Buonasera,
mi permetto di informarvi che nel forum 'Carabinieri' è aperto un post relativo al ricorso promosso dall'Avv. mandolesi sull'avvio dei fondi pensione per gli Operatori del Comparto Difesa-Sicurezza. L'argomento riguarda un pò tutti noi, operatori delle FF.AA. e delle FF.PP.. e sarebbe, quindi, molto gradito un vostro intervento, soprattutto di qualche rappresentante dei Cocer e dei sindacati di PS, anche per capire a che punto è giunta l'attività negoziale sollecitata dal Commissario ad Acta e se, eventualmente, ci sono dei problemi.
Questo è link: http://forum.grnet.it/carabinieri-f43/r ... 86-30.html" onclick="window.open(this.href);return false;
Grazie a tutti!
Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi
Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi
N.B.: questo collega PolPen ha fatto ricorso senza Avvocato.
Il ricorrente, assistente capo della Polizia penitenziaria, in attività di servizio.
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La Corte dei Conti precisa:
1) - La carenza nell’attualità dello status di pensionato da parte del ricorrente rende inammissibile il ricorso, in quanto, essendo il ricorrente in attività di servizio, non è possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che potrà prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’an e del quantum della pretesa fatta valere in giudizio.
2) - Inoltre, sia la domanda principale che quella risarcitoria, pur sostenute da un evidente interesse, mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra il momento attuale e la data del collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
3) - Il ricorrente è, all'attualità, carente di interesse a ricorrere, essendo lo stesso in servizio, sicché l'attuale domanda di liquidazione del trattamento “secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n. 335 del 1995”, oltre che la domanda risarcitoria, presuppongono la liquidazione del trattamento pensionistico in misura “notevolmente inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo”;
- ) - misura che, allo stato, non è possibile apprezzare nemmeno in ipotesi, avuto riguardo all'assenza dei requisiti per l'accesso alla pensione da parte del ricorrente;
- ) - né in relazione alla seconda parte del petitum sarebbe possibile a questo Giudice stabilire l'an e il quantum del danno asseritamente arrecato al ricorrente dalla mancata attuazione della previdenza complementare.
4) - Poiché il ricorrente, tuttora in servizio, agisce in giudizio per ottenere una declaratoria di mero principio in ordine alla liquidabilità del preteso futuro trattamento di quiescenza secondo il sistema di calcolo retributivo, in relazione a una situazione giuridica del tutto avulsa dall'esercizio concreto ed attuale del proprio diritto a pensione, sia nell'an che nel quantum, la pensione risulta un evento non imminente;
N.B.: leggete tutto il resto qui sotto.
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MARCHE SENTENZA 34 29/05/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
MARCHE SENTENZA 34 2017 PENSIONI 29/05/2017
34/2017
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale regionale per le Marche
in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons. Fabio Gaetano Galeffi, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 16 maggio 2017, con l’assistenza del Segretario sig. Giuseppe Castelletti, la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 21948/PM/VR del Registro di Segreteria, sul ricorso presentato il 18 luglio 2016, promosso, senza patrocinio di avvocato, da BA.. MASSIMO, nato a ……, il ……., residente a ………..,
CONTRO
• Inps, Via Ciro il Grande 21, Roma;
• Ministero dell’economia e delle finanze, Via XX Settembre 97, Roma;
• Dipartimento amministrazione penitenziaria, Largo Luigi Daga 2, Roma;
PER
il riconoscimento, previa eventuale remissione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità della legge n. 335/1995 e degli artt. 2 del d. lgs. n. 124/1993 e 3, comma 2, del d. lgs. n. 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost, del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma di cui alla legge n. 335/1995, fino a quando non sia data completa attuazione al sistema della previdenza complementare.
UDITO, nella pubblica udienza del 16 maggio 2017, l’avv. Italo Pierdominici per l’Inps; presente il ricorrente; assenti le altre amministrazioni.
VISTI gli atti e documenti di causa.
FATTO
Il ricorrente, assistente capo della Polizia penitenziaria, in attività di servizio, evidenzia nell’atto introduttivo del giudizio:
- che l’introduzione del sistema pensionistico contributivo e/o misto, in luogo del pregresso sistema retributivo, è penalizzante per i dipendenti del comparto sicurezza che hanno un’anzianità di servizio al 31 dicembre 1995 inferiore ai 18 anni;
- che il legislatore era consapevole della disparità di trattamento ingenerata dal nuovo sistema pensionistico, tanto da aver disposto, all’interno di tale sistema, il c.d. “secondo pilastro ” costituito dalla previdenza integrativa, in aggiunta a quella ordinaria basato sulla contribuzione versata;
- che la previdenza integrativa, dopo oltre venti anni dalla sua istituzione, non è ancora stata attivata;
- che, in mancanza della previdenza integrativa, occorre, secondo il ricorrente, sollevare questione di legittimità costituzionale della legge n. 335/1995, per la macroscopica disparità di trattamento con altre categorie di lavoratori per i quali è stata attivata la predetta previdenza integrativa, per lesione dell’art. 36 Cost., in quanto il nuovo sistema pensionistico, applicato prima della creazione del secondo pilastro , non garantisce la proporzionalità della pensione alla quantità e qualità del lavoro prestato, né l’adeguatezza del trattamento pensionistico alle esigenze del lavoratore e della sua famiglia; che emergerebbe macroscopica, ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tra categorie di lavoratori e tra appartenenti a ruoli inferiori e superiori, in maniera inversamente proporzionale alla contribuzione versata.
Chiede, previa eventuale remissione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità della legge n. 335/1995 e degli artt. 2 del d. lgs. n. 124/1993 e 3, comma 2, del d. lgs. n. 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost, il riconoscimento del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma di cui alla legge n. 335/1995, fino a quando non sia data completa attuazione al sistema della previdenza complementare; in via subordinata, la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni cagionati al ricorrente per il mancata tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto e della istituzione della previdenza complementare.
L’Inps si costituisce con memoria depositata l’11 novembre 2016 chiede, disattesa l’eccezione di incostituzionalità della legge n. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico in quanto manifestamente infondata, di respingere il ricorso; vinte le spese.
Si costituisce inoltre l’amministrazione della giustizia, con nota depositata il 2 maggio 2017, evidenziando:
di non essere competente per la previdenza integrativa, essendo la materia demandata al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del consiglio dei ministri; che la Corte costituzionale ha affermato l’inesistenza di diritti acquisiti in materia previdenziale; che analoghi ricorsi sono stati rigettati dalle Sezioni della Corte dei conti. Chiede quindi il rigetto del ricorso.
Nell’udienza del 16 maggio 2017, l’avv. Pierdominici per l’Inps insiste affinché il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto nel merito. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
La Sezione è chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze derivanti dalla mancata attuazione della previdenza complementare, nei confronti del ricorrente, dipendente pubblico appartenente al Comparto difesa e sicurezza, in attività di servizio.
1) Va verificata preliminarmente la sussistenza della giurisdizione sulla materia in contestazione. Al riguardo, l’indirizzo interpretativo prevalente è concorde nel ritenere sussistente la giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di questioni direttamente riguardante la liquidazione della pensione e la misura della pensione stessa (Cass. SS.UU. 573/2003; Corte conti, sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016; sez. Marche nn. 10/2017 e 11/2017). È infatti incontroversa la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti a decidere sulla pretesa pensionistica, tenuto conto dell’ormai consolidato indirizzo interpretativo che riconosce al Giudice contabile, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934, una giurisdizione avente carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicché in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca l’elemento identificativo del petitum sostanziale, vale a dire tutte le controversie riguardanti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti. Tale soluzione interpretativa, sostenuta da più pronunce, viene pertanto condivisa da questo giudicante, il quale non ha motivo di discostarsene.
2) Ciò posto, si osserva che il comportamento dilatorio dell’amministrazione pubblica risulta oggettivamente sussistente. Tale comportamento, a distanza di circa 22 anni dall’approvazione della legge di riforma c.d. Dini (legge 8 agosto 1995, n. 335, recante “riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”), potrebbe determinare l’insorgenza di situazioni lesive della posizione giuridica soggettiva del ricorrente, sotto il profilo del contrasto con parametri costituzionali, tra cui in particolare con l’art. 3 Cost, essendovi personale di altri Comparti di contrattazione già destinatari da lungo tempo degli strumenti della previdenza complementare, con gli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost., in quanto il ricorrente si vedrebbe indebitamente privato di uno strumento che possa consentirgli in futuro l’integrazione del trattamento pensionistico, oltre che con l’art. 113 Cost., non essendo accettabile che, a fronte di un comportamento palesemente e lungamente omissivo dell’amministrazione, l’ordinamento non appronti e non renda disponibile alcuno strumento per la effettiva tutela giurisdizionale della posizione giuridica soggettiva di cui si lamenta la lesione.
3) Pur tuttavia, il ricorrente si trova in attività di servizio.
Osserva il giudicante che la domanda principale del ricorso, tendente ad ottenere il calcolo della pensione secondo il previgente sistema retributivo (in luogo del sistema contributivo o di quello misto) e formulata come ipotetica conseguenza anche in senso risarcitorio - sia pure in via di prospettazione - della mancata attuazione della previdenza complementare, difetta dei necessari presupposti che consistono nel possesso, da parte del ricorrente, dello stato di quiescenza. La carenza nell’attualità dello status di pensionato da parte del ricorrente rende inammissibile il ricorso, in quanto, essendo il ricorrente in attività di servizio, non è possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che potrà prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’an e del quantum della pretesa fatta valere in giudizio.
Inoltre, sia la domanda principale che quella risarcitoria, pur sostenute da un evidente interesse, mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra il momento attuale e la data del collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
L’indirizzo interpretativo in materia, condiviso e fatto proprio da questo giudicante, indica chiaramente che i fatti possono essere accertati dal Giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio (art. 2697 c.c.) e non per gli effetti possibili e futuri; l'intervento del Giudice deve essere escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione di una questione meramente futura ed ipotetica (cfr. Corte conti I Sez. appello n. 1082/2014; sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016; Sez. Puglia nn. 316/2016 e 395/2016; Sez. Marche nn. 10/2017 e 11/2017).
Il ricorrente è, all'attualità, carente di interesse a ricorrere, essendo lo stesso in servizio, sicché l'attuale domanda di liquidazione del trattamento “secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n. 335 del 1995”, oltre che la domanda risarcitoria, presuppongono la liquidazione del trattamento pensionistico in misura “notevolmente inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo”; misura che, allo stato, non è possibile apprezzare nemmeno in ipotesi, avuto riguardo all'assenza dei requisiti per l'accesso alla pensione da parte del ricorrente; né in relazione alla seconda parte del petitum sarebbe possibile a questo Giudice stabilire l'an e il quantum del danno asseritamente arrecato al ricorrente dalla mancata attuazione della previdenza complementare.
Poiché il ricorrente, tuttora in servizio, agisce in giudizio per ottenere una declaratoria di mero principio in ordine alla liquidabilità del preteso futuro trattamento di quiescenza secondo il sistema di calcolo retributivo, in relazione a una situazione giuridica del tutto avulsa dall'esercizio concreto ed attuale del proprio diritto a pensione, sia nell'an che nel quantum, la pensione risulta un evento non imminente;
allorché l’interessato farà valere in concreto l'invocato diritto, il regime previdenziale potrebbe essere rivisto ben più d'una volta, sicché l'odierna pronuncia, positiva o negativa che sia, resterebbe inutiliter data; ne deriva l’inammissibilità del ricorso, in quanto non è in discussione il diritto concreto ed attuale ad accedere alla pensione, né la misura della futura pensione stessa, e l’invocato diritto del ricorrente a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare non potrà che essere valutato in sede giudiziale solo se e al momento in cui gli stessi avranno titolo a pensione, ad esempio in occasione della domanda di pensione o in occasione della liquidazione della pensione stessa.
Essendo parte ricorrente ancora in attività di servizio, poiché la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza.
Parte ricorrente è quindi priva di interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse; l’interesse ad agire, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo, deve consistere nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, con prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente.
É evidente che, pur dandosi atto della mancata attuazione del c.d. secondo pilastro sulla previdenza complementare nei confronti del personale del comparto difesa e sicurezza, cui appartiene il ricorrente, non è possibile richiedere lo spostamento dell’entrata in vigore del sistema contributivo, non potendo questo giudice disapplicare una legge in vigore, con un sindacato diffuso che non gli è concesso esercitare in via ipotetica nel sistema costituzionale italiano.
Da questo quadro ricostruttivo, caratterizzato dal mancato collocamento a riposo del ricorrente, discende quindi l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per carenza di interesse a ricorrere in capo allo stesso.
4) L’inammissibilità, come sopra dichiarata, della domanda principale per carenza, nell’attualità, di interesse a ricorrere, coinvolge conseguenzialmente la connessa domanda accessoria di risarcimento del danno. Anche la domanda risarcitoria, peraltro, manca del requisito dell'attualità, poiché nel periodo di tempo intercorrente sino al collocamento a riposo potrebbero sopravvenire misure di compensazione economica all’interno del sistema della previdenza complementare, atte a recuperare la situazione di svantaggio ora esistente, essendo ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
5) Va infine dichiarata l’inammissibilità della domanda giudiziale per la parte inerente il trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto, avendo giurisdizione al riguardo, per i comparti non contrattualizzati, il Giudice Amministrativo (T.A.R.), ai sensi dell'art. 63 del d. lgs. n. 165/2001 (C.d.S., sez. VI, n. 2356/2011; C.d.c., sez. Friuli V.G., n. 11/2007; sez. Lombardia, n. 348/2006; Sez. Abruzzo n. 10/2016).
6) Le questioni di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente debbono pertanto essere respinte, non potendo trovare ingresso in questo giudizio, a causa dell’inammissibilità della domanda giudiziale.
7) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, per carenza di interesse a ricorrere. La particolarità della controversia e la natura di inammissibilità della pronuncia, oltre che il carattere di assoluta novità delle questioni trattate, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 31 del d. lgs. 174/2016, per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per le Marche, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse a ricorrere.
Spese compensate.
Così deciso ad Ancona, nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2017.
IL GIUDICE UNICO
f.to (dott. Fabio Gaetano Galeffi)
PUBBLICATA IL 29/05/2017
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
f.to (dr.ssa Raffaella Omicioli)
Il ricorrente, assistente capo della Polizia penitenziaria, in attività di servizio.
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La Corte dei Conti precisa:
1) - La carenza nell’attualità dello status di pensionato da parte del ricorrente rende inammissibile il ricorso, in quanto, essendo il ricorrente in attività di servizio, non è possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che potrà prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’an e del quantum della pretesa fatta valere in giudizio.
2) - Inoltre, sia la domanda principale che quella risarcitoria, pur sostenute da un evidente interesse, mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra il momento attuale e la data del collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
3) - Il ricorrente è, all'attualità, carente di interesse a ricorrere, essendo lo stesso in servizio, sicché l'attuale domanda di liquidazione del trattamento “secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n. 335 del 1995”, oltre che la domanda risarcitoria, presuppongono la liquidazione del trattamento pensionistico in misura “notevolmente inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo”;
- ) - misura che, allo stato, non è possibile apprezzare nemmeno in ipotesi, avuto riguardo all'assenza dei requisiti per l'accesso alla pensione da parte del ricorrente;
- ) - né in relazione alla seconda parte del petitum sarebbe possibile a questo Giudice stabilire l'an e il quantum del danno asseritamente arrecato al ricorrente dalla mancata attuazione della previdenza complementare.
4) - Poiché il ricorrente, tuttora in servizio, agisce in giudizio per ottenere una declaratoria di mero principio in ordine alla liquidabilità del preteso futuro trattamento di quiescenza secondo il sistema di calcolo retributivo, in relazione a una situazione giuridica del tutto avulsa dall'esercizio concreto ed attuale del proprio diritto a pensione, sia nell'an che nel quantum, la pensione risulta un evento non imminente;
N.B.: leggete tutto il resto qui sotto.
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MARCHE SENTENZA 34 29/05/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
MARCHE SENTENZA 34 2017 PENSIONI 29/05/2017
34/2017
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale regionale per le Marche
in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons. Fabio Gaetano Galeffi, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 16 maggio 2017, con l’assistenza del Segretario sig. Giuseppe Castelletti, la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 21948/PM/VR del Registro di Segreteria, sul ricorso presentato il 18 luglio 2016, promosso, senza patrocinio di avvocato, da BA.. MASSIMO, nato a ……, il ……., residente a ………..,
CONTRO
• Inps, Via Ciro il Grande 21, Roma;
• Ministero dell’economia e delle finanze, Via XX Settembre 97, Roma;
• Dipartimento amministrazione penitenziaria, Largo Luigi Daga 2, Roma;
PER
il riconoscimento, previa eventuale remissione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità della legge n. 335/1995 e degli artt. 2 del d. lgs. n. 124/1993 e 3, comma 2, del d. lgs. n. 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost, del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma di cui alla legge n. 335/1995, fino a quando non sia data completa attuazione al sistema della previdenza complementare.
UDITO, nella pubblica udienza del 16 maggio 2017, l’avv. Italo Pierdominici per l’Inps; presente il ricorrente; assenti le altre amministrazioni.
VISTI gli atti e documenti di causa.
FATTO
Il ricorrente, assistente capo della Polizia penitenziaria, in attività di servizio, evidenzia nell’atto introduttivo del giudizio:
- che l’introduzione del sistema pensionistico contributivo e/o misto, in luogo del pregresso sistema retributivo, è penalizzante per i dipendenti del comparto sicurezza che hanno un’anzianità di servizio al 31 dicembre 1995 inferiore ai 18 anni;
- che il legislatore era consapevole della disparità di trattamento ingenerata dal nuovo sistema pensionistico, tanto da aver disposto, all’interno di tale sistema, il c.d. “secondo pilastro ” costituito dalla previdenza integrativa, in aggiunta a quella ordinaria basato sulla contribuzione versata;
- che la previdenza integrativa, dopo oltre venti anni dalla sua istituzione, non è ancora stata attivata;
- che, in mancanza della previdenza integrativa, occorre, secondo il ricorrente, sollevare questione di legittimità costituzionale della legge n. 335/1995, per la macroscopica disparità di trattamento con altre categorie di lavoratori per i quali è stata attivata la predetta previdenza integrativa, per lesione dell’art. 36 Cost., in quanto il nuovo sistema pensionistico, applicato prima della creazione del secondo pilastro , non garantisce la proporzionalità della pensione alla quantità e qualità del lavoro prestato, né l’adeguatezza del trattamento pensionistico alle esigenze del lavoratore e della sua famiglia; che emergerebbe macroscopica, ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tra categorie di lavoratori e tra appartenenti a ruoli inferiori e superiori, in maniera inversamente proporzionale alla contribuzione versata.
Chiede, previa eventuale remissione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità della legge n. 335/1995 e degli artt. 2 del d. lgs. n. 124/1993 e 3, comma 2, del d. lgs. n. 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36 e 38 Cost, il riconoscimento del trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma di cui alla legge n. 335/1995, fino a quando non sia data completa attuazione al sistema della previdenza complementare; in via subordinata, la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni cagionati al ricorrente per il mancata tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto e della istituzione della previdenza complementare.
L’Inps si costituisce con memoria depositata l’11 novembre 2016 chiede, disattesa l’eccezione di incostituzionalità della legge n. 335/1995 di riforma del sistema pensionistico in quanto manifestamente infondata, di respingere il ricorso; vinte le spese.
Si costituisce inoltre l’amministrazione della giustizia, con nota depositata il 2 maggio 2017, evidenziando:
di non essere competente per la previdenza integrativa, essendo la materia demandata al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del consiglio dei ministri; che la Corte costituzionale ha affermato l’inesistenza di diritti acquisiti in materia previdenziale; che analoghi ricorsi sono stati rigettati dalle Sezioni della Corte dei conti. Chiede quindi il rigetto del ricorso.
Nell’udienza del 16 maggio 2017, l’avv. Pierdominici per l’Inps insiste affinché il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto nel merito. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
La Sezione è chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze derivanti dalla mancata attuazione della previdenza complementare, nei confronti del ricorrente, dipendente pubblico appartenente al Comparto difesa e sicurezza, in attività di servizio.
1) Va verificata preliminarmente la sussistenza della giurisdizione sulla materia in contestazione. Al riguardo, l’indirizzo interpretativo prevalente è concorde nel ritenere sussistente la giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di questioni direttamente riguardante la liquidazione della pensione e la misura della pensione stessa (Cass. SS.UU. 573/2003; Corte conti, sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016; sez. Marche nn. 10/2017 e 11/2017). È infatti incontroversa la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti a decidere sulla pretesa pensionistica, tenuto conto dell’ormai consolidato indirizzo interpretativo che riconosce al Giudice contabile, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934, una giurisdizione avente carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicché in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca l’elemento identificativo del petitum sostanziale, vale a dire tutte le controversie riguardanti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti. Tale soluzione interpretativa, sostenuta da più pronunce, viene pertanto condivisa da questo giudicante, il quale non ha motivo di discostarsene.
2) Ciò posto, si osserva che il comportamento dilatorio dell’amministrazione pubblica risulta oggettivamente sussistente. Tale comportamento, a distanza di circa 22 anni dall’approvazione della legge di riforma c.d. Dini (legge 8 agosto 1995, n. 335, recante “riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”), potrebbe determinare l’insorgenza di situazioni lesive della posizione giuridica soggettiva del ricorrente, sotto il profilo del contrasto con parametri costituzionali, tra cui in particolare con l’art. 3 Cost, essendovi personale di altri Comparti di contrattazione già destinatari da lungo tempo degli strumenti della previdenza complementare, con gli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost., in quanto il ricorrente si vedrebbe indebitamente privato di uno strumento che possa consentirgli in futuro l’integrazione del trattamento pensionistico, oltre che con l’art. 113 Cost., non essendo accettabile che, a fronte di un comportamento palesemente e lungamente omissivo dell’amministrazione, l’ordinamento non appronti e non renda disponibile alcuno strumento per la effettiva tutela giurisdizionale della posizione giuridica soggettiva di cui si lamenta la lesione.
3) Pur tuttavia, il ricorrente si trova in attività di servizio.
Osserva il giudicante che la domanda principale del ricorso, tendente ad ottenere il calcolo della pensione secondo il previgente sistema retributivo (in luogo del sistema contributivo o di quello misto) e formulata come ipotetica conseguenza anche in senso risarcitorio - sia pure in via di prospettazione - della mancata attuazione della previdenza complementare, difetta dei necessari presupposti che consistono nel possesso, da parte del ricorrente, dello stato di quiescenza. La carenza nell’attualità dello status di pensionato da parte del ricorrente rende inammissibile il ricorso, in quanto, essendo il ricorrente in attività di servizio, non è possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che potrà prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’an e del quantum della pretesa fatta valere in giudizio.
Inoltre, sia la domanda principale che quella risarcitoria, pur sostenute da un evidente interesse, mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra il momento attuale e la data del collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
L’indirizzo interpretativo in materia, condiviso e fatto proprio da questo giudicante, indica chiaramente che i fatti possono essere accertati dal Giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio (art. 2697 c.c.) e non per gli effetti possibili e futuri; l'intervento del Giudice deve essere escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione di una questione meramente futura ed ipotetica (cfr. Corte conti I Sez. appello n. 1082/2014; sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016; Sez. Puglia nn. 316/2016 e 395/2016; Sez. Marche nn. 10/2017 e 11/2017).
Il ricorrente è, all'attualità, carente di interesse a ricorrere, essendo lo stesso in servizio, sicché l'attuale domanda di liquidazione del trattamento “secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n. 335 del 1995”, oltre che la domanda risarcitoria, presuppongono la liquidazione del trattamento pensionistico in misura “notevolmente inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo”; misura che, allo stato, non è possibile apprezzare nemmeno in ipotesi, avuto riguardo all'assenza dei requisiti per l'accesso alla pensione da parte del ricorrente; né in relazione alla seconda parte del petitum sarebbe possibile a questo Giudice stabilire l'an e il quantum del danno asseritamente arrecato al ricorrente dalla mancata attuazione della previdenza complementare.
Poiché il ricorrente, tuttora in servizio, agisce in giudizio per ottenere una declaratoria di mero principio in ordine alla liquidabilità del preteso futuro trattamento di quiescenza secondo il sistema di calcolo retributivo, in relazione a una situazione giuridica del tutto avulsa dall'esercizio concreto ed attuale del proprio diritto a pensione, sia nell'an che nel quantum, la pensione risulta un evento non imminente;
allorché l’interessato farà valere in concreto l'invocato diritto, il regime previdenziale potrebbe essere rivisto ben più d'una volta, sicché l'odierna pronuncia, positiva o negativa che sia, resterebbe inutiliter data; ne deriva l’inammissibilità del ricorso, in quanto non è in discussione il diritto concreto ed attuale ad accedere alla pensione, né la misura della futura pensione stessa, e l’invocato diritto del ricorrente a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare non potrà che essere valutato in sede giudiziale solo se e al momento in cui gli stessi avranno titolo a pensione, ad esempio in occasione della domanda di pensione o in occasione della liquidazione della pensione stessa.
Essendo parte ricorrente ancora in attività di servizio, poiché la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza.
Parte ricorrente è quindi priva di interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse; l’interesse ad agire, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo, deve consistere nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, con prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente.
É evidente che, pur dandosi atto della mancata attuazione del c.d. secondo pilastro sulla previdenza complementare nei confronti del personale del comparto difesa e sicurezza, cui appartiene il ricorrente, non è possibile richiedere lo spostamento dell’entrata in vigore del sistema contributivo, non potendo questo giudice disapplicare una legge in vigore, con un sindacato diffuso che non gli è concesso esercitare in via ipotetica nel sistema costituzionale italiano.
Da questo quadro ricostruttivo, caratterizzato dal mancato collocamento a riposo del ricorrente, discende quindi l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per carenza di interesse a ricorrere in capo allo stesso.
4) L’inammissibilità, come sopra dichiarata, della domanda principale per carenza, nell’attualità, di interesse a ricorrere, coinvolge conseguenzialmente la connessa domanda accessoria di risarcimento del danno. Anche la domanda risarcitoria, peraltro, manca del requisito dell'attualità, poiché nel periodo di tempo intercorrente sino al collocamento a riposo potrebbero sopravvenire misure di compensazione economica all’interno del sistema della previdenza complementare, atte a recuperare la situazione di svantaggio ora esistente, essendo ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.
5) Va infine dichiarata l’inammissibilità della domanda giudiziale per la parte inerente il trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto, avendo giurisdizione al riguardo, per i comparti non contrattualizzati, il Giudice Amministrativo (T.A.R.), ai sensi dell'art. 63 del d. lgs. n. 165/2001 (C.d.S., sez. VI, n. 2356/2011; C.d.c., sez. Friuli V.G., n. 11/2007; sez. Lombardia, n. 348/2006; Sez. Abruzzo n. 10/2016).
6) Le questioni di legittimità costituzionale prospettate dal ricorrente debbono pertanto essere respinte, non potendo trovare ingresso in questo giudizio, a causa dell’inammissibilità della domanda giudiziale.
7) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, per carenza di interesse a ricorrere. La particolarità della controversia e la natura di inammissibilità della pronuncia, oltre che il carattere di assoluta novità delle questioni trattate, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 31 del d. lgs. 174/2016, per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per le Marche, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse a ricorrere.
Spese compensate.
Così deciso ad Ancona, nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2017.
IL GIUDICE UNICO
f.to (dott. Fabio Gaetano Galeffi)
PUBBLICATA IL 29/05/2017
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
f.to (dr.ssa Raffaella Omicioli)
Re: Previdenza complementare: ricorso Avv. Mandolesi
CdC Toscana n. 148/2019
Primo pilastro e Secondo pilastro - pensione complementare
Ricorrente CC. pensionato.
N.B.: la palla gira sempre tra G.A. e CdC
La CdC conclude scrivendo:
1) - In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va affermata la carenza di giurisdizione di questa Corte, in favore di quella del Giudice amministrativo, per l’aspetto relativo al risarcimento del danno asseritamente patito dal ricorrente, ricollegato per un verso, al mancato tempestivo avvio dei fondi pensione (l’esercizio dell’opzione per il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto, avrebbe generato un montante più elevato rispetto al regime di trattamento di fine servizio)
- ) - e, per altro verso, alla maggiore tassazione IRPEF (il passaggio al TFS avrebbe dato luogo ad un ammontare deducibile più consistente).
2) - Trattasi, all’evidenza, di questioni risarcitorie non derivanti dalla gestione del rapporto pensionistico, ma trovanti causa nella mancata attuazione del “secondo pilastro”.
Primo pilastro e Secondo pilastro - pensione complementare
Ricorrente CC. pensionato.
N.B.: la palla gira sempre tra G.A. e CdC
La CdC conclude scrivendo:
1) - In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va affermata la carenza di giurisdizione di questa Corte, in favore di quella del Giudice amministrativo, per l’aspetto relativo al risarcimento del danno asseritamente patito dal ricorrente, ricollegato per un verso, al mancato tempestivo avvio dei fondi pensione (l’esercizio dell’opzione per il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto, avrebbe generato un montante più elevato rispetto al regime di trattamento di fine servizio)
- ) - e, per altro verso, alla maggiore tassazione IRPEF (il passaggio al TFS avrebbe dato luogo ad un ammontare deducibile più consistente).
2) - Trattasi, all’evidenza, di questioni risarcitorie non derivanti dalla gestione del rapporto pensionistico, ma trovanti causa nella mancata attuazione del “secondo pilastro”.
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