sapete cosa è la SIP
sapete cosa è la SIP
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1
Quella maledetta SIP!
Guarda un po’! La Rappresentanza militare dei Carabinieri, che prima di me non esisteva, e
dopo che sono andato via, ha cercato di dimenticarmi, perché taluni delegati avevano paura di
dispiacere il Presidente del COCER di turno, che a sua volta non voleva dispiacere il Comandante
Generale di turno, nel momento in cui dico apertamente che questo Comandante Generale, per le
sue gravi responsabilità in ordine alla gestione dell’Arma, se ne deve andare via, spara una
delibera per chiedere che cosa sta accadendo.
Voi mi chiedete: “E’ stato forse il COCER, pentito o illuminato sulla via di Damasco, a
muoversi?”.
Niente affatto.
E’ stato un COIR, uno dei più combattivi, che si definisce “non silenzioso”, quello della
“Palidoro”, con il suo Presidente Generale Giovanni Antolini, che con delibera, dopo aver allegato
una lettera da me scritta, come Presidente del SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme),
inoltrata al Capo dello Stato, in cui è riportato che “ … durante il Comando del Generale Gallitelli
nell’Arma si è avuta una impennata di suicidi, di delitti commessi da Carabinieri, di gravi abusi e
irregolarità. Nonostante ciò, il Governo Monti lo ha prorogato”, e aver proclamato che alla
Rappresentanza troppo spesso viene chiesto di “ … rappresentare nei dovuti modi”, di fare da
coperchio ad una pentola a pressione in ebollizione, invita il Presidente del COCER a impegnarsi al
fine di eliminare la cosiddetta SIP, che tanto disdoro porta a tutta l’Arma e che venga chiesto al
Comandante Generale di rispondere punto per punto e pubblicamente alle gravi affermazioni del
Generale Pappalardo.
Ma dico io: se nemmeno i parlamentari rinunciano alle proprie indennità perché dovrebbe
rinunciarvi il Presidente del COCER, che potendo divenire Vice Comandante Generale (gli auguro
che divenga anche Comandante Generale), potrebbe godere della SIP?
Maledetta SIP. Maledetti i soldi. Diceva bene Gesù Cristo: “E’ più facile che un cammello
passi per la cruna di un ago, che un ricco vada nel regno dei cieli”.
Pure il Papa se n’è accorto e ha detto a molti suoi preti che San Pietro non aveva un conto
in banca.
Una volta i Carabinieri, il cui regolamento si dice - è forse una leggenda? - che sia stato
redatto da un gesuita, disdegnavano il denaro come i samurai, che lo facevano toccare dai loro
servi.
Oggi si preferisce essere servi e toccare il denaro. E possibilmente tanto!
Il potere politico lo sa e alletta i vertici di tutte le amministrazioni dello Stato, a cominciare
dai magistrati, con doppi incarichi, con incarichi di sottogoverno e con laute indennità.
Ecco perché costoro stanno zitti, nonostante il Paese affondi!
Maledetta SIP.
Ho voluto ficcare il naso su questa indennità per togliere qualche curiosità ai giornalisti e a
tanti carabinieri, che me lo hanno chiesto.
Spero che qualcuno al Comando Generale non svenga alla lettura di questa mia
illustrazione.
La Speciale Indennità Pensionabile, introdotta dall’art. 5 della legge 01/04/1981, n.121, a
favore del Capo della Polizia – Direttore Generale della P.S., è stata estesa dall’art.11-bis del D.L.
21/09/1987, n.387, convertito, con modificazioni, nella legge 20/11/1987, n.472, a:
• Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri;
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• Comandante Generale della Guardia di Finanza;
• Direttore Generale per gli Istituti di Prevenzione e Pena (ora Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria);
• Direttore Generale per l’economia montana e per le foreste (ora Capo del Corpo Forestale
dello Stato).
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La misura di tale indennità è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro (ora Ministro dell’Economia e delle Finanze).
Inoltre, con l’art. 65 – comma 4 – del decreto legislativo 30/12/1997, n.490, agli Ufficiali
Generali e Ammiragli nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa, dell’Esercito, della Marina e
dell’Aeronautica ovvero Segretario Generale/Direttore Nazionale degli Armamenti del Ministero
della Difesa, è stata attribuita una speciale indennità commisurata a quella definita per le massime
cariche della P.A., in attuazione di quanto disposto dalla legge 15/03/1997, n.59. Tale provvidenza,
a mente dell’art. 27 – comma 2 – del D.Lgs. 28/06/2000, n.216, viene determinata con D.P.C.M., su
proposta del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La speciale indennità pensionabile, così come previsto legislativamente, viene corrisposta in
costanza di servizio esclusivamente in favore del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri,
a cui consegue ovviamente il trattamento di quiescenza e previdenziale.
L’art. 1 della legge n. 916 del 1971 ha modificato l’articolo unico della legge 03/12/1962, n.
1699, disponendo che ai Generali di Divisione dei Carabinieri che avessero ricoperto la carica di
Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri doveva essere conferita, all’atto della
cessazione dal servizio permanente, con D.P.R., su proposta del Ministro della Difesa, la
promozione al grado di Generale di Corpo d’Armata, con conseguente trattamento economico e di
quiescenza.
L’art. 2 della legge n.429 del 04/08/1984 prevedeva l’estensione di tale beneficio a tutti i
Generali di Divisione dell’Arma dei Carabinieri, previo giudizio di idoneità della Commissione
Superiore di avanzamento.
Il Ministero della Difesa, ente deputato alla formalizzazione dei provvedimenti definitivi di
quiescenza degli Ufficiali Generali, aveva tentato di estendere tale indennità in favore dei Generali
di Divisione dell’Arma dei Carabinieri promossi alla “vigilia” al grado di Generali di Corpo d’Armata,
ossia il giorno antecedente il collocamento in congedo nella categoria dell’ausiliaria.
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La Sezione del Controllo Stato della Corte dei conti, con deliberazione n.91/95, aveva ricusato
il visto e la conseguente registrazione dei provvedimenti all’esame, obiettando che il
riconoscimento dell’indennità di ausiliaria della cosiddetta S.I.P. (speciale indennità pensionabile)
doveva essere condizionato allo svolgimento effettivo dei compiti rientranti nell’attività funzionale
dello stesso Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e, al più dal Vice Comandante
Generale, che avesse però esercitato in servizio le funzioni e le attribuzioni del Comandante.
La Sezione del Controllo sosteneva che la S.I.P. avesse carattere di jus singolare, quale cioè
retribuzione ad certam personam, in ragione della infungibile posizione di responsabilità
dell’organo amministrativo di vertice, che ne è il naturale ed esclusivo destinatario. In altre parole,
la S.I.P. non ha carattere di genericità ed omogeneità, pur avendo attribuzione specifica,
condizione necessaria per valutare un beneficio nel calcolo sottostante alla determinazione
dell’indennità di ausiliaria.
3
Analoghe argomentazioni sono state poi riprese dalla Sentenza n.95/2002/A del 07/03/2002
della Corte dei conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale, che ha respinto il ricorso proposto
da alcuni Generali di Corpo d’Armata della Guardia di Finanza, denegando l’inserimento della S.I.P.
nel calcolo dell’indennità di ausiliaria.
In seguito, il Ministero della Difesa, con nota D.G.P.M./VI/1000/501 in data 29/07/2002, aveva
disposto che:
• l’indennità in questione doveva essere conservata, in sede di emissione del decreto
concessivo della pensione definitiva (per passaggio dalla posizione di ausiliaria alla riserva),
soltanto per gli ex Comandanti Generali dell’Arma dei Carabinieri, i quali già ne
beneficiavano all’atto della cessazione dal servizio e collocati direttamente in ausiliaria,
nonché per coloro che erano destinatari di favorevoli sentenze passate in giudicato;
• di provvedere, in sede di emissione del provvedimento di pensione definitiva, al recupero
dell’indennità in argomento nei confronti di coloro cui detta indennità era stata erogata in
via amministrativa durante il periodo di ausiliaria, pur non avendone titolo;
• di appellare le sentenze che dovessero essere emesse in difformità da quanto stabilito
dalla citata Sentenza n.95/2002/A.
Mi chiedo sono state recuperate quelle somme di denaro e date a qualche militare bisognoso?
In precedenza, l’Ufficio di Controllo Pensioni Militari e FF.PP. della Corte dei conti, con
osservazione n.271 del 23/04/1997, aveva registrato un provvedimento pilota di un Generale di
Corpo d’Armata dei CC (DE SENA Mario), asserendo che la valorizzazione dell’indennità di
ausiliaria, con l’inclusione della S.I.P., poteva essere concessa soltanto in favore dei Generali di
Corpo d’Armata dei CC che avessero rivestito, in servizio, la qualifica di Vice Comandante Generale
dell’Arma, che, all’ultimo giorno, di conseguenza raggiungeva la piena identità con il Comandante
Generale, e ciò sotto il triplice profilo della parità del grado, del ruolo, nonché, quale elemento
aggiuntivo sostanziale, della parità di funzione, quale supplente istituzionale ex lege.
Voi mi dite: “Lei ha ottenuto queste notizie, dopo averle chieste all’Ufficio competente del
Comando Generale, nella sua veste di Presidente del SUPU”.
Niente affatto. Mi hanno tirato il telefono in faccia. Non sapendo che non possono rifiutarsi di
dare notizie amministrative ad un sindacato. Abbiamo già interpellato i nostri legali”.
Ma, allora, queste notizie chi gliele ha date? La Rappresentanza Militare? Niente affatto. I
delegati vengono tenuti all’oscuro di tutto.
Ma, allora, chi?
Negli anni Sessanta, Celentano, in una delle sue canzoni, ripeteva ossessivamente: “Allora,
chiiiiiiiii? Chiiiiii? Chiiiiiii?”. Fino a penetrarti il cervello.
Più che svelarvi il nome di chi mi ha dato queste notizie, penso che sia più utile che si
facciano alcune considerazioni per rilevare eventuali comportamenti delittuosi da riferire
all’opinione pubblica e ai legali del SUPU, che stanno preparando la denuncia alle magistrature
competenti.
Va detto che per l’Arma la S.I.P. è attribuita in costanza di servizio esclusivamente al
Comandante Generale.
Nella determinazione dell’indennità di ausiliaria si devono considerare il trattamento di
quiescenza percepito dal soggetto interessato e quello economico spettante nel tempo al suo pari
grado in servizio nello stesso ruolo e con anzianità corrispondente.
La normativa sull’indennità di ausiliaria (art. 67 della legge 10/04/1954, n.113, come
sostituito dall’art. 44 della legge 19/05/1986, n.224, quest’ultima disposizione interpretata
autenticamente dall’art. 6 – comma 2 – della legge 23/12/1990, n.404) prevede
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l’onnicomprensività del trattamento spettante nel tempo al pari grado in servizio con tutte le
maggiorazioni e le indennità, salvo quelle di carattere personale.
Nella disciplina legislativa in materia di pubblico impiego vige la regola secondo cui il
trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo
status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati
conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione (art. 24 del D.Lgs. 03/02/1993, n.29, come
sostituito dall’art.16 del D.Lgs. 31/03/1998, n.80).
Sulla base di questa regola, va considerato che:
1. la S.I.P. è esclusivamente collegata all’incarico ricoperto e quindi al servizio
effettivamente espletato;
2. al Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri la S.I.P. è riconosciuta e
computata all’atto del congedo fra le voci da considerare per il calcolo dell’indennità di
ausiliaria;
3. l’indennità di ausiliaria ha una ratio diversa, svolgendo essa la funzione di compenso per
la disponibilità del militare cessato dal servizio ad essere eventualmente richiamato in
qualunque momento (norma anacronistica sotto tutti i profili);
4. la prima bozza dello “schema di regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al
sistema pensionistico del personale comparto difesa”, cosiddetta riforma Fornero,
all’articolo “8” prevedeva l’abrogazione dell’istituto dell’ausiliaria.
La bozza successiva, evidentemente anche grazie all’ “intercessione” dell’allora Ministro
della Difesa Di Paola (vedasi intervista rilasciata durante la trasmissione “in ½ ora”), vede
la cancellazione dell’art. ”8” e pertanto il mantenimento dell’indennità predetta.
L’intervento tempestivo sulla bozza non è stato casuale se si pensa che l’abrogazione
dell’ausiliaria avrebbe certamente escluso il Vice Comandante dell’Arma dalla percezione
della SIP .
Come è potuto accadere tutto ciò, all’insaputa degli organi di controllo? Certo l’allora
Ministro Fornero era molto amata dai Carabinieri, a tal punto che le concedevano la loro
ospitalità presso la foresteria di Casale Renzi del Comando Generale.
Per il restante personale, considerato anche il blocco contrattuale, l’abrogazione di detta
indennità di fatto avrebbe prodotto ripercussioni economiche irrisorie.
5. in regime di blocco del trattamento economico, se l’attuale Comandante dell’Arma dei
CC Gen. C.A. Leonardo Gallitelli non avesse ottenuto la proroga dell’incarico, il suo
successore non avrebbe percepito in servizio, in pensione, nella buonuscita e
nell’ausiliaria, la “miracolosa” SIP, che tiene buoni e al loro posto i pretendenti al trono,
che, ambiziosi più che capaci, alla fine si accontentano di cedere il passo.
6. Vittime di analogo “disagio economico” sarebbero stati anche i Vice Comandanti che
avrebbero assunto tale incarico nel periodo del blocco salariale.
Ecco spiegato perché nessuno dei pretendenti al trono, dopo aver saputo che il Generale
Gallitelli rimaneva in carica, ha elevato urla di dolore dovendo attendere altri due anni per
comandare l’Arma.
Gallitelli, alla fine, facendosi prorogare ha salvato un beneficio da estendere a tutti i
pretendenti. A questo punto bisogna fargli gli applausi. Ha salvato la dignità e l’onore di molti Vice
Comandanti che, poverini, non possono andare in pensione con soli 8.000 euro, vivendo così di
stenti. Con 14.000 euro la vita si presenta meglio.
Vallo a dire ai Carabinieri che con 1.200 euro debbono vivere a Milano, pagare l’affitto di 800
euro e mantenere una famiglia.
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Monti lo sapeva? Il Ministro della Difesa di Paola lo sapeva? La Fornero, che si è messa a
piangere davanti a tutta l’Italia perché si stavano svuotando le tasche degli Italiani, quelli più
poveri, lo sapeva?
E il Presidente Napolitano sta ancora fermo, oppure dall’alto del Colle, come una volta ha fatto
il Presidente Cossiga che ha cacciato via un Capo di Stato Maggiore dell’Arma, non prende carta e
penna e invita il governo a restituite dignità e credibilità all’Arma?
Al tempo di Cossiga, ero io il Presidente del COCER e invitai il Comandante Generale dell’Arma
dell’epoca ad allontanare l’ufficiale indesiderato. Ci riuscii!
Accadrà oggi ciò che è accaduto ieri?
Non mi illudo!
E l’intero regime politico, che difende l’indifendibile, che va cacciato via!
Palermo 13 giugno 2012
Antonio Pappalardo
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Quella maledetta SIP!
Guarda un po’! La Rappresentanza militare dei Carabinieri, che prima di me non esisteva, e
dopo che sono andato via, ha cercato di dimenticarmi, perché taluni delegati avevano paura di
dispiacere il Presidente del COCER di turno, che a sua volta non voleva dispiacere il Comandante
Generale di turno, nel momento in cui dico apertamente che questo Comandante Generale, per le
sue gravi responsabilità in ordine alla gestione dell’Arma, se ne deve andare via, spara una
delibera per chiedere che cosa sta accadendo.
Voi mi chiedete: “E’ stato forse il COCER, pentito o illuminato sulla via di Damasco, a
muoversi?”.
Niente affatto.
E’ stato un COIR, uno dei più combattivi, che si definisce “non silenzioso”, quello della
“Palidoro”, con il suo Presidente Generale Giovanni Antolini, che con delibera, dopo aver allegato
una lettera da me scritta, come Presidente del SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme),
inoltrata al Capo dello Stato, in cui è riportato che “ … durante il Comando del Generale Gallitelli
nell’Arma si è avuta una impennata di suicidi, di delitti commessi da Carabinieri, di gravi abusi e
irregolarità. Nonostante ciò, il Governo Monti lo ha prorogato”, e aver proclamato che alla
Rappresentanza troppo spesso viene chiesto di “ … rappresentare nei dovuti modi”, di fare da
coperchio ad una pentola a pressione in ebollizione, invita il Presidente del COCER a impegnarsi al
fine di eliminare la cosiddetta SIP, che tanto disdoro porta a tutta l’Arma e che venga chiesto al
Comandante Generale di rispondere punto per punto e pubblicamente alle gravi affermazioni del
Generale Pappalardo.
Ma dico io: se nemmeno i parlamentari rinunciano alle proprie indennità perché dovrebbe
rinunciarvi il Presidente del COCER, che potendo divenire Vice Comandante Generale (gli auguro
che divenga anche Comandante Generale), potrebbe godere della SIP?
Maledetta SIP. Maledetti i soldi. Diceva bene Gesù Cristo: “E’ più facile che un cammello
passi per la cruna di un ago, che un ricco vada nel regno dei cieli”.
Pure il Papa se n’è accorto e ha detto a molti suoi preti che San Pietro non aveva un conto
in banca.
Una volta i Carabinieri, il cui regolamento si dice - è forse una leggenda? - che sia stato
redatto da un gesuita, disdegnavano il denaro come i samurai, che lo facevano toccare dai loro
servi.
Oggi si preferisce essere servi e toccare il denaro. E possibilmente tanto!
Il potere politico lo sa e alletta i vertici di tutte le amministrazioni dello Stato, a cominciare
dai magistrati, con doppi incarichi, con incarichi di sottogoverno e con laute indennità.
Ecco perché costoro stanno zitti, nonostante il Paese affondi!
Maledetta SIP.
Ho voluto ficcare il naso su questa indennità per togliere qualche curiosità ai giornalisti e a
tanti carabinieri, che me lo hanno chiesto.
Spero che qualcuno al Comando Generale non svenga alla lettura di questa mia
illustrazione.
La Speciale Indennità Pensionabile, introdotta dall’art. 5 della legge 01/04/1981, n.121, a
favore del Capo della Polizia – Direttore Generale della P.S., è stata estesa dall’art.11-bis del D.L.
21/09/1987, n.387, convertito, con modificazioni, nella legge 20/11/1987, n.472, a:
• Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri;
2
• Comandante Generale della Guardia di Finanza;
• Direttore Generale per gli Istituti di Prevenzione e Pena (ora Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione Penitenziaria);
• Direttore Generale per l’economia montana e per le foreste (ora Capo del Corpo Forestale
dello Stato).
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La misura di tale indennità è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro (ora Ministro dell’Economia e delle Finanze).
Inoltre, con l’art. 65 – comma 4 – del decreto legislativo 30/12/1997, n.490, agli Ufficiali
Generali e Ammiragli nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa, dell’Esercito, della Marina e
dell’Aeronautica ovvero Segretario Generale/Direttore Nazionale degli Armamenti del Ministero
della Difesa, è stata attribuita una speciale indennità commisurata a quella definita per le massime
cariche della P.A., in attuazione di quanto disposto dalla legge 15/03/1997, n.59. Tale provvidenza,
a mente dell’art. 27 – comma 2 – del D.Lgs. 28/06/2000, n.216, viene determinata con D.P.C.M., su
proposta del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La speciale indennità pensionabile, così come previsto legislativamente, viene corrisposta in
costanza di servizio esclusivamente in favore del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri,
a cui consegue ovviamente il trattamento di quiescenza e previdenziale.
L’art. 1 della legge n. 916 del 1971 ha modificato l’articolo unico della legge 03/12/1962, n.
1699, disponendo che ai Generali di Divisione dei Carabinieri che avessero ricoperto la carica di
Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri doveva essere conferita, all’atto della
cessazione dal servizio permanente, con D.P.R., su proposta del Ministro della Difesa, la
promozione al grado di Generale di Corpo d’Armata, con conseguente trattamento economico e di
quiescenza.
L’art. 2 della legge n.429 del 04/08/1984 prevedeva l’estensione di tale beneficio a tutti i
Generali di Divisione dell’Arma dei Carabinieri, previo giudizio di idoneità della Commissione
Superiore di avanzamento.
Il Ministero della Difesa, ente deputato alla formalizzazione dei provvedimenti definitivi di
quiescenza degli Ufficiali Generali, aveva tentato di estendere tale indennità in favore dei Generali
di Divisione dell’Arma dei Carabinieri promossi alla “vigilia” al grado di Generali di Corpo d’Armata,
ossia il giorno antecedente il collocamento in congedo nella categoria dell’ausiliaria.
W l’Italia! Quella che non arriva alla fine del mese.
La Sezione del Controllo Stato della Corte dei conti, con deliberazione n.91/95, aveva ricusato
il visto e la conseguente registrazione dei provvedimenti all’esame, obiettando che il
riconoscimento dell’indennità di ausiliaria della cosiddetta S.I.P. (speciale indennità pensionabile)
doveva essere condizionato allo svolgimento effettivo dei compiti rientranti nell’attività funzionale
dello stesso Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e, al più dal Vice Comandante
Generale, che avesse però esercitato in servizio le funzioni e le attribuzioni del Comandante.
La Sezione del Controllo sosteneva che la S.I.P. avesse carattere di jus singolare, quale cioè
retribuzione ad certam personam, in ragione della infungibile posizione di responsabilità
dell’organo amministrativo di vertice, che ne è il naturale ed esclusivo destinatario. In altre parole,
la S.I.P. non ha carattere di genericità ed omogeneità, pur avendo attribuzione specifica,
condizione necessaria per valutare un beneficio nel calcolo sottostante alla determinazione
dell’indennità di ausiliaria.
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Analoghe argomentazioni sono state poi riprese dalla Sentenza n.95/2002/A del 07/03/2002
della Corte dei conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale, che ha respinto il ricorso proposto
da alcuni Generali di Corpo d’Armata della Guardia di Finanza, denegando l’inserimento della S.I.P.
nel calcolo dell’indennità di ausiliaria.
In seguito, il Ministero della Difesa, con nota D.G.P.M./VI/1000/501 in data 29/07/2002, aveva
disposto che:
• l’indennità in questione doveva essere conservata, in sede di emissione del decreto
concessivo della pensione definitiva (per passaggio dalla posizione di ausiliaria alla riserva),
soltanto per gli ex Comandanti Generali dell’Arma dei Carabinieri, i quali già ne
beneficiavano all’atto della cessazione dal servizio e collocati direttamente in ausiliaria,
nonché per coloro che erano destinatari di favorevoli sentenze passate in giudicato;
• di provvedere, in sede di emissione del provvedimento di pensione definitiva, al recupero
dell’indennità in argomento nei confronti di coloro cui detta indennità era stata erogata in
via amministrativa durante il periodo di ausiliaria, pur non avendone titolo;
• di appellare le sentenze che dovessero essere emesse in difformità da quanto stabilito
dalla citata Sentenza n.95/2002/A.
Mi chiedo sono state recuperate quelle somme di denaro e date a qualche militare bisognoso?
In precedenza, l’Ufficio di Controllo Pensioni Militari e FF.PP. della Corte dei conti, con
osservazione n.271 del 23/04/1997, aveva registrato un provvedimento pilota di un Generale di
Corpo d’Armata dei CC (DE SENA Mario), asserendo che la valorizzazione dell’indennità di
ausiliaria, con l’inclusione della S.I.P., poteva essere concessa soltanto in favore dei Generali di
Corpo d’Armata dei CC che avessero rivestito, in servizio, la qualifica di Vice Comandante Generale
dell’Arma, che, all’ultimo giorno, di conseguenza raggiungeva la piena identità con il Comandante
Generale, e ciò sotto il triplice profilo della parità del grado, del ruolo, nonché, quale elemento
aggiuntivo sostanziale, della parità di funzione, quale supplente istituzionale ex lege.
Voi mi dite: “Lei ha ottenuto queste notizie, dopo averle chieste all’Ufficio competente del
Comando Generale, nella sua veste di Presidente del SUPU”.
Niente affatto. Mi hanno tirato il telefono in faccia. Non sapendo che non possono rifiutarsi di
dare notizie amministrative ad un sindacato. Abbiamo già interpellato i nostri legali”.
Ma, allora, queste notizie chi gliele ha date? La Rappresentanza Militare? Niente affatto. I
delegati vengono tenuti all’oscuro di tutto.
Ma, allora, chi?
Negli anni Sessanta, Celentano, in una delle sue canzoni, ripeteva ossessivamente: “Allora,
chiiiiiiiii? Chiiiiii? Chiiiiiii?”. Fino a penetrarti il cervello.
Più che svelarvi il nome di chi mi ha dato queste notizie, penso che sia più utile che si
facciano alcune considerazioni per rilevare eventuali comportamenti delittuosi da riferire
all’opinione pubblica e ai legali del SUPU, che stanno preparando la denuncia alle magistrature
competenti.
Va detto che per l’Arma la S.I.P. è attribuita in costanza di servizio esclusivamente al
Comandante Generale.
Nella determinazione dell’indennità di ausiliaria si devono considerare il trattamento di
quiescenza percepito dal soggetto interessato e quello economico spettante nel tempo al suo pari
grado in servizio nello stesso ruolo e con anzianità corrispondente.
La normativa sull’indennità di ausiliaria (art. 67 della legge 10/04/1954, n.113, come
sostituito dall’art. 44 della legge 19/05/1986, n.224, quest’ultima disposizione interpretata
autenticamente dall’art. 6 – comma 2 – della legge 23/12/1990, n.404) prevede
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l’onnicomprensività del trattamento spettante nel tempo al pari grado in servizio con tutte le
maggiorazioni e le indennità, salvo quelle di carattere personale.
Nella disciplina legislativa in materia di pubblico impiego vige la regola secondo cui il
trattamento economico accessorio del personale dirigenziale non è corrisposto in relazione allo
status, ma è collegato al livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione e ai risultati
conseguiti nell’attività amministrativa e di gestione (art. 24 del D.Lgs. 03/02/1993, n.29, come
sostituito dall’art.16 del D.Lgs. 31/03/1998, n.80).
Sulla base di questa regola, va considerato che:
1. la S.I.P. è esclusivamente collegata all’incarico ricoperto e quindi al servizio
effettivamente espletato;
2. al Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri la S.I.P. è riconosciuta e
computata all’atto del congedo fra le voci da considerare per il calcolo dell’indennità di
ausiliaria;
3. l’indennità di ausiliaria ha una ratio diversa, svolgendo essa la funzione di compenso per
la disponibilità del militare cessato dal servizio ad essere eventualmente richiamato in
qualunque momento (norma anacronistica sotto tutti i profili);
4. la prima bozza dello “schema di regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al
sistema pensionistico del personale comparto difesa”, cosiddetta riforma Fornero,
all’articolo “8” prevedeva l’abrogazione dell’istituto dell’ausiliaria.
La bozza successiva, evidentemente anche grazie all’ “intercessione” dell’allora Ministro
della Difesa Di Paola (vedasi intervista rilasciata durante la trasmissione “in ½ ora”), vede
la cancellazione dell’art. ”8” e pertanto il mantenimento dell’indennità predetta.
L’intervento tempestivo sulla bozza non è stato casuale se si pensa che l’abrogazione
dell’ausiliaria avrebbe certamente escluso il Vice Comandante dell’Arma dalla percezione
della SIP .
Come è potuto accadere tutto ciò, all’insaputa degli organi di controllo? Certo l’allora
Ministro Fornero era molto amata dai Carabinieri, a tal punto che le concedevano la loro
ospitalità presso la foresteria di Casale Renzi del Comando Generale.
Per il restante personale, considerato anche il blocco contrattuale, l’abrogazione di detta
indennità di fatto avrebbe prodotto ripercussioni economiche irrisorie.
5. in regime di blocco del trattamento economico, se l’attuale Comandante dell’Arma dei
CC Gen. C.A. Leonardo Gallitelli non avesse ottenuto la proroga dell’incarico, il suo
successore non avrebbe percepito in servizio, in pensione, nella buonuscita e
nell’ausiliaria, la “miracolosa” SIP, che tiene buoni e al loro posto i pretendenti al trono,
che, ambiziosi più che capaci, alla fine si accontentano di cedere il passo.
6. Vittime di analogo “disagio economico” sarebbero stati anche i Vice Comandanti che
avrebbero assunto tale incarico nel periodo del blocco salariale.
Ecco spiegato perché nessuno dei pretendenti al trono, dopo aver saputo che il Generale
Gallitelli rimaneva in carica, ha elevato urla di dolore dovendo attendere altri due anni per
comandare l’Arma.
Gallitelli, alla fine, facendosi prorogare ha salvato un beneficio da estendere a tutti i
pretendenti. A questo punto bisogna fargli gli applausi. Ha salvato la dignità e l’onore di molti Vice
Comandanti che, poverini, non possono andare in pensione con soli 8.000 euro, vivendo così di
stenti. Con 14.000 euro la vita si presenta meglio.
Vallo a dire ai Carabinieri che con 1.200 euro debbono vivere a Milano, pagare l’affitto di 800
euro e mantenere una famiglia.
5
Monti lo sapeva? Il Ministro della Difesa di Paola lo sapeva? La Fornero, che si è messa a
piangere davanti a tutta l’Italia perché si stavano svuotando le tasche degli Italiani, quelli più
poveri, lo sapeva?
E il Presidente Napolitano sta ancora fermo, oppure dall’alto del Colle, come una volta ha fatto
il Presidente Cossiga che ha cacciato via un Capo di Stato Maggiore dell’Arma, non prende carta e
penna e invita il governo a restituite dignità e credibilità all’Arma?
Al tempo di Cossiga, ero io il Presidente del COCER e invitai il Comandante Generale dell’Arma
dell’epoca ad allontanare l’ufficiale indesiderato. Ci riuscii!
Accadrà oggi ciò che è accaduto ieri?
Non mi illudo!
E l’intero regime politico, che difende l’indifendibile, che va cacciato via!
Palermo 13 giugno 2012
Antonio Pappalardo
Re: sapete cosa è la SIP
Il massimo organo della Corte di Appello ha respinto il ricorso, la cui sentenza è stata depositata in data 03/04/2013.
N.B.: la parte che colpisce di più è questa: "il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio".
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 03/04/2013
Ecco alcuni passaggi di quello che la Corte dei Conti d'Appello precisa:
1) - L’appello è palesemente infondato.
2) - Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
3) - E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
4) - Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
5) - Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
6) - Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
7) - Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
8) - La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
9) - La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
10) - Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
11) - E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
12) - E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Il resto leggetelo qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 2013 PENSIONI 03/04/2013
210/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Ignazio de Marco Presidente
Dott. Angelo De Marco Presidente aggiunto
Dott. Nicola Leone Consigliere
D.ssa Marta Tonolo Consigliere
Dott. Bruno Tridico Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello in materia di pensioni proposto avverso la sentenza n. 342/08 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna dal sig. B. S. B., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Modena,
contro
il Ministero della difesa.
Visto l’atto di appello, iscritto al n. 34677 del registro di segreteria;
Esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, con l’assistenza della segretaria Elisabetta Barrella, il Giudice relatore, dott. Bruno Tridico, l’avv. Modena per l’appellante ed il dott. Michele Grisolia in rappresentanza dell’Amministrazione resistente.
Esposizione del fatto
1. Con la sentenza in epigrafe è stato negato all’odierno appellante, Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri in ausiliaria, la riliquidazione dell’indennità di ausiliaria con la richiesta inclusione, a tali fini, della “speciale indennità pensionabile” (SIP) ex art. 5 comma 3 legge n. 121/81 e art. 11-bis legge n. 472/87.
Il primo Giudice ha basato il suo convincimento sul fatto che trattasi di indennità di funzione e non di grado, spettante quindi in relazione all’effettivo esercizio di determinate funzioni apicali e alle correlate responsabilità e rischi. Non è quindi condivisibile l’assunto dell’automatica estensione del trattamento economico riconosciuto ai pari grado in servizio.
2. Con il proposto gravame, nel premettere che l’appellante ha ottenuto il grado di generale di divisione in s.p.e. “ora per allora”, e quello di Generale di Corpo d’Armata in ausiliaria, a seguito di contenzioso giurisdizionale fondato sul confronto con altro collega, il Gen. N., si insiste nel richiesto allineamento, ai fini pensionistici, con il trattamento economico riconosciuto a tale collega. Precisa che questi, unitamente ad altri colleghi, ha ottenuto il riconoscimento della SIP a seguito della sentenza n. 923/01 della Sezione Lazio, con la quale sarebbe stato riconosciuto detto diritto ad un gruppo di Generali di divisione in spe, tra i quali il Gen. N., collocati in ausiliaria prima della riforma dell’Arma attuata con i d.lgs. nn. 297/00 e 298/00, che hanno previsto la figura del Generale di Corpo d’Armata in spe, prima inesistente. La gravata sentenza sarebbe erronea laddove fa riferimento, ai fini del decidere, a giurisprudenza negativa concernente situazioni diverse, in quanto l’odierno appellante, così come i colleghi destinatari delle favorevoli decisioni della Sezione Lazio menzionate nell’atto d’appello, ha raggiunto il grado di Generale di Corpo d’Armata soltanto “in ausiliaria”, perché cessati dal servizio attivo prima dell’introduzione di detto grado nell’Arma dei Carabinieri, senza comunque ricoprire le funzioni “vicarie” di Vice Comandante Generale. Si sostiene, in buona sostanza, che solo per i Generali di Corpo d’Armata in servizio dopo il 2000 deve sussistere la triplice condizione della parità di grado, ruolo e funzioni delineata dalle Sezioni d’appello della Corte dei conti per l’equiparazione al Comandante generale, situazione impossibile da verificarsi fino al 2000. Nessun Generale, infatti, prima del 2000, poteva rivestire lo stesso grado del Comandante generale, neanche il Vice Comandante Generale, pacificamente destinatario della SIP.
Si contesta, poi, che si tratti di indennità di funzione, sempre alla luce delle sentenze della Sezione Lazio dalla n. 2218/96 alla n. 2228/96 e la n. 923/01, poiché, ai sensi dell’art. 4 legge n. 113/54, ogni diritto in ambito militare è collegato al grado, indipendente dalle funzioni, specie per l’ausiliaria, posto che l’ufficiale non è più in servizio attivo.
Si invoca l’interpretazione autentica recata dall’art. 6, comma 2, legge n. 404/90, ritenendo tassativo l’elenco di cui alla lettera b), recante le voci escluse dall’indennità di ausiliaria, tra le quali non v’è la SIP.
3. Con ulteriore memoria sono state sostanzialmente ribadite le argomentazioni già riportate in domanda introduttiva del presente grado di giudizio.
4. All’odierna udienza, l’avv. Modena ha insistito nel rimarcare la diversità della posizione del Gen. B. S. B. rispetto a quelle oggetto dei giudicati citati nella gravata sentenza, concludendo come da atti scritti. Il rappresentante dell’Amministrazione ha, al contrario, ritenuto conforme a legge la sentenza impugnata, chiedendone la conferma.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello è palesemente infondato.
L’appellante fonda l’atto di gravame essenzialmente sulle argomentazioni poste a base della sentenza n. 923/01, e su altre precedenti, della Sezione giurisdizionale Lazio, che ha riconosciuto l’invocato diritto ad altri Generali versanti nell’identica situazione del ricorrente.
Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
Come chiaramente evidenziato nella sentenza appellata, la speciale indennità pensionabile (SIP) – fu introdotta dalla legge n. 121 del 1981, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione di P.S., il cui art. 5, dopo aver stabilito che al Dipartimento della P.S. è preposto il capo della Polizia-direttore generale della P.S., gli attribuisce una speciale indennità pensionabile “la cui misura è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro”.
Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
Il fatto stesso che la SIP non è determinata in forma fissa ed oggettiva, ma varia in funzione dell’impegno personale che si richiede e della situazione ambientale esistente, potendo essere anche differenziata con riferimento ai singoli destinatari, pone in evidenza ancora di più che è proprio lo svolgimento di una ben determinata funzione che ne giustifica l’erogazione.
La circostanza che l’indennità in questione sia attribuita promiscuamente a funzionari civili e ad ufficiali conferma, poi, che si tratta di una indennità di funzione e non di grado, concessa in relazione all’esercizio effettivo di determinati compiti, ritenuti dal legislatore di particolare rilievo politico-amministrativo, e comportanti specifiche responsabilità ed esposizione a particolari rischi.
La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
La mutata organizzazione dell’Arma dei Carabinieri (d.l.vo n. 297/2000), come detto, non può incidere sull’assetto funzionale della stessa: in concreto, il Comandante generale riveste funzioni tipiche, non rapportabili a quelle degli altri pari grado, ai quali è funzionalmente sovraordinato e rispetto ai quali svolge funzioni, al pari degli altri comandanti e capi di corpi di polizia, di speciale contenuto e rilevanza.
La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, devono e possono essere incluse nell’indennità di ausiliaria solo le indennità connesse, con carattere di generalità, al grado rivestito e non alle funzioni particolari svolte, né, per una diversa interpretazione, appare invocabile l’art. 6 lett. a) della legge n. 404/1990. Tale articolo, invero, nell’interpretare il citato art. 44 della legge n. 224 del 1986 dispone che il trattamento economico spettante al pari grado in servizio va inteso come comprensivo di tutte le maggiorazioni e di tutte le indennità…, e tale trattamento deve essere inteso come comprensivo delle indennità corrisposte ai pari grado, ma non già delle indennità che siano attribuite non per il grado ricoperto, bensì solo per particolari funzioni” (cfr. la sopra richiamata sentenza della Sezione I d’Appello n. 190/2011 e la giurisprudenza ivi richiamata).
E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Per quanto sopra rappresentato, il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la normativa vigente nella soggetta materia, in conformità, peraltro, alla giurisprudenza delle Sezioni centrali di appello e delle Sezioni territoriali.
Ne consegue che l’appello deve essere respinto.
Non luogo a provvedere sulle spese di giustizia, stante il principio di gratuità operante nei giudizi pensionistici.
Le spese legali possono essere compensate, ratione materiae.
Per questi motivi
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RIGETTA
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la gravata sentenza.
Spese compensate.
Nulla per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2013.
L'estensore Il Presidente
F.to Bruno Tridico F.to Ignazio de Marco
Pubblicata mediante deposito in segreteria il giorno 03/04/2013
IL DIRIGENT
F.to Dott. Michele Lorenzelli
N.B.: la parte che colpisce di più è questa: "il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio".
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 03/04/2013
Ecco alcuni passaggi di quello che la Corte dei Conti d'Appello precisa:
1) - L’appello è palesemente infondato.
2) - Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
3) - E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
4) - Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
5) - Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
6) - Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
7) - Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
8) - La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
9) - La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
10) - Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
11) - E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
12) - E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Il resto leggetelo qui sotto.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 210 2013 PENSIONI 03/04/2013
210/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Ignazio de Marco Presidente
Dott. Angelo De Marco Presidente aggiunto
Dott. Nicola Leone Consigliere
D.ssa Marta Tonolo Consigliere
Dott. Bruno Tridico Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello in materia di pensioni proposto avverso la sentenza n. 342/08 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia Romagna dal sig. B. S. B., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Modena,
contro
il Ministero della difesa.
Visto l’atto di appello, iscritto al n. 34677 del registro di segreteria;
Esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, con l’assistenza della segretaria Elisabetta Barrella, il Giudice relatore, dott. Bruno Tridico, l’avv. Modena per l’appellante ed il dott. Michele Grisolia in rappresentanza dell’Amministrazione resistente.
Esposizione del fatto
1. Con la sentenza in epigrafe è stato negato all’odierno appellante, Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri in ausiliaria, la riliquidazione dell’indennità di ausiliaria con la richiesta inclusione, a tali fini, della “speciale indennità pensionabile” (SIP) ex art. 5 comma 3 legge n. 121/81 e art. 11-bis legge n. 472/87.
Il primo Giudice ha basato il suo convincimento sul fatto che trattasi di indennità di funzione e non di grado, spettante quindi in relazione all’effettivo esercizio di determinate funzioni apicali e alle correlate responsabilità e rischi. Non è quindi condivisibile l’assunto dell’automatica estensione del trattamento economico riconosciuto ai pari grado in servizio.
2. Con il proposto gravame, nel premettere che l’appellante ha ottenuto il grado di generale di divisione in s.p.e. “ora per allora”, e quello di Generale di Corpo d’Armata in ausiliaria, a seguito di contenzioso giurisdizionale fondato sul confronto con altro collega, il Gen. N., si insiste nel richiesto allineamento, ai fini pensionistici, con il trattamento economico riconosciuto a tale collega. Precisa che questi, unitamente ad altri colleghi, ha ottenuto il riconoscimento della SIP a seguito della sentenza n. 923/01 della Sezione Lazio, con la quale sarebbe stato riconosciuto detto diritto ad un gruppo di Generali di divisione in spe, tra i quali il Gen. N., collocati in ausiliaria prima della riforma dell’Arma attuata con i d.lgs. nn. 297/00 e 298/00, che hanno previsto la figura del Generale di Corpo d’Armata in spe, prima inesistente. La gravata sentenza sarebbe erronea laddove fa riferimento, ai fini del decidere, a giurisprudenza negativa concernente situazioni diverse, in quanto l’odierno appellante, così come i colleghi destinatari delle favorevoli decisioni della Sezione Lazio menzionate nell’atto d’appello, ha raggiunto il grado di Generale di Corpo d’Armata soltanto “in ausiliaria”, perché cessati dal servizio attivo prima dell’introduzione di detto grado nell’Arma dei Carabinieri, senza comunque ricoprire le funzioni “vicarie” di Vice Comandante Generale. Si sostiene, in buona sostanza, che solo per i Generali di Corpo d’Armata in servizio dopo il 2000 deve sussistere la triplice condizione della parità di grado, ruolo e funzioni delineata dalle Sezioni d’appello della Corte dei conti per l’equiparazione al Comandante generale, situazione impossibile da verificarsi fino al 2000. Nessun Generale, infatti, prima del 2000, poteva rivestire lo stesso grado del Comandante generale, neanche il Vice Comandante Generale, pacificamente destinatario della SIP.
Si contesta, poi, che si tratti di indennità di funzione, sempre alla luce delle sentenze della Sezione Lazio dalla n. 2218/96 alla n. 2228/96 e la n. 923/01, poiché, ai sensi dell’art. 4 legge n. 113/54, ogni diritto in ambito militare è collegato al grado, indipendente dalle funzioni, specie per l’ausiliaria, posto che l’ufficiale non è più in servizio attivo.
Si invoca l’interpretazione autentica recata dall’art. 6, comma 2, legge n. 404/90, ritenendo tassativo l’elenco di cui alla lettera b), recante le voci escluse dall’indennità di ausiliaria, tra le quali non v’è la SIP.
3. Con ulteriore memoria sono state sostanzialmente ribadite le argomentazioni già riportate in domanda introduttiva del presente grado di giudizio.
4. All’odierna udienza, l’avv. Modena ha insistito nel rimarcare la diversità della posizione del Gen. B. S. B. rispetto a quelle oggetto dei giudicati citati nella gravata sentenza, concludendo come da atti scritti. Il rappresentante dell’Amministrazione ha, al contrario, ritenuto conforme a legge la sentenza impugnata, chiedendone la conferma.
La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello è palesemente infondato.
L’appellante fonda l’atto di gravame essenzialmente sulle argomentazioni poste a base della sentenza n. 923/01, e su altre precedenti, della Sezione giurisdizionale Lazio, che ha riconosciuto l’invocato diritto ad altri Generali versanti nell’identica situazione del ricorrente.
Giova quindi sgombrare il campo da un equivoco di fondo: il riconoscimento di un beneficio pensionistico non dovuto, a seguito di una sentenza del Giudice delle pensioni, non ha alcuna efficacia vincolante per questo Collegio, che non è obbligato, in virtù di un malinteso principio di uniformità di trattamento, ad estendere il giudizio ad altri soggetti che versano nell’identica situazione oggetto del precedente giudizio. Pertanto, qualora l’avvenuto riconoscimento del diritto – per effetto di una decisione giurisdizionale passata in giudicato - non sia conforme a legge, ben può questo Giudice disattendere l’interpretazione del quadro normativo posto a fondamento del decidere ed applicare diversi criteri ermeneutici per pervenire ad una decisione conforme a diritto.
E, per venire al caso di specie, la giurisprudenza d’appello di questa Corte dei conti (e, oramai, dopo alcune iniziali incertezze, anche quella di primo grado) ha costantemente negato quanto preteso con l’odierno giudizio, indipendentemente dal fatto che il collocamento in ausiliaria fosse avvenuto prima o dopo la riforma attuata nel 2000 con i decreti delegati richiamati dall’appellante.
Il fatto, richiamato dall’interessato a sostegno della diversità della sua situazione giuridica rispetto a quella oggetto delle sentenze menzionate nella pronuncia di primo grado, che il medesimo non fosse più in servizio allorquando è stato introdotto il grado di Generale di Corpo d’Armata anche per gli ufficiali dell’Arma dei Carabinieri in servizio attivo, e quindi non potesse per egli verificarsi la condizione di equiparazione al Comandante generale, non risulta dirimente ai fini del decidere. Invero, resta comunque assorbente il rilievo della natura dell’indennità in questione.
Come chiaramente evidenziato nella sentenza appellata, la speciale indennità pensionabile (SIP) – fu introdotta dalla legge n. 121 del 1981, recante il nuovo ordinamento dell’Amministrazione di P.S., il cui art. 5, dopo aver stabilito che al Dipartimento della P.S. è preposto il capo della Polizia-direttore generale della P.S., gli attribuisce una speciale indennità pensionabile “la cui misura è stabilita dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro”.
Successivamente l’art. 11 bis del d.l. n. 387/1987, convertito nella legge n. 472/1987, ha esteso la corresponsione di tale indennità al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Direttore Generale per gli Istituti di prevenzione e pena (nella qualità di capo della polizia penitenziaria) e al direttore generale per l’economia montana e le foreste (nella sua qualità di capo della polizia forestale).
Le norme di cui sopra hanno chiaramente individuato il soggetto al quale questa particolare indennità deve essere attribuita: colui che è preposto a capo di un organismo ben definito.
Sulla spettanza della SIP, pertanto, non possono esservi dubbi interpretativi: la stessa è un’indennità di funzione, indissolubilmente legata alla particolare responsabilità di guida di determinate strutture operative; in sostanza è una attribuzione specifica connessa con la funzione esclusiva di direzione e comando degli organismi menzionati (cfr., ex multis, Sezione Prima d’Appello, 6 maggio 2011, n. 190 e giurisprudenza ivi richiamata).
Il fatto stesso che la SIP non è determinata in forma fissa ed oggettiva, ma varia in funzione dell’impegno personale che si richiede e della situazione ambientale esistente, potendo essere anche differenziata con riferimento ai singoli destinatari, pone in evidenza ancora di più che è proprio lo svolgimento di una ben determinata funzione che ne giustifica l’erogazione.
La circostanza che l’indennità in questione sia attribuita promiscuamente a funzionari civili e ad ufficiali conferma, poi, che si tratta di una indennità di funzione e non di grado, concessa in relazione all’esercizio effettivo di determinati compiti, ritenuti dal legislatore di particolare rilievo politico-amministrativo, e comportanti specifiche responsabilità ed esposizione a particolari rischi.
La SIP, pertanto, per espressa disposizione di legge, non può essere attribuita a tutti i generali di Corpo d’Armata, per il solo fatto di essere in possesso dello stesso grado militare; le promiscue qualifiche rivestite dai soggetti titolari della speciale indennità evidenzia, invece, che essa è attribuita “ratione ufficio et materia” e non in relazione al grado militare o alla qualifica (civile) rivestita; diversamente argomentando, cioè accogliendo la tesi degli appellanti, tutti coloro che hanno lo stesso grado militare (generale di corpo d’armata) e la stessa qualifica funzionale (prefetti di prima classe, direttori generali, capi dipartimento) avrebbero diritto all’indennità di cui si argomenta.
La mutata organizzazione dell’Arma dei Carabinieri (d.l.vo n. 297/2000), come detto, non può incidere sull’assetto funzionale della stessa: in concreto, il Comandante generale riveste funzioni tipiche, non rapportabili a quelle degli altri pari grado, ai quali è funzionalmente sovraordinato e rispetto ai quali svolge funzioni, al pari degli altri comandanti e capi di corpi di polizia, di speciale contenuto e rilevanza.
La SIP, pertanto, essendo prevista soltanto per il Comandante generale per lo speciale incarico ricoperto e non per il grado di Generale di Corpo d’Armata non entra a far parte del “trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio nello stesso ruolo”, ai sensi dell’art. 67 della legge n. 113/1954, come interpretato dall’art. 6 secondo comma della legge n. 404/1990.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza (cfr. sentenze nn. 373/2004 della Sezione II Appello e 190/2011 della Sezione I Appello), infatti, l’indennità di ausiliaria ha il solo fine di “assicurare, nel periodo nel quale si cessa dal servizio permanente e si viene collocati nella categoria del congedo ma con residui obblighi (art. 55 legge n. 113/1954), un trattamento economico che si approssima a quello di attività”.
E’ certamente da escludere, quindi, che la stessa possa essere utilizzata per garantire un trattamento economico complessivamente superiore sia a quello dei “pari grado” ancora in servizio, che a quello che lo stesso interessato avrebbe percepito se fosse rimasto in servizio permanente; circostanza che si verificherebbe qualora fosse incluso nel calcolo anche l’80% di un’indennità (la S.I.P) di rilevantissimo importo che, come si è detto, spetta solo a chi è investito di una specifica funzione apicale.
Come ribadito più volte dalla giurisprudenza di questa Corte, devono e possono essere incluse nell’indennità di ausiliaria solo le indennità connesse, con carattere di generalità, al grado rivestito e non alle funzioni particolari svolte, né, per una diversa interpretazione, appare invocabile l’art. 6 lett. a) della legge n. 404/1990. Tale articolo, invero, nell’interpretare il citato art. 44 della legge n. 224 del 1986 dispone che il trattamento economico spettante al pari grado in servizio va inteso come comprensivo di tutte le maggiorazioni e di tutte le indennità…, e tale trattamento deve essere inteso come comprensivo delle indennità corrisposte ai pari grado, ma non già delle indennità che siano attribuite non per il grado ricoperto, bensì solo per particolari funzioni” (cfr. la sopra richiamata sentenza della Sezione I d’Appello n. 190/2011 e la giurisprudenza ivi richiamata).
E, riguardo alla non inclusione della s.i.p. nell’elenco tassativo di cui all’art. 6, lettera b), come già osservato nella gravata sentenza, ciò dipende dalla sua specialità e/o esclusività, riferita a soggetti che svolgono particolari e determinati incarichi. La S.I.P. è, dunque, una tipica indennità “ad personam” (Sezione I d’Appello n. 44 e n. 49 del 2007).
Per quanto sopra rappresentato, il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la normativa vigente nella soggetta materia, in conformità, peraltro, alla giurisprudenza delle Sezioni centrali di appello e delle Sezioni territoriali.
Ne consegue che l’appello deve essere respinto.
Non luogo a provvedere sulle spese di giustizia, stante il principio di gratuità operante nei giudizi pensionistici.
Le spese legali possono essere compensate, ratione materiae.
Per questi motivi
La Corte dei conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello
definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette,
RIGETTA
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, conferma la gravata sentenza.
Spese compensate.
Nulla per le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2013.
L'estensore Il Presidente
F.to Bruno Tridico F.to Ignazio de Marco
Pubblicata mediante deposito in segreteria il giorno 03/04/2013
IL DIRIGENT
F.to Dott. Michele Lorenzelli
Re: sapete cosa è la SIP
1) - L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
2) - Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Il resto leggetelo qui sotto.
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LAZIO SENTENZA 744 04/11/2013
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 744 2013 PENSIONI 04/11/2013
Sent 744/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
rappresentata ai sensi dell'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 dal cons. dr.A. LUPI , assistito dal segretario d’udienza dott. Marco Olivieri, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n. 72377/PM, sul ricorso prodotto da T. M. rappresentato e difeso dall'avvocato Matilde De Paola e dall'avvocato Sandro Picciolini con i quali è elettivamente domiciliato presso lo studio della prima, in Roma, alla via Mercati, 42,
CONTRO
Il Ministero della difesa
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa.
FATTO
Con il presente ricorso, il signor T. lamenta il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile di cui all'art. 5 della legge 121/1981, in quanto dichiara aver svolto la funzione vicaria di capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 9 ottobre 2010 al 27 luglio 2011 e, perciò di avere diritto alla corresponsione della SIP ai sensi dell' art. 1818 del dlgs 66/2006 (Codice dell'Ordinamento Militare)
Si è costituito il Ministero della Difesa che ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza le parti non sono comparse.
D I R I T T O
Il ricorso è infondato.
In disparte il fatto che dallo stato di servizio dell'Ammiraglio T. non risulta né l'attribuzione né lo svolgimento della funzione vicaria di Capo dello Stato Maggiore della Marina Militare, il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile, di cui all'art. 1818 del Codice dell'Ordinamento Militare, deriva dalla stessa legge.
L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Sulla base delle argomentazioni riferite il ricorso prodotto dal sig. T. va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio , in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
R I G E T T A
il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
Così deciso, in Roma, il 25 ottobre 2013.
IL GIUDICE
f.to Andrea Lupi
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 04/11/2013
P. Il Direttore
f.to Domenica LAGANA’
2) - Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Il resto leggetelo qui sotto.
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LAZIO SENTENZA 744 04/11/2013
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 744 2013 PENSIONI 04/11/2013
Sent 744/2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
rappresentata ai sensi dell'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 dal cons. dr.A. LUPI , assistito dal segretario d’udienza dott. Marco Olivieri, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio n. 72377/PM, sul ricorso prodotto da T. M. rappresentato e difeso dall'avvocato Matilde De Paola e dall'avvocato Sandro Picciolini con i quali è elettivamente domiciliato presso lo studio della prima, in Roma, alla via Mercati, 42,
CONTRO
Il Ministero della difesa
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa.
FATTO
Con il presente ricorso, il signor T. lamenta il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile di cui all'art. 5 della legge 121/1981, in quanto dichiara aver svolto la funzione vicaria di capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 9 ottobre 2010 al 27 luglio 2011 e, perciò di avere diritto alla corresponsione della SIP ai sensi dell' art. 1818 del dlgs 66/2006 (Codice dell'Ordinamento Militare)
Si è costituito il Ministero della Difesa che ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’odierna udienza le parti non sono comparse.
D I R I T T O
Il ricorso è infondato.
In disparte il fatto che dallo stato di servizio dell'Ammiraglio T. non risulta né l'attribuzione né lo svolgimento della funzione vicaria di Capo dello Stato Maggiore della Marina Militare, il mancato riconoscimento della speciale indennità pensionabile, di cui all'art. 1818 del Codice dell'Ordinamento Militare, deriva dalla stessa legge.
L'art. 1094 del Codice, infatti, tassativamente dispone che la speciale indennità spetti ai soli Ufficiali Generali nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa o di Forza Armata, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Segretario Generale del Ministero della Difesa.
Nessuna disposizione prevede il riconoscimento dell'indennità anche a chi abbia svolto la funzione vicaria di Capo di Stato Maggiore. Nè, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, risulta che altri soggetti, oltre a quelli indicati dalla legge, percepiscano la predetta indennità.
Sulla base delle argomentazioni riferite il ricorso prodotto dal sig. T. va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio , in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
R I G E T T A
il ricorso in epigrafe. Spese compensate.
Così deciso, in Roma, il 25 ottobre 2013.
IL GIUDICE
f.to Andrea Lupi
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 04/11/2013
P. Il Direttore
f.to Domenica LAGANA’
Re: sapete cosa è la SIP
Il dialogo si assomiglia.
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speciale indennità di cui all’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997.
carica di Capo di Stato Maggiore (dell’Aeronautica oppure della Marina).
Il resto leggetelo qui sotto.
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22/01/2014 201400803 Sentenza 1B
N. 00803/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02063/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2063 del 2004, proposto da:
A. M., F. A. e G. U., rappresentati e difesi dagli avv.ti OMISSIS, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via G. Ferrari n. 4;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti;
per l'annullamento del DPCM in data 12 marzo 2001 recante attribuzione dell'indennità di cui all'art.65, comma 4, del decreto legislativo n.490/97.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti hanno tutti ricoperto, per un periodo particolare delle loro rispettive carriere, la carica di Capo di Stato Maggiore (dell’Aeronautica oppure della Marina).
Sorgeva dunque il diritto a percepire la speciale indennità di cui all’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997.
In attuazione di tale disposizione veniva adottato il DPCM 12 marzo 2001 con il quale tale indennità veniva fissata al 60% del trattamento stipendiale previsto per i dirigenti generali dello Stato.
Tale DPCM veniva impugnato per due motivi in particolare:
a) violazione dell’art. 71 del decreto legislativo n. 490 del 1997 in quanto la decorrenza delle disposizioni in esso previste, ivi ricompreso l’art. 65 citato, sarebbe fissata al 1° gennaio 1998, laddove il DPCM impugnato ha stabilito tale decorrenza a partire dal 1° gennaio 2000;
b) violazione del citato art. 65 in quanto l’amministrazione non avrebbe preso in considerazione, a tal fine, l’indennità stabilita per il Capo della Polizia a norma della legge n. 121 del 1981. E ciò in quanto l’art. 65 cit. farebbe riferimento alle massime cariche della PA, nel cui novero non potrebbe non essere ricompreso anche il suddetto Capo della Polizia.
Alla pubblica udienza del 26 novembre 2013 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso si ritiene di affrontare innanzitutto il motivo sub b).
Si riporta per comodità espositiva il testo dell’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997, di cui si controverte in questa sede:
“Agli ufficiali generali o ammiragli di cui al comma 4 dell'articolo 37 è attribuita una speciale indennità commisurata a quella definita per le massime cariche della Pubblica Amministrazione in attuazione di quanto disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59. La speciale indennità è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
La disposizione, di contenuto assai vago e generico, conferisce all’amministrazione una amplissima discrezionalità quanto all’individuazione dei presupposti (ossia dei parametri di riferimento cui riallacciarsi per stabilire l’emolumento in questione) nonché in relazione alla quantificazione di tale indennità, dato che si utilizza un termine, quello di “commisurata”, che non significa “equiparare” ma soltanto “proporzionare” o prendere comunque a riferimento.
Dalla natura ampiamente discrezionale del potere esercitato discende la tendenziale non sindacabilità del connesso atto applicativo, salvo non si sia in presenza di un palese travisamento dei fatti o di una evidente erroneità dei presupposti, nonché di una valutazione manifestamente illogica o contraddittoria.
Ebbene di questo tipo di incongruenze parte ricorrente non è stata in grado di fornire una decisiva dimostrazione, essendosi la stessa limitata ad affermare che qualche settimana prima era stata aggiornata, con DPCM in data 14 febbraio 2001, l’indennità conferita al Capo della Polizia in attuazione della legge n. 121 del 1981; normativa questa che riguarda per l’appunto il nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e che, nella prospettiva evidenziata nell’atto di gravame, avrebbe dovuto costituire valido parametro di riferimento anche ai fini della determinazione della speciale indennità di cui in questa sede si discute.
Nella sostanza parte ricorrente invoca la applicazione del richiamato DPCM 14 febbraio 2001 e dunque, per stretta derivazione, dell’art. 5, terzo comma, della legge n. 121 del 1981.
Tale disposizione prevede, in particolare, che “Al capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza è attribuita una speciale indennità pensionabile, la cui misura è stabilita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro. Con le medesime modalità si provvede per il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, per il Comandante generale della Guardia di finanza, per il Direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e per il Direttore generale per l'economia montana e per le foreste”.
Trattandosi di norma che va ad incidere significativamente sugli emolumenti di coloro che ricoprono posizioni apicali nello Stato, con importanti conseguenze sul bilancio dello Stato e dunque sul rispetto degli impegni intrapresi a livello comunitario, essa deve essere tuttavia suscettiva di stretta interpretazione ed applicazione: e ciò anche in linea con le più recenti tendenze legislative in cui ci si pone quale obiettivo centrale quello di contenere il più possibile trattamenti economici di questo tipo.
Ne deriva da quanto detto che l’ambito applicativo della disposizione da ultimo citata (art. 5 legge n. 121 del 1981), ivi ricompresi i provvedimenti attuativi (tra cui anche il DPCM in data 14 febbraio 2001 che parte ricorrente invoca quale parametro di riferimento cui commisurare anche l’indennità degli odierni ricorrenti), va necessariamente ed unicamente circoscritto ai soggetti ivi espressamente contemplati (dunque, oltre al Capo della Polizia, anche ai vertici di Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale e Istituti penitenziari), senza alcuna possibilità di estendere i medesimi benefici, o meglio la misura di detti benefici, ad altri soggetti e tra questi anche la figura di Capo di Stato Maggiore ricoperta per un certo periodo dagli odierni ricorrenti.
A ciò si aggiunga che, sulla base di una semplice lettura dello stesso art. 65, emerge ictu oculi come siffatta disposizione operi un quanto mai espresso collegamento tra il concetto di massime cariche della PA (categoria dalla quale non possono certamente ritenersi estranei i dirigenti generali dello Stato, data anche la particolare qualificazione e valorizzazione da ultimo loro attribuita mediante gli interventi di riforma della PA che si sono succeduti durante tutti gli anni ’90) e la legge n. 59 del 1997, la quale ha avuto a suo precipuo fondamento proprio la riforma della dirigenza statale. Con ogni conseguenza in termini di coerenza delle opzioni vagliate al riguardo con il provvedimento impugnato.
Di qui la correttezza dell’operato della PA nella parte in cui ha ritenuto di commisurare siffatta indennità al trattamento economico riservato ai dirigenti generali dello Stato.
Quanto invece al motivo sub a) il collegio ritiene di condividere la tesi di parte ricorrente, atteso che l’art. 71 del decreto legislativo n. 490 del 1997, in senso inequivoco, fa scattare la decorrenza delle disposizioni in esso previste, e tra queste anche quella di cui al citato art. 56, dal 1° gennaio 1998.
Di qui l’illegittima previsione del DPCM impugnato in questa sede nella parte in cui fissa la decorrenza della contestata indennità a fare data dal 1° gennaio 2000.
Con l’unica precisazione che l’amministrazione, nel provvedere alla rideterminazione dell’indennità per il periodo non illegittimamente considerato, dovrà tenere necessariamente conto degli emolumenti di cui la categoria presa a riferimento (dirigenti generali dello Stato) effettivamente godeva alla data del 1° gennaio 1998. Precisazione questa che il collegio ritiene vieppiù necessaria ove soltanto si consideri che la somma considerata quale “parametro di riferimento oggettivo” era stata a sua volta fissata con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1° luglio 1999, dunque in un periodo chiaramente successivo a quello del 1° gennaio 1998.
In conclusione il ricorso deve essere in parte rigettato ed in parte accolto, per le ragioni sopra evidenziate.
Ritiene infine il collegio di non doversi esprimere sul regime delle spese, stante la mancata costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie, in parte lo rigetta, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Massimo Santini, Primo Referendario, Estensore
Maria Barbara Cavallo, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2014
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speciale indennità di cui all’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997.
carica di Capo di Stato Maggiore (dell’Aeronautica oppure della Marina).
Il resto leggetelo qui sotto.
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22/01/2014 201400803 Sentenza 1B
N. 00803/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02063/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2063 del 2004, proposto da:
A. M., F. A. e G. U., rappresentati e difesi dagli avv.ti OMISSIS, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via G. Ferrari n. 4;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti;
per l'annullamento del DPCM in data 12 marzo 2001 recante attribuzione dell'indennità di cui all'art.65, comma 4, del decreto legislativo n.490/97.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti hanno tutti ricoperto, per un periodo particolare delle loro rispettive carriere, la carica di Capo di Stato Maggiore (dell’Aeronautica oppure della Marina).
Sorgeva dunque il diritto a percepire la speciale indennità di cui all’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997.
In attuazione di tale disposizione veniva adottato il DPCM 12 marzo 2001 con il quale tale indennità veniva fissata al 60% del trattamento stipendiale previsto per i dirigenti generali dello Stato.
Tale DPCM veniva impugnato per due motivi in particolare:
a) violazione dell’art. 71 del decreto legislativo n. 490 del 1997 in quanto la decorrenza delle disposizioni in esso previste, ivi ricompreso l’art. 65 citato, sarebbe fissata al 1° gennaio 1998, laddove il DPCM impugnato ha stabilito tale decorrenza a partire dal 1° gennaio 2000;
b) violazione del citato art. 65 in quanto l’amministrazione non avrebbe preso in considerazione, a tal fine, l’indennità stabilita per il Capo della Polizia a norma della legge n. 121 del 1981. E ciò in quanto l’art. 65 cit. farebbe riferimento alle massime cariche della PA, nel cui novero non potrebbe non essere ricompreso anche il suddetto Capo della Polizia.
Alla pubblica udienza del 26 novembre 2013 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso si ritiene di affrontare innanzitutto il motivo sub b).
Si riporta per comodità espositiva il testo dell’art. 65, comma 4, del decreto legislativo n. 490 del 1997, di cui si controverte in questa sede:
“Agli ufficiali generali o ammiragli di cui al comma 4 dell'articolo 37 è attribuita una speciale indennità commisurata a quella definita per le massime cariche della Pubblica Amministrazione in attuazione di quanto disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59. La speciale indennità è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
La disposizione, di contenuto assai vago e generico, conferisce all’amministrazione una amplissima discrezionalità quanto all’individuazione dei presupposti (ossia dei parametri di riferimento cui riallacciarsi per stabilire l’emolumento in questione) nonché in relazione alla quantificazione di tale indennità, dato che si utilizza un termine, quello di “commisurata”, che non significa “equiparare” ma soltanto “proporzionare” o prendere comunque a riferimento.
Dalla natura ampiamente discrezionale del potere esercitato discende la tendenziale non sindacabilità del connesso atto applicativo, salvo non si sia in presenza di un palese travisamento dei fatti o di una evidente erroneità dei presupposti, nonché di una valutazione manifestamente illogica o contraddittoria.
Ebbene di questo tipo di incongruenze parte ricorrente non è stata in grado di fornire una decisiva dimostrazione, essendosi la stessa limitata ad affermare che qualche settimana prima era stata aggiornata, con DPCM in data 14 febbraio 2001, l’indennità conferita al Capo della Polizia in attuazione della legge n. 121 del 1981; normativa questa che riguarda per l’appunto il nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e che, nella prospettiva evidenziata nell’atto di gravame, avrebbe dovuto costituire valido parametro di riferimento anche ai fini della determinazione della speciale indennità di cui in questa sede si discute.
Nella sostanza parte ricorrente invoca la applicazione del richiamato DPCM 14 febbraio 2001 e dunque, per stretta derivazione, dell’art. 5, terzo comma, della legge n. 121 del 1981.
Tale disposizione prevede, in particolare, che “Al capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza è attribuita una speciale indennità pensionabile, la cui misura è stabilita dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro. Con le medesime modalità si provvede per il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, per il Comandante generale della Guardia di finanza, per il Direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e per il Direttore generale per l'economia montana e per le foreste”.
Trattandosi di norma che va ad incidere significativamente sugli emolumenti di coloro che ricoprono posizioni apicali nello Stato, con importanti conseguenze sul bilancio dello Stato e dunque sul rispetto degli impegni intrapresi a livello comunitario, essa deve essere tuttavia suscettiva di stretta interpretazione ed applicazione: e ciò anche in linea con le più recenti tendenze legislative in cui ci si pone quale obiettivo centrale quello di contenere il più possibile trattamenti economici di questo tipo.
Ne deriva da quanto detto che l’ambito applicativo della disposizione da ultimo citata (art. 5 legge n. 121 del 1981), ivi ricompresi i provvedimenti attuativi (tra cui anche il DPCM in data 14 febbraio 2001 che parte ricorrente invoca quale parametro di riferimento cui commisurare anche l’indennità degli odierni ricorrenti), va necessariamente ed unicamente circoscritto ai soggetti ivi espressamente contemplati (dunque, oltre al Capo della Polizia, anche ai vertici di Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale e Istituti penitenziari), senza alcuna possibilità di estendere i medesimi benefici, o meglio la misura di detti benefici, ad altri soggetti e tra questi anche la figura di Capo di Stato Maggiore ricoperta per un certo periodo dagli odierni ricorrenti.
A ciò si aggiunga che, sulla base di una semplice lettura dello stesso art. 65, emerge ictu oculi come siffatta disposizione operi un quanto mai espresso collegamento tra il concetto di massime cariche della PA (categoria dalla quale non possono certamente ritenersi estranei i dirigenti generali dello Stato, data anche la particolare qualificazione e valorizzazione da ultimo loro attribuita mediante gli interventi di riforma della PA che si sono succeduti durante tutti gli anni ’90) e la legge n. 59 del 1997, la quale ha avuto a suo precipuo fondamento proprio la riforma della dirigenza statale. Con ogni conseguenza in termini di coerenza delle opzioni vagliate al riguardo con il provvedimento impugnato.
Di qui la correttezza dell’operato della PA nella parte in cui ha ritenuto di commisurare siffatta indennità al trattamento economico riservato ai dirigenti generali dello Stato.
Quanto invece al motivo sub a) il collegio ritiene di condividere la tesi di parte ricorrente, atteso che l’art. 71 del decreto legislativo n. 490 del 1997, in senso inequivoco, fa scattare la decorrenza delle disposizioni in esso previste, e tra queste anche quella di cui al citato art. 56, dal 1° gennaio 1998.
Di qui l’illegittima previsione del DPCM impugnato in questa sede nella parte in cui fissa la decorrenza della contestata indennità a fare data dal 1° gennaio 2000.
Con l’unica precisazione che l’amministrazione, nel provvedere alla rideterminazione dell’indennità per il periodo non illegittimamente considerato, dovrà tenere necessariamente conto degli emolumenti di cui la categoria presa a riferimento (dirigenti generali dello Stato) effettivamente godeva alla data del 1° gennaio 1998. Precisazione questa che il collegio ritiene vieppiù necessaria ove soltanto si consideri che la somma considerata quale “parametro di riferimento oggettivo” era stata a sua volta fissata con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri in data 1° luglio 1999, dunque in un periodo chiaramente successivo a quello del 1° gennaio 1998.
In conclusione il ricorso deve essere in parte rigettato ed in parte accolto, per le ragioni sopra evidenziate.
Ritiene infine il collegio di non doversi esprimere sul regime delle spese, stante la mancata costituzione in giudizio delle intimate amministrazioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie, in parte lo rigetta, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Massimo Santini, Primo Referendario, Estensore
Maria Barbara Cavallo, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2014
Re: sapete cosa è la SIP
Caro collega la domanda dovresti porla al Comandante dell'Arma dei CC. e soprattutto ai Vice Comandanti dell'Arma che sono stati sostituiti velocemente in questi ultimi anni al Comandante per accaparrarsi soldoni in pensione. Mentre alla truppa gli tirano la cinghia e non solo.............
L'armaiolo non deve chiedere ma deve solo ubbidire e subire vessazioni e angherie.
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Re: sapete cosa è la SIP
Messaggio da giuseppesa »
beh facevano i moralisti con noi e poi sono i primi che ambiscono alla carica di vice comandante, c'e' stato un periodo che cambiavano un vice ogni due tre mesi
La Casta
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Re: sapete cosa è la SIP
Messaggio da Filippogianni »
Società telefonica italians ( Sip) bei tempi Ahahah
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