Assegno di valorizzazione dirigenziale

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Assegno di valorizzazione dirigenziale

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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201700644
- Public 2017-02-14 -


Pubblicato il 14/02/2017


N. 00644/2017REG.PROV.COLL.
N. 02310/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2310 del 2010, proposto da:
Ministero della Funzione Pubblica, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, Ministero della Difesa, Ministero della Giustizia, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
Luca Mo.. , Filippo Stra.., Ciriolano Co.., Roberto Piet.., Giuseppe Ca.., Riccardo Pe., Virgilio Ru.., Giorgio Vet.., Laura Pat.., Giuseppina Piz.., Ada Nit.., Erminio Massimo Fi.., Catello So.., Donatella Maria Pan.., Giovanna Sal.. e Cinzia Cel..

rappresentati e difesi dall'avvocato Stefano Viti con domicilio eletto presso il suo studio in Roma
Piazza della Libertà n. 20;

Bibiana Pa.. non costituito in giudizio;
Mario Spaz.. non costituito in giudizio;
Luca Pip.. non costituito in giudizio;

nei confronti di

Filippo Ber.. non costituito in giudizio;
Laura Vil.. non costituito in giudizio;


per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 08406/2009, resa tra le parti, concernente esclusione dei commissari capi della Polizia di Stato dall'attribuzione assegno di valorizzazione dirigenziale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Luca Mo.., Filippo Stra.., Coriolano Co.., Roberto Piet.., Giuseppe Ca.., Riccardo Pe.., Virgilio Ru.., Giorgio Vet.., Laura Pat.., Giuseppina Piz.., Ada Nit.., Erminio Massimo Fi.., Catello So.., Donatella Pan.., Giovanna Sal.. e Cinzia Cel..i;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il Cons. Sergio Fina e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’odierno atto di appello è impugnata la sentenza del Tar del Lazio – n. 8406 /2009 –, con la quale è stato accolto il ricorso dei ricorrenti, tutti dipendenti della Polizia di Stato con la qualifica di “commissario capo”, e per l’effetto annullato il DM 23.12.2003.

Espongono, le Amministrazioni appellanti, che la pronuncia del Tar sia gravemente lesiva delle loro ragioni, in quanto illegittima e comunque erronea sul piano della motivazione, perché contrastante con la previsione di legge, applicabile alla fattispecie.

Rimarcano, in primo luogo, come la disposizione contenuta nel Decreto annullato, recante l’attribuzione del beneficio economico denominato “assegno di valorizzazione dirigenziale” ai soli “Vice Questori Aggiunti” e non anche ai “Commissari Capi” derivi dalla rigorosa osservanza dell’art. 33/2°c L. n. 289/2002.

Tale norma, nella sua parte essenziale, così dispone: ”Al fine di assicurare una graduale valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici dei funzionari del ruolo dei commissari e qualifiche o gradi corrispondenti, sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003,2004 e 2005, in attesa di approvare le norme per il riordinamento della dirigenza del personale delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e delle Forze Armate”.

Rileva, l’Avvocatura dello Stato, come la stessa normativa abbia disposto passaggi graduali verso la valorizzazione dirigenziale dei funzionari del ruolo sopra indicato, nella prospettiva di un complessivo riordino della dirigenza del personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate.

Aggiunge che proprio, in attuazione di queste precise indicazioni di legge, il Dipartimento della Funzione Pubblica, di concerto con gli altri Ministeri interessati, ha ritenuto di attribuire il beneficio economico al personale di grado più elevato “Vice Questore Aggiunto”, in quanto maggiormente contigua a quella del personale dirigenziale. Chiarisce ancora che contrariamente a quanto affermato nella sentenza appellata, non vi è coincidenza tra le qualifiche di “Vice Questore Aggiunto” e “Commissario Capo”, in relazione alle quali, permangono livelli di responsabilità e ambiti di competenza, distinti e conseguentemente trattamenti economici differenziati e ciò giustifica la transitoria esclusione, nel provvedimento, di questa qualifica.

Conclude per l’accoglimento dell’appello e la riforma della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

Il Collegio osserva che il percorso logico argomentativo sviluppato dall’Avvocatura dello Stato sia da condividere.

Occorre, anzitutto, partire dal chiaro ed inequivocabile dato testuale dell’art. 33/2°c L. n. 289/2002, nel quale si afferma l’esigenza di una “graduale valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici…… anche attraverso l’attribuzione di trattamenti perequativi da disporre con Decreto del Ministro per la Funzione Pubblica, di concerto con gli altri Ministeri interessati”.

Pare del tutto evidente che la disposizione in esame abbia natura programmatica e transitoria, nella prospettiva di un riordino della dirigenza delle Forze di Polizia e delle Forze Armate e non assuma, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, un definitivo carattere escludente di una categoria di funzionari, nella specie, quella dei “Commissari Capi” ed invece, un carattere, esclusivamente, premiale per quella dei “Vice Questori Aggiunti”.

Appare altrettanto chiaro e ciò è, peraltro, sottolineato nel Decreto annullato, che l’attuazione di tale graduale valorizzazione era necessariamente correlata alle risorse finanziarie stanziate e che quindi, in una prima fase, il beneficio in questione avrebbe riguardato la qualifica di “ Vice Questore Aggiunto”, in quanto funzione di più elevato livello e più prossima a quella dirigenziale.

In sostanza nello stesso concetto di “gradualità”, espresso dalla legge, doveva ritenersi insito un processo attuativo “progressivo”, cioè posto in essere per gradi, attraverso interventi coordinati, anche distanziati nel tempo, in relazione alle esigenze dell’Amministrazione ed alla disponibilità delle risorse.

Sotto questo profilo, non sembra illogica la scelta operata dall’Amministrazione di procedere, separatamente, per singole categorie di funzionari e non secondo un sistema distributivo articolato e modulato in senso proporzionale.

Quest’ultima impostazione, fortemente invocata dai ricorrenti in primo grado, infatti, non avrebbe consentito un’attuazione effettiva della legge che si proponeva non un programma di miglioramenti economici “a pioggia”, ma una serie di interventi sistematici volti al riordino e alla valorizzazione della dirigenza delle Forze di Polizia e delle Forze Armate, sotto l’aspetto dei trattamenti economici. E’ dunque evidente che l’applicazione di tale programma ben poteva avvenire, come per il provvedimento in esame, attraverso più decreti interministeriali da emanare in tempi diversi.

Naturalmente occorre rilevare, pur attenendo la questione al merito dell’azione amministrativa, che l’impegno contenuto nella legge, da tradurre in provvedimenti attuativi, rappresenta un preciso obbligo per l’Amministrazione che, compatibilmente con quanto si è detto, va adempiuto in tempi ragionevoli e quindi non deve essere considerato un impegno da lasciare, come spesso accade, in una sorta d’indeterminatezza e di sospensione “ad libitum”.

Consegue a tutte le considerazioni sopra formulate che l’appello è fondato e dunque deve essere accolto e per l’effetto in riforma della sentenza appellata respinto il ricorso in primo grado.

Le spese, tenuto conto del carattere interpretativo delle questioni poste, possono, integralmente, compensarsi tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso.
Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Sergio Fina, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sergio Fina Franco Frattini





IL SEGRETARIO


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Re: Assegno di valorizzazione dirigenziale

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Ricorso Accolto ma bisogna poi vedere cosa ne pensa il CdS nell'appello dell'Amministrazione.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1T ,numero provv.: 201711593, - Public 2017-11-23 -
Pubblicato il 23/11/2017


N. 11593/2017 REG. PROV. COLL.
N. 08551/2005 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8551 del 2005, proposto da:
Servidio Claudio, Asili Paola, Bandiera Francesco, Barbuzza Claudia, Bochicchio Michela, Caglia' Alessandra, Calzetta Carmelo, Capezzera Domenica, Caradonna Andrea, Carolla Stefania, Carrillo Sandro, Consoli Giancarlo, D'Angelo Pasquale, De Capola Michele, Di Berardino Archimede Lorenzo, Eletti Giulio, Fatuzzo Corrado, Galante Antonio, Giudice Giovanni, Greco Francesco, Iaccarino Luciano, La Rosa Alessandra, Maffei Simona, Maiorano Antonio, Mancini Maurizio, Marinelli Anna, Martucci Ferruccio, Melchioni Cristiana, Menghi Massimo, Mercurio Saverio, Morricone Marzia, Papa Maria Cristina, Papa Teresa Maria, Pichierri Fabio, Provenzano Antonio, Savio Rodolfo, Sciaudone Federico, Sinigaglia Giustina, Sozzi Emanuela, Stefanoni Patrizia, Strappato Barbara, Zireddu Stefano, rappresentati e difesi dagli avvocati Claudia Zhara Buda e Massimo Zhara Buda, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Claudia Zhara Buda in Roma, via Orti della Farnesina 155;

contro
Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in persona del Ministro pro tempore, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per il riconoscimento
del diritto a percepire l'assegno di valorizzazione dirigenziale di cui all'art. 33, co 2 l. 289/02, come determinato con decreto del Ministro per la Funzione Pubblica 23.12.2003, pubblicato sulla G.U. n. 289 del 27 dicembre 2002,

e, ove occorrendo,
per l’annullamento e/o disapplicazione del predetto D.M. 23.12.2003, nella parte in cui limita l’attribuzione del suddetto emolumento ai vice questori aggiunti e qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato

e, conseguentemente, per la condanna
del Ministero dell’Interno alla corresponsione delle somme dovute.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2017 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto alla corresponsione dell’assegno di valorizzazione dirigenziale di cui all'art. 33, co 2 l. 289/02.

I ricorrenti hanno esposto di rivestire tutti la qualifica di Commissario capo, o qualifica corrispondente dei ruoli tecnici, della Polizia di Stato; la legge finanziaria per l’anno 2003 (l. 289/2002), all’art. 33, comma 2, aveva previsto, nell’ottica di un progressivo riordino della dirigenza delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze armate, uno stanziamento di fondi per assicurare “una graduale valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici dei funzionari del ruolo dei commissari e qualifiche o gradi corrispondenti della stessa Polizia di Stato, delle altre Forze di polizia e delle Forze armate, anche attraverso l’attribuzione di trattamenti perequativi da disporre con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro dell’interno e gli altri Ministri interessati”; tale disposizione era stata parzialmente attuata con il decreto 23 dicembre 2003 del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con gli altri ministri interessati.

Tuttavia tale decreto aveva attribuito, a differenza di quanto previsto dalla norma citata, l’assegno di valorizzazione dirigenziale ai soli vice questori aggiunti e qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato (e corrispondenti qualifiche delle altre Forze di polizia e delle Forze armate), senza nulla prevedere per le altre qualifiche del ruolo dei commissari, che invece la disposizione prendeva in esame nella sua interezza.

Ciò era tanto più illegittimo con riferimento ai commissari capo che svolgevano funzioni, anche dirigenziali, corrispondenti a quelle della qualifica superiore.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1.Violazione dell’art. 33, comma 2, della l. 289/2000, in quanto il decreto impugnato prefigurava un’attuazione graduale della norma in relazione alla rilevanza delle funzioni in rapporto all’ordinamento gerarchico dei ruoli, alle risorse disponibili e alle funzioni di più elevato livello, con riferimento alla maggiore contiguità del personale con i dirigenti e alla prevista sostituzione degli stessi, con precedenza rispetto alle qualifiche di commissario capo e qualifica o grado corrispondente, ma di fatto l’assegno di valorizzazione era stato attribuito solo ai vice questori aggiunti e non alle qualifiche inferiori, diversamente da quanto previsto dalla legge;

2. violazione dell’art. 2 del d.lgs. 334/2000, che accomunava integralmente le funzioni dei commissari capo e dei vice questori aggiunti, assegnando ad entrambi funzioni di direzione di uffici o reparti non riservati al personale del ruolo dei dirigenti o di indirizzo e coordinamento di più unità organiche nell’ufficio cui sono assegnati, con piena responsabilità per le direttive impartite e i risultati conseguiti; l’unica differenza tra i due ruoli era data dall’anzianità di servizio.

Si sono costituite le Amministrazioni intimate resistendo al ricorso.

Alla pubblica udienza del 7 novembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato.

Ai sensi dell’art. 33, comma 2, della l. 27 dicembre 2002, n. 289 “Fino a quando non saranno approvate le norme per il riordinamento della dirigenza del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate, in armonia con i trattamenti economici della dirigenza pubblica e tenuto conto delle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, al fine di assicurare una graduale valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici dei funzionari del ruolo dei commissari e qualifiche o gradi corrispondenti della stessa Polizia di Stato, delle altre Forze di polizia e delle Forze armate, anche attraverso l'attribuzione di trattamenti perequativi da disporre con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno e gli altri Ministri interessati”.

Con il decreto impugnato, premessa la necessità di “attuare la valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici del personale interessato con gradualità, in relazione:

a) alla rilevanza delle funzioni in rapporto all'ordinamento gerarchico dei ruoli;

b) alla necessità di assicurare un rilievo economico adeguato in rapporto alle risorse disponibili, tenuto anche conto degli incrementi conseguenti all'introduzione del sistema dei parametri stipendiali di cui al decreto legislativo n. 193 del 2003 [..]”, nonché di “attuare la prevista graduale valorizzazione dei predetti trattamenti economici con riguardo al personale che riveste la qualifica di vice questore aggiunto o qualifica corrispondente della Polizia di Stato e le qualifiche e gradi corrispondenti delle altre Forze di polizia e delle Forze armate, in relazione alle funzioni di più elevato livello, alla maggiore contiguità dello stesso personale con i dirigenti delle medesime Forze di polizia e delle Forze armate ed alla prevista sostituzione degli stessi dirigenti, con precedenza rispetto al personale con qualifica di commissario capo e qualifica o grado corrispondente”, è stato disposto di erogare il trattamento perequativo in esame, per quanto qui interessa, esclusivamente “ai vice questori aggiunti e qualifiche corrispondenti della Polizia di Stato”.

Come già affermato da questo Tribunale in analoga controversia, “la norma primaria citata non opera alcun distinguo all’interno del ruolo dei commissari, carriera articolata, come noto (cfr. l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 334/2000), nelle qualifiche di “commissario, limitatamente alla frequenza del corso di formazione; commissario capo; vice questore aggiunto”” (TAR Lazio, sentenza n. 8405/2009).

Le disposizioni sopra riportate (“sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, al fine di assicurare una graduale valorizzazione dirigenziale dei trattamenti economici dei funzionari del ruolo dei commissari e qualifiche o gradi corrispondenti della stessa Polizia di Stato, delle altre Forze di polizia e delle Forze armate, anche attraverso l'attribuzione di trattamenti perequativi”) sono infatti chiare nel prefigurare una valorizzazione rispetto a tutte le categorie di personale indicate.

L’amministrazione ha limitato il trattamento perequativo ai soli appartenenti alla qualifica di vice questore aggiunto facendo leva sulla rilevanza delle funzioni, sulla necessità di attribuire all’assegno in esame un rilievo economico adeguato in rapporto alle risorse disponibili, e sulla maggiore “contiguità” alla dirigenza del personale appartenente alla qualifica di vicequestore aggiunto.

Tuttavia, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 334/2000, anche i funzionari con la qualifica di commissario capo svolgono funzioni di collaborazione con i dirigenti, ovvero funzioni vicarie dei medesimi, e l’accesso alla qualifica di primo dirigente dei ruoli della Polizia di Stato, non è riservata, in via esclusiva, ai funzionari provenienti dalla qualifica di vice questore aggiunto (cfr. l’art. 7 del d.lgs. n. 334/2000).

Di talché, come dedotto dai ricorrenti, l’unica modulazione possibile al fine di dare corretta attuazione alla volontà legislativa, è, semmai, quella di una diversa e proporzionale articolazione (in rapporto all’impegno richiesto dalle rispettive attribuzioni, nonché all’importo di eventuali anticipazioni di miglioramenti stipendiali), della quantificazione dell’assegno perequativo, come ben l’Amministrazione potrebbe fare, non riservando esclusivamente, però, tale beneficio alle esigenze di una parte soltanto delle categoria dei beneficiari individuata dalla fonte primaria.

Il ricorso va quindi accolto, con annullamento del decreto impugnato.

La particolarità della questione controversia giustifica, comunque, la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione;

compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Alessandro Tomassetti, Consigliere
Francesca Petrucciani, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesca Petrucciani Germana Panzironi





IL SEGRETARIO
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