causa di servizio
Re: causa di servizio
Oggi da Tiscali notizie (04/12/2023)
Ricercatori americani
L'acufene? Una degenerazione del nervo uditivo che i test normali non rilevano
AGI - Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Istituto USA Mass Eye and Ear mostra che le persone che riferiscono di soffrire di acufene, un ronzio nelle orecchie che compare in più di un adulto su dieci in tutto il mondo, stanno sperimentando un problema del nervo uditivo che non viene rilevato dai test dell'udito convenzionali. I risultati di questo studio forniscono una migliore comprensione delle origini dell'acufene e sono stati pubblicati il 30 novembre su "Scientific Reports" .
"Oltre al fastidio di avere fischi persistenti o altri suoni nelle orecchie, i sintomi dell'acufene sono debilitanti per molti pazienti, causando privazione del sonno, isolamento sociale, ansia e depressione, influenzando negativamente le prestazioni lavorative e riducendo significativamente la qualità della vita", ha affermato l'autore senior dello studio Stéphane F. Maison, ricercatore principale presso il Mass Eye and Ear e direttore clinico della Mass Eye and Ear Tinnitus Clinic.
"Non saremo in grado di curare l'acufene finchè non comprenderemo appieno i meccanismi alla base della sua genesi. Questo lavoro è un primo passo verso il nostro obiettivo finale di mettere a tacere l'acufene". Molte persone con perdita dell'udito riferiscono di un ronzio, uno squillo o addirittura di una sorta di ruggito nelle orecchie.
Da molto tempo si ritiene che questi sintomi, noti come acufene, siano il risultato di una plasticità disadattiva del cervello. In altre parole, il cervello cerca di compensare la perdita dell'udito aumentando la propria attività, provocando la percezione di un suono fantasma, l'acufene. Fino a poco tempo fa, però, questa idea era contestata poichè alcuni malati di acufene presentavano test uditivi normali.
Tuttavia, la scoperta della sinaptopatia cocleare nel 2009 da parte dei ricercatori del Mass Eye and Ear ha riportato in vita questa ipotesi poichè è stato dimostrato che i pazienti con un test uditivo normale possono comunque avere una perdita significativa del nervo uditivo. In considerazione di questo cambiamento di paradigma nel modo in cui ricercatori e medici pensano alla perdita dell'udito, Maison e il suo team hanno cercato di determinare se tale danno nascosto potesse essere associato ai sintomi dell'acufene sperimentati da un gruppo di partecipanti con udito normale.
Misurando la risposta del nervo uditivo e del tronco cerebrale, i ricercatori hanno scoperto che l'acufene cronico non era solo associato a un problema del nervo uditivo, ma che i partecipanti mostravano iperattività nel tronco encefalico. "Il nostro lavoro riconcilia l'idea che l'acufene possa essere innescato da una perdita del nervo uditivo, anche nelle persone con udito normale", ha affermato Maison.
In termini di direzioni future, i ricercatori mirano a trarre vantaggio dal recente lavoro orientato alla rigenerazione del nervo uditivo attraverso l'uso di farmaci chiamati neurotrofine. "L'idea che, un giorno, i ricercatori possano essere in grado di riportare il suono mancante al cervello e, forse, ridurne l'iperattività insieme alla riqualificazione, avvicina sicuramente la speranza di una cura alla realtà", ha aggiunto Maison.
Link AGI
https://www.agi.it/salute/news/2023-12- ... -24271508/
Ricercatori americani
L'acufene? Una degenerazione del nervo uditivo che i test normali non rilevano
AGI - Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Istituto USA Mass Eye and Ear mostra che le persone che riferiscono di soffrire di acufene, un ronzio nelle orecchie che compare in più di un adulto su dieci in tutto il mondo, stanno sperimentando un problema del nervo uditivo che non viene rilevato dai test dell'udito convenzionali. I risultati di questo studio forniscono una migliore comprensione delle origini dell'acufene e sono stati pubblicati il 30 novembre su "Scientific Reports" .
"Oltre al fastidio di avere fischi persistenti o altri suoni nelle orecchie, i sintomi dell'acufene sono debilitanti per molti pazienti, causando privazione del sonno, isolamento sociale, ansia e depressione, influenzando negativamente le prestazioni lavorative e riducendo significativamente la qualità della vita", ha affermato l'autore senior dello studio Stéphane F. Maison, ricercatore principale presso il Mass Eye and Ear e direttore clinico della Mass Eye and Ear Tinnitus Clinic.
"Non saremo in grado di curare l'acufene finchè non comprenderemo appieno i meccanismi alla base della sua genesi. Questo lavoro è un primo passo verso il nostro obiettivo finale di mettere a tacere l'acufene". Molte persone con perdita dell'udito riferiscono di un ronzio, uno squillo o addirittura di una sorta di ruggito nelle orecchie.
Da molto tempo si ritiene che questi sintomi, noti come acufene, siano il risultato di una plasticità disadattiva del cervello. In altre parole, il cervello cerca di compensare la perdita dell'udito aumentando la propria attività, provocando la percezione di un suono fantasma, l'acufene. Fino a poco tempo fa, però, questa idea era contestata poichè alcuni malati di acufene presentavano test uditivi normali.
Tuttavia, la scoperta della sinaptopatia cocleare nel 2009 da parte dei ricercatori del Mass Eye and Ear ha riportato in vita questa ipotesi poichè è stato dimostrato che i pazienti con un test uditivo normale possono comunque avere una perdita significativa del nervo uditivo. In considerazione di questo cambiamento di paradigma nel modo in cui ricercatori e medici pensano alla perdita dell'udito, Maison e il suo team hanno cercato di determinare se tale danno nascosto potesse essere associato ai sintomi dell'acufene sperimentati da un gruppo di partecipanti con udito normale.
Misurando la risposta del nervo uditivo e del tronco cerebrale, i ricercatori hanno scoperto che l'acufene cronico non era solo associato a un problema del nervo uditivo, ma che i partecipanti mostravano iperattività nel tronco encefalico. "Il nostro lavoro riconcilia l'idea che l'acufene possa essere innescato da una perdita del nervo uditivo, anche nelle persone con udito normale", ha affermato Maison.
In termini di direzioni future, i ricercatori mirano a trarre vantaggio dal recente lavoro orientato alla rigenerazione del nervo uditivo attraverso l'uso di farmaci chiamati neurotrofine. "L'idea che, un giorno, i ricercatori possano essere in grado di riportare il suono mancante al cervello e, forse, ridurne l'iperattività insieme alla riqualificazione, avvicina sicuramente la speranza di una cura alla realtà", ha aggiunto Maison.
Link AGI
https://www.agi.it/salute/news/2023-12- ... -24271508/
Re: causa di servizio
Per non perderla di vista
Il CdS con la sentenza pubblicata il 28/03/2025, rigetta l'appello del Ministero della Difesa (si controverte per la decurtazione dell'E.I.)
>> missioni internazionali di pace in teatri esteri, tra cui l’ex Jugoslavia, l’Iraq e l’Afghanistan, tutti caratterizzati da ambienti contaminati dall’uso di munizioni ad uranio impoverito, aveva sviluppato una patologia diagnosticata nell’ottobre del 2009 per la quale si era reso necessario un intervento chirurgico.
>> In relazione a tale patologia, il militare aveva presentato in data 12.2.2010 istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (rigettata e quindi negato l'equo indennizzo, ma poi riconosciuta e liquidato a sua volta l'Equo indennizzo però ridotto del 25%).
L'equo indennizzo era stato liquidato applicando la riduzione del 25% prevista dall'art. 2 della Legge 23 dicembre 1970, n. 1094.
In DIRITTO il Giudice scrive che:
6.1 >> ...... Nell’atto di appello, l’Amministrazione sostiene che “la menomazione fisica conseguente all’infermità in questione si è manifestata solo in data 15.3.2013, data individuata dalla CMO di Messina quale data di stabilizzazione della predetta infermità nel verbale mod. BL/B n. … del 15.3.2013”.
- Ma la ricostruzione non può essere condivisa.
- Invece l’Amministrazione ritiene che si debba guardare al momento della stabilizzazione.
7.1 >> Occorre intanto rilevare che l’infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio (il 21.9.2018, cfr. verbale del Comitato depositato in adempimento all’istruttoria in primo grado) è quella stessa di cui all’istanza e di cui al verbale mod. BL/B n. 1185 in data 28.07.2010, con il quale la C.M.O. di Messina ha giudicato il richiedente affetto dall’infermità “…….., in soggetto gia' sottoposto a ciclo chemioterapico, da ricontrollare”, ossia la patologia non stabilizzata (“da ricontrollare”).
7.2. Ora, al di là della circostanza che l’infermità per la quale è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio (esiti dell’intervento chirurgico di OMISSIS) è la patologia non stabilizzata (“da ricontrollare”), quindi non si vede perché il dies a quo riferito all’equo indennizzo debba essere traslato in avanti di anni, in ogni caso la pretesa non appare, in generale, ragionevole.
7.3. La patologia stabilizzata è quella non rivedibile perché insuscettibile di modifica nel corso del tempo.
Il concetto si ricava dall'art. 6, comma 3, della legge n. 80 del 2006, con il quale, nel sostituire il comma 2 dell'art. 97 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si stabilisce che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento o di comunicazione, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap.
Si tratta di fasi successive alla diagnosi della patologia, allorquando si raggiunge la certezza che la patologia non migliorerà.
Non appare quindi ragionevole individuare il “momento dell’evento dannoso”, ai fini della decurtazione dell’equo indennizzo, con il giudizio di stabilizzazione che, rispetto la data di insorgenza della patologia e del rivelarsi della sua oggettiva e chiara gravità, può intervenire a distanza di anni, con evidente pregiudizio per il militare che, ammalatosi di grave patologia in giovane età, veda poi slittare di anni il giudizio di stabilizzazione (si pensi al quinquennio di trattamento chemioterapico), incorrendo nella decurtazione per aver superato, nel frattempo, la mezza età.
Il giudizio di stabilizzazione può essere utile al fine di inquadrare l’irreversibilità della patologia, ma non certo al diverso fine di cui si è detto.
N.B.: Consiglio di leggere tutte le fasi direttamente dall'allegato per comprendere la situazione.
Il CdS con la sentenza pubblicata il 28/03/2025, rigetta l'appello del Ministero della Difesa (si controverte per la decurtazione dell'E.I.)
>> missioni internazionali di pace in teatri esteri, tra cui l’ex Jugoslavia, l’Iraq e l’Afghanistan, tutti caratterizzati da ambienti contaminati dall’uso di munizioni ad uranio impoverito, aveva sviluppato una patologia diagnosticata nell’ottobre del 2009 per la quale si era reso necessario un intervento chirurgico.
>> In relazione a tale patologia, il militare aveva presentato in data 12.2.2010 istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (rigettata e quindi negato l'equo indennizzo, ma poi riconosciuta e liquidato a sua volta l'Equo indennizzo però ridotto del 25%).
L'equo indennizzo era stato liquidato applicando la riduzione del 25% prevista dall'art. 2 della Legge 23 dicembre 1970, n. 1094.
In DIRITTO il Giudice scrive che:
6.1 >> ...... Nell’atto di appello, l’Amministrazione sostiene che “la menomazione fisica conseguente all’infermità in questione si è manifestata solo in data 15.3.2013, data individuata dalla CMO di Messina quale data di stabilizzazione della predetta infermità nel verbale mod. BL/B n. … del 15.3.2013”.
- Ma la ricostruzione non può essere condivisa.
- Invece l’Amministrazione ritiene che si debba guardare al momento della stabilizzazione.
7.1 >> Occorre intanto rilevare che l’infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio (il 21.9.2018, cfr. verbale del Comitato depositato in adempimento all’istruttoria in primo grado) è quella stessa di cui all’istanza e di cui al verbale mod. BL/B n. 1185 in data 28.07.2010, con il quale la C.M.O. di Messina ha giudicato il richiedente affetto dall’infermità “…….., in soggetto gia' sottoposto a ciclo chemioterapico, da ricontrollare”, ossia la patologia non stabilizzata (“da ricontrollare”).
7.2. Ora, al di là della circostanza che l’infermità per la quale è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio (esiti dell’intervento chirurgico di OMISSIS) è la patologia non stabilizzata (“da ricontrollare”), quindi non si vede perché il dies a quo riferito all’equo indennizzo debba essere traslato in avanti di anni, in ogni caso la pretesa non appare, in generale, ragionevole.
7.3. La patologia stabilizzata è quella non rivedibile perché insuscettibile di modifica nel corso del tempo.
Il concetto si ricava dall'art. 6, comma 3, della legge n. 80 del 2006, con il quale, nel sostituire il comma 2 dell'art. 97 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si stabilisce che i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento o di comunicazione, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap.
Si tratta di fasi successive alla diagnosi della patologia, allorquando si raggiunge la certezza che la patologia non migliorerà.
Non appare quindi ragionevole individuare il “momento dell’evento dannoso”, ai fini della decurtazione dell’equo indennizzo, con il giudizio di stabilizzazione che, rispetto la data di insorgenza della patologia e del rivelarsi della sua oggettiva e chiara gravità, può intervenire a distanza di anni, con evidente pregiudizio per il militare che, ammalatosi di grave patologia in giovane età, veda poi slittare di anni il giudizio di stabilizzazione (si pensi al quinquennio di trattamento chemioterapico), incorrendo nella decurtazione per aver superato, nel frattempo, la mezza età.
Il giudizio di stabilizzazione può essere utile al fine di inquadrare l’irreversibilità della patologia, ma non certo al diverso fine di cui si è detto.
N.B.: Consiglio di leggere tutte le fasi direttamente dall'allegato per comprendere la situazione.
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Re: causa di servizio
Uranio impoverito,
Il CdS con l'Ordinanza Collegiale resa pubblica in data 29/04/2025, sospende il giudizio e rinvia il tutto all’Adunanza Plenaria per la decisione sulle questioni meglio nell'Ordinanza specificate.
> L'Appello al CdS l'ha proposto il Ministero della Difesa appellando la sentenza del Tar.
Il CdS precisa:
1) - La questione controversa attiene alle modalità di accertamento della dipendenza da causa di servizio – ai sensi del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 – delle patologie di natura oncologica contratte da militari esposti ad uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti, in occasione di missioni all’estero o attività presso poligoni di tiro nazionali.
2) - Tale fattispecie è oggetto, infatti, di una disciplina concorrente: da un lato, quella “ordinaria” e generale in tema di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ai fini della concessione dell’equo indennizzo, dettata dal d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461; dall’altro, quella riferita al personale militare italiano che “abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative” – tra cui rientrano, espressamente, “l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle prodotte da esplosione di materiale bellico” – di cui all’art. 603 c.m. (d.lgs. 15 marzo 2010, n., 66) e agli artt. 1078 e ss. t.m. (d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90), cui sono stati estesi i benefici previsti a favore delle c.d. “vittime del dovere” (in continuità con quanto già previsto dall’art. 1 comma 564, l. 23 dicembre 2005, n. 266).
e pone il seguente QUESITO:
Viene dunque rimesso all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato il seguente quesito: quale sia la disciplina giuridica applicabile alle modalità di accertamento della dipendenza da causa di servizio con riferimento a patologie tumorali insorte in capo a militari che siano stati esposti ad uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti, in occasione del servizio prestato all’estero o presso i poligoni di tiro sul territorio nazionale, ed in particolare se essa postuli il riscontro effettivo del nesso eziologico secondo il consueto canone civilistico del “più probabile che non”, ovvero se essa muova da una presunzione iuris tantum di sussistenza del detto nesso, superabile solo attraverso l’individuazione di una specifica genesi extra-lavorativa della patologia.
N.B.: per quanto riguarda l'argomento consiglio di leggere il tutto direttamente dall'allegato.
Il CdS con l'Ordinanza Collegiale resa pubblica in data 29/04/2025, sospende il giudizio e rinvia il tutto all’Adunanza Plenaria per la decisione sulle questioni meglio nell'Ordinanza specificate.
> L'Appello al CdS l'ha proposto il Ministero della Difesa appellando la sentenza del Tar.
Il CdS precisa:
1) - La questione controversa attiene alle modalità di accertamento della dipendenza da causa di servizio – ai sensi del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 – delle patologie di natura oncologica contratte da militari esposti ad uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti, in occasione di missioni all’estero o attività presso poligoni di tiro nazionali.
2) - Tale fattispecie è oggetto, infatti, di una disciplina concorrente: da un lato, quella “ordinaria” e generale in tema di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio ai fini della concessione dell’equo indennizzo, dettata dal d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461; dall’altro, quella riferita al personale militare italiano che “abbia contratto infermità o patologie tumorali per le particolari condizioni ambientali od operative” – tra cui rientrano, espressamente, “l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nanoparticelle prodotte da esplosione di materiale bellico” – di cui all’art. 603 c.m. (d.lgs. 15 marzo 2010, n., 66) e agli artt. 1078 e ss. t.m. (d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90), cui sono stati estesi i benefici previsti a favore delle c.d. “vittime del dovere” (in continuità con quanto già previsto dall’art. 1 comma 564, l. 23 dicembre 2005, n. 266).
e pone il seguente QUESITO:
Viene dunque rimesso all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato il seguente quesito: quale sia la disciplina giuridica applicabile alle modalità di accertamento della dipendenza da causa di servizio con riferimento a patologie tumorali insorte in capo a militari che siano stati esposti ad uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti, in occasione del servizio prestato all’estero o presso i poligoni di tiro sul territorio nazionale, ed in particolare se essa postuli il riscontro effettivo del nesso eziologico secondo il consueto canone civilistico del “più probabile che non”, ovvero se essa muova da una presunzione iuris tantum di sussistenza del detto nesso, superabile solo attraverso l’individuazione di una specifica genesi extra-lavorativa della patologia.
N.B.: per quanto riguarda l'argomento consiglio di leggere il tutto direttamente dall'allegato.
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