Questa e la sentenza del 2008 (03.06.2008) nr. 5433 del Tar Lazio Sez. 1Q che riguarda personale della Polizia Penitenziaria.
REPUBBLICA ITALIANA N. Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 2008
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio N. 4381 Reg.Ric.
Roma
Sezione I quater
ha pronunciato la seguente Anno 2006
SENTENZA
sul ricorso n. 4381/2006, proposto dai Signori OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Gabriele Cacciotti ed elettivamente domiciliati presso lo stesso in Roma, via del Mascherino, 72;
contro
Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'accertamento
- del diritto alla corresponsione del controvalore del pasto, dovuto ai sensi della legge n. 203/1989;
- del diritto a percepire l’indennità c.d. meccanografica, ex art. 5 del D.P.R. n. 146/1975;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Visti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 28 febbraio 2008 il Consigliere Giancarlo Luttazi;
Formulate le difese in udienza, come da verbale;
Vista la precedente sentenza di questo T.a.r. n. 753/2007, la quale ha accolto in parte il presente ricorso e, quanto al petitum attinente all’indennità meccanografica, ha, tra l’altro, formulato all’Amministrazione richieste istruttorie; ed in particolare:
dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria una scheda tecnica individuale per ogni ricorrente (recante data e firma leggibile del soggetto al quale si riferisce) sulle effettive condizioni di lavoro in cui si fosse o meno trovato ad operare, seguendo la seguente traccia logica:
a) epoca in cui il soggetto è stato impegnato ad un lavoro in prevalenza a terminale;
b) tipo di P.C. utilizzati nei vari periodi (eventualmente indicando la specifica configurazione informatica e l’anno di costruzione, comunque specificando se dotato o meno, o da quando, di schermo antiriflesso);
c) tempo medio di utilizzo quotidiano, per numero di giorni/mese;
d) descrizione ergonomica della postazione di lavoro;
Vista la successiva sentenza n. 8103/2007, che ha reiterato l’ordine istruttorio;
Visto l’adempimento dell’Amministrazione, effettuato con deposito in data 14.2.2008;
Considerato che dal suddetto adempimento risulta, sulla scorta delle dichiarazioni depositate, che hanno titolo all’indennità meccanografica ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 5 maggio 1975, n. 146 e dell’art. 6 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, per il periodo di espletamento indicato nelle rispettive dichiarazioni, i ricorrenti:
OMISSIS (per quest’ultimo salvo verifica, poiché relativamente a F. G. sono state depositati dall’Amministrazione n. 2 moduli, il primo datato 6.02.08 e firmato, ma sbarrato e non compilato; il secondo datato 07.02.08, firmato e compilato);
e che invece non risultano avere titolo alla medesima indennità meccanografica:
- i ricorrenti OMISSIS , perché le relative dichiarazioni sono datate e firmate, ma sbarrate e non compilate);
- i ricorrenti OMISSIS , perché non risultano depositate dichiarazioni ad essi relative;
Considerato che dalle dichiarazioni citate non emerge con certezza l’appartenenza di tutti gli intestatari al Corpo di Polizia penitenziaria e quindi la giurisdizione di questo giudice amministrativo su tutti i ricorrenti, giacché solo per una parte di essi è indicata (peraltro con semplice annotazione scritta a mano) la qualifica di appartenenza a uno dei ruoli del Corpo; mentre per un’altra parte di essi è indicata (pure con semplice annotazione scritta a mano) una qualifica di dipendente civile non appartenente al Corpo; e pe la restante parte non è indicata nessuna qualifica;
Ritenuto che ciò nonostante, in applicazione del principio di economia dei mezzi giuridici, possa prescindersi dall’emettere un’ulteriore sentenza istruttoria finalizzata all’appurare, per ogni singolo ricorrente, la giurisdizione del T.a.r.; e possa invece emettersi una pronuncia dichiarativa del diritto all’indennità di cui trattasi, ma con efficacia condizionata, quanto agli specifici effetti dichiarativi, all’appartenenza al Corpo di Polizia penitenziaria; ciò nella convinzione che – data l’identità della normativa di riferimento - l’Amministrazione (già latrice delle citate dichiarazioni), ove intenda adeguarsi alla presente sentenza provvederà ad applicarne i principi anche ai ricorrenti non appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria; mentre se la stessa Amministrazione intenderà impugnare questa sentenza, le ricadute negative immediate saranno identiche per tutti i ricorrenti, a prescindere da questioni di giurisdizione;
Ritenuto in conclusione di accogliere il ricorso in epigrafe – già parzialmente accolto con la citata sentenza di questo T.a.r. n.753/2007 – anche quanto al petitum attinente all’indennità meccanografica, ma con le precisazioni sopra indicate;
Ritenuto, per l’effetto, di dichiara il diritto dei ricorrenti OMISSIS , all’indennità meccanografica in epigrafe, con le seguenti precisazioni:
- il diritto è dichiarato limitatamente ai ricorrenti appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione relativamente agli altri ricorrenti;
- il diritto è dichiarato per il periodo di espletamento indicato nelle rispettive dichiarazioni;
Ritenuto che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
PQM
l Tribunale amministrativo regionale per il Lazio definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe per la parte non decisa con la precedente sentenza di questo T.a.r. n.753/2007, lo accoglie nei termini indicati in motivazione.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso dal Tribunale amministrativo regionale nella Camera di consiglio del 28 febbraio 2008, con Collegio composto dai magistrati:
Pio Guerrieri Presidente
Giancarlo Luttazi Consigliere est.
Michelangelo Francavilla Primo Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
Re: Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
N. 35028/2010 REG.SEN.
N. 10530/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10530 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avv. Gabriele Cacciotti, presso il cui studio in Roma, via del Mascherino, n. 72 sono elettivamente domiciliati;
contro
il Ministero della Giustizia – Direzione Generale per l’Amministrazione Penitenziaria in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domiciliano;
per l'accertamento
del diritto all’indennità meccanografica di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 146 del 1975,
del diritto ai danni da stress subiti per l’esposizione ai videoterminali e del maggior danno per manifesta violazione da parte dell’Amministrazione del principio di precauzione per avere disapplicato le norme comunitarie europee e l’art. 2087 c.c.,
nonché per la condanna
previa concessione di provvisionale
dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 5 del d.P.R. n. 146/1975 quali utilizzatori di apparecchiature video terminali,
al risarcimento dei danni da rischi alla salute dei lavoratori/ricorrenti da liquidarsi in via equitativa,
alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge sulle somme dal dovuto sino al soddisfo per ciascun ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2010 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato alle resistenti amministrazioni in data 5 dicembre 2009 e depositato il successivo 11 dicembre 2009, i ricorrenti, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l’indennità meccanografica prevista dall’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27 ottobre 1973, n. 628. Espongono che la predetta indennità si applica, in assenza di una nuova specifica disciplina, per tutto il personale che si avvale anche di personal computer e videoterminali.
Sostengono che sin dalla loro assunzione in servizio hanno svolto attività con i personal computers per un orario di almeno 5/6 ore al giorno per almeno venti giorni al mese, con una media settimanale superiore alle 20 ore e su computers sforniti di schermo antiriflesso. Osservano che l’attuale legislazione in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro (articolo 21 della L. n. 626 del 1994 come modificato dalla L. 422 del 2000) è stata modificata per quanto riguarda alcuni parametri (schermo tastiera, piani di lavoro, sedile di lavoro, spazio illuminazione, riflessi, rumori ed altro) ma soltanto per quanto riguarda le postazioni dei lavoratori di cui all’art. 51, comma 1 lettera c) e cioè per le postazioni i cui addetti raggiungono le 20 ore lavorative su videoterminale, mentre è di tutta evidenza, che data la progressiva informatizzazione di tutta l’amministrazione pubblica, siano esposti ai medesimi rischi tutti i dipendenti la cui attività venga esercitata attraverso dotazioni informatiche.
A sostegno delle loro posizioni portano la sentenza della sezione in data 28 febbraio 2008, al n. 5433 che ha accolto la analoga domanda di alcuni dipendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
2. Deducono quindi:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146 che costituisce attualmente l’unico riferimento normativo per compensare il rischio collegato con l’esercizio di attività amministrativa tramite strumenti informatici;
- violazione dell’art. 2087 c.c.: secondo le prospettazioni degli interessati l’uso continuativo dei videoterminali per oltre venti ore la settimana comporta un danno da stress, che chiedono venga accertato anche tramite CTU. In base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Nel caso in specie i ricorrenti hanno subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle quattro ore al giorno ad onde elettromagnetiche in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, provocando alterazioni anche psicosomatiche. Sostengono che risultano pure violate norme comunitarie in materia.
3. Concludono per l’accoglimento di tutte le domande, compresa quella di risarcimento del danno da liquidarsi anche in via equitativa e formulano anche un’istanza di provvisionale, data l’assoluta identicità alla situazione portata dinanzi al Collegio col ricorso n. 4381 del 2006 e decisa con la sentenza di accoglimento delle pretese n. 5433 del 2008.
4. L’amministrazione si è costituita in giudizio, ha eccepito la prescrizione quinquennale sia delle somme maturate a titolo di indennità meccanografica e quella decennale per quelle richieste a titolo di risarcimento del danno alla salute; ha contestato ogni pretesa siccome sprovvista di idonea prova, soprattutto in ordine all’appartenenza di tutti i ricorrenti al Corpo di Polizia Penitenziaria.
5. Venuta la causa per la trattazione della cautelare alla Camera di Consiglio del 7 gennaio 2010 l’istanza cautelare è stata rinunciata.
6. Depositandola in data 29 maggio 2010, i ricorrenti hanno prodotto in atti una attestazione in data 24 maggio 2010 dalla quale risulta che essi appartengono tutti al Corpo di Polizia Penitenziaria; hanno prodotto, altresì, le schede relative ai periodi e alle modalità di applicazione a videoterminali e a personal computer.
7. Alla pubblica udienza del 3 giugno 2010 il Collegio ha, ugualmente, disposto un’istruttoria, richiedendo all’Amministrazione una documentata relazione dalla quale risultasse l’ufficio di appartenenza di ogni ricorrente ed il periodo di eventuale adibizione a videoterminali, computers o apparecchiature similari.
8. Eseguito l’incombente, infine, il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 ottobre 2010.
DIRITTO
1. Il ricorso va accolto in parte, come già statuito dal precedente specifico della sezione in data 3 giugno 2008, n. 5433 e con la successiva ed analoga sentenza in data 31 luglio 2010, n. 29465.
2. In via preliminare va accolta l’eccezione di prescrizione opposta dalla resistente Amministrazione della Giustizia.
Deve, infatti, essere rilevato che i ricorrenti chiedono la declaratoria del diritto e la relativa condanna della PA datrice di lavoro al pagamento di un emolumento che ai sensi di quanto disposto dall’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, in particolare per gli impiegati civili era originariamente corrisposto su base giornaliera e successivamente, estesa al personale militare o militarizzato, veniva corrisposta su base mensile.
Considerato che i ricorrenti non dimostrano di avere interrotto la prescrizione prima della notifica della attuale domanda giudiziale e che, in alcuni casi, chiedono l’emolumento a far tempo dal 1983, avuto riguardo all’art. 2948, comma 1 n. 4 stante il quale si prescrivono in cinque anni “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, va di conseguenza ritenuta la prescrizione di tutte le somme antecedenti al 5 dicembre 2004, posto che la notifica del ricorso è del 5 dicembre 2009.
3. Ancora in via preliminare, al fine di valutare se tra i ricorrenti vi siano impiegati non rivestenti qualifiche di Polizia Penitenziaria, con conseguente incardinamento della giurisdizione presso il giudice ordinario, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, va tenuto presente che per i ricorrenti OMISSIS, manca la attestazione relativa sia alla qualifica sia al servizio svolto con adibizione ad apparecchiature meccanografiche.
Per C……., in particolare, non viene resa nota la qualifica di appartenenza che lo stesso, però, dichiara essere quella di ispettore capo della Polizia Penitenziaria, nella scheda acclusa al ricorso. Per tale ricorrente, in assenza di smentita da parte dell’Amministrazione viene dunque ritenuta valida la dichiarazione dell’appartenenza a tale qualifica recata dalla scheda sopra richiamata.
Per C……, C……, V…… e M….., pur mancando l’attestazione nel gruppo di quelle inviate dall’Amministrazione in esito all’istruttoria, tuttavia la qualifica rivestita e l’adibizione ad apparecchiature meccanografiche o a PC risulta nel corpo della relazione di accompagnamento, in risposta all’istruttoria disposta dal Collegio.
Di conseguenza poiché gli interessati appartengono tutti al Corpo di Polizia Penitenziaria, va ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo sulla instaurata controversia.
4. Ciò premesso, la domanda di declaratoria del diritto alla corresponsione dell’indennità meccanografica spettante ai ricorrenti ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 5 maggio 1975, n. 146 e dell’art. 6 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, va accolta per il periodo di espletamento indicato nelle rispettive dichiarazioni ed a partire per i periodi successivi al 5 dicembre 2004, qualora perduri la adibizione fino alla data della proposizione della domanda per i ricorrenti OMISSIS (cessato dal 15 agosto 2009), OMISSIS , con conseguente condanna dell’Amministrazione alla erogazione della stessa se spettante in base alle schede di rilevazione per il periodo dal 5 dicembre 2004 al 5 dicembre 2009 e fino alle date di cessazione a fianco di ognuno indicate per i ricorrenti A…. A…… e C…… A….., maggiorate dei soli interessi legali e della rivalutazione monetaria, qualora li superi alla stregua dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. per gli stessi periodi e fino al soddisfo.
5. Non può invece essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando i computers per più di 4 ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, pure richiesto dai ricorrenti, a causa della carenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cassazione Civile, sezione lavoro, 20 maggio 2010, n. 12351) ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico.(Cassazione, sezione III, 10 dicembre 2009, n. 25820).
Invero, a seguito della sentenza n. 29465 del 31 luglio 2010 che ha rigettato l’analoga domanda proposta dai colleghi dei ricorrenti, questi ultimi hanno prodotto in allegato alla memoria difensiva depositata il 9 ottobre 2010 la Circolare del Ministero del Tesoro in data 16 novembre 1989, n. 11 recante “Problemi di sicurezza ed igiene del lavoro per il personale adibito all’uso di video terminali. Criteri di Valutazione dei filtri protettivi per video terminali.”; una ricerca svolta presso le strutture dell’ISPESL di Monte Porzio Catone nel periodo 1995 – 1996 avente per oggetto “Valutazione dell’affaticamento fisico, neurosensoriale, psichico e mentale in addetti a VDT, con carichi di lavoro standard e operanti in ambiente a diverse condizioni microclimatiche, di illuminazione, di rumore controllato”; nonché un opuscolo dell’INAIL intitolato “il medico competente e gli addetti ai videoterminali” contenente una raccolta di norme, circolari e studi sulle conseguenze dell’esposizione a dette apparecchiature e tra le quali viene segnalata la circolare 22 febbraio 1991 del Ministero della Funzione Pubblica.
Al riguardo, ancorchè tale corposo apparato documentale possa tornare utile ad un aggiornamento sulle problematiche in questione, esso non appare sufficiente a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che affronta la problematica in generale, laddove la prova del danno passa, secondo i principi civilistici in materia, per la dimostrazione anzitutto dell’evento causativo, del nesso di causa e dell’elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto. Allo stato nessuno di questi elementi appare sufficientemente dimostrato, con conseguente reiezione della relativa domanda.
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo nella considerazione che ancorchè si tratti di soccombenza solo parziale l’Amministrazione ha onerato i ricorrenti della proposizione del ricorso, pur in presenza di precedenti specifici della sezione come sopra riportati.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto così dispone:
- dichiara il diritto dei ricorrenti OMISSIS , al pagamento dell’indennità meccanografica con conseguente condanna dell’Amministrazione alla erogazione della stessa se spettante in base alle schede di rilevazione per il periodo dal 5 dicembre 2004 al 5 dicembre 2009 e fino alle date di cessazione a fianco di ognuno indicate per i ricorrenti A…… A…. e C…… A……., maggiorate dei soli interessi legali e della rivalutazione monetaria, qualora li superi alla stregua dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. per gli stessi periodi e fino al soddisfo;
- per il resto respinge il ricorso.
Condanna l’Amministrazione della Giustizia –Dap al pagamento a favore dei ricorrenti di Euro 5000,00 per spese di giudizio ed onorari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Luttazi, Presidente FF
Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2010
N. 10530/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10530 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avv. Gabriele Cacciotti, presso il cui studio in Roma, via del Mascherino, n. 72 sono elettivamente domiciliati;
contro
il Ministero della Giustizia – Direzione Generale per l’Amministrazione Penitenziaria in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 ex lege domiciliano;
per l'accertamento
del diritto all’indennità meccanografica di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 146 del 1975,
del diritto ai danni da stress subiti per l’esposizione ai videoterminali e del maggior danno per manifesta violazione da parte dell’Amministrazione del principio di precauzione per avere disapplicato le norme comunitarie europee e l’art. 2087 c.c.,
nonché per la condanna
previa concessione di provvisionale
dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 5 del d.P.R. n. 146/1975 quali utilizzatori di apparecchiature video terminali,
al risarcimento dei danni da rischi alla salute dei lavoratori/ricorrenti da liquidarsi in via equitativa,
alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge sulle somme dal dovuto sino al soddisfo per ciascun ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2010 il dott. Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato alle resistenti amministrazioni in data 5 dicembre 2009 e depositato il successivo 11 dicembre 2009, i ricorrenti, appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l’indennità meccanografica prevista dall’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27 ottobre 1973, n. 628. Espongono che la predetta indennità si applica, in assenza di una nuova specifica disciplina, per tutto il personale che si avvale anche di personal computer e videoterminali.
Sostengono che sin dalla loro assunzione in servizio hanno svolto attività con i personal computers per un orario di almeno 5/6 ore al giorno per almeno venti giorni al mese, con una media settimanale superiore alle 20 ore e su computers sforniti di schermo antiriflesso. Osservano che l’attuale legislazione in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro (articolo 21 della L. n. 626 del 1994 come modificato dalla L. 422 del 2000) è stata modificata per quanto riguarda alcuni parametri (schermo tastiera, piani di lavoro, sedile di lavoro, spazio illuminazione, riflessi, rumori ed altro) ma soltanto per quanto riguarda le postazioni dei lavoratori di cui all’art. 51, comma 1 lettera c) e cioè per le postazioni i cui addetti raggiungono le 20 ore lavorative su videoterminale, mentre è di tutta evidenza, che data la progressiva informatizzazione di tutta l’amministrazione pubblica, siano esposti ai medesimi rischi tutti i dipendenti la cui attività venga esercitata attraverso dotazioni informatiche.
A sostegno delle loro posizioni portano la sentenza della sezione in data 28 febbraio 2008, al n. 5433 che ha accolto la analoga domanda di alcuni dipendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
2. Deducono quindi:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146 che costituisce attualmente l’unico riferimento normativo per compensare il rischio collegato con l’esercizio di attività amministrativa tramite strumenti informatici;
- violazione dell’art. 2087 c.c.: secondo le prospettazioni degli interessati l’uso continuativo dei videoterminali per oltre venti ore la settimana comporta un danno da stress, che chiedono venga accertato anche tramite CTU. In base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione l’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Nel caso in specie i ricorrenti hanno subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle quattro ore al giorno ad onde elettromagnetiche in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, provocando alterazioni anche psicosomatiche. Sostengono che risultano pure violate norme comunitarie in materia.
3. Concludono per l’accoglimento di tutte le domande, compresa quella di risarcimento del danno da liquidarsi anche in via equitativa e formulano anche un’istanza di provvisionale, data l’assoluta identicità alla situazione portata dinanzi al Collegio col ricorso n. 4381 del 2006 e decisa con la sentenza di accoglimento delle pretese n. 5433 del 2008.
4. L’amministrazione si è costituita in giudizio, ha eccepito la prescrizione quinquennale sia delle somme maturate a titolo di indennità meccanografica e quella decennale per quelle richieste a titolo di risarcimento del danno alla salute; ha contestato ogni pretesa siccome sprovvista di idonea prova, soprattutto in ordine all’appartenenza di tutti i ricorrenti al Corpo di Polizia Penitenziaria.
5. Venuta la causa per la trattazione della cautelare alla Camera di Consiglio del 7 gennaio 2010 l’istanza cautelare è stata rinunciata.
6. Depositandola in data 29 maggio 2010, i ricorrenti hanno prodotto in atti una attestazione in data 24 maggio 2010 dalla quale risulta che essi appartengono tutti al Corpo di Polizia Penitenziaria; hanno prodotto, altresì, le schede relative ai periodi e alle modalità di applicazione a videoterminali e a personal computer.
7. Alla pubblica udienza del 3 giugno 2010 il Collegio ha, ugualmente, disposto un’istruttoria, richiedendo all’Amministrazione una documentata relazione dalla quale risultasse l’ufficio di appartenenza di ogni ricorrente ed il periodo di eventuale adibizione a videoterminali, computers o apparecchiature similari.
8. Eseguito l’incombente, infine, il ricorso è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 21 ottobre 2010.
DIRITTO
1. Il ricorso va accolto in parte, come già statuito dal precedente specifico della sezione in data 3 giugno 2008, n. 5433 e con la successiva ed analoga sentenza in data 31 luglio 2010, n. 29465.
2. In via preliminare va accolta l’eccezione di prescrizione opposta dalla resistente Amministrazione della Giustizia.
Deve, infatti, essere rilevato che i ricorrenti chiedono la declaratoria del diritto e la relativa condanna della PA datrice di lavoro al pagamento di un emolumento che ai sensi di quanto disposto dall’art. 5 del d.P.R. 5 maggio 1975, n. 146, in particolare per gli impiegati civili era originariamente corrisposto su base giornaliera e successivamente, estesa al personale militare o militarizzato, veniva corrisposta su base mensile.
Considerato che i ricorrenti non dimostrano di avere interrotto la prescrizione prima della notifica della attuale domanda giudiziale e che, in alcuni casi, chiedono l’emolumento a far tempo dal 1983, avuto riguardo all’art. 2948, comma 1 n. 4 stante il quale si prescrivono in cinque anni “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, va di conseguenza ritenuta la prescrizione di tutte le somme antecedenti al 5 dicembre 2004, posto che la notifica del ricorso è del 5 dicembre 2009.
3. Ancora in via preliminare, al fine di valutare se tra i ricorrenti vi siano impiegati non rivestenti qualifiche di Polizia Penitenziaria, con conseguente incardinamento della giurisdizione presso il giudice ordinario, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, va tenuto presente che per i ricorrenti OMISSIS, manca la attestazione relativa sia alla qualifica sia al servizio svolto con adibizione ad apparecchiature meccanografiche.
Per C……., in particolare, non viene resa nota la qualifica di appartenenza che lo stesso, però, dichiara essere quella di ispettore capo della Polizia Penitenziaria, nella scheda acclusa al ricorso. Per tale ricorrente, in assenza di smentita da parte dell’Amministrazione viene dunque ritenuta valida la dichiarazione dell’appartenenza a tale qualifica recata dalla scheda sopra richiamata.
Per C……, C……, V…… e M….., pur mancando l’attestazione nel gruppo di quelle inviate dall’Amministrazione in esito all’istruttoria, tuttavia la qualifica rivestita e l’adibizione ad apparecchiature meccanografiche o a PC risulta nel corpo della relazione di accompagnamento, in risposta all’istruttoria disposta dal Collegio.
Di conseguenza poiché gli interessati appartengono tutti al Corpo di Polizia Penitenziaria, va ritenuta la giurisdizione del giudice amministrativo sulla instaurata controversia.
4. Ciò premesso, la domanda di declaratoria del diritto alla corresponsione dell’indennità meccanografica spettante ai ricorrenti ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 5 maggio 1975, n. 146 e dell’art. 6 della legge 27 ottobre 1973, n. 628, va accolta per il periodo di espletamento indicato nelle rispettive dichiarazioni ed a partire per i periodi successivi al 5 dicembre 2004, qualora perduri la adibizione fino alla data della proposizione della domanda per i ricorrenti OMISSIS (cessato dal 15 agosto 2009), OMISSIS , con conseguente condanna dell’Amministrazione alla erogazione della stessa se spettante in base alle schede di rilevazione per il periodo dal 5 dicembre 2004 al 5 dicembre 2009 e fino alle date di cessazione a fianco di ognuno indicate per i ricorrenti A…. A…… e C…… A….., maggiorate dei soli interessi legali e della rivalutazione monetaria, qualora li superi alla stregua dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. per gli stessi periodi e fino al soddisfo.
5. Non può invece essere accolta la pretesa al risarcimento del danno alla salute, derivante dallo stress di espletare la propria attività lavorativa tutti i giorni usando i computers per più di 4 ore al giorno, in posizioni posturali e di luminosità precarie, pure richiesto dai ricorrenti, a causa della carenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cassazione Civile, sezione lavoro, 20 maggio 2010, n. 12351) ed in assenza anche di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico.(Cassazione, sezione III, 10 dicembre 2009, n. 25820).
Invero, a seguito della sentenza n. 29465 del 31 luglio 2010 che ha rigettato l’analoga domanda proposta dai colleghi dei ricorrenti, questi ultimi hanno prodotto in allegato alla memoria difensiva depositata il 9 ottobre 2010 la Circolare del Ministero del Tesoro in data 16 novembre 1989, n. 11 recante “Problemi di sicurezza ed igiene del lavoro per il personale adibito all’uso di video terminali. Criteri di Valutazione dei filtri protettivi per video terminali.”; una ricerca svolta presso le strutture dell’ISPESL di Monte Porzio Catone nel periodo 1995 – 1996 avente per oggetto “Valutazione dell’affaticamento fisico, neurosensoriale, psichico e mentale in addetti a VDT, con carichi di lavoro standard e operanti in ambiente a diverse condizioni microclimatiche, di illuminazione, di rumore controllato”; nonché un opuscolo dell’INAIL intitolato “il medico competente e gli addetti ai videoterminali” contenente una raccolta di norme, circolari e studi sulle conseguenze dell’esposizione a dette apparecchiature e tra le quali viene segnalata la circolare 22 febbraio 1991 del Ministero della Funzione Pubblica.
Al riguardo, ancorchè tale corposo apparato documentale possa tornare utile ad un aggiornamento sulle problematiche in questione, esso non appare sufficiente a provare il danno che ciascun ricorrente possa avere tratto dalla adibizione a videoterminali e PC, dal momento che affronta la problematica in generale, laddove la prova del danno passa, secondo i principi civilistici in materia, per la dimostrazione anzitutto dell’evento causativo, del nesso di causa e dell’elemento soggettivo presente in chi tale danno avrebbe prodotto. Allo stato nessuno di questi elementi appare sufficientemente dimostrato, con conseguente reiezione della relativa domanda.
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo nella considerazione che ancorchè si tratti di soccombenza solo parziale l’Amministrazione ha onerato i ricorrenti della proposizione del ricorso, pur in presenza di precedenti specifici della sezione come sopra riportati.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto così dispone:
- dichiara il diritto dei ricorrenti OMISSIS , al pagamento dell’indennità meccanografica con conseguente condanna dell’Amministrazione alla erogazione della stessa se spettante in base alle schede di rilevazione per il periodo dal 5 dicembre 2004 al 5 dicembre 2009 e fino alle date di cessazione a fianco di ognuno indicate per i ricorrenti A…… A…. e C…… A……., maggiorate dei soli interessi legali e della rivalutazione monetaria, qualora li superi alla stregua dell’art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e s.m.i. per gli stessi periodi e fino al soddisfo;
- per il resto respinge il ricorso.
Condanna l’Amministrazione della Giustizia –Dap al pagamento a favore dei ricorrenti di Euro 5000,00 per spese di giudizio ed onorari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Luttazi, Presidente FF
Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2010
Re: Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
Questa notizia per quanti usano il P.C. o VDT
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Dal sito internet PUNTO SICURO
Anno 11 - numero 2095 di lunedì 02 febbraio 2009
I disturbi dell'apparato oculo-visivo causati da videoterminali
Uno studio evidenzia la presenza di una correlazione significativa tra la presenza di disturbi di affaticamento oculare e il numero di ore settimanali e di anni di lavoro al VDT, in particolar modo nei soggetti con presbiopia.
Rileggendo i contributi pubblicati nel volume XXIX, numero 3 del Giornale di Medicina del Lavoro ed Ergonomia del Centro Studi Fondazione Maugeri, ci siamo imbattuti in un articolo che può essere interessante per tutti coloro che lavorano davanti ad un videoterminale: “Astenopia e lavoro al VDT: nostra esperienza”, scritto da C. Fenga, R. Di Pietro, P. Fenga, C. Di Nola, R. Spinella, A. Cacciola, D. Germanò e P. Aragona.
L’articolo riporta uno studio svolto con lo scopo di valutare la correlazione tra l’insorgenza dell’astenopia ed il lavoro al videoterminale (VDT).
I disturbi dell’apparato oculo-visivo rappresentano infatti uno dei problemi più rilevati dai lavoratori che lavorano davanti a videoterminali e “l’insieme di tali disturbi, che configura una sindrome complessa che prende il nome di “astenopia” consegue al particolare impegno dell’organo della vista durante la fissazione a distanza ravvicinata”.
Scopo del presente studio era quello di valutare la prevalenza di astenopia occupazionale in un campione di videoterminalisti e l’eventuale correlazione tra insorgenza dei sintomi astenopici, lavoro al VDT e presenza di difetti rifrattivi.
Nello studio “sono stati valutati 62 lavoratori (29 maschi e 33 femmine), che lavoravano al VDT per più di 20 ore la settimana, mediante un questionario standardizzato (elaborato dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale).
I risultati dello studio evidenziano che è stata riscontrata una prevalenza di astenopia occupazionale del 51% ed “una correlazione statisticamente significativa tra l’entità dei sintomi astenopici, il numero di ore la settimana e di anni di lavoro al VDT, in particolar modo nei soggetti con presbiopia”.
In particolare dall’analisi statistica “è emerso che i sintomi correlati in modo statisticamente significativo al numero di anni di lavoro al VDT sono: visione sfuocata e sdoppiata, dolenzia perioculare, prurito e secchezza; quelli correlati al numero di ore settimanali di lavoro al VDT in modo significativo sono rappresentati da visione sfuocata, visione sdoppiata, fotofobia, dolore perioculare e lacrimazione; in modo molto significativo l’iperemia ed in modo poco significativo il bruciore”.
Inoltre “la correlazione tra l’entità dei sintomi astenopici e le ore settimanali al VDT indica che un maggiore impegno temporale dell’apparato oculo-visivo nella visione ravvicinata al VDT comporta una maggiore probabilità di comparsa e gravità dei sintomi”.
“Astenopia e lavoro al VDT: nostra esperienza” (formato PDF, 5.84 MB) di C. Fenga, R. Di Pietro, P. Fenga, C. Di Nola, R. Spinella, A. Cacciola, D. Germanò e P. Aragona, nel Giornale di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, VOLUME XXIX - N. 3, Luglio/Settembre 2007, pag. 500-501
Tiziano Menduto
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Dal sito internet PUNTO SICURO
Anno 11 - numero 2095 di lunedì 02 febbraio 2009
I disturbi dell'apparato oculo-visivo causati da videoterminali
Uno studio evidenzia la presenza di una correlazione significativa tra la presenza di disturbi di affaticamento oculare e il numero di ore settimanali e di anni di lavoro al VDT, in particolar modo nei soggetti con presbiopia.
Rileggendo i contributi pubblicati nel volume XXIX, numero 3 del Giornale di Medicina del Lavoro ed Ergonomia del Centro Studi Fondazione Maugeri, ci siamo imbattuti in un articolo che può essere interessante per tutti coloro che lavorano davanti ad un videoterminale: “Astenopia e lavoro al VDT: nostra esperienza”, scritto da C. Fenga, R. Di Pietro, P. Fenga, C. Di Nola, R. Spinella, A. Cacciola, D. Germanò e P. Aragona.
L’articolo riporta uno studio svolto con lo scopo di valutare la correlazione tra l’insorgenza dell’astenopia ed il lavoro al videoterminale (VDT).
I disturbi dell’apparato oculo-visivo rappresentano infatti uno dei problemi più rilevati dai lavoratori che lavorano davanti a videoterminali e “l’insieme di tali disturbi, che configura una sindrome complessa che prende il nome di “astenopia” consegue al particolare impegno dell’organo della vista durante la fissazione a distanza ravvicinata”.
Scopo del presente studio era quello di valutare la prevalenza di astenopia occupazionale in un campione di videoterminalisti e l’eventuale correlazione tra insorgenza dei sintomi astenopici, lavoro al VDT e presenza di difetti rifrattivi.
Nello studio “sono stati valutati 62 lavoratori (29 maschi e 33 femmine), che lavoravano al VDT per più di 20 ore la settimana, mediante un questionario standardizzato (elaborato dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale).
I risultati dello studio evidenziano che è stata riscontrata una prevalenza di astenopia occupazionale del 51% ed “una correlazione statisticamente significativa tra l’entità dei sintomi astenopici, il numero di ore la settimana e di anni di lavoro al VDT, in particolar modo nei soggetti con presbiopia”.
In particolare dall’analisi statistica “è emerso che i sintomi correlati in modo statisticamente significativo al numero di anni di lavoro al VDT sono: visione sfuocata e sdoppiata, dolenzia perioculare, prurito e secchezza; quelli correlati al numero di ore settimanali di lavoro al VDT in modo significativo sono rappresentati da visione sfuocata, visione sdoppiata, fotofobia, dolore perioculare e lacrimazione; in modo molto significativo l’iperemia ed in modo poco significativo il bruciore”.
Inoltre “la correlazione tra l’entità dei sintomi astenopici e le ore settimanali al VDT indica che un maggiore impegno temporale dell’apparato oculo-visivo nella visione ravvicinata al VDT comporta una maggiore probabilità di comparsa e gravità dei sintomi”.
“Astenopia e lavoro al VDT: nostra esperienza” (formato PDF, 5.84 MB) di C. Fenga, R. Di Pietro, P. Fenga, C. Di Nola, R. Spinella, A. Cacciola, D. Germanò e P. Aragona, nel Giornale di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, VOLUME XXIX - N. 3, Luglio/Settembre 2007, pag. 500-501
Tiziano Menduto
Re: Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
altra notizia interessante trovata:
Letteratura scientifica sull’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite con particolare riferimento all’uso di dispositivi portatili.
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Dal sito internet PUNTO SICURO
Anno 14 - numero 2790 di mercoledì 08 febbraio 2012
L’uso dei PC portatili e i disturbi all’apparato muscolo-scheletrico
Uno studio propone i risultati di un’analisi della letteratura scientifica sull’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite con particolare riferimento all’uso di dispositivi portatili.
Roma, 8 Feb – In relazione alla grande diffusione di sistemi informatici e di videoterminali nel mondo del lavoro, PuntoSicuro ha presentato in questi anni diversi documenti, manuali e guide sui rischi e sulle buone pratiche per evitare o ridurre nei lavoratori alcune sintomatologie collegate all’uso di questi strumenti tecnologici. Ad esempio per ridurre l’insorgenza di disturbi visivi (con particolare riferimento all’astenopia, all’ eccessivo affaticamento dell’apparato visivo) o dei disturbi all’apparato locomotore.
Torniamo a parlare di computer attraverso una comunicazione - presentata al 73° Congresso Nazionale SIMLII e pubblicata sul numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia - che affronta alcune tematiche correlate ai recenti sviluppi tecnologici relativi alla diffusione di sistemi informatici orientati alla portabilità ed alla miniaturizzazione.
In“Utilizzo di videoterminale ed epicondilite: approccio basato sull’evidenza”- a cura di M.R. Gigante, I. Martinotti, G. Iadanza, P.E. Cirla (Divisione Medica CIMAL, Centro Italiano Medicina Ambiente Lavoro - Gruppo CIMAL) – si sottolinea che in un mondo lavorativo orientato sempre più alla portabilità e miniaturizzazione dei sistemi informatici “gli standard ergonomici tradizionali non sempre appaiono sufficienti a garantire il mantenimento del benessere del lavoratore”.
In particolare l’attenzione si sofferma, suggerita da alcuni casi di riscontro pratico, sulla “possibile insorgenza di sofferenza a carico degli arti superiori con conseguente diagnosi specialistica di epicondilite” in lavoratori che impiegavano videoterminali portatili come strumento elettivo.
Gli autori ricordano che con il termine “epicondilite”,ci si riferisce ad una “serie di sindromi accomunate dall’insorgenza di sintomatologia dolorosa nella regione epi- ed apofisaria del condilo omerale al gomito”. È comune, specie nel mondo anglosassone, “la dizione di ‘gomito del tennista’ quando vi è coinvolgimento del condilo radiale (epicondilite laterale), evenienza più frequente, e di ‘gomito del golfista’ per quello ulnare (epicondilite mediale).
In particolare è possibile distinguere tre diverse situazioni:
-“alterazioni dell’inserzione muscolare dei tendini estensori delle dita al gomito per microtraumatismi o traumatismi diretti;
-neurite compressiva od irritativa a livello del gomito;
-miscellanea (affezioni reumatiche, affezioni cervicali, periartrite scapolo-omerale, tendosinovialite stenosante, fibromiosite, artrosi dell’articolazione del gomito)”.
E nell’ambito dei disturbi connessi all’uso di videoterminale a carico dell’apparato muscolo-scheletrico“occorre individuare quelli a carico degli arti superiori e, tra questi, quelli legati ad un sovraccarico piuttosto che conseguenti a fenomeni compressivi”.
Nella comunicazione viene presentata in particolare una ricerca.
La ricerca aveva lo scopo di inquadrare, con un’analisi sistematica della letteratura scientifica, la problematica dell’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite, avvalendosi di un approccio mutuato dall’Evidence Based Medicine (EBM).
Lo studio è stato condotto rispettando infatti il paradigma dell’EBM articolato nei seguenti punti:
-formulazione del problema: il quesito oggetto di studio “valuta quanto l’utilizzo di videoterminale è di rilievo nell’alterazione della fisiologia degli arti superiori con particolare riferimento alla manifestazione di epicondilite”;
-ricerca nelle banche dati disponibili delle migliori evidenze che consentano di rispondere al quesito formulato;
-analisi critica delle informazioni trovate e determinazione della loro validità e utilità;
-applicazione delle soluzioni al problema: la soluzione al problema “è stata formulata integrando le conoscenze disponibili con le prove esterne derivanti dalla ricerca delle informazioni”.
Veniamo ai risultati.
Secondo gli autori “non emergono evidenze che nell’utilizzo di videoterminali (anche con dispositivi portatili) ci si possa trovare in una delle situazioni di sovraccarico correlabili allo sviluppo di affezioni a carico del gomito (movimenti ripetitivi di presa, di prono-supinazione o di flesso-estensione). Possibile, qualora venga utilizzato un videoterminale portatile in assenza di una tastiera ed un dispositivo di puntamento indipendenti, è invece l’assunzione di un appoggio sulla parte inferiore del gomito a generare compressione; tale postura tuttavia non risulta assumere i caratteri dell’abitualità e della continuità”.
Tra l’altro “gli studi sperimentali in merito all’insorgenza di sofferenze del nervo ulnare a livello del gomito sono abbastanza limitati, oltre che non particolarmente agevoli da realizzarsi” e studi epidemiologici disponibili “non mostrano alcuna evidenza di correlazione tra epicondilite ed utilizzo di videoterminale tradizionale”.
Non sono invece disponibili dati “relativamente all’uso esclusivo o prevalente di personal computer portatili”.
Nel complesso – continua la comunicazione – “gli studi disponibili relativi alla comparsa di alterazioni alla fisiologia del gomito in utilizzatore di videoterminale appaiono indicare una possibile azione infiammatoria acuta, che si estrinseca più facilmente in soggetti ipersuscettibili”.
Tenendo conto che sono numerosi i fattori biologici che possono influenzare la comparsa di epicondilite nell’uomo (“es. variabilità anatomica, sesso, età, esercizio fisico, benessere psicologico”), non ci sono evidenze disponibili circa “la possibilità di fenomeni di sovraccarico potenzialmente causa di epicondilite connessi all’utilizzo di videoterminale, anche se portatile”.
E le eventuali compressioni connesse all’utilizzo di videoterminale portatile capaci di indurre epicondilite “costituiscono un’ipotesi non ancora attualmente dimostrata con sufficiente solidità”.
Non sono inoltre disponibili evidenze epidemiologiche relative alla “connessione tra uso di videoterminale tradizionale ed insorgenza di epicondilite”; e “non sono disponibili dati in riferimento all’uso prevalente o esclusivo di dispositivi portatili”.
Ricordando che “i fenomeni infiammatori evidenziati hanno caratteristiche di acutezza”;gli autori concludono che “eventuali manifestazioni croniche costituiscono al momento ipotesi da approfondire”.
“ Utilizzo di videoterminale ed epicondilite: approccio basato sull’evidenza”, a cura di M.R. Gigante, I. Martinotti, G. Iadanza, P.E. Cirla (Divisione Medica CIMAL, Centro Italiano Medicina Ambiente Lavoro - Gruppo CIMAL), comunicazione al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.2, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 88 kB).
Tiziano Menduto
Letteratura scientifica sull’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite con particolare riferimento all’uso di dispositivi portatili.
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Dal sito internet PUNTO SICURO
Anno 14 - numero 2790 di mercoledì 08 febbraio 2012
L’uso dei PC portatili e i disturbi all’apparato muscolo-scheletrico
Uno studio propone i risultati di un’analisi della letteratura scientifica sull’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite con particolare riferimento all’uso di dispositivi portatili.
Roma, 8 Feb – In relazione alla grande diffusione di sistemi informatici e di videoterminali nel mondo del lavoro, PuntoSicuro ha presentato in questi anni diversi documenti, manuali e guide sui rischi e sulle buone pratiche per evitare o ridurre nei lavoratori alcune sintomatologie collegate all’uso di questi strumenti tecnologici. Ad esempio per ridurre l’insorgenza di disturbi visivi (con particolare riferimento all’astenopia, all’ eccessivo affaticamento dell’apparato visivo) o dei disturbi all’apparato locomotore.
Torniamo a parlare di computer attraverso una comunicazione - presentata al 73° Congresso Nazionale SIMLII e pubblicata sul numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia - che affronta alcune tematiche correlate ai recenti sviluppi tecnologici relativi alla diffusione di sistemi informatici orientati alla portabilità ed alla miniaturizzazione.
In“Utilizzo di videoterminale ed epicondilite: approccio basato sull’evidenza”- a cura di M.R. Gigante, I. Martinotti, G. Iadanza, P.E. Cirla (Divisione Medica CIMAL, Centro Italiano Medicina Ambiente Lavoro - Gruppo CIMAL) – si sottolinea che in un mondo lavorativo orientato sempre più alla portabilità e miniaturizzazione dei sistemi informatici “gli standard ergonomici tradizionali non sempre appaiono sufficienti a garantire il mantenimento del benessere del lavoratore”.
In particolare l’attenzione si sofferma, suggerita da alcuni casi di riscontro pratico, sulla “possibile insorgenza di sofferenza a carico degli arti superiori con conseguente diagnosi specialistica di epicondilite” in lavoratori che impiegavano videoterminali portatili come strumento elettivo.
Gli autori ricordano che con il termine “epicondilite”,ci si riferisce ad una “serie di sindromi accomunate dall’insorgenza di sintomatologia dolorosa nella regione epi- ed apofisaria del condilo omerale al gomito”. È comune, specie nel mondo anglosassone, “la dizione di ‘gomito del tennista’ quando vi è coinvolgimento del condilo radiale (epicondilite laterale), evenienza più frequente, e di ‘gomito del golfista’ per quello ulnare (epicondilite mediale).
In particolare è possibile distinguere tre diverse situazioni:
-“alterazioni dell’inserzione muscolare dei tendini estensori delle dita al gomito per microtraumatismi o traumatismi diretti;
-neurite compressiva od irritativa a livello del gomito;
-miscellanea (affezioni reumatiche, affezioni cervicali, periartrite scapolo-omerale, tendosinovialite stenosante, fibromiosite, artrosi dell’articolazione del gomito)”.
E nell’ambito dei disturbi connessi all’uso di videoterminale a carico dell’apparato muscolo-scheletrico“occorre individuare quelli a carico degli arti superiori e, tra questi, quelli legati ad un sovraccarico piuttosto che conseguenti a fenomeni compressivi”.
Nella comunicazione viene presentata in particolare una ricerca.
La ricerca aveva lo scopo di inquadrare, con un’analisi sistematica della letteratura scientifica, la problematica dell’impatto che l’uso del videoterminale può avere nello sviluppo di epicondilite, avvalendosi di un approccio mutuato dall’Evidence Based Medicine (EBM).
Lo studio è stato condotto rispettando infatti il paradigma dell’EBM articolato nei seguenti punti:
-formulazione del problema: il quesito oggetto di studio “valuta quanto l’utilizzo di videoterminale è di rilievo nell’alterazione della fisiologia degli arti superiori con particolare riferimento alla manifestazione di epicondilite”;
-ricerca nelle banche dati disponibili delle migliori evidenze che consentano di rispondere al quesito formulato;
-analisi critica delle informazioni trovate e determinazione della loro validità e utilità;
-applicazione delle soluzioni al problema: la soluzione al problema “è stata formulata integrando le conoscenze disponibili con le prove esterne derivanti dalla ricerca delle informazioni”.
Veniamo ai risultati.
Secondo gli autori “non emergono evidenze che nell’utilizzo di videoterminali (anche con dispositivi portatili) ci si possa trovare in una delle situazioni di sovraccarico correlabili allo sviluppo di affezioni a carico del gomito (movimenti ripetitivi di presa, di prono-supinazione o di flesso-estensione). Possibile, qualora venga utilizzato un videoterminale portatile in assenza di una tastiera ed un dispositivo di puntamento indipendenti, è invece l’assunzione di un appoggio sulla parte inferiore del gomito a generare compressione; tale postura tuttavia non risulta assumere i caratteri dell’abitualità e della continuità”.
Tra l’altro “gli studi sperimentali in merito all’insorgenza di sofferenze del nervo ulnare a livello del gomito sono abbastanza limitati, oltre che non particolarmente agevoli da realizzarsi” e studi epidemiologici disponibili “non mostrano alcuna evidenza di correlazione tra epicondilite ed utilizzo di videoterminale tradizionale”.
Non sono invece disponibili dati “relativamente all’uso esclusivo o prevalente di personal computer portatili”.
Nel complesso – continua la comunicazione – “gli studi disponibili relativi alla comparsa di alterazioni alla fisiologia del gomito in utilizzatore di videoterminale appaiono indicare una possibile azione infiammatoria acuta, che si estrinseca più facilmente in soggetti ipersuscettibili”.
Tenendo conto che sono numerosi i fattori biologici che possono influenzare la comparsa di epicondilite nell’uomo (“es. variabilità anatomica, sesso, età, esercizio fisico, benessere psicologico”), non ci sono evidenze disponibili circa “la possibilità di fenomeni di sovraccarico potenzialmente causa di epicondilite connessi all’utilizzo di videoterminale, anche se portatile”.
E le eventuali compressioni connesse all’utilizzo di videoterminale portatile capaci di indurre epicondilite “costituiscono un’ipotesi non ancora attualmente dimostrata con sufficiente solidità”.
Non sono inoltre disponibili evidenze epidemiologiche relative alla “connessione tra uso di videoterminale tradizionale ed insorgenza di epicondilite”; e “non sono disponibili dati in riferimento all’uso prevalente o esclusivo di dispositivi portatili”.
Ricordando che “i fenomeni infiammatori evidenziati hanno caratteristiche di acutezza”;gli autori concludono che “eventuali manifestazioni croniche costituiscono al momento ipotesi da approfondire”.
“ Utilizzo di videoterminale ed epicondilite: approccio basato sull’evidenza”, a cura di M.R. Gigante, I. Martinotti, G. Iadanza, P.E. Cirla (Divisione Medica CIMAL, Centro Italiano Medicina Ambiente Lavoro - Gruppo CIMAL), comunicazione al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicata in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.2, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 88 kB).
Tiziano Menduto
Re: Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
Di queste sentenze ne stanno altre a carico degli stessi appartenenti al Corpo, emesse dallo stesso Tar e stessa data con lo stesso esito finale.
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1) - propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo, in possesso dei requisiti ivi individuati, e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27.10.1973, n. 628, sostenendo che, in assenza di una nuova specifica disciplina, la predetta indennità spetterebbe a tutto il personale che si avvale anche di personal computers e videoterminali.
2) - in base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione, l'art. 2087 c.c. imporrebbe al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana, mentre nella specie i ricorrenti avrebbero subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle 4 ore al giorno, ad onde elettromagnetiche, in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, con alterazioni pure psicosomatiche, nonché lavorato in condizioni inidonee, con sedie non ergonomiche ed in spazi male illuminati e male aerati
3) - Si è già rilevato che invece nella specie manca anche solo un principio di prova a fondamento della sussistenza del pregiudizio per i ricorrenti e della sua eventuale ascrivibilità alle condizioni lavorative (schermo del computer, sedia non ergonomica, affollamento della stanza impiegata per l'esercizio dell'attività lavorativa, non adeguate condizioni di luce per tale stanza).
Per completezza leggete il tutto qui sotto per capire i motivi.
Ricorso RESPINTO.
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06/06/2013 201305708 Sentenza 1Q
N. 05708/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05821/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5821 del 2011, proposto da:
(congruo nr. di ricorrenti – 13 in tutto-), rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Stella, con domicilio eletto presso Mauro Stella in Roma, via Trionfale, 21;
contro
Ministero della Giustizia , in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per il riconoscimento
- del diritto all'indennità meccanografica di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 146/1975;
- del diritto al risarcimento del danno da stress subito dalla esposizione ai videoterminali e del maggior danno per manifesta violazione da parte dell'Amministrazione del principio di
precauzione, per aver disapplicato le norme comunitarie europee e l'art. 2087 c.c..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dap;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza n. 8527/11;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono o sono stati tutti appartenenti all'Amministrazione penitenziaria.
Con il presente ricorso, convertito in rito ordinario a seguito della pronuncia di inammissibilità della domanda proposta avverso il silenzio rifiuto di cui alla sentenza n. 8527/11, gli stessi propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo, in possesso dei requisiti ivi individuati, e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27.10.1973, n. 628, sostenendo che, in assenza di una nuova specifica disciplina, la predetta indennità spetterebbe a tutto il personale che si avvale anche di personal computers e videoterminali.
Sostengono che sin dalla loro assunzione in servizio avrebbero svolto attività con i personal computers per un orario di almeno 5/6 ore al giorno, per almeno 20 giorni al mese, con una media settimanale superiore alle 20 ore, peraltro su computers sforniti di schermo antiriflesso.
Osservano che l'attuale legislazione in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro (art. 21 della legge n. 626 del 1994, come modificato dalla legge n. 422 del 2000) è stata modificata, per quanto riguarda alcuni parametri (schermo tastiera, piani di lavoro, sedile di lavoro, spazio illuminazione, riflessi, rumori ed altro), ma soltanto in relazione alle postazioni dei lavoratori di cui all'art. 51, comma 1, lett. c), vale a dire a quelle i cui addetti raggiungono le 20 ore lavorative su videoterminale, mentre sarebbero esposti ai medesimi rischi tutti i dipendenti la cui attività sia esercitata attraverso dotazioni informatiche. Chiedono, perciò, anche l'accertamento del loro diritto al risarcimento del danno da stress ed in genere alla salute, provocato da tali inadeguate condizioni lavorative.
A sostegno delle loro posizioni, invocano la sentenza di questa Sezione 28.2.2008, n. 5433, che ha accolto la analoga domanda di alcuni dipendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
I motivi di doglianza dedotti sono i seguenti:
1) violazione e falsa applicazione dell'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146: detta norma costituirebbe attualmente l'unico riferimento normativo per compensare il rischio collegato con l'esercizio di attività amministrativa tramite strumenti informatici;
2) violazione dell'art. 2087 c.c.: l'uso continuativo dei videoterminali per oltre 20 ore alla settimana comporterebbe un danno da stress, come risulterebbe anche dalla relazione peritale di parte allegata; in base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione, l'art. 2087 c.c. imporrebbe al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana, mentre nella specie i ricorrenti avrebbero subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle 4 ore al giorno, ad onde elettromagnetiche, in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, con alterazioni pure psicosomatiche, nonché lavorato in condizioni inidonee, con sedie non ergonomiche ed in spazi male illuminati e male aerati, ciò anche in violazione delle norme comunitarie in materia.
L'amministrazione si è costituita in giudizio, producendo un'articolata memoria, nella quale ha in primo luogo dedotto la prescrizione quinquennale, considerando la data di notifica del ricorso quella dalla quale computarla a ritroso, con riguardo sia alla pretesa relativa all'indennità meccanografica sia alla domanda di risarcimento del danno da stress, che sarebbe extracontrattuale. In subordine, ove l'istanza di risarcimento del danno fosse qualificata di natura contrattuale, relativamente a questa ha eccepito la prescrizione ordinaria, non sussistendo comunque atti interruttivi da parte dei ricorrenti.
Ha poi contestato la fondatezza della pretesa in ordine all'indennità meccanografica, rimarcando le tre condizioni prescritte dall'invocato art. 5 del d.P.R. n. 146 del 1975 e il mancato ricorrere delle stesse con riguardo agli odierni istanti.
Ha infine evidenziato che l'onere della prova dei presupposti a fondamento della sussistenza al diritto vantato ricade sugli istanti, mentre, a suo dire, nella specie esso non risulterebbe essere stato assolto.
Alla pubblica udienza del giorno 18 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione nel merito.
DIRITTO
1. Con il ricorso all'esame del Collegio gli istanti chiedono la declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, nonché l'accertamento del loro diritto al risarcimento del danno da stress ed in genere alla salute, provocato dalle inadeguate condizioni lavorative in cui gli stessi sarebbero costretti a svolgere la propria attività.
La questione è stata esaminata funditus dalla Sezione con la sentenza n. 6858 del 1° agosto 2011 che può essere, in questa sede, richiamata, con la quale è stato rivisto il precedente orientamento richiamato dai ricorrenti, coerentemente con quanto ritenuto anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato ( IV, 28.2.2005 n. 720).
2. Ai fini del riconoscimento del diritto all'indennità meccanografica l'art. 5 del d.P.R. n. 146/1975 prescrive precisi requisiti: a) la formale assegnazione del personale ai centri meccanografici o elettronici;
b) l'appartenenza del personale formalmente assegnato al contingente numerico prestabilito con decreto interministeriale - del Ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro (ora economia e finanze);
c) l'effettiva applicazione del personale beneficiario a centri meccanografici o elettronici.
Si tratta di requisiti rigorosi, da cui non può prescindersi, e, pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto de quo, non basta l'applicazione del personale che ne fa richiesta a semplici personal computers o videoterminali, proprio in quanto non restano soddisfatte le summenzionate condizioni. In proposito occorre, infatti, rimarcare la natura di diritto soggettivo della situazione giuridica soggettiva posta a fondamento delle domande, anche per il contenuto patrimoniale della pretesa azionata, e la correlata necessità dell'individuazione di un'espressa previsione normativa che la contempli, che appunto, al di fuori delle ipotesi enucleate dalla norma sopra citata, non si ravvisa.
D'altra parte, propendendo per una portata estensiva della norma, che, per quanto appena evidenziato, non è, comunque, ammissibile, si determinerebbe l'abnorme situazione in cui pressoché tutto il personale, il quale ormai si serve normalmente e continuativamente del personal computer per lo svolgimento dell'attività lavorativa, avrebbe diritto ad un'indennità, stabilita invece solo per alcuni soggetti in possesso di ben specifici requisiti.
Nel giudizio i ricorrenti non hanno fornito neanche un principio di prova della sussistenza dei suindicati presupposti ex lege : in particolare, nessuno risulta essere stato adibito con provvedimento formale a centri meccanografici o elettronici.
Conseguentemente nei loro confronti non può riconoscersi il diritto all'indennità meccanografica.
3 - Quanto alla pretesa al risarcimento del danno da stress e comunque alla salute, pure richiesto dai ricorrenti, anch'essa non può essere accolta, in totale assenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cass. civ., sez. lavoro, 20.5.2010, n. 12351), anche solo di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico (Cass. civ., sezione III, 10.12.2009, n. 25820).
A tale riguardo è opportuno, altresì, richiamare la normativa conferente contenuta nel c.p.a.
In particolare, in base all'art. 40, comma 1, lett. c), c.p.a., l'atto di ricorso deve contenere, tra gli altri elementi, "l'indicazione dei mezzi di prova" ed, ai sensi dell'art. 64 c.p.a., "spetta alle parti fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni", il che significa che è onere di ciascuna di esse allegare, quanto meno, un principio di prova per suffragare le proprie richieste e/o difese.
Si è già rilevato che invece nella specie manca anche solo un principio di prova a fondamento della sussistenza del pregiudizio per i ricorrenti e della sua eventuale ascrivibilità alle condizioni lavorative (schermo del computer, sedia non ergonomica, affollamento della stanza impiegata per l'esercizio dell'attività lavorativa, non adeguate condizioni di luce per tale stanza).
Naturalmente non vale ad integrare tale principio di prova l'autodichiarazione prodotta in giudizio, priva del necessario requisito della obiettività, né può ritenersi sufficiente la relazione peritale, che ha una portata assolutamente generale, non essendo, infatti, la stessa riferita specificamente ad alcuno dei ricorrenti.
4. In conclusione il ricorso è infondato e da rigettare.
Le spese possono tuttavia essere compensate fra le parti anche in considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Maria Ada Russo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2013
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
1) - propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo, in possesso dei requisiti ivi individuati, e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27.10.1973, n. 628, sostenendo che, in assenza di una nuova specifica disciplina, la predetta indennità spetterebbe a tutto il personale che si avvale anche di personal computers e videoterminali.
2) - in base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione, l'art. 2087 c.c. imporrebbe al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana, mentre nella specie i ricorrenti avrebbero subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle 4 ore al giorno, ad onde elettromagnetiche, in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, con alterazioni pure psicosomatiche, nonché lavorato in condizioni inidonee, con sedie non ergonomiche ed in spazi male illuminati e male aerati
3) - Si è già rilevato che invece nella specie manca anche solo un principio di prova a fondamento della sussistenza del pregiudizio per i ricorrenti e della sua eventuale ascrivibilità alle condizioni lavorative (schermo del computer, sedia non ergonomica, affollamento della stanza impiegata per l'esercizio dell'attività lavorativa, non adeguate condizioni di luce per tale stanza).
Per completezza leggete il tutto qui sotto per capire i motivi.
Ricorso RESPINTO.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
06/06/2013 201305708 Sentenza 1Q
N. 05708/2013 REG.PROV.COLL.
N. 05821/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5821 del 2011, proposto da:
(congruo nr. di ricorrenti – 13 in tutto-), rappresentati e difesi dall'avv. Mauro Stella, con domicilio eletto presso Mauro Stella in Roma, via Trionfale, 21;
contro
Ministero della Giustizia , in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per il riconoscimento
- del diritto all'indennità meccanografica di cui all'art. 5 del D.P.R. n. 146/1975;
- del diritto al risarcimento del danno da stress subito dalla esposizione ai videoterminali e del maggior danno per manifesta violazione da parte dell'Amministrazione del principio di
precauzione, per aver disapplicato le norme comunitarie europee e l'art. 2087 c.c..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dap;
Viste le memorie difensive;
Vista la sentenza n. 8527/11;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono o sono stati tutti appartenenti all'Amministrazione penitenziaria.
Con il presente ricorso, convertito in rito ordinario a seguito della pronuncia di inammissibilità della domanda proposta avverso il silenzio rifiuto di cui alla sentenza n. 8527/11, gli stessi propongono domanda di declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, disposta per tutto il personale civile dello Stato, di ruolo e non di ruolo, in possesso dei requisiti ivi individuati, e prevista per i Corpi di Polizia dalla legge 27.10.1973, n. 628, sostenendo che, in assenza di una nuova specifica disciplina, la predetta indennità spetterebbe a tutto il personale che si avvale anche di personal computers e videoterminali.
Sostengono che sin dalla loro assunzione in servizio avrebbero svolto attività con i personal computers per un orario di almeno 5/6 ore al giorno, per almeno 20 giorni al mese, con una media settimanale superiore alle 20 ore, peraltro su computers sforniti di schermo antiriflesso.
Osservano che l'attuale legislazione in materia di sicurezza degli ambienti di lavoro (art. 21 della legge n. 626 del 1994, come modificato dalla legge n. 422 del 2000) è stata modificata, per quanto riguarda alcuni parametri (schermo tastiera, piani di lavoro, sedile di lavoro, spazio illuminazione, riflessi, rumori ed altro), ma soltanto in relazione alle postazioni dei lavoratori di cui all'art. 51, comma 1, lett. c), vale a dire a quelle i cui addetti raggiungono le 20 ore lavorative su videoterminale, mentre sarebbero esposti ai medesimi rischi tutti i dipendenti la cui attività sia esercitata attraverso dotazioni informatiche. Chiedono, perciò, anche l'accertamento del loro diritto al risarcimento del danno da stress ed in genere alla salute, provocato da tali inadeguate condizioni lavorative.
A sostegno delle loro posizioni, invocano la sentenza di questa Sezione 28.2.2008, n. 5433, che ha accolto la analoga domanda di alcuni dipendenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
I motivi di doglianza dedotti sono i seguenti:
1) violazione e falsa applicazione dell'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146: detta norma costituirebbe attualmente l'unico riferimento normativo per compensare il rischio collegato con l'esercizio di attività amministrativa tramite strumenti informatici;
2) violazione dell'art. 2087 c.c.: l'uso continuativo dei videoterminali per oltre 20 ore alla settimana comporterebbe un danno da stress, come risulterebbe anche dalla relazione peritale di parte allegata; in base ai consolidati principi affermati dalla Suprema Corte di Cassazione, l'art. 2087 c.c. imporrebbe al datore di lavoro un obbligo di rimuovere tutte le condizioni di lavoro che pregiudichino la sicurezza, la libertà e la dignità umana, mentre nella specie i ricorrenti avrebbero subito una esposizione diretta e continua, comunque superiore alle 4 ore al giorno, ad onde elettromagnetiche, in grado di produrre danni irreversibili sulla vista, sul sistema nervoso, con alterazioni pure psicosomatiche, nonché lavorato in condizioni inidonee, con sedie non ergonomiche ed in spazi male illuminati e male aerati, ciò anche in violazione delle norme comunitarie in materia.
L'amministrazione si è costituita in giudizio, producendo un'articolata memoria, nella quale ha in primo luogo dedotto la prescrizione quinquennale, considerando la data di notifica del ricorso quella dalla quale computarla a ritroso, con riguardo sia alla pretesa relativa all'indennità meccanografica sia alla domanda di risarcimento del danno da stress, che sarebbe extracontrattuale. In subordine, ove l'istanza di risarcimento del danno fosse qualificata di natura contrattuale, relativamente a questa ha eccepito la prescrizione ordinaria, non sussistendo comunque atti interruttivi da parte dei ricorrenti.
Ha poi contestato la fondatezza della pretesa in ordine all'indennità meccanografica, rimarcando le tre condizioni prescritte dall'invocato art. 5 del d.P.R. n. 146 del 1975 e il mancato ricorrere delle stesse con riguardo agli odierni istanti.
Ha infine evidenziato che l'onere della prova dei presupposti a fondamento della sussistenza al diritto vantato ricade sugli istanti, mentre, a suo dire, nella specie esso non risulterebbe essere stato assolto.
Alla pubblica udienza del giorno 18 aprile 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione nel merito.
DIRITTO
1. Con il ricorso all'esame del Collegio gli istanti chiedono la declaratoria del diritto ad ottenere l'indennità meccanografica prevista dall'art. 5 del d.P.R. 5.5.1975, n. 146, nonché l'accertamento del loro diritto al risarcimento del danno da stress ed in genere alla salute, provocato dalle inadeguate condizioni lavorative in cui gli stessi sarebbero costretti a svolgere la propria attività.
La questione è stata esaminata funditus dalla Sezione con la sentenza n. 6858 del 1° agosto 2011 che può essere, in questa sede, richiamata, con la quale è stato rivisto il precedente orientamento richiamato dai ricorrenti, coerentemente con quanto ritenuto anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato ( IV, 28.2.2005 n. 720).
2. Ai fini del riconoscimento del diritto all'indennità meccanografica l'art. 5 del d.P.R. n. 146/1975 prescrive precisi requisiti: a) la formale assegnazione del personale ai centri meccanografici o elettronici;
b) l'appartenenza del personale formalmente assegnato al contingente numerico prestabilito con decreto interministeriale - del Ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro (ora economia e finanze);
c) l'effettiva applicazione del personale beneficiario a centri meccanografici o elettronici.
Si tratta di requisiti rigorosi, da cui non può prescindersi, e, pertanto, ai fini del riconoscimento del diritto de quo, non basta l'applicazione del personale che ne fa richiesta a semplici personal computers o videoterminali, proprio in quanto non restano soddisfatte le summenzionate condizioni. In proposito occorre, infatti, rimarcare la natura di diritto soggettivo della situazione giuridica soggettiva posta a fondamento delle domande, anche per il contenuto patrimoniale della pretesa azionata, e la correlata necessità dell'individuazione di un'espressa previsione normativa che la contempli, che appunto, al di fuori delle ipotesi enucleate dalla norma sopra citata, non si ravvisa.
D'altra parte, propendendo per una portata estensiva della norma, che, per quanto appena evidenziato, non è, comunque, ammissibile, si determinerebbe l'abnorme situazione in cui pressoché tutto il personale, il quale ormai si serve normalmente e continuativamente del personal computer per lo svolgimento dell'attività lavorativa, avrebbe diritto ad un'indennità, stabilita invece solo per alcuni soggetti in possesso di ben specifici requisiti.
Nel giudizio i ricorrenti non hanno fornito neanche un principio di prova della sussistenza dei suindicati presupposti ex lege : in particolare, nessuno risulta essere stato adibito con provvedimento formale a centri meccanografici o elettronici.
Conseguentemente nei loro confronti non può riconoscersi il diritto all'indennità meccanografica.
3 - Quanto alla pretesa al risarcimento del danno da stress e comunque alla salute, pure richiesto dai ricorrenti, anch'essa non può essere accolta, in totale assenza di dimostrazione del pregiudizio subito (Cass. civ., sez. lavoro, 20.5.2010, n. 12351), anche solo di un qualsiasi principio di prova, come da costante giurisprudenza civilistica in materia di danno biologico (Cass. civ., sezione III, 10.12.2009, n. 25820).
A tale riguardo è opportuno, altresì, richiamare la normativa conferente contenuta nel c.p.a.
In particolare, in base all'art. 40, comma 1, lett. c), c.p.a., l'atto di ricorso deve contenere, tra gli altri elementi, "l'indicazione dei mezzi di prova" ed, ai sensi dell'art. 64 c.p.a., "spetta alle parti fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni", il che significa che è onere di ciascuna di esse allegare, quanto meno, un principio di prova per suffragare le proprie richieste e/o difese.
Si è già rilevato che invece nella specie manca anche solo un principio di prova a fondamento della sussistenza del pregiudizio per i ricorrenti e della sua eventuale ascrivibilità alle condizioni lavorative (schermo del computer, sedia non ergonomica, affollamento della stanza impiegata per l'esercizio dell'attività lavorativa, non adeguate condizioni di luce per tale stanza).
Naturalmente non vale ad integrare tale principio di prova l'autodichiarazione prodotta in giudizio, priva del necessario requisito della obiettività, né può ritenersi sufficiente la relazione peritale, che ha una portata assolutamente generale, non essendo, infatti, la stessa riferita specificamente ad alcuno dei ricorrenti.
4. In conclusione il ricorso è infondato e da rigettare.
Le spese possono tuttavia essere compensate fra le parti anche in considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Maria Ada Russo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2013
Re: Indennità meccanografica e uso P.C. e VDT
EPICONDILITE
Il Tar di Genova in questi giorni scrive:
L’atto non risulta invece appagante nel giustificare il diniego del riconoscimento per quel che riguarda l’epicondilite.
Si tratta infatti di una malattia comune a coloro che svolgono attività di dattilografia, per cui l’esclusione della derivazione dell’infermità dal lavoro svolto si appalesa apodittica, in quanto non correlata alla considerazione delle mansioni a cui l’interessato venne destinato per anni.
Il Tar di Genova in questi giorni scrive:
L’atto non risulta invece appagante nel giustificare il diniego del riconoscimento per quel che riguarda l’epicondilite.
Si tratta infatti di una malattia comune a coloro che svolgono attività di dattilografia, per cui l’esclusione della derivazione dell’infermità dal lavoro svolto si appalesa apodittica, in quanto non correlata alla considerazione delle mansioni a cui l’interessato venne destinato per anni.
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