguito dei trasferimenti d’autorità e non a quelli a domanda.
A fronte del dettato legislativo non possono perciò assumere rilievo i motivi svolti dall’appellante, che sostiene l’erroneità della sentenza gravata, anzitutto ove afferma che il caso del trasferimento di autorità si realizza “solo nell'ipotesi indicata al comma terzo del citato articolo 8, allorché, in carenza di domande, è prevista l'indicazione d'autorità, da parte dell'amministrazione al procuratore generale, di coloro che possono essere considerati ai fini dell'assegnazione”.
A tale conclusione, come anche alla rilevanza della richiesta espressa in merito dal procuratore della Repubblica, non lascia infatti spazio alcuno la disposizione di legge preclusiva sopra riportata, la quale ha dichiaratamente ed effettivamente natura interpretativa (negata dall’appellante) potendo perciò essere applicata anche alle domande indennitarie presentate anteriormente alla sua entrata in vigore. Né tale conclusione può utilmente essere avversata invocando il principio di irretroattività delle leggi alle situazioni giuridiche che sarebbero maturate in precedenza, o che la norma sopravvenuta ha valenza innovativa. Ed invero è assolutamente dubbio, in primo luogo, che gli elementi costitutivi del diritto si fossero concretizzati già prima dell’avvento della legge n. 350/2004, dando luogo ad una qualche “consolidazione” della pretesa vantata, e ciò soprattutto considerando che all’oggettiva incertezza della questione si aggiungeva che la sua regolazione interpretativa in sede giurisprudenziale non presentava certo carattere di uniformità.
Osta poi alla tesi dell’appellante sia il testo letterale della norma, che si esprime manifestamente per la funzione interpretativa (sicchè “in claris non fit intepretatio”), sia la natura di fonte ordinaria dell’art. 11 delle “preleggi”, che non impedisce al legislatore ordinario di derogare ad altra disposizione di legge in materia interpretativa, purchè tale intendimento, come nel caso in esame (e ricorda lo stesso appellante) risulti in modo assolutamente esplicito.
2.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Resta assorbita ogni altra eventuale questione od eccezione, che il Collegio non ritiene rilevante ai fini della decisione.
3.- Le spese del giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,
respinge l’appello.
Condanna parte appellante al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, complessivamente, in Euro millecinquecento/00 (1.500,00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2013, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con l’intervento dei signori:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2013
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
corresponsione indennità di trasferimento di cui all’art.1 L. n. 100/87
IL TAR LAZIO precisa:
1) - Il ricorrente, artigliere presso la scuola di artiglieria di Bracciano, in data 21 gennaio 1998 è stato trasferito, a domanda, al OMISSIS.
2) - Nondimeno, lo stesso lamenta la mancata attribuzione della indennità di cui all’art. 1, della L.100/1987.
3) - Sostiene, infatti, il ricorrente che, pur avendo presentato articolata e motivata domanda di trasferimento, in realtà, alla luce della giurisprudenza dallo stesso citata, il suo trasferimento deve essere considerato d’ufficio, proprio perché predisposto dall’amministrazione militare per soddisfare prioritarie esigenze amministrative e non già quale espressione di una privata esigenza del dipendente, tanto che, nell’occasione, l'Amministrazione non ha svolto, né risulta dagli atti, alcuna valutazione del proprio interesse quale limite di compatibilità all'accoglimento delle domande (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1705/2006; n. 4973/2005; n. 4896/2002; n. 324/2001).
Ricorso Accolto.
Le motivazioni leggeteli qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------
03/03/2014 201402459 Sentenza 1B
N. 02459/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00382/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 382 del 2003, proposto da:
M. F., rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso Angelo Fiore Tartaglia in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Stato Maggiore dell'Esercito;
per l'accertamento ed il riconoscimento della
corresponsione indennità di trasferimento di cui all’art.1 L. n. 100/87, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle relative somme reclamate, oltre interessi e rivalutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, artigliere presso la scuola di artiglieria di Bracciano, in data 21 gennaio 1998 è stato trasferito, a domanda, al OMISSIS.
Nondimeno, lo stesso lamenta la mancata attribuzione della indennità di cui all’art. 1, della L.100/1987.
Sostiene, infatti, il ricorrente che, pur avendo presentato articolata e motivata domanda di trasferimento, in realtà, alla luce della giurisprudenza dallo stesso citata, il suo trasferimento deve essere considerato d’ufficio, proprio perché predisposto dall’amministrazione militare per soddisfare prioritarie esigenze amministrative e non già quale espressione di una privata esigenza del dipendente, tanto che, nell’occasione, l'Amministrazione non ha svolto, né risulta dagli atti, alcuna valutazione del proprio interesse quale limite di compatibilità all'accoglimento delle domande (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1705/2006; n. 4973/2005; n. 4896/2002; n. 324/2001).
A conforto della propria tesi il ricorrente ha prodotto la nota del Ministero della Difesa, Direzione Generali per i sottufficiali, n. …… del 2 ottobre 1997, indirizzata alla Scuola di Artiglieria di Bracciano con la quale, dopo aver premesso l’urgente necessità di ripianare la vacanza organica dovuta alla assenza, per malattia, del consegnatario del deposito munizioni di OMISSIS, considerato, altresì, che il ricorrente aveva già manifestato una personale disponibilità al trasferimento in quella sede, esortava il Comando scuola di artiglieria ad invitare il predetto ricorrente a presentare istanza di trasferimento.
Il ricorrente aderiva all’invito presentando, in data 14 ottobre 1997, la richiesta istanza.
Osserva il Collegio che l’indicata domanda di trasferimento, anche in relazione al modo di compilazione, alla struttura grafica e al contenuto sintattico grammaticale, deve ritenersi predisposta ed estesa dal comando della scuola di Artiglieria, così che il ricorrente si è limitato, all’evidenza, ad assentire alla richiesta superiormente manifestata.
In altre parole è evidente che il ricorrente non ha predisposto l’indicata domanda, né la precedente disponibilità al trasferimento poteva considerarsi ed intendersi come domanda di trasferimento, atteso che, in tale circostanza, il comando Militare non avrebbe avuto alcuna necessità di approntare e richiedere al ricorrente una nuova istanza di trasferimento.
Pertanto, il discrimine che segna la differenza nel genus dei trasferimenti (a domanda o d’autorità), attiene e si riferisce, esclusivamente, alle reali esigenze che lo spostamento del militare mira a soddisfare, in guisa che, solo ove vi sia una reale ed effettiva domanda del dipendente motivata da necessità o aspirazioni personali può parlarsi di trasferimento “a domanda” ( Cons. St., Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3383/2012).
Nel caso di specie la reale dinamica fattuale convince il Collegio a collocare il citato trasferimento nel novero dei trasferimenti d’ufficio, proprio in considerazione delle esigenze espresse dalla stessa p.a. e non contestate dall’avvocatura erariale, che, invero, non ha svolto alcuna difesa al riguardo limitandosi alla mera e formale costituzione in giudizio.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto e riconosciuto il diritto agli emolumenti richiesti, nei termini di seguito indicati.
Il momento applicativo della richiesta indennità deve, però, essere individuato al momento della domanda, secondo il noto brocardo : tempus regit actum, atteso che si tratta di provvidenze che devono essere espressamente richieste dal beneficiario all’amministrazione e non conseguono in via automatica dal trasferimento.
Per cui la liquidazione della somma richiesta deve essere contabilizzata secondo i canoni indicati dalla L. 86/2001.
Sulla somma così individuata dovranno essere corrisposti interessi legali dal momento della domanda sino all’effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui motivazione.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2014
IL TAR LAZIO precisa:
1) - Il ricorrente, artigliere presso la scuola di artiglieria di Bracciano, in data 21 gennaio 1998 è stato trasferito, a domanda, al OMISSIS.
2) - Nondimeno, lo stesso lamenta la mancata attribuzione della indennità di cui all’art. 1, della L.100/1987.
3) - Sostiene, infatti, il ricorrente che, pur avendo presentato articolata e motivata domanda di trasferimento, in realtà, alla luce della giurisprudenza dallo stesso citata, il suo trasferimento deve essere considerato d’ufficio, proprio perché predisposto dall’amministrazione militare per soddisfare prioritarie esigenze amministrative e non già quale espressione di una privata esigenza del dipendente, tanto che, nell’occasione, l'Amministrazione non ha svolto, né risulta dagli atti, alcuna valutazione del proprio interesse quale limite di compatibilità all'accoglimento delle domande (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1705/2006; n. 4973/2005; n. 4896/2002; n. 324/2001).
Ricorso Accolto.
Le motivazioni leggeteli qui sotto.
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03/03/2014 201402459 Sentenza 1B
N. 02459/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00382/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 382 del 2003, proposto da:
M. F., rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso Angelo Fiore Tartaglia in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Ministero dell'Economia e delle Finanze, Stato Maggiore dell'Esercito;
per l'accertamento ed il riconoscimento della
corresponsione indennità di trasferimento di cui all’art.1 L. n. 100/87, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle relative somme reclamate, oltre interessi e rivalutazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, artigliere presso la scuola di artiglieria di Bracciano, in data 21 gennaio 1998 è stato trasferito, a domanda, al OMISSIS.
Nondimeno, lo stesso lamenta la mancata attribuzione della indennità di cui all’art. 1, della L.100/1987.
Sostiene, infatti, il ricorrente che, pur avendo presentato articolata e motivata domanda di trasferimento, in realtà, alla luce della giurisprudenza dallo stesso citata, il suo trasferimento deve essere considerato d’ufficio, proprio perché predisposto dall’amministrazione militare per soddisfare prioritarie esigenze amministrative e non già quale espressione di una privata esigenza del dipendente, tanto che, nell’occasione, l'Amministrazione non ha svolto, né risulta dagli atti, alcuna valutazione del proprio interesse quale limite di compatibilità all'accoglimento delle domande (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1705/2006; n. 4973/2005; n. 4896/2002; n. 324/2001).
A conforto della propria tesi il ricorrente ha prodotto la nota del Ministero della Difesa, Direzione Generali per i sottufficiali, n. …… del 2 ottobre 1997, indirizzata alla Scuola di Artiglieria di Bracciano con la quale, dopo aver premesso l’urgente necessità di ripianare la vacanza organica dovuta alla assenza, per malattia, del consegnatario del deposito munizioni di OMISSIS, considerato, altresì, che il ricorrente aveva già manifestato una personale disponibilità al trasferimento in quella sede, esortava il Comando scuola di artiglieria ad invitare il predetto ricorrente a presentare istanza di trasferimento.
Il ricorrente aderiva all’invito presentando, in data 14 ottobre 1997, la richiesta istanza.
Osserva il Collegio che l’indicata domanda di trasferimento, anche in relazione al modo di compilazione, alla struttura grafica e al contenuto sintattico grammaticale, deve ritenersi predisposta ed estesa dal comando della scuola di Artiglieria, così che il ricorrente si è limitato, all’evidenza, ad assentire alla richiesta superiormente manifestata.
In altre parole è evidente che il ricorrente non ha predisposto l’indicata domanda, né la precedente disponibilità al trasferimento poteva considerarsi ed intendersi come domanda di trasferimento, atteso che, in tale circostanza, il comando Militare non avrebbe avuto alcuna necessità di approntare e richiedere al ricorrente una nuova istanza di trasferimento.
Pertanto, il discrimine che segna la differenza nel genus dei trasferimenti (a domanda o d’autorità), attiene e si riferisce, esclusivamente, alle reali esigenze che lo spostamento del militare mira a soddisfare, in guisa che, solo ove vi sia una reale ed effettiva domanda del dipendente motivata da necessità o aspirazioni personali può parlarsi di trasferimento “a domanda” ( Cons. St., Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3383/2012).
Nel caso di specie la reale dinamica fattuale convince il Collegio a collocare il citato trasferimento nel novero dei trasferimenti d’ufficio, proprio in considerazione delle esigenze espresse dalla stessa p.a. e non contestate dall’avvocatura erariale, che, invero, non ha svolto alcuna difesa al riguardo limitandosi alla mera e formale costituzione in giudizio.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto e riconosciuto il diritto agli emolumenti richiesti, nei termini di seguito indicati.
Il momento applicativo della richiesta indennità deve, però, essere individuato al momento della domanda, secondo il noto brocardo : tempus regit actum, atteso che si tratta di provvidenze che devono essere espressamente richieste dal beneficiario all’amministrazione e non conseguono in via automatica dal trasferimento.
Per cui la liquidazione della somma richiesta deve essere contabilizzata secondo i canoni indicati dalla L. 86/2001.
Sulla somma così individuata dovranno essere corrisposti interessi legali dal momento della domanda sino all’effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui motivazione.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/03/2014
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
1) - Il gradimento dell’interessato, ad avviso del primo giudice, deporrebbe a favore della tesi che il trasferimento non è avvenuto d’autorità ma conformemente a una richiesta dell’interessato.
2) - Il Collegio ricorda che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata precisa che, ai fini della qualificazione di un trasferimento, come avvenuto a domanda o d’autorità, non è sufficiente l’elemento formale costituito dalla domanda stessa o dal gradimento manifestato dal dipendente, dovendosi piuttosto fare riferimento agli interessi che l’atto di trasferimento tende a soddisfare;
- ) - con la precisazione che un trasferimento non potrà mai avvenire unicamente per soddisfare gli interessi del richiedente, giacché il trasferimento, conseguendo a un provvedimento amministrativo, dovrà pur sempre curare l’interesse specifico dell’amministrazione alla miglior funzionalità dell’ufficio e ciò conformemente alla previsione dell’art. 97 della Costituzione.
3) - In primo luogo l’interessato non ha mai presentato all’amministrazione alcuna domanda di trasferimento ed è importante precisare che non era neppure nelle condizioni di presentarla, dal momento che non erano trascorsi i tre anni necessari dalla sua assegnazione al Comando di Brigata di Carini.
Ricorso del collega GdiF ACCOLTO.
Il resto leggetelo qui sotto.
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10/07/2014 201400409 Sentenza 1
N. 00409/2014REG.PROV.COLL.
N. 00791/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 791 del 2013, proposto da:
G. V., rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Agrifoglio, con domicilio eletto presso Sergio Agrifoglio in Palermo, via B. Latini 34;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Pa, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, N. 81;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE I n. 00702/2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2014 il Cons. Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati S. Agrifoglio e avv. di Stato Ciani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, ha impugnato davanti al TAR il provvedimento del 21.12.04 con cui l’amministrazione di appartenenza ha rifiutato la attribuzione dell’indennità di trasferimento ex art. 1, L 100/87.
Il ricorrente ha asserito di essere stato trasferito al Comando Tenenza Aeroportuale di Punta Raisi e, di conseguenza, di avere diritto all’indennità di trasferimento, tenuto conto che il trasferimento sarebbe avvenuto per ragioni di servizio, laddove l’amministrazione afferma che il trasferimento è avvenuto su istanza dell’interessato.
Ha affidato il suo ricorso al seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. 10.3.1987 n. 100. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
Le amministrazioni intimate si sono costituite nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso sulla base del rilievo che il trasferimento da Carini a Punta Raisi sarebbe avvenuto a domanda dell’interessato e che, dunque, ai sensi della norma invocata dal ricorrente, non gli spetterebbero i benefici richiesti.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso riconoscendo valore decisivo alla circostanza che il ricorrente aveva dichiarato per iscritto di gradire il trasferimento a domanda dal Comando Brigata di Carini al Comando Tenenza di Punta Raisi.
Ad avviso del Tribunale quindi sarebbe “documentalmente provato che il trasferimento non ha avuto alcun carattere di coattività ed è avvenuto sulla base di una scelta del militare”, con la conseguenza che il ricorso non poteva che essere rigettato.
Ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. G. V., chiedendo il riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento, con l’aggiunta delle maggiorazioni dovute a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.
Il ricorrente ha affidato il gravame al seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. 10.3.1987 n. 100. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
Il ricorrente, nelle sue deduzioni di critica della sentenza impugnata ha ricordato l’orientamento della giurisprudenza secondo cui, al fine di stabilire se un trasferimento sia avvenuto di autorità o a domanda, bisogna fare riferimento non già al fatto puro e semplice che sia intervenuta una richiesta o via sia stata l’adesione dell’interessato, quanto piuttosto bisogna avere riguardo agli interessi che vengono soddisfatti tramite il trasferimento, così che se questi sono prevalentemente riconducibili all’amministrazione, il trasferimento deve intendersi d’autorità.
Si è costituita l’amministrazione intimata, che ha depositato una documentata memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 817/13 questo Consiglio ha rigettato la richiesta di sospensione della sentenza impugnata.
All’udienza del 10.4.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato e va accolto.
Nella nota del 2.2.2001 n. prot. 11804/P a firma del Comandante provinciale della Guardia di Finanza si legge che “in accoglimento dell’istanza di gradimento dell’interessato, dispongo, con decorrenza 1.2.2001, il trasferimento a domanda dell’app. V. G. dalla Brigata di Carini alla Tenenza di Punta Raisi”.
Il gradimento dell’interessato, ad avviso del primo giudice, deporrebbe a favore della tesi che il trasferimento non è avvenuto d’autorità ma conformemente a una richiesta dell’interessato.
Il Collegio ricorda che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata precisa che, ai fini della qualificazione di un trasferimento, come avvenuto a domanda o d’autorità, non è sufficiente l’elemento formale costituito dalla domanda stessa o dal gradimento manifestato dal dipendente, dovendosi piuttosto fare riferimento agli interessi che l’atto di trasferimento tende a soddisfare; con la precisazione che un trasferimento non potrà mai avvenire unicamente per soddisfare gli interessi del richiedente, giacché il trasferimento, conseguendo a un provvedimento amministrativo, dovrà pur sempre curare l’interesse specifico dell’amministrazione alla miglior funzionalità dell’ufficio e ciò conformemente alla previsione dell’art. 97 della Costituzione.
Pur con l’avvertenza che l’interesse del privato trasferito e l’interesse dell’amministrazione risultano strettamente intrecciati, ma diversamente bilanciati a seconda dei casi, il Collegio rileva che nella fattispecie sottoposta al suo esame hanno rilievo decisivo le seguenti circostanze.
In primo luogo l’interessato non ha mai presentato all’amministrazione alcuna domanda di trasferimento ed è importante precisare che non era neppure nelle condizioni di presentarla, dal momento che non erano trascorsi i tre anni necessari dalla sua assegnazione al Comando di Brigata di Carini.
Il procedimento di trasferimento si è quindi messo in moto non sulla base di una richiesta del ricorrente, ma sulla base di esigenze dell’amministrazione che ha “invitato” il ricorrente a presentare una dichiarazione di disponibilità o gradimento al suo trasferimento, scegliendo uno dei tre reparti del Comando provinciale di Palermo. A seguiti del predetto invito, l’interessato ha manifestato il suo gradimento per il Comando di Tenenza aeroportuale di Punta Raisi, ritenendo di soddisfare in tal modo le esigenze dell’amministrazione con il minor sacrificio a suo carico.
Mancando, quindi, ogni manifestazione di volontà del dipendente, tendente al trasferimento, volontà che peraltro egli non era in grado di esprimere per le ragioni predette, la sua adesione al trasferimento, comunque progettato dall’amministrazione per esigenze di servizio, non può trasformarlo in un trasferimento a domanda, giacché egli ha solo esternato la volontà di aderire ad una esigenza dell’amministrazione, tendente a soddisfare interessi pubblici.
Tanto basta al Collegio per ritenere che il trasferimento sia avvenuto di autorità.
Conclusivamente il ricorso va accolto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, con la conseguente dichiarazione del diritto del ricorrente ad avere corrisposta l’indennità di trasferimento.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio, restando a carico dell’amministrazione il rimborso del contributo unificato di ambedue i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Ermanno de Francisco, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
2) - Il Collegio ricorda che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata precisa che, ai fini della qualificazione di un trasferimento, come avvenuto a domanda o d’autorità, non è sufficiente l’elemento formale costituito dalla domanda stessa o dal gradimento manifestato dal dipendente, dovendosi piuttosto fare riferimento agli interessi che l’atto di trasferimento tende a soddisfare;
- ) - con la precisazione che un trasferimento non potrà mai avvenire unicamente per soddisfare gli interessi del richiedente, giacché il trasferimento, conseguendo a un provvedimento amministrativo, dovrà pur sempre curare l’interesse specifico dell’amministrazione alla miglior funzionalità dell’ufficio e ciò conformemente alla previsione dell’art. 97 della Costituzione.
3) - In primo luogo l’interessato non ha mai presentato all’amministrazione alcuna domanda di trasferimento ed è importante precisare che non era neppure nelle condizioni di presentarla, dal momento che non erano trascorsi i tre anni necessari dalla sua assegnazione al Comando di Brigata di Carini.
Ricorso del collega GdiF ACCOLTO.
Il resto leggetelo qui sotto.
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10/07/2014 201400409 Sentenza 1
N. 00409/2014REG.PROV.COLL.
N. 00791/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 791 del 2013, proposto da:
G. V., rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Agrifoglio, con domicilio eletto presso Sergio Agrifoglio in Palermo, via B. Latini 34;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Pa, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, N. 81;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE I n. 00702/2013, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2014 il Cons. Giuseppe Barone e uditi per le parti gli avvocati S. Agrifoglio e avv. di Stato Ciani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, ha impugnato davanti al TAR il provvedimento del 21.12.04 con cui l’amministrazione di appartenenza ha rifiutato la attribuzione dell’indennità di trasferimento ex art. 1, L 100/87.
Il ricorrente ha asserito di essere stato trasferito al Comando Tenenza Aeroportuale di Punta Raisi e, di conseguenza, di avere diritto all’indennità di trasferimento, tenuto conto che il trasferimento sarebbe avvenuto per ragioni di servizio, laddove l’amministrazione afferma che il trasferimento è avvenuto su istanza dell’interessato.
Ha affidato il suo ricorso al seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. 10.3.1987 n. 100. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
Le amministrazioni intimate si sono costituite nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso sulla base del rilievo che il trasferimento da Carini a Punta Raisi sarebbe avvenuto a domanda dell’interessato e che, dunque, ai sensi della norma invocata dal ricorrente, non gli spetterebbero i benefici richiesti.
Il Tribunale ha rigettato il ricorso riconoscendo valore decisivo alla circostanza che il ricorrente aveva dichiarato per iscritto di gradire il trasferimento a domanda dal Comando Brigata di Carini al Comando Tenenza di Punta Raisi.
Ad avviso del Tribunale quindi sarebbe “documentalmente provato che il trasferimento non ha avuto alcun carattere di coattività ed è avvenuto sulla base di una scelta del militare”, con la conseguenza che il ricorso non poteva che essere rigettato.
Ha compensato tra le parti le spese del giudizio.
Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. G. V., chiedendo il riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento, con l’aggiunta delle maggiorazioni dovute a titolo di interessi e rivalutazione monetaria.
Il ricorrente ha affidato il gravame al seguente motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della L. 10.3.1987 n. 100. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
Il ricorrente, nelle sue deduzioni di critica della sentenza impugnata ha ricordato l’orientamento della giurisprudenza secondo cui, al fine di stabilire se un trasferimento sia avvenuto di autorità o a domanda, bisogna fare riferimento non già al fatto puro e semplice che sia intervenuta una richiesta o via sia stata l’adesione dell’interessato, quanto piuttosto bisogna avere riguardo agli interessi che vengono soddisfatti tramite il trasferimento, così che se questi sono prevalentemente riconducibili all’amministrazione, il trasferimento deve intendersi d’autorità.
Si è costituita l’amministrazione intimata, che ha depositato una documentata memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 817/13 questo Consiglio ha rigettato la richiesta di sospensione della sentenza impugnata.
All’udienza del 10.4.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio il ricorso è fondato e va accolto.
Nella nota del 2.2.2001 n. prot. 11804/P a firma del Comandante provinciale della Guardia di Finanza si legge che “in accoglimento dell’istanza di gradimento dell’interessato, dispongo, con decorrenza 1.2.2001, il trasferimento a domanda dell’app. V. G. dalla Brigata di Carini alla Tenenza di Punta Raisi”.
Il gradimento dell’interessato, ad avviso del primo giudice, deporrebbe a favore della tesi che il trasferimento non è avvenuto d’autorità ma conformemente a una richiesta dell’interessato.
Il Collegio ricorda che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata precisa che, ai fini della qualificazione di un trasferimento, come avvenuto a domanda o d’autorità, non è sufficiente l’elemento formale costituito dalla domanda stessa o dal gradimento manifestato dal dipendente, dovendosi piuttosto fare riferimento agli interessi che l’atto di trasferimento tende a soddisfare; con la precisazione che un trasferimento non potrà mai avvenire unicamente per soddisfare gli interessi del richiedente, giacché il trasferimento, conseguendo a un provvedimento amministrativo, dovrà pur sempre curare l’interesse specifico dell’amministrazione alla miglior funzionalità dell’ufficio e ciò conformemente alla previsione dell’art. 97 della Costituzione.
Pur con l’avvertenza che l’interesse del privato trasferito e l’interesse dell’amministrazione risultano strettamente intrecciati, ma diversamente bilanciati a seconda dei casi, il Collegio rileva che nella fattispecie sottoposta al suo esame hanno rilievo decisivo le seguenti circostanze.
In primo luogo l’interessato non ha mai presentato all’amministrazione alcuna domanda di trasferimento ed è importante precisare che non era neppure nelle condizioni di presentarla, dal momento che non erano trascorsi i tre anni necessari dalla sua assegnazione al Comando di Brigata di Carini.
Il procedimento di trasferimento si è quindi messo in moto non sulla base di una richiesta del ricorrente, ma sulla base di esigenze dell’amministrazione che ha “invitato” il ricorrente a presentare una dichiarazione di disponibilità o gradimento al suo trasferimento, scegliendo uno dei tre reparti del Comando provinciale di Palermo. A seguiti del predetto invito, l’interessato ha manifestato il suo gradimento per il Comando di Tenenza aeroportuale di Punta Raisi, ritenendo di soddisfare in tal modo le esigenze dell’amministrazione con il minor sacrificio a suo carico.
Mancando, quindi, ogni manifestazione di volontà del dipendente, tendente al trasferimento, volontà che peraltro egli non era in grado di esprimere per le ragioni predette, la sua adesione al trasferimento, comunque progettato dall’amministrazione per esigenze di servizio, non può trasformarlo in un trasferimento a domanda, giacché egli ha solo esternato la volontà di aderire ad una esigenza dell’amministrazione, tendente a soddisfare interessi pubblici.
Tanto basta al Collegio per ritenere che il trasferimento sia avvenuto di autorità.
Conclusivamente il ricorso va accolto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, con la conseguente dichiarazione del diritto del ricorrente ad avere corrisposta l’indennità di trasferimento.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio, restando a carico dell’amministrazione il rimborso del contributo unificato di ambedue i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Ermanno de Francisco, Consigliere
Silvia La Guardia, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2014
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
restituzione delle somme corrisposte, a mente della L. 100/1987, perché, a seguito della ispezione è stato appurato che agli Ufficiali Allievi che hanno frequentato negli anni 1992-93 il terzo anno accademico era stata corrisposta la riferita indennità.
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IL TAR LAZIO accoglie il ricorso è scrive:
1) - Il ricorso è fondato alla stregua di quanto già ritenuto dalla Sezione in fattispecie identiche ( cfr. ricorso r.g.12809/97).
2) - Va quindi ribadito , per esigenze di sistematicità e coerenza, quanto già affermato dalla Sezione con sentenza n. 7388/2014.
3) - In realtà il relativo procedimento richiede, come detto, una motivata istruttoria.
4) - Ciò comporta conseguentemente il diritto del destinatario del provvedimento di interloquire con la p.a. al fine di rappresentare ogni evenienza ritenuta utile a tutelare la propria situazione soggettiva, in uno con una autonoma ed imprescindibile attività istruttoria demandata alla p.a..
5) - Nel caso di specie, invece, il provvedimento contestato si è limitato a rappresentare, invero, in modo sintetico e telegrafico, unicamente il fatto che la somma corrisposta a titolo di indennità ex L. 100/1987, a seguito di una inchiesta amministrativa, non è, né era dovuta.
Il resto leggetelo qui sotto.
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30/07/2014 201408403 Sentenza 1B
N. 08403/2014 REG.PROV.COLL.
N. 11329/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11329 del 1997, proposto da:
B. D. D. B. V., S. R., rappresentati e difesi dagli avv. Alfonso Maria Papa Malatesta, Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso Silvio Bozzi in Roma, via Chiana, 48;
contro
Ministero della Difesa, Ministero del Tesoro, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dei provvedimenti di recupero somme indebitamente percepite del 13 maggio 1997;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero del Tesoro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2014 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Amministrazione della difesa ha richiesto la restituzione delle somme corrisposte agli odierni ricorrenti, a mente della L. 100/1987, perché, a seguito della ispezione svolta dal Ministero del Tesoro- Ragioneria Generale dello Stato –Ispettorato generale di Finanza presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito, è stato appurato che agli ufficiali allievi che hanno frequentato negli anni 1992-93 il terzo anno accademico era stata corrisposta la riferita indennità.
L’Ufficio ispettivo, pertanto, invitava l’amministrazione della difesa a recuperare le indicate somme asseritamente non dovute.
Con il provvedimento in questa sede censurato il servizio amministrativo della Scuola di applicazione chiedeva, pertanto, ai ricorrenti – ed agli altri commilitoni - di versare, entro trenta giorni la somma indebitamente percepita, ovvero, in subordine a richiedere, per iscritto, la rateizzazione dell’importo complessivamente richiesto.
Avverso tale determinazione gli interessati hanno proposto ricorso giurisdizionale.
Il ricorso è fondato alla stregua di quanto già ritenuto dalla Sezione in fattispecie identiche ( cfr. ricorso r.g.12809/97).
Va quindi ribadito , per esigenze di sistematicità e coerenza, quanto già affermato dalla Sezione con sentenza n. 7388/2014.
E’ indubbio che il provvedimento di recupero delle somme indebitamente corrisposte ha natura vincolata con esclusivo riferimento alla attivazione della conseguente procedura, la quale, però, deve essere debitamente istruita in modo adeguato ed esaustivo, così da permettere la valutazione di tutti gli aspetti connessi all’attività di recupero economico che attengono al pubblico dipendente, sia con riferimento al precedente momento percettivo, che con riferimento alla sua peculiare situazione fattuale all’atto della richiesta economica.
Il tramandato ed ancora attuale insegnamento del Consiglio di Stato e , segnatamente, dell’A.P. n. 11 del 1993 ha statuito che : “ L'Amministrazione è quindi tenuta a verificare, caso per caso, la accennata circostanza” ( Cons. di Stato A.P. n.11/1993).
Tanto basta per escludere che il recupero delle somme non dovute sia un atto automatico e meccanico per ripetere l’indebita somma corrisposta.
In realtà il relativo procedimento richiede, come detto, una motivata istruttoria.
Ciò comporta conseguentemente il diritto del destinatario del provvedimento di interloquire con la p.a. al fine di rappresentare ogni evenienza ritenuta utile a tutelare la propria situazione soggettiva, in uno con una autonoma ed imprescindibile attività istruttoria demandata alla p.a..
Tali aspetti ed i conseguenti risultati devono essere sempre puntualmente rappresentati nella parte motiva del provvedimento.
Il difetto di tale prevista dialettica procedurale e dei dovuti accertamenti fattuali, comporta il vizio del provvedimento proprio sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria.
Anche su tale questione la riportata decisione della Plenaria non lascia adito a dubbi di sorta :” La applicazione della legge n. 241, relativamente ai recuperi successivi alla sua entrata in vigore, comporta che l’avvio del procedimento sia comunicato personalmente allo interessato, che questi possa intervenire presentando memorie e documenti e che si faccia luogo alla individuazione del responsabile del procedimento, cui imputare la esatta scansione dei momenti procedurali e, al limite, le conseguenze di eventuali ritardi od omissioni…”.
Nel caso di specie, invece, il provvedimento contestato si è limitato a rappresentare, invero, in modo sintetico e telegrafico, unicamente il fatto che la somma corrisposta a titolo di indennità ex L. 100/1987, a seguito di una inchiesta amministrativa, non è, né era dovuta.
Pertanto, la mancanza di elementi motivazionali minimi per consentire una adeguata intelligibilità del provvedimento e del suo percorso istruttorio in termini giuridici e di fatto, in uno con la mancata partecipazione del ricorrente ad una prodromica fase dialettica, comportano il vizio dello stesso per violazione dell’art. 3 della l. 241/1990 e s.i.m.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento impugnato annullato.
Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014
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IL TAR LAZIO accoglie il ricorso è scrive:
1) - Il ricorso è fondato alla stregua di quanto già ritenuto dalla Sezione in fattispecie identiche ( cfr. ricorso r.g.12809/97).
2) - Va quindi ribadito , per esigenze di sistematicità e coerenza, quanto già affermato dalla Sezione con sentenza n. 7388/2014.
3) - In realtà il relativo procedimento richiede, come detto, una motivata istruttoria.
4) - Ciò comporta conseguentemente il diritto del destinatario del provvedimento di interloquire con la p.a. al fine di rappresentare ogni evenienza ritenuta utile a tutelare la propria situazione soggettiva, in uno con una autonoma ed imprescindibile attività istruttoria demandata alla p.a..
5) - Nel caso di specie, invece, il provvedimento contestato si è limitato a rappresentare, invero, in modo sintetico e telegrafico, unicamente il fatto che la somma corrisposta a titolo di indennità ex L. 100/1987, a seguito di una inchiesta amministrativa, non è, né era dovuta.
Il resto leggetelo qui sotto.
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30/07/2014 201408403 Sentenza 1B
N. 08403/2014 REG.PROV.COLL.
N. 11329/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11329 del 1997, proposto da:
B. D. D. B. V., S. R., rappresentati e difesi dagli avv. Alfonso Maria Papa Malatesta, Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso Silvio Bozzi in Roma, via Chiana, 48;
contro
Ministero della Difesa, Ministero del Tesoro, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dei provvedimenti di recupero somme indebitamente percepite del 13 maggio 1997;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Ministero del Tesoro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2014 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Amministrazione della difesa ha richiesto la restituzione delle somme corrisposte agli odierni ricorrenti, a mente della L. 100/1987, perché, a seguito della ispezione svolta dal Ministero del Tesoro- Ragioneria Generale dello Stato –Ispettorato generale di Finanza presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito, è stato appurato che agli ufficiali allievi che hanno frequentato negli anni 1992-93 il terzo anno accademico era stata corrisposta la riferita indennità.
L’Ufficio ispettivo, pertanto, invitava l’amministrazione della difesa a recuperare le indicate somme asseritamente non dovute.
Con il provvedimento in questa sede censurato il servizio amministrativo della Scuola di applicazione chiedeva, pertanto, ai ricorrenti – ed agli altri commilitoni - di versare, entro trenta giorni la somma indebitamente percepita, ovvero, in subordine a richiedere, per iscritto, la rateizzazione dell’importo complessivamente richiesto.
Avverso tale determinazione gli interessati hanno proposto ricorso giurisdizionale.
Il ricorso è fondato alla stregua di quanto già ritenuto dalla Sezione in fattispecie identiche ( cfr. ricorso r.g.12809/97).
Va quindi ribadito , per esigenze di sistematicità e coerenza, quanto già affermato dalla Sezione con sentenza n. 7388/2014.
E’ indubbio che il provvedimento di recupero delle somme indebitamente corrisposte ha natura vincolata con esclusivo riferimento alla attivazione della conseguente procedura, la quale, però, deve essere debitamente istruita in modo adeguato ed esaustivo, così da permettere la valutazione di tutti gli aspetti connessi all’attività di recupero economico che attengono al pubblico dipendente, sia con riferimento al precedente momento percettivo, che con riferimento alla sua peculiare situazione fattuale all’atto della richiesta economica.
Il tramandato ed ancora attuale insegnamento del Consiglio di Stato e , segnatamente, dell’A.P. n. 11 del 1993 ha statuito che : “ L'Amministrazione è quindi tenuta a verificare, caso per caso, la accennata circostanza” ( Cons. di Stato A.P. n.11/1993).
Tanto basta per escludere che il recupero delle somme non dovute sia un atto automatico e meccanico per ripetere l’indebita somma corrisposta.
In realtà il relativo procedimento richiede, come detto, una motivata istruttoria.
Ciò comporta conseguentemente il diritto del destinatario del provvedimento di interloquire con la p.a. al fine di rappresentare ogni evenienza ritenuta utile a tutelare la propria situazione soggettiva, in uno con una autonoma ed imprescindibile attività istruttoria demandata alla p.a..
Tali aspetti ed i conseguenti risultati devono essere sempre puntualmente rappresentati nella parte motiva del provvedimento.
Il difetto di tale prevista dialettica procedurale e dei dovuti accertamenti fattuali, comporta il vizio del provvedimento proprio sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria.
Anche su tale questione la riportata decisione della Plenaria non lascia adito a dubbi di sorta :” La applicazione della legge n. 241, relativamente ai recuperi successivi alla sua entrata in vigore, comporta che l’avvio del procedimento sia comunicato personalmente allo interessato, che questi possa intervenire presentando memorie e documenti e che si faccia luogo alla individuazione del responsabile del procedimento, cui imputare la esatta scansione dei momenti procedurali e, al limite, le conseguenze di eventuali ritardi od omissioni…”.
Nel caso di specie, invece, il provvedimento contestato si è limitato a rappresentare, invero, in modo sintetico e telegrafico, unicamente il fatto che la somma corrisposta a titolo di indennità ex L. 100/1987, a seguito di una inchiesta amministrativa, non è, né era dovuta.
Pertanto, la mancanza di elementi motivazionali minimi per consentire una adeguata intelligibilità del provvedimento e del suo percorso istruttorio in termini giuridici e di fatto, in uno con la mancata partecipazione del ricorrente ad una prodromica fase dialettica, comportano il vizio dello stesso per violazione dell’art. 3 della l. 241/1990 e s.i.m.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento impugnato annullato.
Le spese del giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giampiero Lo Presti, Presidente, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere
Roberto Vitanza, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014
Re: legge 100, ma quando spetta l'indennizzo?
Ricorso Accolto.
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N.B.: per l'indennità di trasferimento la prescrizione è decennale, come da giurisprudenza consolidata, e non quinquennale.
Leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201704796, - Public 2017-04-20 –
Pubblicato il 20/04/2017
N. 04796/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01823/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1823 del 2001, proposto da:
T. Guerrino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Pesciaroli, Luca Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Coronas in Roma, via G. Ferrari, 4;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell’atto di rifiuto della corresponsione dell'indennita' speciale prevista dalla L. n. 100/87 - ingiunzione di pagamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2017 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
L’Appuntato dell’Arma dei Carabinieri ricorrente espone di essere stato trasferito “per servizio” dalla Stazione Carabinieri Napoli Chiaia a quella di V.. con determinazione del 16.1.1991, dopo una permanenza in servizio presso la prima Istituzione di anni 2, mesi 6 e giorni 11; di aver richiesto con istanza del 18.1.2000 la corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 1 della l. n.100/87, riscontrata negativamente dall’Amministrazione con la nota indicata in epigrafe con cui si comunicava che “nulla può essere corrisposto a seguito della prescrizione quinquennale”.
Il ricorrente agisce in giudizio per far valere la pretesa a conseguire il beneficio richiesto, chiedendo, previo annullamento dell’atto sopraindicato, l’accertamento del diritto a conseguire l’indennità speciale in contestazione, con conseguente condanna dell’Amministrazione a pagare le relative somme, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria, nella misura di €. 21.600,00.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: violazione dell’art. 3 legge n. 241/90; difetto di motivazione e di istruttoria, mancata indicazione dell’autorità presso cui ricorrere; violazione dell’art. 7 legge n. 241/90 per omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento; 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 295/1939 e dell’art. 2946 cc; 3) Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata con memoria scritta chiedendo il rigetto del gravame.
L’istanza cautelare è stata rigettata con ordinanza n. 1614/2001.
In vista della trattazione del merito il ricorrente ha presentato una memoria conclusionale.
All’udienza pubblica del 1.3.2017 la causa, reiscritta a ruolo con DP 188/2016 a seguito di opposizione a decreto di perenzione n. 4921/2015, è stata trattenuta in decisione.
La questione sottoposta all’esame del Collegio ha dato origine ad orientamenti contrastanti della giurisprudenza, anche di questo Tribunale.
Secondo un orientamento, si applica la prescrizione quinquennale (cfr., tra tante, Cons. St. sez. IV^ n. 4770 del 14.9.2005) riguardante oltre alle rate di stipendio e di assegni equivalenti, anche le rate di pensione e gli assegni indicati nel cit. D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278, tra cui figurano anche le indennità di missione, di tramutamento e consimili (come l'indennità di cui si verte), mai assoggettate a prescrizione decennale ed alle quali pertanto, dopo l'intervento legislativo imposto della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 50/81, si applica la prescrizione quinquennale (TAR Lazio, Sez. II, n. 5982/2014). In tal senso, vedi, ancora, TAR Veneto, 233/2017, ove osserva, da un lato che “dalla natura non retributiva dell’indennità in questione non può di per sé derivarne l’applicazione del termine prescrizionale di dieci anni (valido, a mente dell’art. 2946 c.c. “salvi i casi in cui la legge disponga diversamente”), e ciò in presenza di una normativa di carattere speciale che prevede al riguardo l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale.
Dall’altra, precisa che: “l'art. 2 R.D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, come modificato dall' art. 2 L. 7 agosto 1985 n. 428 (in seguito alla sentenza n. 50 del 7 aprile 1981, della Corte Costituzionale), al comma 1, prevede infatti la prescrizione col decorso di cinque anni per le rate di stipendio e di assegni equivalenti, nonché per le rate di pensione e gli assegni indicati nel D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278. Quest' ultimo D.L. Lgt. reca un unico articolo che così recita: "Sono compresi tra gli assegni personali soggetti alla prescrizione biennale (ora quinquennale in seguito alla sentenza della Corte Cost. sopra citata), giusta la L. 9 marzo 1871 n. 102, le indennità di missione, quelle di tramutamento, le indennità di residenza ...... ". Gli assegni indicati nel D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278 sono dunque tra gli altri anche le indennità di missione e le indennità di tramutamento e consimili (come l'indennità di cui è questione), come visto mai assoggettate a prescrizione decennale ed alle quali si applica oggi, dopo l'intervento legislativo imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50/81, la prescrizione quinquennale. Con la conseguenza che anche nel vigore della legge n. 100/87 e poi della legge n. 86/2001, l'indennità di trasferimento è sempre stata assoggettata a prescrizione quinquennale, con decorrenza ovviamente non dai riscontri e dalle verifiche dell'amministrazione circa le condizioni del dipendente ma, secondo la regola generale, da quando il credito può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), vale a dire da ogni scadenza mensile successiva alla data del trasferimento (cfr. Cons. Stato sez. IV, n. 4770 del 14 settembre 2005; T.A.R. Veneto, I sez. n. 2436 del 29 settembre 2009). Acclarata dunque l’applicabilità del termine quinquennale, quanto al profilo riguardante la decorrenza della prescrizione, si osserva ulteriormente che l'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, non opera alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito del dipendente sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6794 del 20 ottobre 2004 ), al contrario, il comma 4 di tale articolo stabilisce che “La prescrizione decorre dal giorno della scadenza della rata o assegno dovuti quando il diritto alla rata od assegno sorga direttamente da disposizioni di legge o di, regolamento, anche se la Amministrazione debba provvedere di ufficio alla liquidazione e al pagamento. Nel caso invece che il diritto sorga in seguito e per effetto di un provvedimento amministrativo di nomina, di promozione e simili o comunque, dopo una valutazione discrezionale dell'Amministrazione, la prescrizione decorre dal giorno in cui il provvedimento sia portato, a norma delle disposizioni in vigore, a conoscenza dell'interessato”.
Nel caso di specie, pertanto, la spettanza dell'indennità prevista dalla L. n. 86/2001 integra una posizione di diritto soggettivo in capo all'avente titolo che trova diretto fondamento nel dettato legislativo, a fronte della quale l’attività amministrativa si inquadra in un ambito di rapporti paritetici, non avendo essa margini di discrezionalità ed essendo vincolata alla mera verifica dei presupposti per il riconoscimento dell'indennità di che trattasi (cfr.: Cons. Stato IV, 21 dicembre 2009 n. 8513; idem IV, 14 settembre 2005 n. 4770)”.
Questa Sezione ha invece seguito l’opposto e più recente orientamento del giudice d’appello (Consiglio di Stato n. 2928/2010) secondo cui la prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso; e che dunque in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione (TAR Lazio, sez. I bis N. 152/2012).
Anche di recente tale indirizzo giurisprudenziale è stato confermato, ribadendo che, data la natura non retributiva dell’indennità in parola, erogata una tantum al fine di compensare i disagi connessi al trasferimento, ed in ragione della sussistenza di margini di valutazione da parte dell’Autorità in ordine alla sussistenza dei requisiti normativi in capo al richiedente, troverebbe applicazione il termine ordinario decennale (vedi, tra tante, Consiglio di Stato, Sez. V n. 558/2015; TAR Sardegna n. 1253/2011).
Il Collegio ritiene non doversi discostare, anche per ovvi motivi di certezza del diritto, dalle considerazioni e conclusioni delle sentenze soprarichiamate.
Va perciò ribadito che, anche nel caso in esame, trova applicazione la prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 cc, per cui l’istanza del ricorrente, presentata 18.4.2000 è da ritenersi tempestiva, in quanto la domanda è stata proposta entro 10 anni dalla maturazione del diritto, a far data dal momento in cui detto trasferimento è avvenuto (vedi Consiglio di Stato n. 753/1993).
Dalle considerazioni che precedono discende che il ricorso, nella parte in cui contesta le ragioni ostative addotte dall’amministrazione all’esame della domanda di corresponsione del contributo in questione, è fondato e va perciò accolto limitatamente alla questione del termine entro il quale il diritto al conseguimento del beneficio in esame deve essere esercitato.
Spetta all’Amministrazione, tenuta, in esecuzione della presente sentenza, al riesame dell’istanza del ricorrente – superando il motivo ostativo “pregiudiziale” sopra esaminare – decidere nel “merito” sulla spettanza o meno dell’indennità di trasferimento, previa verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali e giuridici per l’attribuzione del beneficio in contestazione.
Le oscillazioni giurisprudenziali in materia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie in parte il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Rizzetto Concetta Anastasi
IL SEGRETARIO
-----------------------------------
N.B.: per l'indennità di trasferimento la prescrizione è decennale, come da giurisprudenza consolidata, e non quinquennale.
Leggete il tutto qui sotto.
-------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201704796, - Public 2017-04-20 –
Pubblicato il 20/04/2017
N. 04796/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01823/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1823 del 2001, proposto da:
T. Guerrino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Pesciaroli, Luca Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Coronas in Roma, via G. Ferrari, 4;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
dell’atto di rifiuto della corresponsione dell'indennita' speciale prevista dalla L. n. 100/87 - ingiunzione di pagamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2017 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
L’Appuntato dell’Arma dei Carabinieri ricorrente espone di essere stato trasferito “per servizio” dalla Stazione Carabinieri Napoli Chiaia a quella di V.. con determinazione del 16.1.1991, dopo una permanenza in servizio presso la prima Istituzione di anni 2, mesi 6 e giorni 11; di aver richiesto con istanza del 18.1.2000 la corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 1 della l. n.100/87, riscontrata negativamente dall’Amministrazione con la nota indicata in epigrafe con cui si comunicava che “nulla può essere corrisposto a seguito della prescrizione quinquennale”.
Il ricorrente agisce in giudizio per far valere la pretesa a conseguire il beneficio richiesto, chiedendo, previo annullamento dell’atto sopraindicato, l’accertamento del diritto a conseguire l’indennità speciale in contestazione, con conseguente condanna dell’Amministrazione a pagare le relative somme, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria, nella misura di €. 21.600,00.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi: violazione dell’art. 3 legge n. 241/90; difetto di motivazione e di istruttoria, mancata indicazione dell’autorità presso cui ricorrere; violazione dell’art. 7 legge n. 241/90 per omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento; 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 295/1939 e dell’art. 2946 cc; 3) Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata con memoria scritta chiedendo il rigetto del gravame.
L’istanza cautelare è stata rigettata con ordinanza n. 1614/2001.
In vista della trattazione del merito il ricorrente ha presentato una memoria conclusionale.
All’udienza pubblica del 1.3.2017 la causa, reiscritta a ruolo con DP 188/2016 a seguito di opposizione a decreto di perenzione n. 4921/2015, è stata trattenuta in decisione.
La questione sottoposta all’esame del Collegio ha dato origine ad orientamenti contrastanti della giurisprudenza, anche di questo Tribunale.
Secondo un orientamento, si applica la prescrizione quinquennale (cfr., tra tante, Cons. St. sez. IV^ n. 4770 del 14.9.2005) riguardante oltre alle rate di stipendio e di assegni equivalenti, anche le rate di pensione e gli assegni indicati nel cit. D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278, tra cui figurano anche le indennità di missione, di tramutamento e consimili (come l'indennità di cui si verte), mai assoggettate a prescrizione decennale ed alle quali pertanto, dopo l'intervento legislativo imposto della citata sentenza della Corte Costituzionale n. 50/81, si applica la prescrizione quinquennale (TAR Lazio, Sez. II, n. 5982/2014). In tal senso, vedi, ancora, TAR Veneto, 233/2017, ove osserva, da un lato che “dalla natura non retributiva dell’indennità in questione non può di per sé derivarne l’applicazione del termine prescrizionale di dieci anni (valido, a mente dell’art. 2946 c.c. “salvi i casi in cui la legge disponga diversamente”), e ciò in presenza di una normativa di carattere speciale che prevede al riguardo l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale.
Dall’altra, precisa che: “l'art. 2 R.D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, come modificato dall' art. 2 L. 7 agosto 1985 n. 428 (in seguito alla sentenza n. 50 del 7 aprile 1981, della Corte Costituzionale), al comma 1, prevede infatti la prescrizione col decorso di cinque anni per le rate di stipendio e di assegni equivalenti, nonché per le rate di pensione e gli assegni indicati nel D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278. Quest' ultimo D.L. Lgt. reca un unico articolo che così recita: "Sono compresi tra gli assegni personali soggetti alla prescrizione biennale (ora quinquennale in seguito alla sentenza della Corte Cost. sopra citata), giusta la L. 9 marzo 1871 n. 102, le indennità di missione, quelle di tramutamento, le indennità di residenza ...... ". Gli assegni indicati nel D.L. Lgt. 2 agosto 1917 n. 1278 sono dunque tra gli altri anche le indennità di missione e le indennità di tramutamento e consimili (come l'indennità di cui è questione), come visto mai assoggettate a prescrizione decennale ed alle quali si applica oggi, dopo l'intervento legislativo imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 50/81, la prescrizione quinquennale. Con la conseguenza che anche nel vigore della legge n. 100/87 e poi della legge n. 86/2001, l'indennità di trasferimento è sempre stata assoggettata a prescrizione quinquennale, con decorrenza ovviamente non dai riscontri e dalle verifiche dell'amministrazione circa le condizioni del dipendente ma, secondo la regola generale, da quando il credito può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), vale a dire da ogni scadenza mensile successiva alla data del trasferimento (cfr. Cons. Stato sez. IV, n. 4770 del 14 settembre 2005; T.A.R. Veneto, I sez. n. 2436 del 29 settembre 2009). Acclarata dunque l’applicabilità del termine quinquennale, quanto al profilo riguardante la decorrenza della prescrizione, si osserva ulteriormente che l'art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, non opera alcuna distinzione per l'ipotesi che il credito del dipendente sia contestato o comunque richieda un formale atto di accertamento da parte dell'Amministrazione (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6794 del 20 ottobre 2004 ), al contrario, il comma 4 di tale articolo stabilisce che “La prescrizione decorre dal giorno della scadenza della rata o assegno dovuti quando il diritto alla rata od assegno sorga direttamente da disposizioni di legge o di, regolamento, anche se la Amministrazione debba provvedere di ufficio alla liquidazione e al pagamento. Nel caso invece che il diritto sorga in seguito e per effetto di un provvedimento amministrativo di nomina, di promozione e simili o comunque, dopo una valutazione discrezionale dell'Amministrazione, la prescrizione decorre dal giorno in cui il provvedimento sia portato, a norma delle disposizioni in vigore, a conoscenza dell'interessato”.
Nel caso di specie, pertanto, la spettanza dell'indennità prevista dalla L. n. 86/2001 integra una posizione di diritto soggettivo in capo all'avente titolo che trova diretto fondamento nel dettato legislativo, a fronte della quale l’attività amministrativa si inquadra in un ambito di rapporti paritetici, non avendo essa margini di discrezionalità ed essendo vincolata alla mera verifica dei presupposti per il riconoscimento dell'indennità di che trattasi (cfr.: Cons. Stato IV, 21 dicembre 2009 n. 8513; idem IV, 14 settembre 2005 n. 4770)”.
Questa Sezione ha invece seguito l’opposto e più recente orientamento del giudice d’appello (Consiglio di Stato n. 2928/2010) secondo cui la prescrizione decennale, come è giurisprudenza consolidata, opera in luogo di quella quinquennale tutte le volte che il credito retributivo non sia immediatamente determinato o determinabile, ma presupponga una previa attività dell’Amministrazione di ricognizione dei presupposti di fatto, ai fini della quantificazione dell’entità del credito stesso; e che dunque in questi casi, fino a quando tale attività non sia posta in essere, il dipendente può far valere le proprie ragioni di pretesa entro il termine ordinario di prescrizione (TAR Lazio, sez. I bis N. 152/2012).
Anche di recente tale indirizzo giurisprudenziale è stato confermato, ribadendo che, data la natura non retributiva dell’indennità in parola, erogata una tantum al fine di compensare i disagi connessi al trasferimento, ed in ragione della sussistenza di margini di valutazione da parte dell’Autorità in ordine alla sussistenza dei requisiti normativi in capo al richiedente, troverebbe applicazione il termine ordinario decennale (vedi, tra tante, Consiglio di Stato, Sez. V n. 558/2015; TAR Sardegna n. 1253/2011).
Il Collegio ritiene non doversi discostare, anche per ovvi motivi di certezza del diritto, dalle considerazioni e conclusioni delle sentenze soprarichiamate.
Va perciò ribadito che, anche nel caso in esame, trova applicazione la prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 cc, per cui l’istanza del ricorrente, presentata 18.4.2000 è da ritenersi tempestiva, in quanto la domanda è stata proposta entro 10 anni dalla maturazione del diritto, a far data dal momento in cui detto trasferimento è avvenuto (vedi Consiglio di Stato n. 753/1993).
Dalle considerazioni che precedono discende che il ricorso, nella parte in cui contesta le ragioni ostative addotte dall’amministrazione all’esame della domanda di corresponsione del contributo in questione, è fondato e va perciò accolto limitatamente alla questione del termine entro il quale il diritto al conseguimento del beneficio in esame deve essere esercitato.
Spetta all’Amministrazione, tenuta, in esecuzione della presente sentenza, al riesame dell’istanza del ricorrente – superando il motivo ostativo “pregiudiziale” sopra esaminare – decidere nel “merito” sulla spettanza o meno dell’indennità di trasferimento, previa verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali e giuridici per l’attribuzione del beneficio in contestazione.
Le oscillazioni giurisprudenziali in materia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) accoglie in parte il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
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Roberto Vitanza, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Rizzetto Concetta Anastasi
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