art. 33 l. n. 104/92
Re: art. 33 l. n. 104/92
Ciao foxtrot
Ti consiglio di leggere - anche ai restanti lettori - la sentenza del Tar Sardegna sotto indicata circa le dichiarazioni/impedimenti dei restanti famigliari/parenti, poichè detto Tar ha respinto il ricorso di un militare che aveva chiesto i permessi mensili.
08/05/2012 201200425 Sentenza 1
Ti consiglio di leggere - anche ai restanti lettori - la sentenza del Tar Sardegna sotto indicata circa le dichiarazioni/impedimenti dei restanti famigliari/parenti, poichè detto Tar ha respinto il ricorso di un militare che aveva chiesto i permessi mensili.
08/05/2012 201200425 Sentenza 1
Re: art. 33 l. n. 104/92
Messaggio da foxtrot »
Panorama, capisco che in Italia ne succedono di tutti i colori, anche di queste tipologie ...... cioè "due pesi e due misure", ma a me sembra appunto che il tar del lazio cita tutto il contrario ...... come postato nell'ultima sentenza ....
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza;
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
c). in altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale;d).
in questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Mhaaa sarà ma cercami un collegamento sensato, io non l'ho trovato.
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza;
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
c). in altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale;d).
in questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Mhaaa sarà ma cercami un collegamento sensato, io non l'ho trovato.
Re: art. 33 l. n. 104/92
Con questa sentenza il Ministero della Difesa ha perso l'appello al Consiglio di Stato.
1)- L’Amministrazione - che nel frattempo, in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.A.R., aveva riconosciuto all’originario ricorrente il beneficio ex art. 33, comma 5 - interponeva appello contro la sentenza, impugnandola nella parte relativa al riconoscimento del diritto ai benefici previsti dal comma 3 dello stesso art. 33, vale a dire i permessi mensili. Ne chiedeva al contempo la sospensione dell’efficacia.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
22/05/2012 201202964 Sentenza 4
N. 02964/2012REG.PROV.COLL.
N. 03225/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3225 del 2010, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 00081/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO RICONOSCIMENTO BENEFICI ART. 33 L. 104/92.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udita per l’Amministrazione l’avvocato Melania Nicoli (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor OMISSIS, ………… dell’Esercito, impugnava il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza volta a ottenere la concessione dei benefici previsti dall’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di prestare assistenza alla madre.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione I, dapprima accoglieva la domanda incidentale di sospensione parzialmente, con riguardo alla sola agevolazione di cui al comma 5 del citato articolo 33, ossia al diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Quindi - con sentenza 19 gennaio 2010, n. 81 - accoglieva integralmente il ricorso, annullando il provvedimento in oggetto.
L’Amministrazione - che nel frattempo, in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.A.R., aveva riconosciuto all’originario ricorrente il beneficio ex art. 33, comma 5 - interponeva appello contro la sentenza, impugnandola nella parte relativa al riconoscimento del diritto ai benefici previsti dal comma 3 dello stesso art. 33, vale a dire i permessi mensili. Ne chiedeva al contempo la sospensione dell’efficacia.
La domanda cautelare era accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 5 maggio 2010, n. 2046.
All’udienza pubblica del 24 aprile 2012 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Nella sua formulazione originaria, l’art. 33 della legge n. 104 del 1992 accordava ai familiari di persone con handicap determinate agevolazioni (permessi: comma 3; scelta della sede: comma 5), subordinandole entrambe alla condizione della convivenza.
Su questa specifica normativa la successiva legge 9 marzo 2000, n. 53, interviene in duplice modo:
con l’art. 19, cancella il requisito della convivenza in relazione al (solo) comma 5;
con l’art. 20, stabilisce che le disposizioni dell’art. 33 citato si applicano ai lavoratori “che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”.
Riassunta nei termini che precedono, la nuova disciplina della fattispecie disciplinata dal comma 3 dell’art. 33 suona perplessa. Non a caso, essa ha condotto a opzioni interpretative di segno opposto.
Il Consiglio di Stato in sede consultiva, nelle pronunce richiamate dall’Amministrazione, ha considerato tuttora necessario il requisito della convivenza con riguardo al diritto ai permessi (Sez. III, parere 24 aprile 2007, n. 422; Id., parere 26 febbraio 2008, n. 4694).
Altre decisioni, tuttavia, sono di contrario avviso, ritenendo che per effetto della legge n. 53 del 2000 la convivenza non sia più richiesta in relazione non solo alla fattispecie ex comma 5, ma anche a quella ex comma 3 (Cass. civ., Sez. lav., 22 aprile 2010, n. 9557; Cons. Stato, VI Sez., 1° dicembre 2010, n. 8382).
Poiché di certo non è concesso opporre al quesito un non liquet, occorre prospettarsi quali siano le conseguenze, su un piano interpretativo generale, della scelta tra l’una e l’altra delle soluzioni possibili.
Dire che il requisito della convivenza non è più richiesto per la fattispecie ex comma 3 significa ex adverso accettare una sorta di efficacia ridondante in relazione alla fattispecie ex comma 5, per la quale il medesimo effetto abrogativo discenderebbe sia dall’art. 19 che dall’art. 20 della legge n. 53 del 2000.
Assumere, invece, la permanenza del requisito medesimo nella fattispecie ex comma 3 implica svalutare il disposto dell’art. 20 della legge successiva, sottoponendolo in definitiva - in parte qua - a una interpretazione abrogatrice.
Ora sembra potersi dire che, delle due alternative possibili, quelle che “meno gravemente offende” (per usare una nota espressione) il senso comune è senz’altro la prima.
Adottando questa, infatti, si finisce con il supporre che il legislatore abbia disposto due volte lo stesso effetto (la duplice eliminazione del requisito nella fattispecie ex comma 5). Il che, pur essendo indice di tecnica legislativa scarsamente accurata, in definitiva abundat sed non vitiat.
L’altra ipotesi, invece, condurrebbe a ritenere che il legislatore, con il marcato coordinamento tra l’art. 19 e l’art. 20 della legge n. 53 del 2000, abbia voluto in un luogo e disvoluto nell’altro, finendo così per non introdurre alcuna modifica, sotto il profilo di specie, nella disciplina della fattispecie ex comma 3. E questa sembra conclusione ben poco accettabile, perché è regola comunemente accolta di qualunque operazione ermeneutica (di cui in fondo l’art. 1367 c.c. costituisce soltanto il significativo punto di emersione) quella secondo le proposizioni normative di un testo vanno interpretate, in caso di dubbio, nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
D’altronde, a voler prendere in considerazione il possibile peso di una interpretazione costituzionalmente orientata, pare comunque preferibile quella che, a parità di altri fattori, meglio sia in grado di consentire ai consociati l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà.
In conclusione, deve ritenersi che, secondo una interpretazione svolta nel solco della direttive sopra accennate, per effetto delle legge n. 53 del 2000 la concessione di permessi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap - ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 , così modificato - prescinda dal requisito della convivenza.
L’appello dell’Amministrazione è dunque infondato e va perciò respinto.
Non essendo costituita in giudizio la parte privata appellata, nulla deve disporsi circa le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2012
1)- L’Amministrazione - che nel frattempo, in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.A.R., aveva riconosciuto all’originario ricorrente il beneficio ex art. 33, comma 5 - interponeva appello contro la sentenza, impugnandola nella parte relativa al riconoscimento del diritto ai benefici previsti dal comma 3 dello stesso art. 33, vale a dire i permessi mensili. Ne chiedeva al contempo la sospensione dell’efficacia.
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22/05/2012 201202964 Sentenza 4
N. 02964/2012REG.PROV.COLL.
N. 03225/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3225 del 2010, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 00081/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO RICONOSCIMENTO BENEFICI ART. 33 L. 104/92.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udita per l’Amministrazione l’avvocato Melania Nicoli (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il signor OMISSIS, ………… dell’Esercito, impugnava il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza volta a ottenere la concessione dei benefici previsti dall’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di prestare assistenza alla madre.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione I, dapprima accoglieva la domanda incidentale di sospensione parzialmente, con riguardo alla sola agevolazione di cui al comma 5 del citato articolo 33, ossia al diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Quindi - con sentenza 19 gennaio 2010, n. 81 - accoglieva integralmente il ricorso, annullando il provvedimento in oggetto.
L’Amministrazione - che nel frattempo, in esecuzione dell’ordinanza cautelare del T.A.R., aveva riconosciuto all’originario ricorrente il beneficio ex art. 33, comma 5 - interponeva appello contro la sentenza, impugnandola nella parte relativa al riconoscimento del diritto ai benefici previsti dal comma 3 dello stesso art. 33, vale a dire i permessi mensili. Ne chiedeva al contempo la sospensione dell’efficacia.
La domanda cautelare era accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 5 maggio 2010, n. 2046.
All’udienza pubblica del 24 aprile 2012 l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Nella sua formulazione originaria, l’art. 33 della legge n. 104 del 1992 accordava ai familiari di persone con handicap determinate agevolazioni (permessi: comma 3; scelta della sede: comma 5), subordinandole entrambe alla condizione della convivenza.
Su questa specifica normativa la successiva legge 9 marzo 2000, n. 53, interviene in duplice modo:
con l’art. 19, cancella il requisito della convivenza in relazione al (solo) comma 5;
con l’art. 20, stabilisce che le disposizioni dell’art. 33 citato si applicano ai lavoratori “che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”.
Riassunta nei termini che precedono, la nuova disciplina della fattispecie disciplinata dal comma 3 dell’art. 33 suona perplessa. Non a caso, essa ha condotto a opzioni interpretative di segno opposto.
Il Consiglio di Stato in sede consultiva, nelle pronunce richiamate dall’Amministrazione, ha considerato tuttora necessario il requisito della convivenza con riguardo al diritto ai permessi (Sez. III, parere 24 aprile 2007, n. 422; Id., parere 26 febbraio 2008, n. 4694).
Altre decisioni, tuttavia, sono di contrario avviso, ritenendo che per effetto della legge n. 53 del 2000 la convivenza non sia più richiesta in relazione non solo alla fattispecie ex comma 5, ma anche a quella ex comma 3 (Cass. civ., Sez. lav., 22 aprile 2010, n. 9557; Cons. Stato, VI Sez., 1° dicembre 2010, n. 8382).
Poiché di certo non è concesso opporre al quesito un non liquet, occorre prospettarsi quali siano le conseguenze, su un piano interpretativo generale, della scelta tra l’una e l’altra delle soluzioni possibili.
Dire che il requisito della convivenza non è più richiesto per la fattispecie ex comma 3 significa ex adverso accettare una sorta di efficacia ridondante in relazione alla fattispecie ex comma 5, per la quale il medesimo effetto abrogativo discenderebbe sia dall’art. 19 che dall’art. 20 della legge n. 53 del 2000.
Assumere, invece, la permanenza del requisito medesimo nella fattispecie ex comma 3 implica svalutare il disposto dell’art. 20 della legge successiva, sottoponendolo in definitiva - in parte qua - a una interpretazione abrogatrice.
Ora sembra potersi dire che, delle due alternative possibili, quelle che “meno gravemente offende” (per usare una nota espressione) il senso comune è senz’altro la prima.
Adottando questa, infatti, si finisce con il supporre che il legislatore abbia disposto due volte lo stesso effetto (la duplice eliminazione del requisito nella fattispecie ex comma 5). Il che, pur essendo indice di tecnica legislativa scarsamente accurata, in definitiva abundat sed non vitiat.
L’altra ipotesi, invece, condurrebbe a ritenere che il legislatore, con il marcato coordinamento tra l’art. 19 e l’art. 20 della legge n. 53 del 2000, abbia voluto in un luogo e disvoluto nell’altro, finendo così per non introdurre alcuna modifica, sotto il profilo di specie, nella disciplina della fattispecie ex comma 3. E questa sembra conclusione ben poco accettabile, perché è regola comunemente accolta di qualunque operazione ermeneutica (di cui in fondo l’art. 1367 c.c. costituisce soltanto il significativo punto di emersione) quella secondo le proposizioni normative di un testo vanno interpretate, in caso di dubbio, nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
D’altronde, a voler prendere in considerazione il possibile peso di una interpretazione costituzionalmente orientata, pare comunque preferibile quella che, a parità di altri fattori, meglio sia in grado di consentire ai consociati l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà.
In conclusione, deve ritenersi che, secondo una interpretazione svolta nel solco della direttive sopra accennate, per effetto delle legge n. 53 del 2000 la concessione di permessi per l’assistenza ai familiari portatori di handicap - ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 , così modificato - prescinda dal requisito della convivenza.
L’appello dell’Amministrazione è dunque infondato e va perciò respinto.
Non essendo costituita in giudizio la parte privata appellata, nulla deve disporsi circa le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Seguito sentenza Tar Milano postata il 3 marzo 2012 su questo post.
Il Ministero della Giustizia ha perso l'Appello presso il Consiglo di Stato. La sentenza è di oggi.
Infatti il CdS precisa sulla legge 183/2010:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
2) - Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
Il resto potete leggerlo qui sotto in sentenza.
Finalmente è stata data una giusta motivazione.
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11/07/2012 201204106 Sentenza Breve 4
N. 04106/2012REG.PROV.COLL.
N. 03698/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3698 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
V. V., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fernando Bonelli, con domicilio eletto presso Fernando Bonelli in Roma, Piazzale Clodio, 56;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – Milano - Sezione IV n. 00698/2012, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento richiesto ai sensi della l. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. V. V.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Fernando Bonelli e Daniela Giacobbe, avvocato dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il TAR Lombardia ha accolto il ricorso proposto dal sig. V……., agente scelto del Corpo di Polizia penitenziaria, con il quale il medesimo aveva impugnato il rigetto dell’istanza di trasferimento, avanzata ex art. 3 comma 5 legge 104/92, per assistere un affine in condizioni di grave disabilità.
Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito di continuità della prestazione assistenziale nei confronti del disabile (era emerso che, alla data dell’accertamento dell’invalidità, l’istante prestava servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto disabile).
Il Tribunale, in sede di accoglimento della domanda di annullamento, ha evidenziato come le recenti modifiche apportate dalla l. 4.11.2010 n. 183, al comma 3 ed al comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92, hanno fatto venir meno il requisito della “continuità” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. Ha altresì precisato che non può considerarsi ostativo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183/2010 - che impone di tener conto delle specificità delle Forze Armate rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina - trattandosi di una disposizione meramente programmatica che non esclude l’immediata applicazione della novella anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia.
Propone appello l’amministrazione. La stessa valorizza il tenore letterale dell’art. 19 della 183/2010, la specificità delle esigenze organizzative delle Forze armate e di Polizia, nonchè il primo indirizzo giurisprudenziale adottato dalla Sezione nel senso della non immediata applicabilità delle norme di maggior favore in materia di assistenza ai familiari disabili avuto riguardo alla riconosciuta specialità delle amministrazioni richiamate.
Si è costituito il sig. V……., richiamando e perorando le argomentazioni del Giudice di prime cure.
La causa è stata trattenuta in decisione all’esito della camera di consiglio fissata per la decisione della connessa domanda cautelare, datone avviso alle parti giusto il disposto dell’art. 60 c.p.a..
L’appello non è fondato.
L’art. 24 della legge 183/2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge 104/92, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio. L’art. 19 della medesima legge, rubricato “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, tuttavia, ha previsto che “1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.
L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel “riconoscere la specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni. Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della l.104) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultra vigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
L’appello è in conclusione respinto.
La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2012
Il Ministero della Giustizia ha perso l'Appello presso il Consiglo di Stato. La sentenza è di oggi.
Infatti il CdS precisa sulla legge 183/2010:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
2) - Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
Il resto potete leggerlo qui sotto in sentenza.
Finalmente è stata data una giusta motivazione.
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11/07/2012 201204106 Sentenza Breve 4
N. 04106/2012REG.PROV.COLL.
N. 03698/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3698 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
V. V., rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fernando Bonelli, con domicilio eletto presso Fernando Bonelli in Roma, Piazzale Clodio, 56;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – Milano - Sezione IV n. 00698/2012, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento richiesto ai sensi della l. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. V. V.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Fernando Bonelli e Daniela Giacobbe, avvocato dello Stato;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il TAR Lombardia ha accolto il ricorso proposto dal sig. V……., agente scelto del Corpo di Polizia penitenziaria, con il quale il medesimo aveva impugnato il rigetto dell’istanza di trasferimento, avanzata ex art. 3 comma 5 legge 104/92, per assistere un affine in condizioni di grave disabilità.
Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito di continuità della prestazione assistenziale nei confronti del disabile (era emerso che, alla data dell’accertamento dell’invalidità, l’istante prestava servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto disabile).
Il Tribunale, in sede di accoglimento della domanda di annullamento, ha evidenziato come le recenti modifiche apportate dalla l. 4.11.2010 n. 183, al comma 3 ed al comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92, hanno fatto venir meno il requisito della “continuità” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. Ha altresì precisato che non può considerarsi ostativo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183/2010 - che impone di tener conto delle specificità delle Forze Armate rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina - trattandosi di una disposizione meramente programmatica che non esclude l’immediata applicazione della novella anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia.
Propone appello l’amministrazione. La stessa valorizza il tenore letterale dell’art. 19 della 183/2010, la specificità delle esigenze organizzative delle Forze armate e di Polizia, nonchè il primo indirizzo giurisprudenziale adottato dalla Sezione nel senso della non immediata applicabilità delle norme di maggior favore in materia di assistenza ai familiari disabili avuto riguardo alla riconosciuta specialità delle amministrazioni richiamate.
Si è costituito il sig. V……., richiamando e perorando le argomentazioni del Giudice di prime cure.
La causa è stata trattenuta in decisione all’esito della camera di consiglio fissata per la decisione della connessa domanda cautelare, datone avviso alle parti giusto il disposto dell’art. 60 c.p.a..
L’appello non è fondato.
L’art. 24 della legge 183/2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge 104/92, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio. L’art. 19 della medesima legge, rubricato “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, tuttavia, ha previsto che “1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.
L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che nel “riconoscere la specialità” sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni. Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale etc.); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti, ed ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss’altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della l.104) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultra vigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che hanno ad oggetto esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24 che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta chiaramente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, sì da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
L’appello è in conclusione respinto.
La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Fruizione di tre giorni di permesso mensile, art. 33, co. 3, l.n. 104/92.
Il diniego è motivato in relazione alla circostanza che “vi è un’altra persona non lavoratrice che possa fornire assistenza alla disabile ed esattamente il … marito della disabile”.
Ricorso Accolto.
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18/07/2012 201200491 Sentenza 1
N. 00491/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00366/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 366 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio De Simone Saccà, con domicilio eletto presso Fabio De Simone Saccà Avv. in Reggio Calabria, via del Gelsomino, 35;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
per l'annullamento
del provvedimento di rigetto emesso dal Direttore della casa circondariale di Reggio Calabria in relazione alla richiesta di fruizione di tre giorni di permesso mensile, come previsto dalla l.n.104/92, comunicato in data 26.05.2009 e di ogni altro atto, presupposto, conseguente, connesso e/o collegato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2012 il dott. Caterina Criscenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
OMISSIS, in servizio presso la Casa circondariale di Reggio Calabria, impugnava il provvedimento con il quale il Direttore dell’istituto rigettava la sua richiesta di fruizione di tre giorni di permesso mensile per assistere la madre, per la quale sussistono le condizioni previste dall’art. 3, co. 1 e 3 l.n. 104/92.
Il diniego è motivato in relazione alla circostanza che “vi è un’altra persona non lavoratrice che possa fornire assistenza alla disabile ed esattamente il … marito della disabile”. Detta circostanza viene ritenuta ostativa alla luce della circolare n. 3568/6018 del 12 dicembre 2001, punto 6.2, in base alla quale è necessario, per accordare il permesso, che il soggetto convivente ultrasessantenne sia in possesso in una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta.
Chiede il ricorrente che il diniego venga annullato, in quanto illegittimo per violazione dell’art. 33, co. 3, l.n. 104/92, nonché per eccesso di potere, carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Si costituiva il Ministero della Giustizia, sostenendo la legittimità del proprio operato e segnalando, inoltre, che i requisiti previsti per ottenere i permessi mensili ex art. 33, co. 3, l.n. 104/92, sono diversi rispetto a quelli previsti per il trasferimento ai sensi del co. 5, con la conseguenza che il fatto che lo OMISSIS sia distaccato presso la sede di Messina non implica automaticamente che lo stesso possa fruire dei 3 giorni di permesso mensile.
Con ordinanza del 15 luglio 2009 n. 255 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare e riconosceva al ricorrente il diritto al godimento dei permessi mensili.
In vista dell’udienza pubblica dell’11 gennaio 2012 il Direttore della Casa circondariale di Reggio Calabria rappresentava, con nota 16 dicembre 2011 prot. n. 10005, che non solo era stata data esecuzione all’ordinanza cautelare, ma che essendo stata nel frattempo modificata la normativa relativa ai presupposti per la concessione dei permessi mensili, all’Assistente OMISSIS era stata confermata l’autorizzazione alla fruizione dei permessi, sicché era ormai cessata la materia del contendere.
All’udienza di trattazione del ricorso la difesa di parte ricorrente faceva presente di avere interesse alla definizione del merito, stante la non retroattività della nuova disciplina e, pertanto, il Collegio, con ordinanza n. 36/2012, ordinava all’amministrazione di provvedere al deposito di tutti gli atti citati nella nota prot. n. 10005/11. L’amministrazione vi provvedeva in data 22 febbraio 2012.
All’udienza pubblica del 20 giugno 2012 la causa è stata chiamata e posta in decisione.
Il ricorso è fondato.
La documentazione prodotta dall’amministrazione a sostegno del nuovo provvedimento di concessione dei permessi mensili pone nel nulla le precedenti interpretazioni restrittive che il Ministero aveva posto a base del diniego impugnato dal dipendente. E ciò già in base alla circolare n. 365765 del 9 settembre 2010 (e, quindi, prima della l. 4 novembre 2010 n. 183), che chiarisce che nel caso in cui il dipendente non sia convivente con il familiare portatore di handicap, per esclusività dell’assistenza deve intendersi l’indisponibilità, in termini soggettivi, e non l’oggettiva inesistenza, di altri familiari in grado di assistere il disabile. Con la conseguenza che il beneficio del permesso è accordato anche nei casi in cui sia presente altro familiare convivente con il disabile e “anche nel caso in cui questi sia non lavoratore ed idoneo a fornire assistenza”.
Nel caso in esame, peraltro, risultava documentato che il padre del ricorrente non era in condizioni di assistere la moglie, perché soggetto ultrasessantacinquenne in non buone condizioni di salute, come da certificato medico.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto con conseguente annullamento dell’impugnato diniego.
Le oscillanti indicazioni interpretative fornite dall’amministrazione centrale, nonché la complessa articolazione del contenzioso “lavoristico” del ricorrente (provvisoriamente trasferito presso la Casa circondariale di Messina dopo la sentenza di questo Tar, n. 204 del 28 aprile 2008, ancora non definitiva) giustifica l’integrale compensazione delle spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Ettore Leotta, Presidente
Giuseppe Caruso, Consigliere
Caterina Criscenti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2012
Il diniego è motivato in relazione alla circostanza che “vi è un’altra persona non lavoratrice che possa fornire assistenza alla disabile ed esattamente il … marito della disabile”.
Ricorso Accolto.
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18/07/2012 201200491 Sentenza 1
N. 00491/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00366/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 366 del 2009, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio De Simone Saccà, con domicilio eletto presso Fabio De Simone Saccà Avv. in Reggio Calabria, via del Gelsomino, 35;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
per l'annullamento
del provvedimento di rigetto emesso dal Direttore della casa circondariale di Reggio Calabria in relazione alla richiesta di fruizione di tre giorni di permesso mensile, come previsto dalla l.n.104/92, comunicato in data 26.05.2009 e di ogni altro atto, presupposto, conseguente, connesso e/o collegato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2012 il dott. Caterina Criscenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
OMISSIS, in servizio presso la Casa circondariale di Reggio Calabria, impugnava il provvedimento con il quale il Direttore dell’istituto rigettava la sua richiesta di fruizione di tre giorni di permesso mensile per assistere la madre, per la quale sussistono le condizioni previste dall’art. 3, co. 1 e 3 l.n. 104/92.
Il diniego è motivato in relazione alla circostanza che “vi è un’altra persona non lavoratrice che possa fornire assistenza alla disabile ed esattamente il … marito della disabile”. Detta circostanza viene ritenuta ostativa alla luce della circolare n. 3568/6018 del 12 dicembre 2001, punto 6.2, in base alla quale è necessario, per accordare il permesso, che il soggetto convivente ultrasessantenne sia in possesso in una qualsiasi invalidità comunque riconosciuta.
Chiede il ricorrente che il diniego venga annullato, in quanto illegittimo per violazione dell’art. 33, co. 3, l.n. 104/92, nonché per eccesso di potere, carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Si costituiva il Ministero della Giustizia, sostenendo la legittimità del proprio operato e segnalando, inoltre, che i requisiti previsti per ottenere i permessi mensili ex art. 33, co. 3, l.n. 104/92, sono diversi rispetto a quelli previsti per il trasferimento ai sensi del co. 5, con la conseguenza che il fatto che lo OMISSIS sia distaccato presso la sede di Messina non implica automaticamente che lo stesso possa fruire dei 3 giorni di permesso mensile.
Con ordinanza del 15 luglio 2009 n. 255 il Tribunale accoglieva la domanda cautelare e riconosceva al ricorrente il diritto al godimento dei permessi mensili.
In vista dell’udienza pubblica dell’11 gennaio 2012 il Direttore della Casa circondariale di Reggio Calabria rappresentava, con nota 16 dicembre 2011 prot. n. 10005, che non solo era stata data esecuzione all’ordinanza cautelare, ma che essendo stata nel frattempo modificata la normativa relativa ai presupposti per la concessione dei permessi mensili, all’Assistente OMISSIS era stata confermata l’autorizzazione alla fruizione dei permessi, sicché era ormai cessata la materia del contendere.
All’udienza di trattazione del ricorso la difesa di parte ricorrente faceva presente di avere interesse alla definizione del merito, stante la non retroattività della nuova disciplina e, pertanto, il Collegio, con ordinanza n. 36/2012, ordinava all’amministrazione di provvedere al deposito di tutti gli atti citati nella nota prot. n. 10005/11. L’amministrazione vi provvedeva in data 22 febbraio 2012.
All’udienza pubblica del 20 giugno 2012 la causa è stata chiamata e posta in decisione.
Il ricorso è fondato.
La documentazione prodotta dall’amministrazione a sostegno del nuovo provvedimento di concessione dei permessi mensili pone nel nulla le precedenti interpretazioni restrittive che il Ministero aveva posto a base del diniego impugnato dal dipendente. E ciò già in base alla circolare n. 365765 del 9 settembre 2010 (e, quindi, prima della l. 4 novembre 2010 n. 183), che chiarisce che nel caso in cui il dipendente non sia convivente con il familiare portatore di handicap, per esclusività dell’assistenza deve intendersi l’indisponibilità, in termini soggettivi, e non l’oggettiva inesistenza, di altri familiari in grado di assistere il disabile. Con la conseguenza che il beneficio del permesso è accordato anche nei casi in cui sia presente altro familiare convivente con il disabile e “anche nel caso in cui questi sia non lavoratore ed idoneo a fornire assistenza”.
Nel caso in esame, peraltro, risultava documentato che il padre del ricorrente non era in condizioni di assistere la moglie, perché soggetto ultrasessantacinquenne in non buone condizioni di salute, come da certificato medico.
Il ricorso deve, quindi, essere accolto con conseguente annullamento dell’impugnato diniego.
Le oscillanti indicazioni interpretative fornite dall’amministrazione centrale, nonché la complessa articolazione del contenzioso “lavoristico” del ricorrente (provvisoriamente trasferito presso la Casa circondariale di Messina dopo la sentenza di questo Tar, n. 204 del 28 aprile 2008, ancora non definitiva) giustifica l’integrale compensazione delle spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Ettore Leotta, Presidente
Giuseppe Caruso, Consigliere
Caterina Criscenti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/07/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Seguito sentenza pubblicata il giorno 8 maggio 2012. La potete trovare a pag. 1 dell'argomento.
Il Min.Giust. ha perso un'altro Appello al Consiglio di Stato.
L'interessato all'origine aveva inoltrato istanza per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto da parte del Ministero era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.
IL CONSIGLIO DI STATO ha dichiarato che:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
2) - L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.
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30/07/2012 201204291 Sentenza Breve 4
N. 04291/2012REG.PROV.COLL.
N. 04925/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4925 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
L. L., rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Fasanella, con domicilio eletto presso Maria Saracino in Roma, via Appia Nuova, 251;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 04039/2012, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO AI SENSI DELLA LEGGE 104/92
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di L. L.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellata l’avvocato Domenico Fasanella;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 7 maggio 2012, n. 4039, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I quarter, ha accolto il ricorso del signor L. L., ispettore del Corpo di polizia penitenziaria, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di trasferimento, formulata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.
Il Tribunale regionale, nell’accogliere la domanda di annullamento, ha argomentato sulle recenti modifiche apportate dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ai commi 3 e 5 del citato art. 33 della legge n. 104 del 1992, che avrebbero fatto venir meno il requisito della “esclusività” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. A questa conclusione non sarebbe di ostacolo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183 del 2010 (che impone di tener conto delle specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina), trattandosi di una disposizione meramente programmatica che - anche alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata - non escluderebbe l’immediata applicazione della novella anche al personale in discorso.
L’Amministrazione ha proposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia.
Alla camera di consiglio del 24 luglio 2012, la domanda cautelare è stata chiamata e trattenuta in decisione.
Nella sussistenza dei requisiti di legge e avendone dato comunicazione alla parte privata, sola presente in camera di consiglio, il Collegio è dell’avviso di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.
L’appello non è fondato.
L’art. 24 della legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge n. 104 del 1992, eliminando i requisiti della c.d. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio.
L’art. 19 della medesima legge (“Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), tuttavia, ha previsto che:
“1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze armate e di polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.
L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che, nel “riconoscere la specialità”, sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni.
Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta espressamente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, in modo tale da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.
L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.
La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2012
Il Min.Giust. ha perso un'altro Appello al Consiglio di Stato.
L'interessato all'origine aveva inoltrato istanza per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto da parte del Ministero era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.
IL CONSIGLIO DI STATO ha dichiarato che:
1) - In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
2) - L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.
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30/07/2012 201204291 Sentenza Breve 4
N. 04291/2012REG.PROV.COLL.
N. 04925/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4925 del 2012, proposto da:
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
L. L., rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Fasanella, con domicilio eletto presso Maria Saracino in Roma, via Appia Nuova, 251;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 04039/2012, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO AI SENSI DELLA LEGGE 104/92
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di L. L.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellata l’avvocato Domenico Fasanella;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 7 maggio 2012, n. 4039, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I quarter, ha accolto il ricorso del signor L. L., ispettore del Corpo di polizia penitenziaria, contro il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di trasferimento, formulata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per assistere i nonni paterni della propria moglie, riconosciuti come disabili.
Il rigetto era fondato sul rilievo dell’insussistenza del requisito della esclusività dell’assistenza, da parte del ricorrente.
Il Tribunale regionale, nell’accogliere la domanda di annullamento, ha argomentato sulle recenti modifiche apportate dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183, ai commi 3 e 5 del citato art. 33 della legge n. 104 del 1992, che avrebbero fatto venir meno il requisito della “esclusività” nell’assistenza del familiare portatore di handicap. A questa conclusione non sarebbe di ostacolo il disposto dell’art. 19 della citata legge n. 183 del 2010 (che impone di tener conto delle specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rinviando ad una successiva disciplina di natura primaria la speciale disciplina), trattandosi di una disposizione meramente programmatica che - anche alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata - non escluderebbe l’immediata applicazione della novella anche al personale in discorso.
L’Amministrazione ha proposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia.
Alla camera di consiglio del 24 luglio 2012, la domanda cautelare è stata chiamata e trattenuta in decisione.
Nella sussistenza dei requisiti di legge e avendone dato comunicazione alla parte privata, sola presente in camera di consiglio, il Collegio è dell’avviso di poter definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 60 e 74 c.p.a.
L’appello non è fondato.
L’art. 24 della legge n. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge n. 104 del 1992, eliminando i requisiti della c.d. continuità ed esclusività nell’assistenza quali necessari presupposti del beneficio.
L’art. 19 della medesima legge (“Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”), tuttavia, ha previsto che:
“1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
2. La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.
Secondo una primissima esegesi fornita dalla Sezione, che pone l’accento sull’ampia accezione dei “contenuti del rapporto di impiego” ivi richiamati, sulla “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali” che interessano il personale delle Forze armate e di polizia in ragione della propria missione istituzionale, la successiva disciplina attuativa costituisce una passaggio necessario, in mancanza del quale le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non possono trovare immediata applicazione.
L’assunto, seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che, nel “riconoscere la specialità”, sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni.
Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta espressamente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, in modo tale da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.
Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.
L’Amministrazione dovrà quindi riesaminare l’istanza del signor L….. e accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.
La novità delle questioni e lo stato della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Il CdS ha respinto il ricorso dell'interessato che aveva chiesto ai sensi della legge art. 33 comma 5 L. 104/92 il TRASFERIMENTO SEDE.
Il CdS ha fatto presente che:
1) - La giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di esprimersi sul punto, con orientamento dal quale non si ritiene in questa sede di discostarsi, ponendo in rilievo il principio per il quale l’assistenza regolata dalla legge in applicazione non postula un dovere di assistenza che deve essere esercitato personalmente da parte del dipendente istante, potendo questa essere sostituita anche mediante un’idonea organizzazione materiale del supporto richiesto. Conseguentemente, e fermo restando (come evidenziato dal TAR) che le situazioni di indisponibilità parentale non possono consistere nell’attendere alle normali occupazioni della vita (come emerge in atti nel caso del sig. L. C. G.) (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV,n.4172/2010) , nella fattispecie resta sostanzialmente irrilevante un’eventuale indagine sulla gravità delle condizioni di salute dei parenti indicati dall’istante.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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01/08/2012 201204408 Sentenza 4
N. 04408/2012REG.PROV.COLL.
N. 07010/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7010 del 2009, proposto da:
L. G., rappresentato e difeso dagli avv. Fernando Bonelli, Maria Immacolata Amoroso, con domicilio eletto presso Fernando Bonelli in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 06180/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUATER n. 06180/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO SEDE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Raffaele Potenza;
Udito l’Avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. L. G., allievo agente del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la scuola di formazione di Cairo Montenotte, ha contestato la legittimità del provvedimento in data 26/11/2008 (GDAP–0415168-2008) con il quale l’Amministrazione intimata - opponendo la carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza - ha respinto la sua domanda di trasferimento, presentata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, al fine di “continuare ad assistere il proprio padre G. G.”, portatore di grave handicap.
A sostegno della domanda di annullamento, il ricorrente prospettava i seguenti motivi di gravame:
-Violazione di legge art. 33 comma 5 L. 104/92. Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. L’indisponibilità dei vari parenti ad assistere il disabile sig. G. G. è stata compiutamente documentata. Non si capiscono, pertanto, le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a rigettare l’istanza di trasferimento, formulata ex lege 104/92, se non nella negligenza della stessa Amministrazione nel vagliare e valutare la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.
2.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
3. Il sig. OMISSIS ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione .
3.1.- Si è costituito nel giudizio il Ministero della giustizia, resistendo all’appello.-
3.2.- Con ordinanza cautelare (n.4652 del 2009) il Consiglio ha disposto il rigetto della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dall’appellante.
Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello sottoposto alla Sezione controverte della legittimità di un diniego di trasferimento di agente di polizia penitenziaria, richiesto ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992. Il giudice di prime cure, dopo aver riassunto le norme e di principi regolanti la materia, ha respinto il ricorso osservando in particolare che:
- l’Amministrazione ha l’obbligo di verificare “l’ “indisponibilità” soggettiva o oggettiva di altri parenti e/o affini entro il terzo grado del disabile e di emettere una decisione negativa “ove emerga la presenza di parenti e/o affini nelle vicinanze del portatore di handicap in posizione fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al trasferimento, atteso che tale presenza “fa venir meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra la possibilità di assistenza alternativa”;
- il Ministero, nel ritenere che “da un attento esame degli atti prodotti, il requisito dell’esclusività non sembra sussistere nel caso in esame, in quanto scarsamente documentato” ha correttamente ribadito che “la dimostrazione che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi dell’assistenza al disabile non può trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente anche stati psico-fisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati”.
1.2. La sentenza è da ritenersi erronea ad avviso dell’appellante, il quale deduce in sostanza un’unica ed assorbente considerazione , sostenendo che il ricorrente ha prodotto non semplici dichiarazioni apodittiche e formali ma vere e proprie attestazioni anche mediche dalle quali si evincerebbe la indisponibilità di talune persone ad accudire il disabile con carattere di continuità. La tesi non può essere accolta.
La giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di esprimersi sul punto, con orientamento dal quale non si ritiene in questa sede di discostarsi, ponendo in rilievo il principio per il quale l’assistenza regolata dalla legge in applicazione non postula un dovere di assistenza che deve essere esercitato personalmente da parte del dipendente istante, potendo questa essere sostituita anche mediante un’idonea organizzazione materiale del supporto richiesto. Conseguentemente, e fermo restando (come evidenziato dal TAR) che le situazioni di indisponibilità parentale non possono consistere nell’attendere alle normali occupazioni della vita (come emerge in atti nel caso del sig. L. C. G.) (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV,n.4172/2010) , nella fattispecie resta sostanzialmente irrilevante un’eventuale indagine sulla gravità delle condizioni di salute dei parenti indicati dall’istante.
2.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
Circa le spese del presente grado di giudizio, reputa equo il Collegio compensarle.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2012
Il CdS ha fatto presente che:
1) - La giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di esprimersi sul punto, con orientamento dal quale non si ritiene in questa sede di discostarsi, ponendo in rilievo il principio per il quale l’assistenza regolata dalla legge in applicazione non postula un dovere di assistenza che deve essere esercitato personalmente da parte del dipendente istante, potendo questa essere sostituita anche mediante un’idonea organizzazione materiale del supporto richiesto. Conseguentemente, e fermo restando (come evidenziato dal TAR) che le situazioni di indisponibilità parentale non possono consistere nell’attendere alle normali occupazioni della vita (come emerge in atti nel caso del sig. L. C. G.) (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV,n.4172/2010) , nella fattispecie resta sostanzialmente irrilevante un’eventuale indagine sulla gravità delle condizioni di salute dei parenti indicati dall’istante.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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01/08/2012 201204408 Sentenza 4
N. 04408/2012REG.PROV.COLL.
N. 07010/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7010 del 2009, proposto da:
L. G., rappresentato e difeso dagli avv. Fernando Bonelli, Maria Immacolata Amoroso, con domicilio eletto presso Fernando Bonelli in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 06180/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUATER n. 06180/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO SEDE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. Raffaele Potenza;
Udito l’Avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. L. G., allievo agente del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la scuola di formazione di Cairo Montenotte, ha contestato la legittimità del provvedimento in data 26/11/2008 (GDAP–0415168-2008) con il quale l’Amministrazione intimata - opponendo la carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza - ha respinto la sua domanda di trasferimento, presentata ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, al fine di “continuare ad assistere il proprio padre G. G.”, portatore di grave handicap.
A sostegno della domanda di annullamento, il ricorrente prospettava i seguenti motivi di gravame:
-Violazione di legge art. 33 comma 5 L. 104/92. Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. L’indisponibilità dei vari parenti ad assistere il disabile sig. G. G. è stata compiutamente documentata. Non si capiscono, pertanto, le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a rigettare l’istanza di trasferimento, formulata ex lege 104/92, se non nella negligenza della stessa Amministrazione nel vagliare e valutare la sussistenza dei requisiti previsti dalla normativa.
2.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso.
3. Il sig. OMISSIS ha impugnato la sentenza del TAR, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione .
3.1.- Si è costituito nel giudizio il Ministero della giustizia, resistendo all’appello.-
3.2.- Con ordinanza cautelare (n.4652 del 2009) il Consiglio ha disposto il rigetto della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dall’appellante.
Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello sottoposto alla Sezione controverte della legittimità di un diniego di trasferimento di agente di polizia penitenziaria, richiesto ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992. Il giudice di prime cure, dopo aver riassunto le norme e di principi regolanti la materia, ha respinto il ricorso osservando in particolare che:
- l’Amministrazione ha l’obbligo di verificare “l’ “indisponibilità” soggettiva o oggettiva di altri parenti e/o affini entro il terzo grado del disabile e di emettere una decisione negativa “ove emerga la presenza di parenti e/o affini nelle vicinanze del portatore di handicap in posizione fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al trasferimento, atteso che tale presenza “fa venir meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra la possibilità di assistenza alternativa”;
- il Ministero, nel ritenere che “da un attento esame degli atti prodotti, il requisito dell’esclusività non sembra sussistere nel caso in esame, in quanto scarsamente documentato” ha correttamente ribadito che “la dimostrazione che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi dell’assistenza al disabile non può trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente anche stati psico-fisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati”.
1.2. La sentenza è da ritenersi erronea ad avviso dell’appellante, il quale deduce in sostanza un’unica ed assorbente considerazione , sostenendo che il ricorrente ha prodotto non semplici dichiarazioni apodittiche e formali ma vere e proprie attestazioni anche mediche dalle quali si evincerebbe la indisponibilità di talune persone ad accudire il disabile con carattere di continuità. La tesi non può essere accolta.
La giurisprudenza di questo Consesso ha già avuto modo di esprimersi sul punto, con orientamento dal quale non si ritiene in questa sede di discostarsi, ponendo in rilievo il principio per il quale l’assistenza regolata dalla legge in applicazione non postula un dovere di assistenza che deve essere esercitato personalmente da parte del dipendente istante, potendo questa essere sostituita anche mediante un’idonea organizzazione materiale del supporto richiesto. Conseguentemente, e fermo restando (come evidenziato dal TAR) che le situazioni di indisponibilità parentale non possono consistere nell’attendere alle normali occupazioni della vita (come emerge in atti nel caso del sig. L. C. G.) (per il principio v. Cons. di Stato, sez. IV,n.4172/2010) , nella fattispecie resta sostanzialmente irrilevante un’eventuale indagine sulla gravità delle condizioni di salute dei parenti indicati dall’istante.
2.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
Circa le spese del presente grado di giudizio, reputa equo il Collegio compensarle.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/08/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Il T.A.R. per l' Umbria sede di Perugia la vede diversamente, infatti ha respinto questo ricorso poichè era stata rigettata dal Comando l’istanza di trasferimento avanzata ai sensi dell’articolo 33 della legge 104/1992, per asserita mancanza dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza.
Speriamo che il collega faccia appello al CdS.
Leggete qui sotto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00373/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00485/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 485 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Gozzi, domiciliato presso il T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
- del provvedimento della Direzione generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria prot. n. GDAP-0272312-2011 in data 11 luglio 2011, con cui veniva rigettata l’istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi dell’articolo 33 della legge 104/1992, per asserita mancanza dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza;
- nonché per l'annullamento di tutti gli atti e provvedimenti comunque ad esso preordinati, coordinati e comunque correlati e connessi anche se non conosciuti dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, agente scelto della Polizia Penitenziaria, ha chiesto, ai sensi dell’articolo 33, comma 5, della legge 104/1992, di essere trasferito dal carcere di Sollicciano (Firenze) a quello di Spoleto (presso il quale era già stato a lungo distaccato), quale sede più vicina alla residenza del padre, handicappato grave.
2. Con provvedimento prot. GDAP 0272312-2011 in data 11 luglio 2011, il direttore generale dell’Ufficio del personale del Corpo, ha rigettato l’istanza, sostenendo la mancanza dei requisiti sia della “continuità” che della “esclusività” della prestazione assistenziale. Ciò, in quanto, rispettivamente, la condizione di handicap grave del padre risale al 2004 mentre il ricorrente è in servizio in una sede inidonea, poiché distante, a prestargli assistenza continua, e non è l’unico familiare stretto in grado di assistere il disabile.
3. Il ricorrente impugna il diniego.
Sostiene che l’articolo 33, della legge 104/1992, come modificato, in ultimo, dall’articolo 24 della legge 183/2010, ha ridefinito i presupposti per la concessione delle agevolazioni al lavoratore che abbia un familiare disabile grave da assistere, espungendo quelli della “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza, e introducendo la possibilità di accordare la tutela al disabile anche in relazione ad un rapporto di assistenza che inizi ex novo (e non solo a quello che sia già in atto).
Né è contestabile l’applicazione della norma novellata oggi vigente all’istanza in questione, essendo essa già in vigore al momento dell’adozione del diniego, e non potendosi considerare preclusivo della sua immediata applicazione l’articolo 19 della legge 183/2010, da ritenere, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, norma meramente programmatica.
4. Resiste per l’Amministrazione l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, controdeducendo puntualmente.
5. Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
5.1. Questo Tribunale ha più volte deciso ricorsi concernenti la portata applicativa dell’articolo 33 della legge 104/1992 (anche se con particolare riferimento ai permessi retribuiti di cui al comma 3), affermando costantemente (ma sempre con riferimento al testo previgente della disposizione, risultante dalle modifiche apportate dalla legge 53/2000) che il requisito della “esclusività” dell’assistenza al parente disabile deve intendersi:
- nel senso dell’inesistenza di altri parenti o affini stretti, che siano in grado di prestare l’assistenza per la quale vengono richiesti i benefici;
- oppure, esistendo tali familiari, dell’impossibilità che essi, a causa di impedimenti oggettivi o comunque di motivi seri ed apprezzabili, che l’interessato è tenuto ad allegare alla domanda, prestino in concreto l’assistenza in questione (cfr., da ultimo, sent. 13 gennaio 2011, n. 5).
Il presupposto della “continuità” dell’assistenza, in ragione della motivazione dei provvedimenti impugnati, non è stato oggetto di approfondimenti.
5.2. La mancanza del requisito della “esclusività”, nel senso sopra precisato, non viene contestata dal ricorrente.
5.3. Vero è che, secondo la giurisprudenza prevalente, a seguito della novellazione disposta dalla legge 183/2010, la concessione dei benefici in questione prescinde ormai dalla positiva verifica dei suddetti presupposti (cfr., Cons. Stato, III, 7 marzo 2012, n. 1293; TAR Lazio, I-quater, 7 ottobre 2011, n. 7816; 28 luglio 2011, n. 5907; 23 giugno 2011, n. 4030 e n. 5581; TAR Sicilia, Catania, III, 22 luglio 2011, n. 1999), così come sostiene il ricorrente.
5.4. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 19 della legge 183/2010, <<Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti>> (comma 1) e <<La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie>> (comma 2)..
E, contrariamente alla tesi del ricorrente, la giurisprudenza prevalente è nel senso che la nuova disciplina dell’articolo 33 della legge 104/1992 potrà trovare applicazione per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia (nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria) ed al Corpo Nazionale dei VV.FF., solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’articolo 19, comma 2, sopra riportato, dovendosi appunto tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti (cfr. Cons. Stato, IV, 10 gennaio 2012, n. 66; 5 maggio 2011, n. 2707).
5.5. Pertanto in assenza di detta disciplina attuativa (alla quale è demandato il compito di individuare il punto di equilibrio tra l’interesse organizzativo e funzionale delle Amministrazioni datrici di lavoro e quelli del dipendente e del parente disabile assistito, in precedenza legato, tra l’altro, all’applicazione dei parametri della “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza), non poteva che continuare ad applicarsi la norma risultante dalla previgente formulazione della disposizione.
6. Ciò, evidentemente, non precluderà al ricorrente di presentare, alla luce della sopravvenuta disciplina, una nuova istanza di trasferimento dall'attuale sede di servizio.
7. In considerazione dell’evoluzione del quadro normativo e degli orientamenti giurisprudenziali, sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2012
Speriamo che il collega faccia appello al CdS.
Leggete qui sotto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00373/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00485/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 485 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Gozzi, domiciliato presso il T.A.R. Umbria in Perugia, via Baglioni, 3;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Perugia, via degli Offici, 14;
per l'annullamento
- del provvedimento della Direzione generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria prot. n. GDAP-0272312-2011 in data 11 luglio 2011, con cui veniva rigettata l’istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi dell’articolo 33 della legge 104/1992, per asserita mancanza dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza;
- nonché per l'annullamento di tutti gli atti e provvedimenti comunque ad esso preordinati, coordinati e comunque correlati e connessi anche se non conosciuti dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2012 il dott. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, agente scelto della Polizia Penitenziaria, ha chiesto, ai sensi dell’articolo 33, comma 5, della legge 104/1992, di essere trasferito dal carcere di Sollicciano (Firenze) a quello di Spoleto (presso il quale era già stato a lungo distaccato), quale sede più vicina alla residenza del padre, handicappato grave.
2. Con provvedimento prot. GDAP 0272312-2011 in data 11 luglio 2011, il direttore generale dell’Ufficio del personale del Corpo, ha rigettato l’istanza, sostenendo la mancanza dei requisiti sia della “continuità” che della “esclusività” della prestazione assistenziale. Ciò, in quanto, rispettivamente, la condizione di handicap grave del padre risale al 2004 mentre il ricorrente è in servizio in una sede inidonea, poiché distante, a prestargli assistenza continua, e non è l’unico familiare stretto in grado di assistere il disabile.
3. Il ricorrente impugna il diniego.
Sostiene che l’articolo 33, della legge 104/1992, come modificato, in ultimo, dall’articolo 24 della legge 183/2010, ha ridefinito i presupposti per la concessione delle agevolazioni al lavoratore che abbia un familiare disabile grave da assistere, espungendo quelli della “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza, e introducendo la possibilità di accordare la tutela al disabile anche in relazione ad un rapporto di assistenza che inizi ex novo (e non solo a quello che sia già in atto).
Né è contestabile l’applicazione della norma novellata oggi vigente all’istanza in questione, essendo essa già in vigore al momento dell’adozione del diniego, e non potendosi considerare preclusivo della sua immediata applicazione l’articolo 19 della legge 183/2010, da ritenere, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, norma meramente programmatica.
4. Resiste per l’Amministrazione l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, controdeducendo puntualmente.
5. Il ricorso è infondato e deve pertanto essere respinto.
5.1. Questo Tribunale ha più volte deciso ricorsi concernenti la portata applicativa dell’articolo 33 della legge 104/1992 (anche se con particolare riferimento ai permessi retribuiti di cui al comma 3), affermando costantemente (ma sempre con riferimento al testo previgente della disposizione, risultante dalle modifiche apportate dalla legge 53/2000) che il requisito della “esclusività” dell’assistenza al parente disabile deve intendersi:
- nel senso dell’inesistenza di altri parenti o affini stretti, che siano in grado di prestare l’assistenza per la quale vengono richiesti i benefici;
- oppure, esistendo tali familiari, dell’impossibilità che essi, a causa di impedimenti oggettivi o comunque di motivi seri ed apprezzabili, che l’interessato è tenuto ad allegare alla domanda, prestino in concreto l’assistenza in questione (cfr., da ultimo, sent. 13 gennaio 2011, n. 5).
Il presupposto della “continuità” dell’assistenza, in ragione della motivazione dei provvedimenti impugnati, non è stato oggetto di approfondimenti.
5.2. La mancanza del requisito della “esclusività”, nel senso sopra precisato, non viene contestata dal ricorrente.
5.3. Vero è che, secondo la giurisprudenza prevalente, a seguito della novellazione disposta dalla legge 183/2010, la concessione dei benefici in questione prescinde ormai dalla positiva verifica dei suddetti presupposti (cfr., Cons. Stato, III, 7 marzo 2012, n. 1293; TAR Lazio, I-quater, 7 ottobre 2011, n. 7816; 28 luglio 2011, n. 5907; 23 giugno 2011, n. 4030 e n. 5581; TAR Sicilia, Catania, III, 22 luglio 2011, n. 1999), così come sostiene il ricorrente.
5.4. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 19 della legge 183/2010, <<Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti>> (comma 1) e <<La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie>> (comma 2)..
E, contrariamente alla tesi del ricorrente, la giurisprudenza prevalente è nel senso che la nuova disciplina dell’articolo 33 della legge 104/1992 potrà trovare applicazione per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia (nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria) ed al Corpo Nazionale dei VV.FF., solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’articolo 19, comma 2, sopra riportato, dovendosi appunto tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti (cfr. Cons. Stato, IV, 10 gennaio 2012, n. 66; 5 maggio 2011, n. 2707).
5.5. Pertanto in assenza di detta disciplina attuativa (alla quale è demandato il compito di individuare il punto di equilibrio tra l’interesse organizzativo e funzionale delle Amministrazioni datrici di lavoro e quelli del dipendente e del parente disabile assistito, in precedenza legato, tra l’altro, all’applicazione dei parametri della “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza), non poteva che continuare ad applicarsi la norma risultante dalla previgente formulazione della disposizione.
6. Ciò, evidentemente, non precluderà al ricorrente di presentare, alla luce della sopravvenuta disciplina, una nuova istanza di trasferimento dall'attuale sede di servizio.
7. In considerazione dell’evoluzione del quadro normativo e degli orientamenti giurisprudenziali, sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Carlo Luigi Cardoni, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/09/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Questa sentenza, per l'ottemperanza del provvedimento 0117130/12 con il quale e' stata censurata la sentenza n. 8136/11 tar lazio sez. i quater ed e' stato ribadito il rigetto dell'istanza di trasferimento ex art. 33 co. 5 l.n. 104/92 nonche' esecuzione del giudicato - sentenza 8136/11 tar lazio sez. i^ quater, riguarda il caso di un agente di polizia penitenziaria.
Il Tar Lazio ha fatto presente:
1) - In caso di ulteriore inadempienza, su istanza di parte verrà nominato un commissario ad acta e gli atti saranno trasmessi alla Procura contabile, per accertare eventuali responsabilità personali del dirigente coinvolto nella fattispecie.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 08317/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04306/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4306 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fabrizio Casella, con domicilio eletto presso Maria Immacolata Amoroso in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'ottemperanza
provvedimento 0117130/12 con il quale e' stata censurata la sentenza n. 8136/11 tar lazio sez. i quater ed e' stato ribadito il rigetto dell'istanza di trasferimento ex art. 33 co. 5 l.n. 104/92 nonche' esecuzione del giudicato - sentenza 8136/11 tar lazio sez. i^ quater
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente agisce per l’esecuzione della sentenza n. 8136 del 2011 di questo Tribunale, non appellata, con cui è stato annullato il rigetto dell’istanza di trasferimento che egli, agente di polizia penitenziaria, aveva proposto ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, per assistere un parente disabile.
Con tale decisione, questo Tribunale ha espressamente affermato che, nel valutare tale istanza, l’amministrazione non avrebbe potuto ritenere ostativo all’accoglimento il difetto dei requisiti di continuità ed esclusività nell’assistenza, in quanto non più richiesti dalla vigente normativa. Si è altresì accertato che la sede cui il ricorrente aveva chiesto di essere trasferito versava in carenza di organico.
Il Tribunale, nell’annullare il diniego, ha fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, che avrebbe pertanto dovuto pronunciarsi nuovamente sull’istanza, che va accolta “ove possibile”, naturalmente sulla base del vincolo costituito da quanto accertato dal Tribunale in fatto ed in diritto.
Il ricorrente lamenta, che, al contrario, l’amministrazione avrebbe eluso il vincolo del giudicato, mancando di rivalutare la fattispecie, ma limitandosi a riproporre i motivi di diniego già superati dal Tribunale.
La censura è fondata e determina la nullità del nuovo atto di diniego, adottato il 22 marzo 2012.
Tale provvedimento, infatti, equivocando il significato del rinvio operato dalla sentenza n. 8136 del 2011 agli ulteriori atti dell’amministrazione, non ha affatto circoscritto il proprio oggetto ad una ponderazione degli interessi sottesi alla domanda, evidenziando le eventuali ragioni ostative all’accoglimento, ma si è risolto in un’indebita censura in diritto rispetto alle statuizioni del Tribunale.
Vi si è affermato, infatti, che il requisito della continuità ed esclusività dell’assistenza continua ad essere richiesto dalla legge e che il percorso argomentativo seguito dal Tribunale, anche con riguardo alla carenza di organico sopra rilevata, è “errato” e “sorprendente”.
È del tutto evidente che l’amministrazione, sotto le spoglie di un riesame della fattispecie, ha invece reiterato l’atto già annullato in sede giurisdizionale, esorbitando dalle proprie attribuzioni e violando, in una con il giudicato, il principio di separazione tra i poteri dello Stato, che verrebbe compromesso ove fosse consentito al potere esecutivo di porre nel nulla i provvedimenti giurisdizionali, omettendo di darvi applicazione.
Ne segue che, dichiarata la nullità del provvedimento di diniego del 22 marzo 2012, va ordinato all’amministrazione penitenziaria di riesaminare la domanda del ricorrente, entro 30 giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.
In tale sede, è fatto divieto di attribuire qualsivoglia rilievo ai requisiti della continuità ed esclusività.
Il riesame andrà inoltre affidato a funzionario, con qualifica dirigenziale, diverso dal direttore dell’ufficio dott. Silvio Di Gregorio, atteso che quest’ultimo, sottoscrivendo l’atto nullo, si è rilevato del tutto inidoneo al compito.
In caso di ulteriore inadempienza, su istanza di parte verrà nominato un commissario ad acta e gli atti saranno trasmessi alla Procura contabile, per accertare eventuali responsabilità personali del dirigente coinvolto nella fattispecie.
Le spese, anche alla luce della gravità dell’inadempimento, seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
Ordina all’amministrazione di provvedere nuovamente sull’istanza, con i limiti indicati in motivazione, entro 30 giorni, riservata la nomina di un commissario ad acta.
Dichiara nullo l’atto di diniego del 22 marzo 2012.
Condanna l’amministrazione a rifondere le spese, che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/10/2012
Il Tar Lazio ha fatto presente:
1) - In caso di ulteriore inadempienza, su istanza di parte verrà nominato un commissario ad acta e gli atti saranno trasmessi alla Procura contabile, per accertare eventuali responsabilità personali del dirigente coinvolto nella fattispecie.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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N. 08317/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04306/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4306 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Immacolata Amoroso, Fabrizio Casella, con domicilio eletto presso Maria Immacolata Amoroso in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'ottemperanza
provvedimento 0117130/12 con il quale e' stata censurata la sentenza n. 8136/11 tar lazio sez. i quater ed e' stato ribadito il rigetto dell'istanza di trasferimento ex art. 33 co. 5 l.n. 104/92 nonche' esecuzione del giudicato - sentenza 8136/11 tar lazio sez. i^ quater
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente agisce per l’esecuzione della sentenza n. 8136 del 2011 di questo Tribunale, non appellata, con cui è stato annullato il rigetto dell’istanza di trasferimento che egli, agente di polizia penitenziaria, aveva proposto ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992, per assistere un parente disabile.
Con tale decisione, questo Tribunale ha espressamente affermato che, nel valutare tale istanza, l’amministrazione non avrebbe potuto ritenere ostativo all’accoglimento il difetto dei requisiti di continuità ed esclusività nell’assistenza, in quanto non più richiesti dalla vigente normativa. Si è altresì accertato che la sede cui il ricorrente aveva chiesto di essere trasferito versava in carenza di organico.
Il Tribunale, nell’annullare il diniego, ha fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, che avrebbe pertanto dovuto pronunciarsi nuovamente sull’istanza, che va accolta “ove possibile”, naturalmente sulla base del vincolo costituito da quanto accertato dal Tribunale in fatto ed in diritto.
Il ricorrente lamenta, che, al contrario, l’amministrazione avrebbe eluso il vincolo del giudicato, mancando di rivalutare la fattispecie, ma limitandosi a riproporre i motivi di diniego già superati dal Tribunale.
La censura è fondata e determina la nullità del nuovo atto di diniego, adottato il 22 marzo 2012.
Tale provvedimento, infatti, equivocando il significato del rinvio operato dalla sentenza n. 8136 del 2011 agli ulteriori atti dell’amministrazione, non ha affatto circoscritto il proprio oggetto ad una ponderazione degli interessi sottesi alla domanda, evidenziando le eventuali ragioni ostative all’accoglimento, ma si è risolto in un’indebita censura in diritto rispetto alle statuizioni del Tribunale.
Vi si è affermato, infatti, che il requisito della continuità ed esclusività dell’assistenza continua ad essere richiesto dalla legge e che il percorso argomentativo seguito dal Tribunale, anche con riguardo alla carenza di organico sopra rilevata, è “errato” e “sorprendente”.
È del tutto evidente che l’amministrazione, sotto le spoglie di un riesame della fattispecie, ha invece reiterato l’atto già annullato in sede giurisdizionale, esorbitando dalle proprie attribuzioni e violando, in una con il giudicato, il principio di separazione tra i poteri dello Stato, che verrebbe compromesso ove fosse consentito al potere esecutivo di porre nel nulla i provvedimenti giurisdizionali, omettendo di darvi applicazione.
Ne segue che, dichiarata la nullità del provvedimento di diniego del 22 marzo 2012, va ordinato all’amministrazione penitenziaria di riesaminare la domanda del ricorrente, entro 30 giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.
In tale sede, è fatto divieto di attribuire qualsivoglia rilievo ai requisiti della continuità ed esclusività.
Il riesame andrà inoltre affidato a funzionario, con qualifica dirigenziale, diverso dal direttore dell’ufficio dott. Silvio Di Gregorio, atteso che quest’ultimo, sottoscrivendo l’atto nullo, si è rilevato del tutto inidoneo al compito.
In caso di ulteriore inadempienza, su istanza di parte verrà nominato un commissario ad acta e gli atti saranno trasmessi alla Procura contabile, per accertare eventuali responsabilità personali del dirigente coinvolto nella fattispecie.
Le spese, anche alla luce della gravità dell’inadempimento, seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
Ordina all’amministrazione di provvedere nuovamente sull’istanza, con i limiti indicati in motivazione, entro 30 giorni, riservata la nomina di un commissario ad acta.
Dichiara nullo l’atto di diniego del 22 marzo 2012.
Condanna l’amministrazione a rifondere le spese, che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/10/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
1) - Con sentenza in forma semplificata, ex art. 60 c.p.a., n. 1999/2011, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato perché in esso detta Ammini-strazione non aveva tenuto conto della novella da ultimo apportata all’art. 33 della L. n. 104/2002 dalla l. n. 183 del 4/11/2010, che ha espunto dalla norma in questione, nella sua vecchia formulazione, il requisito della continuità e della esclusività dell’assistenza al parente portatore di handicap.
L'Amm.ne ha perso l'Appello.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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01/10/2012 201200846 Sentenza 1
N. 846/12 Reg.Sent.
N. 1273 Reg.Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 1273/2011 proposto da
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, è ope legis domiciliato;
c o n t r o
OMISSIS rappresentato e difeso dall’avv. Pietro De Luca ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Notarbartolo n. 5, presso lo studio dell’avv. Domenico Cantavenera;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (III sezione) - n. 1999/2011 del 22 luglio 2011.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dell’avv. P. De Luca per OMISSIS;
Vista l’ordinanza n. 984/11 di questo C.G.A.;
Vista la memoria difensiva prodotta nell’interesse dell’appel-lato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Pietro Ciani;
Udito alla pubblica udienza del 18 aprile 2012 l’avv. dello Stato Dell’Aira per il ministero appellante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
Con ricorso al T.A.R. Catania il sig. OMISSIS impugnava il provvedimento dell’Amministrazione di appartenenza, n. 0419333/2010 del 14/10/2010, di rigetto dell’istanza di trasferimento definitivo, dalla Casa Circondariale di Catania “Bicocca” a quella di Piazza Armerina, dallo stesso inoltrata al fine di prestare assistenza al proprio genitore gravemente ammalato.
Con sentenza in forma semplificata, ex art. 60 c.p.a., n. 1999/2011, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato perché in esso detta Ammini-strazione non aveva tenuto conto della novella da ultimo apportata all’art. 33 della L. n. 104/2002 dalla l. n. 183 del 4/11/2010, che ha espunto dalla norma in questione, nella sua vecchia formulazione, il requisito della continuità e della esclusività dell’assistenza al parente portatore di handicap.
Disponeva, pertanto, l’obbligo per l’Amministrazione intimata di esitare la domanda di trasferimento del ricorrente tenendo conto delle disposizioni legislative di riferimento, nel testo novellato ed attualmente vigente.
Con l’appello in epigrafe l’Amministrazione ha impugnato detta decisione deducendone l’erroneità.
L’appellante sostiene che l’interessato potrebbe beneficiare del trasferimento, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92 (come da ultimo modificato ed integrato dalla L. n. 183/2010), soltanto ove sussistano i prescritti presupposti fattuali, e cioè sia la preesistenza di una situazione di assistenza al congiunto disabile, la cui interruzione crei pregiudizio allo stesso, quanto l’esclusività dell’assistenza in argomento.
Al riguardo, il sig. OMISSIS non avrebbe fornito adeguata dimostrazione circa la sussistenza del prescritto requisito di continuità ovvero di effettività dell’assistenza prestata in quanto, alla data del riconoscimento dello status di handicap nei confronti del padre, l’interessato già prestava servizio a Catania e, quindi, non era oggettivamente nelle condizioni di fornire la necessaria assistenza, data l’oggettiva distanza che separa la sede di servizio dal Comune di OMISSIS (EN), ove risiede il congiunto.
D’altra parte, l’art. 33, comma 5°, non è finalizzato a costituire in favore dell’interessato un diritto al trasferimento per consentirgli di prestare assistenza ex novo al proprio congiunto.
Le innovazioni introdotte dalla legge n. 183/10 all’art. 33 della legge n. 104/92, concernenti i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza, riguarderebbero l’istituto dei permessi e non già quello del trasferimento.
Inoltre, dette innovazioni non troverebbero applicazione nei confronti delle Forze Armate, alle quali è assimilata la Polizia Peniten-ziaria, fino a quando non verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi di cui alla riserva prevista in tal senso dall’art. 19 della predetta legge n. 183/2010.
L’appellante ha concluso per l’annullamento, previa sospen-sione, della sentenza impugnata.
Ha replicato l’interessato deducendo l’infondatezza dell’appello e ribadendo i motivi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non esaminati dal T.A.R. per averli ritenuti assorbiti.
Con ordinanza n. 984/11 di questo C.G.A. è stata respinta l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata pre-sentata in via incidentale dall’Amministrazione appellante.
Con ulteriore memoria difensiva l’assistente capo OMISSIS ha ribadito i motivi con i quali in precedenza aveva contestato l’appello dell’Amministrazione sottolineando, altresì, come questa non abbia eccepito alcun motivo di interesse pubblico ostativo all’accoglimento dell’istanza ex art. 33 L. n. 104/92, né abbia prodotto in giudizio alcun dato oggettivo che possa far ritenere pregiudizievole per l’Amministrazione il trasferimento in argomento.
Alla pubblica udienza del 18 aprile 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è destituito di fondamento.
L’amministrazione ricorrente, con l’impugnato provvedimento n. 0419333/2010 del 14/10/2010, ha rigettato l’istanza di trasferimento motivando sulla mancanza in capo al richiedente del requisito della continuità dell’assistenza prestata al congiunto disabile, non indivi-duabile nel caso in esame a causa dell’oggettiva distanza che inter-corre tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile, che impedirebbe tale prestazione.
D’altra parte, sarebbe scarsamente documentata l’affermazione dell’odierno appellato, secondo cui egli presterebbe detta assistenza in via esclusiva.
Orbene, detto provvedimento appare icto oculi carente di motivazione, sotto il profilo dell’interesse pubblico perseguito, e contraddittorio rispetto alle precedenti analoghe decisioni assunte al riguardo dall’Amministrazione nei confronti dell’assistente capo OMISSIS.
Invero, l’Amministrazione, a fronte dei disagi oggettivamente prospettati dall’interessato - peraltro dalla stessa riconosciuti, posto che gli ha concesso reiteratamente il distacco temporaneo alla Casa Circondariale di Piazza Armerina e permessi ai sensi dell’art. 33, comma 3, L. n. 104/92, per i medesimi motivi per i quali l’odierno appellato ha poi chiesto il trasferimento definitivo presso quella sede - nulla ha eccepito circa eventuali esigenze organiche e di servizio ostative all’accoglimento dell’istanza di trasferimento prodotta ex lege n. 104/92, limitandosi ad un esame della trattazione con riferimento unicamente alle predette disposizioni normative, applicabili alla fattispecie de qua.
Il Collegio ritiene, invece, che l’Amministrazione, nel verifi-care doverosamente se l’istanza in argomento avesse i requisiti ri-chiesti per essere accolta ai sensi della invocata legge n. 104/92, avrebbe dovuto, comunque, contestualmente valutare l’eventuale sussistenza delle condizioni per venire incontro alle esigenze pro-spettate dal dipendente, debitamente documentate ed oggettivamente meritevoli di attenta e ponderata considerazione.
D’altra parte, l’Amministrazione nulla ha obiettato circa la sussistenza di esigenze organiche e di servizio presso la Casa Circondariale di Catania ovvero presso quella di Piazza Armerina, eventualmente ritenute ostative all’accoglimento della domanda di trasferimento dell’interessato, posto che fino a quel momento aveva accolto istanze analoghe riconoscendo la validità dei motivi dallo stesso addotti.
Infatti, dagli atti del giudizio emerge che presso la Casa Circondariale di Piazza Armerina viene registrata una carenza di organici, alla quale, come sopra evidenziato, in precedenza si è sopperito anche con il ripetuto distacco temporaneo a quella sede disposto in favore dell’interessato, mentre, per quel che concerne la Casa Circondariale di Catania, l’Amministrazione non ha rappresen-tato alcun pregiudizio, conseguente alla partenza dell’assistente capo OMISSIS, al corretto assolvimento dei compiti alla stessa istituzionalmente demandati a quella sede.
Deve concludersi, pertanto, che l’assegnazione definitiva del predetto assistente alla Casa Circondariale di Piazza Armerina, anche a non volerne riconoscere l’opportunità ai fini del migliore assolvimento dei compiti istituzionali assegnati a quest’ultima sede, comunque non si pone in contrasto con il perseguimento dell’interesse pubblico.
Conclusivamente, l’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Si ritiene equo compensare anche le spese del presente grado di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 18 aprile 2012, con l’intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Alessandro Corbino.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Pietro Ciani, Estensore
Depositata in Segreteria
1 ottobre 2012
L'Amm.ne ha perso l'Appello.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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01/10/2012 201200846 Sentenza 1
N. 846/12 Reg.Sent.
N. 1273 Reg.Ric.
ANNO 2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 1273/2011 proposto da
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81, è ope legis domiciliato;
c o n t r o
OMISSIS rappresentato e difeso dall’avv. Pietro De Luca ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Notarbartolo n. 5, presso lo studio dell’avv. Domenico Cantavenera;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (III sezione) - n. 1999/2011 del 22 luglio 2011.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dell’avv. P. De Luca per OMISSIS;
Vista l’ordinanza n. 984/11 di questo C.G.A.;
Vista la memoria difensiva prodotta nell’interesse dell’appel-lato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Pietro Ciani;
Udito alla pubblica udienza del 18 aprile 2012 l’avv. dello Stato Dell’Aira per il ministero appellante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
Con ricorso al T.A.R. Catania il sig. OMISSIS impugnava il provvedimento dell’Amministrazione di appartenenza, n. 0419333/2010 del 14/10/2010, di rigetto dell’istanza di trasferimento definitivo, dalla Casa Circondariale di Catania “Bicocca” a quella di Piazza Armerina, dallo stesso inoltrata al fine di prestare assistenza al proprio genitore gravemente ammalato.
Con sentenza in forma semplificata, ex art. 60 c.p.a., n. 1999/2011, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato perché in esso detta Ammini-strazione non aveva tenuto conto della novella da ultimo apportata all’art. 33 della L. n. 104/2002 dalla l. n. 183 del 4/11/2010, che ha espunto dalla norma in questione, nella sua vecchia formulazione, il requisito della continuità e della esclusività dell’assistenza al parente portatore di handicap.
Disponeva, pertanto, l’obbligo per l’Amministrazione intimata di esitare la domanda di trasferimento del ricorrente tenendo conto delle disposizioni legislative di riferimento, nel testo novellato ed attualmente vigente.
Con l’appello in epigrafe l’Amministrazione ha impugnato detta decisione deducendone l’erroneità.
L’appellante sostiene che l’interessato potrebbe beneficiare del trasferimento, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92 (come da ultimo modificato ed integrato dalla L. n. 183/2010), soltanto ove sussistano i prescritti presupposti fattuali, e cioè sia la preesistenza di una situazione di assistenza al congiunto disabile, la cui interruzione crei pregiudizio allo stesso, quanto l’esclusività dell’assistenza in argomento.
Al riguardo, il sig. OMISSIS non avrebbe fornito adeguata dimostrazione circa la sussistenza del prescritto requisito di continuità ovvero di effettività dell’assistenza prestata in quanto, alla data del riconoscimento dello status di handicap nei confronti del padre, l’interessato già prestava servizio a Catania e, quindi, non era oggettivamente nelle condizioni di fornire la necessaria assistenza, data l’oggettiva distanza che separa la sede di servizio dal Comune di OMISSIS (EN), ove risiede il congiunto.
D’altra parte, l’art. 33, comma 5°, non è finalizzato a costituire in favore dell’interessato un diritto al trasferimento per consentirgli di prestare assistenza ex novo al proprio congiunto.
Le innovazioni introdotte dalla legge n. 183/10 all’art. 33 della legge n. 104/92, concernenti i requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza, riguarderebbero l’istituto dei permessi e non già quello del trasferimento.
Inoltre, dette innovazioni non troverebbero applicazione nei confronti delle Forze Armate, alle quali è assimilata la Polizia Peniten-ziaria, fino a quando non verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi di cui alla riserva prevista in tal senso dall’art. 19 della predetta legge n. 183/2010.
L’appellante ha concluso per l’annullamento, previa sospen-sione, della sentenza impugnata.
Ha replicato l’interessato deducendo l’infondatezza dell’appello e ribadendo i motivi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non esaminati dal T.A.R. per averli ritenuti assorbiti.
Con ordinanza n. 984/11 di questo C.G.A. è stata respinta l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata pre-sentata in via incidentale dall’Amministrazione appellante.
Con ulteriore memoria difensiva l’assistente capo OMISSIS ha ribadito i motivi con i quali in precedenza aveva contestato l’appello dell’Amministrazione sottolineando, altresì, come questa non abbia eccepito alcun motivo di interesse pubblico ostativo all’accoglimento dell’istanza ex art. 33 L. n. 104/92, né abbia prodotto in giudizio alcun dato oggettivo che possa far ritenere pregiudizievole per l’Amministrazione il trasferimento in argomento.
Alla pubblica udienza del 18 aprile 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è destituito di fondamento.
L’amministrazione ricorrente, con l’impugnato provvedimento n. 0419333/2010 del 14/10/2010, ha rigettato l’istanza di trasferimento motivando sulla mancanza in capo al richiedente del requisito della continuità dell’assistenza prestata al congiunto disabile, non indivi-duabile nel caso in esame a causa dell’oggettiva distanza che inter-corre tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile, che impedirebbe tale prestazione.
D’altra parte, sarebbe scarsamente documentata l’affermazione dell’odierno appellato, secondo cui egli presterebbe detta assistenza in via esclusiva.
Orbene, detto provvedimento appare icto oculi carente di motivazione, sotto il profilo dell’interesse pubblico perseguito, e contraddittorio rispetto alle precedenti analoghe decisioni assunte al riguardo dall’Amministrazione nei confronti dell’assistente capo OMISSIS.
Invero, l’Amministrazione, a fronte dei disagi oggettivamente prospettati dall’interessato - peraltro dalla stessa riconosciuti, posto che gli ha concesso reiteratamente il distacco temporaneo alla Casa Circondariale di Piazza Armerina e permessi ai sensi dell’art. 33, comma 3, L. n. 104/92, per i medesimi motivi per i quali l’odierno appellato ha poi chiesto il trasferimento definitivo presso quella sede - nulla ha eccepito circa eventuali esigenze organiche e di servizio ostative all’accoglimento dell’istanza di trasferimento prodotta ex lege n. 104/92, limitandosi ad un esame della trattazione con riferimento unicamente alle predette disposizioni normative, applicabili alla fattispecie de qua.
Il Collegio ritiene, invece, che l’Amministrazione, nel verifi-care doverosamente se l’istanza in argomento avesse i requisiti ri-chiesti per essere accolta ai sensi della invocata legge n. 104/92, avrebbe dovuto, comunque, contestualmente valutare l’eventuale sussistenza delle condizioni per venire incontro alle esigenze pro-spettate dal dipendente, debitamente documentate ed oggettivamente meritevoli di attenta e ponderata considerazione.
D’altra parte, l’Amministrazione nulla ha obiettato circa la sussistenza di esigenze organiche e di servizio presso la Casa Circondariale di Catania ovvero presso quella di Piazza Armerina, eventualmente ritenute ostative all’accoglimento della domanda di trasferimento dell’interessato, posto che fino a quel momento aveva accolto istanze analoghe riconoscendo la validità dei motivi dallo stesso addotti.
Infatti, dagli atti del giudizio emerge che presso la Casa Circondariale di Piazza Armerina viene registrata una carenza di organici, alla quale, come sopra evidenziato, in precedenza si è sopperito anche con il ripetuto distacco temporaneo a quella sede disposto in favore dell’interessato, mentre, per quel che concerne la Casa Circondariale di Catania, l’Amministrazione non ha rappresen-tato alcun pregiudizio, conseguente alla partenza dell’assistente capo OMISSIS, al corretto assolvimento dei compiti alla stessa istituzionalmente demandati a quella sede.
Deve concludersi, pertanto, che l’assegnazione definitiva del predetto assistente alla Casa Circondariale di Piazza Armerina, anche a non volerne riconoscere l’opportunità ai fini del migliore assolvimento dei compiti istituzionali assegnati a quest’ultima sede, comunque non si pone in contrasto con il perseguimento dell’interesse pubblico.
Conclusivamente, l’appello è infondato e, pertanto, va respinto.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Si ritiene equo compensare anche le spese del presente grado di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 18 aprile 2012, con l’intervento dei signori: Paolo Turco, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, estensore, Alessandro Corbino.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Pietro Ciani, Estensore
Depositata in Segreteria
1 ottobre 2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Diniego trasferimento ex lege 104/1992 per carenza del requisito della continuità.
Appello al CdS Accolto al collega.
L'Amministrazione perde.
Auguri al collega.
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17/10/2012 201205304 Sentenza Breve 4
N. 05304/2012REG.PROV.COLL.
N. 03407/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3407 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. della TOSCANA – Sede di FIRENZE - SEZIONE I n. 00329/2012, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento ex lege 104/1992
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 il Consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’ Avvocato Giovanni Carlo Parente;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado l’odierno appellante OMISSIS aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento datato 26.07.2011, notificato il 2.08.2011, con cui il Ministero della Giustizia - D.A.P. aveva rigettato il ricorso gerarchico da questi avanzato avverso il diniego dell'istanza di trasferimento presentata ai sensi della legge 104/1992 per carenza del requisito della continuità, ed ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorchè non conosciuto, ivi espressamente compresa la nota GDAP-0141087.
Aveva dedotto i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.
Il primo giudice, all’adunanza camerale 15 febbraio 2012 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare ha definito la causa nel merito, ed ha respinto il ricorso, richiamando l’orientamento espresso da questa Sezione del Consiglio di Stato, in sede cautelare, in una causa avente oggetto analogo, laddove, riformando l’ordinanza sospensiva resa dal Tar medesimo era stato affermato che "Se è vero… che il riconoscimento del diritto del dipendente pubblico che assiste persone colpite da handicap invero si inquadra oggi nell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “collegato lavoro”) intervenuta sull’assetto di disciplina delineato dalle disposizioni sopra menzionate, che si segnala per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle precedenti acquisizioni giurisprudenziali, stabilendo - per quel che riguarda gli aspetti che caratterizzano la fattispecie in esame - che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall’ “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, nondimeno tale nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e alle Forze di Polizia - nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria - solo allorquando saranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della medesima L. 183 del 2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti a tali Forze e Corpi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” ".
Il primo giudice ha quindi preso atto dell’avvenuto consolidamento del predetto orientamento restrittivo ed ha respinto il gravame.
L’ odierno appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendone la riforma previa sospensione della esecutività, in quanto errata.
Ha in proposito evidenziato che egli era l’unico figlio che si occupava di assistere i propri genitori invalidi (OMISSIS e OMISSIS) in quanto il proprio unico germano risiedeva ad OMISSIS.
All’uopo l’appellante – che sin dal 2009 era stato distaccato presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale per mandato elettorale- dal febbraio 2010 fruiva di permessi mensili per assistere la propria madre, di guisa che sussisteva pienamente il requisito c.d. “della continuità” richiamando in proposito i principi evincibili dalla decisione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 3680/2001 e dalla sentenza n. 1293/2012 della Terza Sezione del Consiglio di Stato.
L’appellante ha poi depositato una nota facendo presente che, a seguito del revirement giurisprudenziale sulla predetta questione giuridica da parte del Consiglio di Stato egli aveva provveduto ad inoltrare all’amministrazione appellata una ulteriore istanza di riesame, rimasta tuttavia senza esito.
Alla odierna camera di consiglio del 16 ottobre 2012 la causa è stata posta in decisone dal Collegio.
DIRITTO
1.Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti rese edotte della possibilità di immediata definizione della causa, la controversia può essere decisa nel merito tenuto conto della fondatezza dell’appello.
2. Invero il primo giudice ha fatto riferimento ad un orientamento giurisprudenziale restrittivo (ex multis decisione della Sezione n. 66/2010 secondo cui “la nuova disciplina potrà trovare applicazione per il personale appartenente alle Forze Armate , alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria , al Corpo Nazionali dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”) che è stato successivamente rivisitato dalla Sezione.
3. In particolare, si è di recente affermato che l’assunto reiettivo (vedasi la decisione della Sezione n. 66/2010 prima citata ) “ seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che, nel “riconoscere la specialità”, sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni. Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta espressamente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, in modo tale da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.”(Consiglio di Stato, Sezione IV n. 4291 del 30-07-2012).
4.Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale ultimo approdo di recente raggiunto e, conseguentemente, deve affermarsi che la istanza di trasferimento dall’appellante presentata ai sensi della legge 104/1992 non avrebbe potuto essere respinta per carenza del requisito della continuità (che comunque, peraltro, in concreto appare sussistere posto che di recente l’appellante era stato l’unico soggetto ad occuparsi dei genitori).
5.La Sezione, pertanto, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della gravata decisione accoglie il mezzo di primo grado ed annulla il diniego gravato.
6. Sussistono le particolari ragioni per compensare le spese anche dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, numero di registro generale 3407 del 2012 come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto in riforma dell’appellata decisione accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il diniego gravato.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2012
Appello al CdS Accolto al collega.
L'Amministrazione perde.
Auguri al collega.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
17/10/2012 201205304 Sentenza Breve 4
N. 05304/2012REG.PROV.COLL.
N. 03407/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 3407 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso Giovanni Carlo Parente in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. della TOSCANA – Sede di FIRENZE - SEZIONE I n. 00329/2012, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento ex lege 104/1992
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 il Consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’ Avvocato Giovanni Carlo Parente;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado l’odierno appellante OMISSIS aveva impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento datato 26.07.2011, notificato il 2.08.2011, con cui il Ministero della Giustizia - D.A.P. aveva rigettato il ricorso gerarchico da questi avanzato avverso il diniego dell'istanza di trasferimento presentata ai sensi della legge 104/1992 per carenza del requisito della continuità, ed ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorchè non conosciuto, ivi espressamente compresa la nota GDAP-0141087.
Aveva dedotto i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.
Il primo giudice, all’adunanza camerale 15 febbraio 2012 fissata per la delibazione dell’incidente cautelare ha definito la causa nel merito, ed ha respinto il ricorso, richiamando l’orientamento espresso da questa Sezione del Consiglio di Stato, in sede cautelare, in una causa avente oggetto analogo, laddove, riformando l’ordinanza sospensiva resa dal Tar medesimo era stato affermato che "Se è vero… che il riconoscimento del diritto del dipendente pubblico che assiste persone colpite da handicap invero si inquadra oggi nell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “collegato lavoro”) intervenuta sull’assetto di disciplina delineato dalle disposizioni sopra menzionate, che si segnala per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle precedenti acquisizioni giurisprudenziali, stabilendo - per quel che riguarda gli aspetti che caratterizzano la fattispecie in esame - che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall’ “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, nondimeno tale nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e alle Forze di Polizia - nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria - solo allorquando saranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della medesima L. 183 del 2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti a tali Forze e Corpi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” ".
Il primo giudice ha quindi preso atto dell’avvenuto consolidamento del predetto orientamento restrittivo ed ha respinto il gravame.
L’ odierno appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendone la riforma previa sospensione della esecutività, in quanto errata.
Ha in proposito evidenziato che egli era l’unico figlio che si occupava di assistere i propri genitori invalidi (OMISSIS e OMISSIS) in quanto il proprio unico germano risiedeva ad OMISSIS.
All’uopo l’appellante – che sin dal 2009 era stato distaccato presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale per mandato elettorale- dal febbraio 2010 fruiva di permessi mensili per assistere la propria madre, di guisa che sussisteva pienamente il requisito c.d. “della continuità” richiamando in proposito i principi evincibili dalla decisione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 3680/2001 e dalla sentenza n. 1293/2012 della Terza Sezione del Consiglio di Stato.
L’appellante ha poi depositato una nota facendo presente che, a seguito del revirement giurisprudenziale sulla predetta questione giuridica da parte del Consiglio di Stato egli aveva provveduto ad inoltrare all’amministrazione appellata una ulteriore istanza di riesame, rimasta tuttavia senza esito.
Alla odierna camera di consiglio del 16 ottobre 2012 la causa è stata posta in decisone dal Collegio.
DIRITTO
1.Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti rese edotte della possibilità di immediata definizione della causa, la controversia può essere decisa nel merito tenuto conto della fondatezza dell’appello.
2. Invero il primo giudice ha fatto riferimento ad un orientamento giurisprudenziale restrittivo (ex multis decisione della Sezione n. 66/2010 secondo cui “la nuova disciplina potrà trovare applicazione per il personale appartenente alle Forze Armate , alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria , al Corpo Nazionali dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”) che è stato successivamente rivisitato dalla Sezione.
3. In particolare, si è di recente affermato che l’assunto reiettivo (vedasi la decisione della Sezione n. 66/2010 prima citata ) “ seppur fondato su considerazioni stimolate dalla particolare tecnica legislativa che, nel “riconoscere la specialità”, sembra introdurre motivi di deroga all’ordinario regime nel frattempo innovato per gli altri dipendenti, merita di essere parzialmente riconsiderato per diversi ordini di ragioni. Il primo è senza dubbio il carattere programmatico delle norma.
Nella sua prima parte, la stessa detta principi ed indirizzi, enucleabili, quanto ai principi, nella specificità delle Forze armate nel quadro della generale disciplina del rapporto di impiego (in tutti i suoi aspetti, ordinamentale, economico, previdenziale, ecc); quanto agli indirizzi, nell’esigenza di dare rilievo ai peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e ai correlati impieghi in attività usuranti. Nella sua seconda parte, essa manda ad altra e successiva fonte, di pari grado, di dare attuazione ai principi sopradetti.
Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l’inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non fosse altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all’interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze armate, di polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti di tale personale, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge n.104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore “speciale”, poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l’ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l’efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita.
Anche a prescindere dalle predette e generali considerazioni, in ogni caso, che la norma speciale a preteso effetto “inibitorio” non faccia specifico riferimento alle agevolazioni finalizzate all’assistenza dei familiari con disabilità grave lo si evince dalla collocazione topografica della stessa nell’ambito della fonte. Essa è dettata dal legislatore a coronamento di una serie di norme che riguardano esclusivamente il rapporto di lavoro (lavori usuranti, lavoro sommerso, orario di lavoro, mobilità, part time etc.), ma comunque collocata prima del discusso art. 24, che interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio.
In conclusione, ragioni testuali e sistematiche inducono a considerare la novella dell’art. 24 applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni. Sino a quando, cioè, la legislazione attuativa richiamata dall’art. 19 non interverrà e non detterà disposizioni speciali e derogatorie, la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili potrà trovare applicazione anche per il personale delle Forze armate, di polizia e ai Vigili del fuoco (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4047, e 11 luglio 2012, n. 4106).
Ciò non significa che l’art. 19 sia un mero “manifesto” privo di valenza normativa, ove si consideri che, come innanzi chiarito, esso detta espressamente un principio che vincola l’interprete – il principio di specialità – e ne spiega le ragioni che lo ispirano, in modo tale da porsi quale guida esegetica nell’applicazione di questioni dubbie o nella risoluzione di conflitti fra norme.”(Consiglio di Stato, Sezione IV n. 4291 del 30-07-2012).
4.Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale ultimo approdo di recente raggiunto e, conseguentemente, deve affermarsi che la istanza di trasferimento dall’appellante presentata ai sensi della legge 104/1992 non avrebbe potuto essere respinta per carenza del requisito della continuità (che comunque, peraltro, in concreto appare sussistere posto che di recente l’appellante era stato l’unico soggetto ad occuparsi dei genitori).
5.La Sezione, pertanto, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della gravata decisione accoglie il mezzo di primo grado ed annulla il diniego gravato.
6. Sussistono le particolari ragioni per compensare le spese anche dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, numero di registro generale 3407 del 2012 come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto in riforma dell’appellata decisione accoglie il ricorso di primo grado ed annulla il diniego gravato.
Spese processuali compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/1992.
Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003.
Ricorso Accolto e sentenza innovativa.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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19/10/2012 201208702 Sentenza Breve 1Q
N. 08702/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07433/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7433 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Trimarco, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen. Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003;
del provvedimento G-DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/1992, notificato al ricorrente in data 2.7.2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati : Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003; Provvedimento DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell’art. 33, 5, L. 104/1992.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto :
1). Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 33, 3-5, L. 104/1992, novellati dalla L. 183/2010 e in relazione alla circolare della Presidenza Consiglio Ministri DFP n. 13 del 6.12.2010; violazione artt. 1 e ss. CEDU; art. 26 Carta diritti fondamentali UE e artt. 2 e 117 Cost.; eccesso di potere per falsità presupposti applicativi, sviamento funzione tipica dell’istituto e travisamento dei fatti, vizio di motivazione per violazione artt. 3 e 10 nonies L. 241/1990.
Nella specie, il ricorrente è addetto alla Casa circondariale di T. e distaccato per mandato elettorale a P. Omissis. Con l’istanza di trasferimento chiede la sede di P. Omissis ex art. 33, 5 comma, L. 104/1992.
I). In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.
L'articolo 33, comma 5, del d.P.R. 5.2.1992, n. 104 dispone che "... il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Il testo citato è stato modificato dall'articolo 19 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha soppresso il requisito, prima richiesto, della convivenza con il familiare disabile; l'articolo 20 della medesima legge n. 53 ha poi stabilito che "le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".
Come noto, la ratio dell'articolo 33, comma 5, è quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.
L’interpretazione letterale e logica della disposizione dell'articolo 33 impone di escludere tra i suoi presupposti, la inesistenza di altri familiari che possano prestare la dovuta assistenza al congiunto o la impossibilità da parte di questi congiunti di prestarla, cioè la cd. esclusività della relazione assistenziale: quest'ultimo requisito è però senza dubbio stato introdotto, sia pure con una tecnica normativa a dir poco infelice, dal citato articolo 20 della legger n. 53.
Orbene, è indubbio che attualmente, proprio alla luce delle modifiche normative intervenute e soprattutto di quelle più recenti, può affermarsi, sul piano generale che, per usufruire del diritto al trasferimento nella sede più vicina alla residenza del familiare da assistere, il dipendente deve dare prova, con dati e elementi oggettivi, della necessità di dover prestare assistenza al familiare disabile e che nessun altro familiare sia in grado o possa assicurare tale assistenza, fatte salve le irrinunciabili esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione.
II). Passando al merito il ricorso è fondato.
Nel caso di specie la PA ha negato il trasferimento in quanto ha ritenuto insussistente il requisito della continuità della prestazione assistenziale ed esclusività nei confronti del congiunto (madre del ricorrente).
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza.
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
In altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale.
È chiaro che, alla base della disposizione, come modificata nel 2000, vi è anche - e forse soprattutto - la preoccupazione di evitare i possibili abusi, ma tali abusi possono essere evitati attraverso la puntuale verifica delle situazioni di fatto.
In questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
La mera esistenza di altri familiari potenzialmente in grado di fornire assistenza, quindi, non costituiva di per sé ragione per negare il beneficio; piuttosto l'amministrazione, anche nell'ottica di evitare abusi, avrebbe dovuto verificare che tali altri familiari non fossero disponibili a prestare adeguata assistenza o non avessero instaurato essi stessi una relazione assistenziale con il proprio congiunto; solo in questo caso (e salve esigenze prevalenti di servizio) l'amministrazione avrebbe potuto giustificare un diniego.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e gli atti impugnati annullati per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104., potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti.
Tenuto conto della complessità della questione si dispone l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/10/2012
Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003.
Ricorso Accolto e sentenza innovativa.
Il resto potete leggerlo in sentenza.
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19/10/2012 201208702 Sentenza Breve 1Q
N. 08702/2012 REG.PROV.COLL.
N. 07433/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7433 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Trimarco, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen. Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003;
del provvedimento G-DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/1992, notificato al ricorrente in data 2.7.2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono stati impugnati : Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003; Provvedimento DAP 0239327-2012 del 22.6.2012 di diniego di trasferimento ai sensi dell’art. 33, 5, L. 104/1992.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto :
1). Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 33, 3-5, L. 104/1992, novellati dalla L. 183/2010 e in relazione alla circolare della Presidenza Consiglio Ministri DFP n. 13 del 6.12.2010; violazione artt. 1 e ss. CEDU; art. 26 Carta diritti fondamentali UE e artt. 2 e 117 Cost.; eccesso di potere per falsità presupposti applicativi, sviamento funzione tipica dell’istituto e travisamento dei fatti, vizio di motivazione per violazione artt. 3 e 10 nonies L. 241/1990.
Nella specie, il ricorrente è addetto alla Casa circondariale di T. e distaccato per mandato elettorale a P. Omissis. Con l’istanza di trasferimento chiede la sede di P. Omissis ex art. 33, 5 comma, L. 104/1992.
I). In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.
L'articolo 33, comma 5, del d.P.R. 5.2.1992, n. 104 dispone che "... il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Il testo citato è stato modificato dall'articolo 19 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha soppresso il requisito, prima richiesto, della convivenza con il familiare disabile; l'articolo 20 della medesima legge n. 53 ha poi stabilito che "le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".
Come noto, la ratio dell'articolo 33, comma 5, è quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.
L’interpretazione letterale e logica della disposizione dell'articolo 33 impone di escludere tra i suoi presupposti, la inesistenza di altri familiari che possano prestare la dovuta assistenza al congiunto o la impossibilità da parte di questi congiunti di prestarla, cioè la cd. esclusività della relazione assistenziale: quest'ultimo requisito è però senza dubbio stato introdotto, sia pure con una tecnica normativa a dir poco infelice, dal citato articolo 20 della legger n. 53.
Orbene, è indubbio che attualmente, proprio alla luce delle modifiche normative intervenute e soprattutto di quelle più recenti, può affermarsi, sul piano generale che, per usufruire del diritto al trasferimento nella sede più vicina alla residenza del familiare da assistere, il dipendente deve dare prova, con dati e elementi oggettivi, della necessità di dover prestare assistenza al familiare disabile e che nessun altro familiare sia in grado o possa assicurare tale assistenza, fatte salve le irrinunciabili esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione.
II). Passando al merito il ricorso è fondato.
Nel caso di specie la PA ha negato il trasferimento in quanto ha ritenuto insussistente il requisito della continuità della prestazione assistenziale ed esclusività nei confronti del congiunto (madre del ricorrente).
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza.
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
In altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale.
È chiaro che, alla base della disposizione, come modificata nel 2000, vi è anche - e forse soprattutto - la preoccupazione di evitare i possibili abusi, ma tali abusi possono essere evitati attraverso la puntuale verifica delle situazioni di fatto.
In questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
La mera esistenza di altri familiari potenzialmente in grado di fornire assistenza, quindi, non costituiva di per sé ragione per negare il beneficio; piuttosto l'amministrazione, anche nell'ottica di evitare abusi, avrebbe dovuto verificare che tali altri familiari non fossero disponibili a prestare adeguata assistenza o non avessero instaurato essi stessi una relazione assistenziale con il proprio congiunto; solo in questo caso (e salve esigenze prevalenti di servizio) l'amministrazione avrebbe potuto giustificare un diniego.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e gli atti impugnati annullati per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104., potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti.
Tenuto conto della complessità della questione si dispone l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/10/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Il TAR Campania di Napoli si adegua.
1) - Il ricorrente era agente in prova incorporato nel “163° Corso di Formazione per Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa.
2) - Diniego opposto all' istanza di trasferimento presentata ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992 per essere prioritariamente assegnato, al superamento dell’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine al domicilio della nonna disabile.
3) - il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione aveva respinto la presentata istanza, assumendo l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile.
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25/10/2012 201204222 Sentenza 7
N. 04222/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06187/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6187 dell’anno 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Di Maso, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Napoli, piazza Garibaldi n.73;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede è domiciliato per legge, in Napoli, via Diaz n. 11;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del provvedimento prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, con cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione ha respinto l’istanza, presentata dal ricorrente, di trasferimento/assegnazione con fruizione dei benefici di cui all’art. 33 L. 104/1992;
- di ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2012 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato l’8 novembre 2011 e depositato il successivo 6 dicembre, OMISSIS ha esposto:
- che era agente in prova incorporato nel “163° Corso di Formazione per Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa;
- che in data 12.8.2011 formulava istanza, ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992 (come modificati dagli artt. 19 e 20 della L. 53/2000 e della L. 183/2010), per essere prioritariamente assegnato, al superamento dell’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine al domicilio della nonna disabile (OMISSIS);
- che a sostegno di tale domanda asseriva e documentava: a)- che la nonna era stata dichiarata, dalla competente Commissione della ASL, in condizione di grave handicap ex art. 3 co. 3 L. 104/1994, come accertato nella visita collegiale del ….1.2011; b)- che già in precedenza ella era stata riconosciuta invalida civile nella misura dell’85%;
- che egli, già alla data del riconoscimento dell’invalidità, ed anche all’attualità, prestava alla nonna la necessaria assistenza fisica, morale e psicologica, in via esclusiva e continuativa, come anche certificato da un’attestazione del Comando di Polizia Municipale del Comune di OMISSIS;
- che, comunque, egli era l’unico parente entro il terzo grado a poter svolgere tale funzione, oltre ad essere l’unico espressamente gradito all’interessata;
- che, tuttavia, con provvedimento prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione aveva respinto la presentata istanza, assumendo l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile.
Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, e, segnatamente, il diniego opposto alla istanza di trasferimento da lui presentata ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992, come modificato dagli artt. 19 e 20 della L. 53/2000 e dall’art. 24 della L. 183/2010 – eccesso di potere: la legge 183/2010, modificando la previgente disciplina di cui all’art. 33 co. 5 L. 104/1992, avrebbe stabilito che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dalla “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, dando preminente valore al diritto della persona con grave handicap ad essere assistita dal parente o affine di proprio gradimento; esso ricorrente avrebbe fornito la prova di essere il solo a poter materialmente prestare assistenza alla disabile, in quanto gli altri parenti sarebbero oggettivamente e soggettivamente impossibilitati a farlo (e, peraltro, la disabile avrebbe espressamente dichiarato di voler essere assistita dal nipote);
2) istruttoria carente ed incompleta – violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – difetto di motivazione – violazione della disciplina legislativa e degli atti presupposti relativi alla determinazione dei criteri valutativi: l’atto impugnato sarebbe assolutamente carente sotto il profilo delle valutazioni di merito in ordine alle argomentazioni poste a sostegno della domanda di prima assegnazione presentata ai sensi dell’art. 33 commi 3 e 5 L. 104/1992, e comunque, pur richiamando i principi generali dell’ordinamento che presiedono alla solidarietà familiare, di fatto li avrebbe disattesi, non avendo tenuto conto della recente evoluzione legislativa in materia.
In data 28 dicembre 2011 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, per il Ministero della Giustizia, onde resistere al proposto ricorso; ed il 3 gennaio 2012 ha depositato documentazione.
Con ordinanza n° 39/2012 del 12 gennaio 2012, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare avanzata dal ricorrente, disponendo una rideterminazione dell’Amministrazione sull’istanza da lui presentata “tenendo presente l’applicabilità alla fattispecie della normativa ex art. 33 L. 104/1992 come novellata dalla L. 183/2010”.
Con ordinanza n° 1307/2012 del 3 aprile 2012, tuttavia, il Consiglio di Stato sez. IV, ha, in sede di appello, riformato il citato provvedimento n. 39/2012 di questo Tribunale, respingendo la domanda cautelare del ricorrente.
Alla pubblica udienza del 12 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente giudizio è il diniego opposto dall’Amministrazione della Giustizia all’istanza presentata in data 12.8.2011 da OMISSIS (Agente di Polizia Penitenziaria in prova, incorporato nel “163° Corso Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa), al fine di conseguire i benefici di cui all’art. 33 co. 5 L. 104/1992 (sull’assunto di prestare assistenza continuativa ed esclusiva alla nonna OMISSIS, riconosciuta affetta da handicap grave in data 10.3.2011, all’esito di visita del 13.1.2011, e residente in OMISSIS), e di poter quindi essere destinato a prestare servizio presso una delle strutture penitenziarie più vicine al luogo di residenza della persona da lui assistita.
In particolare, il detto diniego é fondato sull’assunto dell’assenza del requisito della esclusività nel rapporto di assistenza che il ricorrente presterebbe al congiunto diversamente abile.
Dal suo canto, il OMISSIS articola due motivi di ricorso, entrambi incentrati sulla circostanza che l’Amministrazione di appartenenza non avrebbe tenuto presenti le modifiche apportate al quadro normativo di riferimento dalla L. 183/2010, posto che l’art. 24 co. 1 lett. b) di tale articolato normativo, nel modificare il testo del co. 5 dell’art. 33 L. 104/1992, avrebbe eliminato i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza quali presupposti necessari per poter accedere al beneficio ivi previsto.
Così sommariamente delineato l’ambito della controversia, e nell’affrontare l’esame del merito, va premesso che, come può anche desumersi dal suo titolo (“Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”), la L. 104/1992 ha come obiettivo primario la tutela delle persone handicappate (in tal senso cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige – Trento n. 131 del 13.5.2010; T.A.R. Puglia-Lecce n. 348 del 4.2.2008; T.A.R. Campania-Napoli n. 943 del 15.2.2010), per cui il beneficio di cui all’art. 33 co. 5 è attribuibile al lavoratore esclusivamente in funzione dell’utilità che ne tragga il congiunto disabile.
Peraltro, la L. 183/2010, modificando il testo di tale disposizione normativa, ha effettivamente fatto venir meno, quali presupposti per l’attribuzione del beneficio ivi previsto, i requisiti della esclusività e continuità dell’assistenza, come è stato riconosciuto sia amministrativamente, dall’INPS (con la circolare 3.12.2010, n. 155) e dal Dipartimento della Funzione Pubblica (con la circolare 6.12.2010, n. 13), sia in sede giurisdizionale amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. III, n. 1293 del 7.3.2012; Cons. di Stato sez. IV, n. 66 del 10.1.2012; Cons. di Stato sez. IV, n. 2707 del 5.5.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 5590 del 23.6.2011; T.A.R. Sicilia-Catania n. 1999 del 27.7.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 7818 del 7.10.2011).
La testé richiamata giurisprudenza, tuttavia, non appare univoca riguardo all’estendibilità di tale innovazione normativa a tutti i lavoratori del comparto pubblico, in quanto, mentre T.A.R. Lazio-Roma n. 5590 del 23.6.2011; T.A.R. Sicilia-Catania n. 1999 del 27.7.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 7818 del 7.10.2011, con il conforto, ancorché implicito, di Cons. di Stato sez. III, n. 1293 del 7.3.2012, hanno ritenuto che l’applicazione della nuova disciplina riguardi anche il personale delle Forze di Polizia, invece il Cons. di Stato - sez. IV, diversamente opinando (cfr. sent. n. 2707 del 5.5.2011), ha ritenuto che” la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, <<della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti>>”, successivamente precisando (cfr. sent. n. 66 del 7.10.2011) che “in assenza dei provvedimenti attuativi, non (..può..) che continuare ad applicarsi la disciplina nella previgente formulazione della norma”.
Orbene, circa questa specifica problematica, ritiene il Collegio che sia corretta l’interpretazione secondo cui la disciplina attualmente posta dall’art. 33 co. 5 L. 104/1992 (come risultante dalle modifiche apportate ex lege 183/2010) non possa non applicarsi anche ai lavoratori delle Forze di Polizia (comprensiva della Polizia Penitenziaria), quanto meno finché il legislatore non si sia espresso sul punto in modo esplicito e chiaro; e ciò perché in tal senso militano più considerazioni.
Va premesso che la L. 183/2010 (intitolata “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.”) non ha introdotto nell’ordinamento norme da applicarsi ad un settore unico e ben determinato, bensì risulta articolata in un coacervo di disposizioni quanto mai variegate e riferibili ad ambiti diversi, ancorché tutti riconducibili al mondo del lavoro. In questo contesto - si ribadisce, quanto mai eterogeneo – le disposizioni d’interesse in questa sede (ovvero quelle di cui all’art. 19 e all’art. 24) risultano con evidenza operare su piani ed in ambiti ben distinti.
La prima disposizione (rubricata come “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) appare meramente programmatica, poiché si limita a stabilire che il legislatore dovrà tenere conto, nei successivi interventi, della specificità dei compiti e delle funzioni esercitate dalle Forze Armate, dalle Forze di Polizia e dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; ma in proposito, ovvero in relazione all’affermata specificità di tali funzioni, non detta alcuna esplicita disposizione finalizzata a far sì che tale affermata specificità possa produrre immediate conseguenze operative.
La seconda disposizione (rubricata “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”), persegue invece, con la norma di cui al co. 1 lett. b), l’immediato obiettivo di modificare il testo dell’art. 33 co. 5 L. 104/1992, così da rendere, mediante l’espunzione del riferimento alla continuità dell’assistenza, meno rigidi i presupposti cui è legato il riconoscimento del beneficio ivi previsto (che, come si è visto, viene sì concesso al lavoratore, ma esclusivamente al solo fine di salvaguardare il congiunto in situazione di handicap grave); e tanto fa senza porre, né in modo esplicito né implicito, alcun limite riguardante particolari tipologie di lavoro o categorie di invalidi.
Ritiene allora questo Tribunale che, voler desumere un limite di operatività di tale ultima normativa dalla diversa disposizione dell’art. 19 (riguardante i dipendenti delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), senza che in questa sia presente alcun riferimento, né all’art. 24, né comunque alla materia delle agevolazioni per gli handicappati, ma in via implicita, solo in conseguenza dell’affermata generica specificità del ruolo svolto da tali dipendenti pubblici (e prima della individuazione appunto degli aspetti meritevoli di essere salvaguardati e della loro regolazione in concreto), significa porre in essere una interpretazione non costituzionalmente orientata del sistema normativo, poiché suscettibile di condurre ad un trattamento ingiustificatamente deteriore per i disabili parenti di dipendenti di personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, o al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Del resto, a voler rimanere sul piano dell’interpretazione letterale, non può non darsi rilevanza al fatto che espressamente l’art. 19 citato chiarisce che la “specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente” risulta rilevante quanto agli aspetti di “tutela economica, pensionistica e previdenziale” (oltre che “ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego”), con esclusione quindi degli aspetti di tutela assistenziale, alla quale ultima è invece riconducibile la normativa di cui all’art. 33 L. 104/1992 (ovvero anche le disposizioni di cui all’art. 24 co. 1 lett. b della L. 183/2010 che queste hanno modificato).
In buona sostanza, la normativa posta dagli artt. 33 co. 5 L. 104/1992 e 24 co. 1 lett. b) L. 183/2010 riguarda la materia assistenziale, ovvero una materia distinta e diversa da quelle economica, pensionistica e previdenziale, in relazione alla cui tutela, in base all’art. 19 L. 183/2010, deve essere riconosciuta una specificità “del ruolo delle Forze Armate, delle Forse di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco”: di conseguenza, le due normative non possono che risultare indifferenti l’una rispetto all’altra.
Peraltro, diversamente opinare pone problemi anche riguardo alla normativa assistenziale applicabile ai dipendenti in tesi esclusi dall’operatività dell’art. 24 L. 183/2010, posto che non sembra del tutto convincente l’indirizzo preso da Cons. di Stato sez. IV, n. 66 del 10.1.2012, secondo cui, fino all’adozione di norme attuative dell’art. 19 L. 183/2010, dovrebbe continuare ad applicarsi la disciplina previgente rispetto alle modifiche apportate dalla L. 183/2010 all’art. 33 co. 5 della L. 104/1992: tale opzione ermeneutica, infatti, non essendo corroborata dalla presenza di disposizioni volte specificamente a limitare l’operatività delle regole sopravvenute, appare del tutto in contrasto con i principi della successione della legge nel tempo.
L’unico limite all’attività di trasferimento per assistenza a persona in stato di grave handicap va allora rinvenuto nell’espressione “ove possibile”, tuttora presente nell’attuale formulazione del co. 5 dell’art. 33 L. 104/1992: è attraverso una opportuna valutazione su tale punto che è allora operabile il necessario bilanciamento tra l’interesse del lavoratore e quello pubblico cui è deputata l’azione dell’amministrazione, e appunto con tale modalità è possibile dare spazio e giuridico rilievo, nelle more dell’adozione di peculiari norme in proposito, alle specificità del ruolo svolto da alcune categorie di dipendenti statali, quali gli appartenenti alle Forze Armate, alle Forze di Polizia e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve quindi concludersi che effettivamente il gravato provvedimento risulta affetto dal lamentato vizio di violazione di legge (ovvero dell’art. 33 L. 104/1992 co. 5, nell’attuale formulazione, derivante dalle modifiche apportate dall’art. 24 L. 183/2010), per cui, con assorbimento di ogni ulteriore doglianza, ne va disposto l’annullamento.
Stante la non univocità della giurisprudenza in materia, appare opportuno compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da OMISSIS, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla il diniego di cui alla nota prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/10/2012
1) - Il ricorrente era agente in prova incorporato nel “163° Corso di Formazione per Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa.
2) - Diniego opposto all' istanza di trasferimento presentata ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992 per essere prioritariamente assegnato, al superamento dell’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine al domicilio della nonna disabile.
3) - il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione aveva respinto la presentata istanza, assumendo l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile.
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25/10/2012 201204222 Sentenza 7
N. 04222/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06187/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6187 dell’anno 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Di Maso, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Napoli, piazza Garibaldi n.73;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede è domiciliato per legge, in Napoli, via Diaz n. 11;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del provvedimento prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, con cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione ha respinto l’istanza, presentata dal ricorrente, di trasferimento/assegnazione con fruizione dei benefici di cui all’art. 33 L. 104/1992;
- di ogni altro atto premesso, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli per il Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2012 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato l’8 novembre 2011 e depositato il successivo 6 dicembre, OMISSIS ha esposto:
- che era agente in prova incorporato nel “163° Corso di Formazione per Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa;
- che in data 12.8.2011 formulava istanza, ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992 (come modificati dagli artt. 19 e 20 della L. 53/2000 e della L. 183/2010), per essere prioritariamente assegnato, al superamento dell’esame finale, presso una delle strutture di servizio più vicine al domicilio della nonna disabile (OMISSIS);
- che a sostegno di tale domanda asseriva e documentava: a)- che la nonna era stata dichiarata, dalla competente Commissione della ASL, in condizione di grave handicap ex art. 3 co. 3 L. 104/1994, come accertato nella visita collegiale del ….1.2011; b)- che già in precedenza ella era stata riconosciuta invalida civile nella misura dell’85%;
- che egli, già alla data del riconoscimento dell’invalidità, ed anche all’attualità, prestava alla nonna la necessaria assistenza fisica, morale e psicologica, in via esclusiva e continuativa, come anche certificato da un’attestazione del Comando di Polizia Municipale del Comune di OMISSIS;
- che, comunque, egli era l’unico parente entro il terzo grado a poter svolgere tale funzione, oltre ad essere l’unico espressamente gradito all’interessata;
- che, tuttavia, con provvedimento prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione aveva respinto la presentata istanza, assumendo l’insussistenza del requisito dell’esclusività della prestazione assistenziale nei confronti del congiunto diversamente abile.
Tanto esposto, il ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, e, segnatamente, il diniego opposto alla istanza di trasferimento da lui presentata ai sensi dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 33 co. 3 e 5 L. 104/1992, come modificato dagli artt. 19 e 20 della L. 53/2000 e dall’art. 24 della L. 183/2010 – eccesso di potere: la legge 183/2010, modificando la previgente disciplina di cui all’art. 33 co. 5 L. 104/1992, avrebbe stabilito che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dalla “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, dando preminente valore al diritto della persona con grave handicap ad essere assistita dal parente o affine di proprio gradimento; esso ricorrente avrebbe fornito la prova di essere il solo a poter materialmente prestare assistenza alla disabile, in quanto gli altri parenti sarebbero oggettivamente e soggettivamente impossibilitati a farlo (e, peraltro, la disabile avrebbe espressamente dichiarato di voler essere assistita dal nipote);
2) istruttoria carente ed incompleta – violazione dell’art. 3 L. 241/1990 – difetto di motivazione – violazione della disciplina legislativa e degli atti presupposti relativi alla determinazione dei criteri valutativi: l’atto impugnato sarebbe assolutamente carente sotto il profilo delle valutazioni di merito in ordine alle argomentazioni poste a sostegno della domanda di prima assegnazione presentata ai sensi dell’art. 33 commi 3 e 5 L. 104/1992, e comunque, pur richiamando i principi generali dell’ordinamento che presiedono alla solidarietà familiare, di fatto li avrebbe disattesi, non avendo tenuto conto della recente evoluzione legislativa in materia.
In data 28 dicembre 2011 si è costituita in giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, per il Ministero della Giustizia, onde resistere al proposto ricorso; ed il 3 gennaio 2012 ha depositato documentazione.
Con ordinanza n° 39/2012 del 12 gennaio 2012, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare avanzata dal ricorrente, disponendo una rideterminazione dell’Amministrazione sull’istanza da lui presentata “tenendo presente l’applicabilità alla fattispecie della normativa ex art. 33 L. 104/1992 come novellata dalla L. 183/2010”.
Con ordinanza n° 1307/2012 del 3 aprile 2012, tuttavia, il Consiglio di Stato sez. IV, ha, in sede di appello, riformato il citato provvedimento n. 39/2012 di questo Tribunale, respingendo la domanda cautelare del ricorrente.
Alla pubblica udienza del 12 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto del presente giudizio è il diniego opposto dall’Amministrazione della Giustizia all’istanza presentata in data 12.8.2011 da OMISSIS (Agente di Polizia Penitenziaria in prova, incorporato nel “163° Corso Allievi Agenti di Polizia Penitenziaria” presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Personale dell’Amministrazione Penitenziaria, in Aversa), al fine di conseguire i benefici di cui all’art. 33 co. 5 L. 104/1992 (sull’assunto di prestare assistenza continuativa ed esclusiva alla nonna OMISSIS, riconosciuta affetta da handicap grave in data 10.3.2011, all’esito di visita del 13.1.2011, e residente in OMISSIS), e di poter quindi essere destinato a prestare servizio presso una delle strutture penitenziarie più vicine al luogo di residenza della persona da lui assistita.
In particolare, il detto diniego é fondato sull’assunto dell’assenza del requisito della esclusività nel rapporto di assistenza che il ricorrente presterebbe al congiunto diversamente abile.
Dal suo canto, il OMISSIS articola due motivi di ricorso, entrambi incentrati sulla circostanza che l’Amministrazione di appartenenza non avrebbe tenuto presenti le modifiche apportate al quadro normativo di riferimento dalla L. 183/2010, posto che l’art. 24 co. 1 lett. b) di tale articolato normativo, nel modificare il testo del co. 5 dell’art. 33 L. 104/1992, avrebbe eliminato i requisiti della continuità e dell’esclusività dell’assistenza quali presupposti necessari per poter accedere al beneficio ivi previsto.
Così sommariamente delineato l’ambito della controversia, e nell’affrontare l’esame del merito, va premesso che, come può anche desumersi dal suo titolo (“Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”), la L. 104/1992 ha come obiettivo primario la tutela delle persone handicappate (in tal senso cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige – Trento n. 131 del 13.5.2010; T.A.R. Puglia-Lecce n. 348 del 4.2.2008; T.A.R. Campania-Napoli n. 943 del 15.2.2010), per cui il beneficio di cui all’art. 33 co. 5 è attribuibile al lavoratore esclusivamente in funzione dell’utilità che ne tragga il congiunto disabile.
Peraltro, la L. 183/2010, modificando il testo di tale disposizione normativa, ha effettivamente fatto venir meno, quali presupposti per l’attribuzione del beneficio ivi previsto, i requisiti della esclusività e continuità dell’assistenza, come è stato riconosciuto sia amministrativamente, dall’INPS (con la circolare 3.12.2010, n. 155) e dal Dipartimento della Funzione Pubblica (con la circolare 6.12.2010, n. 13), sia in sede giurisdizionale amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. III, n. 1293 del 7.3.2012; Cons. di Stato sez. IV, n. 66 del 10.1.2012; Cons. di Stato sez. IV, n. 2707 del 5.5.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 5590 del 23.6.2011; T.A.R. Sicilia-Catania n. 1999 del 27.7.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 7818 del 7.10.2011).
La testé richiamata giurisprudenza, tuttavia, non appare univoca riguardo all’estendibilità di tale innovazione normativa a tutti i lavoratori del comparto pubblico, in quanto, mentre T.A.R. Lazio-Roma n. 5590 del 23.6.2011; T.A.R. Sicilia-Catania n. 1999 del 27.7.2011; T.A.R. Lazio-Roma n. 7818 del 7.10.2011, con il conforto, ancorché implicito, di Cons. di Stato sez. III, n. 1293 del 7.3.2012, hanno ritenuto che l’applicazione della nuova disciplina riguardi anche il personale delle Forze di Polizia, invece il Cons. di Stato - sez. IV, diversamente opinando (cfr. sent. n. 2707 del 5.5.2011), ha ritenuto che” la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, <<della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti>>”, successivamente precisando (cfr. sent. n. 66 del 7.10.2011) che “in assenza dei provvedimenti attuativi, non (..può..) che continuare ad applicarsi la disciplina nella previgente formulazione della norma”.
Orbene, circa questa specifica problematica, ritiene il Collegio che sia corretta l’interpretazione secondo cui la disciplina attualmente posta dall’art. 33 co. 5 L. 104/1992 (come risultante dalle modifiche apportate ex lege 183/2010) non possa non applicarsi anche ai lavoratori delle Forze di Polizia (comprensiva della Polizia Penitenziaria), quanto meno finché il legislatore non si sia espresso sul punto in modo esplicito e chiaro; e ciò perché in tal senso militano più considerazioni.
Va premesso che la L. 183/2010 (intitolata “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.”) non ha introdotto nell’ordinamento norme da applicarsi ad un settore unico e ben determinato, bensì risulta articolata in un coacervo di disposizioni quanto mai variegate e riferibili ad ambiti diversi, ancorché tutti riconducibili al mondo del lavoro. In questo contesto - si ribadisce, quanto mai eterogeneo – le disposizioni d’interesse in questa sede (ovvero quelle di cui all’art. 19 e all’art. 24) risultano con evidenza operare su piani ed in ambiti ben distinti.
La prima disposizione (rubricata come “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) appare meramente programmatica, poiché si limita a stabilire che il legislatore dovrà tenere conto, nei successivi interventi, della specificità dei compiti e delle funzioni esercitate dalle Forze Armate, dalle Forze di Polizia e dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; ma in proposito, ovvero in relazione all’affermata specificità di tali funzioni, non detta alcuna esplicita disposizione finalizzata a far sì che tale affermata specificità possa produrre immediate conseguenze operative.
La seconda disposizione (rubricata “Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità”), persegue invece, con la norma di cui al co. 1 lett. b), l’immediato obiettivo di modificare il testo dell’art. 33 co. 5 L. 104/1992, così da rendere, mediante l’espunzione del riferimento alla continuità dell’assistenza, meno rigidi i presupposti cui è legato il riconoscimento del beneficio ivi previsto (che, come si è visto, viene sì concesso al lavoratore, ma esclusivamente al solo fine di salvaguardare il congiunto in situazione di handicap grave); e tanto fa senza porre, né in modo esplicito né implicito, alcun limite riguardante particolari tipologie di lavoro o categorie di invalidi.
Ritiene allora questo Tribunale che, voler desumere un limite di operatività di tale ultima normativa dalla diversa disposizione dell’art. 19 (riguardante i dipendenti delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), senza che in questa sia presente alcun riferimento, né all’art. 24, né comunque alla materia delle agevolazioni per gli handicappati, ma in via implicita, solo in conseguenza dell’affermata generica specificità del ruolo svolto da tali dipendenti pubblici (e prima della individuazione appunto degli aspetti meritevoli di essere salvaguardati e della loro regolazione in concreto), significa porre in essere una interpretazione non costituzionalmente orientata del sistema normativo, poiché suscettibile di condurre ad un trattamento ingiustificatamente deteriore per i disabili parenti di dipendenti di personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, o al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Del resto, a voler rimanere sul piano dell’interpretazione letterale, non può non darsi rilevanza al fatto che espressamente l’art. 19 citato chiarisce che la “specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente” risulta rilevante quanto agli aspetti di “tutela economica, pensionistica e previdenziale” (oltre che “ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego”), con esclusione quindi degli aspetti di tutela assistenziale, alla quale ultima è invece riconducibile la normativa di cui all’art. 33 L. 104/1992 (ovvero anche le disposizioni di cui all’art. 24 co. 1 lett. b della L. 183/2010 che queste hanno modificato).
In buona sostanza, la normativa posta dagli artt. 33 co. 5 L. 104/1992 e 24 co. 1 lett. b) L. 183/2010 riguarda la materia assistenziale, ovvero una materia distinta e diversa da quelle economica, pensionistica e previdenziale, in relazione alla cui tutela, in base all’art. 19 L. 183/2010, deve essere riconosciuta una specificità “del ruolo delle Forze Armate, delle Forse di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco”: di conseguenza, le due normative non possono che risultare indifferenti l’una rispetto all’altra.
Peraltro, diversamente opinare pone problemi anche riguardo alla normativa assistenziale applicabile ai dipendenti in tesi esclusi dall’operatività dell’art. 24 L. 183/2010, posto che non sembra del tutto convincente l’indirizzo preso da Cons. di Stato sez. IV, n. 66 del 10.1.2012, secondo cui, fino all’adozione di norme attuative dell’art. 19 L. 183/2010, dovrebbe continuare ad applicarsi la disciplina previgente rispetto alle modifiche apportate dalla L. 183/2010 all’art. 33 co. 5 della L. 104/1992: tale opzione ermeneutica, infatti, non essendo corroborata dalla presenza di disposizioni volte specificamente a limitare l’operatività delle regole sopravvenute, appare del tutto in contrasto con i principi della successione della legge nel tempo.
L’unico limite all’attività di trasferimento per assistenza a persona in stato di grave handicap va allora rinvenuto nell’espressione “ove possibile”, tuttora presente nell’attuale formulazione del co. 5 dell’art. 33 L. 104/1992: è attraverso una opportuna valutazione su tale punto che è allora operabile il necessario bilanciamento tra l’interesse del lavoratore e quello pubblico cui è deputata l’azione dell’amministrazione, e appunto con tale modalità è possibile dare spazio e giuridico rilievo, nelle more dell’adozione di peculiari norme in proposito, alle specificità del ruolo svolto da alcune categorie di dipendenti statali, quali gli appartenenti alle Forze Armate, alle Forze di Polizia e al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
Alla luce delle considerazioni che precedono, deve quindi concludersi che effettivamente il gravato provvedimento risulta affetto dal lamentato vizio di violazione di legge (ovvero dell’art. 33 L. 104/1992 co. 5, nell’attuale formulazione, derivante dalle modifiche apportate dall’art. 24 L. 183/2010), per cui, con assorbimento di ogni ulteriore doglianza, ne va disposto l’annullamento.
Stante la non univocità della giurisprudenza in materia, appare opportuno compensare le spese di giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima)
definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da OMISSIS, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla il diniego di cui alla nota prot. n. GDAP - 0397967 – 2011 del 19.10.2011, del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/10/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Il TAR per il Veneto oggi ha accolto questo ricorso di un collega della PolPen affermando quanto segue:
1) - Pertanto, ritiene il Collegio che ragioni testuali e sistematiche, già accolte dalla giurisprudenza sopra riporta, di cui non vi è motivo per discostarsi, consentano di affermare che la novella introdotta dall'art. 24 cit. è applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, rinviando alla successiva la legislazione attuativa, richiamata dall'art. 19, le eventuali disposizioni speciali e derogatorie, la cui esatta definizione pertiene alle scelte discrezionali del legislatore.
2) - Ne consegue che la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili deve, allo stato, trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
3) - Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l'Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell'istanza di trasferimento.
Il resto leggetelo qui sotto.
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15/11/2012 201201382 Sentenza 1
N. 01382/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01394/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1394 del 2012, proposto da:
A. B., rappresentato e difeso dall'avv. Tonino Argento, con domicilio eletto presso Maria Rosaria Iannelli in Mestre, Via Costa, 20/E;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore;
per l'annullamento
del provvedimento del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Direzione Generale del Personale e della Formazione, prot. n. GDAP-0228288-2012 del 06.06.2012, notificato in data 2 luglio 2012, con il quale è stata rigettata l'istanza avanzata dal ricorrente di concessione dei benefici previsti dalla legge 104/92 (art. 33 comma 5), al fine di poter prestare assistenza alla propria madre, portatrice di handicap in situazione di gravità (comma 3 art. 3); nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Alla camera di consiglio del 30 giugno 2012, fissata per l'esame dell'istanza incidentale di sospensiva formulata unitamente al ricorso principale, il Collegio ha ritualmente avvisato le parti della possibilità di definizione del giudizio con sentenza semplificata.
Il ricorso è fondato.
L'art. 24 della precitata legge nr. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (Permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge nr. 104 del 1992, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell'assistenza quali necessari presupposti del beneficio.
Nel contempo, però, l'art. 19 della medesima legge, rubricato "Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco", ha statuito che:
"... Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie".
Alla luce di tale articolato, il Consiglio di Stato aveva, in precedenza, statuito che tale disposizione normativa, proprio in ragione della "peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali" che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia, in funzione dei compiti istituzionali ad essi affidati dall’ordinamento, impediva l’applicazione, al predetto personale, della previsione di cui all’art. 24 cit., perché riteneva necessario ed essenziale il previsto e successivo passaggio normativo, per cui, in mancanza del riferito adempimento normativo, le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non potevano trovare immediata applicazione.
Tale orientamento è stato, esattamente superato dalla successiva giurisprudenza della stessa sezione del Consiglio di Stato che ha testualmente statuito :” … Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l'inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss'altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all'interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge nr. 104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore "speciale", poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l'ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l'efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita “ (Cons. Stato, sez. IV, 09 luglio 2012, n. 4047).
Pertanto, ritiene il Collegio che ragioni testuali e sistematiche, già accolte dalla giurisprudenza sopra riporta, di cui non vi è motivo per discostarsi, consentano di affermare che la novella introdotta dall'art. 24 cit. è applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, rinviando alla successiva la legislazione attuativa, richiamata dall'art. 19, le eventuali disposizioni speciali e derogatorie, la cui esatta definizione pertiene alle scelte discrezionali del legislatore.
Ne consegue che la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili deve, allo stato, trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
Il ricorso è, pertanto, accolto, con il consequenziale annullamento degli atti ivi impugnati.
Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l'Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell'istanza di trasferimento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto in epigrafe indicato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 2.500,00 ( duemicinquecento) oltre IVA e CAP.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente FF
Silvia Coppari, Referendario
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2012
1) - Pertanto, ritiene il Collegio che ragioni testuali e sistematiche, già accolte dalla giurisprudenza sopra riporta, di cui non vi è motivo per discostarsi, consentano di affermare che la novella introdotta dall'art. 24 cit. è applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, rinviando alla successiva la legislazione attuativa, richiamata dall'art. 19, le eventuali disposizioni speciali e derogatorie, la cui esatta definizione pertiene alle scelte discrezionali del legislatore.
2) - Ne consegue che la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili deve, allo stato, trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
3) - Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l'Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell'istanza di trasferimento.
Il resto leggetelo qui sotto.
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15/11/2012 201201382 Sentenza 1
N. 01382/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01394/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1394 del 2012, proposto da:
A. B., rappresentato e difeso dall'avv. Tonino Argento, con domicilio eletto presso Maria Rosaria Iannelli in Mestre, Via Costa, 20/E;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore;
per l'annullamento
del provvedimento del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Direzione Generale del Personale e della Formazione, prot. n. GDAP-0228288-2012 del 06.06.2012, notificato in data 2 luglio 2012, con il quale è stata rigettata l'istanza avanzata dal ricorrente di concessione dei benefici previsti dalla legge 104/92 (art. 33 comma 5), al fine di poter prestare assistenza alla propria madre, portatrice di handicap in situazione di gravità (comma 3 art. 3); nonchè di ogni atto annesso, connesso o presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Alla camera di consiglio del 30 giugno 2012, fissata per l'esame dell'istanza incidentale di sospensiva formulata unitamente al ricorso principale, il Collegio ha ritualmente avvisato le parti della possibilità di definizione del giudizio con sentenza semplificata.
Il ricorso è fondato.
L'art. 24 della precitata legge nr. 183 del 2010 ha sostituito il comma 3 (Permessi mensili retribuiti) ed il comma 5 (scelta della sede) della legge nr. 104 del 1992, eliminando i requisiti della cd. continuità ed esclusività nell'assistenza quali necessari presupposti del beneficio.
Nel contempo, però, l'art. 19 della medesima legge, rubricato "Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco", ha statuito che:
"... Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.
La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie".
Alla luce di tale articolato, il Consiglio di Stato aveva, in precedenza, statuito che tale disposizione normativa, proprio in ragione della "peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali" che interessano il personale delle Forze Armate e di Polizia, in funzione dei compiti istituzionali ad essi affidati dall’ordinamento, impediva l’applicazione, al predetto personale, della previsione di cui all’art. 24 cit., perché riteneva necessario ed essenziale il previsto e successivo passaggio normativo, per cui, in mancanza del riferito adempimento normativo, le disposizioni di dettaglio dettate per la generalità dei dipendenti non potevano trovare immediata applicazione.
Tale orientamento è stato, esattamente superato dalla successiva giurisprudenza della stessa sezione del Consiglio di Stato che ha testualmente statuito :” … Una siffatta formulazione non è in generale idonea a giustificare l'inoperatività relativa della fonte nel cui contesto la norma è inserita, non foss'altro perché essa non contiene nessuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi piuttosto all'interprete come un autonomo articolato, fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco.
Né la norma può essere considerata quale implicita disposizione transitoria che mantiene inalterata, nei confronti delle Forze Armate, tutta la disciplina previgente (ivi compresi i benefici della legge nr. 104 del 1992) in attesa di una valutazione di adeguatezza da parte del legislatore "speciale", poiché, a prescindere da quanto sopra chiarito circa la natura palesemente programmatica della stessa, l'ultravigenza di norme espressamente sostituite necessita di una chiara indicazione legislativa che ne proroghi temporalmente o soggettivamente l'efficacia, in deroga al principio per il quale la sostituzione presuppone in via generale una implicita abrogazione della norma sostituita “ (Cons. Stato, sez. IV, 09 luglio 2012, n. 4047).
Pertanto, ritiene il Collegio che ragioni testuali e sistematiche, già accolte dalla giurisprudenza sopra riporta, di cui non vi è motivo per discostarsi, consentano di affermare che la novella introdotta dall'art. 24 cit. è applicabile a tutto il personale dipendente, senza eccezioni, rinviando alla successiva la legislazione attuativa, richiamata dall'art. 19, le eventuali disposizioni speciali e derogatorie, la cui esatta definizione pertiene alle scelte discrezionali del legislatore.
Ne consegue che la disciplina comune in materia di assistenza ai familiari disabili deve, allo stato, trovare applicazione anche per il personale delle Forze Armate, di Polizia ed ai Vigili del Fuoco.
Il ricorso è, pertanto, accolto, con il consequenziale annullamento degli atti ivi impugnati.
Restano salve, naturalmente, le ulteriori determinazioni che l'Amministrazione dovrà adottare in sede di riesame dell'istanza di trasferimento.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto in epigrafe indicato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida complessivamente in euro 2.500,00 ( duemicinquecento) oltre IVA e CAP.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente FF
Silvia Coppari, Referendario
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/11/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Avviso solamente per il personale PolPen
1) - La ricorrente ha fondato l’istanza di trasferimento sulla necessità di prestare assistenza a partente disabile che risiede in prossimità della sede richiesta.
2) - L’atto impugnato basa il rigetto della domanda su di un solo elemento, ovvero il difetto del requisito della continuità ed esclusività assistenziale, posto che l’art. 33 non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe venire svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.
3) - Sotto tale profilo, esso è applicativo della circolare del DaP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito, a propria volta impugnata.
4) - In via preliminare, va osservato che viene impugnata la circolare di cui sopra, di cui il provvedimento di rigetto è applicativo, ciò che radica la competenza territoriale presso il Tar del Lazio.
IL TAR LAZIO ha ANNULLATO poichè e di sua competenza la circolare che prevede il requisito della continuità ed esclusività assistenziale.
5) - Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della continuità ed esclusività
assistenziale oramai abrogato ex lege.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
07/12/2012 201210239 Sentenza Breve 1Q
N. 10239/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09744/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9744 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Zinno, con domicilio eletto presso Studio Legale Mangazzo in Roma, via Alessandro III, 6;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento prot. gdpa-0334773-2012 del 19.9.2012 comunicato alla ricorrente il giorno 5.10.2012, del ministero della giustizia dap con cui si comunicava il diniego di trasferimento ex legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, agente di polizia penitenziaria presso la casa circondariale di Reggio Calabria, impugna il provvedimento del 19 settembre 2012, con cui l’amministrazione ne ha rigettato la domanda di trasferimento in Campania, formulata ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992.
La causa può essere decisa con sentenza in forma semplificata, all’esito della fase cautelare.
La ricorrente ha fondato l’istanza di trasferimento sulla necessità di prestare assistenza a partente disabile che risiede in prossimità della sede richiesta.
L’atto impugnato basa il rigetto della domanda su di un solo elemento, ovvero il difetto del requisito della continuità ed esclusività assistenziale, posto che l’art. 33 non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe venire svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.
Sotto tale profilo, esso è applicativo della circolare del DaP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito, a propria volta impugnata.
Con un principale, articolato motivo di ricorso, viene dedotto che la continuità ed esclusività assistenziale ha cessato di essere elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 33 a seguito della novella introdotta con l’art. 24 della l. n. 183 del 2010.
In via preliminare, va osservato che viene impugnata la circolare di cui sopra, di cui il provvedimento di rigetto è applicativo, ciò che radica la competenza territoriale presso il Tar del Lazio.
Nel merito, il Tribunale osserva che la giurisprudenza amministrativa, nel vigore del testo originario dell’art. 33, comma, 5, della l. n. 104 del 1992 aveva desunto che il trasferimento fosse consentito solo in caso di continuità ed esclusività della prestazione.
Tuttavia, tale conclusione è del tutto superata dall’art. 24, comma 1, lett. b) della l. n. 183 del 2010, applicabile ratione temporis alla fattispecie, con cui il requisito della continuità ed esclusività deve ritenersi abrogato, senza eccezione alcuna.
Il Tribunale rileva infatti che in tal senso milita il più recentemente orientamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, n. 1293 del 2012), e la stessa giurisprudenza della Sezione.
Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della continuità ed esclusività assistenziale oramai abrogato ex lege.
Sono assorbite le altre censure.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Annulla gli atti impugnati.
Condanna l’Amministrazione a rifondere le spese, che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2012
1) - La ricorrente ha fondato l’istanza di trasferimento sulla necessità di prestare assistenza a partente disabile che risiede in prossimità della sede richiesta.
2) - L’atto impugnato basa il rigetto della domanda su di un solo elemento, ovvero il difetto del requisito della continuità ed esclusività assistenziale, posto che l’art. 33 non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe venire svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.
3) - Sotto tale profilo, esso è applicativo della circolare del DaP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito, a propria volta impugnata.
4) - In via preliminare, va osservato che viene impugnata la circolare di cui sopra, di cui il provvedimento di rigetto è applicativo, ciò che radica la competenza territoriale presso il Tar del Lazio.
IL TAR LAZIO ha ANNULLATO poichè e di sua competenza la circolare che prevede il requisito della continuità ed esclusività assistenziale.
5) - Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della continuità ed esclusività
assistenziale oramai abrogato ex lege.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
07/12/2012 201210239 Sentenza Breve 1Q
N. 10239/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09744/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9744 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Zinno, con domicilio eletto presso Studio Legale Mangazzo in Roma, via Alessandro III, 6;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento prot. gdpa-0334773-2012 del 19.9.2012 comunicato alla ricorrente il giorno 5.10.2012, del ministero della giustizia dap con cui si comunicava il diniego di trasferimento ex legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, agente di polizia penitenziaria presso la casa circondariale di Reggio Calabria, impugna il provvedimento del 19 settembre 2012, con cui l’amministrazione ne ha rigettato la domanda di trasferimento in Campania, formulata ex art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992.
La causa può essere decisa con sentenza in forma semplificata, all’esito della fase cautelare.
La ricorrente ha fondato l’istanza di trasferimento sulla necessità di prestare assistenza a partente disabile che risiede in prossimità della sede richiesta.
L’atto impugnato basa il rigetto della domanda su di un solo elemento, ovvero il difetto del requisito della continuità ed esclusività assistenziale, posto che l’art. 33 non sarebbe applicabile nei casi in cui la prestazione assistenziale potrebbe venire svolta da altri parenti e affini entro il terzo grado.
Sotto tale profilo, esso è applicativo della circolare del DaP n. 0213520 del 16 maggio 2003, che esige la sussistenza di tale requisito, a propria volta impugnata.
Con un principale, articolato motivo di ricorso, viene dedotto che la continuità ed esclusività assistenziale ha cessato di essere elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art. 33 a seguito della novella introdotta con l’art. 24 della l. n. 183 del 2010.
In via preliminare, va osservato che viene impugnata la circolare di cui sopra, di cui il provvedimento di rigetto è applicativo, ciò che radica la competenza territoriale presso il Tar del Lazio.
Nel merito, il Tribunale osserva che la giurisprudenza amministrativa, nel vigore del testo originario dell’art. 33, comma, 5, della l. n. 104 del 1992 aveva desunto che il trasferimento fosse consentito solo in caso di continuità ed esclusività della prestazione.
Tuttavia, tale conclusione è del tutto superata dall’art. 24, comma 1, lett. b) della l. n. 183 del 2010, applicabile ratione temporis alla fattispecie, con cui il requisito della continuità ed esclusività deve ritenersi abrogato, senza eccezione alcuna.
Il Tribunale rileva infatti che in tal senso milita il più recentemente orientamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. III, n. 1293 del 2012), e la stessa giurisprudenza della Sezione.
Ne segue l’annullamento sia del provvedimento di rigetto della domanda di trasferimento, sia della circolare del DAP, nella parte in cui si continua ad esigere il requisito della continuità ed esclusività assistenziale oramai abrogato ex lege.
Sono assorbite le altre censure.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Annulla gli atti impugnati.
Condanna l’Amministrazione a rifondere le spese, che liquida in euro 1500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Marco Bignami, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/12/2012
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