Pensione di Reversibilità

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STANCHISSIMO

Re: Pensione di Reversibilità

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Purtroppo non ho avuto il piacere di conoscerla, e mi dispiace molto in quanto era una brava cuoca, sai che mangiate mi sarei fatto ogni domenica, sarei diventato il suo bamboccione.


gino59
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Re: Pensione di Reversibilità

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STANCHISSIMO ha scritto:Purtroppo non ho avuto il piacere di conoscerla, e mi dispiace molto in quanto era una brava cuoca, sai che mangiate mi sarei fatto ogni domenica, sarei diventato il suo bamboccione.
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N.B. Ogni domenica,Io ancora "PASCOLO" .............Pardon, volevo dire, vado a svolgere il mio consueto dovere istituzionale.-Notte
STANCHISSIMO

Re: Pensione di Reversibilità

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Caro gino59 anche io ogni sabato vado a svolgere il mio consueto dovere istituzionale, ma da mia madre che amo tanto ma che dopo averla sentita parlare per 12 ore consecutive, mi sembra la peggiore delle suocere, e mia moglie si diverte pure e la sopporta piu' di me, sicuramente la faranno santa per tanta pazienza.
Mi viene da ridere, non tutte le suocere escono col buco.
Notte.
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Re: Pensione di Reversibilità

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STANCHISSIMO ha scritto:Caro gino59 anche io ogni sabato vado a svolgere il mio consueto dovere istituzionale, ma da mia madre che amo tanto ma che dopo averla sentita parlare per 12 ore consecutive, mi sembra la peggiore delle suocere, e mia moglie si diverte pure e la sopporta piu' di me, sicuramente la faranno santa per tanta pazienza.
Mi viene da ridere, non tutte le suocere escono col buco.
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P.S. Il mio stato di servizio....eheheheheeee è esattamente uguale, ma all'inverso.- Ciaoooooooooo
panorama
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Re: Pensione di Reversibilità

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L ' INPS perde l'Appello.
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1) - diretto ad ottenere la reversibilità della pensione calcolata in applicazione di quanto stabilito dall’art.2, comma 12, della l.n.335/1995.

2) - Il giudice di prime cure ha ritenuto infondato il motivo per cui l’Istituto previdenziale aveva negato la pensione, per non essere stata la domanda amministrativa presentata direttamente dal dipendente, rilevando la mancanza di espresse preclusioni normative in ordine ai soggetti all’uopo legittimati, nonché il carattere riversibile della pensione medesima; ha, altresì, richiamato conformi precedenti giurisprudenziali.

3)- Nel contempo, il decidente ha rilevato la sussistenza delle condizioni normative previste dal succitato art. 2, comma 12, per il riconoscimento del diritto a pensione, ovvero il requisito contributivo avendo il dipendente “maturato alla data del decesso un’anzianità di anni 29”, la non dipendenza dell’infermità letale da causa di servizio e la sussistenza dello stato di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, quest’ultimo desumibile “dall’esito letale dell’infermità stessa”.

4)- circolare INPDAP n. 57/1997 che esclude espressamente tale possibilità.
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SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 719 12/07/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 719 2016 PENSIONI 12/07/2016



REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE II GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO

composta dai seguenti magistrati:
dott. Luciano Calamaro Presidente
dott.ssa Angela Silveri Consigliere
dott. Piero Floreani Consigliere
dott.ssa Daniela Acanfora Consigliere-rel.
dott.ssa Francesca Padula Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio d’appello iscritto al n.36719 del ruolo generale, proposto in data 31 dicembre 2009 dall’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti della Amministrazione Pubblica - INPDAP -, a cui è succeduto, ai sensi dell’art.21, comma 1, del d.l. n.201/2011, nel testo risultante dalla legge di conversione n.214/2011, l’INPS, rappresentato e difeso dall’avv. Filippo Mangiapane ed elettivamente domiciliato in Roma alla via Cesare Beccaria n.29

contro

la sig.ra VALENTINA S.., nata ……, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Bava ed elettivamente domiciliata in Roma, via Bettolo n.17

avverso

la sentenza emessa dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria n. 379/2009, depositata in data 10 settembre 2009.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.

Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016, il relatore cons. Acanfora, in rappresentanza dell’INPS, per delega, l’avv. Maria Passarelli e l’avv. Enrico Rossi, delegato dall’avv. Bava, per l’appellata.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata, il giudice monocratico delle pensioni della Sezione giurisdizionale ligure ha accolto un ricorso proposto dalla sig.ra S.., titolare di una pensione ordinaria indiretta quale vedova del sig. Giandomenico C.., ex ispettore di Polizia Penitenziaria, deceduto in servizio in data 20 settembre 2006, diretto ad ottenere la reversibilità della pensione calcolata in applicazione di quanto stabilito dall’art.2, comma 12, della l.n.335/1995.

Il giudice di prime cure ha ritenuto infondato il motivo per cui l’Istituto previdenziale aveva negato la pensione, per non essere stata la domanda amministrativa presentata direttamente dal dipendente, rilevando la mancanza di espresse preclusioni normative in ordine ai soggetti all’uopo legittimati, nonché il carattere riversibile della pensione medesima; ha, altresì, richiamato conformi precedenti giurisprudenziali.

Nel contempo, il decidente ha rilevato la sussistenza delle condizioni normative previste dal succitato art. 2, comma 12, per il riconoscimento del diritto a pensione, ovvero il requisito contributivo avendo il dipendente “maturato alla data del decesso un’anzianità di anni 29”, la non dipendenza dell’infermità letale da causa di servizio e la sussistenza dello stato di assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, quest’ultimo desumibile “dall’esito letale dell’infermità stessa”.

Il decidente ha, altresì, riconosciuto, sulle somme arretrate spettanti alla ricorrente in esecuzione della decisione, il maggiore importo tra rivalutazione monetaria ed interessi legali, dalla maturazione dei singoli ratei e sino al soddisfo, richiamando la sentenza delle Sezioni riunite n.10/QM/2002.

Con l’odierno ricorso in appello, ritualmente e tempestivamente notificato alla controparte, l’INPDAP ha impugnato la sentenza sollevando il seguente motivo:

Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2, comma 12, della l.n. 335/1995 e dell’art. 3 del d.m. n. 187/1987.

Sostiene che le affermazioni contenute nella sentenza, ovvero che la domanda diretta ad ottenere il trattamento ex art.2, comma 12, l.n.335/1995 può essere presentata anche dai superstiti dell’iscritto, non possono essere condivise, alla luce del chiaro tenore della normativa in materia (che richiama testualmente) la quale fa espresso riferimento ai “dipendenti” ed agli “ex dipendenti”, interpretazione, peraltro, confermata dalla circolare INPDAP n. 57/1997 che esclude espressamente tale possibilità.

Conclusivamente, l’Istituto previdenziale chiede che, in via principale, venga dichiarato che la sig.ra S.. non ha diritto alla reversibilità della pensione calcolata in conformità a quanto stabilito dall’art.2, comma 12, della l.n.335/1995; in via subordinata, che venga dichiarata, in parziale riforma della decisione, la non spettanza degli accessori di legge sulle somme da restituire, con conseguente declaratoria del diritto di ripetere quanto eventualmente versato nelle more del gravame, in considerazione dell’efficacia provvisoria della sentenza.

La sig.ra S.. si è costituita in giudizio depositando una memoria, in data 26 febbraio 2010, col patrocinio legale dell’avv. Andrea Bava, nella quale eccepisce l’infondatezza del gravame, richiamando precedenti delle Sezioni giurisdizionali di primo grado.

Con una successiva memoria depositata in data 8 aprile 2016 la sig.ra S.. ha richiamato una sentenza della Sez. I Appello di questa Corte dei conti, la n.1169/2014/A, unitamente a giurisprudenza della Corte di Cassazione con riferimento al trattamento previdenziale ex l.n. 222/1984.

Nella pubblica udienza odierna l’avv. Passarelli, comparsa per delega, in rappresentanza dell’Istituto previdenziale appellante, ha richiamato l’appello ed ha insistito affinchè venga accolto con ogni conseguenza di legge.

L’avv. Rossi, per la sig.ra S.., si è riportato agli atti scritti, confermando la richiesta di reiezione del gravame e di integrale conferma della decisione impugnata.

La causa è, quindi, passata in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre anzitutto premettere che la normativa recata dall’art.2, comma 12, della l.n.335/1995 stabilisce che con “effetto dall'1 gennaio 1996 per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, di cui all'art. 1 del decreto legislativo n.29/1993 e successive modifiche ed integrazioni , iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria [………]cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa del servizio per le quali gli interessati si trovano nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, la pensione è calcolata in misura pari a quella che sarebbe spettata all'atto del compimento dei limiti d'età previsti per il collocamento a riposo. In ogni caso non potrà essere computata un'anzianità utile ai fini del trattamento di pensione superiore a 40 anni e l'importo del trattamento stesso non potrà superare l'80% della base pensionabile , nè quello spettante nel caso che l'inabilità sia dipendente da causa del servizio.”

Le modalità applicative della succitata disposizione di legge sono state disciplinate con d.m. n. 187 dell'8 maggio 1997 che, all’art.1, comma 2, dispone che la pensione di inabilità è “reversibile ai superstiti” ed all’art. 3, comma 2, che è attribuita a domanda presentata dal “dipendente” o dall’”ex dipendente”; la successiva circolare, n. 57 del 24 ottobre 1997 dell'ex INPDAP, nel contemplare l’ipotesi che la domanda possa essere presentata anche dal dipendente “successivamente deceduto” prima della definizione del procedimento, ha escluso però espressamente la possibilità che possa essere presentata dai superstiti.

Orbene, le richiamate disposizioni procedurali, di natura secondaria e organizzativa interna, in mancanza di un’espressa previsione del legislatore al riguardo, non possono valere ad escludere che la domanda di pensione di cui si tratta possa essere presentata anche dal superstite dell’iscritto che, nella sua (non contestata) qualità di erede, mira a tutelare il diritto, iure proprio, alla reversibilità del trattamento spettante al dante causa.

Pertanto, come condivisibilmente affermato nella sentenza, se l’evento della morte è stato ritenuto dallo stesso Istituto previdenziale non ostativo al riconoscimento del diritto nel caso in cui la domanda sia stata presentata dal dipendente deceduto prima della conclusione del procedimento, con conseguente immediata attribuzione a titolo di reversibilità al superstiti, esso non può ritenersi neanche ostativo ad un riconoscimento postumo a seguito di avvio del procedimento da parte dell’erede.

In sostanza, va considerato che l’erede rivendica il riconoscimento di una preesistente situazione giuridica (costituita dal possesso dei requisiti previsti dall’art.2, comma 12, in capo al dante causa) destinata però ad incidere, quanto agli effetti da tale normativa previsti - giova ribadirsi - iure proprio e non iure successionis, sull’insorgenza di un suo diritto avente contenuto patrimoniale.

Pertanto, la sentenza va senz’altro confermata, anche nel richiamo, in via analogica, dell’art. 184 del d.P.R. n. 1092/1973, in materia di procedimento per ottenere la pensione privilegiata di reversibilità, dove è contemplato l’avvio del procedimento con la domanda dell’avente causa; invero, anche in tal caso il decesso del dipendente in servizio determina l’insorgenza del diritto del superstite alla reversibilità del trattamento di privilegio che al predetto sarebbe spettato, qualora ovviamente ne sussistano le condizioni previste dalla legge, qualora fosse stato ancora in vita.

Il motivo principale del gravame è infondato e va respinto (in terminis Sez. I Appello n.1169/2014/A) e per l’effetto va confermata la spettanza all’appellata della pensione di reversibilità calcolata secondo i criteri fissati dall’art. 2, comma 12, della l.n. 335/1995, non avendo l’Istituto previdenziale appellante impugnato il capo della sentenza che ha riconosciuto la sussistenza delle condizioni ivi previste.

Anche l’ulteriore motivo, sollevato in via gradata, con cui l’Istituto previdenziale ha contestato l’attribuzione degli accessori di legge sulle somme arretrate spettanti, è infondato, non in diritto ma in fatto, in quanto non si tratta di accessori su somme da restituire per effetto della declaratoria dell’irripetibilità dell’indebito pensionistico , bensì sui ratei arretrati spettanti alla interessata a seguito dell’avvenuto riconoscimento del diritto pensionistico .

Pertanto, questi sono stati attribuiti del tutto legittimamente dal giudice di prime cure, in applicazione dei principi enunciati dalle Sezioni riunite di questa Corte dei conti nella sentenza n. 10/QM/2002 ed applicati dalla granitica giurisprudenza di questa Corte dei conti. .

Alla soccombenza segue, ai sensi dell’art.91 c.p.c., in combinato disposto con l’art.26 del r.d.n.1038/1933, la condanna dell’INPS alla refusione delle spese per compensi defensionali in favore dell’appellata che si liquidano, tenuto conto della natura e del grado non elevato di complessità della controversia, nonché dell’attività difensiva in concreto espletata, nell’importo omnicomprensivo di euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE II GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO

definitivamente pronunciando, nei termini di cui in motivazione, contrariis reiectis,

RESPINGE l’appello iscritto al n.36719 del ruolo generale proposto dall’INPDAP (oggi INPS) avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria n. 379/2009, depositata in data 10 settembre 2009;

CONDANNA il predetto al pagamento delle spese per compensi defensionali in favore dell’appellata che si liquidano nell’importo omnicomprensivo di euro 1.000,00 (mille/00).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016.

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Daniela Acanfora) (Luciano Calamaro)
f.to Daniela Acanfora f.to Luciano Calamaro

Depositata in Segreteria il 12 luglio 2016

p. Il Dirigente
(dott.ssa Daniela D’Amaro)

Il Funzionario Amministrativo
Laura Ricciotti
f.to Laura Ricciotti
panorama
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Re: Pensione di Reversibilità

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Accolto.
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SICILIA SENTENZA 199 20/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 199 2017 PENSIONI 20/03/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Paolo Gargiulo
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A 199/2017

nel giudizio in materia di pensioni civili iscritto al n. 61225 del registro di segreteria,
INTRODOTTO con ricorso, depositato il 23 luglio 2013, proposto da A. C. C., nata OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avv. Paolo Guerra e dall’avv. Maurizio Maria Guerra ed elettivamente domiciliata presso lo Studio legale associato Guerra, in Palermo, via Marchese di Villabianca, n. 82;

CONTRO:

• l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.) - quale successore dell’I.N.P.D.A.P., per effetto dell’articolo 21, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 - rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo, ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dell’Istituto, in Palermo, via Laurana, n. 59;

• l’Agenzia del demanio, non costituita;

PER la rideterminazione della pensione privilegiata indiretta.


VISTO il ricorso e gli altri documenti di causa;
UDITI, alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, con l’assistenza del Segretario dott.ssa Laura Giovanna Zizzo, l’avv. Alessandro Maggio, in sostituzione dell’avv. Paolo Guerra e dell’avv. Maurizio Maria Guerra, per la parte ricorrente; l’avv. Giuseppe Bernocchi, in sostituzione dell’avv. Adriana Giovanna Rizzo, per l’I.N.P.S..


Ritenuto in
F A T T O

La ricorrente – titolare, quale coniuge superstite di F. T. (dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio il 16 aprile 2003; verbale modello ML/AB n. 90 del 25 febbraio 2004 della 2^ Commissione Medica Ospedaliera di Messina; parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso nell’adunanza n. 49/2005 del 15 febbraio 2005), di pensione privilegiata indiretta, conferita con determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – ha adito questa Corte, dopo il rigetto del ricorso amministrativo presentato al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (deliberazione n. 2649 del 24 novembre 2010), lamentando che la predetta pensione indiretta è stata determinata senza fare applicazione delle specifiche previsioni recate, per la fattispecie di cui si tratta, dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092; la ricorrente lamenta, inoltre, la violazione del suo diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità e contesta l’applicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge 8 agosto 1995, n. 335.

La difesa della parte ricorrente, a valle di articolate argomentazioni, chiede, dunque, l’accertamento – anche per i “figli superstiti finché aventi diritto” - dei diritti vantati, con consequenziale rideterminazione della pensione e con il riconoscimento, sui ratei arretrati, degli interessi e della rivalutazione.

Con memoria depositata il 19 febbraio 2016, si è costituito l’I.N.P.S., sostenendo la correttezza del procedimento seguito per la determinazione della pensione e precisando che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa”.

La difesa dell’Ente previdenziale, sostiene, inoltre, con “riferimento alla domanda intesa ad ottenere il pagamento della iis e della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico in godimento, in costanza di svolgimento di attività lavorativa”, che “a seguito della caducazione degli artt. 99, comma 5 e 97, comma 1 del DPR n. 1092 del 1973 - in quanto costituzionalmente illegittimi nella parte in cui non determinavano la misura della retribuzione oltre la quale non competevano rispettivamente la iis e la tredicesima mensilità - si è creato un vuoto legislativo” e che “in mancanza di una disposizione di Legge, che preveda il diritto agli emolumenti per cui è causa, l’Inps non può erogare i benefici richiesti in misura intera, non sussistendo una norma che riconosca in tal senso il diritto del pensionato, che presti anche attività lavorativa”.

La stessa difesa, per il caso di accoglimento del ricorso, solleva, poi, eccezione di prescrizione quinquennale - con riferimento alla data di notificazione del ricorso (“21.06.2013”) - e invoca l’applicazione del principio dell’assorbimento nel riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, concludendo, dunque, per il rigetto del ricorso stesso o, in subordine, per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione; con vittoria di spese e competenze.

Alla pubblica udienza del 2 marzo 2016, il giudice ha disposto adempimenti a carico della parte ricorrente e della segreteria della Sezione per la valida instaurazione del contradditorio.

Il 5 aprile 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato documentazione concernente l’esecuzione dei predetti adempimenti, avvenuta il 18 marzo precedente.

Il 24 giugno 2016, la difesa della parte ricorrente ha depositato memoria, poi annullata e sostituita da altra memoria depositata il giorno 27 seguente, come ivi espressamente indicato.

Con quest’ultimo scritto difensivo, la difesa della ricorrente ha contestato, con precise argomentazioni, le deduzioni presentate dall’Ente previdenziale, precisando, anche alla luce di queste, le proprie conclusioni e formulando, nella sostanza, la richiesta di riconoscimento:

• per il primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”;

• dopo la scadenza del primo triennio, del diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 92, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, ferma restando la facoltà di opzione prevista dal terzo comma dello stesso articolo;

• del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità;

• degli interessi e della rivalutazione sui ratei arretrati.

La stessa difesa reitera, inoltre, la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, e chiede il rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa dell’I.N.P.S..

Alla pubblica udienza del 7 luglio 2016, il giudice ha disposto adempimenti istruttori a carico dell’Ente previdenziale.

Con memoria depositata il 15 dicembre 2016, la difesa della parte ricorrente - rilevata la mancata esecuzione, da parte dell’I.N.P.S., della predetta ordinanza - ha depositato la documentazione oggetto dell’adempimento istruttorio in parola.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2016, la difesa della ricorrente, richiamando gli atti, si è opposta all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione e ha insistito per l’accoglimento del ricorso; la difesa dell’I.N.P.S., riportandosi alla memoria di costituzione, ne ha chiesto il rigetto.

La causa è stata, quindi, posta in decisione, come da verbale d’udienza.

Considerato in
D I R I T T O

1. In via preliminare, la domanda giudiziale va dichiarata inammissibile nella parte in cui è intesa a ottenere il riconoscimento dei diritti vantati anche nell’interesse dei “figli superstiti finché aventi diritto”, atteso che, nel presente processo, la ricorrente non ne ha la rappresentanza, neanche meramente dichiarata.

2. Nel merito – rilevato che non è controverso che la pensione privilegiata indiretta in argomento è stata conferita all’odierna ricorrente in ragione del fatto che il coniuge di questa è morto per causa di servizio il 16 aprile 2003, come, del resto, emerge anche dalla citata determinazione dell’Ufficio provinciale I.N.P.D.A.P. di Messina n. ME012006000489 del 13 aprile 2006 – si osserva, anzitutto, che, come correttamente contestato dalla difesa della ricorrente medesima e come risulta dal provvedimento testé citato [nel quale, vi è, infatti, anche un espresso riferimento al “Bonus (Art. 2 comma 12 L. 335/1995)”], il trattamento pensionistico è stato calcolato facendo, erroneamente, applicazione della disciplina prevista per il caso dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche “cessati dal servizio per infermità non dipendenti da causa di servizio per le quali gli interessati si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa” (articolo 2, comma 12 della citata legge 8 agosto 1995, n. 335).

La disciplina di riferimento per il caso di specie – riguardante il conferimento della pensione indiretta alla vedova di dipendente dell’Agenzia del demanio, morto per causa di servizio - è, invece, recata, come correttamente sostenuto dalla difesa della ricorrente, dal più volte citato “testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato” (d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), che articola il trattamento pensionistico per i superstiti in due segmenti.

Il primo di tali segmenti (cd. “Trattamento speciale”) è disciplinato dall’articolo 93 e riguarda il primo triennio decorrente dalla morte del dipendente: tale articolo, al primo comma, prevede, infatti, che “Alla vedova e agli orfani minorenni del dipendente deceduto per fatti di servizio ovvero del titolare di trattamento privilegiato di prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, è attribuito, per la durata di tre anni dal decesso del dante causa, un trattamento speciale di importo pari a quello della pensione di prima categoria e dell’assegno complementare previsto dall'art. 101, oltre agli aumenti di integrazione di cui all'articolo 106, relativi ai figli minorenni, qualunque sia la causa del decesso”
Il terzo comma dello stesso articolo 93 - nel disporre che, “Scaduto il termine di tre anni, di cui ai commi precedenti, comincia a decorrere la pensione privilegiata di riversibilità” – rinvia, poi, per la disciplina del secondo segmento, all’articolo 92, che conferisce all’avente diritto la facoltà di scegliere, fra quelli prospettati, il trattamento più favorevole: il primo comma prevede, infatti, che “Quando la morte del dipendente è conseguenza di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio, spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra. Gli assegni accessori restano quelli previsti dalle disposizioni contenute nel successivo titolo VI”; il terzo comma dispone, poi, che “È data facoltà agli aventi causa di optare per il trattamento derivante dall'applicazione delle norme contenute negli articoli precedenti di questo titolo. In tal caso le aliquote di cui al primo comma dell'art. 88 si applicano, col minimo del 50 per cento, alla pensione privilegiata diretta di prima categoria”.

2.1. Nei predetti termini – e rilevato anche che l’I.N.P.S. non ha dedotto alcunché in ordine alla mancata applicazione della predetta disciplina - va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo.

A tale riguardo, va precisato che la domanda, formulata dalla difesa della ricorrente per la prima volta con la memoria depositata il 27 giugno 2016, tendente a ottenere, per il primo triennio, il diritto alla determinazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. n. 1092 del 1973, “se più favorevole rispetto alla immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico”, non può essere ammessa in questi termini.

Si osserva, infatti, che, nella prospettazione della ricorrente, l’alternativa della “immediata liquidazione della pensione privilegiata di riversibilità ex art. 92 primo comma del medesimo Testo Unico” è rappresentata come potenzialmente più favorevole per sé, vale a dire più onerosa per la controparte, sicché essa è, nella sostanza, una domanda nuova, estranea al contraddittorio instaurato con l’atto introduttivo.

3. Riguardo alla domanda diretta a ottenere l’accertamento del diritto a percepire sul trattamento pensionistico in argomento, per il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte (fra le tante: Sez. giur. Sicilia, sent. n. 1326 del 22 marzo 2013; Sez. giur. Veneto, sent. n. 90 del 19 marzo 2013; Sez. giur. Lombardia, sent. n. 63 dell’11 marzo 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 952 del 4 marzo 2013; sent. n. 536 del 6 febbraio 2013; Sez. giur. Lazio, sent. n. 117 del 4 febbraio 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 339 del 24 gennaio 2013; Sez. giur. Campania, sent. n. 70 del 22 gennaio 2013; Sez. giur. Puglia, sent. n. 53 del 14 gennaio 2013; Sez. giur. Toscana, sent. n. 13 dell’11 gennaio 2013) - alla quale, essendo qui condivisa, si rinvia anche per gli effetti dell’articolo 118, primo comma disp. att. c.p.c. - ha già affrontato il tema di cui si tratta numerose volte, ritenendo fondate entrambe le pretese.

3.1. Per quanto concerne, in particolare, la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera, è stato, infatti, osservato che la pretesa è fondata poiché la Corte costituzionale con sentenze n. 566 del 1989 e n. 204 del 1992 ha affermato che, durante lo svolgimento di attività lavorativa retribuita da parte del pensionato, il divieto generalizzato di cumulo delle indennità aventi la funzione di sopperire ad un maggior costo della vita (tra le quali va annoverata l’indennità per cui è causa) è costituzionalmente illegittimo, qualora non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo, al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso. Sul punto, è stato, inoltre, osservato che ogni dubbio in proposito è stato fugato dalla sentenza n. 197 del 2010, con la quale la Corte Costituzionale, nel ribadire che nei confronti dei titolari di due pensioni il cumulo delle indennità resta vietato (sia pure con il correttivo dell’integrazione necessaria al raggiungimento del trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti), ha, implicitamente, affermato la legittimità della opposta soluzione della cumulabilità dell’indennità integrativa per i pensionati che siano ancora lavoratori attivi.

3.2. Per quanto concerne la domanda riguardante la corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, della tredicesima mensilità, è stato osservato che, con sentenza n. 232 del 1992, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 97, comma 1 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione oltre la quale non compete la tredicesima mensilità, e che le Sezioni Riunite di questa Corte, con la sentenza n. 25/98/QM del 28 dicembre 1998,
hanno rilevato come successivamente alla predetta sentenza della Corte Costituzionale sia venuto meno il divieto - fissato dal citato articolo 97, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 - di corresponsione della tredicesima mensilità ai soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) a carico dello Stato e che prestino contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze dello Stato o di altro ente pubblico e hanno affermato che, non sussistendo alcuna norma di divieto di cumulo tra più assegni per tredicesima mensilità, questa spetta in ogni caso al pensionato.

3.3. Entrambe le domande in argomento sono, dunque, fondate e va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità.

4. All’accoglimento della domanda, come in motivazione, accede il parziale accoglimento dell’eccezione di prescrizione, limitatamente ai ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede la data di notificazione del ricorso (21 giugno 2013), atteso che – diversamente rispetto a quanto accaduto per la questione della rideterminazione della pensione privilegiata indiretta ai sensi del d.P.R. n. 1092 del 1973 - il mancato riconoscimento di tale beneficio non è stato lamentato con la presentazione del ricorso amministrativo rivolto al Comitato di vigilanza per le prestazioni previdenziali dei dipendenti civili e militari dello Stato e loro superstiti (oggetto dell’ordinanza istruttoria pronunciata nella pubblica udienza del 7 luglio 2016), ma è stato contestato per la prima volta con l’atto introduttivo del presente giudizio.

5. Va, infine, respinta la domanda intesa a ottenere l’accertamento della inapplicabilità dei limiti di cumulabilità degli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti con i redditi del beneficiario, previsti dall’articolo 1, comma 41, terzo comma della legge n. 335 del 1995, poiché – alla luce dell’affermazione dell’I.N.P.S., secondo cui che “non sono state ancora operate le riduzioni previste dall’art 1, comma 41 della Legge n. 335/1995, applicabile in via di principio alla fattispecie per cui è causa” – se per un verso è vero che, in linea di principio, può essere ritenuto sussistente l’interesse della parte a ricorrente a ottenere una pronuncia a sé favorevole per il futuro, per altro verso è incontestato che, di fatto, le riduzioni in parola non sono avvenute.

6. Nei termini descritti, va, quindi, pronunciata la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo (Corte dei conti, Sezioni riunite, n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002).

7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto:

1) dichiara il diritto della parte ricorrente alla rideterminazione della pensione ai sensi dell’articolo 93, primo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 per i primi tre anni dal decesso del coniuge e ai sensi dell’articolo 92, primo e terzo comma dello stesso d.P.R. dalla fine del predetto periodo;

2) dichiara il diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico in godimento, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità;

3) dichiara l’intervenuta prescrizione dei ratei pensionistici riferiti al dichiarato diritto della parte ricorrente alla corresponsione sul trattamento pensionistico, durante il periodo interessato da contemporanea prestazione di opera retribuita, dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità, maturati anteriormente al quinquennio che precede il 21 giugno 2013;

4) condanna l’I.N.P.S. al pagamento delle somme dovute per effetto della presente sentenza, maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria da liquidare secondo la regola dell'assorbimento, nel senso che l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata, ex art. 150 disp. att. c.p.c., sulla base degli indici ISTAT, rilevati anno per anno, da applicare agli importi spettanti dalla insorgenza del diritto fino al soddisfo;

5) dichiara inammissibili le domande proposte dalla parte ricorrente nell’interesse dei figli;

6) compensa le spese.

Ai sensi dell’articolo 429, primo comma, c.p.c., fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 21 dicembre 2016.
Il Giudice
F.to Paolo Gargiulo
Depositata in segreteria nei modi di legge
Palermo, 14 marzo 2017


Pubblicata il 20 marzo 2017


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Re: Pensione di Reversibilità

Messaggio da panorama »

Ricorso alla Corte dei Conti ACCOLTO.
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Era successo che,

1) - l’Istituto previdenziale erogatore del trattamento pensionistico comunicava alla odierna ricorrente che, poichè il figlio Sig. C. G. aveva conseguito la Laurea in Ingegneria Elettronica in data 29/4/2004 ed era stato iscritto al primo anno fuori corso nell’anno accademico 2003/2004, il diritto di quest’ultimo alla compartecipazione alla pensione era venuto a cessare già alla data del 31 ottobre 2003, con conseguente riduzione della pensione medesima dall’80% al 60% a far data dal 31 ottobre 2003 ( termine della durata legale del corso di laurea) , con conseguente riduzione della pensione medesima dall’80% al 60% a far data dall’1/11/2002 e recupero di tutte le somme indebitamente erogate allo stesso a decorrere dall’1/11/2003.

Leggete il tutto qui sotto.
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SICILIA SENTENZA 3540 10/12/2013
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 3540 2013 PENSIONI 10/12/2013
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. Guido Petrigni
ha emesso la seguente:


S E N T E N Z A n. 3540/2013


Sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n. 56852 del registro di segreteria proposto da istanza di M. G., rappresentata e difesa dall’avvocato Fabrizio Mobilia ed elettivamente domiciliato nel suo studio in Messina, Via Pippo Romeo n. 4 i confronti dell’Inps (succeduto all’Inpdap).

Udito all’udienza del 5 novembre 2013, l’avv. Giovanna Napoli su delega dell'avv. Mobilia e l’avv. Adriana Giovanna Rizzo per l’Inps.

Esaminati gli atti e documenti di causa.

Fatto

La ricorrente è titolare, quale coniuge superstite del sig. C. G., del trattamento pensionistico di reversibilità contrassegnato dal n. iscrizione 12828087 Z1 erogato dall’Inpdap.

Con nota del 26 febbraio 2007 l’Istituto previdenziale erogatore del trattamento pensionistico comunicava alla odierna ricorrente che, poichè il figlio Sig. C. G. aveva conseguito la Laurea in Ingegneria Elettronica in data 29/4/2004 ed era stato iscritto al primo anno fuori corso nell’anno accademico 2003/2004, il diritto di quest’ultimo alla compartecipazione alla pensione era venuto a cessare già alla data del 31 ottobre 2003, con conseguente riduzione della pensione medesima dall’80% al 60% a far data dal 31 ottobre 2003 ( termine della durata legale del corso di laurea) , con conseguente riduzione della pensione medesima dall’80% al 60% a far data dall’1/11/2002 e recupero di tutte le somme indebitamente erogate allo stesso a decorrere dall’1/11/2003.

L’ammontare indebitamente corrisposto al percipiente veniva quantificato in complessivi € 15.724,42 da recuperarsi sulla pensione di pertinenza della ricorrente.

Con il ricorso in esame la ricorrente ha lamentato l’illegittimità del recupero del preteso indebito per difetto di legittimazione passiva in capo all’odierna ricorrente; in n ogni caso appare indiscutibile la spettanza in capo al Sig. C. G. del diritto alla compartecipazione alla pensione del padre per il periodo intercorrente tra la fine dell’anno accademico ed il conseguimento della laurea e ciò in quanto egli deve considerarsi tempestivamente laureato nei cinque anni di corso.

Con memoria depositata in data 16 ottobre 2013 la ricorrente ha sviluppato le ragioni del ricorso insistendo nei motivi di ricorso.

L’Inps,con memoria depositata in data 25 ottobre 2013, ha chiesto che il ricorso sia rigettato dando contezza della ragioni poste a fondamento della richiesta di reiezione. Udito all’udienza del 5 novembre 2013, l’avv. Giovanna Napoli su delega dell'avv. Mobilia , la quale si riporta a quanto detto in memoria ed insiste per l'accoglimento.

Il Giudice concede la parola al rappresentante dell'INPS Gestione INPDAP, avv. Adriana Rizzo, la quale si riporta alla memoria ed insisteva per il rigetto.

Diritto

Il ricorso è fondato.

L'Amministrazione non può far valere un credito nei confronti della ricorrente (madre) in quanto non esercente la patria potestà sul figlio ed afferente, quindi, un presunto debito altrui.

Si osserva infatti che le quote di compartecipazione dei figli maggiorenni alla pensione di reversibilità del loro genitore costituiscono un diritto proprio di questi ultimi non rilevando le modalità con cui viene corrisposto il trattamento pensionistico, in forma separata a ciascun avente diritto ovvero in un’unica soluzione con assegno intestato ad uno dei familiari.

Tale modalità di pagamento non determina il venire meno della titolarità giuridica e contabile della pensione in capo all’orfano, essendo questo un beneficio che trova la sua ragion d’essere nelle condizioni soggettive ed oggettive previste dall’art. 82 del d.p.r. n. 1092/1973; del resto, di tale circostanza l’I.N.P.S. dimostra di esserne pienamente a conoscenza.

La diretta attribuzione del trattamento pensionistico di reversibilità agli orfani maggiorenni e, quindi, l'autonomia del loro diritto rispetto a quello di altri contitolari, trova ragione nella raggiunta maggiore età e nella conseguente capacità di agire di cui sono sprovvisti gli orfani minorenni. Detta caratteristica viene chiaramente scolpita dal disposto normativo previsto dall'art. 88, co.1 e 2 del d.P.R. n. 1092, che dispone diversamente a seconda che i beneficiari, unitamente alla madre, siano minorenni o maggiorenni: nel primo caso, viene incrementata la pensione della madre, segno evidente della sua esclusiva titolarità, sebbene vincolata alla cura dei minori (art.88, co.1, lett. c); nel secondo caso, viene invece fissata direttamente una quota a favore del maggiorenne, che ne ha giuridica disponibilità (art.88, co.2).

Ne consegue che il provvedimento impugnato emanato nei confronti della ricorrente deve essere annullato, difettando quest’ultima di legittimazione passiva a riceverlo e le eventuali trattenute operate sulla sua pensione di reversibilità devono essere restituite perché riguardanti debiti altrui.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso.

Spese compensate.

Così deciso a Palermo, nella Camera di Consiglio del 5 novembre 2013.
IL GIUDICE UNICO
F.to Guido Petrigni
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 09 dicembre 2013

Pubblicata il 10 dicembre 2013


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Re: Pensione di Reversibilità

Messaggio da panorama »

Questa sentenza parla della validità delle notifiche delle sentenze e la posto perché è interessante.
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1) - La signora C. D. L. è titolare di pensione diretta (a decorrere dall’1 gennaio 1987) e di pensione di reversibilità quale vedova del signor T. G. (a decorrere dal 29 gennaio 1992), entrambe originariamente erogate dall’I.N.P.D.A.P. e successivamente confluite nella gestione dell’I.N.P.S..

2) - Con sentenza n. 224/A/2005, questa Sezione d’Appello le riconosceva il diritto all’indennità integrativa speciale (di seguito IIS) ed alla tredicesima mensilità sulla pensione di reversibilità.

3) - Con ricorso depositato il 22 dicembre 2015 presso la Segreteria della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, la C. D. L. chiedeva il riconoscimento del diritto ad ottenere la perequazione della voce pensione del trattamento di reversibilità senza l’applicazione dell’art. 1, comma 41, ultimo periodo, della legge n. 335 del 1995.

4) - Il Giudice unico, con sentenza n. 186/2017, accoglieva il ricorso, riconoscendo il diritto a percepire, sulla pensione di reversibilità, gli adeguamenti a titolo di perequazione di cui all’art. 11 del decreto legislativo n. 503/1992.
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SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA SENTENZA 14 25/01/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SEZIONE DI APPELLO PER LA SICILIA SENTENZA 14 2018 PENSIONI 25/01/2018
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del popolo italiano
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE D’APPELLO
PER LA REGIONE SICILIANA

composta dai magistrati:
dott. Giovanni Coppola Presidente
dott. Vincenzo Lo Presti Consigliere
dott. Tommaso Brancato Consigliere relatore
dott. Valter Del Rosario Consigliere
dott. Guido Petrigni Consigliere
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A n.14 /A/2018

nel giudizio di appello in materia di pensionistica iscritto al n. 5895/P del registro di Segreteria promosso dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dagli avvocati Gino Madonia, Tiziana Giovanna Norrito e Luigi Caliulo, con i quali è elettivamente domiciliato in Omissis, alla via Maggiore Toselli n. 5, nei confronti di C. D. L., nata il Omissis, elettivamente domiciliata in via XX Settembre n. 29 presso lo studio dell’avvocato Antonio D’Asaro, che la rappresenta e difende, per la riforma della sentenza n. 186/17, emessa dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana in data 22 febbraio 2017, pubblicata il 16 marzo 2017.

Visti tutti gli atti e documenti di causa.

Uditi, alla pubblica udienza del 16 gennaio 2018, il relatore, consigliere Tommaso Brancato, l’avvocato Gino Madonia, difensore dell’I.N.P.S., e l’avvocato Antonio D’Asaro, difensore di C. D. L..

FATTO

La signora C. D. L. è titolare di pensione diretta (a decorrere dall’1 gennaio 1987) e di pensione di reversibilità quale vedova del signor T. G. (a decorrere dal 29 gennaio 1992), entrambe originariamente erogate dall’I.N.P.D.A.P. e successivamente confluite nella gestione dell’I.N.P.S..

Con sentenza n. 224/A/2005, questa Sezione d’Appello le riconosceva il diritto all’indennità integrativa speciale (di seguito IIS) ed alla tredicesima mensilità sulla pensione di reversibilità.

Con ricorso depositato il 22 dicembre 2015 presso la Segreteria della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, la C. D. L. chiedeva il riconoscimento del diritto ad ottenere la perequazione della voce pensione del trattamento di reversibilità senza l’applicazione dell’art. 1, comma 41, ultimo periodo, della legge n. 335 del 1995.

Il Giudice unico, con sentenza n. 186/2017, accoglieva il ricorso, riconoscendo il diritto a percepire, sulla pensione di reversibilità, gli adeguamenti a titolo di perequazione di cui all’art. 11 del decreto legislativo n. 503/1992.

Avverso la sentenza proponeva appello l’I.N.P.S., contestando l’affermazione del primo Giudice, secondo la quale la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 41, ultima parte, della legge n. 335/1995 (che, per quanto concerne l’applicazione sulle pensioni di reversibilità delle limitazioni per cumulo dei redditi, specificate nell’allegata tabella F, ha fatto salvi i trattamenti di quiescenza già sorti all’epoca della sua entrata in vigore, fermo restando, però, l’obbligo di provvedere al “riassorbimento sui futuri miglioramenti economici ” dei maggiori ratei conservati “ad personam” a favore dei soggetti interessati) sarebbe da interpretare nel senso che nella locuzione “futuri miglioramenti economici ” dovrebbero ritenersi ricompresi soltanto gli incrementi derivanti da sostanziali riliquidazioni “in melius” delle pensioni, appositamente disposte dal legislatore, e non anche gli aumenti correlati all’ordinaria perequazione automatica del trattamento di quiescenza alle variazioni del costo della vita.

Al riguardo, ad avviso dell’odierno appellante, la Sezione di primo grado non avrebbe tenuto conto di quanto chiaramente affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti, con efficacia vincolante per i Giudici di merito ai sensi dell’art. 42 della legge n. 69 del 2009, con la sentenza n. 7/2009/QM, nella quale, in sede di risoluzione di apposita “questione di massima”, era stato sancito il principio secondo cui, ai fini dell’applicazione del “meccanismo di riassorbimento”, previsto dall’art. 1, comma 41, della menzionata legge n. 335 del 1995, devono essere computati anche gli aumenti delle pensioni di reversibilità correlati all’ordinaria perequazione automatica.

Con memoria depositata il 21 dicembre 2017, la difesa della signora C. D. L. eccepiva la tardività dell’appello di controparte, sostenendo che l’atto in questione risultava proposto oltre il termine di 60 giorni, decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado avvenuta in data 23 marzo 2017.

Nel merito, ha sostenuto che il principio affermato dalle Sezioni riunite della Corte dei conti con la sentenza n. 7/2009/QM aveva effetti vincolanti solo nei confronti del Giudice che aveva sollevato la questione di massima. In ogni caso, osservava che, risultando l’ordinanza di rimessione nell’anno 2008, antecedente all’entrata in vigore della legge n. 69 del 2009, l’asserita efficacia “erga omnes” doveva ritenersi esclusa.

Infine, richiamando la decisione della Cassazione n. 5778/2012, ha ribadito il principio secondo il quale la perequazione non poteva considerarsi “aumento del trattamento pensionistico”, ma semplice adeguamento del trattamento di quiescenza all’incremento del costo della vita.

All’odierna udienza, la difesa dell’I.N.P.S. ha sostenuto l’infondatezza dell’eccezione di tardività dell’appello, insistendo, nel merito, per l’accoglimento dell’impugnativa. L’avvocato D’Asaro, in rappresentanza della parte appellata ha insistito sull’inammissibilità dell’appello.

Ritenuto in
DIRITTO

Preliminarmente, il Collegio giudicante deve esaminare l’eccezione d’inammissibilità formulata dalla difesa della parte appellata nella propria memoria di costituzione depositata il 21 dicembre 2017 e riproposta oralmente nel corso della pubblica udienza.

Il presente giudizio è stato instaurato ad iniziativa dell’I.N.P.S. con la notifica dell’atto di appello, avvenuta in data 20 settembre 2017, nei confronti di C. D. L. e, per essa, al procuratore costituito avvocato Antonio D’Asaro, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Omissis via XX Settembre n. 29.

Sotto il profilo processuale, la disciplina applicabile al procedimento in esame è quella prevista dall’art. 178 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (codice di giustizia contabile), che al comma 1 recita: “il termine per proporre l’appello, …..è di sessanta giorni.”

Il secondo comma prevede: “i termini stabiliti al comma 1 sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza…….”

Nella fattispecie, la sentenza di primo grado risulta essere stata notificata in data 23 marzo alle ore 18,15 dall’avvocato Antonio D’Asaro, difensore della C. D. L., debitamente abilitato ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 54, a mezzo posta elettronica certificata nei confronti del destinatario avvocato Tiziana Norrito, quale procuratore dell’I.N.P.S. regolarmente costituito nell’ambito del giudizio.

Fatta questa premessa, il Collegio ritiene di dover esaminare le argomentazioni prospettate oralmente, nel corso dell’udienza pubblica, dal rappresentante dell’I.N.P.S. in ordine all’asserita infondatezza dell’eccezione di tardività dell’appello.

Il particolare, la difesa dell’Istituto previdenziale ha contestato la regolarità ed efficacia della notifica effettuata con il mezzo informatico, sostenendo che la validità della stessa presupponeva l’applicazione del così detto “processo telematico” innanzi al Giudice della Corte dei conti, ancora non realizzato.

Al riguardo, si osserva che, con decreto del Presidente della Corte dei conti n. 98 datato 21 ottobre 2015, sono state fissate le prime regole tecniche ed operative in materia di utilizzo della posta elettronica nell’ambito dei giudizi dinanzi alla giurisdizione contabile, ivi incluse le comunicazioni e notificazioni.

Il comma 6 dell’articolo 3 del menzionato decreto prevede “gli avvocati abilitati ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, possono avvalersi della posta elettronica certificata per l’effettuazione di notifiche relative a procedimenti dinanzi alla Corte dei conti applicando le regole tecniche stabilite dal processo civile, in quanto compatibili con quelle del presente decreto. Alle necessarie attestazioni di conformità provvedono gli avvocati medesimi”.

Il precedente comma 4 del medesimo decreto presidenziale recita: “la comunicazione e la notificazione per via telematica si intendono perfezionate, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e, per il mittente, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione del Messaggio da parte del gestore di sposta elettronica certificata del mittente”.

Con il successivo decreto del Presidente della Corte dei conti n. 9 del 15 febbraio 2017 sono state introdotte nuove regole tecniche ed operative necessarie allo svolgimento, mediante utilizzo delle tecnologie dell’informazione della comunicazione, dei giudizi innanzi a questa Corte.

Le disposizioni in questione hanno confermato la facoltà di utilizzare, nell’ambito del processo contabile, le notifiche a mezzo p.e.c., dando effettiva e completa attuazione alle disposizioni di portata generale contenute nell’articolo 1 della legge 21 gennaio 1994, n. 53.

La facoltà di utilizzo della notifica mediante p.e.c., quindi, è prevista e disciplinata da apposita normativa e, in questi termini, prescinde dall’attivazione del processo telematico innanzi alla giurisdizione contabile.

Il legislatore, allo scopo di semplificare e rendere più celere la notifica di atti, garantendo nel contempo elevati livelli di sicurezza e di certezza degli esiti delle procedure, ha previsto, in alternativa alle tradizionali modalità, la facoltà di effettuare le notifiche mediante l’utilizzo del sistema elettronico, indipendentemente e ancor prima dell’applicazione del processo telematico nei vari settori della giurisdizione.

Va rilevato, per inciso, che lo stesso difensore dell’I.N.P.S., nella propria memoria di costituzione innanzi alla Sezione giurisdizionale di primo grado e nell’atto di citazione in appello, aveva indicato il proprio recapito di posta elettronica, autorizzando, implicitamente la possibilità del ricorso a tale modalità di notifica degli atti processuali.

La difesa dell’I.N.P.S. ha contestato, sotto altro profilo, l’eccezione di inammissibilità formulata dalla controparte per l’asserito omesso deposito di documentazione comprovante l’avvenuta regolare notifica.

Sul punto, il Collegio rileva che nella fattispecie in esame tutti i parametri di validità formale e sostanziale della notifica sono stati debitamente rispettati.

Infatti, risultano allegate alla memoria depositata dalla C. D. L. il 21 dicembre 2017 le ricevute di avvenuta accettazione e di consegna della notifica (in data 23 marzo 2017), con l’indicazione del mittente e del destinatario.

Risulta, altresì, l’avvenuto deposito da parte dell’avvocato D’Asaro dell’attestazione ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 3 bis, comma 2, e 6, comma 1, della legge n. 54/1994.

Da quanto rilevato, la notifica della sentenza n. 186/2017, emessa dalla Sezione giurisdizionale di primo grado deve ritenersi debitamente eseguita, con effetti perfezionati nei confronti dell’I.N.P.S. in data 23 marzo 2017.

In conseguenza, l’appello, in quanto notificato il 20 settembre 2017, va considerato tardivo, essendo stato proposto oltre il termine di sessanta giorni, fissato dal comma 1 dell’articolo 178 del codice della giustizia contabile e, come tale va dichiarato inammissibile.

L’I.N.P.S. va condannata al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in euro 500,00 (euro cinquecento/00), oltre accessori dovuti per legge.

PQM

La Corte dei conti- Sezione d’Appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l’appello proposto dall’I.N.P.S. avverso la sentenza n. 186/2017 del Giudice unico delle pensioni.

Condanna l’I.N.P.S. al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 500,00, a favore della controparte costituita.

Così deciso, in Palermo, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2018.
L’Estensore Il Presidente
F.TO Dr. Tommaso Brancato F.TO Dr. Giovanni Coppola
Depositata in segreteria
Palermo,23/01/2018


Pubblicata il 25/01/2018


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Re: Pensione di Reversibilità

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Ricorso Accolto parzialmente.

1) - Mentre risulta per tabulas la corresponsione da parte dell’INPS dei ratei di tredicesima mensilità sull’originario provvedimento,
- ) - viceversa,
- ) - come riconosciuto e dichiarato dall’Amministrazione della Difesa, nella propria memoria depositata il 14.11.2017,
- ) - nel trattamento pensionistico in questione non risulta calcolata l’indennità integrativa speciale, prevista dall’art.99 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

2) - Pertanto, l’Amministrazione della Difesa dovrà provvedere in applicazione delle norme anzidette al calcolo conglobato di tale indennità, nella misura e nei limiti sopra indicati, per i successivi adempimenti dell’INPS, quale ordinatore secondario di spesa.
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UMBRIA SENTENZA 4 26/01/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
UMBRIA SENTENZA 4 2018 PENSIONI 26/01/2018
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Sent. n. 4/M/18


REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria

In composizione monocratica, nella persona del Consigliere Stefano SIRAGUSA, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso pensionistico iscritto al n.12278/M del registro di Segreteria, proposto dalla Sig.ra S. S., nata a omissis il omissis, c.f. omissis, ivi residente, omissis, rappresentata e difesa dall'Avv. Domenico Bonaiuti, c.f. BNT DNC 30A09 C742 F, pec domenicobonaiuti@ordineavvocatiroma.org unitamente e disgiuntamente all'Avv. Paolo Bonaiuti, c.f. BNT PLA 66B05 C745 M, pec paolobonaiuti@ordineavvocatiroma.org ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, via Riccardo Grazioli Lante 16, nei confronti del:

- Ministero della Difesa per la declaratoria di illegittimità del provvedimento di cui al D.M. n. 443 del 17.04.2015 concessivo di pensione privilegiata di reversibilità (50% della tab. M) dall’1.2.2014 a favore di S. S., madre del Carabiniere deceduto P.. S.., separata consensualmente, nonché delle connesse note M_D GPREV 0169884, del 15-10-2015 e M_D GPREV REG2016 0096686, del 16-06-2016, del medesimo ministero;

- INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato in Roma, via Ciro il Grande, n. 21 00144 Roma, c.f. 80078750587, e INPS -Direzione Provinciale Perugia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, domiciliato in Perugia, via Canali 5 06124 Perugia, rappresentati e difesi, dagli Avv.ti Stefania Di Cato, c.f. DCT SFN 64P67 L117L, Roberto Annovazzi, c.f. NNV RRT 71L28 G478P e Mirella Arlotta c.f. RLT MLL 71E53 F158Y, elettivamente domiciliati in Perugia, Via Canali, n. 1, presso l'Ufficio dell'Avvocatura I.N.P.S, per la declaratoria di illegittimità delle note del 19.05.2015, del 26.01.2016 e del 17.06.2016 dell'INPS Direzione Provinciale di Perugia.

Visto l’atto introduttivo del giudizio;
Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale;
Uditi alla pubblica udienza del 29 novembre 2017 tenutasi con l’assistenza del Segretario, Sig.ra Paroli Bruna, il relatore, Cons. Stefano Siragusa e per la ricorrente, l’Avv. Massimo Silvestri, delegato quale sostituto dell’Avv. Paolo Bonaiuti; per l’INPS l’Avv. Cecilia De Vecchi, iscritta nell’elenco dei sostituti procuratori dell’INPS, in sostituzione dell’Avv. Stefania Di Cato; non comparsa l’Amministrazione della Difesa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.La ricorrente ha impugnato il citato decreto ministeriale del 17 aprile 2015 con il quale è stata concessa la pensione privilegiata ordinaria di reversibilità, chiedendo la corresponsione dell'indennità integrativa speciale in misura integrale, delle tredicesime mensilità, sul trattamento di reversibilità in godimento, per la quota parte spettante dalla data dell'inizio del rapporto, anche se già liquidata integrata al minimo o nella misura non corretta e oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria sulle somme spettanti.

Parte ricorrente impugnava, altresì, le note dell’INPS sopra specificate, tutte significative di provvedimenti negativi della concessione dell’indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità in quota parte; per quest’ultima voce, in realtà, l’INPS dichiarava di provvedere al pagamento come da documentazione prodotta agli atti (vedasi nota INPS.5800.17/06/2016 prot.0126304). Nella medesima nota, l’INPS affermava che “sulla pensione in oggetto viene regolarmente corrisposta la tredicesima mensilità mentre non spetta l'indennità integrativa speciale essendo la pensione spettante, attribuita con decreto n. 443 che si allega, determinata includendo l'indennità suddetta ai sensi della legge n. 724/94, art. 15, comma 3.”

Affermazione che risultava ribadita anche nella successiva memoria di costituzione dell’INPS, depositata il 30 giugno 2017, nella quale, peraltro, l’Istituto eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva.

2.Nella memoria di costituzione in giudizio depositata il 30 giugno 2017 Il Ministero della Difesa, nel ripercorrere l’origine del trattamento pensionistico in questione, affermava, viceversa, che: “come peraltro indicato nelle premesse del decreto n. 443/2015 e come già comunicato alla Signora con nota n. 169884 del 15-10/2015, si conferma che sul trattamento pensionistico in parola spetta l’'I.I.S. come assegno accessorio il cui conferimento è di competenza dell' I.N.P.S. Va inoltre chiarito che ai sensi dell'art. 195, 2° comma, la corresponsione dell'Indennità Integrativa Speciale, quale assegno accessorio rientra nella competenza delle ex Direzioni provinciali del Tesoro, oggi INPS (Gestione Dipendenti Pubblici) e, pertanto questa Amministrazione eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva”.

3.Pertanto, prima ancora di affrontare la questione nel merito e di inquadrare le norme di diritto di riferimento, si rendeva necessario esperire un accertamento istruttorio, attraverso l’emanazione di un’ordinanza a verbale nell’udienza pubblica del 12 luglio 2017 - cui non partecipava l’Amministrazione della Difesa - volta ad ottenere la produzione, da parte della medesima Amministrazione intimata, di una dettagliata e documentata relazione dalla quale si potesse evincere con chiarezza se ed in quale misura l’indennità integrativa speciale fosse stata conteggiata nella determinazione della pensione della ricorrente.

4. Con memoria depositata il 14.11.2017 il Ministero della Difesa, in ottemperanza alla citata ordinanza dichiarava, in particolare, che:

- Il trattamento sopra richiamato è stato liquidato ai sensi dell’art. 92 del T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al D.P.R.1092/1973;

- nella fattispecie in esame, una volta accertato il verificarsi delle condizioni richieste dalla normativa in materia di pensioni di guerra in capo alla Sig.ra S., l’Amministrazione della Difesa ha concesso il trattamento pensionistico de quo richiamando, quanto alla misura del trattamento, la tabella M pari al 50% dell’importo ivi indicato, in quanto la ricorrente si trova in regime di separazione personale tra i coniugi;

- l’indennità integrativa speciale non è conteggiata nella pensione della ricorrente, ma deve essere liquidata, in ossequio all’art. 99 del T.U. 1092/1973, come assegno accessorio, perché l’importo della pensione concessa con il D.M. 443 deriva da una somma fissa (c.d. tabellare) contenuta nella circolare sopra menzionata e non dalla base pensionabile (stipendio + altri emolumenti, ivi compresa l’IIS) che, invece, è prevista per la liquidazione delle altre tipologie di pensione di privilegio;

- la corresponsione dell’indennità integrativa speciale, quale assegno accessorio rientra nella competenza delle ex Direzioni Provinciali del Tesoro, oggi INPS (Gestione Dipendenti Pubblici).

5.Con memoria depositata tramite pec il 17 novembre 2017 parte ricorrente, dando per conosciuti i contenuti dei propri pregressi scritti defensionali, rimarcava come la memoria del Ministero della Difesa contenesse la negazione della corresponsione dell’i.i.s.

6. Alla pubblica udienza del 29 novembre 2017, la difesa della ricorrente, si richiamava agli atti e alle risultanze delle controdeduzioni del Ministero della Difesa, sottolineandone gli aspetti che smentivano quanto affermato dall’INPS in ordine, rispettivamente, all’avvenuta liquidazione dell’i.i.s, alla ribadita pretesa eccezione di improcedibilità per mancato preventivo ricorso amministrativo al Comitato di vigilanza ed alla richiesta di estromissione dal giudizio per mancanza di legittimazione passiva.

La rappresentante dell’INPS formulava analogo rinvio alle proprie deduzioni scritte precedentemente versate in giudizio.

La causa è stata, quindi, posta in decisione, come da verbale d’udienza.

DIRITTO

7. Preliminarmente va disattesa, in quanto infondata, la pretesa eccezione di improcedibilità per mancato preventivo ricorso amministrativo al Comitato di vigilanza, non essendo tale circostanza un requisito per la proposizione dell’azione a tutela giurisdizionale dei diritti dell’interessato.

8.Parimenti vanno disattese le richieste di estromissione dal giudizio formulate dalle amministrazioni della Difesa e dell’INPS, in quanto entrambe rivestono ruoli di rilevanza ai fini della competenza amministrativa, quali ordinatori di spesa, in relazione al diritto oggetto della domanda.

9. Nel merito il ricorso è fondato e va parzialmente accolto, nei termini seguenti. Mentre risulta per tabulas la corresponsione da parte dell’INPS dei ratei di tredicesima mensilità sull’originario provvedimento, viceversa, come riconosciuto e dichiarato dall’Amministrazione della Difesa, nella propria memoria depositata il 14.11.2017, nel trattamento pensionistico in questione non risulta calcolata l’indennità integrativa speciale, prevista dall’art.99 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. La legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante: ”Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” al terzo comma dell’art.15, dispone che “ In attesa dell’armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, ovvero l’indennità di contingenza, ovvero l'assegno per il costo della vita spettante”. La successiva legge 8 agosto 1995, n.335, di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, all’art.1, comma 41, ha disposto l’estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato a tutte le forme esclusive e sostitutive del regime di assicurazione generale obbligatoria. La norma è stata anche oggetto di interpretazione autentica da parte dell’art.1, comma 774, della legge 27 dicembre 2006, n.296, la quale ha precisato che “L'estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell'ambito del regime dell'assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista dall'articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità”. Tale equiparazione, valida ex art.92 del d.P.R.1092 del 1973 ai fini della individuazione della misura e delle condizioni del trattamento pensionistico, che fa seguito a quella recata in via transitoria dal citato art.15 della legge n.724 del 1994, comporta, dunque, che l’indennità in questione abbia cessato, anche per i dipendenti pubblici, di costituire un emolumento separato per essere invece computata, con le altre voci retributive assoggettate a contribuzione, nella base pensionabile (alla quale poi si applica, nei confronti del superstite la misura percentuale vigente nel regime di assicurazione generale obbligatoria), (ex multis Corte dei conti II Sezione giurisdiz. d’appello n.708/2013, II Sez giurisdiz n.621/2012; I Sez. giurisdiz. n.251/2009).

Pertanto, l’Amministrazione della Difesa dovrà provvedere in applicazione delle norme anzidette al calcolo conglobato di tale indennità, nella misura e nei limiti sopra indicati, per i successivi adempimenti dell’INPS, quale ordinatore secondario di spesa.

10. Le spese seguono la soccombenza. Quanto a quelle di giudizio, non vi è luogo a provvedere, in relazione al principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall’art. 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533, principio al quale la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere di generalità (v., ex multis, Corte dei conti, Sezione I centrale di appello, 18 novembre 2009, n. 642). Quanto alle spese di lite, in considerazione dell’accoglimento soltanto parziale, se ne dispone la compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe, proposto da S. S. e per l’effetto accerta e dichiara il diritto alla corresponsione, da parte dell’Amministrazione della Difesa alla ricorrente, dell’indennità integrativa speciale, nei termini di cui in motivazione, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria.

Compensa le spese.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Perugia, il 29 novembre 2017.
Il Giudice
F.to Stefano Siragusa


Depositata in Segreteria il 26 gennaio 2018


Il Direttore della Segreteria
F.to Elvira Fucci


Il Giudice Unico delle Pensioni, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
DISPONE
che, a cura della Segreteria, venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 del suddetto art. 52 nei confronti del ricorrente.
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
F.to Cons. Stefano Siragusa
In esecuzione di quanto disposto dal Giudice Unico delle Pensioni, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione dovranno essere omesse le generalità e tutti gli ulteriori elementi identificativi della parte ricorrente.
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
F.to Elvira Fucci
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Re: Pensione di Reversibilità

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STANCHISSIMO ha scritto:Ci sono altro che stanno peggio, ti consiglio una po lizza causa morte costa sulle 500 euro l'anno e se mai dovessi lasciare questo paradiso terrestre, i tuoi superstiti riceveranno 150.000 euro che investiti al 4% netto sono 500 euro al mese in piu' giusto per le spese dei fiori.
Io sono 10 anni che lo fatta, e me le gratto molto frequentemente, prevenire e' meglio che curare.
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Hai già speso 60.000 €, a fondo perduto (meglio così).
La penso come te , preoccuparsi al destino di chi resta, specialmente se la moglie non lavora fuori casa, perché a casa lavora più di noi è un dovere preoccuparsene
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Re: Pensione di Reversibilità

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mario1960 ha scritto:
STANCHISSIMO ha scritto:Ci sono altro che stanno peggio, ti consiglio una po lizza causa morte costa sulle 500 euro l'anno e se mai dovessi lasciare questo paradiso terrestre, i tuoi superstiti riceveranno 150.000 euro che investiti al 4% netto sono 500 euro al mese in piu' giusto per le spese dei fiori.
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Re: Pensione di Reversibilità

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INPS perde appello

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Re: Pensione di Reversibilità

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INPS perde l'Appello,

1) - la ricorrente, vedova di S.R., dipendente dell’Università omissis , deceduto in servizio ( vds. sentenza CdC Lombardia n. 111/2018 pubblicata il 23/05/2018). N.B.: " è stato accertato un debito in seguito a revisione amministrativo -contabile, in applicazione dei limiti di cumulabilità dei redditi previsti dalla Tabella F allegata alla legge 8 agosto 1995, n.335, a decorrere dall’ 1.11.2010 ".

2) - Somme indebito per cumulo limitato dei redditi del beneficiario del trattamento di pensione indiretto e di reversibilità.

3) - La vedova si era opposta all’ingiunzione, contestando la sussistenza dell’indebito, anche in ragione del richiamo all’art. 204 del T.U. n. 1092 del 1973 e ai principi di buona fede e legittimo affidamento.

4) - La vedova ha osservato che la domanda di pensione di reversibilità era stata presentata su modello predisposto dall’INPDAP nel quale era precisato che la D. era già titolare di altro trattamento pensionistico diretto e del reddito complessivo di euro 34.232,00, cosicchè da subito l’Ente previdenziale era in grado di calcolare e determinare l’esatto importo del trattamento di reversibilità.

La CdC d'Appello precisa:

5) - E’ indubbio ed incontestato che L. E. D., nel momento in cui ha presentato la domanda per ottenere il trattamento pensionistico di reversibilità del marito (9 novembre 2010), ha comunicato all’Ente previdenziale la sua situazione personale di pensionata e i redditi percepiti nell’anno precedente mettendo, quindi, l’I.N.P.S. nelle condizioni di liquidare il trattamento pensionistico nella misura prevista per il caso del cumulo con altri redditi (art. 1, co. 41 della legge 8 agosto 1995, n. 335 in relazione alla Tab. F, allegata alla legge).
-----------------------------------------------------------


Sezione TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA

Anno 2020 Numero 77 Pubblicazione 21/04/2020

SENT. 77.2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO
composta dai seguenti magistrati
dott.ssa Chiara Bersani Presidente f.f.
dott.ssa Giuseppina Maio Consigliere
dott.ssa Cristiana Rondoni Consigliere
dott. Giancarlo Astegiano Consigliere relatore
dott.ssa Patrizia Ferrari Consigliere
riunita in Camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di appello iscritto al n. 54016 del Registro di ruolo generale, promosso dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S. – (C.F. 80078750587), rappresentato e difeso nel presente giudizio, sia congiuntamente che disgiuntamente, dagli avvocati Maria Passarelli, Luigi Caliulo, Filippo Mangiapane e Lidia Carcavallo, presso i quali è domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria, n. 29
- appellante -

contro
L. E. D. (C.F. xxxxxxxxxxxxxxxx), rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. Rosa Maffei presso la quale è domiciliata in Roma, via Nizza n. 66 (pec: rosamaffei@ordineavvocatiroma.org);
- appellata -

per la riforma della sentenza n. 111/2018 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lombardia, resa in data 26 marzo - 23 maggio 2018, non notificata.

Visti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 6 novembre 2019 il consigliere relatore Giancarlo Astegiano, che ha sinteticamente illustrato i fatti di causa, l’avv. Sergio Preden, delegato dall’avv. Luigi Caliulo, in rappresentanza dell’I.N.P.S. e l’avv. Rosa Maffei in rappresentanza di L. E. D..

Ritenuto in
FATTO

1. Con sentenza n. 111, resa in data 26 marzo – 28 maggio 2018, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Lombardia ha accolto la domanda di annullamento dell’ingiunzione di pagamento I.N.P.S., in data 16 aprile 2014, proposta da E. L. D. ed ha dichiarato irripetibile l’indebito pensionistico pari ad euro 41.501,14, condannando l’Amministrazione alla restituzione delle somme già recuperate, maggiorate di interessi al tasso legale a partire dalla proposizione della domanda giudiziale.

Dopo aver rilevato che in data 9 novembre 2010 L. E. D., a seguito del decesso in servizio del marito S. R., aveva presentato domanda di pensione indiretta, per il tramite del datore di lavoro del defunto, il giudice di primo grado ha messo in luce che l’I.N.P.S., con provvedimento in data 19 novembre 2010, aveva liquidato la pensione in misura annua pari ad euro 26.250,86. Successivamente, con provvedimento del 28 aprile 2014, il trattamento pensionistico indiretto era stato riliquidato in euro 17.116,56 anni, in seguito ad una verifica effettuata dall’Ente previdenziale su alcune posizioni per accertare l’osservanza della disciplina che prevede il cumulo limitato dei redditi del beneficiario del trattamento di pensione indiretto e di reversibilità. A seguito della riliquidazione, l’I.N.P.S. aveva agito per il recupero di euro 41.501,14 e L. E. D. si era opposta all’ingiunzione, contestando la sussistenza dell’indebito, anche in ragione del richiamo all’art. 204 del T.U. n. 1092 del 1973 e ai principi di buona fede e legittimo affidamento.

Il giudice di primo grado, dopo aver richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza contabile in materia di ripetizione dell’indebito pensionistico, ha affermato che l’istituto previdenziale era in possesso di tutti gli elementi necessari per quantificare il trattamento pensionistico sin dal momento della presentazione della domanda di riconoscimento della pensione di reversibilità ed ha concluso ritenendo irripetibile l’indebito in ragione dell’intervallo temporale trascorso fra la liquidazione del trattamento provvisorio e quello definitivo, dell’indicazione nel provvedimento provvisorio della specificazione che si trattava del sessanta per cento della pensione diretta e della buona fede della percipiente.

2. L’I.N.P.S. ha interposto appello nei confronti della citata sentenza n. 111 del 2018, con atto in data 27 settembre 2018, notificato il 9 ottobre 2018 e depositato in data 15 ottobre 2018.

Dopo un’analitica ricostruzione dei fatti che avevano caratterizzato il contenzioso, l’appellante ha formulato le censure alla sentenza impugnata con un unico articolato motivo con il quale ha denunciato la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 41 della legge n. 335/1995 e della Tab. F annessa alla medesima legge, oltre che degli artt. 86, 197 e 208 del D.P.R. 1092/73, nonché dei principi generali in materia di indebito oggettivo ex artt. 2033 c.c.”.

L’appellante ha asserito che la questione decisa dal giudice di primo grado non rientrava nella previsione degli artt.162 e 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e che, pertanto, era improprio il richiamo ai principi enunciati dalla sentenza sez. riun. Corte conti n. 2 del 2012.

Dopo aver osservato che l’applicazione dell’art. 1, co. 41 della legge n. 335 del 1995 richiedeva accertamenti complessi e che in base agli artt. 86, co. 4, 197, co. 7 e 208 del D.P.R. n. 1092 del 1973 era onere della D. comunicare annualmente all’I.N.P.S. la propria situazione reddituale, così da consentire all’istituto previdenziale di eventualmente adeguare il trattamento pensionistico di reversibilità alle regole normative, l’appellante ha asserito che l’omissione dell’appellata impediva di ravvisare una situazione di buona fede e di legittimo affidamento, anche perché non vi era alcun obbligo in capo all’I.N.P.S. di effettuare verifiche d’ufficio.

Ha osservato, quindi, che legittimamente, tempestivamente e doverosamente l’istituto previdenziale aveva azionato il recupero dell’indebito, con provvedimento in data 16 aprile 2014, in base ai principi di ripetizione dell’indebito oggettivo risultanti dall’art. 2033 cod. civ.

Ha concluso chiedendo di annullare o riformare la citata sentenza n. 111 del 2018 e per l’effetto ritenere e dichiarare la ripetibilità dell’indebito erariale pari a euro 41.501,14, con vittoria di spese e competenze di lite di entrambi i gradi di giudizio.

3. Con atto depositato in data 17 settembre 2019, L. E. D. si è costituita in giudizio contestando le ragioni dell’appello proposto dall’I.N.P.S. Ha osservato che la domanda di pensione di reversibilità era stata presentata su modello predisposto dall’INPDAP nel quale era precisato che la D. era già titolare di altro trattamento pensionistico diretto e del reddito complessivo di euro 34.232,00, cosicchè da subito l’Ente previdenziale era in grado di calcolare e determinare l’esatto importo del trattamento di reversibilità. Ha richiamato, quindi, il contenuto della sentenza impugnata e l’applicazione dei principi di buona fede e legittimo affidamento ed ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile e, comunque, infondato il ricorso in appello dell’I.N.P.S., con condanna dell’Istituto previdenziale al pagamento delle spese di giudizio, da distrarsi in favore del difensore antistatario.

4. All’odierna udienza, udita la relazione, gli avvocati delle parti hanno richiamato i rispettivi atti e confermato le conclusioni assunte, rispettivamente, nell’atto di citazione in appello e nella memoria difensiva.

Esaurita la discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

Considerato in
DIRITTO


1. Con un unico articolato motivo, l’I.N.P.S. ha sostenuto l’ingiustizia della sentenza impugnata, lamentando che il giudice di primo grado avrebbe applicato in modo erroneo sia la disciplina legislativa che i principi giurisprudenziali che regolano la formazione e la ripetizione dell’indebito pensionistico.

1.1. Il giudice di primo grado, dopo aver richiamato i principi elaborati dalla giurisprudenza contabile in materia di ripetizione dell’indebito pensionistico, ha affermato che l’istituto previdenziale era in possesso di tutti gli elementi necessari per quantificare il trattamento pensionistico sin dal momento della presentazione della domanda di riconoscimento della pensione di reversibilità da parte di L. E. D. e, quindi, ha ritenuto irripetibile l’indebito in ragione dell’intervallo temporale trascorso fra la liquidazione del trattamento provvisorio e quello definitivo, dell’indicazione nel provvedimento provvisorio della specificazione che si trattava del sessanta per cento della pensione diretta e della buona fede della percipiente.

1.2. Con unico motivo di appello, l’I.N.P.S. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, co. 41 della legge n. 335 del 1995, nonché della Tab. F annessa alla legge, degli artt. 86, 197 e 208 del D.P.R. n. 1092 del 1973, nonché dei principi generali in materia di indebito oggettivo, così come risultanti dall’art. 2033 cod. civ. Dopo aver rilevato che la questione decisa dal giudice di primo grado non rientrava nella previsione degli artt. 162 e 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e che, pertanto, era improprio il richiamo ai principi enunciati dalla sentenza sez. riun. Corte conti n. 2 del 2012., l’Ente previdenziale ha rilevato che sarebbe stato onere della D. comunicare annualmente all’I.N.P.S. la propria situazione reddituale e che l’omissione dell’appellata impediva di ravvisare una situazione di buona fede e di legittimo affidamento, anche perché non era ravvisabile alcun obbligo in capo all’I.N.P.S. di effettuare verifiche d’ufficio.

Ha osservato, quindi, che legittimamente, tempestivamente e doverosamente l’istituto previdenziale aveva azionato il recupero dell’indebito, con provvedimento in data 16 aprile 2014, in base ai principi di ripetizione dell’indebito oggettivo risultanti dall’art. 2033 cod. civ.

1.3. L. E. D. ha osservato che la domanda di pensione di reversibilità era stata presentata su modello predisposto dall’INPDAP nel quale era precisato che la D. era già titolare di altro trattamento pensionistico diretto e del reddito complessivo di euro 34.232,00, cosicchè da subito l’Ente previdenziale era in grado di calcolare e determinare l’esatto importo del trattamento di reversibilità. Ha richiamato, quindi, il contenuto della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto applicabili i principi di buona fede e legittimo affidamento.

2. La disciplina dell’indebito risultante dagli artt. 2033 e segg. cod. civ. è integrata nella materia previdenziale, pubblica e privata, da norme specifiche che tendono a contemperare le regole generali con le specificità di settore, tenendo conto sia della particolare posizione del pensionato che delle esigenze finanziarie pubbliche.

Peraltro, la disciplina positiva diverge parzialmente fra settore pubblico e privato e la Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibili alcune questioni di legittimità che si fondavano sulla diversa disciplina, ha osservato che è compito del legislatore “ricomporre il quadro della regolazione della materia, secondo linee coerenti ed omogenee per il settore pensionistico ormai gestito da un unico ente” (Corte cost, 23 giugno 2017, n. 148).

In linea generale, la nozione di indebito nella materia pensionistica presuppone la non spettanza delle somme erogate dall’Ente previdenziale e, solitamente, è conseguenza della revoca o della modifica di un trattamento in godimento in favore del pensionato. Il legislatore ha disciplinato la materia con disposizioni che prevedono la non ripetibilità delle somme erogate unicamente al ricorrere di specifici presupposti (ad esempio, nel caso di revoca o modifica del provvedimento definitivo di riconoscimento del trattamento di pensione: art. 206 d.p.r. 29 dicembre 1973, n. 1092, recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”) e la giurisprudenza ha individuato alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela nelle quali opera il principio della non ripetibilità dell’indebito in base al principio della buona fede o dell’affidamento qualificato (Corte conti, sez. riun. 2 luglio 2012, n. 2/QM; id, 25 luglio 2008, n.4/QM).

3. L’appello proposto dall’I.N.P.S. non è fondato perché in relazione alla procedura di recupero attivata dall’Ente previdenziale risultano applicabili, come ritenuto dal giudice di primo grado, le regole generali sulla ripetizione dell’indebito contemperate dalla peculiare situazione di legittimo affidamento e buona fede nella quale si è venuta a trovare L. E. D..

In proposito occorre sottolineare che il giudice di primo grado ha fondato la decisione di irripetibilità delle somme percepite dalla pensionata sulla situazione di buona fede ed affidamento che si era venuta a creare in capo alla percipiente con valutazione di fatto che non può essere contestata in questa sede.

I richiami normativi effettuati dall’ente previdenziale nel motivo di appello non colgono nel segno e non sono idonei a superare la peculiare e particolare situazione di affidamento e buona fede accertata dal giudice di primo grado con un percorso motivazionale che, in quanto tale, non è sindacabile dal giudice di appello che potrebbe intervenire unicamente in assenza di motivazione o in presenza di motivazione solo apparente, circostanze che non ricorrono nel caso di specie.

Peraltro, le circostanze di fatto richiamate nella sentenza oggetto del presente giudizio non sono contestate dalle parti. E’ indubbio ed incontestato che L. E. D., nel momento in cui ha presentato la domanda per ottenere il trattamento pensionistico di reversibilità del marito (9 novembre 2010), ha comunicato all’Ente previdenziale la sua situazione personale di pensionata e i redditi percepiti nell’anno precedente mettendo, quindi, l’I.N.P.S. nelle condizioni di liquidare il trattamento pensionistico nella misura prevista per il caso del cumulo con altri redditi (art. 1, co. 41 della legge 8 agosto 1995, n. 335 in relazione alla Tab. F, allegata alla legge).

In conclusione, in assenza di una specifica disciplina normativa derogatoria al citato art. 2033 cod. civ., e dovendosi confermare il principio di diritto in base al quale il giudice di prime cure ha deciso – che l’avvenuta dichiarazione dei redditi percepiti quale pensionata, in seno alla domanda di pensione di riversibilità, integri l’obbligo della “comunicazione” del reddito medesimo da parte della richiedente, e, pertanto, un elemento in base al quale si basa il legittimo affidamento, - nel caso di specie sussistono quelle circostanze di affidamento qualificato e buona fede che impongono la dichiarazione di irripetibilità dell’indebito, così come ritenuto dal giudice di primo grado.

4. – Per quanto precede, definitivamente pronunciando, la Sezione respinge l’appello proposto dall’I.N.P.S. avverso la sentenza n. 111 del 2018 della Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia.

In ragione della particolarità della questione sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei conti - III Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando,

respinge l’appello, iscritto al R.G. n. 54016, proposto dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S. nei confronti della sentenza n. 111/2018, in data 26 marzo – 23 maggio 2018, della Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia

Compensa le spese di giudizio.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre 2019.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.
Giancarlo Astegiano Chiara Bersani
f.to f.to


Depositato in Segreteria il 21.04.2020


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Re: Pensione di Reversibilità

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La CdC sez. 1^ d’Appello n. 99/2020 dichiara inammissibile l'appello dell’INPS e conferma la sentenza impugnata in rif. alla sentenza della CdC Puglia n. 115/2019.

Ripetizione di indebito pensionistico.

I fatti erano:

1) - In particolare, l’Istituto afferma di avere avviato, a seguito della circolare INPS n. 210 del 31.12.2015, una verifica sulla perequazione delle pensioni concesse a titolari di più di una pensione a carico della gestione dipendenti pubblici, per il periodo dall'1.01.2012 al 31.12.2015. Nel caso di specie si è avveduto che la perequazione della ricorrente non fosse allineata ai parametri delineati dall’art. 34 della legge n. 448 del 1998 in caso di cumulo di pensioni.

2) - Ragion per cui ha accertato conguagli negativi per perequazione sulla pensione di reversibilità, pari a € 250,78 nel 2012, € 252,23 nel 2013, € 303,66 nel 2014, per un totale di € 806,67 (il conguaglio negativo accertato per l'anno 2015, pari a € 313,11, non è stato inizialmente recuperato stante la sospensione inizialmente disposta dalla legge di stabilità 2016, n. 208 del 28.12.2015 per tale anno).
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Re: Pensione di Reversibilità

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CdC sez. 2^ d’Appello n. 408/2021, l’INPS perde Appello.

- Pensione di inabilità assoluta ex art. 2, comma 12, legge n. 335/95, nonostante la mancata presentazione, da parte del coniuge della stessa, di alcuna domanda finalizzata alla relativa riliquidazione.

Il Giudice d’Appello precisa:

1) - Pertanto, se l’evento della morte è stato ritenuto dallo stesso Istituto previdenziale non ostativo al riconoscimento del diritto nel caso in cui la domanda sia stata presentata dal dipendente deceduto prima della conclusione del procedimento, con conseguente immediata attribuzione a titolo di riversibilità al superstiti (vedasi circolare dell’INPDAP 24 ottobre 1997, n. 57), “esso non può ritenersi neanche ostativo ad un riconoscimento postumo a seguito di avvio del procedimento da parte dell’erede” (Sezione seconda centrale di appello 12 luglio 2016, n. 719; 18 maggio 2017, n. 291).

2) - In estrema sintesi, l’erede rivendica il riconoscimento di una preesistente situazione giuridica (connotata dal possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2, comma 12, della legge n. 335 del 1995 in capo al dante causa) destinata però ad incidere, iure proprio e non iure successionis, sull’insorgenza di un suo diritto avente contenuto patrimoniale.

3) - La giurisprudenza di questa Sezione ha ritenuto, altresì, invocabile, in via analogica, in omologhe fattispecie, l’articolo 184 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n.1092, recante la disciplina in materia di procedimento per ottenere la pensione privilegiata di riversibilità.

4) - L’appello è, pertanto, fondato e da accogliere, dovendosi affermare il diritto della Signora (…) a presentare la domanda volta ad accertare il diritto del coniuge deceduto alla pensione di inabilità prevista dall’art. 2, comma 12, della legge n. 335 del 1995…” (così testualmente, Corte conti, Sez. II d’Appello, 27 agosto 2018, n. 495; in termini analoghi, Sez. II nn. 667/2018 e 719/2016 e, da ultimo, tra le altre, Sez. giur. Appello per la Regione Siciliana, n. 53/2020 e Sez. giur. Toscana, n. 45/2020, richiamate anche dall’appellata).
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