Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Oggi ho scoperto l'esistenza dell’Associazione UIMdV – Unione Italiana Mutilati della Voce.
Ha sede in:
Via L. Serra, 2/E Bologna
Tel.+39051357952
Sito web: http://www.uimdv.it/" onclick="window.open(this.href);return false;
Sul proprio sito si legge:
L'UNIONE ITALIANA MUTILATI della VOCE (UIMdV) è un'Associazione di Volontariato nata nel 1968 a Bologna, iscritta nel Registro del Volontariato ONLUS e riconosciuta dal Ministero della Salute Associazione di EVIDENTE FUNZIONE SOCIALE.
Il primo Atto Costitutivo in forma pubblica fu sottoscritto da cinque laringectomizzati residenti a Bologna davanti al Notaio Antonio Stame.
Il primo Presidente Nazionale fu il Prof. Umberto Perucci medico otorinolaringoiatra primario all'Ospedale di Bologna.
IL LARINGECTOMIZZATO
La nostra Associazione è rivolta a sostegno degli operati da tumore laringeo che, dopo l'intervento chirurgico grazie al quale hanno avuto salva la vita, non hanno più la possibilità di parlare con la propria voce perché privati delle corde vocali.
I Volontari dell'U.I.M.d.V., con una assistenza capillare, talvolta domiciliare nei casi di estrema necessità, si attivano per insegnare l'uso di una nuova voce sfruttando le capacità residue dell'individuo che, una volta operato, ha aspettativa di una lunga vita se non subentrano altre patologie.
Attraverso l'insegnamento nelle Scuole di Riabilitazione Fonetica, in collaborazione con le USL delle città dove siamo presenti, si riesce ad ottenere un tipo di voce chiamata "esofagea" e quando un laringectomizzato è riuscito in questo, ha raggiunto il massimo traguardo per lui possibile, traguardo che gli permetterà almeno di essere autonomo nell'esposizione delle proprie necessità.
Tuttavia la voce esofagea può essere migliorata e potenziata con il continuo uso, il confronto con gli altri e l'impegno personale per migliorarne la dizione.
Questa nuova voce è indispensabile per la reintegrazione nel contesto sociale di appartenenza.
ASPETTI PSICOLOGICI E SOCIALI
Per rimuovere gli ostacoli che allontanano il laringectomizzato da tutte le occasioni di socializzazione per il timore di non essere all'altezza ad affrontare situazioni nuove, sviluppiamo un programma a medio e lungo termine con adeguamenti dettati dalla esperienza e dalle conoscenze sempre più aggiornate nel campo della riabilitazione e del recupero. Fondamentale è il rispetto per la persona e la sua volontà.
ATTIVITÀ
Per il raggiungimento dei nostri obiettivi ci proponiamo di:
* Ricostruire una voce alternativa.
* Far conoscere il nostro handicap.
* Per l'Informazione: Giornale Voce Nuova Domando Parola trimestrale inviato a tutti i soci.
* Per la Prevenzione: incontri con gli studenti delle scuole Medie con il nostro progetto della "Lotta contro il Fumo" in collaborazione con le USL (il 98% dei laringectomizzati erano fumatori)
Le attività che svolgiamo sono strettamente legate nella pratica operativa.
L'appartenenza ad un gruppo associativo sostiene psicologicamente il singolo per superare il trauma subito e accettare il nuovo stato.
Fino ad oggi i Corsi d'Aggiornamento e i Convegni di Studio sono stati tenuti a cadenza annuale presso l'Ospedale "degli Infermi" di Rimini. La struttura, situata in una posizione centrale rispetto alle nostre province, evita ulteriori spese negli spostamenti dei Maestri e Soci provenienti da varie parti d'Italia..
La sede Nazionale UIMdV di Bologna è depositaria di esperienze e di conoscenze accumulate in quarant'anni di servizio per il cittadino svantaggiato. È un patrimonio che, per il suo alto valore di utilità sociale, completamente gratuito, non si può disperdere ma che invece l'UIMdV vuole potenziare giorno dopo giorno, finché ci sarà qualcuno che ha bisogno di noi.
Il Predidente Nazionale UIMdV
(Roberto Casentini)
Ha sede in:
Via L. Serra, 2/E Bologna
Tel.+39051357952
Sito web: http://www.uimdv.it/" onclick="window.open(this.href);return false;
Sul proprio sito si legge:
L'UNIONE ITALIANA MUTILATI della VOCE (UIMdV) è un'Associazione di Volontariato nata nel 1968 a Bologna, iscritta nel Registro del Volontariato ONLUS e riconosciuta dal Ministero della Salute Associazione di EVIDENTE FUNZIONE SOCIALE.
Il primo Atto Costitutivo in forma pubblica fu sottoscritto da cinque laringectomizzati residenti a Bologna davanti al Notaio Antonio Stame.
Il primo Presidente Nazionale fu il Prof. Umberto Perucci medico otorinolaringoiatra primario all'Ospedale di Bologna.
IL LARINGECTOMIZZATO
La nostra Associazione è rivolta a sostegno degli operati da tumore laringeo che, dopo l'intervento chirurgico grazie al quale hanno avuto salva la vita, non hanno più la possibilità di parlare con la propria voce perché privati delle corde vocali.
I Volontari dell'U.I.M.d.V., con una assistenza capillare, talvolta domiciliare nei casi di estrema necessità, si attivano per insegnare l'uso di una nuova voce sfruttando le capacità residue dell'individuo che, una volta operato, ha aspettativa di una lunga vita se non subentrano altre patologie.
Attraverso l'insegnamento nelle Scuole di Riabilitazione Fonetica, in collaborazione con le USL delle città dove siamo presenti, si riesce ad ottenere un tipo di voce chiamata "esofagea" e quando un laringectomizzato è riuscito in questo, ha raggiunto il massimo traguardo per lui possibile, traguardo che gli permetterà almeno di essere autonomo nell'esposizione delle proprie necessità.
Tuttavia la voce esofagea può essere migliorata e potenziata con il continuo uso, il confronto con gli altri e l'impegno personale per migliorarne la dizione.
Questa nuova voce è indispensabile per la reintegrazione nel contesto sociale di appartenenza.
ASPETTI PSICOLOGICI E SOCIALI
Per rimuovere gli ostacoli che allontanano il laringectomizzato da tutte le occasioni di socializzazione per il timore di non essere all'altezza ad affrontare situazioni nuove, sviluppiamo un programma a medio e lungo termine con adeguamenti dettati dalla esperienza e dalle conoscenze sempre più aggiornate nel campo della riabilitazione e del recupero. Fondamentale è il rispetto per la persona e la sua volontà.
ATTIVITÀ
Per il raggiungimento dei nostri obiettivi ci proponiamo di:
* Ricostruire una voce alternativa.
* Far conoscere il nostro handicap.
* Per l'Informazione: Giornale Voce Nuova Domando Parola trimestrale inviato a tutti i soci.
* Per la Prevenzione: incontri con gli studenti delle scuole Medie con il nostro progetto della "Lotta contro il Fumo" in collaborazione con le USL (il 98% dei laringectomizzati erano fumatori)
Le attività che svolgiamo sono strettamente legate nella pratica operativa.
L'appartenenza ad un gruppo associativo sostiene psicologicamente il singolo per superare il trauma subito e accettare il nuovo stato.
Fino ad oggi i Corsi d'Aggiornamento e i Convegni di Studio sono stati tenuti a cadenza annuale presso l'Ospedale "degli Infermi" di Rimini. La struttura, situata in una posizione centrale rispetto alle nostre province, evita ulteriori spese negli spostamenti dei Maestri e Soci provenienti da varie parti d'Italia..
La sede Nazionale UIMdV di Bologna è depositaria di esperienze e di conoscenze accumulate in quarant'anni di servizio per il cittadino svantaggiato. È un patrimonio che, per il suo alto valore di utilità sociale, completamente gratuito, non si può disperdere ma che invece l'UIMdV vuole potenziare giorno dopo giorno, finché ci sarà qualcuno che ha bisogno di noi.
Il Predidente Nazionale UIMdV
(Roberto Casentini)
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Ricordo che all'interno del sito dell’Associazione UIMdV – Unione Italiana Mutilati della Voce
cliccando alla seguente voce:
Maestri laringectomizzati
compaiono le SEZIONI UIMdV in ITALIA E CENTRI DI RIABILITAZ. ALLA PAROLA, complete di località in Italia e recapito telefonico a cui rivolgersi.
cliccando alla seguente voce:
Maestri laringectomizzati
compaiono le SEZIONI UIMdV in ITALIA E CENTRI DI RIABILITAZ. ALLA PAROLA, complete di località in Italia e recapito telefonico a cui rivolgersi.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Invalidità civile, Cittadinanzattiva in Senato: aumentano gli ostacoli per i cittadini
Cittadinanzattiva va in audizione al Senato sul tema dell’invalidità civile e ribadisce: ci sono sempre più ostacoli per chi deve accedere legittimamente a una indennità economica. Le segnalazioni ricevute dall’associazione nel corso del 2011 parlano di un aumento degli accertamenti ritenuti inadeguati, di un aumento di lentezza dell’inter burocratico di riconoscimento, di un aumento di costi per presentare le domande necessarie e di un aumento di segnalazioni sul mancato riconoscimento dell’indennità di accompagnamento. Un quadro estremamente problematico, dunque, che spiega il senso della campagna “SonoUnVip, very invalid people” per riaffermare il diritto dei cittadini ad accedere ai benefici economici previsti dalla Costituzione.
“Le nuove procedure di accertamento dell’invalidità varate dall’INPS, in vigore dal 2010, continuano a rappresentare un ostacolo per tutti i cittadini che vorrebbero legittimamente accedere alle indennità economiche – commenta Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, in occasione dell’audizione di questa mattina al Senato – A molti mesi dalle nostre prime denunce, nessuna inversione di tendenza da parte dell’Istituto, che sembra sordo alle richieste di vera semplificazione, trasparenza, rispetto delle norme e di un vero confronto con le Organizzazioni di tutela del diritto alla salute. Continua, invece, la caccia ai “falsi Invalidi”, che alla luce dei dati della Corte dei Conti si è dimostrata totalmente fallimentare e costosissima per lo Stato e per tutti i cittadini”.
Le segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva nel 2011 hanno mostrato evidenti aumenti per quanto riguarda l’esito dell’accertamento ritenuto inadeguato da parte dei cittadini: dal 28,2% del 2009 fino al 37,8% del 2011. Aumentano le segnalazioni anche rispetto alla lentezza dell’iter burocratico di riconoscimento: dal 27,1% del 2009 al 28,2% del 2011.
Le segnalazioni sull’attesa per la sola ricezione del verbale definitivo passano dal 13,1% del 2009 al 32% del 2011. Aumentano inoltre sia le segnalazioni sul riconoscimento di una percentuale ritenuta inadeguata (25,5% nel 2009 – 40% nel 2010 – 43,3% nel 2011), sia le segnalazioni riguardanti il mancato riconoscimento dell’indennità di accompagnamento (45,5% nel 2009 – 47,8% nel 2010 – 49% nel 2011).
“Queste ultime – spiega Cittadinanzattiva – più strettamente legate a quanto stabilito dalla Nota interna dell’INPS del 20 settembre 2010, che ha drasticamente ristretto i criteri per la concessione dell’indennità di accompagnamento, allungato i tempi del procedimento di riconoscimento introducendo per tutti i casi accertamenti sanitari diretti aggiuntivi, aumentato il contenzioso legale, con un tasso di soccombenza dell’INPS pari al 60% dei casi nel 2010”.
Ancora: dal monitoraggio emerge che i costi di cui i cittadini devono farsi carico sono notevolmente aumentati e sono stati segnalati casi in cui si giunge a pagare 180 euro per la presentazione della domanda. Anche i dati della Corte dei Conti, spiega l’associazione, confermano le criticità esistenti: solo per ciò che riguarda i tempi di liquidazione 2010 delle indennità economiche nel 14% dei casi non è stato rispettato il tempo soglia dei 120 giorni e nel 37% dei casi quello dei 60 giorni. Inoltre, le nuove procedure prevedevano l’integrazione della Commissioni mediche Asl con un medico INPS proprio per accelerare il procedimento, ma solo nel 46% dei casi questo è avvenuto. Nel 54% dei casi si è tradotto in un doppio anche triplo passaggio, con relativo aumento dei tempi e dei costi.
Cittadinanzattiva va in audizione al Senato sul tema dell’invalidità civile e ribadisce: ci sono sempre più ostacoli per chi deve accedere legittimamente a una indennità economica. Le segnalazioni ricevute dall’associazione nel corso del 2011 parlano di un aumento degli accertamenti ritenuti inadeguati, di un aumento di lentezza dell’inter burocratico di riconoscimento, di un aumento di costi per presentare le domande necessarie e di un aumento di segnalazioni sul mancato riconoscimento dell’indennità di accompagnamento. Un quadro estremamente problematico, dunque, che spiega il senso della campagna “SonoUnVip, very invalid people” per riaffermare il diritto dei cittadini ad accedere ai benefici economici previsti dalla Costituzione.
“Le nuove procedure di accertamento dell’invalidità varate dall’INPS, in vigore dal 2010, continuano a rappresentare un ostacolo per tutti i cittadini che vorrebbero legittimamente accedere alle indennità economiche – commenta Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, in occasione dell’audizione di questa mattina al Senato – A molti mesi dalle nostre prime denunce, nessuna inversione di tendenza da parte dell’Istituto, che sembra sordo alle richieste di vera semplificazione, trasparenza, rispetto delle norme e di un vero confronto con le Organizzazioni di tutela del diritto alla salute. Continua, invece, la caccia ai “falsi Invalidi”, che alla luce dei dati della Corte dei Conti si è dimostrata totalmente fallimentare e costosissima per lo Stato e per tutti i cittadini”.
Le segnalazioni ricevute da Cittadinanzattiva nel 2011 hanno mostrato evidenti aumenti per quanto riguarda l’esito dell’accertamento ritenuto inadeguato da parte dei cittadini: dal 28,2% del 2009 fino al 37,8% del 2011. Aumentano le segnalazioni anche rispetto alla lentezza dell’iter burocratico di riconoscimento: dal 27,1% del 2009 al 28,2% del 2011.
Le segnalazioni sull’attesa per la sola ricezione del verbale definitivo passano dal 13,1% del 2009 al 32% del 2011. Aumentano inoltre sia le segnalazioni sul riconoscimento di una percentuale ritenuta inadeguata (25,5% nel 2009 – 40% nel 2010 – 43,3% nel 2011), sia le segnalazioni riguardanti il mancato riconoscimento dell’indennità di accompagnamento (45,5% nel 2009 – 47,8% nel 2010 – 49% nel 2011).
“Queste ultime – spiega Cittadinanzattiva – più strettamente legate a quanto stabilito dalla Nota interna dell’INPS del 20 settembre 2010, che ha drasticamente ristretto i criteri per la concessione dell’indennità di accompagnamento, allungato i tempi del procedimento di riconoscimento introducendo per tutti i casi accertamenti sanitari diretti aggiuntivi, aumentato il contenzioso legale, con un tasso di soccombenza dell’INPS pari al 60% dei casi nel 2010”.
Ancora: dal monitoraggio emerge che i costi di cui i cittadini devono farsi carico sono notevolmente aumentati e sono stati segnalati casi in cui si giunge a pagare 180 euro per la presentazione della domanda. Anche i dati della Corte dei Conti, spiega l’associazione, confermano le criticità esistenti: solo per ciò che riguarda i tempi di liquidazione 2010 delle indennità economiche nel 14% dei casi non è stato rispettato il tempo soglia dei 120 giorni e nel 37% dei casi quello dei 60 giorni. Inoltre, le nuove procedure prevedevano l’integrazione della Commissioni mediche Asl con un medico INPS proprio per accelerare il procedimento, ma solo nel 46% dei casi questo è avvenuto. Nel 54% dei casi si è tradotto in un doppio anche triplo passaggio, con relativo aumento dei tempi e dei costi.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
ciao a tutti, volevo chiedervi una delucidazione in merito ai riformati nn per cds, come siamo considerati per lo stato, invalidi civili!!o cosa!chiedevo questo per sapere se ci sono agevolazioni per tichet ecct.
Grazie per le risposte
Grazie per le risposte
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Un dipendente di un Ospedale è stato sottoposto ad esame polisonnografico che ha evidenziato “la presenza di apnee ostruttive del sonno con frequenza di grado severo…”, ricevendo un giudizio di parziale inidoneità, con prescrizione di “evitare il lavoro notturno “.
L’esame è stato ripetuto dove veniva riscontrata “sindrome delle apnee notturna di grado moderato ...." cui seguivano specifiche prescrizioni, d’idoneità al lavoro, con le condizioni di evitare il lavoro notturno ed esposizione a gas anestetici.
Chissà se da noi è la stessa cosa.
L’esame è stato ripetuto dove veniva riscontrata “sindrome delle apnee notturna di grado moderato ...." cui seguivano specifiche prescrizioni, d’idoneità al lavoro, con le condizioni di evitare il lavoro notturno ed esposizione a gas anestetici.
Chissà se da noi è la stessa cosa.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Legge 194 salva, Consulta: inammissibile questione legittimità
La legge italiana sull’aborto, la 194, non si tocca. La Corte costituzionale ha appena dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto lo scorso 3 gennaio nell’ambito del caso di una minore intenzionata a interrompere la gravidanza senza informare i genitori.
L’articolo 4 della legge 194 stabilisce che per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito può rivolgersi a un consultorio”.
Secondo il giudice tutelare questo articolo era in conflitto con un pronunciamento della Corte di giustizia europea in materia di brevettabilità dell’embrione che definisce l’embrione quale “soggetto da tutelarsi in maniera assoluta”. La Consulta non ha accolto questa tesi e ha dichiarato “manifestamente inammissibile, la questione di legittimità costituzionale”.
La legge italiana sull’aborto, la 194, non si tocca. La Corte costituzionale ha appena dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, sollevata dal Giudice Tutelare del Tribunale di Spoleto lo scorso 3 gennaio nell’ambito del caso di una minore intenzionata a interrompere la gravidanza senza informare i genitori.
L’articolo 4 della legge 194 stabilisce che per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, “la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito può rivolgersi a un consultorio”.
Secondo il giudice tutelare questo articolo era in conflitto con un pronunciamento della Corte di giustizia europea in materia di brevettabilità dell’embrione che definisce l’embrione quale “soggetto da tutelarsi in maniera assoluta”. La Consulta non ha accolto questa tesi e ha dichiarato “manifestamente inammissibile, la questione di legittimità costituzionale”.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Diesel, gas di scarico cancerogeni. Codacons chiede di vietare i veicoli
Il motore diesel è entrato a far parte ufficialmente del gruppo 1 degli agenti cancerogeni per l’uomo, poiché i suoi gas di scarico causano certamente il tumore ai polmoni negli essere umani. E’ quanto ha comunicato nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità dopo una serie di incontri e riunioni organizzati dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Oggi il Codacons ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Milano per chiedere il sequestro di tutti i veicoli diesel esistenti sul territorio della città di Milano e provincia.
Così si legge nell’esposto depositato: “Si chiede, inoltre, che l’Ill.mo Procuratore della Repubblica adito voglia accertare il pericolo che la libera disponibilità dei veicoli diesel possa aggravare o protrarre le conseguenze di cui in narrativa e, quindi, voglia ordinare il sequestro preventivo ex artt. 321 c.p.p. di tutti i veicoli alimentati a diesel presenti sul territorio della città di Milano e provincia”. Il Codacons chiede anche alla Procura di “accertare la responsabilità del Sindaco pro tempore di Milano e del Presidente della Lombardia per le ipotesi di violazione di legge che si evincono in narrativa”, in particolare rispetto ai reati di omissione di atti d’ufficio (328 c.p.) e getto pericoloso di cose (674 c.p.).
Fin’ora i gas di scarico dei diesel erano definiti solo “probabilmente” cancerogeni (appartenenti al gruppo 2): la mancanza di una prova certa della correlazione tra smog e patologie aveva reso difficile in questi anni poter procedere penalmente nei confronti dei sindaci e dei presidenti di regione eventualmente inadempienti. Ma ora questo studio apre nuovi scenari e rende possibile procedere con maggior successo sia per il reato di getto pericolose di cose che per quello di omissione d’atti d’ufficio.
Oggi, infatti, come ha dichiarato il presidente del Circ Christopher Portier, “le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state unanimi: le emanazioni dei motori diesel causano il tumore del polmone“.
“La prova inconfutabile del legame tra i gas di scarico dei motori diesel e la diffusione del cancro rende necessario un intervento straordinario da parte della Procura, a tutela della salute dei cittadini. Da qui la richiesta di sequestro dei veicoli diesel, dato che sono una fonte di morte certa” ha dichiarato il presidente del Codacons, avv. Marco Maria Donzelli.
Notizia del 09/07/2012 da News help consumatori
Il motore diesel è entrato a far parte ufficialmente del gruppo 1 degli agenti cancerogeni per l’uomo, poiché i suoi gas di scarico causano certamente il tumore ai polmoni negli essere umani. E’ quanto ha comunicato nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità dopo una serie di incontri e riunioni organizzati dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Oggi il Codacons ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Milano per chiedere il sequestro di tutti i veicoli diesel esistenti sul territorio della città di Milano e provincia.
Così si legge nell’esposto depositato: “Si chiede, inoltre, che l’Ill.mo Procuratore della Repubblica adito voglia accertare il pericolo che la libera disponibilità dei veicoli diesel possa aggravare o protrarre le conseguenze di cui in narrativa e, quindi, voglia ordinare il sequestro preventivo ex artt. 321 c.p.p. di tutti i veicoli alimentati a diesel presenti sul territorio della città di Milano e provincia”. Il Codacons chiede anche alla Procura di “accertare la responsabilità del Sindaco pro tempore di Milano e del Presidente della Lombardia per le ipotesi di violazione di legge che si evincono in narrativa”, in particolare rispetto ai reati di omissione di atti d’ufficio (328 c.p.) e getto pericoloso di cose (674 c.p.).
Fin’ora i gas di scarico dei diesel erano definiti solo “probabilmente” cancerogeni (appartenenti al gruppo 2): la mancanza di una prova certa della correlazione tra smog e patologie aveva reso difficile in questi anni poter procedere penalmente nei confronti dei sindaci e dei presidenti di regione eventualmente inadempienti. Ma ora questo studio apre nuovi scenari e rende possibile procedere con maggior successo sia per il reato di getto pericolose di cose che per quello di omissione d’atti d’ufficio.
Oggi, infatti, come ha dichiarato il presidente del Circ Christopher Portier, “le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state unanimi: le emanazioni dei motori diesel causano il tumore del polmone“.
“La prova inconfutabile del legame tra i gas di scarico dei motori diesel e la diffusione del cancro rende necessario un intervento straordinario da parte della Procura, a tutela della salute dei cittadini. Da qui la richiesta di sequestro dei veicoli diesel, dato che sono una fonte di morte certa” ha dichiarato il presidente del Codacons, avv. Marco Maria Donzelli.
Notizia del 09/07/2012 da News help consumatori
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
ACCESSO AI PROPRI ATTI DI RICOVERO
ricorso per l'accertamento e la declaratoria
- del diritto della ricorrente ad accedere, in virtù dell'art. 22 della legge n. 241/90 e ss.mm.ii., alla documentazione richiesta con l'istanza dell'11.1.2012 e ad ottenere l'esibizione ed il rilascio di copia della medesima,
- nonché per la condanna dell’ASL di Taranto all’esibizione ed al rilascio di copia della documentazione dettagliatamente elencata nell'istanza dell'11.1.2012, ex art. 25, comma 6, della legge n. 241/90 ss.mm.ii.
IN FATTO E DIRITTO:
1) - nutrendo dubbi sul buon esito dell’intervento, presentava all’ASL di Taranto motivata istanza di accesso a tutta la documentazione sanitaria che la riguardava, dettagliatamente indicata nell’istanza medesima (referti medici, cartella clinica, esami radiologici, ecc.).
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01415/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00302/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 302 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Paola Perrone, con domicilio eletto presso l’avv. Paola Perrone in Lecce, via Taranto, 92;
contro
Azienda Sanitaria Locale di Taranto, n.c.;
per l'accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente ad accedere, in virtù dell'art. 22 della legge n. 241/90 e ss.mm.ii., alla documentazione richiesta con l'istanza dell'....1.2012 e ad ottenere l'esibizione ed il rilascio di copia della medesima, nonché per la condanna dell’ASL di Taranto all’esibizione ed al rilascio di copia della documentazione dettagliatamente elencata nell'istanza dell'....1.2012, ex art. 25, comma 6, della legge n. 241/90 ss.mm.ii.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 la dott.ssa Simona De Mattia e udito per la parte l'avv. S. Lazzari, in sostituzione dell'avv. P. Perrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
I. Con il ricorso in epigrafe la ricorrente, presentatasi al pronto soccorso dell’Ospedale SS. Annunziata di Taranto a seguito di una caduta accidentale che le provocava forte dolore al braccio destro ed ivi ricoverata per essere sottoposta ad un intervento ritenuto urgente presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia del medesimo nosocomio, nutrendo dubbi sul buon esito dell’intervento, presentava all’ASL di Taranto motivata istanza di accesso a tutta la documentazione sanitaria che la riguardava, dettagliatamente indicata nell’istanza medesima (referti medici, cartella clinica, esami radiologici, ecc.).
Non avendo ricevuto alcuna risposta da parte dell’Amministrazione, proponeva il presente ricorso, lamentando l’illegittimità del silenzio serbato dall’Azienda Sanitaria sotto distinti profili e chiedendo la condanna della medesima al rilascio della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, previo accertamento del proprio diritto.
Nessuno si è costituito per l’Amministrazione intimata.
Nel corso dell’udienza camerale del 17 maggio 2012 il difensore della ricorrente ha comunicato che, nelle more, l’Amministrazione aveva consentito l’accesso alla documentazione richiesta nelle forme indicate dall’interessata; conseguentemente, il medesimo ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere con condanna alle spese dell’Amministrazione Sanitaria intimata.
La causa, quindi, è stata trattenuta per la decisione.
II. Il Collegio, preso atto di quanto comunicato dal difensore della ricorrente durante l’udienza camerale e ritenendo che la pretesa azionata sia stata interamente soddisfatta, non può che dichiarare cessata la materia del contendere.
III. Le spese del giudizio seguono la soccombenza (virtuale) e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere.
Condanna l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in complessivi € 700,00 (settecento/00), oltre IVA e CAP come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Costantini, Presidente
Enrico d'Arpe, Consigliere
Simona De Mattia, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/07/2012
ricorso per l'accertamento e la declaratoria
- del diritto della ricorrente ad accedere, in virtù dell'art. 22 della legge n. 241/90 e ss.mm.ii., alla documentazione richiesta con l'istanza dell'11.1.2012 e ad ottenere l'esibizione ed il rilascio di copia della medesima,
- nonché per la condanna dell’ASL di Taranto all’esibizione ed al rilascio di copia della documentazione dettagliatamente elencata nell'istanza dell'11.1.2012, ex art. 25, comma 6, della legge n. 241/90 ss.mm.ii.
IN FATTO E DIRITTO:
1) - nutrendo dubbi sul buon esito dell’intervento, presentava all’ASL di Taranto motivata istanza di accesso a tutta la documentazione sanitaria che la riguardava, dettagliatamente indicata nell’istanza medesima (referti medici, cartella clinica, esami radiologici, ecc.).
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01415/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00302/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 302 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Paola Perrone, con domicilio eletto presso l’avv. Paola Perrone in Lecce, via Taranto, 92;
contro
Azienda Sanitaria Locale di Taranto, n.c.;
per l'accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente ad accedere, in virtù dell'art. 22 della legge n. 241/90 e ss.mm.ii., alla documentazione richiesta con l'istanza dell'....1.2012 e ad ottenere l'esibizione ed il rilascio di copia della medesima, nonché per la condanna dell’ASL di Taranto all’esibizione ed al rilascio di copia della documentazione dettagliatamente elencata nell'istanza dell'....1.2012, ex art. 25, comma 6, della legge n. 241/90 ss.mm.ii.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 la dott.ssa Simona De Mattia e udito per la parte l'avv. S. Lazzari, in sostituzione dell'avv. P. Perrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
I. Con il ricorso in epigrafe la ricorrente, presentatasi al pronto soccorso dell’Ospedale SS. Annunziata di Taranto a seguito di una caduta accidentale che le provocava forte dolore al braccio destro ed ivi ricoverata per essere sottoposta ad un intervento ritenuto urgente presso il reparto di Ortopedia e Traumatologia del medesimo nosocomio, nutrendo dubbi sul buon esito dell’intervento, presentava all’ASL di Taranto motivata istanza di accesso a tutta la documentazione sanitaria che la riguardava, dettagliatamente indicata nell’istanza medesima (referti medici, cartella clinica, esami radiologici, ecc.).
Non avendo ricevuto alcuna risposta da parte dell’Amministrazione, proponeva il presente ricorso, lamentando l’illegittimità del silenzio serbato dall’Azienda Sanitaria sotto distinti profili e chiedendo la condanna della medesima al rilascio della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, previo accertamento del proprio diritto.
Nessuno si è costituito per l’Amministrazione intimata.
Nel corso dell’udienza camerale del 17 maggio 2012 il difensore della ricorrente ha comunicato che, nelle more, l’Amministrazione aveva consentito l’accesso alla documentazione richiesta nelle forme indicate dall’interessata; conseguentemente, il medesimo ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere con condanna alle spese dell’Amministrazione Sanitaria intimata.
La causa, quindi, è stata trattenuta per la decisione.
II. Il Collegio, preso atto di quanto comunicato dal difensore della ricorrente durante l’udienza camerale e ritenendo che la pretesa azionata sia stata interamente soddisfatta, non può che dichiarare cessata la materia del contendere.
III. Le spese del giudizio seguono la soccombenza (virtuale) e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere.
Condanna l’Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese processuali che si liquidano in complessivi € 700,00 (settecento/00), oltre IVA e CAP come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Costantini, Presidente
Enrico d'Arpe, Consigliere
Simona De Mattia, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/07/2012
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
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Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Importante sentenza del CdS.
Praticamente il marito (separato consensualmente nel 2009) aveva chiesto alla AUSL d’accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, alla documentazione sanitaria inerente a quest’ultima, comprensiva di cartelle cliniche, appunti e relazioni dei medici curanti, intendendo adire il Foro ecclesiastico per la declaratoria di nullità del predetto matrimonio. Avendo avuto il diniego d’accesso agli atti sulla documentazione sanitaria della controinteressata, comprese le sue cartelle cliniche si era rivolto al Tar ove ha respinto il ricorso.
Pertanto a seguito di ciò si è rivolto in appello al CdS che gli ha accolto il ricorso.
Il CdS ha precisato:
1) - Considerato in diritto che l’appello è meritevole d’accoglimento, anzitutto perché, in linea di principio, già il solo intento di adire il Foro ecclesiastico, per ottenere la declatoria di nullità del vincolo coniugale, dev’esser assimilato, ai fini dell'esercizio del diritto di accesso ex art. 22 della l. 7 agosto 1990 n. 241, all'intento di adire il Giudice nazionale per il conseguimento del divorzio, onde non si può trattare in maniera differente la vicenda dell’appellante sol perché egli intenda tutelare i propri diritti innanzi al Giudice ecclesiastico;
2) - Considerato, altresì, che v’è pari valenza costituzionale tra il diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute del coniuge ed il diritto dell’altro coniuge di conoscere se si è legati da valido vincolo coniugale concordatario con persona asseritamente afflitta da non lievi disturbi psichici, tanto, come nella specie, da essere affrontati da lungo tempo in un’apposita struttura sanitaria per la tutela della salute mentale;
Per il resto vi rimando alla lettura della sentenza
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04530/2012REG.PROV.COLL.
N. 03474/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 3474/2012 RG, proposto dal sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Prete e Stefano Beltrami, con domicilio eletto in Roma, via G. B. Vico n. 1, presso lo studio dell’avv. Prosperi Mangili,
contro
l’Azienda Unità sanitaria locale – AUSL di Rimini, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Zamparini e Roberto Manservisi, con domicilio eletto in Roma, via A. Bertoloni n. 44 e
nei confronti di
OMISSIS, non costituita nel presente giudizio,
per la riforma
della sentenza del TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II n. 67/2012, resa tra le parti e concernente il diniego d’accesso agli atti sulla documentazione sanitaria della controinteressata, comprese le sue cartelle cliniche;
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AUSL appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza camerale del 27 luglio 2012 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Beltrami e Zamparini;
Ritenuto in fatto che il sig. OMISSIS assume d’aver contratto matrimonio con la sig. OMISSIS, da cui s’è poi separato consensualmente nel 2009;
Rilevato che il sig. OMISSIS, intendendo adire il Foro ecclesiastico per la declaratoria di nullità del predetto matrimonio, anche con riguardo alla pretesa incapacità della sig. OMISSIS a contrarre il relativo vincolo, ha chiesto all’AUSL di Rimini, presso il cui Dipartimento di salute mentale il coniuge è in cura, d’accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, alla documentazione sanitaria inerente a quest’ultima, comprensiva di cartelle cliniche, appunti e relazioni dei medici curanti;
Rilevato altresì che, con nota prot. n. …… del 16 settembre 2011, l’AUSL di Rimini ha respinto l’istanza del sig. OMISSIS perché: A) – mancherebbe la documentazione a corredo; B) – non v’è il consenso della diretta interessata; C) – tale domanda è generica e non circostanziata nella individuazione degli atti cui accedere;
Rilevato, quindi, che il sig. OMISSIS ha adito il TAR Bologna che, nondimeno e con la sentenza n. 67 dell’11 gennaio 2012, ne ha respinto il ricorso, donde il presente appello;
Considerato in diritto che l’appello è meritevole d’accoglimento, anzitutto perché, in linea di principio, già il solo intento di adire il Foro ecclesiastico, per ottenere la declatoria di nullità del vincolo coniugale, dev’esser assimilato, ai fini dell'esercizio del diritto di accesso ex art. 22 della l. 7 agosto 1990 n. 241, all'intento di adire il Giudice nazionale per il conseguimento del divorzio, onde non si può trattare in maniera differente la vicenda dell’appellante sol perché egli intenda tutelare i propri diritti innanzi al Giudice ecclesiastico;
Considerato, altresì, che v’è pari valenza costituzionale tra il diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute del coniuge ed il diritto dell’altro coniuge di conoscere se si è legati da valido vincolo coniugale concordatario con persona asseritamente afflitta da non lievi disturbi psichici, tanto, come nella specie, da essere affrontati da lungo tempo in un’apposita struttura sanitaria per la tutela della salute mentale;
Considerato, di conseguenza, che l’intento d’adire il Foro ecclesiastico a tal fine costituisce di per sé titolo legittimo ad accedere, ottenendo in copia perlomeno le cartelle cliniche, ai dati inerenti all’infermità dell’altro coniuge, quale che possa essere la valenza probatoria di tali cartelle e senza che rilevi se l'esibizione di queste ultime debba avvenire in via propedeutica alla presentazione del ricorso al Giudice canonico (non foss’altro per valutare se convenga, o no, siffatta adizione), a corredo iniziale del libello o in corso di causa su ordine di esibizione del Giudice stesso;
Considerato che, a tal proposito, non spetta alla P.A., che detiene la documentazione cui accedere, di delibare la fondatezza della pretesa sostanziale per la quale occorrano tali atti o sindacare sulla utilità effettiva di questi, quand’anche siano implicate conoscenze su dati sensibili, in quanto, com’è noto (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 22 maggio 2012 n. 2974), il diritto d’accesso è conformato dalla legge per offrire al titolare, più che utilità finali (caratteristica, questa, ormai riconoscibile non solo ai diritti soggettivi, ma anche agli interessi legittimi), poteri autonomi di natura procedimentale (arg. ex Cons. St., III, 13 gennaio 2012 n. 116), volti ad implementare la tutela d’un interesse (o bisogno) giuridicamente rilevante;
Considerato, invero, che il limite di valutazione della P.A. sulla sussistenza d’un interesse concreto, attuale e differenziato all'accesso, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull'esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque sull'azione amministrativa (espressamente vietato dall'art. 24 c. 3 della l. 241/1990).
sugli interessi particolari del richiedente;
Considerato che, al più, il limite dell’interesse all’accesso nella specie può rinvenirsi con riguardo, più che alle cartelle cliniche, alle diagnosi ed al piano terapeutico, agli appunti personali del medico curante della controinteressata, che concernono vicende interne e non rilevanti verso terzi dell’attività di servizio dell’AUSL appellata;
Considerato che al preteso accesso è inopponibile, per la parità giuridica degli interessi in gioco, il preteso eventuale pregiudizio che ciò potrebbe determinare in capo alla controinteressata e nei suoi rapporti con il medico curante, trattandosi d’un mero temuto pericolo, comunque da gestire secondo i protocolli della terapia
Considerato, infine e quanto alle spese del doppio grado di giudizio, che la qualità della vicenda e giusti motivi ne suggeriscono l’integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 3474/2012 RG) in epigrafe, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato e dispone l’accesso del sig. OMISSIS, per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, agli atti dell’AUSL richiesti con l’istanza in data 20 maggio 2011.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 luglio 2012, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Alessandro Botto, Presidente FF
Salvatore Cacace, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Alessandro Palanza, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/08/2012
Praticamente il marito (separato consensualmente nel 2009) aveva chiesto alla AUSL d’accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, alla documentazione sanitaria inerente a quest’ultima, comprensiva di cartelle cliniche, appunti e relazioni dei medici curanti, intendendo adire il Foro ecclesiastico per la declaratoria di nullità del predetto matrimonio. Avendo avuto il diniego d’accesso agli atti sulla documentazione sanitaria della controinteressata, comprese le sue cartelle cliniche si era rivolto al Tar ove ha respinto il ricorso.
Pertanto a seguito di ciò si è rivolto in appello al CdS che gli ha accolto il ricorso.
Il CdS ha precisato:
1) - Considerato in diritto che l’appello è meritevole d’accoglimento, anzitutto perché, in linea di principio, già il solo intento di adire il Foro ecclesiastico, per ottenere la declatoria di nullità del vincolo coniugale, dev’esser assimilato, ai fini dell'esercizio del diritto di accesso ex art. 22 della l. 7 agosto 1990 n. 241, all'intento di adire il Giudice nazionale per il conseguimento del divorzio, onde non si può trattare in maniera differente la vicenda dell’appellante sol perché egli intenda tutelare i propri diritti innanzi al Giudice ecclesiastico;
2) - Considerato, altresì, che v’è pari valenza costituzionale tra il diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute del coniuge ed il diritto dell’altro coniuge di conoscere se si è legati da valido vincolo coniugale concordatario con persona asseritamente afflitta da non lievi disturbi psichici, tanto, come nella specie, da essere affrontati da lungo tempo in un’apposita struttura sanitaria per la tutela della salute mentale;
Per il resto vi rimando alla lettura della sentenza
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04530/2012REG.PROV.COLL.
N. 03474/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 3474/2012 RG, proposto dal sig. OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Prete e Stefano Beltrami, con domicilio eletto in Roma, via G. B. Vico n. 1, presso lo studio dell’avv. Prosperi Mangili,
contro
l’Azienda Unità sanitaria locale – AUSL di Rimini, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Zamparini e Roberto Manservisi, con domicilio eletto in Roma, via A. Bertoloni n. 44 e
nei confronti di
OMISSIS, non costituita nel presente giudizio,
per la riforma
della sentenza del TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II n. 67/2012, resa tra le parti e concernente il diniego d’accesso agli atti sulla documentazione sanitaria della controinteressata, comprese le sue cartelle cliniche;
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AUSL appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza camerale del 27 luglio 2012 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Beltrami e Zamparini;
Ritenuto in fatto che il sig. OMISSIS assume d’aver contratto matrimonio con la sig. OMISSIS, da cui s’è poi separato consensualmente nel 2009;
Rilevato che il sig. OMISSIS, intendendo adire il Foro ecclesiastico per la declaratoria di nullità del predetto matrimonio, anche con riguardo alla pretesa incapacità della sig. OMISSIS a contrarre il relativo vincolo, ha chiesto all’AUSL di Rimini, presso il cui Dipartimento di salute mentale il coniuge è in cura, d’accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, alla documentazione sanitaria inerente a quest’ultima, comprensiva di cartelle cliniche, appunti e relazioni dei medici curanti;
Rilevato altresì che, con nota prot. n. …… del 16 settembre 2011, l’AUSL di Rimini ha respinto l’istanza del sig. OMISSIS perché: A) – mancherebbe la documentazione a corredo; B) – non v’è il consenso della diretta interessata; C) – tale domanda è generica e non circostanziata nella individuazione degli atti cui accedere;
Rilevato, quindi, che il sig. OMISSIS ha adito il TAR Bologna che, nondimeno e con la sentenza n. 67 dell’11 gennaio 2012, ne ha respinto il ricorso, donde il presente appello;
Considerato in diritto che l’appello è meritevole d’accoglimento, anzitutto perché, in linea di principio, già il solo intento di adire il Foro ecclesiastico, per ottenere la declatoria di nullità del vincolo coniugale, dev’esser assimilato, ai fini dell'esercizio del diritto di accesso ex art. 22 della l. 7 agosto 1990 n. 241, all'intento di adire il Giudice nazionale per il conseguimento del divorzio, onde non si può trattare in maniera differente la vicenda dell’appellante sol perché egli intenda tutelare i propri diritti innanzi al Giudice ecclesiastico;
Considerato, altresì, che v’è pari valenza costituzionale tra il diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute del coniuge ed il diritto dell’altro coniuge di conoscere se si è legati da valido vincolo coniugale concordatario con persona asseritamente afflitta da non lievi disturbi psichici, tanto, come nella specie, da essere affrontati da lungo tempo in un’apposita struttura sanitaria per la tutela della salute mentale;
Considerato, di conseguenza, che l’intento d’adire il Foro ecclesiastico a tal fine costituisce di per sé titolo legittimo ad accedere, ottenendo in copia perlomeno le cartelle cliniche, ai dati inerenti all’infermità dell’altro coniuge, quale che possa essere la valenza probatoria di tali cartelle e senza che rilevi se l'esibizione di queste ultime debba avvenire in via propedeutica alla presentazione del ricorso al Giudice canonico (non foss’altro per valutare se convenga, o no, siffatta adizione), a corredo iniziale del libello o in corso di causa su ordine di esibizione del Giudice stesso;
Considerato che, a tal proposito, non spetta alla P.A., che detiene la documentazione cui accedere, di delibare la fondatezza della pretesa sostanziale per la quale occorrano tali atti o sindacare sulla utilità effettiva di questi, quand’anche siano implicate conoscenze su dati sensibili, in quanto, com’è noto (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 22 maggio 2012 n. 2974), il diritto d’accesso è conformato dalla legge per offrire al titolare, più che utilità finali (caratteristica, questa, ormai riconoscibile non solo ai diritti soggettivi, ma anche agli interessi legittimi), poteri autonomi di natura procedimentale (arg. ex Cons. St., III, 13 gennaio 2012 n. 116), volti ad implementare la tutela d’un interesse (o bisogno) giuridicamente rilevante;
Considerato, invero, che il limite di valutazione della P.A. sulla sussistenza d’un interesse concreto, attuale e differenziato all'accesso, che è correlativamente pure il requisito di ammissibilità della relativa azione, si sostanzia solo nel giudizio estrinseco sull'esistenza di un legittimo bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, purché non preordinato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque sull'azione amministrativa (espressamente vietato dall'art. 24 c. 3 della l. 241/1990).
sugli interessi particolari del richiedente;
Considerato che, al più, il limite dell’interesse all’accesso nella specie può rinvenirsi con riguardo, più che alle cartelle cliniche, alle diagnosi ed al piano terapeutico, agli appunti personali del medico curante della controinteressata, che concernono vicende interne e non rilevanti verso terzi dell’attività di servizio dell’AUSL appellata;
Considerato che al preteso accesso è inopponibile, per la parità giuridica degli interessi in gioco, il preteso eventuale pregiudizio che ciò potrebbe determinare in capo alla controinteressata e nei suoi rapporti con il medico curante, trattandosi d’un mero temuto pericolo, comunque da gestire secondo i protocolli della terapia
Considerato, infine e quanto alle spese del doppio grado di giudizio, che la qualità della vicenda e giusti motivi ne suggeriscono l’integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 3474/2012 RG) in epigrafe, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento impugnato e dispone l’accesso del sig. OMISSIS, per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, agli atti dell’AUSL richiesti con l’istanza in data 20 maggio 2011.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 27 luglio 2012, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Alessandro Botto, Presidente FF
Salvatore Cacace, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Alessandro Palanza, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/08/2012
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
E’ allarme inchiostro per tatuaggi, attenzione alle tonalità di giallo
Occhio ai tatuaggio, o meglio ai colori che utilizzate per tatuarvi il corpo. A lanciare l’allarme è l’Aduc che riprende l’ultimo rapporto settimanale sulla sicurezza dei prodotti non alimentari (c.d. RAPEX), in cui la Commissione europea ha segnalato ben 14 inchiostri di una casa produttrice americana (la INTENZE) commercializzati in Italia, contenenti una sostanza potenzialmente “cancerogena”, “mutogena”, “tossica” e “sensibilizzante”.
Gli inchiostri, corrispondenti ad altrettante variazioni di colore, si chiamano ‘Coral’, ‘Dragon Yellow’, ‘Egg Shell’ (altra variazione di giallo), ‘Lemon Yellow’, ‘Maroon’ (rosso scuro), ‘Maroon Honey’ (miele), ‘Mustard’, ‘Persian Red’, ‘Rubber Doll’ (arancio), ‘Salmon’, ‘Sangria’, ‘Sunburn’ e ‘Yellow Orchid’.
Da tale elenco – aggiunge l’Aduc – parrebbe di capire che la presenza della sostanza potenzialmente dannosa per la salute possa essere collegata ad un uso più o meno intenso del ‘giallo’ (e delle sue variazioni). Dal momento che il rischio è collegato alla permanenza di questa sostanza sulla pelle, per coloro che hanno già utilizzato il prodotto, l’Aduc consiglia rapida ‘cancellatura’ di quanto costosamente e pazientemente realizzato.
Occhio ai tatuaggio, o meglio ai colori che utilizzate per tatuarvi il corpo. A lanciare l’allarme è l’Aduc che riprende l’ultimo rapporto settimanale sulla sicurezza dei prodotti non alimentari (c.d. RAPEX), in cui la Commissione europea ha segnalato ben 14 inchiostri di una casa produttrice americana (la INTENZE) commercializzati in Italia, contenenti una sostanza potenzialmente “cancerogena”, “mutogena”, “tossica” e “sensibilizzante”.
Gli inchiostri, corrispondenti ad altrettante variazioni di colore, si chiamano ‘Coral’, ‘Dragon Yellow’, ‘Egg Shell’ (altra variazione di giallo), ‘Lemon Yellow’, ‘Maroon’ (rosso scuro), ‘Maroon Honey’ (miele), ‘Mustard’, ‘Persian Red’, ‘Rubber Doll’ (arancio), ‘Salmon’, ‘Sangria’, ‘Sunburn’ e ‘Yellow Orchid’.
Da tale elenco – aggiunge l’Aduc – parrebbe di capire che la presenza della sostanza potenzialmente dannosa per la salute possa essere collegata ad un uso più o meno intenso del ‘giallo’ (e delle sue variazioni). Dal momento che il rischio è collegato alla permanenza di questa sostanza sulla pelle, per coloro che hanno già utilizzato il prodotto, l’Aduc consiglia rapida ‘cancellatura’ di quanto costosamente e pazientemente realizzato.
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
Allarme lampade abbronzanti, maxi ritiro in tutta Italia
Gli esperti lanciano l’allarme sulle lampade abbronzanti: l’University of California di San Francisco ha valutato che i lettini presenti nei centri benessere sarebbero responsabili di 170.000 casi di tumore l’anno negli Stati Uniti. Il risultato della ricerca svolta dall’ateneo e, rivela come le lampade possano causare il non-melanoma, un tipo di cancro alla pelle che colpisce un americano su cinque, e per questo considerato il più comune negli Stati Uniti. Lo studio mostra che chi effettua abitualmente lettini abbronzanti ha il 67% in più di possibilità di contrarre la malattia rispetto alle persone che non sono mai ricorse al ‘sole artificiale’. E l’allarme riguarda soprattutto i giovani: i soggetti più a rischio sono infatti i ragazzi con meno di 25 anni.
Quella americana non è la prima ricerca che evidenzia una relazione tra tumori e lampade abbronzanti: già nel 2009 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) classificò i raggi Uv dell’abbronzatura artificiale al più alto grado della scala delle sostanze cancerogene per l’uomo, a causa del legame con l’insorgenza di melanoma, un tumore della pelle raro ma grave. Più di recente, un nuovo studio, effettuato monitorando 73 mila donne, non solo conferma l’aumento del rischio per il melanoma e per altri due tumori più diffusi e meno aggressivi (il carcinoma basocellulare e quello spinocellulare), ma scopre anche che più ci si espone, più si rischia il cancro, specie se si comincia a fare la lampada da giovani.
Lo studio trova anche che il rischio di tumore legato ai lettini solari è lo stesso qualunque sia il fototipo o il grado di pigmentazione della pelle, suggerendo che l’abbronzatura artificiale è ugualmente dannosa per more e bionde.
La questione è tornata d’attualità nei giorni scorsi quando il Ministero della Salute ha deciso di disporre il ritiro dal commercio in tutta Italia di una partita di apparecchi abbronzanti costruite dalla “Smart Technologies” di Genova (per l’esattezza il modello Alien 6 articolo 700/6) perché avrebbero procurato seri danni a diverse donne. Da parte sua, il titolare dell’azienda ha assicurato che, “nel più breve tempo possibile” ritirerà tutti i faretti difettosi.
Gli esperti lanciano l’allarme sulle lampade abbronzanti: l’University of California di San Francisco ha valutato che i lettini presenti nei centri benessere sarebbero responsabili di 170.000 casi di tumore l’anno negli Stati Uniti. Il risultato della ricerca svolta dall’ateneo e, rivela come le lampade possano causare il non-melanoma, un tipo di cancro alla pelle che colpisce un americano su cinque, e per questo considerato il più comune negli Stati Uniti. Lo studio mostra che chi effettua abitualmente lettini abbronzanti ha il 67% in più di possibilità di contrarre la malattia rispetto alle persone che non sono mai ricorse al ‘sole artificiale’. E l’allarme riguarda soprattutto i giovani: i soggetti più a rischio sono infatti i ragazzi con meno di 25 anni.
Quella americana non è la prima ricerca che evidenzia una relazione tra tumori e lampade abbronzanti: già nel 2009 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) classificò i raggi Uv dell’abbronzatura artificiale al più alto grado della scala delle sostanze cancerogene per l’uomo, a causa del legame con l’insorgenza di melanoma, un tumore della pelle raro ma grave. Più di recente, un nuovo studio, effettuato monitorando 73 mila donne, non solo conferma l’aumento del rischio per il melanoma e per altri due tumori più diffusi e meno aggressivi (il carcinoma basocellulare e quello spinocellulare), ma scopre anche che più ci si espone, più si rischia il cancro, specie se si comincia a fare la lampada da giovani.
Lo studio trova anche che il rischio di tumore legato ai lettini solari è lo stesso qualunque sia il fototipo o il grado di pigmentazione della pelle, suggerendo che l’abbronzatura artificiale è ugualmente dannosa per more e bionde.
La questione è tornata d’attualità nei giorni scorsi quando il Ministero della Salute ha deciso di disporre il ritiro dal commercio in tutta Italia di una partita di apparecchi abbronzanti costruite dalla “Smart Technologies” di Genova (per l’esattezza il modello Alien 6 articolo 700/6) perché avrebbero procurato seri danni a diverse donne. Da parte sua, il titolare dell’azienda ha assicurato che, “nel più breve tempo possibile” ritirerà tutti i faretti difettosi.
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Aborto: il sanitario deve risarcire madre, padre, fratelli e bambino nato con una malformazione
Notizia pubblicata il 3 ottobre 2012
Il medico è responsabile se gli esami clinici sono stati inadeguati
Una sentenza innovativa la n. 16754 resa in data odierna dalla Suprema Corte che di fatto rafforza il «diritto di aborto» quella portata all’attenzione da Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Secondo la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, infatti, hanno diritto al risarcimento in conseguenza degli esami clinici inadeguati durante la gravidanza non solo la madre, ma anche tutta la famiglia e il bambino nato con una malformazione.
Nella fattispecie, i giudici del Palazzaccio hanno accolto il ricorso della madre di una bambina nata con la sindrome di Down, della piccola stessa, del padre e degli altri fratelli.
La forza innovativa dell’importante sentenza sta nel fatto che per la prima volta i giudici di legittimità hanno esteso il diritto al risarcimento del danno per violazione del diritto di aborto a tutta la famiglia, e quindi anche nei confronti del figlio nato con la patologia invalidante.
In particolare, affermano testualmente gli ermellini: «la responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale qualificato), anche al padre e prima ancora alla stregua dello stesso principio di diritto posto a presidio del riconoscimento di un diritto risarcitorio autonomo in capo al padre stesso, ai fratelli e alle sorelle del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione e dovuta”.
È un dato di fatto che anche il padre ed i fratelli subiscano un grave danno per il mancato esercizio del diritto di aborto. Danni che perdurano sia per tutta l’esistenza dei genitori che devono dedicare maggiori cure al neonato disabile sia dopo che passano a miglior vita.
I supremi giudici sulla scorta di alcuni assunti della nota sentenza della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo del 28 agosto che ha censurato parzialmente la legge “40” sulla procreazione assistita, hanno statuito un nuovo principio al fine di affermare la risarcibilità dei danni al nascituro considerato dal nostro ordinamento come non ancora soggetto di diritto, rilevando che «la propagazione intersoggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il tramite del suo legale rappresentante, ad agire il giudizio per il risarcimento di un danno che si assume in ipotesi ingiusto (tuttora impregiudicata la questione del nesso causale e dell’ingiustizia del danno lamentato come risarcibile in via autonoma dal neonato)».
Per farla breve, la protezione di colui che deve nascere non scaturisce in via assoluta dalla sua istituzione a soggetto di diritto, oppure per mezzo della negazione di diritti del tutto immaginari, come quello a «non nascere se non sano».
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Aborto: il sanitario deve risarcire madre, padre, fratelli e bambino nato con una malformazione
Notizia pubblicata il 3 ottobre 2012
Il medico è responsabile se gli esami clinici sono stati inadeguati
Una sentenza innovativa la n. 16754 resa in data odierna dalla Suprema Corte che di fatto rafforza il «diritto di aborto» quella portata all’attenzione da Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Secondo la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, infatti, hanno diritto al risarcimento in conseguenza degli esami clinici inadeguati durante la gravidanza non solo la madre, ma anche tutta la famiglia e il bambino nato con una malformazione.
Nella fattispecie, i giudici del Palazzaccio hanno accolto il ricorso della madre di una bambina nata con la sindrome di Down, della piccola stessa, del padre e degli altri fratelli.
La forza innovativa dell’importante sentenza sta nel fatto che per la prima volta i giudici di legittimità hanno esteso il diritto al risarcimento del danno per violazione del diritto di aborto a tutta la famiglia, e quindi anche nei confronti del figlio nato con la patologia invalidante.
In particolare, affermano testualmente gli ermellini: «la responsabilità sanitaria per omessa diagnosi di malformazioni fetali e conseguente nascita indesiderata va estesa, oltre che nei confronti della madre nella qualità di parte contrattuale (ovvero di un rapporto da contatto sociale qualificato), anche al padre e prima ancora alla stregua dello stesso principio di diritto posto a presidio del riconoscimento di un diritto risarcitorio autonomo in capo al padre stesso, ai fratelli e alle sorelle del neonato, che rientrano a pieno titolo tra i soggetti protetti dal rapporto intercorrente tra il medico e la gestante, nei cui confronti la prestazione e dovuta”.
È un dato di fatto che anche il padre ed i fratelli subiscano un grave danno per il mancato esercizio del diritto di aborto. Danni che perdurano sia per tutta l’esistenza dei genitori che devono dedicare maggiori cure al neonato disabile sia dopo che passano a miglior vita.
I supremi giudici sulla scorta di alcuni assunti della nota sentenza della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo del 28 agosto che ha censurato parzialmente la legge “40” sulla procreazione assistita, hanno statuito un nuovo principio al fine di affermare la risarcibilità dei danni al nascituro considerato dal nostro ordinamento come non ancora soggetto di diritto, rilevando che «la propagazione intersoggettiva dell’illecito legittima un soggetto di diritto, quale il neonato, per il tramite del suo legale rappresentante, ad agire il giudizio per il risarcimento di un danno che si assume in ipotesi ingiusto (tuttora impregiudicata la questione del nesso causale e dell’ingiustizia del danno lamentato come risarcibile in via autonoma dal neonato)».
Per farla breve, la protezione di colui che deve nascere non scaturisce in via assoluta dalla sua istituzione a soggetto di diritto, oppure per mezzo della negazione di diritti del tutto immaginari, come quello a «non nascere se non sano».
Re: Notizie Sanitarie da sapere trovate su Internet
pulviscolo e neoplasie.
1) - attività d’ufficio di addetto alla registrazione dati ed esposizione ai raggi ionizzanti dei videoterminali e al pulviscolo del toner delle stampanti.
Il Tar lazio ha precisato:
2) - Sul piano dei precedenti anche giurisprudenziali è affermata l’esistenza di un nesso di causalità tra le neoplasie polmonari da pulviscolo, mentre così non è per gli effetti dello stesso pulviscolo su altri tipi di tumori, in particolare del rene.
Potete leggere la sentenza.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
20/12/2012 201210652 Sentenza 1B
N. 10652/2012 REG.PROV.COLL.
N. 08581/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8581 del 2000, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Di Giovanni, Mariella Di Martino, con domicilio eletto presso l’avv. Fabio Di Giovanni in Roma, via Valadier, 39;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento di diniego concessione equo indennizzo
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 ottobre 2012 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente impugna il decreto del Ministero della Difesa n. 180/N del 29.12.1999 con il quale è stata respinta la sua domanda per la concessione di un equo indennizzo per una infermità dipendente da causa di servizio. In particolare, egli ha chiesto che la patologia di cui è affetto “Esiti di nefrectomia dx neoplasia del rene omolaterale” fosse riconosciuta riconducibile al servizio prestato. Nel ricorso prospetta i seguenti motivi di gravame: vizio di violazione di legge – eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea rappresentazione dei fatti e sotto quello della perplessità.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio il 9 agosto 2000.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 31 ottobre 2012.
DIRITTO
Il ricorrente impugna il provvedimento del Ministero della Difesa con cui gli è stato negato l’equo indennizzo per l’asportazione di un rene per neoplasia. Afferma che nella sua attività d’ufficio di addetto alla registrazione dati sarebbe stato esposto ai raggi ionizzanti dei videoterminali e al pulviscolo del toner delle stampanti. Sulla sua istanza si è espressa favorevolmente la Commissione Medica Ospedaliera, mentre di parere contrario è stato il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, che ha ritenuto insussistente il collegamento tra il tumore del rene con l’attività svolta, in particolare con l’eventuale assorbimento del toner delle fotocopiatrici.
Il ricorrente sostiene invece la sua richiesta con una perizia di parte medico legale e in relazione a precedenti della fine degli anni 1990 di questo TAR relativi però a neoplasie polmonari da inquinamento. Evidenzia poi il contrasto tra il parere favorevole della Commissione Medica Ospedaliera e gli altri pareri, sostenendo che l’Amministrazione non ha spiegato le ragioni per le quali ha aderito al parere del Comitato delle Pensioni Privilegiate Ordinarie.
Ciò premesso il ricorso è infondato.
Sul piano dei precedenti anche giurisprudenziali è affermata l’esistenza di un nesso di causalità tra le neoplasie polmonari da pulviscolo, mentre così non è per gli effetti dello stesso pulviscolo su altri tipi di tumori, in particolare del rene.
E’ inoltre pacifico che l'Amministrazione, quando intenda uniformarsi al giudizio medicolegale del Comitato delle Pensioni Privilegiate Ordinarie, non deve indicare le ragioni che l'hanno indotta a preferire il parere del Comitato anziché quello della commissione Medica Ospedaliera. Il giudizio del Comitato, infatti, svolge funzione di verifica, di sintesi e di composizione dei diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento, attraverso la riconduzione a principi comuni delle attività svolte dalle diverse Commissioni Mediche, sicché non è configurabile alcuna contraddittorietà nel caso di contrasto fra le valutazioni espresse dal Comitato e quelle precedenti di altri organi (cfr. Consiglio Stato sez. VI 24 febbraio 2011 n. 1149; Cons. St., sez. IV, 25 maggio 2005 n. 2676).
Per le ragioni sopra esposte il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore dell’Amministrazione nella misura complessiva di euro 2.000,00(duemila).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione intimata nella misura indicata in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Domenico Landi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/12/2012
1) - attività d’ufficio di addetto alla registrazione dati ed esposizione ai raggi ionizzanti dei videoterminali e al pulviscolo del toner delle stampanti.
Il Tar lazio ha precisato:
2) - Sul piano dei precedenti anche giurisprudenziali è affermata l’esistenza di un nesso di causalità tra le neoplasie polmonari da pulviscolo, mentre così non è per gli effetti dello stesso pulviscolo su altri tipi di tumori, in particolare del rene.
Potete leggere la sentenza.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
20/12/2012 201210652 Sentenza 1B
N. 10652/2012 REG.PROV.COLL.
N. 08581/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8581 del 2000, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Di Giovanni, Mariella Di Martino, con domicilio eletto presso l’avv. Fabio Di Giovanni in Roma, via Valadier, 39;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento di diniego concessione equo indennizzo
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 ottobre 2012 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente impugna il decreto del Ministero della Difesa n. 180/N del 29.12.1999 con il quale è stata respinta la sua domanda per la concessione di un equo indennizzo per una infermità dipendente da causa di servizio. In particolare, egli ha chiesto che la patologia di cui è affetto “Esiti di nefrectomia dx neoplasia del rene omolaterale” fosse riconosciuta riconducibile al servizio prestato. Nel ricorso prospetta i seguenti motivi di gravame: vizio di violazione di legge – eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea rappresentazione dei fatti e sotto quello della perplessità.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio il 9 agosto 2000.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 31 ottobre 2012.
DIRITTO
Il ricorrente impugna il provvedimento del Ministero della Difesa con cui gli è stato negato l’equo indennizzo per l’asportazione di un rene per neoplasia. Afferma che nella sua attività d’ufficio di addetto alla registrazione dati sarebbe stato esposto ai raggi ionizzanti dei videoterminali e al pulviscolo del toner delle stampanti. Sulla sua istanza si è espressa favorevolmente la Commissione Medica Ospedaliera, mentre di parere contrario è stato il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, che ha ritenuto insussistente il collegamento tra il tumore del rene con l’attività svolta, in particolare con l’eventuale assorbimento del toner delle fotocopiatrici.
Il ricorrente sostiene invece la sua richiesta con una perizia di parte medico legale e in relazione a precedenti della fine degli anni 1990 di questo TAR relativi però a neoplasie polmonari da inquinamento. Evidenzia poi il contrasto tra il parere favorevole della Commissione Medica Ospedaliera e gli altri pareri, sostenendo che l’Amministrazione non ha spiegato le ragioni per le quali ha aderito al parere del Comitato delle Pensioni Privilegiate Ordinarie.
Ciò premesso il ricorso è infondato.
Sul piano dei precedenti anche giurisprudenziali è affermata l’esistenza di un nesso di causalità tra le neoplasie polmonari da pulviscolo, mentre così non è per gli effetti dello stesso pulviscolo su altri tipi di tumori, in particolare del rene.
E’ inoltre pacifico che l'Amministrazione, quando intenda uniformarsi al giudizio medicolegale del Comitato delle Pensioni Privilegiate Ordinarie, non deve indicare le ragioni che l'hanno indotta a preferire il parere del Comitato anziché quello della commissione Medica Ospedaliera. Il giudizio del Comitato, infatti, svolge funzione di verifica, di sintesi e di composizione dei diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento, attraverso la riconduzione a principi comuni delle attività svolte dalle diverse Commissioni Mediche, sicché non è configurabile alcuna contraddittorietà nel caso di contrasto fra le valutazioni espresse dal Comitato e quelle precedenti di altri organi (cfr. Consiglio Stato sez. VI 24 febbraio 2011 n. 1149; Cons. St., sez. IV, 25 maggio 2005 n. 2676).
Per le ragioni sopra esposte il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore dell’Amministrazione nella misura complessiva di euro 2.000,00(duemila).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione intimata nella misura indicata in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Domenico Landi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
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