Ho trovato decine e decine di ricorsi tutti per lo stesso motivo ed hanno avuto tutti il ricorso Respinto.
Ne posto solo 1 giusto per pubblicizzare che questi tipi di ricorsi vengono respinti per lo stesso Ministero.
"indennità penitenziaria quale indennità di amministrazione"
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24/07/2013 201104667 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 20/03/2013
Numero 03434/2013 e data 24/07/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 20 marzo 2013
NUMERO AFFARE 04667/2011
OGGETTO:
Ministero della giustizia.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto dalla signora A. M. Z., per ottenere l'attribuzione dell'indennità di amministrazione.
LA SEZIONE
Vista la relazione del 18 ottobre 2011, con la quale il Ministero della giustizia (Dipartimento amministrazione penitenziaria ,ufficio contenzioso) ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso straordinario indicato in oggetto;
Visto il ricorso straordinario;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Mauro Zampini;
PREMESSO:
Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in data 24 giugno 2010, la signora A. M. Z., dipendente dell'amministrazione penitenziaria, ha impugnato la nota con cui l’Amministrazione stessa ne aveva rigettato l’istanza, a suo tempo proposta, tesa ad ottenere l’attribuzione della indennità di amministrazione a partire dal mese di gennaio 1995.
A sostegno dell’impugnativa deduceva, sostanzialmente, che per le caratteristiche peculiari che la contraddistinguono, l’indennità accessoria rivendicata non potrebbe essere ricondotta e sostituita dall’indennità di amministrazione di cui all’art. 34, comma 2, lett. b) del C.C.N.L. Comparto Ministeri – personale non dirigente – del 16 maggio 1995, essendo in pratica l’indennità di servizio penitenziaria un’indennità di servizio d’istituto al pari di quella elargita alle forze dell’ordine ai sensi della L. 23.12.1980 n. 1054, istitutiva della medesima.
L’indicato C.C.N.L. del 1995 avrebbe, inoltre, commesso “altro abuso”, disponendo il “congelamento” degli incrementi sessennali dell’indennità di servizio penitenziario, derivanti dall’art. 16, comma 1, della legge 6 ottobre 1991, n. 321, e dalla relativa tabella, “che cessano di essere corrisposti dal 1° dicembre 1995”.
Con la relazione indicata in epigrafe, il Ministero della Giustizia ha ritenuto infondata la pretesa formulata dal dipendente col ricorso in esame, concludendo per il rigetto del medesimo.
CONSIDERATO:
Attraverso la richiesta di annullamento della nota che ne ha respinto l’istanza a tal fine da essa a suo tempo prodotta, la ricorrente, dipendente dell’Amministrazione Penitenziaria, tende ad ottenere la “condanna del ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – ad applicare alla stessa ricorrente la corresponsione dell’indennità di Amministrazione a far data dall’1.01.1995, nonché, conservando l’indennità di servizio penitenziario, al ripristino dei relativi sessenni maturati, con conseguente riconoscimento della rivalutazione monetaria ed interessi legali sugli arretrati che saranno corrisposti dalla citata data”.
A tale pretesa sostanziale si oppone il Ministero della giustizia, sostenendone l’infondatezza alla luce di quanto disposto, a partire dal mese di gennaio 1995, dal C.C.N.L del comparto Ministeri – personale non dirigente – sottoscritto il 16 maggio 1995, contratto che avrebbe previsto l’inserimento dell’indennità penitenziaria nell’allegato “13”, tab. 2, e per mantenerne le caratteristiche di pensionabilità e corresponsione sulla 13a mensilità, formulato il comma 6 dell’art. 34 del contratto medesimo che disciplina la retribuzione accessoria del personale interessato.
Evidenzia, inoltre, il Ministero riferente che nei decreti individuali d’inquadramento economico notificati ai dipendenti, l’attribuzione dell’indennità in questione viene definita “indennità penitenziaria quale indennità di amministrazione”, proprio in richiamo al citato art. 34 del contratto collettivo che l’avrebbe, dunque, recepita e confermata, sicché non sarebbe possibile duplicarne la corresponsione.
La “disciplina della retribuzione accessoria” dei dipendenti del comparto interessato è stata dettata con l’art. 34 del citato C.C.N.L. sottoscritto il 16 maggio 1995, il cui comma 2 prevede che “Nell’allegato B le parti definiscono le voci e le quote di retribuzione utili ai fini dei diversi istituti contrattuali, ed inoltre, per le singole, distinte amministrazioni:
a) tabelle di retribuzione accessoria mensile distinte per livello, comprendenti le quote di retribuzione accessoria aventi carattere di generalità e continuità in base alla specifica disciplina legislativa, contrattuale ed amministrativa in vigore, anche ai sensi dell’art. 72, comma 3, del D.lvo 29/1993, facendo riferimento agli importi corrisposti per l’anno 1993, rilevati sulla base del bilancio consuntivo;
b) le residue quote di retribuzione accessoria non aventi carattere di generalità e continuità, che concorreranno ad aumentare il fondo per la produttività collettiva, di cui al successivo art. 36, nell’amministrazione di appartenenza”.
A tenore del successivo comma 4, “La determinazione delle tabelle e degli elementi di cui al comma 2 non può comportare né oneri né vantaggi per le parti”.
Dell’indennità di servizio penitenziario si occupano, espressamente, gli ultimi due commi (5 e 6) dello stesso art. 34, che rispettivamente recitano:
“5. Gli incrementi sessennali dell’indennità di servizio penitenziario derivanti dall’art. 16, 1° comma, della legge 10.10.1991, n. 321 e della relativa tabella, cessano di essere corrisposti dal 1° dicembre 1995. Da tale data, gli incrementi sessennali in godimento al 30 novembre 1995, con l’aggiunta della valutazione economica dei ratei di incremento sessennale maturati alla stessa data vengono corrisposti in aggiunta agli importi di cui alla allegata tabella B;
6. L’indennità di servizio penitenziario derivante dall’art. 16, 1° comma, della legge 16.10.1991 n. 321, e della relativa tabella, come riportata nell’allegato 13 al presente contratto, nonché dal trattamento di cui al comma 5 continua ad essere corrisposta pe e tredici mensilità e ad essere utile agli effetti del calcolo del trattamento di quiescenza”.
Emerge, dunque, dalla riportata disciplina contrattuale che, come riporta nell’atto di gravame la stessa parte ricorrente, “per il personale appartenente all’Amministrazione penitenziaria, in base all’art. 34, commi 5 e 6, del C.C.N.L. del 16/05/1995, viene corrisposto un assegno per indennità di servizio penitenziario in sostituzione dell’indennità di amministrazione”.
Orbene, come questo Consiglio ha già avuto occasione di affermare, la struttura del trattamento retributivo del personale del comparto Ministeri è quella stabilita, in conformità di quanto ribadito dall’art. 49, primo comma, del D. Lgs. n. 29/93, dall’art. 29 del C.C.N.L. del 1995 ed articolata sul trattamento fondamentale e su quello accessorio, distinto, quest’ultimo, per Ministeri come da allegato B al C.C.N.L. medesimo e ragguagliato a quello in godimento in base al regime previgente (Cons. Stato, VI, 6 aprile 2006, n. 1793 e 24 giugno 2008, n. 454).
Discende dal sopra riferito ed esaustivo quadro di disciplina contrattuale, anche del trattamento accessorio del personale interessato, l’infondatezza della pretesa sostanziale azionata dal ricorso in esame, tesa ad ottenere l’attribuzione dell’indennità di amministrazione, a partire dal mese di gennaio 1995, in aggiunta all’indennità di servizio penitenziario che, come riconosciuto da parte ricorrente, viene corrisposta al personale appartenente all’Amministrazione penitenziaria, in base all’art. 34, commi 5 e 6, del C.C.N.L. del 16 maggio 1995, “… in sostituzione dell’indennità di amministrazione”.
Né può la stessa ricorrente contestare in questa sede straordinaria le disposizioni del richiamato contratto collettivo di lavoro che l’interessata assume “… viziato sia nella parte in cui nega la corresponsione dell’indennità di amministrazione al personale civile penitenziario sia nella parte in cui abolisce lo scatto dell’indennità penitenziaria, riconosciuta per legge e non per contratto”.
La giurisprudenza di questo Consiglio, sia in sede giurisdizionale che consultiva (cfr. ex multis VI, 1° febbraio 2002, n. 568; I, 29 ottobre 2003 n. 3370/03; II, 21 maggio 2003 n. 206/03 e III, 8 giugno 2004, n. 3394/03), ha già evidenziato, infatti, che trattasi di disciplina – quella delle disposizioni dei contratti in discorso – dettata in base a criteri di autonomia negoziale, come tale non sindacabile sotto il profilo della legittimità, se non per violazione di norme imperative o per le altre cause di nullità previste dall’art. 1418 c.c., ipotesi che non ricorrono nel caso concreto, e che peraltro non risultano neppure invocate da parte ricorrente.
Va, infine, osservato che il Ministero riferente ha giustamente evidenziato come nei decreti d’inquadramento economico notificati ai dipendenti – la cui copia non risulta allegata alla relazione istruttoria – l’attribuzione dell’indennità in questione venga definita: “indennità penitenziaria quale indennità di amministrazione” e ciò secondo il Ministero della giustizia “… proprio in richiamo all’art. 34 del citato contratto che l’ha dunque recepita e confermata”.
Avendo, dunque, l’Amministrazione Penitenziaria definito con provvedimento individuale la posizione del dipendente nell’ambito del suo apparato amministrativo, anche sotto l’aspetto economico, determinandone il trattamento economico da corrispondere a tale soggetto, avrebbe dovuto quest’ultimo impugnare il relativo atto nei rituali termini di decadenza, ove avesse inteso percepire – a qualunque titolo – un trattamento diverso da quello risultante da detto provvedimento di inquadramento economico.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non trova possibilità di accoglimento e va, conclusivamente, respinto.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Mauro Zampini Gerardo Mastrandrea
IL SEGRETARIO
Cristina Manuppelli
Indennità di amministrazione
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