Poste. Accesso pianta organica dell'unità produttiva.

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Poste. Accesso pianta organica dell'unità produttiva.

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Per opportuna notizia nel caso possa interessare qualche famigliare.

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N. 00889/2012 REG.PROV.COLL.
N. 03592/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3592 del 2011, proposto da:
- OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovambattista Cefalì, ed elettivamente domiciliato in Milano, Via Lucca n. 44, presso la sede dell’Associazione Aspes;

contro

- Poste Italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Leonardo Popolo, ed elettivamente domiciliata in Milano, Via Cordusio n. 4, presso la sede dell’Area Legale di Poste Italiane;

per l’annullamento

- del diniego di accesso ai documenti richiesti dal ricorrente con la nota del 1 novembre 2011;
- e per l’accesso alla pianta organica dell’unità produttiva dell’Area Logistica Territoriale Lombardia – Recapito di Cinisello Balsamo Recapito, completa delle indicazioni delle generalità dei dipendenti in organico, relativa alle mansioni ed al reparto di applicazione, in riferimento sia al trimestre precedente che a quello successivo al 1 luglio 2010, nonché al trimestre successivo al 30 settembre 2010, nonché alla pianta organica del personale a tempo indeterminato e determinato dell’unità produttiva dell’Area Logistica Territoriale Lombardia – Recapito di Cinisello Balsamo Recapito;
- per l’accesso alla pianta organica relativa a tutto il personale in organico a tempo indeterminato di tutti gli uffici postali della sede Regione Lombardia al 31 dicembre 2009 e 1 gennaio 2010 e degli assunti a tempo determinato di tutti gli uffici postali della sede Regione Lombardia al 31 dicembre 2009 e 1 gennaio 2010;
- per l’accesso al CTD del personale assunto, completo delle generalità dei dipendenti e relativa applicazione nel reparto, nel trimestre precedente al 1 luglio 2010, nonché di quello assunto nel trimestre successivo al 30 settembre 2010 nonché nel periodo in cui ha prestato servizio il sig. D. M. presso l’unità produttiva dell’Area Logistica Territoriale Lombardia – Recapito di Cinisello Balsamo Recapito e dichiarato alle organizzazioni sindacali;
- per l’accesso ai Modelli presenze (70 P), relativi all’Area Logistica Territoriale Lombardia – Recapito di Cinisello Balsamo Recapito, con l’indicazione del numero degli addetti, completo delle generalità degli stessi e della relativa applicazione nel reparto, nel trimestre precedente l’assunzione del sig. D. M., nonché nel periodo in cui lo stesso ha prestato servizio e nel trimestre successivo al 30 settembre 2010;
- con il conseguente ordine a Poste Italiane di esibire la documentazione in precedenza richiesta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il primo referendario Antonio De Vita;
Uditi, alla camera di consiglio del 28 febbraio 2012, i procuratori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso notificato in data 6 dicembre 2011 e depositato il 21 dicembre successivo, il ricorrente ha chiesto l’annullamento del diniego di accesso ai documenti indicati in epigrafe, formulato dal medesimo ricorrente con la nota del 1 novembre 2011 e riscontrato da Poste Italiane in data 30 novembre 2011, con il contestuale ordine di esibizione dei documenti non resi accessibili.
A sostegno del ricorso – premesso l’interesse ad agire, in quanto lo stesso ricorrente, assunto a tempo determinato da Poste Italiane, avrebbe diritto alla conversione del rapporto di lavoro in quello a tempo indeterminato – vengono dedotte le censure di violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 22, 23 e 25 della legge n. 241 del 1990, di eccesso di potere per contraddittorietà, falso presupposto ed ingiustizia manifesta.
Anche nell’esercizio dell’attività di natura privatistica gli enti che gestiscono un servizio pubblico sarebbero soggetti agli obblighi in materia di accesso previsti dagli art. 22 e ss. della legge n. 241 del 1990, riferibili ai principi di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione. Ciò sarebbe finalizzato alla trasparenza di tutta l’attività amministrativa, indipendentemente dal modulo utilizzato per svolgerla concretamente.
Vengono altresì dedotti la violazione degli artt. 22 e 25 della legge n. 241 del 1990 e del D.P.R. n. 352 del 1992, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, erronea ed insufficiente motivazione.
Nel bilanciamento tra l’interesse alla riservatezza dei soggetti i cui dati vengono richiesti e l’interesse del richiedente ad ottenere l’accesso agli atti necessari affinché lo stesso possa agire in giudizio, dovrebbe prevalere, in linea con l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, l’interesse del soggetto che deve tutelare in giudizio i suoi diritti e che quindi chiede l’accesso.
Infine, si chiede la condanna della resistente al pagamento delle spese di lite anche ai sensi dell’art. 26, comma 2, cod. proc. amm.
Si è costituita in giudizio Poste Italiane S.p.A., che ha chiesto il rigetto del ricorso, sottolineando la carenza di interesse del ricorrente all’accesso, non essendo utilizzabili i dati richiesti per promuovere l’azione giudiziale presso il Giudice del lavoro.
Con memoria depositata in data 3 febbraio 2012, il ricorrente ha eccepito, tra l’altro, l’inammissibilità, per tardività, della memoria di costituzione di Poste Italiane.
Alla Camera di consiglio del 28 febbraio 2012, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare va ritenuta tempestiva e ammissibile la memoria di costituzione di Poste S.p.a., in quanto ai sensi dell’art. 87, comma 3, del cod. proc. amm. in materia di accesso ai documenti tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario. Essendo previsto che, nel processo ordinario, le parti possono presentare documenti fino a quaranta giorni liberi e memorie fino a trenta giorni liberi prima dell’udienza (art. 73, comma 1, del cod. proc. amm), nel processo in materia di accesso si deve consentire tale presentazione rispettivamente fino a venti e quindici giorni liberi prima della camera di consiglio. L’atto di costituzione di Poste è stato depositato il 30 gennaio 2012, ossia ben prima della scadenza dei venti giorni liberi in vista della camera di consiglio fissata per il 28 febbraio successivo.
2. Passando al merito del ricorso, lo stesso è fondato.
2.1. Come già evidenziato in precedenti occasioni, il Collegio aderisce all’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale “l’attività amministrativa, alla quale gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d’accesso, ricomprende, non solo, quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato, posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante, anche sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 28 giugno 2010, n. 2647).
Di conseguenza gli atti di gestione del rapporto di lavoro privatizzato, che hanno natura giuridica privata, ma che sono funzionali all’interesse pubblico curato dal datore di lavoro, rientrano nel novero degli atti accessibili da parte dei soggetti interessati, ovvero dei lavoratori dipendenti dalle Poste.
2.2. Con riferimento alla questione con cui si lamenta che il dovere di consentire l’accesso non implica anche un dovere di consentire l’elaborazione di dati, va precisato che Poste Italiane potrà, ove non sia in possesso di dati aggregati e ritenga di non essere in grado di aggregarli senza eccessivo dispendio, consentire l’accesso a tutti i dati richiesti disaggregati, mettendo a disposizione dell’interessato tutti i documenti necessari affinché l’opera di aggregazione sia compiuta a cura dell’interessato medesimo (cfr. Consiglio di Stato, VI, 2 ottobre 2009, n. 5987).
3. Nel caso all’esame del Collegio, non v’è dubbio che l’istante abbia un interesse giuridicamente rilevante all’accesso, essendo lo stesso riferito alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e, quindi, sia pure indirettamente, al servizio postale, allo scopo di rinvenire elementi utili per instaurare una eventuale controversia innanzi al Giudice del lavoro, a dimostrazione dell’ingiustificato ricorso ad assunzioni a tempo determinato da parte dell’intimata società. In tal caso non assume rilievo decisivo la circostanza evidenziata da Poste con riferimento all’inconferenza della documentazione richiesta – presupponendo come rilevante il dato nazionale e non quello regionale – visto che tale aspetto dovrà essere valutato esclusivamente dal giudice munito di giurisdizione sulla controversia e non anche in questa sede, dove tale circostanza è solo sommariamente delibata.
4. Per le suesposte considerazioni, quindi, deve ritenersi che Poste Italiane S.p.a. sia soggetta alla disciplina in tema di accesso e, quindi, obbligata all’esibizione della documentazione richiesta, tenendo conto che, qualora le informazioni riferite a taluni degli atti riportati nell’istanza di accesso, siano contenute in documenti aventi denominazione diversa da quella indicata nella ridetta istanza, su tali documenti dovrà essere indirizzata la richiesta di accesso sopra menzionata.
Sussistono, in definitiva, i presupposti per l’esercizio del diritto di accesso, con il conseguente accoglimento del ricorso, previo annullamento del provvedimento di parziale rifiuto opposto dall’ufficio “Risorse Umane e Organizzazione” di Poste Italiane S.p.a. in data 30 novembre 2011 (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 28 giugno 2010, n. 2647).
L’accesso andrà consentito entro il termine di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, secondo quanto specificato in precedenza.
5. Quanto alla richiesta di condanna di Poste Italiane per temerarietà della lite, la stessa non può essere accolta, in virtù dell’incertezza riguardante la rilevanza del dato nazionale piuttosto che di quello regionale nella valutazione dell’interesse all’accesso azionato dal ricorrente.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, con distrazione a favore del procuratore antistatario.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, ordina a Poste Italiane S.p.A. il rilascio della richiesta documentazione, nei sensi e nei termini di cui in motivazione.
Condanna Poste Italiane al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente nella misura di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge, da corrispondere direttamente al procuratore della parte ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 28 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Antonio De Vita, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2012


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Re: Poste. Accesso pianta organica dell'unità produttiva.

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L'Appello proposto dalla s.p.a. Poste Italiane è stato respinto anche per i seguenti motivi:

1)- Si osserva al riguardo che, in base a un consolidato (e qui condiviso) orientamento, l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo (ben potendo essere concessa la tutela ostensiva a fronte di una qualunque posizione giuridica soggettiva, purché non si tratti del generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa) e che, al fine di riconoscere il diritto all’accesso, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione.

2)- Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve costituire mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.

3)- Quanto ai primi, si osserva che la veste societaria non è di per sé sufficiente ad escludere Poste Italiane dalla disciplina in tema di accesso, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, lettera e), della legge 241 del 1990, secondo cui nel novero delle ‘pubbliche amministrazioni’ assoggettate alla disciplina in materia di accesso rientrano “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.

4)- La Sezione ritiene di non doversi discostare dal già espresso orientamento, secondo cui l’attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d’accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229; id., 30 dicembre 2005 n. 7624; id., 7 agosto 2002 n. 4152; id., 8 gennaio 2002 n. 67).

5)- Con le citate decisioni, la Sezione ha ritenuto che i dipendenti di Poste Italiane s.p.a., anche cessati dal rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all’organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilevando che l’attività di Poste si svolga in parte in regime di concorrenza.

6)- Deve, di conseguenza, ritenersi che Poste Italiane è soggetta alla disciplina in tema di accesso nei limiti già precisati con i citati precedenti della Sezione e che lo è nel caso di specie, in cui appunto l’accesso è stato richiesto in relazione alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e quindi del servizio postale.

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N. 02516/2012REG.PROV.COLL.
N. 00280/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 280 del 2012, proposto dalla s.p.a. Poste Italiane, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fortunata Cirino, Leonardo Angelo Popolo e Marco Filippetto, con domicilio eletto presso Poste Italiane Direzione Affari Legali in Roma, viale Europa, 175;

contro
il signor R. Z., rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Bellitti e Giovambattista Cefalì, con domicilio eletto presso il signor Paolo Botzios in Roma, via Cicerone, 49;
per la riforma della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano, Sezione IV, 15 gennaio 2011, n. 2741.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di R. Z.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Claudio Contessa e udito l’avvocato Buccellato, per delega dell’avvocato Bellitti, per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La s.p.a. Poste Italiane riferisce che, con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Lombardia e recante il numero 2251/2011, il signor Z.. impugnava l’atto con cui la società appellante aveva respinto la domanda da lui proposta al fine di accedere ad alcuni atti relativi al precorso rapporto di lavoro a tempo determinato.

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale adìto accoglieva il ricorso e per l’effetto ordinava alla società appellante di consentire il rilascio della documentazione richiesta.
La sentenza in questione è stata impugnata dalla società Poste Italiane s.p.a. la quale ne ha chiesto la riforma, articolando i seguenti motivi:

1) Violazione dell’articolo 24 della legge 241 del 1990.
Il Tribunale avrebbe omesso di rilevare la carenza di interesse del ricorrente in primo grado ad ottenere l’accesso agli atti relativi al precorso rapporto di lavoro, dal momento che era ormai decorso il termine di legge per proporre qualunque impugnativa (in particolare, era decorso il termine di cui all’articolo 32 della legge 183 del 2010, applicabile anche alla tipologia di rapporto lavorativo all’origine dei fatti di causa).
Conseguentemente, non potrebbe dirsi sussistente alcun nesso di pertinenza/strumentalità fra il richiesto accesso e il rapporto di lavoro all’origine della richiesta.
Inoltre, non sussisterebbe l’interesse del ricorrente in primo grado ad ottenere l’accesso agli atti relativi all’organico aziendale al livello locale o regionale.
Ciò, in quanto la normativa in materia di contratti a termine stabilisce dei parametri numerici al livello di organico nazionale, con la conseguenza che il dato richiesto non sarebbe pertinente ai fini dell’eventuale tutela dei diritti in sede giudiziaria.

2) Violazione dell’art. 22, co. 1, lettere d) ed e), co. 4 e 6, della legge 241 del 1990.
Il Tribunale avrebbe omesso di considerare che nel caso di specie non sussistevano i presupposti soggettivi e oggettivi per ammettere il diritto di accesso.
Quanto ai primi, la società appellante sarebbe esclusa dalla normativa sul diritto di accesso, qualificandosi come società commerciale.
Quanto ai secondi, l’attività al cui ambito afferisce la gestione del rapporto lavorativo in questione non sarebbe qualificabile come ‘di pubblico interesse’, in tal modo restando esclusa dall’applicazione delle previsioni di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 241, cit.
Del resto, pur essendo l’appellante qualificabile come Ente pubblico societario, non potrebbe comunque qualificarsi come amministrazione pubblica anche per ciò che riguarda la disciplina del diritto di accesso.
Inoltre, gli atti cui era stato chiesto l’accesso (es.: le ‘piante organiche’) concernono l’organizzazione di impresa e non potrebbero essere assoggettati alla disciplina in tema di accesso neppure enfatizzando il nesso di strumentalità esistente fra questi atti e il pubblico servizio gestito.

3) Violazione dell’art. 41, Cost.
Anche ad ammettere che la società appellante sia da ritenere assoggettata alla normativa in tema di accesso agli atti, il T.A.R. avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione il fatto che si tratta, comunque, di un’impresa e non di una pubblica amministrazione ai sensi dell’articolo 1 del d.lgs. 165 del 2001 e di trarne le necessarie conseguenze in ordine alla definizione degli atti in concreto assoggettati al diritto di accesso.
In particolare, il T.A.R. non avrebbe considerato che:
- gli atti in relazione ai quali il sig. Z.. aveva proposto istanza di accesso non afferiscono alla sfera lavoristica, ma alla diversa sfera dell’autorganizzazione imprenditoriale;
- alcuni degli atti oggetto dell’istanza di accesso non sono nella materiale disponibilità della società appellante (ci si riferisce, in particolare alle ‘piante organiche’);
- l’istanza formulata dal ricorrente in primo grado non risultava finalizzata (in chiave di ‘strumentalità’) alla tutela di posizioni soggettive scaturenti dal rapporto di lavoro in essere, bensì all’esercizio di una sorta di potere di controllo diffuso sull’esercizio dell’attività amministrativa, ex se incompatibile con i limiti di esercizio del diritto di accesso;

4) Violazione dell’articolo 2 del d.P.R. 184 del 2006.
Nel rendere la sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe considerato che la pubblica amministrazione non è tenuta a elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richiesta di accesso.
Al contrario, l’appellato aveva chiesto di accedere ad atti (come il libro unico del lavoro) il quale non contiene tutte le informazioni richieste e, comunque, non le contiene in forma aggregata, con la conseguenza di non consentire il soddisfacimento della domanda ostensiva, per come formulata.
Si costituiva in giudizio il signor Z.., il quale eccepiva in primo luogo l’irricevibilità dell’appello (in quanto tardivamente depositato) e, nel merito, la sua infondatezza.
Alla camera di consiglio del 6 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Poste italiane s.p.a. avverso la sentenza con cui il T.A.R. per la Lombardia ha accolto il ricorso proposto dal signor Z.. al fine di ottenere l’accesso ad alcuni atti relativi al precorso rapporto di lavoro a tempo determinato.

2. Deve in primo luogo essere esaminata l’eccezione di tardività sollevata dal signor Z.. in sede di costituzione in giudizio.
Al riguardo, egli deduce che il ricorso in appello sia stato notificato in data 22 dicembre 2011, mentre lo stesso è stato depositato solo in data 16 gennaio 2012 (ossia, dopo il decorso del termine dimidiato per il deposito di cui agli articoli 116 e 87, comma 3 del c.p.a.).

2.1. L’eccezione è fondata.
Ed infatti, come correttamente rilevato dall’odierno appellato, nel caso del c.d. ‘rito dell’accesso’ di cui all’articolo 116 del c.p.a. opera la dimidiazione di tutti i termini processuali stabilita per la generalità dei riti camerali dal comma 3 dell’articolo 87 del c.p.a. (con la sola eccezione – che qui non opera – del termine per la notificazione del ricorso di primo grado).

La dimidiazione in questione concerne anche il termine per il deposito del ricorso, il quale resta fissato in soli 15 giorni dall’avvenuta notifica (i.e.: nella metà del termine previsto in via generale per il deposito ai sensi dell’art. 45 del c.p.a.).
Tanto premesso, si deve concludere nel senso della improcedibilità dell’appello, il quale – secondo le risultanze in atti – è stato depositato dopo il decorso di 25 giorni dall’avvenuta notifica.

3. Fermo restando il carattere dirimente ai fini della decisione di quanto appena osservato, deve osservarsi che l’appello in epigrafe è comunque infondato.

3.1. In particolare, non possono trovare accoglimento i motivi di appello con cui la società appellante intende dimostrare l’inammissibilità della richiesta ostensiva (che il signor Z.. dice finalizzata alla tutela anche in sede giudiziaria dei propri diritti lavoristici) in base alla ritenuta tardività o infondatezza delle relative pretese le quali, quindi, non potrebbero in alcun modo trovare accoglimento anche laddove venisse consentito l’accesso agli atti per cui è causa.

Si osserva al riguardo che, in base a un consolidato (e qui condiviso) orientamento, l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo (ben potendo essere concessa la tutela ostensiva a fronte di una qualunque posizione giuridica soggettiva, purché non si tratti del generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa) e che, al fine di riconoscere il diritto all’accesso, accanto a tale interesse deve sussistere un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione.

Questo rapporto di strumentalità deve però essere inteso in senso ampio, ossia in modo che la documentazione richiesta deve costituire mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.

Pertanto, l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per l’amministrazione (o il gestore di un pubblico servizio) per compiere apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (Cons. Stato, IV, 13 ottobre 2010, n. 7486).

Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, ne consegue l’infondatezza dei ricorsi in appello, atteso che:
- il ricorrente in primo grado ha plausibilmente prospettato l’esistenza di un nesso di strumentalità fra l’accesso ai documenti relativi alla struttura e all’organizzazione lavorativa della società appellante e la tutela anche in sede giurisdizionale dei propri diritti ed interessi di ex lavoratore;
- egli ha rivolto la richiesta ostensiva ad atti comunque riferibili al rapporto lavorativo precorso (e, in via mediata, all’ambito entro cui tale rapporto di era svolto), sicché non può negarsi la pertinenza della richiesta formulata e la sussistenza dell’interesse all’accesso, mentre va negato che il giudizio di pertinenza possa essere inteso in modo così stringente da rimettere all’Amministrazione una sorta di improprio giudizio prognostico circa l’esito del giudizio alla cui proposizione la domanda di accesso è strumentale.

3.2. Neppure può ritenersi che difettino nel caso di specie i presupposti soggettivi ovvero oggettivi per l’accesso.
Quanto ai primi, si osserva che la veste societaria non è di per sé sufficiente ad escludere Poste Italiane dalla disciplina in tema di accesso, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, lettera e), della legge 241 del 1990, secondo cui nel novero delle ‘pubbliche amministrazioni’ assoggettate alla disciplina in materia di accesso rientrano “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.

La Sezione ritiene di non doversi discostare dal già espresso orientamento, secondo cui l’attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 della legge n. 241 del 1990 correlano il diritto d’accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229; id., 30 dicembre 2005 n. 7624; id., 7 agosto 2002 n. 4152; id., 8 gennaio 2002 n. 67).

Con le citate decisioni, la Sezione ha ritenuto che i dipendenti di Poste Italiane s.p.a., anche cessati dal rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all’organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilevando che l’attività di Poste si svolga in parte in regime di concorrenza.

In tali casi l’attività di Poste Italiane, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è stata ritenuta strumentale al servizio gestito da Poste ed incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio, il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di Poste Italiane.

Deve, di conseguenza, ritenersi che Poste Italiane è soggetta alla disciplina in tema di accesso nei limiti già precisati con i citati precedenti della Sezione e che lo è nel caso di specie, in cui appunto l’accesso è stato richiesto in relazione alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e quindi del servizio postale.

Per le medesime ragioni, non può ritenersi che la sentenza appellata, con cui è stato accordato il richiesto accesso, risulti violativa delle prerogative imprenditoriali della società e, quindi, dell’articolo 41, Cost.

3.3. Quanto all’ultima delle censure sollevate dalla società appellante (per asserita violazione dell’articolo 2 del d.P.R. 184 del 2006), si osserva che essa non può trovare accoglimento per la genericità della sua formulazione.
E infatti, la società appellante non ha indicato per quali ragioni effettive la domanda di accesso formulata dall’odierno appellato comporterebbe in capo ad essa un onere di rielaborazione di dati al fine di soddisfare la domanda stessa.
Al riguardo, l’appellante si limita ad affermare in modo sostanzialmente apodittico che la sentenza impugnata la costringerebbe a una complessa rielaborazione dei dati riportati nel ‘libro unico del lavoro’.

4. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 280 del 2012, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellata alla rifusione in favore dell’appellato delle spese del secondo grado di lite, che liquida in complessivi euro 1.500 (millecinquecento), oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Poste. Accesso pianta organica dell'unità produttiva.

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Domanda di trasferimento ex art. 33 c. 5 L. n. 104/1992, presso unità produttive di ......... per prestare assistenza alla madre affetta da grave handicap e che detta istanza veniva respinta da Poste Italiane SPA, in quanto “al momento non sussistono le condizioni per accogliere la…richiesta”;

1) - è stata respinta la domanda di accesso presentata dal ricorrente con missiva raccomandata A/R, intesa a conseguire, ai sensi degli artt. 22 e ss. L. 7.8.1990 n. 241, oltre che sulla base del D.P.R. n. 184//2006 e della relativa normativa di attuazione, il rilascio di "copia della pianta organica degli uffici postali ovvero degli atti a questa equipollenti che contengono analoghe informazioni (organigramma, piano tabellare, ecc.), con ivi evidenziati i posti coperti e vacanti con riferimento al personale in possesso di qualifica di portalettere senior o equivalenti",

2) - con nota ...... la richiesta è stata respinta con la seguente motivazione “Non è possibile dar corso alla Sua istanza in quanto la stessa risulta priva di riferimenti temporali in ordine alla documentazione richiesta. Non ricorrono inoltre i presupposti di cui alla legge 241/1990 che esclude ogni controllo generalizzato dell’operato del soggetto al quale viene rivolta l’istanza di accesso alla documentazione”.

Il TAR PUGLIA di Bari ha precisato:

- le regole dettate in tema di trasparenza della pubblica amministrazione e di diritto di accesso ai relativi atti, predicato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, si applicano non solo alle pubbliche amministrazioni in senso stretto, ma anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico, come i concessionari di pubblici servizi, società pubbliche ad azionariato pubblico, etc. (Cons.St., A.P. 5 settembre 2005, n. 5);
- in particolare, è stato più volte precisato che l'attività amministrativa, cui si correla il diritto di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, concerne non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità anche sul versante soggettivo, dall'intensa conformazione pubblicistica (C.d.S., sez. VI 30 dicembre 2005, n. 7624; 26 gennaio 2006, n. 229; 22 maggio 2006, n. 2959);

- del resto anche gli atti disciplinati dal diritto privato rientrano nell'attività di amministrazione degli interessi della collettività e dunque sono soggetti ai principi di trasparenza e di imparzialità, non avendo in tal senso la legge stabilito alcuna deroga o zona franca (C.d.S., sez. V, 8 giugno 2000, n. 3253). (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 4645 del 5 settembre 2009);

Ricorso ACCOLTO.

Per il resto leggetelo qui sotto direttamente.

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29/04/2013 201300648 Sentenza 3


N. 00648/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00242/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 242 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Fasanella, con domicilio eletto presso Antonio L. Deramo in Bari, via F.S. Abbrescia, 83/B;

contro
Poste Italiane S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Zuccarino, Stefano Gaetano Pesante, con domicilio eletto presso Luigi Zuccarino in Bari, via G.Amendola N. 176 Uff.Legale;

per l'annullamento
della nota dell'11.1.2013, successivamente conosciuta, a firma del Responsabile di Poste Italiane, Risorse Umane e Organizzazione, Risorse Umane Regionale Sud, 1, di Bari, con la quale è stata respinta la domanda di accesso presentata dal ricorrente con missiva raccomandata A/R del 16.12.2012, intesa a conseguire, ai sensi degli artt. 22 e ss. L. 7.8.1990 n. 241, oltre che sulla base del D.P.R. n. 184//2006 e della relativa normativa di attuazione, il rilascio di "copia della pianta organica degli uffici postali aventi sede in Foggia e provincia, ovvero degli atti a questa equipollenti che contengono analoghe informazioni (organigramma, piano tabellare, ecc.), con ivi evidenziati i posti coperti e vacanti con riferimento al personale in possesso di qualifica di portalettere senior o equivalenti",

e per il conseguente accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere copia dei provvedimenti richiesti,
nonchè per la condanna dell'intimato Ente, ai sensi dell'art.16, D.Lgs. n.104/2010,, nonchè dell'art.25, comma 3°, primo periodo, L. n. 241/1990, al rilascio dei suddetti atti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 il dott. Sergio Conti e uditi per le parti i difensori Emanuele Tomasicchio e Alessandro Dentamaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 6.2.2013 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 19, OMISSIS propone domanda ex art. 116 c.p.a.

L’odierno ricorrente rappresenta:
– di essere dipendente di Poste Italiane SPA con qualifica di portalettere senior presso il Cpd di Busto Arsizio;

- di aver presentato domanda di trasferimento ex art. 33 c. 5 L. n. 104/1992, presso unità produttive della provincia di Foggia per prestare assistenza alla madre affetta da grave handicap e che detta istanza veniva respinta da Poste Italiane SPA con nota del 19.10.2012, in quanto “al momento non sussistono le condizioni per accogliere la…richiesta”;

- di avere presentato, in data 16.12.2012, a Poste Italiane SPA Direzione generale Puglia, istanza di accesso ai seguenti atti: “copia della pianta organica degli uffici postali aventi sede in Foggia e provincia, ovvero degli atti a questa equipollenti che contengono analoghe informazioni (organigramma, piano tabellare, ecc.), con ivi evidenziati i posti coperti e vacanti con riferimento al personale in possesso di qualifica di portalettere senior o equivalenti",

- con nota dell’11.1.201 la richiesta è stata respinta con la seguente motivazione “non è possibile dar corso alla Sua istanza in quanto la stessa risulta priva di riferimenti temporali in ordine alla documentazione richiesta. Non ricorrono inoltre i presupposti di cui alla legge 241/1990 che esclude ogni controllo generalizzato dell’operato del soggetto al quale viene rivolta l’istanza di accesso alla documentazione”.

Il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 22, 24 c. e c. 7 L. n. 241/1990 e del DPR n. 184/2006 e dell’art. 97 della Cost. nonché eccesso di potere per travisamento ed erroneo apprezzamento dei presupposti.

In data 12.4.2013, si è costituita in giudizio Poste Italiane SPA, eccependo: a) il difetto di giurisdizione, in quanto si tratterebbe di domanda inerente il trasferimento per rapporto privatizzato, per la quale è competente il giudice del lavoro; b) l’incompetenza territoriale del TAR Puglia, dato che, essendo la sede di servizio del dipendente in Busto Arsizio, la trattazione spetta al TAR Lombardia Milano; c) l’infondatezza della domanda perché Poste Italiane, in quanto imprenditore privato, non ha piante organiche del personale e perché – come da accordo sindacale del 28.2.2013 – non esistono disponibilità di posti di portalettere in provincia di Foggia ma anzi esuberi di personale per tale qualifica.

Alla Camera di consiglio del 18.4.2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Vanno preliminarmente disattese le eccezioni sollevate dalla resistente, che si fondano sull’erroneo presupposto che sia qui proposta un’azione inerente il rapporto di lavoro del OMISSIS con Poste Italiane SPA, mentre è fatto valere il diritto di accesso agli atti (seppur in connessione con il rapporto di lavoro presso un concessionario di pubblico servizio).

Al riguardo la consolidata giurisprudenza (cfr. da ultimo, T.A.R. Lazio, Sez. III, 13 dicembre 2012 n. 10390) ha posto in luce che:

- le regole dettate in tema di trasparenza della pubblica amministrazione e di diritto di accesso ai relativi atti, predicato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, si applicano non solo alle pubbliche amministrazioni in senso stretto, ma anche ai soggetti privati chiamati all'espletamento di compiti di interesse pubblico, come i concessionari di pubblici servizi, società pubbliche ad azionariato pubblico, etc. (Cons.St., A.P. 5 settembre 2005, n. 5); in particolare, è stato più volte precisato che l'attività amministrativa, cui si correla il diritto di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, concerne non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità anche sul versante soggettivo, dall'intensa conformazione pubblicistica (C.d.S., sez. VI 30 dicembre 2005, n. 7624; 26 gennaio 2006, n. 229; 22 maggio 2006, n. 2959); del resto anche gli atti disciplinati dal diritto privato rientrano nell'attività di amministrazione degli interessi della collettività e dunque sono soggetti ai principi di trasparenza e di imparzialità, non avendo in tal senso la legge stabilito alcuna deroga o zona franca (C.d.S., sez. V, 8 giugno 2000, n. 3253). (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 4645 del 5 settembre 2009);

- tale conclusione trova ulteriore conferma nell'art. 22, comma 1, lett. c) legge n. 241/1990 (come novellato dalla legge n. 15/2005) e nell'art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184/2006, secondo cui il diritto di accesso è esercitatile nei confronti di tutti i "soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario", nonché - secondo la disposizione di cui all'art. 23 della l. n. 241/1990, ora, in parte, ripetitiva della precedente - "delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi".

- le norme richiamate tolgono ogni dubbio sulla legittimazione passiva, oltre che dei soggetti pubblici, anche dei soggetti privati che abbiano in gestione l'attività di erogazione di servizi pubblici ed in generale di tutti i soggetti di diritto privato che svolgano attività di pubblico interesse. Quanto agli atti accessibili vi rientrano tutti gli atti che, pur di natura privatistica, siano però riconoscibili sul piano oggettivo come inerenti, in modo diretto o strumentale all'attività di erogazione del servizio;

- è pertanto soggetta alla disciplina in tema di accesso anche l'attività di organizzazione delle forze lavorative, in quanto attività strumentale alla gestione del servizio pubblico affidato al gestore, a nulla rilevando la natura privatistica degli atti di gestione del rapporto di impiego;

- anche gli atti incidenti sulle posizioni del personale devono essere sottoposte all'esercizio del diritto di accesso siccome potenzialmente incidenti sulla qualità del servizio stesso; organizzazione che non ha solo riflessi interni, essendo strumentale alla gestione ed all'erogazione del servizio, ossia al soddisfacimento di interessi collettivi cui deve tendere il servizio; di qui l'esistenza di quelle esigenze di trasparenza su cui si fonda il sistema dell'accesso costruito dalla l. n. 241/1990, e, in particolare, l'art. 22 (cfr Cons. St., Sez. VI, n. 5569/2007 del 23 ottobre 2007);

- con specifico riguardo all'attività della società Poste Italiane, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, si è ritenuto che questa è strumentale al servizio gestito da Poste ed incide, potenzialmente, sulla qualità di un servizio il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di Poste Italiane, dovendosi, di conseguenza, ritenere che anche detta società è soggetta alla disciplina in tema di accesso, sia pure nei limiti già precisati sopra. (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 5987 del 2 ottobre 2009).

Trattandosi di istanza di accesso proposta alla Direzione regionale delle Puglie di Poste Italiane SPA, risulta compente ex art. 13, c. 1 c.p.a., il TAR Puglia, mentre non trova alla fattispecie applicazione il 3 c. di detto art., posto che questo riguarda la differente ipotesi, che qui non ricorrem del ricorso in tema di rapporto di pubblico impiego non privatizzato.

Ciò premesso il ricorso risulta fondato.

Invero, il OMISSIS risulta titolare di un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza della documentazione richiesta in quanto indispensabile per verificare la sussistenza o meno di posti vacanti negli uffici siti nell’ambito della provincia di Foggia ed eventualmente instaurare una controversia innanzi al Giudice del lavoro avverso il diniego di trasferimento.

L’interesse a coltivare una controversia di lavoro è, infatti, sufficiente a giustificare l’accesso agli atti. Inoltre, dato che il diritto di accesso, una volta collegato a un interesse tutelabile, rimane autonomo e distinto rispetto alle posizioni e alle aspettative di merito, non può costituire un limite all’azione ex art. 25 della legge 241/1990 la circostanza che le medesime informazioni sull’organizzazione del personale possano essere ottenute nel giudizio davanti al giudice del lavoro. Occorre poi precisare che ai fini dell’accesso il nome con cui il ricorrente indica i documenti è irrilevante quando sia chiaro il tipo di informazione richiesta. L’amministrazione e il gestore di servizi pubblici devono quindi esibire tutti i documenti che (indipendentemente dalla forma o dal supporto materiale) contengano i dati oggetto dell’istanza di accesso (cfr. . Cons. St., Sez. VI, 26 gennaio 2006 n. 229).

Sotto altro aspetto, va osservato (cfr. T.A.R. Brescia, 19 marzo 2008 n. 290) che se è pur vero che la struttura privatistica assunta da Poste Italiane spa non permette di individuare un equivalente formale alla pianta organica in uso presso le pubbliche amministrazioni, tale circostanza non legittima la sottrazione al diritto di accesso dei dati già inseriti in documenti di Poste Italiane spa che contengano le medesime informazioni presenti nella pianta organica tradizionale, ossia il numero, la qualifica e le mansioni dei dipendenti stabilmente assegnati a una determinata struttura operativa (nonché i corrispondenti dati relativi ai soggetti incaricati di sostituire in via temporanea i dipendenti stabilmente assegnati).

Infine, ricordato che il dovere di consentire l’accesso non implica anche quello di consentire l’elaborazione di dati, va precisato che Poste Italiane potrà, ove non sia in possesso di dati aggregati e ritenga di non essere in grado di aggregarli senza eccessivo dispendio, consentire l’accesso a tutti i dati richiesti disaggregati, mettendo a disposizione dell’interessato tutti i documenti necessari affinché l’opera di aggregazione sia compiuta a cura dell’interessato medesimo (cfr. Cons. St., Sez. VI, 2 ottobre 2009, n. 5987).

Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste - alla stregua del principio victus victori - a carico della resistente Amministrazione.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, ordina a Poste Italiane SPA di rilasciare copia degli atti richiesti.

Condanna la resistente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.000,00 oltre ad IVA e CPA.

Contributo unificato rifuso ex art. 13 c 6-bis.1 D.P.R. 30.5.2002 n. 115.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Conti, Presidente, Estensore

Antonio Pasca, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2013
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