Telefono di "servizio"
Telefono di "servizio"
Salute a tutti, vorrei porvi un quesito, voi come avete fatto (ovviamente chi ce l'ha) per il numero 331... di "servizio"? il mio comando mi ha fatto compilare un modulo estrapolato dal portale, nella sezione della convenzione con Telecom (io pensavo che era Tim ed invece è Telecom), ho riempito il modulo che è chiamato subentro dicendo al gestore che volevo tenere tale numero ma passarlo a prepagato, questo l'ho fatto il 24 luglio 2012, il nemero dove ho inviato il fax è quello che c'è nel portale; il 6 ottobre non avendo avuto nessuna notizia chiamavo il 191 e parlavo con un operatore che mi invitava a fare un altro fax ad un altro numero e precisamente 800000288 inviandogli una lettera che in sostanza c'era scritto la stessa cosa che avevo scritto sul primo fax, specificando che dal mese di novembre p.v. non avrebbero più trovato il mio stipendio perchè mi verrà pagata la pensione dall'inps-inpdap, voi come avete fatto? se è giusto quello che ho fatto dopo quanto tempo si fanno vivi questi di Telecom o Tim? che prezzo pagherò da quando sono stato congedato a quando non faranno il passaggio a prepagato? grazie delle risposte, ciao, Nino.
Re: Telefono di "servizio"
Tassa concessione governativa, Codacons chiede rimborso di 273 mln di euro pagati in 3 anni
Una tassa illegittima, oltre che anacronistica, di cui il Codacons chiede il risarcimento. Ammonta a 91 milioni di euro la cifra che ogni anno gli utenti con abbonamento al cellulare pagano ingiustamente per la tassa di concessione governativa. Un assurdo balzello che le compagnie telefoniche continuano a far pagare nonostante diverse sentenze abbiamo affermato la sua illegittimità.
Le più recenti sono quelle delle Commissioni Tributarie Regionali del Veneto e di Perugia che hanno riconosciuto l’illegittimità della tassa in un mercato ormai liberalizzato. La tassa, che ha un importo di 5,16 euro al mese per i privati cittadini e di 12,91 euro per le aziende, originariamente era a carico delle società telefoniche, che dovevano pagare una concessione per utilizzare le frequenze. Il Governo successivamente ha stabilito che a pagarla dovessero essere i titolari di un contratto di abbonamento al cellulare, in quanto questo veniva considerato “bene di lusso”.
Ma il Codice delle Telecomunicazioni, introdotto nel 2003 in attuazione di direttive europee di liberalizzazione del mercato, ha espressamente abrogato alcuni presupposti del quadro normativo precedente, tra cui proprio quelli su cui si basava la tassa di concessione governativa. L’art. 3 del Codice, infatti, garantisce “i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche”. Un’impostazione che si pone in netto contrasto con quella precedente del Codice postale che, per l’utilizzo di apparecchi in grado di accedere alle reti di comunicazione, richiedeva una preventiva autorizzazione sotto forma di “licenza”.
Il nuovo Codice ha abolito ogni concessione o autorizzazione, in un processo di privatizzazione del settore delle comunicazioni elettroniche che “ha avuto come principale conseguenza il passaggio dalla concessione al contratto, cioè uno strumento di diritto privato il quale presuppone una posizione di parità tra i contraenti” (Commissione Tributaria Regionale di Venezia – Mestre, Sez. I n. 5/1/11 depositata il 10 gennaio 2011). Il legislatore ha quindi sottratto alla proprietà esclusiva dello Stato la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, rinunciando così al sistema concessorio delle telecomunicazioni che costituiva il presupposto giuridico per la legittima tassazione degli atti amministrativi autorizzatori.
Secondo il Codacons ammonta a 273 milioni di euro il “balzello” pagato ingiustamente negli ultimi 3 anni dagli utenti della telefonia mobile. L’Associazione chiede il rimborso con un’azione legale cui possono aderire tutti i titolari di abbonamenti per la telefonia mobile seguendo le istruzioni riportate sul sito http://www.codacons.it" onclick="window.open(this.href);return false;
Una tassa illegittima, oltre che anacronistica, di cui il Codacons chiede il risarcimento. Ammonta a 91 milioni di euro la cifra che ogni anno gli utenti con abbonamento al cellulare pagano ingiustamente per la tassa di concessione governativa. Un assurdo balzello che le compagnie telefoniche continuano a far pagare nonostante diverse sentenze abbiamo affermato la sua illegittimità.
Le più recenti sono quelle delle Commissioni Tributarie Regionali del Veneto e di Perugia che hanno riconosciuto l’illegittimità della tassa in un mercato ormai liberalizzato. La tassa, che ha un importo di 5,16 euro al mese per i privati cittadini e di 12,91 euro per le aziende, originariamente era a carico delle società telefoniche, che dovevano pagare una concessione per utilizzare le frequenze. Il Governo successivamente ha stabilito che a pagarla dovessero essere i titolari di un contratto di abbonamento al cellulare, in quanto questo veniva considerato “bene di lusso”.
Ma il Codice delle Telecomunicazioni, introdotto nel 2003 in attuazione di direttive europee di liberalizzazione del mercato, ha espressamente abrogato alcuni presupposti del quadro normativo precedente, tra cui proprio quelli su cui si basava la tassa di concessione governativa. L’art. 3 del Codice, infatti, garantisce “i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche”. Un’impostazione che si pone in netto contrasto con quella precedente del Codice postale che, per l’utilizzo di apparecchi in grado di accedere alle reti di comunicazione, richiedeva una preventiva autorizzazione sotto forma di “licenza”.
Il nuovo Codice ha abolito ogni concessione o autorizzazione, in un processo di privatizzazione del settore delle comunicazioni elettroniche che “ha avuto come principale conseguenza il passaggio dalla concessione al contratto, cioè uno strumento di diritto privato il quale presuppone una posizione di parità tra i contraenti” (Commissione Tributaria Regionale di Venezia – Mestre, Sez. I n. 5/1/11 depositata il 10 gennaio 2011). Il legislatore ha quindi sottratto alla proprietà esclusiva dello Stato la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, rinunciando così al sistema concessorio delle telecomunicazioni che costituiva il presupposto giuridico per la legittima tassazione degli atti amministrativi autorizzatori.
Secondo il Codacons ammonta a 273 milioni di euro il “balzello” pagato ingiustamente negli ultimi 3 anni dagli utenti della telefonia mobile. L’Associazione chiede il rimborso con un’azione legale cui possono aderire tutti i titolari di abbonamenti per la telefonia mobile seguendo le istruzioni riportate sul sito http://www.codacons.it" onclick="window.open(this.href);return false;
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