Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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PARERE INTERLOCUTORIO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802846 - Public 2018-12-28 -

Numero 02846/2018 e data 12/12/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 26 settembre 2018


NUMERO AFFARE 00763/2018

OGGETTO:
Ministero dell'Economia e delle Finanze.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica RG 763/2018, proposto (con presentazione diretta a questo consiglio di Stato), ex art. 11 DP.R. n. 1199/1971, da MV S.r.l., con sede in Modena contro Agenzia Dogane e Monopoli, Comune di Anzola dell'Emilia, Regione Emilia Romagna, e nei confronti di Chiesa Apostolica - Comunità di Anzola dell'Emilia, avverso per l'annullamento, previa sospensione:
- del provvedimento del Comune di Anzola dell'Emilia (prot. n. 2017/0028452) del 21 dicembre 2017);
- della deliberazione del consiglio comunale di Anzola dell'Emilia n. 81 del 29 novembre 2017, avente ad oggetto "Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d'azzardo lecito";
- del Regolamento per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d'azzardo lecito approvato con la medesima deliberazione;
- della deliberazione n. 831 del 12 giugno 2017 della Giunta Regione Emilia Romagna, concernente "modalità applicative del divieto alle sale gioco e alle sale scommesse e alla nuova installazione di apparecchi per il gioco d'azzardo lecito”.

LA SEZIONE
Vista la nota 23 aprile 2018, n.5646, con cui il Presidente di questa Seconda Sezione ha sollecitato il Ministero dell'Economia e delle Finanze a trasmettere al Consiglio di Stato la Relazione a firma del Ministro sull'affare consultivo in oggetto, prescritta dall’art.11 DPR n.1199/1971;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Lydia Ada Orsola Spiezia;


Premesso:

Con ricorso straordinario, presentato direttamente a questo Consiglio di Stato, la società M.V. srl, con sede in Modena, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, dei seguenti atti:

1. della nota 21 dicembre 2017, n.28452, con cui il Comune di Anzola dell’Emilia (MO) ha comunicato alla società MV che entro il 15 giugno 2018 avrebbe dovuto provvedere alla chiusura della sala giochi ubicata in via delle Querce n.1/M/N, in applicazione del “Regolamento comunale per la prevenzione ed il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito”, approvato con delibera del Consiglio comunale 29 novembre 2017, n.81, che prevedeva la cessazione di tale genere di attività entro mesi sei dal 15 dicembre 2017 (data della perfezionata esecutività della delibera consiliare), ove esercitata in locali siti a meno di 500 metri di distanza da luoghi individuati come sensibili.

2. Regolamento comunale sulle misure di contrasto alla dipendenza dal gioco, approvato con delibera consiliare n. 81/2017, nonché DGR Emilia Romagna 12 giugno 2017, n. 831, in materia di limitazione dell’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito.

Considerato:

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF, a tutt’oggi, non ha trasmesso la relazione ministeriale di competenza sulla controversia, nonostante la nota con cui, in data 23 aprile 2018, il Presidente di questa Sezione ha chiesto la redazione della suddetta relazione, rappresentando che la sollecita acquisizione risulta urgente per consentire alla Sezione di esprimere il parere sulla istanza di sospensione dell’ordine di chiusura della sala giochi gestita dalla ricorrente società entro il 15 giugno 2018;

Pertanto la Sezione, al fine di pronunciarsi sulla istanza cautelare formulata dalla ricorrente, sollecita codesta Amministrazione a disporre con adeguata rapidità la relazione istruttoria di competenza e, contestualmente chiede alla ricorrente società elementi conoscitivi aggiornati sulla evoluzione della situazione di fatto e di diritto in epoca successiva alla presentazione del ricorso straordinario all’esame.

Ciascuna delle parti provvederà a trasmettere gli elementi istruttori di competenza entro giorni 60 dalla comunicazione del presente parere interlocutorio.

Riservata ogni ulteriore valutazione sui profili di rito, cautelari e di merito della controversia.

P.Q.M.

La Sezione Seconda, esprimendo un parere interlocutorio sull’affare in oggetto, dispone che la società ricorrente ed il Ministero dell’Economia e Finanze provvedano, ciascuno per quanto di competenza, agli adempimenti istruttori di cui in motivazione, entro giorni 60 dalla comunicazione del presente parere interlocutorio.

Resta riservata ogni ulteriore valutazione sui profili di rito, cautelari e di merito della controversia.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lydia Ada Orsola Spiezia Gabriele Carlotti




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà


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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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PARERE SOSPENSIVO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802845 - Public 2018-12-27 -

Numero 02845/2018 e data 12/12/2018 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 26 settembre 2018


NUMERO AFFARE 01920/2016

OGGETTO:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da Società M.V. S.r.l., contro Comune di Anzola dell'Emilia in persona del Sindaco pro tempore, e nei confronti di Azienda USL di Bologna, per l'annullamento, previa sospensiva, dell'ordinanza n. 9 del 29.01.2016 del comune di Anzola dell'Emilia avente ad oggetto: "la disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi e congegni automatici con vincita in denaro".;

LA SEZIONE
Vista la relazione 26 settembre 2016 con la quale il Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Lydia Ada Orsola Spiezia;


Premesso:

Con il ricorso straordinario in oggetto (RG 1920/2016), consegnato per la notifica per posta al Comune di Anzola dell’Emilia in data 10 giugno 2016, la società MV srl, con sede in Castelfranco Emilia, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, dell’ordinanza 29 gennaio 2016, n.9, con cui il Sindaco di Anzola dell’Emilia, disciplinando gli orari di funzionamento degli apparecchi automatici con vincita in danaro (di cui all’art.110, comma 6, TULPS), installati presso pubblici esercizi cittadini, ne ha prescritto l’utilizzazione per un numero massimo di 10 ore nella fascia oraria compresa tra le h.10,00 e le h.23,00 di tutti i giorni, inclusi i festivi.

La società ricorrente deduce (con unico articolato motivo) che l’ordinanza, emessa nell’esercizio del potere del Sindaco di adottare provvedimenti contingibili e di urgenza per ragioni sanitarie e di sicurezza pubblica (art.50, comma 7, DLGS n.267/2000), sarebbe viziata da violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nonché da eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, disparità di trattamento e difetto di istruttoria.

In particolare il Sindaco, al di là del riferimento ai dati raccolti dal SERT dell’AUSL di Bologna, prima di adottare l’ordinanza impugnata, non avrebbe condotto una specifica istruttoria per valutare la sussistenza effettiva del fenomeno della “ludopatia” nell’ambito territoriale comunale, in quanto, ad avviso della ricorrente società, non vi si sarebbero evidenziati casi di dipendenza patologica dal gioco, mentre, sotto diverso ulteriore profilo, non avrebbe adeguatamente bilanciato l’applicazione del principio di precauzione con quello di proporzione;

Considerato:

A sostegno della istanza di sospensione dell’ordinanza impugnata, in sostanza, la ricorrente rappresenta di ricevere grave pregiudizio dalla ordinanza impugnata, in quanto i giocatori abituali sarebbero indotti a spostarsi nei Comuni limitrofi (in cui non vigono le censurate limitazioni di orario per il funzionamento della suddetta tipologia di apparecchi per il gioco d’azzardo) con conseguente riduzione anche del corrispondente gettito erariale, mentre il Comune avrebbe potuto tutelare le fasce deboli di giocatori abituali più efficacemente con misure restrittive di diversa tipologia;

Rilevato che, a sostegno dell’istanza cautelare, la società ricorrente non ha offerto alcun dato concreto circa la portata grave ed irreparabile del pregiudizio economico derivante, quale diretta conseguenza, dalla censurata limitazione di orario introdotta con l’ordinanza impugnata;

Tenuto conto, altresì, del fatto che l’ordinanza impugnata consente, comunque, una utilizzazione degli apparecchi in questione per dieci ore, distribuite su gran parte della giornata e della serata fino alle h.23;

Ritenuto, pertanto, che, allo stato, la società ricorrente non abbia adeguatamente rappresentato il danno grave ed irreparabile derivante dalla impugnata ordinanza sindacale;

Considerato, infine, opportuno disporre che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, entro 30 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, porti a conoscenza della società ricorrente la Relazione ministeriale del 26 settembre 2016, al fine di consentire alla medesima eventuali repliche e chiarimenti, da trasmettere a questa Sezione Seconda nonché alla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – AAMS entro i 30 giorni successivi alla conoscenza della suddetta relazione ministeriale.

P.Q.M.

La Sezione Seconda esprime il parere che l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato debba essere respinta.

Dispone, altresì, che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli porti la relazione ministeriale 26 settembre 2016 a conoscenza della società ricorrente entro giorni 30 dalla comunicazione della presente ordinanza, al fine di consentire alla medesima di inviare eventuali repliche e chiarimenti a questa Sezione Seconda ed alla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli entro i 30 giorni successivi.

Manda alla segreteria della Sezione di trasmettere sollecitamente il presente parere non definitivo al difensore della società ricorrente.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Lydia Ada Orsola Spiezia Gabriele Carlotti




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802929 - Public 2018-12-28 -

Numero 02929/2018 e data 21/12/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 31 ottobre 2018


NUMERO AFFARE 01933/2016

OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da Massimo Cosmo, contro Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, Comune di Eraclea, per l'annullamento dell'ordinanza del Sindaco del Comune n. 53 datata 22 ottobre 2015 inerente "disciplina comunale degli orari di esercizio delle sale giochi e degli orari di esercizio delle sale giochi e degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati negli esercizi di cui agli artt. 86 e 88 del T.U.L.P.S., r.d. 773/1931 e negli altri esercizi commerciali ove è consentita la loro installazione", nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente;

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 97841/RU dell’11 ottobre 2016, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Paolo Tronca;


Premesso:

1.) Con il ricorso in esame il sig. Cosmo Massimo ha chiesto l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, dell’ordinanza n. 53 del 22 ottobre 2015 del Sindaco del Comune di Eraclea avente ad oggetto “Disciplina comunale degli orari di esercizio delle sale giochi e degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati negli esercizi di cui agli artt. 86 e 88 del T.U.L.P.S., r.d. 773/1931 e negli altri esercizi commerciali ove è consentita la loro installazione”.

2.) Giova premettere in punto di fatto che il ricorrente è titolare di un bar denominato “Fata Morgana”, ubicato in Eraclea, regolarmente autorizzato, ex art. 86 del T.U.L.P.S., per somministrazione di alimenti e bevande, con facoltà di installare apparecchi da gioco lecito di cui all’art. 110, comma 6, lett. a), del T.U.L.P.S.

3.) In data 22 ottobre 2015, il Sindaco del Comune di Eraclea ha emesso l’ordinanza n. 53, oggetto dell’odierno gravame, che, sotto comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, ha disposto sul territorio comunale un orario di apertura delle sale giochi dalle ore 10.00 alle ore 13 e dalle ore 17.00 alle ore 22.00 di tutti i giorni, festivi compresi, oltre ad introdurre l’obbligo di esposizione su targhe e tabelle visibili al pubblico di avvertimenti circa i rischi nascenti dal gioco d’azzardo patologico (G.A.P.).

4.) Il ricorrente non contesta la sussistenza della potestà sindacale – riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 220/2014 – di limitare l'orario di utilizzo degli apparecchi da gioco lecito di cui all'art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. installati all'interno degli esercizi pubblici, facendo uso del potere previsto dagli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito dalla l. n. 214/2011, ma censura l’asserito cattivo uso da parte del Sindaco del Comune di Eraclea della suddetta potestà e, comunque, il superamento dei limiti al suo esercizio individuati dalla stessa giurisprudenza costituzionale e amministrativa.

In particolare, l’impugnativa è stata affidata ai seguenti mezzi di gravame:

I) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità manifesta: il ricorrente richiama la giurisprudenza di questo Consiglio (sentenze della Quinta Sezione n. 3271 e n. 3272 del 2014) secondo cui le ordinanze ex art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000 in materia di contrasto al fenomeno del "gioco d'azzardo patologico" (GAP) dovrebbero riferirsi a porzioni del territorio spazialmente delimitate e prevedere un espresso termine di efficacia; nella fattispecie, per contro, l'impugnata ordinanza comunale avrebbe un’efficacia indeterminata e permanente, estesa all’intero territorio comunale e, dunque, anche sotto detti profili, il provvedimento consisterebbe in una misura contraria al principio di proporzionalità;

II) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità manifesta: il sig. Cosmo Massimo, richiama gli arresti giurisprudenziali della giustizia amministrativa ed europea in tema di principio di precauzione secondo cui il regime di liberalizzazione degli orari non preclude all'amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica, a condizione, tuttavia, che le amministrazioni abbiano accertato la lesione di interessi pubblici tassativamente individuati (quali quelli del sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute), interessi che non possono considerarsi violati aprioristicamente e senza dimostrazione alcuna, ma che debbono essere esplicitati in concreto e puntualmente documentati; al contrario, il Sindaco, nell’ordinanza impugnata, si sarebbe limitato ad osservare che “la spesa annuale sostenuta dai cittadini del Veneto per il gioco d’azzardo è aumentata di oltre il 40% rispetto al 2008, superando ormai i 1000 euro pro capite e che quasi 15.000 abitanti della Regione hanno problemi di dipendenza da gambling e scommesse“, senza, però, offrire dati epidemiologici e clinici dai quali inferire non soltanto la maggior pericolosità degli apparecchi da gioco rispetto agli altri servizi di gioco, ma anche l'oggettiva utilità delle apportate limitazioni orarie per la cura della salute e del benessere dei soggetti appartenenti alle c.d. "categorie deboli"; inoltre la compressione del diritto costituzionale di iniziativa economica sarebbe eccessiva e non proporzionata (alla stregua del relativo test trifasico: verifica dell’idoneità, della necessità e dell’adeguatezza della misura adottata), anche in ragione della fascia oraria (serale e notturna) interdetta; il Comune di Eraclea avrebbe dovuto bilanciare i contrapposti interessi in gioco (tutela della salute e dell’iniziativa economica privata) soltanto dopo aver svolto approfondite indagini sulla realtà sociale della zona e sui quartieri limitrofi, mentre sarebbero insufficienti i generici riferimenti a alle dipendenze patologiche da gioco; al di là di una motivazione “apparente”, sarebbe rimasta del tutto indimostrata la ritenuta correlazione tra l'utilizzo degli apparecchi da gioco e gli affermati rischi per la salute pubblica né sarebbe stato chiarito come la limitazione del funzionamento di detti apparecchi potesse ovviare alle situazioni descritte nel corpo dell'ordinanza; non a caso il comma 2 dell’art. 1 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, impone, tra l’altro, che le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche siano in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni dl piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri;

III) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Violazione dell’art. 6, coma 5, l. n. 180/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria: prima di adottare l’ordinanza gravata, il Sindaco avrebbe dovuto svolgere un’adeguata istruttoria coinvolgendo anche le associazioni di categoria, stante il disposto dell’art. 6, comma 5, della l. n. 180/2011 (c.d. "Statuto delle Imprese"), in base al quale "I soggetti di cui al comma 1 prevedono e regolamentano il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta legislativa, regolamentare o amministrativa, anche di natura fiscale, destinata ad avere conseguenze sulle imprese";

IV) Violazione artt. 50, comma 7 e 54, comma 4, del T.U.E.L. e art. 31, d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità manifesta: l’ordinanza gravata risulterebbe altresì illegittima in quanto preceduta dall’adozione di un atto di indirizzo da parte del Consiglio comunale, che si sarebbe limitato a recepire l’indirizzo politico-amministrativo indicato dal Governo, senza ravvisare, in concreto, esigenze di carattere locale;

V) Violazione artt. 50, comma 7 e 54, comma 4, del T.U.E.L. e art. 31, d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità manifesta: l’atto impugnato, introducendo una disciplina relativa alla offerta di gioco pubblico, riservata allo Stato, sarebbe nulla (rectius: illegittima) per violazione di l.;

VI) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per disparità di trattamento relativamente alla limitazione dell’orario di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro: l'ordinanza impugnata sarebbe poi illegittima in quanto la stessa colpirebbe esclusivamente gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. anziché riguardare tutti gli ulteriori servizi di gioco commercializzati all'interno dei pubblici esercizi nell'ambito del territorio comunale (scommesse ippiche e sportive, lotterie ad estrazione istantanea — c.d. "gratta e vinci" — giochi numerici a totalizzatore nazionale, etc.), senza che dall'istruttoria compiuta dall'Amministrazione emerga una maggiore pericolosità di tali prodotti per la salute delle persone; non sarebbe pertanto giustificato logicamente né legittimo un livello differenziato di tutela per situazioni uguali o comunque non dissimili, pena altrimenti la patente violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;

VII) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta. Eccesso di potere per difetto di istruttoria: secondo la prospettazione del ricorrente, difetterebbero i presupposti per l’adozione della gravata ordinanza, stante la presenza di una normativa di livello nazionale e locale che già regolamenta il funzionamento e l’accesso agli apparecchi da gioco interessati dalla medesima;

VIII) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta. Eccesso di potere per duplicazione di sanzioni previste dalla normativa nazionale: la previsione di una sanzione pecuniaria nell’ordinanza n. 53/2015 rappresenterebbe un’ingiustificata duplicazione di sanzioni rispetto a condotte già sanzionate dalla normativa nazionale (l. n. 189/2012);

IX) Violazione degli artt. 8-bis e 16 della l. 689/1981. Eccesso di potere per contrasto con norma generale, in riferimento alla asserita modificazione della definizione di “recidiva” contenuta nel provvedimento impugnato.

5.) Nella relazione ministeriale, oltre a rappresentarsi la particolare problematicità delle questioni sottoposte alla Sezione con il ricorso, si propende per l’accoglimento del ricorso, ai fini della salvaguardia di interessi superiori quali, in primo luogo, l'ordine pubblico, la sicurezza e la salute, posto che l'adozione di misure limitative del gioco lecito - quale quella oggetto di gravame - avrebbe come effetto quello di orientare la domanda dei giocatori verso offerte di gioco illegali, oltre a cagionare un pregiudizio pure al gettito erariale. D’altronde, le iniziative degli enti locali possono confliggere con la competenza statale in materia di contrasto e di prevenzione delle ludopatie, tenuto conto altresì di quanto disposto in materia dall’art. 7 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189, nonché dall'art. 110 T.U.L.P.S. La particolarità del settore ed il relativo impatto, anche sulla salute pubblica, richiede un sufficiente grado di uniformità regolatoria su tutto il territorio nazionale. Anche il Consiglio di Stato, nella sentenza della Quinta Sezione, n. 3778/2015 ha ritenuto legittime le restrizioni all'attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08) e solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall'art. 31, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, convertito in l. n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute).

6.) La Sezione ritiene che il ricorso sia infondato.

Ed invero, una volta premesso che i motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione e che non è in contestazione la sussistenza del potere esercitato dal Sindaco di Eraclea, va osservato che il provvedimento impugnato è pienamente conforme al paradigma di atto tratteggiato dalla succitata sentenza di questo Consiglio n. 3778/2015. Nello specifico e con riferimento alle singole doglianze, deve ulteriormente rilevarsi quanto segue:

- il Comune di Eraclea ha svolto una approfondita istruttoria sul fenomeno delle ludopatie nel comune medesimo e ciò è dimostrato dall’accuratezza dei dati riportati nella prima pagina del provvedimento. Dal preambolo dello stesso risulta, peraltro, ben chiaro che il Comune era a conoscenza del quadro normativo e giurisprudenziale delineato dal ricorrente;

- l’ordinanza risulta altresì correttamente motivata con riferimento all’esigenza di tutela della salute pubblica;

- ai fini della legittimità del provvedimento non occorreva poi dimostrare che gli apparecchi da gioco siano più o meno pericolosi rispetto agli altri servizi di gioco, atteso che la ricorrente nutre un interesse di mero fatto (e avente natura economica) rispetto alla limitazione di altri servizi da gioco, mentre non è seriamente discutibile, appartenendo la relativa conoscenza all’alveo del notorio, che gli apparecchi da gioco, sul cui utilizzo incide l’atto gravato, concorrano sensibilmente e in misure incisiva ad accrescere il diffondersi e l’acuirsi delle ludopatie;

- non si ravvisa poi alcuna illogicità nella limitazione dell’orario di uso di detti apparecchi e nel suo frazionamento in due periodi giornalieri, trattandosi di accorgimento regolatorio che disincentiva soprattutto le fasce più giovani, e quindi più deboli, di utenti e, sotto questo profilo, detta limitazione supera il test di proporzionalità; d’altra parte questo Consiglio ha affermato (sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519) che la riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è una delle molteplici misure delle quali le autorità pubbliche possono avvalersi per contrastare le ludopatie “in termini di obiettivo da raggiungere che è quello del disincentivo piuttosto che quello della eliminazione del fenomeno che viene affrontato, la cui complessità non è revocabile in dubbio, e per il quale non esistono soluzioni di sicuro effetto”;

- la lesione del diritto di iniziativa economica, che non è assoluto per stessa volontà del Costituente (giacché siffatto diritto deve essere bilanciato con la sicurezza, la dignità umana e l’utile sociale, interessi che configurano altrettante esigenze imperative di carattere generale che gli Stati membri devono valutare; v. Corte di Giustizia dell’Unione europea, 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11), nel caso di specie non è stato irragionevolmente limitato né la ricorrente ha offerto, come sarebbe stato suo onere, convincenti elementi di prova, anche di carattere estimativo, in ordine al preteso nesso di diretta causalità tra la contestata riduzione dell’orario e la diminuzione, fino al limite della non convenienza economica, dell’attività di gioco gestita;

- diversamente dall’esegesi patrocinata dalla ricorrente, l’art. 6, comma 5, della l. n. 180/2011 obbliga le autorità amministrativa a regolamentare il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta destinata ad avere conseguenze sulle imprese medesime, ma non impone un obbligo diretto e generalizzato di consultazione, anche in mancanza dell’attuazione della predetta disposizione (obbligo che, al più, sarebbe coercibile dagli interessati con gli strumenti giurisdizionali che l’ordinamento appronta a tal fine, ma non si hanno notizie che, nel caso di specie, tali strumenti siano stati attivati);

- l’affermazione contenuta nelle citate sentenze di questo Consiglio n. 3271/2014 e n. 32722/2014, secondo cui “allorquando un comune ritiene di dover contrastare la lesione di specifici interessi pubblici degni di tutela, ha il potere di emanare ordinanze mirate, con effetti spaziali e temporali limitati”, oltre ad assumere, nel contesto argomentativo dal quale è stata estrapolata, il valore di un obiter dicutm, va comunque correttamente interpretata alla stregua del prevalente principio di proporzionalità, nel senso che l’intensità spazio-temporale delle misure adottate dal Comune ai sensi dell’art. 50, comma 7, va comunque parametrata alla entità dimensionale e alla gravità del fenomeno considerato e, nel caso specifico, il Comune di Verona ha comprovato, come sopra osservato, l’esistenza e il diffondersi del fenomeno delle ludopatie in tutto il territorio comunale, fermo restando, ovviamente, che il Comune ben potrà (e dovrà) nuovamente intervenire in futuro, con atti di seguo uguale e contrario a quello impugnato, nell’ipotesi in cui il suddetto fenomeno dovesse diminuire di intensità;

- pur tacendo sull’interesse ad impugnare, quantomeno dubbio, sotto il profilo delle sanzioni contenute nell’ordinanza n. 53/2015, occorre rilevare che, le stesse previsioni trovano il loro fondamento anche nella previsione ex art. 20 della l. r. del Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (“Disposizioni in materia di prevenzione, contrasto e riduzione del rischio dalla dipendenza dal gioco d'azzardo patologico – GAP”), secondo cui, al comma 3: “I comuni, in conformità al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, sono competenti in via generale all'attuazione della presente legge, ed in particolare: […] b) possono individuare gli orari di apertura delle sale giochi e la relativa sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto degli stessi.”;

- quanto alla prospettata tesi secondo cui tali regolamentazioni locali si sovrapporrebbero alla normativa nazionale di primo grado, quest’ultima non è condivisibile, atteso che la normativa in materia di gioco d'azzardo - con riguardo alle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso ai giochi degli utenti - non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica (Corte Costituzionale, 10 novembre 2011, n. 300 e 21 aprile 2015, n. 995), tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 267 del 2000.

La disciplina degli orari delle sale da gioco è infatti volta a tutelare in via primaria non l'ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme.

Pertanto, il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell'art. 117, comma secondo, lett. h), della Costituzione (Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778).

7.) Per le suesposte ragioni, la Sezione ritiene che il ricorso non meriti accoglimento e che, pertanto, debba essere respinto con assorbimento dell’istanza cautelare.

P.Q.M.

la Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Paolo Tronca Gabriele Carlotti




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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legale rappresentante della Tematica S.r.l.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802928 - Public 2018-12-28 -

Numero 02928/2018 e data 21/12/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 31 ottobre 2018


NUMERO AFFARE 01925/2016

OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da Claudio Adimari, contro Comune di Anzola dell'Emilia in persona del Sindaco pro tempore, per l'annullamento, previa sospensiva, dell'ordinanza sindacale n. 9 del 21 gennaio 2016 avente ad oggetto: "disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi e congegni automatici con vincita in denaro";

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione n. 97857 dell’11 ottobre 2016, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Paolo Tronca;


Premesso e considerato.

1.) Con il ricorso in esame il sig. Claudio Adimari, in qualità legale rappresentante della Tematica S.r.l. (d’ora in avanti: la società), società per la gestione indiretta, il noleggio e la distribuzione di parecchi da gioco di cui all'art. 110, comma 6, T.U.L.P.S, ha chiesto l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, dell'ordinanza n. 9 del 29.1.2016 del Sindaco di Anzola dell'Emilia avente ad oggetto “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi e congegni automatici con vincita in denaro disciplinati dagli artt. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., r.d.. 773/1931 presenti in esercizi autorizzati ai sensi degli artt. 86 e 88 T.U.L.P.S. (r.d. 773/1931)".

2.) Occorre premettere che la società si occupa della gestione e dell'installazione degli apparecchi da intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, T.U.L.P.S. presso una sala VLT (Video Lottery Terminal) e che essa è in possesso dei titoli abilitativi rilasciati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli e dal Ministero dell'Interno. La ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 9 del 29 gennaio 2016 del Sindaco di Anzola dell’Emilia avente ad oggetto “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi e congegni automatici con vincita in denaro disciplinati dagli artt. 110, comma 6, del T.U.L.P.S., r.d.. 773/1931 presenti in esercizi autorizzati ai sensi degli artt. 86 e 88 del T.U.L.P.S. (r.d. 773/1931)”.

Con l’impugnata ordinanza il Sindaco del Comune di Anzola dell’Emilia, sotto la comminatoria di sanzioni amministrative pecuniarie (successivamente anche interdittive), ha disposto, in via permanente e relativamente a tutto il territorio comunale, un orario di funzionamento degli apparecchi da gioco di cui all'art. 110, comma 6, T.U.L.P.S., disponendo un orario di funzionamento massimo di “dieci ore dalle ore 10:00 alle ore 23:00 di tutti i giorni inclusi i festivi” e stabilendo che “negli orari di non funzionamento gli apparecchi dovranno essere spenti singolarmente tramite l’interruttore elettrico”.

3.) La ricorrente non contesta la sussistenza della potestà sindacale - riconosciuta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 220/2014 - di limitare l'orario di utilizzo degli apparecchi da gioco lecito di cui all'art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. installati all'interno degli esercizi pubblici, facendo uso del potere previsto dagli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito dalla l. n. 214/2011, ma censura l’asserito cattivo uso da parte del Sindaco del Comune di Anzola dell’Emilia della suddetta potestà e, comunque, il superamento dei limiti al suo esercizio individuati dalla stessa giurisprudenza costituzionale e amministrativa.

In particolare, l’impugnativa è stata affidata ai seguenti mezzi di gravame:

I) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 241/2011. Violazione dell’art. 11 delle preleggi al c.c. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti: le norme regolamentari si porrebbero in contrasto con il principio di irretroattività, alla stregua del quale le prescrizioni relative al contrasto del G.A.P. non potrebbero incidere sulle autorizzazioni già in essere, ma soltanto su quelle richieste successivamente alla loro entrata in vigore;

II) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 241/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per illogicità manifesta: secondo la prospettiva del ricorrente, le ordinanze ex art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267/2000 in materia di contrasto al fenomeno del "gioco d'azzardo patologico" (GAP) dovrebbero riferirsi a porzioni del territorio spazialmente delimitate e prevedere un espresso termine di efficacia; nella fattispecie, per contro, l'impugnata ordinanza comunale avrebbe un’efficacia indeterminata e permanente, estesa all’intero territorio comunale e, dunque, anche sotto detti profili, il provvedimento consisterebbe in una misura contraria al principio di proporzionalità;

III) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Violazione dell’art. 6, comma 5, della l. n. 180/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria: la società ricorrente richiama gli arresti giurisprudenziali della giustizia amministrativa secondo cui il regime di liberalizzazione degli orari non preclude all'amministrazione comunale la possibilità di esercitare il proprio potere di inibizione delle attività, per comprovate esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica, a condizione, tuttavia, che le amministrazioni abbiano accertato la lesione di interessi pubblici tassativamente individuati (quali quelli del sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute), interessi che non possono considerarsi violati aprioristicamente e senza dimostrazione alcuna, ma che debbono essere esplicitati in concreto e puntualmente documentati; al contrario, il Sindaco di Anzola dell’Emilia si sarebbe limitato a richiamare i dati “resi pubblici dal SERT - Servizio dipendenze della Asl di Bologna e dell’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna non supportate da alcuna specificazione sulla riferibilità o meno al territorio del Comune di Anzola dell’Emilia”. Dall’ordinanza sindacale non emergerebbero, quindi, dati epidemiologici e clinici dai quali inferire non soltanto la maggior pericolosità degli apparecchi da gioco rispetto agli altri servizi di gioco, ma anche l’oggettiva utilità delle apportate limitazioni orarie per la cura della salute e del benessere dei soggetti appartenenti alle c.d. “categorie deboli”.

Peraltro, secondo l’ipotesi esegetica patrocinata dalla società ricorrente, prima di adottare l’ordinanza gravata, il Sindaco avrebbe dovuto svolgere un’adeguata istruttoria coinvolgendo anche le associazioni di categoria, stante il disposto dell’art. 6, comma 5, della l. n. 180/2011 (c.d. "Statuto delle Imprese"), in base al quale "I soggetti di cui al comma 1 prevedono e regolamentano il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta legislativa, regolamentare o amministrativa, anche di natura fiscale, destinata ad avere conseguenze sulle imprese";

IV) Violazione degli artt. 50, comma 7 e 54, comma 4, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria: l’ordinanza impugnata risulterebbe sproporzionata rispetto agli obiettivi formalizzati in sede motivazionale;

V) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per disparità di trattamento: atteso che l’ordinanza impugnata sarebbe poi illegittima in quanto la stessa colpirebbe esclusivamente gli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. anziché riguardare tutti gli ulteriori servizi di gioco commercializzati all'interno dei pubblici esercizi nell'ambito del territorio comunale (scommesse ippiche e sportive, lotterie ad estrazione istantanea — c.d. "gratta e vinci" — giochi numerici a totalizzatore nazionale, etc.), senza che dall'istruttoria compiuta dall'Amministrazione emerga una maggiore pericolosità di tali prodotti per la salute delle persone; non sarebbe pertanto giustificato logicamente né legittimo un livello differenziato di tutela per situazioni uguali o comunque non dissimili, pena altrimenti la patente violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;

VI) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e 31 del d. l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta. Eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto il profilo della esclusione dell’applicazione della direttiva 2006/123/CE (“Direttiva servizi”) agli apparecchi da gioco di cui all’art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S.: le norme contenute nell’ordinanza ridonderebbero illegittimamente sulla sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza;

VII) Violazione degli artt. 50, comma 7, del T.U.E.L. e art. 31 del d. l. n. 201/2011, convertito in l. n. 214/2011. Eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti. Eccesso di potere per travisamento ed illogicità manifesta. Eccesso di potere per difetto di istruttoria: l’ordinanza de qua risulterebbe illegittima sotto il profilo della carenza dei presupposti afferenti al requisito dell’urgenza del provvedimento impugnato.

4.) Nella relazione istruttoria, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, oltre a rappresentare la particolare problematicità delle questioni sottoposte alla Sezione con il ricorso, propende per l’accoglimento del ricorso, ai fini della salvaguardia di interessi superiori quali, in primo luogo, l'ordine pubblico, la sicurezza e la salute, posto che l'adozione di misure limitative del gioco lecito - quale quella oggetto di gravame - avrebbe come effetto quello di orientare la domanda dei giocatori verso offerte di gioco illegali, oltre a cagionare un pregiudizio pure al gettito erariale. D’altronde, le iniziative degli enti locali possono confliggere con la competenza statale in materia di contrasto e di prevenzione delle ludopatie, tenuto conto altresì di quanto disposto in materia dall’art. 7 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189, nonché dall'art. 110 del T.U.L.P.S. La particolarità del settore ed il relativo impatto, anche sulla salute pubblica, richiede un sufficiente grado di uniformità regolatoria su tutto il territorio nazionale. Anche il Consiglio di Stato, nella sentenza della Quinta Sezione, n. 3778/2015 ha ritenuto legittime le restrizioni all'attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08) e solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall'art. 31, comma 2, del decreto-l. n. 201 del 2011, convertito in l. n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute).

5.) La Sezione ritiene che il ricorso sia infondato.

Ed invero, una volta premesso che i motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione e che non è in contestazione la sussistenza del potere esercitato dal Sindaco di Anzola dell’Emilia, va osservato che il provvedimento impugnato è pienamente conforme al paradigma di atto tratteggiato dalla succitata sentenza di questo Consiglio n. 3778/2015. Nello specifico e con riferimento alle singole doglianze, deve ulteriormente rilevarsi quanto segue:

- in primo luogo occorre chiarire che le previsioni de quibus non operano per il passato. Sul punto, la Sezione ritiene che sia opportuno precisare che per ‘nuovo esercizio’ debba intendersi sia l’apparecchio per il quale venga richiesta una licenza ex novo, ma anche quello che va ad incrementare il numero degli apparecchi già precedentemente installati o che si traduce nella loro sostituzione. Ciò, peraltro, vale a fortiori ratione se si considera l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui, in riferimento alle norme amministrative, il principio di irretroattività può trovare deroghe, purché siano giustificate sul piano della ragionevolezza (ex multis, Corte Costituzionale, 24 aprile 2018, n. 89; 24 gennaio 2017, n. 16; 14 luglio 1988, n. 822; 21 luglio 2016, n. 203; 1 aprile 2014, n. 64; 5 gennaio 2011, n. 1; 22 ottobre 2010, n. 302, 26 giugno 2007, n. 234). Nel caso di specie, è fuor di dubbio che la tutela della salute dei c.d. “soggetti deboli” costituisca una ragionevole deroga alle norme richiamate dalla parte ricorrente;

- l’affermazione contenuta nelle citate sentenze di questo Consiglio n. 3271/2014 e n. 32722/2014, secondo cui “allorquando un comune ritiene di dover contrastare la lesione di specifici interessi pubblici degni di tutela, ha il potere di emanare ordinanze mirate, con effetti spaziali e temporali limitati”, oltre ad assumere, nel contesto argomentativo dal quale è stata estrapolata, il valore di un obiter dicutm, va comunque correttamente interpretata alla stregua del prevalente principio di proporzionalità, nel senso che l’intensità spazio-temporale delle misure adottate dal Comune ai sensi dell’art. 50, comma 7, va comunque parametrata alla entità dimensionale e alla gravità del fenomeno considerato e, nel caso specifico, il Comune di Anzola dell’Emilia ha comprovato l’esistenza e il diffondersi del fenomeno delle ludopatie in tutto il territorio comunale, fermo restando, ovviamente, che il Comune ben potrà (e dovrà) nuovamente intervenire in futuro, con atti di segno uguale e contrario a quello impugnato, nell’ipotesi in cui il suddetto fenomeno dovesse diminuire di intensità;

- il Comune di Anzola dell’Emilia ha svolto una approfondita istruttoria sul fenomeno del GAP nel comune medesimo e ciò è dimostrato dalla numerosità e dall’accuratezza dei dati riportati nel preambolo del provvedimento. L’ordinanza risulta, pertanto, correttamente motivata con riferimento all’esigenza della tutela della salute pubblica. In secondo luogo, diversamente dall’esegesi patrocinata dalla ricorrente, l’art. 6, comma 5, della l. n. 180/2011 obbliga l’autorità amministrativa a regolamentare il ricorso alla consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell'approvazione di una proposta destinata ad avere conseguenze sulle imprese medesime, ma non impone un obbligo diretto e generalizzato di consultazione, anche in mancanza dell’attuazione della predetta disposizione (obbligo che, al più, sarebbe coercibile dagli interessati con gli strumenti giurisdizionali che l’ordinamento appronta a tal fine, ma non si hanno notizie che, nel caso di specie, tali strumenti siano stati attivati);

- il comma 7 dell’art. 50, previsione in concreto applicata (e non l’art. 31, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, concernente gli esercizi commerciali), non distingue tra esercizi pubblici preesistenti o no;

- non si ravvisa poi alcuna illogicità nella limitazione dell’orario di uso di detti apparecchi e nel suo frazionamento in due periodi giornalieri, trattandosi di accorgimento regolatorio che disincentiva soprattutto le fasce più giovani, e quindi più deboli, di utenti e, sotto questo profilo, detta limitazione supera il test di proporzionalità; d’altra parte questo Consiglio ha affermato (Sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519) che la riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è una delle molteplici misure delle quali le autorità pubbliche possono avvalersi per contrastare le ludopatie “in termini di obiettivo da raggiungere che è quello del disincentivo piuttosto che quello della eliminazione del fenomeno che viene affrontato, la cui complessità non è revocabile in dubbio, e per il quale non esistono soluzioni di sicuro effetto”;

- ai fini della legittimità del provvedimento non occorreva poi dimostrare che gli apparecchi da gioco siano più o meno pericolosi rispetto agli altri servizi di gioco, atteso che la ricorrente nutre un interesse di mero fatto (e avente natura economica) rispetto alla limitazione di altri servizi da gioco, mentre non è seriamente discutibile, appartenendo la relativa conoscenza all’alveo del notorio, che gli apparecchi da gioco, sul cui utilizzo incide l’atto gravato, concorrano sensibilmente e in misure incisiva ad accrescere il diffondersi e l’acuirsi delle ludopatie;

- quanto alla prospettata tesi secondo cui tali regolamentazioni locali si sovrapporrebbero alla normativa nazionale di primo grado, quest’ultima non è condivisibile, atteso che la normativa in materia di gioco d'azzardo - con riguardo alle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso ai giochi degli utenti - non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica (Corte Costituzionale, 10 novembre 2011, n. 300 e 21 aprile 2015, n. 995), tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 267 del 2000.

La disciplina degli orari delle sale da gioco è infatti volta a tutelare in via primaria non l'ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio - economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme.

Pertanto, il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell'art. 117, comma secondo, lett. h), della Costituzione (Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778);

- la lesione del diritto di iniziativa economica, che non è assoluto per stessa volontà del Costituente (giacché siffatto diritto deve essere bilanciato con la sicurezza, la dignità umana e l’utile sociale, interessi che configurano altrettante esigenze imperative di carattere generale che gli Stati membri devono valutare; v. Corte di Giustizia dell’Unione europea, 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11), nel caso di specie non è stato irragionevolmente limitato, né la ricorrente ha offerto, come sarebbe stato suo onere, convincenti elementi di prova, anche di carattere estimativo, in ordine al preteso nesso di diretta causalità tra la contestata riduzione dell’orario e la diminuzione, fino al limite della non convenienza economica, dell’attività di gioco gestita.

6.) Per le suesposte ragioni, la Sezione ritiene che il ricorso non meriti accoglimento e che, pertanto, debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.

P.Q.M.

la Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Paolo Tronca Gabriele Carlotti




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società HBG Arcades s.r.l.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802927 - Public 2018-12-28 -

Numero 02927/2018 e data 21/12/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 31 ottobre 2018


NUMERO AFFARE 01923/2016

OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da Società Hbg Arcades, contro Comune di Lodi in persona del Sindaco pro tempore, per l'annullamento, previa sospensiva, dell'ordinanza n.112 del 28 settembre 2015 del Comune, con cui veniva approvato il regolamento "criteri di insediamento di nuovi apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro e di sistemi da gioco video lottery terminals";

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione n. 97745 dell’11 ottobre 2016 con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Paolo Tronca;


Premesso e considerato.

1.) Con il ricorso in esame la HBG Arcades s.r.l. (d’ora in poi: HBG o società) ha chiesto l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, della deliberazione del Consiglio comunale di Lodi n. 112 del 28 settembre 2015 avente ad oggetto “Approvazione del regolamento sui criteri di insediamento di nuovi apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro (art. 110, comma 6, del T.U.L.P.S. e di sistemi da gioco Video Lottery Terminals”.

2.) Giova premettere in fatto che la società conduce presso il comune di Lodi un sala bingo all’interno della quale viene espletata raccolta delle giocate mediante apparecchi da intrattenimento lecito di cui all’art. 110, comma 6, T.U.L.P.S., giusta i titoli abilitativi rilasciati dalla Questura locale.

3.) Con l’odierno gravame impugna la deliberazione del Consiglio comunale di Lodi del 28 settembre 2015 con specifico riguardo:

- all’art. 21, comma 1, del citato Regolamento, rubricato “Disposizioni transitorie”, con cui è stato stabilito che “Le sale da gioco e gli esercizi che già detengono apparecchi per il gioco, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente Regolamento, devono conformarsi alle prescrizioni di esercizio”;

- all’art. 7, intitolato “Localizzazione e requisiti dei locali”, con cui si individuano una serie di c.d. “luoghi sensibili” in relazione ai quali deve essere rispettata una distanza di 500 metri;

- all’art. 9, rubricato “Prescrizioni di esercizio” con cui è stato disposto, al comma 6, l’obbligo di indicare “su ogni apparecchio la data di collegamento dello stesso alle reti telematiche dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli” e l’obbligo di comunicare in via telematica al S.U.A.P. “la variazione del numero degli apparecchi da gioco nelle sale giochi […] con indicazione del numero di matricola dei nuovi apparecchi installati”; al comma 9 l’obbligo di comunicare al suddetto S.U.A.P. “la sostituzione di un apparecchio da gioco nell’ambito della stessa tipologia […] comprensivo del Nulla Osta dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la loro matricola identificativa”; al comma 15 il divieto di “qualsiasi attività pubblicitaria relativa all’apertura o all’esercizio di sale da gioco”; al comma 16 ove consente all’Autorità comunale di imporre prescrizioni “ai sensi dell’articolo 9 del T.U.L.P.S., oltre alle condizioni previste dalle normative in vigore” nei confronti di “chiunque eserciti le attività disciplinate dal presente regolamento”;

- all’art. 20 con cui vengono introdotte specifiche sanzioni in ipotesi di trasgressione dei suddetti precetti.

4.) La società censura l’asserito cattivo uso da parte del Comune di Lodi della potestà di imporre prescrizioni relativamente all’utilizzo degli apparecchi da gioco lecito di cui all'art. 110, comma 6, T.U.L.P.S. installati all'interno degli esercizi pubblici ed il superamento dei limiti al suo esercizio individuati dalla stessa giurisprudenza costituzionale e amministrativa. In particolare, l’impugnativa è stata affidata ai seguenti mezzi di gravame:

I) Violazione dei principi di certezza, affidamento e ragionevolezza. Violazione dell’art. 11 delle preleggi al c.c.: le citate disposizioni, con particolare riguardo all’art. 21, comma 1, disponendo l’obbligo conformativo anche agli esercizi che “già detengono apparecchi per il gioco”, si porrebbero in contrasto con il principio di irretroattività, alla stregua del quale le prescrizioni relative al contrasto del G.A.P. non potrebbero incidere sulle autorizzazioni già in essere, ma soltanto su quelle richieste successivamente alla loro entrata in vigore;

II) Violazione dell’art. 5, commi 1 e 2, della L. R. Lombardia n. 8/2013. Violazione degli artt. 7, 10, 13 e 51, comma 1-bis, della L.R. Lombardia n. 12/2015: il Comune, prima di emanare il Regolamento, con specifico riguardo alla parte in cui introduce distanze minime da “luoghi sensibili” ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa regionale di rango primario, avrebbe dovuto utilizzare gli strumenti urbanistici contemplati dalla L. R. Lombardia n. 12/2015, garantendo agli interessati una maggiore partecipazione procedimentale;

III) Violazione degli artt. 3, 23, 41, 97 e 117, comma 3, Cost. Violazione dell’art. 7, d.l. n. 158/2012, convertito in l. n. 189/2012. Violazione del principio di proporzionalità: con riferimento al divieto di pubblicizzare i giochi leciti con vincite in denaro, le sanzioni contenute nel regolamento comunale si porrebbero in contrasto sia con la normativa statale di rango primario, sia con il principio di proporzionalità;

IV) Violazione degli artt. 117, comma 2, lett. h), Cost. e 159, comma 2, d. lgs. n. 112/1998. Violazione della L. R. Lombardia n. 8/2013. Eccesso di potere per sviamento: secondo la prospettazione della società ricorrente, le prescrizioni di esercizio consistenti, in buona sostanza, in obblighi di comunicazione al Comune circa la variazione del numero e la sostituzione degli apparecchi da gioco, si ridonderebbero illegittimamente sulla sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordine pubblico e sicurezza;

V) Violazione dei principi di certezza, affidamento e ragionevolezza. Violazione dell’art. 2, comma 1, della l. n. 180/2011. Violazione dell’art. 9 T.U.L.P.S. Eccesso di potere per indeterminatezza assoluta: l’art. 9, comma 16, del gravato regolamento comunale, facoltizzando il Comune ad imporre qualsiasi prescrizione nei confronti di “chiunque eserciti le attività disciplinate dal presente regolamento”, consentirebbe all’Amministrazione di introdurre prescrizioni ad libitum in ordine all’esercizio di attività economiche.

5.) Nella relazione ministeriale, oltre a rappresentarsi la particolare problematicità delle questioni sottoposte alla Sezione con il ricorso, si propende per l’accoglimento del gravame, ai fini della salvaguardia di interessi superiori quali, in primo luogo, l'ordine pubblico, la sicurezza e la salute, posto che l'adozione di misure limitative del gioco lecito - quale quella oggetto di impugnativa - avrebbe come effetto quello di orientare la domanda dei giocatori verso offerte di gioco illegali, oltre a cagionare un pregiudizio al gettito erariale. D’altronde, le iniziative degli enti locali possono confliggere con la competenza statale in materia di contrasto e di prevenzione delle ludopatie, tenuto conto altresì di quanto disposto in materia dall’art. 7 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla l. 8 novembre 2012, n. 189, nonché dall'art. 110 T.U.L.P.S. La particolarità del settore ed il relativo impatto, anche sulla salute pubblica, richiede un sufficiente grado di uniformità regolatoria su tutto il territorio nazionale. Anche il Consiglio di Stato, nella sentenza della Quinta Sezione, n. 3778/2015 ha ritenuto legittime le restrizioni all'attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08) e solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall'art. 31, comma 2, del decreto-l. n. 201 del 2011, convertito in l. n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute).

6.) Con memoria dell’11 maggio 2016, il Comune di Lodi ha eccepito in via preliminare il difetto di interesse della HBG Arcades s.r.l. all’impugnativa del regolamento comunale; nel merito, l’ente civico deduce che il regolamento non si porrebbe in conflitto con le norme richiamate, né tantomeno con i principi di irretroattività e proporzionalità.

7.) La Sezione ritiene che il ricorso sia infondato.

Ed invero, una volta premesso che i motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione, va osservato che il provvedimento impugnato è immune dai vizi dedotti. Nello specifico e con riferimento alle singole doglianze, deve ulteriormente rilevarsi quanto segue:

- in relazione al primo e all’ultimo motivo, occorre chiarire che le previsioni regolamentari de quibus non operano per il passato. Sul punto, la delibera comunale non lascia margini di dubbio laddove precisa che “il Comune di Lodi ha predisposto un regolamento sui criteri e la disciplina di nuovi apparecchi da intrattenimento” e che “appare opportuno oltre che necessario circoscrivere il concetto di ‘nuovo’ al fine di evitare contenzioso con i richiedenti interessati, precisando come ‘nuovo’ non è da intendersi solamente l’apparecchio per il quale venga richiesta una licenza ex novo, ma anche quello che va ad incrementare il numero degli apparecchi già precedentemente installati o che si traduce nella sostituzione di una new slot con un sistema video lottery terminals”. È di tutta evidenza, quindi, che le prescrizioni di esercizio contenute nel regolamento non incidono sulle autorizzazioni in essere ma riguardano esclusivamente le nuove installazioni. Ciò, pertanto, vale a fortiori ratione seguendo la condivisibile argomentazione svolta dalla difesa comunale secondo cui il principio di irretroattività per le norme amministrative può trovare deroghe, purché siano giustificate sul piano della ragionevolezza (ex multis, Corte Costituzionale, 24 aprile 2018, n. 89; 24 gennaio 2017, n. 16; 14 luglio 1988, n. 822; 21 luglio 2016, n. 203; 1 aprile 2014, n. 64; 5 gennaio 2011, n. 1; 22 ottobre 2010, n. 302, 26 giugno 2007, n. 234);

- in merito all’asserita violazione degli artt. 7, 10, 13 e 51, comma 1-bis, della l. r. Lombardia n. 12/2015 riguardo l’individuazione degli “altri luoghi sensibili”, pur tacendo sull’interesse, quantomeno dubbio, dell’odierna ricorrente all’impugnativa in parte qua, si osserva che la materia in cui si collocano le regolamentazioni volte a prevenire il gioco d’azzardo patologico risulta essere, in primo luogo, quella della tutela della salute pubblica (T.A.R. Lombardia (Milano), Sez. I, 17 novembre 2015, n. 2412; Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2956; Sez. III, 10 febbraio 2016, n. 579);

- in ordine al terzo motivo, la Sezione rileva che il divieto di pubblicità contenuto nel regolamento trova la sua fonte di legittimazione nell’art. 5, comma 6, della l. r. Lombardia n. 8/2013 e che, pertanto, le sanzioni previste dall’art. 20, comma 8, del Regolamento comunale non si basano sulla previsione ex art. 7-bis del T.U.E.L., diversamente dall’ipotesi esegetica patrocinata dal ricorrente. Come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza di prime cure, la legge statale e le normative introdotte da alcune regioni e dalle province autonome in vista del perseguimento del contrasto alla ludopatia non confliggono tra loro né si elidono ma, anzi, concorrono, ciascuna nel proprio ambito, al perseguimento dello stesso obiettivo (T.A.R. Lombardia (Milano), Sez. II, 22 luglio 2015 n. 1761; T.R.G.A. Trento, Sez. I, 20 giugno 2013, n. 206; TAR Lazio (Roma), Sez. II, 10 marzo 2014, n. 2729);

- quanto alla prospettata tesi secondo cui tali regolamentazioni locali si sovrapporrebbero alla normativa nazionale di primo grado, quest’ultima non è condivisibile, atteso che la normativa in materia di gioco d'azzardo - con riguardo alle conseguenze sociali dell'offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell'impatto sul territorio dell'afflusso ai giochi degli utenti - non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione, ma alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica (Corte Costituzionale, 10 novembre 2011, n. 300 e 21 aprile 2015, n. 995), tutela che rientra nelle attribuzioni del Comune ex artt. 3 e 5 del d.lgs. n. 267 del 2000.

La disciplina degli orari delle sale da gioco è infatti volta a tutelare in via primaria non l'ordine pubblico, ma la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, compresi nelle attribuzioni del Comune ai sensi di dette norme.

Pertanto, il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale, con la conseguenza che le rispettive competenze operano su piani diversi e non è configurabile alcuna violazione dell'art. 117, comma secondo, lett. h), della Costituzione (Cons. Stato, Sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778).

8.) Per le suesposte ragioni, la Sezione ritiene che il ricorso non meriti accoglimento e che, pertanto, debba essere respinto con assorbimento dell’istanza cautelare.

P.Q.M.

la Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.




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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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Liliana Moschillo impugna, in qualità di amministratore della Euro Slot s.r.l.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201802902 - Public 2018-12-27 -

Numero 02902/2018 e data 19/12/2018 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 31 ottobre 2018


NUMERO AFFARE 01917/2016

OGGETTO:
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da Liliana Moschillo, contro Comune di Dormelletto in persona del Sindaco pro tempore, avverso l'ordinanza n.61 del 21.12.2015 del Comune e della deliberazione del Consiglio comunale n.24 del 27.11.2015 con i quali viene regolamentato "l'orario di utilizzo degli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro negli esercizi pubblici e commerciali";

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione n. 97725 dell’11 ottobre 2016, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Paolo Tronca;


Premesso e considerato.

1.) Con il ricorso straordinario in esame, la sig.ra Liliana Moschillo impugna, in qualità di amministratore della Euro Slot s.r.l., l’ordinanza n. 61/2015 del 21 dicembre 2015, con cui il Sindaco di Dormelletto (NO) ha introdotto vincoli agli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati negli esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 del T.U.L.P.S., nonché la delibera n. 24/2015 del Consiglio comunale di Dormelletto (NO).

2.) La ricorrente non contesta la sussistenza della potestà sindacale – riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 220/2014 - di limitare l'orario di utilizzo degli apparecchi da gioco lecito di cui all'art. 110, comma 6, T.U.L.P.S. installati all'interno degli esercizi pubblici, facendo uso del potere previsto dagli artt. 50, comma 7, T.U.E.L. e 31 del d.l. n. 201/2011, convertito dalla l. n. 214/2011, ma censura l’asserito cattivo uso da parte del Sindaco del Comune di Dormelletto della suddetta potestà e, comunque, il superamento dei limiti al suo esercizio individuati dalla stessa giurisprudenza costituzionale e amministrativa.

Infatti, secondo la prospettazione della ricorrente, non solo non sarebbero sussistenti in concreto i presupposti per l’adozione della gravata ordinanza, ma tramite quest’ultima si sarebbe realizzata un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altre tipologie di giochi e scommesse, non interessati dai provvedimenti impugnati. Il risultato dell’attività amministrativa si sarebbe tradotto, pertanto, in un incentivo al gioco illegale.

3.) Nella relazione ministeriale, oltre a rappresentarsi la particolare problematicità delle questioni sottoposte alla Sezione con il ricorso, si propende per l’accoglimento del ricorso, ai fini della salvaguardia di interessi superiori quali, in primo luogo, l'ordine pubblico, la sicurezza e la salute, posto che l'adozione di misure limitative del gioco lecito - quale quella oggetto di gravame - avrebbe come effetto quello di orientare la domanda dei giocatori verso offerte di gioco illegali, oltre a cagionare un pregiudizio pure al gettito erariale. D’altronde, le iniziative degli enti locali possono confliggere con la competenza statale in materia di contrasto e di prevenzione delle ludopatie, tenuto conto altresì di quanto disposto in materia dall’art. 7 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, nonché dall'art. 110 TULPS. La particolarità del settore ed il relativo impatto, anche sulla salute pubblica, richiede un sufficiente grado di uniformità regolatoria su tutto il territorio nazionale. Anche il Consiglio di Stato, nella sentenza della Quinta Sezione, n. 3778/2015 ha ritenuto legittime le restrizioni all'attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08) e solo in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati quali quelli richiamati dall'art. 31, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011 (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute).

4.) Tanto premesso, la Sezione ritiene che il ricorso sia infondato.

Invero, una volta premesso che non è in contestazione la sussistenza del potere esercitato dal Sindaco di Dormelletto, va osservato che il provvedimento impugnato è pienamente conforme al paradigma di atto tratteggiato dalla succitata sentenza di questo Consiglio n. 3778/2015. Nello specifico e con riferimento alle singole doglianze, deve ulteriormente rilevarsi quanto segue:

- il Comune ha svolto una approfondita istruttoria sul fenomeno del GAP nel Comune di Dormelletto;

- il provvedimento risulta altresì correttamente motivato con riferimento all’esigenza della tutela della salute pubblica;

- ai fini della legittimità del provvedimento non occorreva poi dimostrare che gli apparecchi da gioco siano più o meno pericolosi rispetto agli altri servizi di gioco, atteso che la ricorrente nutre un interesse di mero fatto (e avente natura economica) rispetto alla limitazione di altri servizi da gioco, mentre non è seriamente discutibile, appartenendo la relativa conoscenza all’alveo del notorio, che gli apparecchi da gioco, sul cui utilizzo incide l’atto gravato, concorrano sensibilmente e in misure incisiva ad accrescere il diffondersi e l’acuirsi delle ludopatie;

- non si ravvisa poi alcuna illogicità nella limitazione dell’orario di uso di detti apparecchi e nel suo frazionamento in due periodi giornalieri, trattandosi di accorgimento regolatorio che disincentiva soprattutto le fasce più giovani, e quindi più deboli, di utenti e, sotto questo profilo, detta limitazione supera il test di proporzionalità; d’altra parte questo Consiglio ha affermato (sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519) che la riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è una delle molteplici misure delle quali le autorità pubbliche possono avvalersi per contrastare le ludopatie “in termini di obiettivo da raggiungere che è quello del disincentivo piuttosto che quello della eliminazione del fenomeno che viene affrontato, la cui complessità non è revocabile in dubbio, e per il quale non esistono soluzioni di sicuro effetto”;

- la lesione del diritto di iniziativa economica, che non è assoluto per stessa volontà del Costituente (giacché siffatto diritto deve essere bilanciato con la sicurezza, la dignità umana e l’utile sociale, interessi che configurano altrettante esigenze imperative di carattere generale che gli Stati membri devono valutare; v. Corte di Giustizia dell’Unione europea, 24 gennaio 2013, nelle cause riunite C-186/11 e C-209/11), nel caso di specie non è stato irragionevolmente limitato né la ricorrente ha offerto, come sarebbe stato suo onere, convincenti elementi di prova, anche di carattere estimativo, in ordine al preteso nesso di diretta causalità tra la contestata riduzione dell’orario e la diminuzione, fino al limite della non convenienza economica, dell’attività di gioco gestita;

- il comma 7 dell’art. 50, previsione in concreto applicata (e non l’art. 31, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, concernente gli esercizi commerciali), non distingue tra esercizi pubblici preesistenti o no;

- l’affermazione contenuta nelle citate sentenze di questo Consiglio di Stato n. 3271/2014 e n. 32722/2014, secondo cui “allorquando un comune ritiene di dover contrastare la lesione di specifici interessi pubblici degni di tutela, ha il potere di emanare ordinanze mirate, con effetti spaziali e temporali limitati”, oltre ad assumere, nel contesto argomentativo dal quale è stata estrapolata, il valore di un obiter dicutm, va comunque correttamente interpretata alla stregua del prevalente principio di proporzionalità, nel senso che l’intensità spazio-temporale delle misure adottate dal Comune ai sensi dell’art. 50, comma 7, va comunque parametrata alla entità dimensionale e alla gravità del fenomeno considerato e, nel caso specifico, il Comune di Dormelletto ha comprovato l’esistenza e il diffondersi del fenomeno delle ludopatie nel territorio comunale, fermo restando, ovviamente, che il Comune ben potrà (e dovrà) nuovamente intervenire in futuro, con atti di segno uguale e contrario a quello impugnato, nell’ipotesi in cui il suddetto fenomeno dovesse diminuire di intensità.

5.) Per le suesposte ragioni, la Sezione ritiene che il ricorso non meriti accoglimento e che, pertanto, debba essere respinto.

P.Q.M.

la Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.




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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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GIOCHI D'AZZARDO: CORTE COSTITUZIONALE, ''CASERME TRA LUOGHI SENSIBILI''

- "Le caserme militari possono essere considerati luoghi sensibili dai quali le sale giochi devono mantenere una distanza minima".

Come riporta Agipronews è quanto ha stabilito la Consulta che ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar Abruzzo. Nel 2017 il Tribunale Amministrativo aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale in seguito al ricorso presentato dalla titolare di una sala di Lanciano (Chieti) contro la legge regionale adottata nel 2013.

"Comune e Questura - spiega Agipronews - avevano negato la licenza all’esercente sulla base della norma che vieta l’apertura di sale da gioco a una distanza inferiore a 300 metri da luoghi definiti sensibili, tra cui scuole, strutture sanitarie, impianti sportivi e, appunto, caserme".

Un'inclusione legittima secondo i giudici: "Il legislatore abruzzese è certamente intervenuto nell’ambito della materia tutela della salute, senza invadere la competenza esclusiva dello Stato, con una disciplina che appare altresì non irragionevole, poiché le caserme militari presentano caratteristiche idonee a essere qualificate come luoghi sensibili", si legge nella sentenza pubblicata oggi.

"In particolare - scrivono i giudici, le caserme - sono destinate all’addestramento e all’alloggio dei militari, in particolare e nella maggior parte dei casi dei giovani che svolgono la precipua formazione in tale campo".

Si tratta, quindi, "di peculiari centri di aggregazione di soggetti che ben possono considerarsi più esposti ai rischi legati ai giochi leciti». In questo senso «non si vede come l’appartenenza a un corpo militare (e tantomeno il legittimo possesso di un’arma) potrebbe essere ritenuto di per sé un indice di minore vulnerabilità alla ludopatia", come aveva invece sostenuto la difesa della titolare della sala.

Le caserme, inoltre, rappresentano anche "luoghi di aggregazione in cui possono transitare soggetti in difficoltà, che cercano tutela e protezione (si pensi a chi denunci un reato contro la persona o il patrimonio), quindi potenzialmente più esposti a quei fenomeni di debolezza psichica su cui s’innesta la ludopatia".

La possibilità da parte delle Regioni di intervenire in materia, ricorda la Corte, è confermata anche dagli ultimi interventi regolatori, in particolare l'Intesa siglata in Conferenza Unificata nel 2017 tra Stato ed enti locali. L'accordo prevedeva esplicitamente la possibilità per le Regioni di dettare discipline più restrittive sulla distribuzione delle sale giochi; sulla base di questo è anche possibile "nei limiti della non irragionevolezza" che ogni Regione decida quali luoghi includere tra gli spazi "off limits", valutazioni che "ben potrebbero, ad esempio, essere legate alla specifica conformazione territoriale".

Non a caso, conclude la Consulta, "le scelte regionali sul punto sono state assai diversificate e solo per alcuni luoghi si riscontra un costante inserimento nell’elenco, mentre non sono infrequenti valutazioni specifiche di singole Regioni (si pensi alle stazioni bus o ferroviarie)", come nel caso dell'Abruzzo.
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SENTENZA N. 27
ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - sezione staccata di Pescara, nel procedimento vertente tra Laura Accardo e il Comune di Lanciano, con ordinanza del 21 aprile 2017, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di costituzione di Laura Accardo e della Regione Abruzzo, il secondo dei quali da intendersi come atto d’intervento del Presidente della Giunta della Regione Abruzzo;
udito nell’udienza pubblica del 22 gennaio 2019 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Marco Tronci per Laura Accardo e Stefania Valeri per la Regione Abruzzo.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - sezione staccata di Pescara, con ordinanza del 21 aprile 2017 (reg. ord. n. 161 del 2017), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco).

1.1.– Il giudice rimettente premette in fatto che la titolare di una impresa individuale per l’esercizio dell’attività di raccolta scommesse su rete fisica – munita di autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e licenza del questore di Chieti ex art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) (da qui: TULPS), titoli entrambi rilasciati all’esito della procedura di regolarizzazione di cui all’art. l, comma 643, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» – ha impugnato gli atti del Comune di Lanciano con cui è stata definita l’istanza, previa apposita segnalazione certificata d’inizio attività (da qui: SCIA), diretta al rilascio della tabella dei giochi proibiti ai fini dell’installazione degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettere a) e b), del TULPS.

L’amministrazione procedente aveva disatteso l’istanza in base al rilievo che, ai sensi dell’art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013, era necessaria anche l’autorizzazione del sindaco del Comune territorialmente competente; che la stessa poteva essere rilasciata solo per i locali ubicati a distanza non inferiore a 300 metri dai «luoghi sensibili» elencati dalla disposizione censurata, tra cui sono ricomprese «le caserme militari»; e che, nel caso di specie, la vicinanza dell’esercizio a una caserma dei Carabinieri inibiva il rilascio dell’autorizzazione.

Il giudice a quo, dopo aver estromesso la Regione Abruzzo, non venendo impugnati atti riconducibili all’amministrazione regionale, ha definito parzialmente il giudizio nel senso del rigetto, salvo che per l’eccezione d’illegittimità costituzionale relativa alla qualificazione delle caserme militari come luoghi sensibili, in accoglimento della quale ha sollevato le questioni ora in esame.

1.2.– Secondo il TAR rimettente le questioni sarebbero rilevanti, in quanto il rifiuto dell’amministrazione sarebbe fondato esclusivamente sulla disposizione regionale oggetto di censura. Nel caso in cui le caserme militari fossero espunte dall’elenco dei luoghi sensibili, pertanto, ne deriverebbe l’accoglimento del ricorso, con la conseguente possibilità per la ricorrente di ottenere l’autorizzazione all’esito della riapertura del procedimento.

1.3.– In ordine alla non manifesta infondatezza, l’art. l della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013 evidenzierebbe le finalità di preminente carattere socio-sanitario della disciplina – ossia la prevenzione del giuoco d’azzardo patologico, specie nei confronti delle categorie più sensibili – ascrivibili alla materia di legislazione concorrente della «tutela della salute».

Ciò precisato, mentre la maggior parte dei luoghi elencati dall’art. 2, comma 1, lettera c), della citata legge regionale potrebbe essere agevolmente collocata tra quelli ove si radunano soggetti ritenuti più esposti al rischio di dipendenza da gioco d’azzardo, altrettanto non potrebbe dirsi per le caserme militari.

Non a caso, queste ultime non sarebbero considerate nemmeno dall’art. 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189. Con esso, infatti, oltre a estendere i livelli essenziali di assistenza anche alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da “ludopatia”, si è prevista la progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera a), del TULPS (slot machines), ubicati in prossimità di luoghi sensibili, individuati negli istituti di istruzione primaria e secondaria, nelle strutture sanitarie e ospedaliere, nei luoghi di culto e nei centri socio-ricreativi e sportivi.

Dunque, per quanto non sia contestabile la possibilità delle Regioni d’individuare ulteriori spazi collettivi espressione di analoghe esigenze di tutela, sarebbe comunque del tutto evidente che ciò che accomuna le strutture protette sia l’esigenza di tutelare determinate categorie di persone dai rischi derivanti dalla diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco. Ad esempio, i centri socio-ricreativi e sportivi di cui alla citata norma statale sarebbero quelli di aggregazione dei giovani, non le strutture dello stesso tipo destinate ad adulti in normali condizioni psico-fisiche e perciò non particolarmente vulnerabili. A maggior ragione, quindi, non vi sarebbero finalità di carattere socio-sanitario nella previsione di una distanza di rispetto dalle caserme militari.

Né sembrerebbe possibile inquadrare la norma censurata in altra materia regionale, visto che l’intera legge abruzzese esprimerebbe una chiara finalità socio-sanitaria. Così per la materia del «governo del territorio», poiché dal testo normativo non emergerebbero particolari esigenze urbanistiche connesse alla prossimità tra sale da gioco e caserme militari, né la categoria “caserme militari” avrebbe una sua specificità in base alle caratteristiche urbanistiche.

Da ciò deriverebbe la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., con conseguente invasione della competenza statale nella materia «ordine pubblico e sicurezza» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.

Inoltre, si prospetterebbe in ogni caso la violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., non riscontrandosi alcuna peculiare interferenza tra case da gioco e caserme militari tale da giustificare un regime speciale rispetto ad altre strutture con analoghe caratteristiche, come ad esempio quelle delle amministrazioni civili del comparto sicurezza.

2.– Con atto depositato il 1° dicembre 2017 si è costituita nel giudizio incidentale, nella persona del Presidente della Giunta regionale, la Regione Abruzzo, parte resistente estromessa dal giudizio a quo, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.

2.1.– In primo luogo, in riferimento al contrasto con l’art. 3 Cost., la difesa regionale asserisce che l’inclusione delle caserme militari nel novero dei luoghi sensibili sarebbe ragionevole, non traducendosi in un divieto generico e immotivato.

Infatti, anche coloro che frequentano gli istituti scolastici, i luoghi di culto, i cimiteri e le camere mortuarie potrebbero essere genericamente e astrattamente considerati adulti in normali condizioni psico-fisiche, così svuotandosi di contenuto logico, prima che giuridico, la censura del giudice rimettente.

Dirimente, invece, sarebbe la tipologia delle strutture militari ricomprese nella categoria.

Infatti, laddove destinate all’alloggio, all’addestramento e all’istruzione dei militari, le caserme sarebbero luoghi frequentati essenzialmente dai giovani, dunque già rientranti nell’obbligo di distanza imposto per i «centri di aggregazione di giovani».

Laddove, invece, destinate all’attività operativa e/o di polizia amministrativa delle forze armate, le caserme sarebbero frequentate anche da persone che, a seconda dei casi, vi transitano occasionalmente, per ragioni connesse alle attività che vi si svolgono. Per quanto d’interesse, ad esempio, presso i comandi di reparto o di compagnia dei Carabinieri, le cui attività includono il pronto intervento e le azioni di contrasto alla criminalità a rilevanza locale, transiterebbero persone in stato di fermo o di arresto, ovvero diversamente bisognose di aiuto o protezione.

Dunque, anche tra coloro che frequentano a vario titolo le caserme militari s’individuerebbero soggetti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni, la cui presenza renderebbe ragionevole, anche seguendo la logica dell’ordinanza di rimessione, l’imposizione della distanza minima per le installazioni connesse al gioco d’azzardo.

2.2.– In secondo luogo, con riferimento alla lesione dell’art. 117, commi secondo, lettera h), e terzo, Cost., la difesa regionale precisa che la legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013 sarebbe finalizzata a prevenire la diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco e a tutelare determinate categorie di persone dai rischi che ne derivano, individuando a tal fine i luoghi sensibili in prossimità dei quali non può essere rilasciata l’autorizzazione per l’esercizio di sale da gioco e per l’installazione di apparecchi per il gioco lecito presso esercizi commerciali o pubblici.

Sul fenomeno della ludopatia si registrerebbero ripetuti interventi normativi da parte del legislatore statale, da ultimo con il d.l. n. 158 del 2012, come convertito, che prevederebbe una progressiva ricollocazione dei punti di raccolta del gioco, sulla base di appositi criteri definiti con decreto ministeriale, peraltro mai adottato. Successivamente è intervenuta la legge 11 marzo 2014, n. 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), che delegava il Governo al riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici (art. 14); anche la delega in questione, tuttavia, non è stata esercitata.

L’inerzia del legislatore statale, quindi, avrebbe spinto le amministrazioni regionali e locali a porre in essere una serie di interventi di contrasto alla ludopatia, basati sul rispetto di distanze minime dai luoghi sensibili e sull’introduzione di fasce orarie, dando luogo anche a un forte contenzioso. In particolare, la giurisprudenza amministrativa (si richiamano: Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 febbraio 2016, n. 579; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 1° agosto 2015, n. 3778; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 23 ottobre 2014, n. 5251) avrebbe legittimato gli interventi dei Comuni in questo settore, censurando solo i provvedimenti in cui l’estensione dei luoghi sensibili precludesse, di fatto, l’apertura di sale giochi nel territorio (sono richiamate le sentenze del Tribunale regionale di giustizia amministrativa per il Trentino-Alto Adige, sezione autonoma di Bolzano, 31 ottobre 2016, n. 301, e del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione seconda, 18 maggio 2017, n. 715).

Anche questa Corte è intervenuta sulla materia (vengono richiamate le sentenze n. 108 del 2017, n. 220 del 2014 e n. 300 del 2011), individuando uno spazio d’intervento per il legislatore regionale. In particolare, nella sentenza n. 108 del 2017 si sarebbe sottolineata la legittimità delle misure di contenimento della ludopatia previste dalle Regioni, che troverebbero giustificazione nella competenza costituzionale in materia di «tutela della salute», tenuto altresì conto che la mancata definizione a livello nazionale di regole uniformi non potrebbe costituire un ostacolo all’approvazione di norme specifiche a livello regionale.

Infine, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», all’art. l, comma 936, ha attribuito alla Conferenza unificata il compito di definire le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Nella seduta del 7 settembre 2017 è stata raggiunta la suddetta intesa, nella quale la Conferenza, con particolare riferimento alla distribuzione territoriale e temporale dei punti di raccolta del gioco, ha rimesso alle Regioni e agli enti locali l’adozione di criteri che consentano una equilibrata distribuzione nel territorio, stabilendo che «le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia». Inoltre, le Regioni e le Province autonome, ai fini del contrasto del gioco d’azzardo patologico, potranno stabilire in futuro forme maggiori di tutela per la popolazione.

Pertanto, alla luce delle linee guida adottate dalla Conferenza unificata e tenuto conto del contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, sarebbe evidente che le misure di prevenzione e contrasto messe in campo dalle Regioni possano legittimamente comportare forme di tutela maggiore rispetto a quelle derivanti dalle misure pianificate in ambito statale. Inoltre, perseguendo finalità di carattere socio-sanitario volte a garantire la tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, le stesse risponderebbero a criteri di ragionevolezza e congruità, oltre a rientrare nella potestà legislativa regionale.

3.– Con atto depositato il 4 dicembre 2017 si è costituita in giudizio Laura Accardo, parte ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo l’accoglimento delle questioni sollevate dal TAR Abruzzo.

3.1.– Ricostruita in fatto la vicenda, la difesa di Laura Accardo si sofferma dapprima sulle censure relative alla violazione del principio di ragionevolezza.

Sarebbe evidente, infatti, che i soggetti, militari o civili, operanti all’interno delle caserme militari non possano ragionevolmente ascriversi a quelle fasce sociali più deboli maggiormente esposte al rischio della ludopatia. Anzi, in ipotesi, sarebbe ragionevole prevedere, in positivo, l’obbligo di distanza non superiore ai 300 metri dalle caserme dei centri di raccolta scommesse o delle apparecchiature.

Inoltre, ogni Comune, per quanto piccolo, sarebbe dotato di una caserma dei Carabinieri, con conseguente irragionevole estensione «dei limiti all’art. 41 Cost. ed alle libertà comunitarie in ogni angolo del territorio abruzzese», anche nelle località in cui non sono presenti scuole (almeno quelle secondarie), strutture ospedaliere o sanitarie.

Se fosse ragionevole l’inserimento nella categoria dei luoghi sensibili delle caserme militari, d’altronde, dovrebbero esservi incluse anche le caserme civili, gli aeroporti (civili e/o militari), le stazioni ferroviarie, le stazioni degli autobus e/o dei tram, le discoteche, i centri commerciali, nonché qualsiasi ufficio pubblico, nazionale, regionale o locale.

Infine, dovrebbe tenersi conto del fatto che i militari sono sottoposti a rigida selezione sul piano dei requisiti psico-fisici, sia all’ingresso sia nel corso del servizio prestato alla Nazione, atteso, peraltro, che il possesso dell’arma d’ordinanza dimostrerebbe ex se il pieno possesso di tali requisiti.

Invero, la denunciata norma regionale sarebbe ispirata a un intento “moralistico”, che nulla avrebbe a che vedere con la tutela della salute pubblica, come dimostrato anche dall’introduzione tra i luoghi sensibili dei cimiteri e delle camere mortuarie.

3.2.– Altresì evidente sarebbe la lesione dell’art. 117, commi secondo e terzo, Cost.

3.2.1.– Innanzi tutto, vi sarebbe un contrasto con l’art. 7, comma 10, del decreto-legge n. 158 del 2012, come convertito. Nella specie, infatti, verrebbe stabilita l’immediata entrata in vigore di misure per le quali la legge statale avrebbe disposto la necessità di un procedimento pianificatorio, con il coinvolgimento di tutti i soggetti ivi indicati.

La giurisprudenza amministrativa avrebbe evidenziato che gli strumenti di contrasto alla ludopatia debbono trovare la loro disciplina di base a livello centrale ed essere inseriti nel sistema della pianificazione nazionale, entro i cui limiti poi opererebbero gli enti locali, fermo restando il potere dei sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di situazioni di effettiva emergenza (si richiama Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, sentenza 16 aprile 2013, n. 578). Allo Stato spetterebbe il potere di fissare livelli di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, mentre le Regioni potrebbero stabilire livelli di tutela più elevati per il raggiungimento dei fini propri delle loro competenze (in tal senso sono richiamate la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - Bari, sezione seconda, 7 dicembre 2012, n. 2100 e le sentenze di questa Corte n. 61 del 2009 e n. 62 del 2008).

3.2.2.– Sotto un altro profilo, la norma regionale censurata inciderebbe comunque sugli esercizi che accettano scommesse, soggetti al controllo dell’autorità di pubblica sicurezza ex art. 88 del TULPS; controllo che investirebbe una pluralità di interessi pubblici, tutti diretti al mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza, mediante la verifica della sussistenza di una serie di requisiti soggettivi e oggettivi del richiedente la concessione.

Del resto, con la sentenza n. 222 del 2006 questa Corte avrebbe chiarito che il criterio teleologico adottato nell’individuazione dei contenuti della materia della sicurezza manterrebbe comunque una notevole capacità penetrativa della potestà legislativa statale nelle materie di competenza regionale, con un intervento di tipo trasversale. Ciò implicherebbe che le Regioni non potrebbero approvare o applicare leggi o provvedimenti, i quali, benché vertenti su altre materie di competenza regionale, comportino anche effetti che, direttamente o indirettamente, vanifichino o neutralizzino quelle misure amministrative adottate dall’amministrazione dello Stato per prevenire il compimento di reati, al di fuori di quanto la stessa legge statale consenta alla Regione. La materia della sicurezza, d’altronde, «non si esaurisce nell’adozione di misure relative alla prevenzione e repressione dei reati, ma comprende la tutela dell’interesse generale alla incolumità delle persone, e quindi la salvaguardia di un bene che abbisogna di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 21 del 2010). Dunque, la disciplina dei giochi d’azzardo, nonché più in generale di tutti i giochi che presentino un elemento aleatorio e distribuiscano vincite, rientrerebbe pacificamente in tale competenza esclusiva statale (si richiama la sentenza n. 237 del 2006).

Inoltre, la limitazione stabilita dalla legge regionale comporterebbe inevitabili restrizioni che, almeno per i Comuni di ridotte dimensioni demografiche e territoriali, impedirebbero di fatto l’esercizio dell’attività in questione, così intervenendo sulla licenza ex art. 88 del TULPS, e, nel caso di specie, ex art. l, comma 643, della legge n. 190 del 2014.

3.2.3.– La legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013 inciderebbe sulle licenze anche per contrasto con quanto ulteriormente previsto dall’art. 7 comma 10, del d.l. n. 158 del 2012, come convertito. In particolare, tale comma stabilisce che le nuove disposizioni si applichino esclusivamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione e valgano, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie e ospedaliere e dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando.

Da ciò discenderebbe che l’applicazione della normativa regionale de qua, in assenza degli strumenti di raccordo e pianificazione previsti dalla normativa statale, inciderebbe del tutto ingiustificatamente sui valori costituzionali innanzi esplicitati.

3.3.– La normativa abruzzese, infine, non sarebbe conforme all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che fisserebbe limiti dinamici al potere legislativo e regolamentare statale, in attuazione dei principi di derivazione comunitaria (sul punto si richiama la sentenza n. 325 del 2010), in quanto genererebbe un sistema non favorevole alla concorrenza fra i diversi soggetti del mercato delle scommesse, non offrendo agli operatori le medesime condizioni in relazione all’ingresso nel predetto mercato. Sotto un altro aspetto, la disciplina regionale realizzerebbe una disparità di trattamento, riservando una condizione deteriore agli operatori entrati successivamente nel mercato delle scommesse rispetto ai concessionari nazionali.

4.– Sia la Regione Abruzzo, sia Laura Accardo hanno presentato memorie in prossimità dell’udienza, ribadendo e integrando le conclusioni rassegnate nei rispettivi atti di costituzione.

4.1.– In particolare, la difesa di Laura Accardo sottolinea l’irrilevanza del richiamo della difesa regionale all’intesa raggiunta dalla Conferenza unificata il 7 settembre 2017. Tale intesa, infatti, allo stato sarebbe priva di valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo (si richiama, in tal senso, Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, sentenza 18 aprile 2018, n. 417). La stessa intesa, tra l’altro, prevederebbe la salvaguardia dei punti di raccolta già esistenti.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - sezione staccata di Pescara ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco).

La disposizione censurata include le «caserme militari» tra i «luoghi sensibili», riguardo ai quali l’art. 3, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013 prevede che l’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco o all’installazione di apparecchi per il gioco lecito può essere rilasciata solo per gli esercizi ubicati a distanza non inferiore a 300 metri dagli stessi luoghi.

2.– Secondo il giudice a quo tale disposizione violerebbe, in primo luogo, l’art. 117, secondo comma, lettera h), e terzo comma, Cost., poiché, all’interno di una legge con chiare finalità di carattere socio-sanitario, qual è la prevenzione del gioco d’azzardo patologico, s’introdurrebbe una categoria di luoghi sensibili del tutto estranea a tali finalità, eccedendo così le competenze regionali in materia di «tutela della salute» e intervenendo in realtà nell’ambito della materia «ordine pubblico e sicurezza», con conseguente invasione della potestà esclusiva statale.

3.– In secondo luogo, verrebbe altresì violato l’art. 3 Cost., perché non vi sarebbe alcuna interferenza tra case da gioco e caserme militari tale da giustificare un regime speciale rispetto ad altre strutture con analoghe caratteristiche.

4.– In via preliminare, deve precisarsi che la Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale, si è costituita nel giudizio di costituzionalità in quanto parte del giudizio a quo, sebbene, come risulta dall’ordinanza di rimessione, ne fosse stata estromessa dalla sentenza con cui il TAR rimettente ha definito parzialmente il giudizio principale. Tuttavia, venendo in discussione la legittimità costituzionale di una disposizione legislativa adottata dalla Regione, il Presidente della Giunta Regionale aveva facoltà d’intervenire nel relativo giudizio incidentale e in tal senso la sua partecipazione al presente giudizio è comunque ammissibile.

5.– Sempre in via preliminare va rilevata l’inammissibilità degli ulteriori profili di censura sollevati da Laura Accardo, parte ricorrente nel giudizio a quo, prospettando la lesione del principio della libertà d’iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., della «tutela della concorrenza» ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., nonché dell’art. 117, terzo comma, Cost., per la specifica violazione delle modalità di pianificazione previste dall’art. 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012, n. 189.

Si tratta, infatti, di censure non fatte proprie dal giudice a quo e tese ad allargare il thema decidendum, che, pertanto, non possono essere prese in considerazione (da ultimo, sentenze n. 14 del 2018, n. 29 del 2017 e n. 96 del 2016).

6.– Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge reg. Abruzzo n. 40 del 2013, sollevate in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera h), e terzo comma, Cost., non sono fondate.

6.1.– Questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi più volte riguardo alla disciplina dei giochi leciti, ricondotta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordine pubblico e sicurezza» per le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti e per l’individuazione dei giochi leciti. Si tratta di profili, infatti, che evocano finalità di prevenzione dei reati e di mantenimento dell’ordine pubblico (sentenze n. 72 del 2010 e n. 237 del 2006), giustificando la vigenza del regime autorizzatorio previsto dagli artt. 86 e 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) (da qui: TULPS).

Ciò, tuttavia, non comporta che ogni aspetto concernente la disciplina dei giochi leciti ricada nella competenza statale, ben potendo le Regioni intervenire con misure tese a inibire l’esercizio di sale da gioco e di attrazione ubicate al di sotto di una distanza minima da luoghi considerati “sensibili”, al fine di prevenire il fenomeno della “ludopatia”. Disposizioni di tal fatta risultano «dichiaratamente finalizzate a tutelare soggetti ritenuti maggiormente vulnerabili, o per la giovane età o perché bisognosi di cure di tipo sanitario o socio assistenziale, e a prevenire forme di gioco cosiddetto compulsivo, nonché ad evitare effetti pregiudizievoli per il contesto urbano, la viabilità e la quiete pubblica» (sentenza n. 300 del 2011). Si tratta, in altri termini, di normative che prendono in considerazione principalmente le conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso a detti giochi da parte degli utenti. Esse, pertanto, sono ascrivibili alle materie «tutela della salute» e «governo del territorio», nelle quali spetta alle Regioni e alle Province autonome una potestà legislativa concorrente.

Entro tale cornice si è mosso il legislatore statale, che con il d.l. n. 158 del 2012, come convertito, ha previsto, all’art. 7, comma 10, la progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante le cosiddette slot machines, ubicati in prossimità di luoghi sensibili (definendo come tali, in particolare, gli istituti di istruzione primaria e secondaria, le strutture sanitarie e ospedaliere, i luoghi di culto e i centri socio-ricreativi e sportivi).

Nelle more dell’intervento ivi previsto, non ancora realizzato, quasi tutte le Regioni hanno adottato disposizioni tese a individuare luoghi sensibili, prevedendo distanze minime dagli stessi, oscillanti fra i 300 e i 500 metri, per l’ubicazione di sale da gioco e scommesse, e macchine da gioco.

L’elencazione dei luoghi è piuttosto varia, ma comprende sempre gli istituti scolastici, i luoghi di culto, gli impianti sportivi e le strutture sanitarie e per categorie protette, con talune specificità, come per gli istituti di credito e gli sportelli bancomat, gli uffici postali, gli esercizi di acquisto e vendita di oggetti preziosi e d’oro usati (Regione Marche e Regione Piemonte), le stazioni ferroviarie (Regione Piemonte), i terminal bus (Regione Molise), i circoli pensionati e anziani (Provincia autonoma di Trento). Sovente, inoltre, si attribuisce la facoltà d’individuare ulteriori luoghi sensibili ai Comuni, che sono intervenuti di frequente sul punto, in taluni casi anche contemplando le caserme militari (è il caso, ad esempio, del Comune di Venezia, che così dispone all’art. 6 della deliberazione del Consiglio comunale 10 novembre 2016, n. 50, recante «Regolamento comunale in materia di giochi»).

Tali interventi normativi hanno dato origine a un cospicuo contenzioso, riguardo al quale i giudici amministrativi hanno sottolineato l’estraneità di disposizioni siffatte all’ordine pubblico e alla sicurezza e la loro attinenza, invece, alla prevenzione della ludopatia. La giurisprudenza amministrativa, inoltre, ha sottolineato la legittimità delle norme regionali e comunali anche in assenza della pianificazione prevista dall’art. 7, comma 10, del d.l. n. 158 del 2012, come convertito, nonché la natura non tassativa dell’elencazione dei luoghi sensibili ivi prevista (tra le tante, possono segnalarsi Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 10 febbraio 2016, n. 579; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 22 ottobre 2015, n. 4861; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 20 ottobre 2015, n. 4794; Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 23 ottobre 2014, n. 5251; Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 11 settembre 2013, n. 4498).

In seguito, con la sentenza n. 108 del 2017 questa Corte ha nuovamente sottolineato le finalità di carattere socio-sanitario di discipline regionali recanti limiti di distanza dai luoghi sensibili, ascrivibili quindi alla materia della «tutela della salute», così come presupposto, d’altronde, dallo stesso art. 7, comma 10, del d.l. n. 158 del 2012. Inoltre, la pianificazione prevista dalla legislazione statale non costituisce una previa condizione necessaria per l’intervento delle Regioni, poiché la mancanza del decreto attuativo di tale pianificazione non può avere l’effetto di paralizzare sine die la competenza legislativa regionale, che si può esercitare nel rispetto dei principi fondamentali desumibili dalla legislazione statale.

I più recenti interventi regolatori confermano tale assetto. In particolare, in data 7 settembre 2017 è stata siglata in Conferenza unificata l’intesa prevista dall’art. 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», volta alla definizione delle caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché dei criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. L’intesa fa esplicitamente salve le vigenti disposizioni regionali e comunali, ove recanti standard più elevati di tutela, con la possibilità per Regioni ed enti locali di dettare anche in futuro nuove discipline più restrittive. Sebbene tuttora non recepita dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dalla legge n. 208 del 2015, tale intesa è stata espressamente richiamata dalla successiva legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), che all’art. 1, comma 1049, stabilisce che le Regioni adeguino la propria legislazione a quanto sancito dalla stessa.

6.2.– Il quadro normativo e giurisprudenziale, dunque, consente espressamente alle Regioni d’intervenire prevedendo distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, anche individuando luoghi diversi da quelli indicati dal d.l. n. 158 del 2012, come convertito. Tale assunto, d’altronde, non è contestato neppure dall’ordinanza di rimessione, che riconosce altresì le finalità di prevenzione della ludopatia dell’intervento legislativo abruzzese.

L’inclusione delle caserme militari tra i luoghi sensibili non è estranea a tali finalità. Le caserme, infatti, sono destinate all’addestramento e all’alloggio dei militari, in particolare e nella maggior parte dei casi dei giovani che svolgono la precipua formazione in tale campo. Si tratta, quindi, senz’altro di peculiari centri di aggregazione di soggetti che ben possono considerarsi più esposti ai rischi legati ai giochi leciti. E, in tal senso, non si vede come l’appartenenza a un corpo militare (e tantomeno il legittimo possesso di un’arma) potrebbe essere ritenuto di per sé un indice di minore vulnerabilità alla ludopatia, come pare affermare la difesa di Laura Accardo.

Inoltre, nella misura in cui le caserme militari siano adibite anche ad attività operative nei confronti del pubblico, le stesse si configurano altresì come luoghi di aggregazione in cui possono transitare soggetti in difficoltà, che cercano tutela e protezione (si pensi a chi denunci un reato contro la persona o il patrimonio), quindi potenzialmente più esposti a quei fenomeni di debolezza psichica su cui s’innesta la ludopatia.

Il legislatore abruzzese, in conclusione, è certamente intervenuto nell’ambito della materia «tutela della salute», senza invadere la competenza esclusiva dello Stato, con una disciplina che appare altresì non irragionevole, poiché le caserme militari presentano caratteristiche idonee a essere qualificate come luoghi sensibili.

Si tratta, d’altronde, di aspetti che, nei limiti della non irragionevolezza, non possono non rientrare nella discrezionalità del legislatore, le cui valutazioni ben potrebbero, ad esempio, essere legate alla specifica conformazione territoriale. Non a caso, come già osservato, le scelte regionali sul punto sono state assai diversificate e solo per alcuni luoghi si riscontra un costante inserimento nell’elenco, mentre non sono infrequenti valutazioni specifiche di singole Regioni (si pensi alle stazioni bus o ferroviarie), come nel caso di specie.

Non risulta irragionevole, quindi, neppure la mancata inclusione nell’elenco dei luoghi sensibili di strutture assimilabili alle caserme militari, quali le amministrazioni civili del comparto sicurezza, censurata dal giudice a quo senza neppure illustrare le ragioni per cui tali tipologie di strutture sarebbero assimilabili.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera c), punto IV, della legge della Regione Abruzzo 29 ottobre 2013, n. 40 (Disposizioni per la prevenzione della diffusione dei fenomeni di dipendenza dal gioco), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo - sezione staccata di Pescara, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 2019.

F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere


Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2019.
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Re: Ludopatia - gioco d'azzardo lecito

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SENTENZA sede di ROMA, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 201902556 ,

Pubblicato il 25/02/2019

N. 02556/2019 REG. PROV. COLL.
N. 09653/2018 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9653 del 2018, proposto da
Sgames s.r.l., AE Holding s.r.l., Bingo Acilia s.r.l., C.S.M. s.r.l., C.S.M.2 s.r.l., C.S.M.3 s.r.l., Dea Gest s.r.l., Dedi s.r.l., Entertainment s.r.l., Fiori s.r.l., Italiana Bingo s.r.l., Macao s.r.l., Nomentana 659 s.r.l., Scanzani Emiliano Ditta Individuale, Sila s.r.l., Tiburtina 1071 s.r.l., Merna s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutte rappresentate e difese dall’avvocato Carlo Geronimo Cardia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, Viale dei Parioli, 24;

contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rosalda Rocchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura capitolina in Roma, Via del Tempio di Giove, 21;

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento
- dell’ordinanza n. 111 del 26 giugno 2018 emanata dal Sindaco di Roma Capitale, avente ad oggetto la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi, autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS”;

- ove occorra, del “Regolamento Sale da Gioco e Giochi Leciti”, approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 9 giugno 2017, oltre che di ogni altro atto analogo, relativo, presupposto e conseguente, e comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2018 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le ricorrenti operano a vario titolo nell’ambito della filiera del gioco legale. Più in dettaglio:

- Sgames s.r.l. è un gestore di apparecchi da divertimento e intrattenimento con vincita in denaro riconducibili alle tipologie di cui all’articolo 110, comma 6, lett. a) e b), del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, ossia gli apparecchi convenzionalmente indicati, rispettivamente, come AWP (Amusement With Prizes) e VLT (Video Lottery Terminal);

- le altre ricorrenti sono titolari di diverse tipologie di esercizi commerciali ove sono installati apparecchi di gioco AWP e/o VLT per conto del gestore Sgames; si tratta sia di esercizi dedicati esclusivamente alla raccolta del gioco mediante i predetti apparecchi (sale giochi), sia di esercizi dedicati anche ad altre tipologie di gioco (sale bingo), sia – infine – di esercizi commerciali di varia natura (bar, corner sportivi, rivendite di generi di monopolio).

2. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, le ricorrenti hanno impugnato l’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale del 26 giugno 2018, recante la “Disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art.110 comma 6 del TULPS installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ex artt.86 e 88 del TULPS”, mediante la quale l’orario di funzionamento dei suddetti apparecchi è stato fissato dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 18,00 alle ore 23,00 di tutti i giorni, festivi compresi.

Hanno inoltre impugnato, “ove occorra”, il “Regolamento sale da gioco e giochi leciti”, approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 9 giugno 2017.

3. Dopo aver rimarcato il grave pregiudizio per gli interessi pubblici e privati che, al loro avviso, deriverebbe dall’ordinanza comunale, le ricorrenti hanno diffusamente allegato quanto segue:

I) sarebbero riscontrabili i vizi di difetto di istruttoria e violazione del principio di proporzionalità; in particolare: (a) il difetto di istruttoria emergerebbe dalla circostanza che gli elementi forniti dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio risultanti dalla Relazione 2016 e dall’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017 – elementi richiamati nel provvedimento impugnato – si fonderebbero su dati di stima parziali e, inoltre, riferiti al territorio regionale, che sarebbero stati tuttavia traslati asetticamente al territorio capitolino; tali elementi non evidenzierebbero, comunque, il carattere emergenziale della diffusione della ludopatia e non sarebbero quindi idonei a giustificare l’adozione del provvedimento; la misura restrittiva attuata non sarebbe perciò sorretta da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento, contrariamente a quanto richiesto da un consolidato orientamento giurisprudenziale; l’Amministrazione non avrebbe dimostrato, tra l’altro, l’adeguatezza della misura adottata e non avrebbe svolto neppure alcuna istruttoria per comprovare che la diffusione della ludopatia sia legata al gioco legale, piuttosto che a quello illegale; il difetto di istruttoria emergerebbe anche dal mancato coinvolgimento, mediante una preventiva consultazione, degli operatori del gioco legale, eventualmente per il tramite delle relative associazioni di categoria; (b) il difetto di proporzionalità della misura sarebbe evidenziato anzitutto dalla circostanza che la limitazione a otto ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi si porrebbe in contrasto con l’intesa sancita in Conferenza unificata il 7 settembre 2017, essendo stata riconosciuta in quella sede agli enti locali la facoltà di stabilire delle fasce orarie fino a sei ore complessive di interruzione quotidiana del gioco, proprio al fine di ottenere l’omogeneizzazione delle discipline e di evitare divieti eccessivi; la limitazione disposta dall’ordinanza impugnata sarebbe invece eccessiva, perché comporterebbe una riduzione dell’orario di oltre il cinquanta per cento, con gravi effetti sulle imprese e sui livelli occupazionali da esse garantiti; tale limitazione finirebbe anche per favorire la migrazione degli utenti verso altre forme di gioco lecito o verso il gioco illegale; la fissazione di due fasce orarie di funzionamento degli apparecchi, inframmezzate da un periodo di interruzione, costringerebbe poi gli utenti a entrare e uscire dall’esercizio, determinando il c.d. “effetto canguro”, che li indurrebbe a scegliere di non frequentare più l’esercizio neppure negli orari consentiti; esisterebbero, inoltre, studi scientifici secondo i quali le pause forzate avrebbero un effetto controproducente sulla propensione degli utenti a riaccostarsi al gioco, a meno che il giocatore non sia destinatario di messaggi volti a indurlo a riconsiderare il proprio comportamento;

II) sarebbero, inoltre, violati gli articoli 3, 41, 97, 117, secondo comma, lett. e), h) e m), e 118 della Costituzione; in particolare: (a) la misura violerebbe gli articoli 3 e 41 della Costituzione, in quanto limiterebbe la libertà di iniziativa economica in modo irragionevole e tale da realizzare un’ingiustificata disparità di trattamento; come sopra detto, infatti, la disposta limitazione degli orari sarebbe irragionevole in quanto non sorretta da un’adeguata istruttoria; essa realizzerebbe, inoltre, una discriminazione tra i giochi “fisici” e i giochi online e, inoltre, tra i diversi giochi leciti non distribuiti online, essendo destinata a penalizzare solo il gioco mediante apparecchi con vincite in denaro; peraltro, il provvedimento impugnato affermerebbe la particolare pericolosità delle lotterie istantanee, senza tuttavia colpirle mediante alcuna misura, e limitando invece le proprie disposizioni restrittive esclusivamente al gioco mediante apparecchi (slot machine e videolottery), erroneamente ritenuto assimilabile alle lotterie istantanee; (b) sarebbero violati i principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa, sanciti dall’articolo 97 della Costituzione, stante l’evidente sproporzione delle limitazioni imposte;

III) nel contesto nazionale la regolamentazione degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco sarebbe caratterizzata dall’adozione di interventi differenziati da comune a comune; da ciò deriverebbe un quadro caotico, nel quale l’asimmetria delle discipline creerebbe evidenti e ingiuste sperequazioni concorrenziali tra i diversi operatori economici a seconda delle loro posizioni geografiche; inoltre, gli interventi sarebbero dettati di volta in volta a tutela di interessi diversi (traffico, viabilità, salute pubblica, inquinamento acustico) e di differenti categorie di soggetti (giocatori, giovani, famiglie, consumatori psicologicamente più fragili, tossicodipendenti, disoccupati, alcolizzati); il settore richiederebbe, invece, una regolamentazione unitaria a livello nazionale, anche in applicazione dell’articolo 118, primo comma, della Costituzione; in questa prospettiva, la potestà di pianificare l’utilizzo degli apparecchi da gioco di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS sarebbe in capo alla competente autorità statale, dovendo invece le amministrazioni locali partecipare attraverso il meccanismo della Conferenza unificata.

4. Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha ribadito la legittimità del proprio operato, insistendo per il rigetto del ricorso.

5. Si è, inoltre, costituita in giudizio l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

6. Alla camera di consiglio del 13 settembre 2018, a seguito della rinuncia alla domanda cautelare della difesa di parte ricorrente e in accoglimento dell’istanza formulata dalla stessa parte, il Presidente ha disposto la fissazione dell’udienza pubblica del 21 novembre 2018.

7. In prossimità dell’udienza, tutte le parti hanno depositato memorie.

In particolare, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha espresso la propria posizione sulla controversia affermando che, a suo avviso, la compiuta valutazione della rispondenza dell’ordinanza impugnata ai canoni di adeguatezza e proporzionalità dovrebbe essere rinviata all’esito di un’analitica ricerca sugli effettivi volumi di gioco, prima e dopo l’applicazione dell’ordinanza, e di un’attenta e accurata verifica delle variazioni che i diversi provvedimenti comunali hanno avuto nei confronti dei giocatori patologici, così come rilevate dal sistema sanitario nazionale, rimettendosi al Tribunale per la decisione del merito del gravame.

8. Le ricorrenti e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno, inoltre, replicato alle produzioni avversarie.

9. All’udienza pubblica fissata la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

10. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.

11. Va premesso che l’ordinanza impugnata è stata emanata ai sensi dell’articolo 50, comma 7, del Testo unico degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e in attuazione dell’articolo 12 del “Regolamento sale da gioco e giochi leciti” approvato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 31 del 2017.

In particolare, l’articolo 50, comma 7, del TUEL dispone che: “Il sindaco (...) coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici (...)”. E a questa competenza sindacale si aggancia la previsione dell’articolo 12 del Regolamento adottato da Roma Capitale, che demanda appunto al Sindaco la disciplina degli orari di apertura delle sale da gioco e delle fasce orarie di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro, mediante l’adozione di una “specifica ordinanza, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. 267/2000”.

12. Le ricorrenti allegano diffuse e articolate censure tese a dimostrare che, in considerazione di quanto si legge nelle premesse dell’ordinanza impugnata, il provvedimento non risulterebbe sorretto da un’adeguata istruttoria, atta a dimostrare l’adeguatezza, la ragionevolezza e la proporzionalità della misura adottata, che risulterebbe ingiustificatamente penalizzante per gli operatori economici.

12.1. Al riguardo, va rilevato anzitutto che l’ordinanza censurata, in quanto atto generale, non soggiace all’obbligo di motivazione di cui all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990.

Peraltro, il provvedimento contiene un puntuale riferimento alle esigenze di tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo dei cittadini, al cui soddisfacimento è preordinato, attraverso la lotta alla dipendenza da gioco, cui è strumentale la riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco lecito in tutto il territorio capitolino.

12.2. Nelle premesse dell’ordinanza si dà, infatti, contezza dei dati acquisiti, all’esito di un’attenta istruttoria, a sostegno della misura adottata.

Il provvedimento evidenzia, anzitutto, che il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio “ha fornito i dati tratti dal Sistema Informativo Regionale Dipendenze del Lazio presso i Ser.D (Servizi pubblici per le Dipendenze) delle ASL del Lazio relativi a persone in trattamento per problematiche relative al gioco d’azzardo patologico; nella Relazione 2016 e nell’allegato focus descrittivo sui pazienti in trattamento per disturbo da gioco d’azzardo nei servizi Ser.D del Lazio e di Roma aggiornato al 2017, emerge un aumento progressivo del numero di soggetti in carico ai servizi di cura per le dipendenze del Lazio e di Roma; in particolar modo dal grafico allegato al focus di cui sopra l’andamento temporale dei pazienti in trattamento presso i Ser.D di Roma e del Lazio negli ultimi 6 anni (2012-2017) mostra un aumento progressivo delle presenze nei servizi di cura passato, a Roma, dagli 82 casi del 2012 ai 323 casi del 2017, mentre nel Lazio si passa dai 165 casi del 2012 ai 613 del 2017”.

Viene rimarcato, inoltre, che con la “successiva nota acquisita al prot. QH/31769 del 1 giugno 2018, il Dipartimento di cui sopra ha fornito un aggiornamento dei dati riferiti ai primi mesi del 2018, confermando la tendenza ad un aumento dei soggetti che richiedono interventi socio-sanitari per problemi legati al disturbo da gioco d’azzardo (218 casi nel periodo compreso tra gennaio e maggio 2018).”.

Ancora, nelle premesse dell’ordinanza si sottolinea che “il Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale ha attivato sportelli informativi per la prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo, cd. Sportelli GAP, che, quale punto di accesso specializzato cui rivolgersi per avere informazioni e orientamento sulla dipendenza da gioco patologico, hanno accolto numerose richieste di aiuto da parte di cittadini interessati. I destinatari delle attività di detti Sportelli appartengono a tutte le categorie di cittadini, persone tra cui disoccupati, precari, casalinghe, pensionati e studenti, in gran parte accomunate da difficile condizione economica” e che “in occasione dell’incontro “#RomaAscoltaRoma” (percorso di ascolto promosso da Roma Capitale finalizzato alla predisposizione del Piano Sociale Cittadino) sul tema delle “Dipendenze patologiche” è emerso che sono attivi sul territorio progetti per la “messa in sicurezza” volti a sostenere ed evitare il default economico e finanziario delle famiglie che hanno familiari dipendenti da gioco”.

L’ordinanza rileva, quindi, che “dall’esame dei dati in possesso dell’Amministrazione è evidente una significativa diffusione del gioco d’azzardo, con un elevato numero di aperture di sale da gioco autorizzate ex art. 86, comma 1, del TULPS (pari ad oggi a circa 587) e SCIA/Comunicazioni di installazione, produzione, importazione e gestione anche indiretta, autorizzate ex art. 86, comma 3, del TULPS di apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, del T.U.L.P.S (pari ad oggi a circa 1062) e di sale ex art. 88 TULPS di competenza della Questura di Roma (pari a circa 1.116)”.

L’atto illustra, poi, le ragioni per le quali il gioco mediante apparecchi è ritenuto particolarmente pericoloso, richiamando, oltre alla giurisprudenza sul punto, anche lo studio curato dal Ministero della Salute sulle “Dipendenze Comportamentali/gioco d’azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale di sorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi”.

12.3. Peraltro, la difesa capitolina ha pure evidenziato in giudizio che nel corso degli anni sono stati acquisiti dagli Uffici numerosi ulteriori dati i quali, benché non riportati nelle premesse del provvedimento, sono comunque significativi al fine di comprovare la diffusione del gioco e del conseguente rischio di dipendenza patologica. In particolare, un incremento significativo della raccolta del gioco nel 2016 rispetto al 2015, avuto riguardo sia all’intero territorio della Regione Lazio che allo specifico ambito capitolino, è registrabile sulla base degli elementi trasmessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli a richiesta del Sindaco di Roma Capitale (cfr., in particolare, doc. 12 di Roma Capitale).

13. Ritiene il Collegio che le articolate considerazioni sopra riportate siano idonee a sorreggere la misura adottata e che non risultino invece convincenti le contrarie allegazioni delle ricorrenti.

14. Non colgono nel segno, anzitutto, le censure di difetto di istruttoria, che le ricorrenti allegano diffusamente, anche al fine di dedurre la violazione delle norme costituzionali sopra richiamate.

14.1. Quanto agli elementi forniti dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, va rilevato che questi non risultano riferiti esclusivamente all’ambito regionale, poiché il provvedimento riporta specificamente un aumento dei casi di dipendenza da gioco presi in carico dai Ser.D di Roma, secondo quanto sopra detto.

Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’ordinanza risulta, perciò, sorretta da precisi dati epidemiologici, riferiti all’ambito territoriale di riferimento, i quali evidenziano un consistente incremento a livello locale dei casi di ludopatia.

14.2. L’attendibilità dei dati non è poi scalfita dalla circostanza che nella Relazione richiamata nel provvedimento non si faccia distinzione tra “soggetti ludopatici” e “soggetti problematici”, trattandosi di persone rientranti nell’unica platea dei soggetti almeno attinti dal rischio della dipendenza patologica, i cui casi sono stati quindi tutti correttamente computati al fine di valutare l’entità del fenomeno, in vista della prevenzione della sua ulteriore espansione.

14.3. Non convince neppure il rilievo secondo il quale i dati riportati nell’ordinanza non sarebbero comunque di per sé allarmanti, in quanto non numericamente consistenti in rapporto alla popolazione complessiva.

Nelle premesse del provvedimento l’Amministrazione ha, infatti, puntualmente evidenziato che è “(...) verosimile ritenere che il numero reale delle persone affette da ludopatia sia assai maggiore rispetto al numero dei soggetti che, in concreto, si sono rivolti ai Ser.D., in quanto una parte significativa del fenomeno della ludopatia resta sommerso (cosiddetta “cifra oscura”), tenuto conto del fatto che molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali perché provano vergogna o sottovalutano la propria patologia o per altre ragioni (...)”.

Peraltro, l’ordinanza gravata ha una valenza fortemente preventiva, in quanto non mira solo a ridimensionare il fenomeno esistente, sia palese che sommerso e non registrato nei dati ufficiali, ma anche a evitare ulteriori casi di ludopatia, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione, come dimostra la circostanza che il fermo degli apparecchi sia stato disposto negli orari di uscita dalle scuole, secondo quanto risulta dalle premesse del provvedimento impugnato.

14.4. L’adozione della misura non richiedeva, poi, la dimostrazione che i casi di dipendenza patologica riscontrati a livello territoriale fossero legati specificamente al gioco lecito.

La determinazione è, infatti, adeguatamente giustificata, sotto questo profilo, dalla particolare pericolosità del gioco mediante apparecchi con vincite in denaro, che è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza, come correttamente evidenziato nelle premesse dell’ordinanza impugnata. Si è rilevato, infatti, che tali apparecchi “per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo - più di altre - a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch’esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore e, perciò, non necessitante di apposita e più stringente tutela preventiva mirata” (così TAR Trento, 20 giugno 2013, n. 206). Nello stesso senso, si è osservato che gli apparecchi quali slot machine e videolottery “paiono i più insidiosi nell’ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l’utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l’ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica” (così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 706, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2957; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 8 luglio 2015, n. 1570; Id., Sez. II, 22 luglio 2015, n. 1761).

14.5. Non sussisteva, poi, nessun obbligo per l’Amministrazione di consultare preventivamente gli operatori del gioco legale, per cui la circostanza che tali soggetti non siano stati sentiti non comprova, di per sé, un difetto di istruttoria, tenuto conto della circostanza che gli interessi degli operatori risultano essere stati comunque considerati e che la misura si presenta adeguata allo scopo, secondo quanto si dirà più oltre.

15. Sotto altro profilo, non sono condivisibili le censure con le quali le ricorrenti deducono la violazione del principio di proporzionalità, facendone discendere tra l’altro, anche in questo caso, la violazione delle norme costituzionali da esse richiamate.

15.1. Esse allegano, anzitutto, che l’esercizio del potere sindacale sarebbe avvenuto in evidente contrasto con quanto stabilito nell’intesa raggiunta il 7 settembre 2017 in sede di Conferenza unificata tra Governo, Regioni ed Enti locali in merito alle caratteristiche dei punti di raccolta del gioco pubblico.

15.1.1. L’intesa cui si riferiscono le ricorrenti è stata sancita ai sensi dell’articolo 1, comma 936, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il quale dispone che “Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti.”.

15.1.2. Con riguardo alla disciplina degli orari delle attività di gioco, l’intesa reca il riconoscimento agli Enti locali della “facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco” e prevede, inoltre, che “La distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata va definita, d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti”.

15.1.3. Secondo le ricorrenti, confliggerebbe con tali indicazioni la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco soltanto a otto ore disposta dall’ordinanza sindacale impugnata.

15.1.4. Al riguardo, occorre evidenziare che non è stato ancora adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti, per recepire l’intesa. Ne discende che, come affermato anche nelle premesse dell’ordinanza sindacale impugnata, allo stato l’intesa non ha valore cogente, in quanto non recepita da alcun atto normativo, con la conseguenza che “non può spiegare efficacia invalidante sull’ordinanza impugnata” (TAR Veneto, Sez. III, 18 aprile 2018, n. 417).

15.1.5. D’altro canto, l’intesa in questione non si focalizza sugli orari di funzionamento degli apparecchi per gioco lecito, ma – in ossequio a quanto stabilito dalla norma primaria di cui al citato articolo 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 che la prevede – delinea in modo più generale il complessivo riordino della materia, con l’obiettivo, unitamente alla fissazione degli orari, di una significativa riduzione dell’offerta del gioco lecito, sia quanto ai volumi sia quanto ai punti vendita. Non è conseguentemente ipotizzabile un’applicazione atomistica o parcellizzata dell’accordo raggiunto, ossia limitata al solo profilo degli orari di funzionamento degli apparecchi, laddove non siano contestualmente attuate anche le altre previsioni oggetto di accordo. Per la stessa ragione, non può neppure ritenersi che una singola previsione dell’intesa possa essere presa in considerazione al fine di valutare la proporzionalità di una specifica misura adottata a livello locale.

15.1.6. Deve comunque aggiungersi che, con nota del 4 giugno 2018, il competente Dipartimento sviluppo economico attività produttive e agricoltura di Roma Capitale ha informato l’Agenzia delle dogane e dei monopoli – con la quale si sarebbe dovuta raggiungere l’intesa in ordine alla distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata – sia dell’avvenuta adozione del Regolamento, sia dell’avvio di un’istruttoria finalizzata all’individuazione degli orari di apertura delle sale da gioco al fine di contrastare la ludopatia. L’Agenzia è stata informata anche della probabile limitazione oraria del funzionamento degli apparecchi di gioco, nei medesimi termini poi stabiliti dall’ordinanza gravata.

La nota è rimasta priva di riscontro da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

15.1.7. La doglianza va quindi rigettata.

15.2. Le ricorrenti sostengono, poi, diffusamente che la misura sarebbe irragionevolmente diretta nei confronti di una sola tipologia di gioco – quella attuata mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, del TULPS – mentre non colpirebbe il gioco online e neppure le lotterie istantanee, benché queste ultime siano state ritenute dallo stesso provvedimento come particolarmente pericolose. Conseguentemente, il provvedimento sarebbe in concreto inadeguato al perseguimento del fine assunto dall’Amministrazione e inutilmente afflittivo per gli operatori.

15.2.1. Al riguardo, deve tenersi presente che, come sopra detto, il provvedimento impugnato reca una specifica motivazione in ordine alla pericolosità del gioco mediante gli apparecchi con vincite in denaro. E, con ogni evidenza, l’esigenza di contenere la possibilità di accostarsi a di tale tipologia di gioco non è sminuita dall’eventuale circostanza che possano esservi anche altre forme di gioco non meno insidiose o più diffuse. Ciò soprattutto ove si consideri che l’intervento del Sindaco è necessariamente circoscritto nei limiti delle competenze dell’Organo, le quali non includono la possibilità di incidere sull’accesso al gioco online o alle lotterie istantanee. Vale quindi la considerazione per cui “la parità di trattamento invocata dalla parte ricorrente si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento” (così TAR Piemonte, Sez. II, 11 luglio 2017, n. 839).

15.2.2 Da ciò il rigetto della censura.

15.3. Secondo quanto allegato nel ricorso, la limitazione dell’orario di funzionamento degli apparecchi a otto ore sarebbe inoltre eccessivamente onerosa per le imprese e defatigante per gli utenti, costretti a entrare e uscire dall’esercizio a causa della previsione di due fasce orarie, e indotti a “migrare” verso altre forme di gioco. Tale interruzione sarebbe, poi, persino controproducente al fine di contrastare la compulsione al gioco.

15.3.1. In proposito, deve tuttavia osservarsi che gli stessi studi riportati nel ricorso affermano – come ivi riconosciuto – che le interruzioni forzate del gioco sarebbero potenzialmente controproducenti solo nel caso in cui non fossero associate a messaggi dissuasivi. Anche volendo attenersi ai suddetti studi, non è perciò comprovato che la misura della limitazione oraria sia inutile o controproducente, potendosene desumere – al più – la raccomandazione a fare in modo che l’utente comprenda le finalità dell’interruzione del gioco mediante adeguate azioni di informazione.

15.3.2. Quanto alla possibilità che gli utenti siano indotti a rivolgersi ad altre tipologie di gioco, la giurisprudenza ha già avuto modo di rimarcare – esprimendo considerazioni che il Collegio integralmente condivide e fa proprie – che “l’argomento (...) secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco – definite più subdole, rischiose o incontrollabili – prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione. Resta in ogni caso una affermazione non dimostrata” (Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382).

E, al riguardo, deve ribadirsi che la forma di gioco concretamente limitata – ossia quella mediante apparecchi con vincite in denaro – presenta comunque una specifica pericolosità, secondo quanto sopra detto.

15.3.3. La misura risulta, perciò, adeguata allo scopo, in quanto consente, mediante la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi, la riduzione delle occasioni di gioco. E ciò in funzione della tutela dell’interesse costituzionalmente primario alla salute, prevalente rispetto alla tutela della libertà di iniziativa economica privata, la quale, ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, trova il proprio limite nell’utilità sociale. È, infatti, evidente che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, sia a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie.

L’efficacia della determinazione assunta si rivela, poi, anche in considerazione della specifica finalità di tutela delle fasce giovanili. Secondo quanto evidenziato nelle motivazioni del provvedimento, gli orari di funzionamento degli apparecchi sono stati infatti congegnati “anche nell’ottica di contrastare l’insorgere di abitudini collegate alla possibilità di utilizzo degli apparecchi stessi da parte degli studenti, con particolare riferimento agli orari di uscita dalle scuole”.

15.3.4. Risulta parimenti rispettato il principio di proporzionalità, così come appare garantito un equo contemperamento degli interessi: da una parte la tutela della salute e del benessere individuale e collettivo, dall’altra la libertà di iniziativa economica e la tutela del lavoro.

Sotto quest’ultimo profilo, occorre rilevare che l’ordinanza impugnata determina gli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, ovunque installati e collocati, mentre non disciplina i giochi che non avvengono tramite apparecchi o che non erogano vincite in denaro. Conseguentemente, le limitazioni orarie non riguardano l’apertura e la chiusura delle sale, ma solo il funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro in esse eventualmente installati. Gli operatori economici possono quindi continuare a tenere gli esercizi aperti negli orari di spegnimento degli apparecchi, svolgendovi altre attività.

D’altro canto, l’uniformità degli orari per il funzionamento degli apparecchi per tutte le tipologie di esercizi che possano prevederli (ossia a prescindere dalla circostanza che si tratti di esercizi destinati anche ad altre attività economiche o di gioco), così come l’orario indifferenziato per tutto il territorio comunale, appaiono ragionevolmente giustificati e del tutto proporzionati rispetto all’intento di prevenire la trasmigrazione degli utenti dall’una all’altra tipologia di esercizi, ovvero dall’una all’altra zona del territorio comunale, fenomeni che verosimilmente si verificherebbero invece in caso di diversificazione di orari e di zone.

Tanto a ulteriore riprova della logicità e della proporzionalità delle limitazioni orarie imposte dall’ordinanza impugnata, le quali risultano peraltro del tutto in linea con le misure adottate da altri comuni e che sono state ritenute legittime, anche di recente, dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Cons. Stato n. 3382 del 2018, cit.).

15.3.5. Anche questo gruppo di censure va, perciò, rigettato.

16. Per le ragioni sin qui esposte, sono pure da respingere le doglianze con le quali viene lamentata la violazione degli articoli 3, 41, 97, 117, secondo comma, lett. e), h) e m), e 118 della Costituzione, atteso che – come detto – la violazione delle previsioni costituzionali richiamate deriverebbe proprio dai profili di carenza di istruttoria, difetto di proporzionalità e disparità di trattamento già ritenuti insussistenti.

17. Le ricorrenti sostengono, ancora, che la regolamentazione differenziata da comune a comune degli orari di funzionamento degli apparecchi determinerebbe ingiuste sperequazioni tra gli operatori e che il settore richiederebbe, invece, una disciplina unitaria a livello nazionale.

17.1. Rileva al riguardo il Collegio che, nei termini in cui è formulata, la censura non sembra in realtà diretta contro l’ordinanza comunale censurata, ma si risolve in una critica generale nei confronti dell’effetto complessivo delle diverse regolamentazioni adottate a livello locale.
Può perciò dubitarsi della stessa ammissibilità della doglianza.

17.2. In ogni caso, deve osservarsi che il potere esercitato con l’ordinanza impugnata rientra nelle competenze comunali.

Oltre alle considerazioni sopra svolte in ordine alla fonte del predetto potere, basta qui ricordare che la Corte costituzionale ha rilevato che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa ha elaborato un’interpretazione dell’articolo 50, comma 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000 compatibile con gli articoli 32 e 118 della Costituzione e che “In particolare, è stato riconosciuto che − in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 − il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale” (così Corte cost. n. 220 del 2014). E successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale la giurisprudenza amministrativa ha ribadito la sussistenza in capo al Sindaco del potere di disciplinare gli orari delle sale da gioco o di accensione e spegnimento degli apparecchi durante l’orario di apertura degli esercizi in cui i medesimi sono installati, puntualizzando che tale potere non interferisce con quello degli organi statali preposti alla tutela dell’ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ultimi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, mentre quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi generali della comunità locale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 1° agosto 2015, n. 3778; Id., 22 ottobre 2015, n. 4861).

17.3. D’altro canto, le esigenze di omogeneità di disciplina a livello locale sono state prese in considerazione, in certa misura, dall’intesa sancita nella sede della Conferenza unificata il 7 settembre 2017, che tuttavia – come detto – non è cogente.

17.4. In questo contesto, la circostanza che gli orari stabiliti nell’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale siano diversi da quelli previsti in altri comuni non può perciò ridondare, di per sé, in un vizio del provvedimento qui censurato.

17.5. Deve, semmai, rilevarsi che gli stessi dati prodotti dalla ricorrente evidenziano come, nella maggior parte dei comuni che hanno adottato una regolamentazione sul punto, sia stata stabilita una analoga limitazione oraria a otto ore, benché variamente articolata; e ciò anche nei capoluoghi di grandi dimensioni, come Milano, Torino, Napoli e Venezia, mentre Genova ha ridotto l’orario a sole quattro ore.

Si tratta di elementi che militano ulteriormente in favore della proporzionalità e dell’adeguatezza della misura, la quale risulta del tutto in linea rispetto a quelle adottate – tra l’altro – nelle realtà territoriali che risultano più direttamente confrontabili con la Capitale.

18. Il Collegio deve infine rilevare che, nella la memoria depositata il 19 ottobre 2018, le ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità dell’ordinanza sindacale impugnata per violazione dell’articolo 8-bis della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 9 e 10 del TULPS, laddove il provvedimento prevede, in caso di recidiva, la sospensione del funzionamento di tutti gli apparecchi di gioco.

Si tratta, tuttavia, di doglianze inammissibili, e ciò in ossequio al principio, che costituisce jus receptum, secondo il quale può essere affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame, senza possibilità di ampliare il thema decidendum (Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2499).

19. In definitiva, per tutte le considerazioni fin qui esposte, il ricorso deve essere respinto.

20. Sussistono tuttavia giusti motivi, in considerazione della peculiarità della questione esaminata e degli interessi sottesi alla stessa, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Floriana Venera Di Mauro, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Floriana Venera Di Mauro Antonino Savo Amodio





IL SEGRETARIO
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