INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Il CdS rigetta l'appello dell'Amministrazione.
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il CdS scrive:

1) - Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).

2) - Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.

3) - Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.

Leggete tutto il contesto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201703472
- Public 2017-07-14 -


Pubblicato il 14/07/2017

N. 03472/2017REG.PROV.COLL.
N. 06970/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6970 del 2008, proposto da:
Min. Economia e Finanze - Com. Gen. G D F. - Com Rep. Tla Friuli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
S.. Girolamo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Francesco Esposito, Michela Bacchetti, con domicilio eletto presso lo studio Gigliola Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata 320;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE n. 00137/2008, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento indennita' di trasferimento


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Avv.to dello Stato De Felice;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierno appellato, militare appartenente al Corpo della Guardia di Finanza ed assegnato a reparto dislocato nella frazione Ponte Miscecco ( comune di Prepotto), è stato trasferito d’autorità a Ente di stanza nel comune di Cividale del Friuli.

La richiesta dell’interessato di fruire dell’indennità di trasferimento è stata respinta dal Corpo, con provvedimento che il militare ha impugnato avanti al TAR Friuli.

A sostegno del diniego la P.A. ha rilevato che la distanza tra le case comunali di Prepotto e Cividale è inferiore ai 10 km.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha accolto il gravame rilevando che l’art. 1 della legge 86/2001 subordina l’indennità al solo trasferimento in comune diverso e non richiede più perciò la distanza minima ( appunto 10 km) prima prevista dall’art. 1 Legge 100/1987.

La sentenza è stata impugnata con l’appello oggi all’esame dall’Amministrazione la quale ne ha chiesto l’integrale riforma.

Si è costituito in resistenza l’appellato, il quale reitera le ulteriori censure contro il provvedimento impugnato già da lui versate in primo grado.

Le Parti hanno depositato memorie.

All’udienza del 13 luglio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello è da respingere e la sentenza impugnata va confermata, sia pure con diversa motivazione.

In effetti, come dedotto dall’appellante, la censura erroneamente accolta dal TAR era infondata: la giurisprudenza ( cfr. per tutte Ap. n. 23 del 2011) ha infatti successivamente chiarito che la distanza minima dei 10 km – di cui alle norme sull’indennità di missione - costituisce sempre, pur nel vigore della nuova disciplina, requisito di base per l’erogazione anche dell’indennità di trasferimento.

Ciò premesso, vertendo la controversia in tema di diritti soggettivi patrimoniali, deve passarsi in concreto a stabilire se nel caso all’esame – come sostiene l’appellante con dovizia di riferimenti normativi - la distanza da prendere in considerazione è quella tra le due case comunali ( pacificamente: 8 km) o invece – come deduce l’appellato - quella tra i due reparti di assegnazione ( pacificamente: 17 km).

Al riguardo, la consolidata giurisprudenza della Sezione ( cfr. per tutte IV n. 2973 del 2003) ha chiarito che le distanze si computano di norma tra le case comunali, valendo il criterio derogatorio della sede dell’ufficio solo quando questo si trova in località isolata.

Nel caso in esame, come rilevato dal ricorrente, la precedente sede di servizio ( Ponte Miscecco) era appunto dislocata in località isolata a ridosso, per quanto si comprende, del confine italo-sloveno.

Dal momento che, come si è sopra puntualizzato, Ponte Miscecco dista 17 km da Cividale, al militare andava dunque corrisposta l’indennità.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello dell’Amministrazione va perciò respinto e la sentenza impugnata va confermata con diversa motivazione.

Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate forfettariamente in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il Comando Generale della Guardia di Finanza al pagamento in favore di S.. Girolamo di euro 1500 ( millecinquecento ) oltre spese generali IVA e CAP se dovuti, per le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO


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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Ok, l'Amministrazione resistente non resiste più.

Caso chiuso.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201704711 - Public 2017-10-11 -

Pubblicato il 11/10/2017


N. 04711/2017 REG. PROV. COLL.
N. 08849/2015 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8849 del 2015, proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale della Guardia di Finanza Piemonte, Comando Regionale della Guardia di Finanza Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uf-OMISSIS- in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;

contro
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Fortuna, Umberto Coronas, con domicilio eletto presso lo studio Umberto Coronas in Roma, via Giuseppe Ferrari, 4;

-OMISSIS-, -OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-,-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Umberto Coronas, Giuseppe Fortuna, con domicilio eletto presso lo studio Umberto Coronas in Roma, via Giuseppe Ferrari, 4;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il PIEMONTE – Sede di TORINO- SEZIONE I n. 1036/2015, resa tra le parti, concernente accertamento e declaratoria del diritto patrimoniale alla corresponsione del trattamento economico di trasferimento d'uf-OMISSIS-o

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Signori -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- i-OMISSIS--OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato dello Stato G. Natale e l’avvocato U. Coronas;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO
1.Il Comando Regionale Piemonte del Corpo della Guardia di Finanza, avendo stabilito di sopprimere per esigenze organizzative il reparto ove prestava servizio l’odierna parte appellata, ha invitato il personale da questa dipendente ad indicare la sede preferita come nuova destinazione.

Acquisite le domande, il Comando ha disposto i relativi trasferimenti, qualificandoli come avvenuti a domanda ed escludendo quindi l'erogazione delle provvidenze previste dalla legge in favore dei militari trasferiti d'autorità.

2.Con la sentenza in epigrafe indicata l'adito TAR del Piemonte ha accolto il ricorso proposto dall'odierna parte appellata avverso il diniego di erogazione delle indennità in parola.

3.La sentenza è impugnata con l'atto di appello in esame dall'Amministrazione la quale ne chiede l'integrale riforma, deducendo che la presentazione da parte del militare della domanda ( di trasferimento o gradimento per una specifica sede) preclude la corresponsione in suo favore di bene-OMISSIS- che la legge correla ai soli trasferimenti autoritativi; inoltre (pag. 18 dell’atto di appello) ad avviso dell’appellante Amministrazione il Tar aveva errato nel liquidare le indennità previste dalla legge n. 836/1973 e dal dPR 164/2002 in quanto sarebbe spettato a parte appellata provare di non potere usufruire di alloggio di servizio e di avere trasferito la famiglia in altro comune: sotto tale angolo prospettico il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile

4. In data 19.11.2015 e 3.12. 2015 le parti appellate si sono costituite in giudizio depositando articolate memorie puntualizzando e ribadendo le proprie difese e chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.

5. Alla camera di consiglio 24.11.2015 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione la trattazione della causa è stata rinviata a data da destinarsi su concorde richiesta delle parti tenuto conto che di lì a poco sulla medesima questione si sarebbe dovuta pronunciare l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato.

6. In data 31 maggio 2016 parte appellata ha depositato una sintetica memoria richiamando la recente decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1/2016; quanto al secondo profilo di censura, ha fatto presente che era stato documentato il diritto a godere delle indennità di cui all’art. 21 della legge n. 836/1973 ed all’art. 47 comma 5 del dPR 164/2002 in quanto, (ad eccezione dei Signori -OMISSIS- -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-e -OMISSIS-) trattavasi di soggetti tutti aventi figli a carico: tale circostanza e quella di non potere godere di alloggio di servizio non erano mai state contestate dall’Amministrazione.

7. Alla camera di consiglio del 9 giugno 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione la Sezione, con la ordinanza cautelare n.2181/2016 ha respinto la domanda cautelare alla stregua della considerazione per cui: “Rilevato che l’appello cautelare è privo del prescritto fumus ( si veda la recentissima decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 2016) ed in ogni caso trattandosi di controversia relativa alla erogazione di somme sarebbe stata priva del requisito del periculum in mora;”.

8. In data 24.3.2017 l’amministrazione appellante ha depositato una nota contenente una dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’appello in relazione alla circostanza che nelle more del giudizio era sopravvenuta la decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 1/2016 e tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia.

9. Alla odierna pubblica udienza del 5 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio prende atto della dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’appello e lo dichiara improcedibile.

2. Quanto alle spese del presente grado di giudizio, esse possono essere integralmente compensate tra le parti, tenuto conto che il sopravvenuto venire meno dell’interesse alla decisione dell’appello discende dalla circostanza che nel corso del giudizio è stata emessa la recente decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 2016 che ha risolto le pregresse oscillazioni della giurisprudenza in materia e tenuto conto altresì delle considerazioni in punto di regolamento delle spese contenute nella predetta decisione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, prende atto della dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione e lo dichiara improcedibile.

Spese processuali del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare gli appellati.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabio Taormina Paolo Troiano





IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.


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N.B. stesso giudizio anche

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il PIEMONTE –Sede di TORINO - SEZIONE I n. 944/2015, resa tra le parti, concernente accertamento e declaratoria del diritto patrimoniale alla corresponsione del trattamento economico di trasferimento d'uf-OMISSIS-o
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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soppressione Brigata di Santo Stefano al Mare.

Spero che qualche lettore si riconosca in questo ricorso al PdR (Accolto)
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201702516 - Public 2017-12-04 -
Numero 02516/2017 e data 04/12/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 18 ottobre 2017


NUMERO AFFARE 01544/2015

OGGETTO:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale guardia di finanza.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dai signori Franco Abbo, Osvaldo Brunori, Graziano Garaccioni, Marco Leone, Gianbattista Licalsi, Alfonso Roberto Margani, Mario Mari, Antonio Pavone, Luigi Carmine Pizzolo, Lorenzo Tolu e Pietro Paolo Caridi, contro il Comando generale della Guardia di finanza, avverso e per l’annullamento delle note prot. nr. 0022762/14 del 4 febbraio 2014 (trasmessa all’App. Sc. Franco Abbo con raccomandata del 12 febbraio 2014), prot. nr. 0022748/14 del 4 febbraio 2014 (notificata al M.llo O. Osvaldo Brunori in data 12 febbraio 2014), prot. nr. 0022742/14 del 4 febbraio 2014 (notificata al M.llo C. Graziano Garaccioni in data 20 febbraio 2014), prot. nr. 0022757/14 del 4 febbraio 2014 (notificata all’App. Sc. Marco Leone in data 19 febbraio 2014), prot. nr. 0022776/14 del 7 febbraio 2014 (notificata all’App. Sc. Gianbattista Licalsi in data 19 febbraio 2014), prot. nr. 0022739/14 del 4 febbraio 2014 (notificata all’App. Sc. Alfonso Roberto Margani in data 20 febbraio 2014), prot. nr. 0022752/14 del 4 febbraio 2014 (notificata al Brig. Mario Mari in data 19 febbraio 2014), prot. nr. 0022741/14 del 4 febbraio 2014 (notificata al V. Brig. Antonio Pavone in data 20 febbraio 2014), prot. nr. 0022733/14 del 4 febbraio 2014 (notificata all’App. Sc. Luigi Carmine Pizzolo in data 20 febbraio 2014), prot. nr. 0018911/14 del 30 gennaio 2014 (notificata al M.llo C. Pietro Paolo Caridi in data 20 febbraio 2014),
con le quali il Re.T.L.A. – Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Liguria, Ufficio Amministrazione, Sezione Trattamento Economico, ha respinto le istanze presentate dai suddetti militari – rispettivamente, in date 22 gennaio 2014
(App. Sc. Abbo), 20 gennaio 2014 (M.llo O. Brunori), 9 gennaio 2014 (M.llo C. Garaccioni), 16 gennaio 2014 (App. Sc. Leone), 27 gennaio 2014 (App. Sc. Licalsi), 20 gennaio 2014 (V. Brig. Pavone), 20 gennaio 2014 (App. Sc. Pizzolo), 20 gennaio 2014 (App. Sc. Tolu) e 10 gennaio 2014 (M.llo C. Caridi) –
al fine di ottenere la corresponsione del trattamento economico di cui alla legge 29 marzo 2001, nr. 86 e delle indennità ad essa correlate, in ragione dei trasferimenti d’autorità dei quali sono stati oggetto a seguito della soppressione dei Reparti di appartenenza, disposta con Circolare del Comando generale della Guardia di finanza, I Reparto, Ufficio Ordinamento nr. 187191/10 in data 21 giugno 2010 (“Interventi di revisione della architettura organizzativa dei Reparti territoriali del Corpo per l’anno 2010”) e della presentazione delle domande di trasferimento previste dal Foglio del Comando regionale Liguria, Ufficio Personale e AA.GG., Sez. Pe.I.S.A.F./Trasferimenti, prot. 0164828/10 in data 16 luglio 2010
(quanto all’App. Sc. Abbo, al M.llo O. Brunori, al M.llo C. Garaccioni, all’App. Sc. Leone, all’App. Sc. Licalsi, all’App. Sc. Margani, al Brig. Mari, al V. Brig. Pavone, all’App. Sc. Pizzolo e all’App. Sc. Tolu)
e dal Foglio del Comando regionale Lombardia, prot. 523358/10 in data 23 luglio 2010
(quanto al M.llo C. Caridi),
nonché avverso e per l’annullamento, delle note prot. nr. 008479/14 del 30 aprile 2014
(trasmessa all’App. Sc. Franco Abbo in data 8 maggio 2014), prot. nr. 0092289/14 del 13 maggio 2014 (notificata al M.llo O. Osvaldo Brunori in data 27 maggio 2014), prot. nr. 0092267/14 del 13 maggio 2014 (notificata al M.llo C. Graziano Garaccioni in data 27 maggio 2014), prot. nr. 0084387/14 del 30 aprile 2014 (notificata all’App. Sc. Marco Leone in data 13 maggio 2014), prot. nr. 0084357/14 del 30 aprile 2014 (notificata all’App. Sc. Gianbattista Licalsi in data 13 maggio 2014), prot. nr. 0092291/14 del 13 maggio 2014 (notificata all’App. Sc. Alfonso Roberto Margani in data 27 maggio 2014), prot. nr. 0084396/14 del 30 aprile 2014 (notificata al Brig. Mario Mari in data 13 maggio 2014), prot. nr. 0092285/14 del 13 maggio 2014 (notificata al V. Brig. Antonio Pavone in data 27 maggio 2014), prot. nr. 0092280/14 del 13 maggio 2014 (notificata all’App. Sc. Luigi Carmine Pizzolo in data 27 maggio 2014), prot. nr. 0092286/14 del 13 maggio 2014 (notificata all’App. Sc. Lorenzo Tolu in data 27 maggio 2014) e prot. nr. 0081930/14 del 28 aprile 2014 (notificata al M.llo C. Pietro Paolo Caridi in data 9 maggio 2014),
con le quali il Re.T.L.A. – Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Liguria ha respinto i ricorsi gerarchici proposti dai suddetti militari – rispettivamente, in data 11 marzo 2014 l’App. Sc. Franco Abbo, e in data 13 marzo 2014 tutti quanti gli altri – avverso i sopra epigrafati provvedimenti di diniego della corresponsione del trattamento economico di cui alla legge nr. 86/2001 e delle indennità ad esso correlate, nonché per l’annullamento di tutti gli altri atti rispetto a quelli sopra indicati, anteriori, collegati, connessi o conseguenti.


LA SEZIONE
Vista la relazione nr. 352728 del 3 dicembre 2014 con la quale il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale Guardia di finanza ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;

Vista l’istanza di prelievo depositata dai ricorrenti in data 23 giugno 2017;

Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere Raffaele Greco;


Premesso:

1. I ricorrenti in epigrafe meglio indicati, tutti militari appartenenti al Corpo della Guardia di finanza già in servizio presso la Brigata di Santo Stefano al Mare, sono stati trasferiti a diversi Reparti per effetto della soppressione della detta Brigata, disposta con Circolare prot. nr. 187191/10 in data 21 giugno 2010 del Comando generale – I Reparto – Ufficio Ordinamento, avente a oggetto: “Interventi di revisione dell’architettura organizzativa dei Reparti territoriali del Corpo per l’anno 2010”.

I trasferimenti si sono attuati previa diramazione del Foglio prot. nr. 0164828/10 del 16 luglio 2010, col quale ai militari in servizio presso i Reparti soppressi è stata data facoltà di avanzare domanda di trasferimento, esprimendo la propria preferenza per altre sedi.

A seguito di tale vicenda, i ricorrenti hanno tutti proposto istanze per la corresponsione del trattamento economico di cui agli artt. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, nr. 86, 47, comma 5, del d.P.R. 18 giugno 2002, nr. 164, e 21 della legge 18 dicembre 1973, nr. 836, ritenendo di essere stati interessati da trasferimenti d’autorità.

Le predette istanze sono state respinte dall’Amministrazione con note di identico tenore, nelle quali si assumeva l’insussistenza del presupposto legittimante la concessione del beneficio richiesto, essendo stati i trasferimenti disposti con determinazioni che qualificavano i trasferimenti stessi come “a domanda”.

2. Avverso i provvedimenti di diniego gli interessati hanno proposto altrettanti ricorsi gerarchici, tutti respinti dall’Amministrazione con provvedimenti nei quali si sosteneva:

- la non impugnabilità dei dinieghi, trattandosi di atti consequenziali ed esecutivi di altri provvedimenti;

- che i trasferimenti non potevano essere qualificati “d’ufficio”, attesa la preferenza espressa dagli interessati per le sedi di nuova destinazione;

- l’ininfluenza di contenzioso giurisprudenziale sulla questione, in carenza di specifiche disposizioni superiori sul punto.

3. Tanto gli originari dinieghi quanto i provvedimenti reiettivi dei ricorsi gerarchici sono stati impugnati dagli interessati con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, nel quale è stata dedotta la seguente unica articolata censura: violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 1 e 1-bis, della legge 29 marzo 2001, nr. 86, dell’art. 47, comma 5, del d.P.R. 18 giugno 2002, nr. 164, e dell’art. 21 della legge 18 dicembre 1973, nr. 836, e s.m.i.; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto, per difetto/erroneità di istruttoria, per difetto/erroneità di motivazione e per manifesta illogicità e contraddittorietà.

In estrema sintesi, i ricorrenti assumono che, essendo i loro trasferimenti determinati da soppressione della sede di appartenenza, gli stessi non potevano non essere qualificati come “d’autorità”, non mutando tale qualificazione per il solo fatto che agli interessati fosse stata data la facoltà di scegliere la nuova sede di destinazione; conseguentemente, e in linea con plurimi precedenti giurisprudenziali, non poteva essere loro negata la corresponsione dei benefici in questione, il cui presupposto è costituito appunto dall’avere il militare subito un trasferimento d’autorità.

4. Nella propria relazione istruttoria, il Ministero dell’economia e delle finanze ha articolatamente sostenuto l’infondatezza del ricorso.

5. Con istanza depositata in data 23 giugno 2017, i ricorrenti hanno chiesto una sollecita definizione della vicenda, richiamando il più recente indirizzo dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, asseritamente favorevole alla loro tesi.

Considerato:

6. Tutto ciò premesso, la Sezione è dell’avviso che il ricorso sia fondato e meritevole di accoglimento.

7. E difatti, come evidenziato nell’istanza depositata dai ricorrenti in data 23 giugno 2017, il più recente indirizzo dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sent. 29 gennaio 2016, nr. 1), dal quale in questa sede non si ravvisa ragione per discostarsi, è nel senso della spettanza dei benefici retributivi de quibus nei casi del tipo di quello che qui occupa.

Più specificamente, si è innanzi tutto rilevato che per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 163, della legge 24 dicembre 2012, nr. 228, è stato definitivamente chiarito che gli speciali benefici retributivi previsti dalla normativa sopra richiamata per le ipotesi di trasferimento d’autorità non spettano ai militari i quali, a seguito di soppressione della sede di appartenenza, siano stati messi in condizione di esprimere comunque la propria preferenza o indicazione per la nuova sede di destinazione.

Tuttavia, il Supremo Consesso ha ritenuto che – proprio in ragione del carattere innovativo della disciplina introdotta nel 2012 – per le vicende alle quali la stessa non è applicabile ratione temporis ai militari interessati non possa essere negata la speciale indennità di trasferimento, in quanto la soppressione della sede di appartenenza integra sempre un’ipotesi di trasferimento d’ufficio, e tale natura non può essere esclusa per la previsione di clausole di gradimento o istanze di scelta a favore degli interessati.

8. Pertanto, poiché i trasferimenti degli odierni ricorrenti risalgono al 2010 (e, quindi, a epoca anteriore all’entrata in vigore della legge nr. 228/2012), in applicazione dei richiamati principi deve ritenersi loro spettante il beneficio richiesto.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaele Greco Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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L'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile
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1) - L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.

Il CdS precisa:

2) - Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali,

3) - il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;

P.S.: rileggi il punto n. 3.

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803256
– Public 2018-05-31 -


Pubblicato il 31/05/2018


N. 03256/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01259/2017 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1259 del 2017, proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
Aldo M.., rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Branzanti, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. IV, n. 3340 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n.86.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Aldo M..;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e udito, per l’appellante, l’avv.to dello Stato Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3340 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento della indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza.

2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:

a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;

b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.

3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).

4. In data 10 aprile 2017, si è costituito in giudizio il signor Aldo M.. al fine di resistere.

5. Con ordinanza n. 1656 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.

6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in vista della quale le parti non hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.

7. La domanda di revocazione è inammissibile.

7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).

Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.

7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:

- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo M.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;

- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del M.., emergendo dagli atti di causa che:

a) con messaggio n. 11526/P/5 del 12 gennaio 2001, il Comando regionale Lombardia della GdF chiedeva di verificare la “preventiva disponibilità” del M.., in servizio presso la Compagnia di Ponte Tresa, al trasferimento presso l’Ufficio Telematica – Servizio Informatica con la precisazione che in caso di mancato gradimento o “risposta difforme” la domanda “sarà archiviata”;

b) con nota del 18 gennaio 2001, in risposta a detto messaggio, il maresciallo M.. esprimeva la propria disponibilità al trasferimento “a domanda” dalla Compagnia di Ponte Tresa al Comando Generale (Ufficio Telematica – Servizio Informatica);

c) con Dispaccio dell’11 aprile 2001 il Comando Gdf disponeva il trasferimento del M.. a domanda con decorrenza 13 aprile all’Ufficio Telematica – Servizio Informatica;

d) con Determina del 21 giugno 2002 il Comando Quartier Generale Gdf respingeva la richiesta (del 12 giugno 2002) presentata dal M.. per la corresponsione indennità di trasferimento prevista dalla legge 10 marzo 1987, n. 100, trattandosi di movimentazione avvenuta a domanda “previo gradimento”;

- il Ministero, a suffragio della propria istanza di revocazione, evidenzia che il M.. “già il 07.11.2000 aveva presentato domanda di trasferimento dalla 2^ Compagnia di Bologna, indicando tre sedi di servizio preferite, tutte ubicate nella città di Roma”, sua città di origine, e che “sul punto il Consiglio di Stato non ha proprio preso in esame questo elemento, né ha motivato sul fatto che il militare avesse prodotto in data 07.11.2010 domanda di trasferimento per Roma, e che fosse romano, nonostante agli atti di causa vi fosse la sua domanda” (cfr. pagina 10 del ricorso);

- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti) >>;

- il Collegio ha quindi sciolto la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal M.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 12 gennaio 2001;

- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato, come sopra evidenziato, sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;

- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.

8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.

9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1259/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Aldo M.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli





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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Questa è la sentenza del CdS richiamata nella Revocazione suindicata.
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1) - Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.

Il CdS precisa:

2) - Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:
“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.

3) - In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.

-------------------------------------------------------------------


SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201603340
- Public 2016-07-26 -


N. 03340/2016 REG. PROV. COLL.
N. 00015/2008 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15 del 2008, proposto da:
Aldo M.., rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Alberti e Eugenio Barrile, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tirso n. 90, per mandato in calce all’appello;

contro
- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
- Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 9752/2003, proposto per l’accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Andrea Reggio D'Aci, per delega dell’avv. Barrile, e l'avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Aldo M.., maresciallo della Guardia di Finanza, già in servizio presso il Comando Compagnia di Ponte Tresa (VR), è stato trasferito con determinazione dell’11 aprile 2001, a seguito di sua dichiarazione di disponibilità, al Comando Generale, Ufficio Telematica - Servizio Informatica.

Con il ricorso in primo grado l’interessato ha proposto cumulative domande di accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001 e di condanna dell’amministrazione al pagamento delle relative somme.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. per il Lazio ha rigettato il ricorso, con richiamo all’orientamento di cui alla sentenza di questa Sezione 30 maggio 2005, n. 2831.

2.) Con appello notificato il 5 dicembre 2007 e depositato il 2 gennaio 2008, l’interessato ha impugnato la predetta sentenza, deducendo con unico motivo:

Errores in iudicando - Violazione e falsa applicazione della legge n. 100/1987 e della legge n. 86/2001 - Travisamento delle circostanze di fatto e di diritto - Carenza di motivazione.

Il trasferimento è stato disposto in relazione a esigenze organizzative dell’amministrazione, con mutamento di sede e funzioni, non avendo peraltro l’interessato nemmeno maturato l’anzianità di servizio richiesta per un trasferimento a domanda, non potendo assumere rilievo la dichiarazione di disponibilità.

Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda”, e che peraltro il trasferimento ha comportato l’avvicinamento al comune di nascita (Rieti).

Con memoria depositata il 6 giugno 2016 l’appellante ha insistito per l’accoglimento del gravame, richiamando l’orientamento da ultimo espresso con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016.

All’udienza pubblica del 7 luglio 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

L’appello in epigrafe è fondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado.

Con la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria è stato chiarito, in linea generale, quanto alla c.d. clausola di gradimento e/o dichiarazione di disponibilità al trasferimento che:

“Tale clausola…incide solo sugli effetti ubicazionali ovvero lato sensu geografici dell’ordine di trasferimento; essa comporta acquiescenza in senso proprio a tali effetti perché implica rinuncia al proprio diritto di agire in giudizio, nel rispetto di tutti i rigorosi presupposti richiesti dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questo Consiglio onde evitare l’elusione dei valori costituzionali tutelati dagli artt. 24, co.1, e 113, co. 1, Cost…ma non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”.

In altri termini, in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio (nel caso specifico deferito all’Adunanza Plenaria si trattava di trasferimento per soppressione di reparto disposto previa acquisizione di disponibilità dell’interessato), e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto all’indennità ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86.

In conclusione, previa riforma della sentenza gravata, deve dichiararsi il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, con condanna delle Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme.

In relazione all’esistenza al momento della proposizione del ricorso in primo grado e dell’appello di opposti orientamenti ermeneutici, e alla loro “ricomposizione” soltanto a seguito della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, successiva alla proposizione dell’appello, sussistono le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese e onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, così provvede sull’appello in epigrafe n.r. 15/2008:

1) Accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione II, n. 10875 del 23 ottobre 2006, e in accoglimento del ricorso proposto in primo grado, riconosce il diritto dell’appellante alla corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, e condanna le Autorità statali intimate al pagamento delle relative somme;

2) Dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati


Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 26/07/2016
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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pubblico 2 sentenze del CdS che riguardano la stessa persona.

La 1^ riguarda che l'Amministrazione perde l'Appello per Revocazione in quanto è inammissibile.

La 2^ riguarda l'ottemperanza alla sentenza del CdS e viene anche indicata la somma percepita.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(Revocazione):

SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803251
– Public 2018-05-31 -


Pubblicato il 31/05/2018

N. 03251/2018 REG. PROV. COLL.
N. 01260/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1260 del 2017, proposto da:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via E. Gianturco, n. 6;

per la riforma
della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV, n. 3341 del 26 luglio 2016, resa tra le parti, concernente indennità di trasferimento ex art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor Antonio V..;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato dello Stato Damiani e l’avvocato Barrile;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla domanda di revocazione della sentenza di questa Sezione n. 3341 del 26 luglio 2016 recante il riconoscimento di indennità ex art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 in favore del signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza.

2. Con la revocanda sentenza, nella resistenza della difesa erariale, il Collegio:

a) ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, Sezione II, n. 10865 del 23 ottobre 2006, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha accertato il diritto dell’appellante alla corresponsione dell’indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo;

b) ha dichiarato compensate per intero tra le parti le spese e onorari del doppio grado di giudizio.

3. Il Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiesto la revocazione della sentenza in epigrafe perché “ricorre l’ipotesi di revocazione indicata al numero 4 dell’art. 395 c.p.c., apparendo la sentenza viziata da errore di fatto, rilevabile dall’esame della sola pronuncia alla luce degli atti o dei documenti di causa” (cfr. pagina 4 del ricorso).

4. In data 20 marzo 2017, si è costituito in giudizio il signor Antonio V.. al fine di resistere.

5. Con ordinanza n. 1657 del 21 aprile 2017, il Collegio ha respinto la domanda cautelare “Considerato, ad un primo esame proprio della fase cautelare, che la vicenda richiede adeguato approfondimento in sede di merito e che tuttavia, allo stato, non appaiono ricorrere le condizioni di gravità ed urgenza evidenziate dal ricorrente per concedere la misura cautelare richiesta”.

6. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato difese scritte, la causa è stata assunta in decisione.

7. La domanda di revocazione è inammissibile.

7.1. Giova preliminarmente riportare l’orientamento espresso da questo Consiglio in ordine alla configurazione dell’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c., alla luce dell’indeclinabile esigenza di evitare che detta forma di impugnazione si trasformi in una forma di gravame idonea a condizionare sine die il passaggio in giudicato di una pronuncia giurisdizionale: “l'errore di fatto revocatorio si sostanzia, dunque, in una svista o "abbaglio dei sensi" che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio (ritualmente acquisiti agli atti di causa), determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: esso pertanto non può (e non deve) confondersi con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice, costituendo il peculiare mezzo previsto dal legislatore per eliminare l’ostacolo materiale che si frappone tra la realtà del processo e la percezione che di essa ha avuto il giudicante, proprio a causa della svista o dell’ "abbaglio dei sensi"; pertanto, mentre l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, esso non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione (che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall'ordinamento)” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975; Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869).

Ai fini dell’enucleazione del concetto giuridico di errore di fatto soccorre anche una specifica recente pronuncia dell’Adunanza plenaria (27 luglio 2016, n. 21), secondo cui “Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell'esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni; occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a sostegno di ciascuno dei motivi del medesimo; il motivo di ricorso, infatti, delimita e identifica la domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l'obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi; a sostegno del motivo — che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice — la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volto a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per sé stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda; rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati”.

7.2. Nella fattispecie in esame non si rinvengono gli estremi dell’errore di fatto, secondo le caratteristiche delineate dai riportati indirizzi giurisprudenziali, per le seguenti ragioni:

- il Ministero ricorrente assume che il Collegio di seconde cure sarebbe incorso in una “errata percezione dei fatti di causa” in quanto il trasferimento al quale è stato sottoposto il maresciallo V.. presso il Servizio amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza è scaturito da apposita domanda in tal senso del militare e non in conseguenza della soppressione/ridislocazione del Reparto (2^ Compagnia di Bologna) ove prestava servizio;

- è utile ripercorrere brevemente i passaggi essenziali che hanno condotto al trasferimento del V.., emergendo dagli atti di causa che:

a) il maresciallo Antonio V.. presentava, in data 7 novembre 2000, una prima domanda di trasferimento indicando tre sedi di servizio ubicate nella città di Roma;

b) con radiomessaggio n.7097/1241/5, in data 22 febbraio 2001, il Comando Generale chiedeva di verificare la disponibilità del V.. al trasferimento “a domanda” al Servizio amministrativo – 2^ Divisione;

c) il V.., in data 28 febbraio 2001, dichiarava di “……gradire ed accettare il trasferimento a domanda……” presso il Servizio amministrativo – 2^ Divisione;

d) il trasferimento si perfezionava in virtù del provvedimento n.73288/1241/5 in data 20 marzo 2001;

e) con istanza del 4 giugno 2002, il V.. chiedeva il riconoscimento dei benefici economici previsti dall’art.1 della legge 29 marzo 2001, n.86, istanza che veniva respinta dall’amministrazione evidenziando che “…..la movimentazione è avvenuta a domanda (…), mancando il presupposto di legge del <<trasferimento d’autorità>>…..”.

- il Ministero, a suffragio della propria domanda di revocazione, ha evidenziato che il V.. “presentava in data 07.11.2000 (All. 1) apposita istanza di trasferimento, per essere destinato a Roma (sua città di origine, nde), confermando immediatamente dopo detta manifestazione di volontà, in data 28.02.2001” (cfr. pagina 6 del ricorso);

- il Collegio, contrariamente a quanto opina il Ministero ricorrente, ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulle circostanze valorizzate in questa sede avendo precisato quanto segue: <<Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 24 agosto 2008, hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello, rilevando come la dichiarazione di
disponibilità sia formata nel senso dell’accettazione del trasferimento “a domanda” >>;

- il Collegio ha quindi affrontato la preliminare dirimente questione, afferente alla qualificazione stessa del trasferimento, optando, alla luce dei principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 1 del 29 gennaio 2016, per la natura “di autorità” del trasferimento siccome “non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari”, tanto è vero che, come si evince dai menzionati passaggi della vicenda di causa, la disponibilità a trasferirsi veniva espressa dal V.. a seguito di sollecitazione da parte dell’amministrazione con il messaggio del 22 febbraio 2001;

- tale passaggio investe quindi un preciso caput controversum, avendo il T.a.r. disatteso il ricorso originario e sul quale l’appellante aveva formulato specifiche contestazioni nell’impugnare il provvedimento reiettivo appunto imperniato sulla pretesa natura “a domanda” del trasferimento;

- da tanto consegue che non ricorre l’errore di fatto configurato dal Ministero istante proprio per l’avvenuta sottoposizione della questione alle valutazioni del Collegio, così palesandosi che la contestazione sollevata impinge nel giudizio espresso piuttosto che nella percezione delle circostanze di fatto sottese al gravame.

8. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò precludendo il riesame del merito della controversia già precedentemente decisa.

9. La regolazione delle spese di lite del presente grado, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto (R.G. n. 1260/2017), lo dichiara inammissibile e condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del signor Antonio V.., delle spese di lite liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli





IL SEGRETARIO

---------------------------------------


(ottemperanza):

importo pagato per indennità di trasferimento.

1) - risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo. Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;

----------------------------------------------


SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803254
– Public 2018-05-31 -


Pubblicato il 31/05/2018

N. 03254/2018 REG. PROV. COLL.
N. 07043/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7043 del 2017, proposto da:
Antonio V.., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Barrile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oslavia, n. 14;

contro
Ministero dell'economia e delle finanze - Comando Generale Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione IV n. 3341 del 2016, resa tra le parti, concernente corresponsione dell'indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001.


Visti il ricorso per l’ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Barrile e l’avvocato dello Stato Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Considerato che:

- con la epigrafata sentenza n. 3341 del 26 luglio 2016 questa Sezione ha accolto il gravame proposto dal signor Antonio V.., maresciallo della Guardia di Finanza, ai fini dell’accertamento del suo diritto alla corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86/2001;

- per l’effetto questa Sezione, in riforma della impugnata sentenza del T.a.r. per il Lazio-Roma- Sezione II n. 10865 del 23 ottobre 2006, che respingeva il ricorso originario per insussistenza dei presupposti del diritto invocato, ha stabilito quanto segue:

a) la clausola di gradimento espressa dall’appellante “non incide sul diritto di credito (a percepire l’indennità) che scaturisce direttamente dalla legge al ricorrere di determinati presupposti”;

b) il trasferimento disposto dall’amministrazione non era “direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato”;

c) “E’ peraltro destituita di fondamento l’eccezione di prescrizione spiegata dall’Avvocatura dello Stato, posto che il diritto all’indennità poteva essere fatto valere solo a decorrere dal trasferimento, e il ricorso giurisdizionale è stato proposto entro il termine quinquennale invocato”;

d) ha dichiarato compensate le spese di lite.

- stante il perdurante inadempimento dell’amministrazione, il signor V.. ha chiesto l’intervento di questo Consiglio, in espressa applicazione degli artt. 112 e ss. c.p.a., per ordinare al Ministero dell’economia e delle finanze nonché al Comando Generale della Guardia di Finanza, ciascuno secondo le rispettive competenze, di dare piena esecuzione al giudicato de quo anche mediante la nomina di un Commissario ad Acta per provvedere in sostituzione, con richiesta di risarcimento del danno e di astreintes ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e) c.p.a.;

- il Ministero, costituitosi in giudizio in data 25 ottobre 2017, ha successivamente depositato la nota prot. n. 0146988 del 29 marzo 2018, indirizzata all’appellante, dalla quale risulta che “per effetto della Sentenza richiamata in oggetto è stato emesso apposito titolo di pagamento, in data 22 marzo 2018, per una somma lorda pari a € 14.260,52, comprensiva degli interessi legali maturati fino alla data del soddisfo.

Pertanto, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, in data 23 marzo c.a. è stato effettuato un bonifico a Suo favore di € 10.499,45”;

- le parti del presente giudizio, nel corso dell’odierna camera di consiglio del 19 aprile 2018, hanno pertanto concordemente richiesto la declaratoria di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse;

- alla stregua dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sentenza sez. V, n. 3563 del 2014; sez. V, n. 1258 del 2012) e delle norme di riferimento (art. 34, co. 5, 35, co. 1, lett. c), 84, co. 4, c.p.a.) deve darsi atto che la dichiarazione dell’appellante in ordine al venir meno dell’interesse per l’intervenuta corresponsione delle somme dovute costituisce evenienza che fa venir meno l’interesse alla coltivazione del ricorso per ottemperanza;

- a tanto consegue la declaratoria di improcedibilità del ricorso, con compensazione delle spese di lite.

- ai fini della liquidazione del contributo unificato, deve considerarsi soccombente, in relazione al presente giudizio, il Ministero dell’economia e finanze.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto (R.G. n. 7043/2017), lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Vito Poli





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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Ricorso Accolto
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1) - ampio processo di riorganizzazione degli Enti della Difesa, a seguito del quale veniva disposta la chiusura dalla Caserma di Novara ed il conseguente ridislocamento del 6° Reggimento di Manovra – Reparto di Sanità, venivano invitati dall’Amministrazione a compilare una istanza di trasferimento (cd. “istanza di gradimento”) al fine di esprimere le sedi presso le quali avrebbero preferito essere trasferiti.

2) - Secondo i ricorrenti il modus operandi dell’Amministrazione (consistente nel far sottoscrivere
“istanze di gradimento” pur quando in realtà l’esigenza del trasferimento sia sorta non già dal dipendente bensì da esigenze dell’Amministrazione: chiusura della Caserma, risultante per tabulas dalla stessa istanza di trasferimento)
- ) - è stato un espediente per eludere il diritto del dipendente all’indennità di trasferimento, prevista appunto nelle ipotesi in cui il trasferimento sia stato disposto non già su iniziativa e nell’interesse del dipendente, bensì per le funzionali esigenze dell’Amministrazione.

3) - La giurisprudenza (da ultimo Cons Stato, IV, 23.11.2017 n. 5459) ha chiarito che …… Omissis leggere direttamente in sentenza.
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SENTENZA ,sede di MILANO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201801553,- Public 2018-06-21 -
Pubblicato il 21/06/2018


N. 01553/2018 REG. PROV. COLL.
N. 00705/2015 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 705 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Fabio Cardanobile, con domicilio eletto in Milano, presso la Segreteria del T.A.R. Lombardia in via Corridoni, 39;

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, domiciliata ex lege in Milano, via Freguglia, 1;

per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento economico previsto dall’art. 1, L. n. 86/2001 per il personale trasferito d’autorità, dalla data dell’avvenuto trasferimento d’autorità dal 6° Reggimento di Manovra con sede in Novara in ragione della ridislocazione del medesimo Ente, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo, con la conseguente condanna dell’intimata Amministrazione al pagamento della suddetta indennità di trasferimento prevista dall’art. 1, L. n. 86/2001 per il personale trasferito d’autorità, dalla data dell’avvenuto trasferimento d’autorità - 2 settembre 2013 -, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria sulle differenze che risulteranno dovute dal dì di maturazione dei singoli ratei mensili al soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 maggio 2018 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, Sottoufficiali e graduati di truppa dell’Esercito Italiano in Servizio Permanente Effettivo che hanno prestato il proprio servizio presso il 6° Reggimento di Manovra, Reparto di Sanità, nella sede di Novara fino alla data del 1/09/2013, nell'ambito di un ampio processo di riorganizzazione degli Enti della Difesa, a seguito del quale veniva disposta la chiusura dalla Caserma di Novara ed il conseguente ridislocamento del 6° Reggimento di Manovra – Reparto di Sanità, venivano invitati dall’Amministrazione a compilare una istanza di trasferimento (cd. “istanza di gradimento”) al fine di esprimere le sedi presso le quali avrebbero preferito essere trasferiti.

Secondo i ricorrenti il modus operandi dell’Amministrazione (consistente nel far sottoscrivere
“istanze di gradimento” pur quando in realtà l’esigenza del trasferimento sia sorta non già dal dipendente bensì da esigenze dell’Amministrazione: chiusura della Caserma, risultante per tabulas dalla stessa istanza di trasferimento) è stato un espediente per eludere il diritto del dipendente all’indennità di trasferimento, prevista appunto nelle ipotesi in cui il trasferimento sia stato disposto non già su iniziativa e nell’interesse del dipendente, bensì per le funzionali esigenze dell’Amministrazione. A conferma di ciò l’istanza per il pagamento di tale indennità è rimasta senza risposta.

Chiedono quindi che l’amministrazione sia condannata a liquidare detto trattamento economico per i seguenti motivi di ricorso.

1. Violazione e falsa applicazione della L. 86/2001.

2. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto e nelle forme sintomatiche dell’ingiustizia manifesta e della disparità di trattamento.

La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 22 maggio 2018 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il ricorso è fondato.

La giurisprudenza (da ultimo Cons Stato, IV, 23.11.2017 n. 5459) ha chiarito che “in ogni ipotesi di trasferimento disposto per ragioni di servizio ……, e quindi non direttamente e immediatamente ricollegato all’iniziativa del militare interessato nell’ambito dei procedimenti ordinari, non può negarsi la natura di trasferimento “di autorità”, che, ove come nella specie connotato dalla dislocazione geografica a distanza superiore ai 10 chilometri e in comune diverso da quello in cui ricade il reparto di precedente assegnazione, implica il riconoscimento del diritto alle indennità previste per i trasferimenti di autorità ivi compresa quella ex art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86….tali indennità competono al verificarsi del presupposto a prescindere dai luoghi di residenza e/o dimora dei militari interessati.”
In definitiva quindi il ricorso va accolto e deve dichiararsi il diritto dei ricorrenti alla corresponsione delle suddette indennità ex art. 1 della legge n. 86/2001, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, con condanna del Ministero al pagamento delle relative somme.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati e dichiara il diritto dei ricorrenti alla corresponsione delle indennità, oltre interessi legali dalla data del trasferimento e sino al soddisfo, e condanna l’amministrazione al pagamento delle relative somme.

Condanna l’amministrazione al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese processuali, liquidate in complessivi € 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Alberto Di Mario, Presidente, Estensore
Valentina Santina Mameli, Primo Referendario
Oscar Marongiu, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Alberto Di Mario





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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Il Ministero della Difesa perde l'Appello proposto.
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1) - il Tribunale – con la sentenza in epigrafe (n. 54 del 10 febbraio 2017) – ha accolto il ricorso e compensato le spese di giudizio, accertando il diritto dei ricorrenti a percepire l'indennità in oggetto sulla base delle seguenti considerazioni:

- “i trasferimenti dovuti a soppressione dei reparti militari vanno considerati non a domanda ma d'ufficio, indipendentemente dalla circostanza che i militari hanno chiesto un collocamento o espresso un gradimento per una sede rispetto un'altra, trattandosi di una scelta obbligata dalle scelte organizzative dell'amministrazione militare”;

- “il legislatore è intervenuto limitando la concessione dell'indennità ai trasferimenti successivi al 1 gennaio 2013” e “l'unico tra i ricorrenti trasferito prima del 2013 è il primo maresciallo Abbatangelo Attilio mentre gli altri sono stati trasferiti in data successiva al 1 gennaio 2013”;

- “tutti i ricorrenti sono stati trasferiti in un comune non limitrofo a quello di appartenenza, in quanto non confinante e comunque ubicato a distanza di più di 10 km da quello della precedente assegnazione”.

Il CdS precisa:

2) - Come correttamente osservato dal TAR, è indubbio che, nel caso di specie, il trasferimento operato dall’Amministrazione, nonostante la previa individuazione di una sede di preferenza da parte del personale trasferito, costituisca comunque un trasferimento d’autorità. Difatti, l’espressione di gradimento del dipendente non muta la natura del trasferimento, che l’Amministrazione ha disposto d’ufficio a seguito della soppressione del 1° FOD, cui appartenevano i militari appellati.

3) - Il problema interpretativo nasce dal fatto che il comma 1 e il comma 1 bis non risultano formulati in termini omogenei.

4) - Infatti il comma 1 dà rilievo alla distanza tra i Comuni nel cui territorio sono ubicate le due sedi servizio; invece il comma 1 bis dà rilievo al carattere limitrofo delle due sedi di servizio.

5) - Secondo un diverso indirizzo il riferimento alla sede limitrofa di cui al comma 1 bis va inteso in senso letterale, nel senso cioè di circoscrizione territoriale di competenza ( Presidio, Tenenza, Compagnia etc.) confinante con un’altra.

6) - Al riguardo il Collegio premette che allo stato non risulta esistente nell’ordinamento militare – a livello regolamentare o organizzativo – una individuazione o qualificazione delle sedi da considerare limitrofe.

N.B.: leggi il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201804355
- Public 2018-07-17 -

Pubblicato il 17/07/2018


N. 04355/2018 REG. PROV. COLL.
N. 04072/2017 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4072 del 2017, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
Andrea Buono, Paolo Chiapperini, Roberto Farci, Giandomenico Di Maggio, Emanuele Zucca, Antonio Verdone, Alessio Sposetti, Luciano Pascucci, Francesco Riccardo, Gaetano Speciale, Francesco Zola, Pasquale Fernandez, Piergianni Manai, Attilio Abbatangelo, Damiano Mandalà, Michele Cassano, Raffaele Ambrosino, Attilio Bosco, Bartolo De Mitri, Gennaro Paglia, Daniele Patassini, Leo Quarrato, Ermanno Alessandro, Antonio Battaglia, Felice De Sena, Daniele Ottaviani, Massimiliano Pizzella, Stefano Rutigliano e Claude Peressutti, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Carricato e Luisa Fonti, con domicilio eletto presso lo studio della seconda in Roma, viale G. Mazzini, n. 11;

per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia n. 54 del 10 febbraio 2017, resa tra le parti, concernente accertamento del diritto alla corresponsione dell’indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86 del 2001.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Andrea Buono ed altri come in epigrafe indicati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Francesco Carricato e l'Avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto davanti al T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia – Sezione Prima – i signori Andrea Buono, Paolo Chiapperini, Roberto Farci, Giandomenico Di Maggio, Emanuele Zucca, Antonio Verdone, Alessio Sposetti, Luciano Pascucci, Francesco Riccardo, Gaetano Speciale, Francesco Zola, Pasquale Fernandez, Piergianni Manai, Attilio Abbatangelo, Damiano Mandalà, Michele Cassano, Raffaele Ambrosino, Attilio Bosco, Bartolo De Mitri, Gennaro Paglia, Daniele Patassini, Leo Quarrato, Ermanno Alessandro, Antonio Battaglia, Felice De Sena, Daniele Ottaviani, Massimiliano Pizzella, Stefano Rutigliano e Claude Peressutti, tutti militari dell’esercito, a seguito del loro trasferimento - rispettivamente alle sedi di Pordenone (Comando 132 Brigata Corazzata “Ariete di Pordenone”), Sacile (7° Reggimento Trasmissioni) e Orcenico Superiore di Zoppola (PN) - dopo la soppressione del reparto di appartenenza (1° Comando delle Forze Operative di Difesa e del Reparto Comando e Supporti Tattici “Mantova” di Vittorio Veneto), hanno chiesto:

A) l’annullamento dei rispettivi provvedimenti dei Comandanti di reparto, emessi tra il 28 aprile e il 12 maggio 2015, con i quali sono state respinte le loro domande di liquidazione dell’indennità di trasferimento ai sensi dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001;

B) l’accertamento del relativo diritto con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme a tale titolo spettanti.

2. Costituitosi il Ministero, il Tribunale – con la sentenza in epigrafe (n. 54 del 10 febbraio 2017) – ha accolto il ricorso e compensato le spese di giudizio, accertando il diritto dei ricorrenti a percepire l'indennità in oggetto sulla base delle seguenti considerazioni:

- “i trasferimenti dovuti a soppressione dei reparti militari vanno considerati non a domanda ma d'ufficio, indipendentemente dalla circostanza che i militari hanno chiesto un collocamento o espresso un gradimento per una sede rispetto un'altra, trattandosi di una scelta obbligata dalle scelte organizzative dell'amministrazione militare”;

- “il legislatore è intervenuto limitando la concessione dell'indennità ai trasferimenti successivi al 1 gennaio 2013” e “l'unico tra i ricorrenti trasferito prima del 2013 è il primo maresciallo Abbatangelo Attilio mentre gli altri sono stati trasferiti in data successiva al 1 gennaio 2013”;

- “tutti i ricorrenti sono stati trasferiti in un comune non limitrofo a quello di appartenenza, in quanto non confinante e comunque ubicato a distanza di più di 10 km da quello della precedente assegnazione”.

3. Avverso tale pronuncia, il Ministero della difesa ha interposto appello, ritualmente notificato il 15 maggio 2017, articolando due motivi di gravame nei termini di seguito evidenziati:

- “il ricorso cumulativo doveva essere dichiarato INAMISSIBILE involgendo una serie di militari di cui non era specificata la permanenza nel Reparto di appartenenza da più o meno di un quadriennio né il Reparto di provenienza né il Reparto di destinazione”;

- il Tribunale non ha motivato circa la necessità della prova, da parte di ciascun ricorrente, “di aver spostato residenza nonché di aver effettuato un trasferimento fisico di abitazione con conseguente spostamento di mobili, arredi, ecc.”;

- il Tribunale non ha considerato il dato costituito dalla permanenza quadriennale nel reparto di provenienza, secondo quanto previsto dalla previgente disciplina mai abrogata (L.100/87);

- con l’entrata in vigore della nuova norma (comma 1-bis), l’indennità di trasferimento non spetta al personale trasferito d’autorità ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre 10 chilometri;

- il provvedimento di trasferimento emesso nei riguardi dei ricorrenti, successivo all’entrata in vigore del citato comma 1 bis, non dà luogo all’invocato diritto, in quanto, come opinato in giurisprudenza, <<il comma 1-bis cit. si riferisce non già al Comune dove è allocato l’ufficio, bensì alla “sede limitrofa” e dunque all’ambito della circoscrizione territoriale di competenza delle sedi >> e comunque “esclude che nei casi di trasferimento d’autorità spetti l’indennità de qua al personale “trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni”.

4. In data 30 giugno 2017 si sono costituiti i predetti militari al fine di chiedere la declaratoria di inammissibilità di eccezioni nuove e diverse rispetto a quelle esposte avanti al giudice di prime cure e la reiezione del gravame di controparte per infondatezza.

5. In vista della trattazione nel merito del ricorso le parti hanno svolto difese scritte.

6. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 24 maggio 2018, non merita accoglimento.

7. La parte appellata, con la memoria di costituzione, eccepisce, sotto distinti profili, l’inammissibilità del gravame di controparte, ma l’infondatezza di questo, per le ragioni che si esporranno, rende superflua la disamina di tali eccezioni.

8. Col primo motivo il Ministero assume che il ricorso di primo grado, proposto in forma collettiva, andava preliminarmente dichiarato inammissibile per non essere le posizioni dei singoli militari adeguatamente differenziate rispetto ai presupposti costitutivi del diritto economico invocato.

La critica, postulando una non condivisibile prospettazione dell’assetto applicativo della norma di cui all’art. 1 della legge n. 86 del 2001, risulta ex se infondata, non essendo richiesto ai fini del riconoscimento dell’indennità di trasferimento presupposti diversi da quelli esattamente evincibili dal ricorso di primo grado e dalla documentazione allo stesso allegata. Tale iniziativa, proposta innanzi al Giudice territoriale, assume correttamente la veste di ricorso collettivo in quanto, come ribadito di recente da questa Sezione, “Nel processo amministrativo il ricorso giurisdizionale collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel caso in cui sussistano, cumulativamente, i requisiti dell'identità di situazioni sostanziali e processuali - ossia, alla condizione che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto e gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi - e l'assenza di un conflitto di interessi tra le parti” (sentenza 16 maggio 2018, n. 2910).

8.1. Occorre quindi effettuare la preliminare ricognizione della disciplina di riferimento al fine di configurare la cornice normativa nella quale la vicenda si colloca.

8.2. Gli appellati invocano l’applicazione dell’art. 1 della legge n. 86 del 29 marzo 2001, che disciplina l’attribuzione della cosiddetta indennità di trasferimento contemplata per determinate categorie di soggetti, tra cui quella del personale in servizio permanente delle Forze armate, cui gli appellati appartengono.

8.3. La norma, in particolare, riconosce la spettanza di un’indennità mensile, pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia disposto il trasferimento del personale d’autorità ad una sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza.

8.4. Con la legge n. 228 del 4 dicembre 2012 - dopo l’intervento dell’Adunanza plenaria 14 dicembre 2011, n. 23 circa la necessità della distanza minima di dieci chilometri tra le sedi di provenienza e di destinazione - è stato introdotto il comma 1 bis nell’art. 1 citato, che ha posto un nuovo limite al riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento, nonché ad ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità. Il comma 1 bis cit. prevede infatti che, con decorrenza dal 1° gennaio 2013, l’indennità non spetta a quel personale di cui al comma 1 che, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni, sia trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche laddove la sede di destinazione si trovi ad una distanza superiore ai dieci chilometri dalla sede di provenienza.

8.5. Come correttamente osservato dal TAR, è indubbio che, nel caso di specie, il trasferimento operato dall’Amministrazione, nonostante la previa individuazione di una sede di preferenza da parte del personale trasferito, costituisca comunque un trasferimento d’autorità. Difatti, l’espressione di gradimento del dipendente non muta la natura del trasferimento, che l’Amministrazione ha disposto d’ufficio a seguito della soppressione del 1° FOD, cui appartenevano i militari appellati.

8.6. Sul punto si registra il costante orientamento di questo Consiglio, suffragato dall’autorevole intervento dell’Adunanza plenaria, secondo cui la dislocazione del personale, già dipendente dal comando soppresso, risponde in via esclusiva, o comunque prioritaria, ai superiori interessi pubblici perseguiti dal Corpo mediante la adottata misura organizzativa: “Il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l'effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall'amministrazione” (Cons. Stato, sez IV, 1° dicembre 2015, n. 863; Ad. plen. 29 gennaio 2016, n. 1).

9. Ciò premesso, si osserva come assume carattere dirimente la questione dell’applicabilità del comma 1 bis cit. al caso di specie.

Il problema interpretativo nasce dal fatto che il comma 1 e il comma 1 bis non risultano formulati in termini omogenei.

Infatti il comma 1 dà rilievo alla distanza tra i Comuni nel cui territorio sono ubicate le due sedi servizio; invece il comma 1 bis dà rilievo al carattere limitrofo delle due sedi di servizio.

Secondo un primo indirizzo presente nella giurisprudenza dei TAR il comma 1 bis va interpretato in coerenza col disposto del comma 1: perciò se la nuova sede è posta in Comune non confinante (cioè non limitrofo) con quello in cui aveva sede il reparto soppresso l’indennità spetta, purchè le due case comunali distino più di dieci chilometri; invece se la nuova sede è ubicata in Comune confinante (limitrofo) l’indennità non spetta anche se la distanza tra i Comuni eccede i 10 km.

Secondo un diverso indirizzo il riferimento alla sede limitrofa di cui al comma 1 bis va inteso in senso letterale, nel senso cioè di circoscrizione territoriale di competenza ( Presidio, Tenenza, Compagnia etc.) confinante con un’altra.

9.1. Al riguardo il Collegio premette che allo stato non risulta esistente nell’ordinamento militare – a livello regolamentare o organizzativo – una individuazione o qualificazione delle sedi da considerare limitrofe.

Pertanto appare condivisibile il primo dei richiamati orientamenti, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo perché esso tratta in modo omogeneo situazioni analoghe e non introduce differenziazioni irragionevoli nell’ambito dei trasferimenti di autorità disciplinati dall’art.1.

Infatti, seguendo l’opposto orientamento, il trasferimento d’autorità “ordinario” seguirebbe la regola dei Comuni differenti mentre il trasferimento d’autorità per soppressione del reparto seguirebbe la regola delle circoscrizioni confinanti.

Ma soprattutto il criterio della circoscrizione territoriale sarebbe praticabile solo nel caso di reparti aventi una circoscrizione territoriale di competenza.

9.2. In sostanza, nel caso in esame l’adesione alla prima opzione ermeneutica è necessitata dal fatto che le strutture di partenza (1° FOD) e destinazione (sedi di Sacile, Pordenone ed Orcenico Superiore) degli appellati rientrano nella organizzazione operativa dell’Esercito Italiano e quindi non hanno una propria circoscrizione territoriale di competenza. Infatti, se la sede di servizio di cui al comma 1 bis cit. fosse riferita alla circoscrizione territoriale di competenza, anziché essere riferita al Comune, ne deriverebbe un’inammissibile interpretatio abrogans dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001, venendo di fatto meno ogni possibilità di attribuzione dell’indennità di trasferimento ai dipendenti di simile Corpo. Non si impone, quindi, contrariamente a quanto opina la difesa erariale, ai fini del riconoscimento del diritto economico in questione, la prova circa il fatto che la sede di destinazione e quella di provenienza appartengono a due circoscrizioni territoriali di competenza diverse e non limitrofe.

9.3. Né si impone verificare la sussistenza di ulteriori requisiti, quali la permanenza quadriennale nel reparto di appartenenza o il trasferimento da una sede ad un’altra, non essendo tale necessità stata evidenziata dall’Amministrazione nell’adozione dei provvedimenti di diniego impugnati in prime cure.

10. In conclusione, l’appello e infondato e deve essere respinto.

11. Le oscillazioni giurisprudenziali sulla questione interpretativa agitata costituiscono eccezionale motivo che giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 4072/2017), lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese del presente giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Carlo Schilardi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Antonino Anastasi





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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Avendo tempo, Oggi pubblico anche questa A favore del Militare con cui il CdS gli da ragione condannando il Ministero della Difesa al pagamento di quanto dovuto, diversamente da come vedeva la cosa il Tar.
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1) - trasferimento presso il Multinational Cimic Group (Caserma “Fiore”) di Motta di Livenza (TV) dopo la soppressione del reparto di appartenenza (1° Comando delle Forze Operative di Difesa di Vittorio Veneto)

Il CdS precisa:

2) - Come correttamente osservato dal T.a.r., è indubbio che, nel caso di specie, il trasferimento operato dall’Amministrazione, nonostante la previa individuazione di una sede di preferenza da parte del personale trasferito, costituisca comunque un trasferimento d’autorità.
- ) - Difatti, l’espressione di gradimento del dipendente non muta la natura del trasferimento, che l’Amministrazione ha disposto d’ufficio a seguito della soppressione del 1° FOD, cui appartenevano i militari appellanti.

3) - Sul punto si registra il costante orientamento di questo Consiglio, suffragato dall’autorevole intervento dell’Adunanza plenaria, secondo cui la dislocazione del personale, già dipendente dal comando soppresso, risponde in via esclusiva, o comunque prioritaria, ai superiori interessi pubblici perseguiti dal Corpo mediante la adottata misura organizzativa:
“Il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l'effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall'amministrazione” (Cons. Stato, sez. IV, 1° dicembre 2015, n. 863; Ad. plen. 29 gennaio 2016, n. 1).

4) - Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non ricorre la necessità di fornire alcuna dimostrazione in ordine alla appartenenza della sede di destinazione e di quella di provenienza a due circoscrizioni territoriali di competenza diverse e non limitrofe.

N.B.: Rileggi sopra i punti n. 2 e 3.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201804354
- Public 2018-07-17 -


Pubblicato il 17/07/2018

N. 04354/2018 REG. PROV. COLL.
N. 07215/2017 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7215 del 2017, proposto dal signor Paolo Caruso, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Michieli e Marco Merlini, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Pasubio, n.2;

contro
Ministero della difesa - Stato Maggiore dell’Esercito, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Veneto, Sezione prima, n. 363 del 13 aprile 2017, resa tra le parti, concernente accertamento del diritto alla corresponsione dell'indennità di trasferimento ex art.1 della legge n. 86 del 2001.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa - Stato Maggiore Esercito;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Giovanni Cussiol, su delega di Giovanni Michieli, e l'Avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto davanti al T.a.r. per il Veneto – Sezione prima – il signor Paolo Caruso, militare dell’esercito, a seguito del suo trasferimento presso il Multinational Cimic Group (Caserma “Fiore”) di Motta di Livenza (TV) dopo la soppressione del reparto di appartenenza (1° Comando delle Forze Operative di Difesa di Vittorio Veneto), ha chiesto:

A) l’annullamento del provvedimento del Comandante del Multinational Cimic Group del 2 novembre 2015, con il quale è stata respinta la sua domanda di liquidazione dell’indennità di trasferimento ai sensi dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001;

B) l’accertamento del relativo diritto con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme a tale titolo spettanti oltre accessori.

2. Costituitosi il Ministero, il Tribunale, con la sentenza in epigrafe (n. 363 del 13 aprile 2017):

a) ha rigettato l’eccezione di irricevibilità del ricorso formulata dalla difesa erariale;

b) ha rigettato il ricorso negando il diritto all’indennità per la insussistenza degli ulteriori presupposti in capo al ricorrente;

c) ha compensato le spese di giudizio.

3. In particolare, il Tribunale ha osservato che:

- “il comma 1-bis cit. esclude che nei casi di trasferimento d’autorità spetti l’indennità de qua al personale “trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni”;

- “ai fini dell’esclusione dell’indennità di trasferimento, prevista dal comma 1-bis cit., deve considerarsi non il trasferimento del dipendente ad una sede di servizio ubicata in un Comune confinante con quello di provenienza (come preteso dai ricorrenti), ma il trasferimento ad una “sede di servizio limitrofa” e, perciò, deve aversi riguardo all’ambito della circoscrizione territoriale della sede di provenienza e di quella di destinazione”;

- il ricorrente non ha fornito alcuna prova, ad esso incombente, che la sede di servizio a cui è stato destinato non sia “limitrofa” a quella di provenienza.

- “la preferenza espressa dal ricorrente per la nuova sede, pur non mutando la natura del trasferimento (che resta d’autorità), ne attutisce fortemente il relativo disagio” e pertanto “il sacrificio imposto ai militari, pur esistente, non raggiunge la soglia minima ritenuta apprezzabile dal Legislatore ai fini dell’attribuzione del beneficio stesso”;

- “il Collegio dubita che il termine “limitrofa” debba intendersi nel significato di “confinante”, anziché in quello, più esteso, di “vicina”: con il ché, l’infondatezza delle pretese dei ricorrenti emerge anche da questo (ulteriore) punto di vista”.

4. Avverso tale pronuncia, l’appellante, come sopra specificato, ha interposto gravame, ritualmente notificato il 5 ottobre 2017, articolando un unico complesso motivo nei termini che seguono:

- il trasferimento è avvenuto d’autorità a seguito della soppressione del 1° Comando Forze Operative di Difesa (1° FOD) di Vittorio Veneto;

- le strutture di partenza (1° FOD) e destinazione (Multinational Cimic Group) rientrano nella organizzazione operativa dell’Esercito Italiano e non hanno una propria circoscrizione territoriale di competenza;

- per sede limitrofa deve intendersi da sede di servizio collocata in un Comune confinante;

- le sedi di provenienza e destinazione sono collocate in Comuni diversi, distano più di 10 km e non sono confinanti.

5. In data 11 novembre 2017 si è costituito il Ministero della difesa con atto di mera forma, al quale ha fatto seguito il deposito di memoria di controdeduzioni.

6. In vista della trattazione nel merito l’appellante ha presentato memoria ex art. 73 c.p.a..

7. Il ricorso, discusso alla pubblica udienza del 24 maggio 2018, merita accoglimento.

7.1. Occorre effettuare la preliminare ricognizione della disciplina di riferimento al fine di configurare la cornice normativa nella quale la vicenda si colloca.

7.2. L’appellante invoca l’applicazione dell’art. 1 della legge n. 86 del 29 marzo 2001, che disciplina l’attribuzione della cosiddetta indennità di trasferimento contemplata per determinate categorie di soggetti, tra cui quella del personale in servizio permanente delle Forze armate, cui l’appellante appartiene.

7.3. La norma, in particolare, riconosce la spettanza di un’indennità mensile, pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia disposto il trasferimento del personale d’autorità ad una sede di servizio sita in un Comune diverso da quello di provenienza.

7.4. Con la legge n. 228 del 4 dicembre 2012 - dopo l’intervento dell’Adunanza plenaria 14 dicembre 2011, n. 23 circa la necessità della distanza minima di dieci chilometri tra le sedi di provenienza e di destinazione - è stato introdotto il comma 1 bis nell’art. 1 cit., che ha posto un nuovo limite al riconoscimento del diritto all’indennità di trasferimento, nonché ad ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d'autorità. Il co. 1 bis cit. prevede infatti che, con decorrenza dal 1° gennaio 2013, l’indennità non spetta a quel personale di cui al comma 1 che, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni, sia trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche laddove la sede di destinazione si trovi ad una distanza superiore ai dieci chilometri dalla sede di provenienza.

7.5. Come correttamente osservato dal T.a.r., è indubbio che, nel caso di specie, il trasferimento operato dall’Amministrazione, nonostante la previa individuazione di una sede di preferenza da parte del personale trasferito, costituisca comunque un trasferimento d’autorità. Difatti, l’espressione di gradimento del dipendente non muta la natura del trasferimento, che l’Amministrazione ha disposto d’ufficio a seguito della soppressione del 1° FOD, cui appartenevano i militari appellanti.

7.6. Sul punto si registra il costante orientamento di questo Consiglio, suffragato dall’autorevole intervento dell’Adunanza plenaria, secondo cui la dislocazione del personale, già dipendente dal comando soppresso, risponde in via esclusiva, o comunque prioritaria, ai superiori interessi pubblici perseguiti dal Corpo mediante la adottata misura organizzativa: “Il connotato autoritativo del trasferimento non scolora per l'effetto della domanda (o dichiarazione di gradimento) presentata dal militare, in quanto questi risulta coinvolto in una procedura di mobilità non per scelta sua personale ma in esclusiva conseguenza delle opzioni organizzative valorizzate dall'amministrazione” (Cons. Stato, sez. IV, 1° dicembre 2015, n. 863; Ad. plen. 29 gennaio 2016, n. 1).

8. Ciò premesso, si osserva come assume carattere dirimente la questione dell’applicabilità del comma 1 bis cit. al caso di specie.

8.1. Sul punto, il T.a.r., con l’impugnata pronuncia, ha ritenuto “inesatto il richiamo, ad opera del ricorrente, al fatto di non provenire da un Comune (Vittorio Veneto) limitrofo (inteso nel senso di “confinante”) al Comune di destinazione (Motta di Livenza), poiché il comma 1-bis cit. si riferisce non già al Comune dove è allocato l’ufficio, bensì alla “sede limitrofa” e dunque all’ambito della circoscrizione territoriale di competenza delle sedi (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 9 gennaio 2017, n. 12). In altre parole, ai fini dell’esclusione dell’indennità di trasferimento, prevista dal comma 1-bis cit., deve considerarsi non il trasferimento del dipendente ad una sede di servizio ubicata in un Comune confinante con quello di provenienza (come preteso dal ricorrente), ma il trasferimento ad una “sede di servizio limitrofa” e, perciò, deve aversi riguardo all’ambito della circoscrizione territoriale della sede di provenienza e di quella di destinazione”.

8.2. In base a tale ricostruzione, il comma 1 bis dovrebbe intendersi nel senso che l’indennità non compete al personale che, a seguito di soppressione di un ente o sue articolazioni, sia stato trasferito da una sede di servizio ad un’altra, le quali sedi siano rispettivamente appartenenti, per competenza, a due circoscrizioni territoriali diverse ma limitrofe.

8.3. Sul punto il Collegio ritiene di non poter condividere l’interpretazione seguita dal T.a.r. con la sentenza impugnata.

Il problema interpretativo nasce dal fatto che il comma 1 e il comma 1 bis non risultano formulati in termini omogenei.

Infatti il comma 1 dà rilievo alla distanza tra i Comuni nel cui territorio sono ubicate le due sedi servizio; invece il comma 1 bis dà rilievo al carattere limitrofo delle due sedi di servizio.

Secondo un primo indirizzo presente nella giurisprudenza dei TAR il comma 1 bis va interpretato in coerenza col disposto del comma 1: perciò se la nuova sede è posta in Comune non confinante (cioè non limitrofo) con quello in cui aveva sede il reparto soppresso l’indennità spetta, purchè le due case comunali distino più di dieci chilometri; invece se la nuova sede è ubicata in Comune confinante (limitrofo) l’indennità non spetta anche se la distanza tra i Comuni eccede i 10 km.

Secondo un diverso indirizzo il riferimento alla sede limitrofa di cui al comma 1 bis va inteso in senso letterale, nel senso cioè di circoscrizione territoriale di competenza (Presidio, Tenenza, Compagnia etc.) confinante con un’altra.

8.4. Al riguardo il Collegio premette che allo stato non risulta esistente nell’ordinamento militare – a livello regolamentare o organizzativo – una individuazione o qualificazione delle sedi da considerare limitrofe.

Pertanto appare condivisibile il primo dei richiamati orientamenti, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo perché esso tratta in modo omogeneo situazioni analoghe e non introduce differenziazioni irragionevoli nell’ambito dei trasferimenti di autorità disciplinati dall’art.1.

Infatti, seguendo l’opposto orientamento, il trasferimento d’autorità “ordinario” seguirebbe la regola dei Comuni differenti mentre il trasferimento d’autorità per soppressione del reparto seguirebbe la regola delle circoscrizioni confinanti.

Ma soprattutto il criterio della circoscrizione territoriale sarebbe praticabile solo nel caso di reparti aventi una circoscrizione territoriale di competenza.

8.5. In sostanza, nel caso in esame l’adesione alla prima opzione ermeneutica è necessitata dal fatto chele strutture di partenza (1° FOD) e destinazione (Multinational Cimic Group) dell’appellante rientrano nella organizzazione operativa dell’Esercito Italiano e non hanno una propria circoscrizione territoriale di competenza.

8.6. Per tale motivo, se la sede di servizio di cui al comma 1 bis cit. fosse riferita alla circoscrizione territoriale di competenza, anziché essere riferita al Comune, ne deriverebbe un’inammissibile interpretatio abrogans dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001, venendo di fatto meno ogni possibilità di attribuzione dell’indennità di trasferimento ai dipendenti di simile Corpo.

9. Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non ricorre la necessità di fornire alcuna dimostrazione in ordine alla appartenenza della sede di destinazione e di quella di provenienza a due circoscrizioni territoriali di competenza diverse e non limitrofe.

10. In conclusione, l’appello e fondato e pertanto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e quindi, previo annullamento dell’atto impugnato, va accertato il diritto all’indennità di trasferimento.

11. Le oscillazioni giurisprudenziali sulla questione interpretativa agitata costituiscono eccezionale motivo che giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 7215/2017), lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado e pertanto, previo annullamento del relativo diniego, accerta il diritto dell’appellante all’indennità di trasferimento.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Carlo Schilardi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Antonino Anastasi





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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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L'Amministrazione perde l'Appello al CdS

Ancora una volta il CdS bacchetta l'Amministrazione, ribadendo che per aver diritto a tale beneficio deve essere considerata la distanza tra l'ubicazione da Sede servizio a Nuova sede di Servizio e non come erroneamente sostenuto dal Comando, ove fa riferimento, da Casa Comunale a Casa Comunale (Municipio).

N.B.: ai colleghi, che ancora hanno in pendenza ricorsi del genere, consiglio di insistere ai loro Avvocati di citare eventualmente ancor prima di andare la causa a sentenza, i numeri delle sentenze in tal senso.

1) - Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio ……….

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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805056
- Public 2018-08-24 –


Pubblicato il 24/08/2018

N. 05056/2018 REG. PROV. COLL.
N. 08237/2012 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8237 del 2012, proposto da
Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comando generale della Guardia di Finanza Reparto tecnico logistico amministrativo Sardegna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

contro
Roberto Saddi, rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Margelli e Sara Merella e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria n. 2, per mandato a margine dell’atto di costituzione;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n. 265/2007, integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento della determinazione di diniego dell’indennità di trasferimento di autorità


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roberto Saddi;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Marrone per l’Autorità statale appellante e l’avv. D. Jouvenal Long, per delega dell’avv. Merella, per la parte privata appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) Il signor Roberto Saddi, maresciallo aiutante della Guardia di Finanza, con determinazione del Comando regionale del 10 agosto 2004 è stato trasferito d’autorità dal Comando del Nucleo di Polizia Tributaria di Cagliari al Comando sezione aerea di Elmas.

1.1) Con istanza in data 28 novembre 2006 l’interessato ha richiesto il riconoscimento della indennità prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001, negata con determinazione n. 42227 del 20 dicembre 2006 sul rilievo che “…la distanza chilometrica intercorrente tra Elmas e Cagliari risulta essere inferiore” a dieci chilometri.

1.2) Con ricorso in primo grado n.r. 265/2007, l’interessato ha proposto cumulative domande di annullamento, accertamento e condanna, deducendo in sintesi i seguenti motivi:

1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all’ art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978 e della circolare n. 442621 del 16.12.1998 del Comando generale della Guardia di Finanza, perché la nuova sede si trova in comune (Elmas) diverso da quello (Cagliari), nel cui territorio rientra la sede a quo, e la distanza chilometrica tra le due sedi è superiore ai dieci chilometri, e pari, come da attestazione del Comune di Elmas, a km. 13,7 misurati secondo il percorso più breve, e peraltro la nuova sede ricade in località isolata esterna al centro abitato.

2) Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, perché il diniego fa riferimento alla distanza tra i comuni e non tra le sedi di servizio.

1.3) Costituitasi in giudizio l’Amministrazione intimata ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso.

1.4) Con motivi aggiunti al ricorso, l’interessato ha altresì impugnato, quale atto presupposto conosciuto a seguito del deposito in giudizio, la nota n. 199088 dell’11 giugno 2004 del Comando generale della Guardia di Finanza nella parte in cui stabilisce che l’indennità “…compete esclusivamente, al personale trasferito d’autorità ad altra sede di servizio, sita in Comune diverso da quello di provenienza, ma che si trovi ad una distanza di almeno dieci chilometri, calcolata prendendo a riferimento le case comunali”, deducendo sintesi:

1) Violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione all'art. 1 della legge n. 86/2001 e all’art. 1 della legge n. 417/1978, perché il contrasto giurisprudenziale composto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 23/2011 non ha mai revocato in dubbio che la distanza debba essere computata tra le sedi a quo e ad quem, e quindi non può assumere alcuna rilevanza quella tra le case comunali, ossia gli stabili in cui risiedono i municipi.

2) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto, contraddittorietà ed illogicità manifeste.
Disparità di trattamento. Violazione di legge in relazione all’art. 3 Cost. Difetto di istruttoria e difetto di motivazione, perché comunque l’attestazione dell’A.C.I. esibita dall’Amministrazione si riferisce alla distanza tra i due centri abitati (indicata come pari a km. 9) e non già tra le case comunali.

3) Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, ribadendosi che la sede ad quem si trova in località isolata e non già nel centro abitato.

2.) Con sentenza n. 600 dell’8 giugno 2012, il ricorso è stato accolto, rilevando che - ormai ferma e acclarata la spettanza dell’indennità di trasferimento in base alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23/2011 -, la distanza deve misurarsi tra le sedi di servizio “…atteso che la legge (art. 3 L. n. 100 del 1987) reca come riferimento la “sede di servizio” e quella “di destinazione”, che è requisito relativo alla distanza che si aggiunge al fatto che il trasferimento deve intervenire, come è nel caso, fra differenti Comuni. In tal senso depone anche recente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 08.03.2012, n. 1338)”.

3.) Con appello notificato il 6 novembre 2012 e depositato il 21 novembre 2012, la sentenza è stata impugnata, deducendosene l’erroneità e ingiustizia, senza rubricazione di motivi: dopo accurata ricostruzione normativa dell’istituto, si evidenzia che il riconoscimento dell’indennità, in virtù del richiamo di cui all’art. 1 della legge n. 86/2001 al trattamento economico di missione, deve ritenersi assoggettato agli stessi requisiti di quest’ultimo, e quindi, ferma la diversità dei comuni in cui ricade la sede di servizio a quo rispetto a quella ad quem, al computo della distanza tra le due case municipali.

3.1) Con la memoria difensiva di costituzione, depositata il 30 novembre 2012, l’appellato ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello, ribadendo che la distanza deve computarsi tra le sedi di servizio, e che in ogni caso la nuova sede è posta in località isolata rispetto al centro abitato di Elmas.

3.2) Con ordinanza n. 4848 del 12 dicembre 2012 l’istanza cautelare incidentale di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza è stata rigettata “…posto che la sede di destinazione è ubicata in località distinta e isolata rispetto al centro urbano”.

3.3) Con memoria depositata il 27 dicembre 2017, l’appellato ha insistito per la reiezione dell’appello, richiamando anche la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 1/2016.

3.4) All’udienza pubblica del 1° febbraio 2018 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato con la conseguente conferma della sentenza gravata.

4.1) Giova premettere un quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale.

4.1.1) L'art. 1 comma 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (recante “Disposizioni in materia di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia”) dispone testualmente che:

“Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi”.

4.1.2) Ai sensi del successivo art. 13 della legge la disposizione trova applicazione ai trasferimenti effettuati con decorrenza dal 1° gennaio 2001, laddove quelli antecedenti continuano a essere regolati dalla legge 10 marzo 1987, n. 100.

4.1.3) L’art. 1 della legge 10 marzo 1987, n. 100 (recante “Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare”), a sua volta dispone al primo comma che:

“A decorrere dal 1° gennaio 1987, al personale delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, trasferito d'autorità prima di aver trascorso quattro anni di permanenza nella sede, spetta il trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27”.

La disposizione, quindi, individuava il trattamento economico per i trasferimenti di autorità mediante la tecnica del rinvio ricettizio all’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.

4.1.4) L’art. 13 comma 1 della legge n. 97/1979, interamente sostituito dall’art. 6 della legge n. 27/1981, a sua volta stabilisce che:

“Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati ad esercitare le funzioni giudiziarie.

L’indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1° luglio 1980, con le modalità di cui all'art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all’art. 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno”.

4.1.5) L’art. 3 della legge 6 dicembre 1950, n. 1039, cui rinvia l’art. 13 della legge n. 97/1979 individua a sua volta il trattamento economico mediante ulteriore rinvio alle disposizioni del decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13 gennaio 1947, n. 7 (recante “Trattamento economico per le missioni o per i trasferimenti dei dipendenti statali”).

4.1.6) Quest’ultimo disciplinava il trattamento di missione a condizione che la località di svolgimento della missione fosse superiore alle distanze di cui al successivo art. 15 e che la durata della missione fosse almeno pari a 24 ore di assenza dalla residenza “incluso il tempo trascorso in viaggio”, costituito da una diaria e dal supplemento di pernottazione.

Il limite minimo di distanza, da calcolarsi “... per la via ferrata od ordinaria più breve... dal perimetro del centro urbano o rurale ove il dipendente ha la sede dell’ufficio, scuola, impianto, comando, caserma, ecc”, era fissato in misura pari a quindici chilometri nei comuni con popolazione superiore ai 500.000 abitanti, 12 per quelli con popolazione superiore ai 200.000 abitanti e 8 chilometri in tutti gli altri comuni.

4.1.7) Tali limiti di distanza e i criteri della sua determinazione hanno perso validità per effetto della disposizione di cui all’art. 1 della legge 26 luglio 1978, n. 417 (recante “Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali”), secondo il cui disposto, per quanto qui interessa:

“A decorrere dal 1° dicembre 1977 le indennità di trasferta dovute ai magistrati, agli avvocati e ai procuratori dello Stato, agli appartenenti alle Forze armate ed ai corpi organizzati militarmente, ai professori universitari ed ai dirigenti statali comandati in missione fuori della ordinaria sede di servizio in località distanti almeno 10 chilometri, sono stabilite come segue...(comma primo);

Per sede di servizio si intende il centro abitato o la località isolata in cui hanno sede l’ufficio o l’impianto presso il quale il dipendente presta abitualmente servizio”(comma secondo).

In sostanza, agli originari limiti differenziati per classi demografiche dei comuni sede dell’ufficio è stato sostituito l’unico limite minimo di dieci chilometri, riferito al centro abitato (quindi anche frazione comunale) o località isolata (sia pure ovviamente ricadente nell’ambito territoriale di un comune) di allocazione dell’ufficio o impianto.

4.2.1) Deve rammentarsi che l’Adunanza Plenaria aveva composto un primo contrasto giurisprudenziale, sorto tra il C.g.a. (decisione 28 luglio 1993 n. 277) e la Sezione IV (decisioni 1° febbraio 1994 n. 90 e 30 luglio 1994 n. 643), in ordine alla portata del rinvio, contenuto nell’art. 1 della legge n. 100/1987, all’art. 13 della legge n. 97/1979; con decisione n. 7 del 28 aprile 1999 era stato chiarito che “…l’indennità di cui all’art. 1 della legge n. 100/1987 deve ritenersi sottoposta, nel silenzio del legislatore, allo stesso regime giuridico dell’indennità di missione, compresa la sussistenza, ai fini della sua erogazione, della distanza chilometrica minima di dieci chilometri tra la nuova e l’originaria sede di servizio”.

4.2.3) Sorto poi ulteriore contrasto sulla persistenza del requisito di distanza in relazione alla disposizione dell’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86 -negata dalla decisione della Sez. VI, n. 8211 del 24 novembre 2010 e affermata dalla decisione della Sez. IV, n. 8293 del 27 novembre 2010- esso è stato risolto con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 23 del 14 dicembre 2011, che ha statuito che “…l’attribuzione dell’indennità per il trasferimento di autorità, prevista dall’articolo 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione”.

4.3) Ciò posto, nel caso di specie, si può prescindere dalla questione se la distanza debba misurarsi tra le “case comunali” (secondo quanto pure sostenuto da questa Sezione con la sentenza n. 2937 del 30 settembre 2013), allorché ricorra la fattispecie eccettuativa della località isolata, in relazione al quale “...l’elemento della distanza recede in presenza di una decisa separazione con il nucleo abitato”, in riferimento al quale “…rileva ai fini del riconoscimento dell’indennità per distanze inferiori ai 10 km…l’isolamento della caserma dal contesto delle zone urbanizzate” (così Sez. IV, 2 luglio 2012, n. 3868 e 24 aprile 2012, n. 2426; la stessa sentenza n. 2937/2013 faceva salva la fattispecie della località isolata.

4.4) Nel caso di specie non è contestata, e quindi deve ritenersi ammessa, la circostanza che la sede ad quem è collocata a oltre tredici chilometri dal centro abitato di Elmas, e quindi da essa isolata, con conseguente diritto al riconoscimento dell’indennità e correlata illegittimità del diniego.

5.) In conclusione, l’appello deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.

6.) Il regolamento delle spese del giudizio d’appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r. 8237 del 2012, come in epigrafe proposto, così provvede:

1) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione I, n. 600 dell’8 giugno 2012;

2) condanna il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, al pagamento, in favore dell’appellato, delle spese del giudizio di appello, liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Paolo Troiano





IL SEGRETARIO
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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idem come sopra con lo stesso esito finale
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201805042
- Public 2018-08-24 -


Pubblicato il 24/08/2018

N. 05042/2018 REG. PROV. COLL.
N. 08239/2012 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8239 del 2012, proposto da
Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando generale della Guardia di Finanza Reparto tecnico logistico amministrativo Sardegna, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

contro
Tonino Cossa, rappresentato e difeso dagli avv.ti Renato Margelli e Sara Merella e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria n. 2, per mandato a margine dell’atto di costituzione;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Sardegna, Sezione I, n. 601 dell’8 giugno 2012, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n. 266/2007 proposto per l’annullamento della determinazione di diniego dell’indennità di trasferimento di autorità


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Tonino Cossa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 febbraio 2018 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Marrone per l’Autorità statale appellante e l’avv. D. Jouvenal Long, per delega dell’avv. Merella, per la parte privata appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) Il signor Tonino Cossa, maggiore della Guardia di Finanza, con determinazione del Comando regionale del 5 giugno 2006 è stato trasferito d’autorità dal Comando Sezione area di Elmas al Reparto operativo aeronavale di Cagliari.
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Ricorso straordinario al PdR Accolto.
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Il Parere del CdS che allego, richiama la sentenza del CdS, sez. 4 , nr. 3460/2013 del 25/06/2013 e da me qui postata in data 26/06/2013.


1) - L’Amministrazione invoca anche la prescrizione quinquennale, come da credito da lavoro, contestata invece dal ricorrente che ritiene applicabile il termine decennale, inerente al presupposto di un provvedimento amministrativo.

Con il Parere il CdS precisa:

2) - che l’istanza risulta tempestiva, ancorché avanzata in forma sui generis, ma comunque confermata ex post da attestazioni a margine riconducibili ai titolari degli uffici, e non contestata in modo esauriente dall’Amministrazione, che semmai rivela un possibile difetto di acquisizione formale dell’istanza, non imputabile all’interessato, mentre il dato di fatto, presupposto dei motivi di doglianza in diritto, è di natura oggettiva e fisica, accertato in giudizio e perciò rilevante anche nel caso in questione seppure il ricorrente non fosse tra le parti di quel giudizio.


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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

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Panorama sei per caso a conoscenza di qualche sentenza in merito, indipendentemente dall'esito per i Vigili del Fuoco?

Grazie
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

Messaggio da panorama »

in che senso per i VVFF?
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Re: INDENNITA' DI TRASFERIMENTO

Messaggio da firefox »

Nel senso stretto del termine :D

VF trasferito di ufficio oltre 10 km che ha fatto ricorso per ottenere indennità trasferimento negata dall'amministrazione....
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