I ricorrenti, tutti sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri in s.p.e..-
Rircorso respinto.
I motivi potete leggerli qui sotto.
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21/03/2013 201302904 Sentenza 1B
N. 02904/2013 REG.PROV.COLL.
N. 08883/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8883 del 2003, proposto da:
OMISSIS ( congruo nr. di ricorrenti), rappresentati e difesi dagli avv. Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via G. Ferrari, 4;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Generale Arma dei Carabinieri;
per
il riconoscimento del diritto a percepire sulle indennità accessorie le maggiorazioni previste dall'art. 5 co. 2 d.p.r. n. 394/95
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2012 il dott. Domenico Landi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 18 luglio 2003, depositato nei termini, il Sig. D. L. G. e gli altri ricorrenti meglio specificati in epigrafe hanno proposto ricorso per l’accertamento e la declaratoria del loro diritto patrimoniale all’applicazione, sulle indennità di imbarco, di aeronavigazione o di volo rispettivamente percepite, delle maggiorazioni previste dall’art. 5, secondo comma, del D.P.R. n. 394 del 1995 e successive integrazioni, e per la condanna dell’Amministrazione al pagamento degli importi dovuti al titolo sopraindicato dal 1 dicembre 1995, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
I ricorrenti, tutti sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri in s.p.e., sostengono che l’art. 5, secondo comma, del D.P.R.. n. 394/95 non può essere interpretato nel modo in cui pretende l’amministrazione ma deve invece intendersi – attesa la formulazione del disposto, che non consente una interpretazione restrittiva del beneficio – nel senso che le maggiorazioni delle indennità di impiego operativo spettano non solo a chi abbia prestato, ma anche a chi presti servizio, e mentre lo presta, nelle condizioni che danno titolo alla percezione di dette indennità.
Il ricorso si appalesa infondato.
Recita l’art. 5, comma secondo, D.P.R. 394/1995: “Per il personale che anche anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto abbia prestato servizio nelle condizioni di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6, primo, secondo e terzo comma, e 7 della legge 23 marzo 1983, n. 78, le misure di cui alla tabella riportata al comma 1 del presente articolo, sono maggiorate, per ogni anno di servizio effettivo prestato con percezione delle relative indennità e per un periodo massimo complessivo di 20 anni, secondo le percentuali indicate nella tabella VI annessa alla legge 23 marzo 1983, n. 78”.
Osserva il Collegio che la questione posta dai ricorrenti ha già formato oggetto di esame da parte della giurisprudenza secondo cui la materia del contendere deve ritenersi ormai definita a seguito dell’entrata in vigore della legge 24 dicembre 2003 n. 350. Quest’ultima, all’art. 3, comma 72, ha offerto l’interpretazione autentica del cit. art. 5, comma 2, D.P.R. n. 394 del 1995, affermando che le maggiorazioni da detta norma previste spettano solo al personale percettore dell’indennità operativa di base di cui alla tabella riportata al comma 1 del medesimo art. 5, e successive modificazioni.
Orbene, gli odierni ricorrenti, non avendo mai percepito l’indennità operativa di base e non avendo comunque titolo alcuno a percepirla, ma essendo percettori di indennità diverse non possono considerarsi legittimati a pretendere le maggiorazioni introdotte dal cit. art. 5, comma 2, per la sola indennità operativa di base.
In questo senso – secondo interpretazione condivisa da questo Collegio – ha concluso anche il Consiglio di Stato, Sez. III, 8 marzo 2005 n. 9873/04, con espresso richiamo all’interpretazione che del citato art. 5, comma 2, D.P.R. n. 394 del 1995 ha offerto il legislatore del 2003 (Cons. Stato, IV Sez., 16 marzo 2004 n. 1349, 20 aprile 2004 n. 2179 e 30 dicembre 2006, n. 8235; in termini v. anche Cons. Stato, III Sez., 16 novembre 2004, n. 4985 e 5 luglio 2005 n. 2257; C.si. 26 luglio 2006 n. 449; T.A.R. Puglia, Bari, I sez., 23 luglio 2004, n. 3353).
In definitiva, dalla lettura coordinata delle norme passate in rassegna si può inferire che le maggiorazioni richieste dai ricorrenti spettano esclusivamente a quanti ricevono l’indennità di impiego operativo di base e che tale complessivo trattamento indennitario è alternativo alla corresponsione delle indennità operative spettanti per i servizi di cui agli artt. 3, 4, 5, 6 (commi 1, 2 e 3) e 7 della legge n. 78/1983 con esclusione, pertanto di ogni possibilità di cumulo. Ed invero, l’indennità operativa di base maggiorata assolve ad una funzione meramente perequativa in favore di coloro che, avendo prestato in passato servizi che comportano l’attribuzione di una indennità speciale, superiore a quella operativa di base, (i servizi di cui agli articoli 3, 4, 5, 6 e 7 della legge 78/83), ritornando a percepire solo quella di base, perderebbero parte dei loro emolumenti. La maggiorazione di cui al comma 2, essendo attribuita in relazione agli anni di servizio prestati in impieghi particolari (fino a 20 anni), può, peraltro, complessivamente essere maggiore della nuova indennità speciale spettante, il che comporta l’operatività del secondo meccanismo perequativo, consistente nella possibilità di optare per il suo mantenimento.
Per quanto sin qui argomentato, i ricorrenti non possono ritenersi legittimati a pretendere le maggiorazioni introdotte dal cit. art. 5, comma 2, per la sola indennità operativa di base (cfr. C.d.S., Sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2223).
Il ricorso, pertanto,deve essere respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla refusione delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/03/2013
Indennità di cui all’art 5 D.P.R. 394/1995
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