L'Amministrazione perde l'Appello a CdS.
Interessante sentenza che da giusti orientamenti/comportamenti in caso procedimenti penali
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IL CONSIGLIO DI STATO specifica
1) - In diritto la controversia all’esame concerne, innanzitutto, l’interpretazione che va data all’art 91, comma 1, primo periodo, del DPR n.3/1957, che disciplina la sospensione cautelare facoltativa dell’impiegato “sottoposto a procedimento penale”.
2) - Sul punto ( oggetto del primo motivo di ricorso) la sentenza appellata ha affermato che
“la semplice qualificazione di indagato in sede di indagini preliminari non legittima l’adozione della sospensione cautelare del dipendente dal servizio, ai sensi dell’art.91, t.u. imp. civ. St. (d PR .10 gennaio 1957, n. 3), occorrendo a tal fine un vero e proprio inizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio, in base al concetto di imputazione di reato di cui all’art. 60 c.p.p.”( assunzione della qualità di imputato).
3) - nel caso di specie, mancando (all’epoca del decreto di sospensione dal servizio impugnato) il decreto di rinvio a giudizio, non si può ritenere iniziato nei confronti del ricorrente/indagato il procedimento penale, non essendo stata promossa l’azione penale.
4) - In conseguenza appare evidente che, nel caso all’esame, l’Amministrazione non aveva titolo per applicare nei confronti dell’agente in questione né la sospensione facoltativa né tanto meno quella obbligatoria (ai sensi dell’art. 91, comma 1, secondo periodo, DPR n.3/1957), quest’ultima prevista solo in presenza di mandato di cattura emesso nei confronti del destinatario della misura della sospensione ( secondo profilo dell’unico motivo di appello).
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
N.B.: posto anche:
- la sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 02253/2007;
- ordinanza cautelare n.4714 del 13 settembre 2007 il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza.
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01/10/2014 201404883 Sentenza 3
N. 04883/2014REG.PROV.COLL.
N. 06833/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6833 del 2007, proposto da:
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Contaldi, Claudio Dal Piaz, Chiara Servetti, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, 63;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 02253/2007, resa tra le parti, concernente, tra l’altro, la sospensione cautelare dal servizio disposta a carico dell’appellato dal Capo del Corpo delle Politiche Agricole e Forestali dello Stato con decreto 3 aprile 2007
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive dell’appellato;
Vista l’ordinanza cautelare n.4714/2007 che ha respinto la domanda di sospensione degli effetti della sentenza appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2013 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti l’Avvocato Lorenzelli su delega di Contaldi e l’Avvocato dello Stato Meloncelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto 3 aprile 2007 il Capo del Corpo Forestale dello Stato, in dichiarata ottemperanza alla sentenza TAR Piemonte n. 3835/2006, annullava la sospensione cautelare dal servizio disposta nei confronti dell’agente C.F.S. OMISSIS, con precedente decreto 3 luglio 2006 ( fatto salvo l’esito dell’appello al Consiglio di Stato avverso la citata sentenza) ; in pari data, poi, riesaminata la situazione dell’agente, con altro distinto decreto gli comminava una nuova sospensione “cautelare” ai sensi del DPR n. 3/1957, art. 91, comma 1, primo periodo, ed in via “cautelare obbligatoria ”, ai sensi dell’art. 91, comma 1, secondo periodo, con decorrenza dalla data del decreto medesimo .
Accogliendo il primo motivo del ricorso proposto dall’agente ( R G n. 574/2007), assorbiti gli altri sei, il TAR Piemonte, con sentenza semplificata n.2263/2007, ha annullato il provvedimento impugnato, condannando, altresì, l’Amministrazione a corrispondere al ricorrente l’intero trattamento stipendiale trattenuto dal 3 luglio 2006 al 3 aprile 2007, compresi gli interessi e la rivalutazione.; spese compensate.
1.1. Avverso la sentenza ha proposto appello il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che, con unico articolato motivo, ne ha chiesto la riforma, previa sospensione, contestando tutte le sette censure dedotte in primo grado.
In data 24 agosto 2007 si è costituito l’agente appellato, chiedendo il rigetto dell’appello stesso e con memoria depositata il 11 settembre 2007, riproposte le censure assorbite in primo grado, ha chiesto in primis la conferma della sentenza TAR ed, in subordine, l’accoglimento dei motivi del ricorso di primo grado dichiarati assorbiti dalla sentenza appellata.
Con ordinanza cautelare n.4714 del 13 settembre 2007 il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza, ritenendo opportuno che, a prescindere dalla nozione di procedimento penale, l’agente fosse mantenuto in servizio con assegnazione di compiti compatibili con il mancato possesso dell’arma sottoposta a sequestro dal giudice penale.
Con memoria ottobre 2007 la difesa dell’agente, in punto di fatto, ha rappresentato che, nelle more del giudizio, il Tribunale penale di Torino con sentenza 13.2.2008. aveva condannato l’agente per il reato p. e p. dall’art 660 c.p. alla ammenda di euro 50,00, mentre aveva dichiarato non doversi procedere per il reato di cui all’art.612 c.p. per mancanza di querela, disponendo il dissequestro e la restituzione della pistola di servizio; quindi ha puntualmente controdedotto alle avverse argomentazioni, insistendo per il rigetto dell’appello con la conferma della sentenza e, in subordine, per l’accoglimento dei motivi di ricorso proposti in primo grado ed assorbiti dalla sentenza appellata, con l’attribuzione delle spese per il doppio grado di giudizio.
Alla pubblica udienza del 7 novembre 2013, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione.
2. In diritto la controversia all’esame concerne, innanzitutto, l’interpretazione che va data all’art 91, comma 1, primo periodo, del DPR n.3/1957, che disciplina la sospensione cautelare facoltativa dell’impiegato “sottoposto a procedimento penale”.
Sul punto ( oggetto del primo motivo di ricorso) la sentenza appellata ha affermato che
“la semplice qualificazione di indagato in sede di indagini preliminari non legittima l’adozione della sospensione cautelare del dipendente dal servizio, ai sensi dell’art.91, t.u. imp. civ. St. (d PR .10 gennaio 1957, n. 3), occorrendo a tal fine un vero e proprio inizio dell’azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio, in base al concetto di imputazione di reato di cui all’art. 60 c.p.p.”( assunzione della qualità di imputato).
Ad avviso dell’appellante, invece, l’assunzione della qualità di imputato non potrebbe assumersi quale discrimen tra l’inizio o meno del procedimento penale; inoltre, nel caso di specie, poiché il GIP aveva disposto il sequestro preventivo dell’arma di servizio nei confronti dell’agente, questo, come soggetto passivo della misura, “non è più solo indagato, ma colui che ha commesso il reato e che probabilmente potrebbe commetterne altri”.
L’assunto del Ministero non è condivisibile e, pertanto, la sentenza merita conferma.
2.1. Come ha rappresentato l’appellato, nelle more di questo giudizio, sulla questione si è già espresso il Consiglio di Stato ( SEZ . V I ) che con decisione n.8690/2009 ha confermato la sentenza TAR Piemonte n 3835/2006 e, quindi, l’annullamento di una precedente sospensione dal servizio disposta a carico del medesimo agente con decreto del Capo del Corpo Forestale dello Stato 3.7.2006) .
Infatti la richiamata pronuncia del Consiglio di Stato ha ritenuto che, in conformità a quanto affermato dalla AP n.1/2009 ( circa l’individuazione dell’inizio della azione penale) la sospensione cautelare facoltativa del pubblico impiegato dal servizio (ai sensi dell’art. 91, comma 1, primo periodo, TU del 1957) non può essere comminata in presenza di sole indagini preliminari, posto che la pendenza del procedimento penale e l’assunzione della qualità di imputato sono connesse al rinvio a giudizio; quindi (prosegue la sentenza citata) nel caso di specie non sussistevano i presupposti per applicare l’art. 91, comma 1, primo periodo, in quanto – in incontestata assenza del rinvio a giudizio - nei confronti dell’agente ricorrente il GIP aveva adottato soltanto la misura cautelare di carattere reale del sequestro dell’arma, basata sulla valutazione di pericolosità della cosa sequestrata, e non una misura di carattere personale motivata con la probabilità che l’indagato potesse reiterare la condotta delittuosa .
2.2. Pertanto, nel caso di specie, mancando (all’epoca del decreto di sospensione dal servizio impugnato) il decreto di rinvio a giudizio, non si può ritenere iniziato nei confronti del ricorrente/indagato il procedimento penale, non essendo stata promossa l’azione penale.
In conseguenza appare evidente che, nel caso all’esame, l’Amministrazione non aveva titolo per applicare nei confronti dell’agente in questione né la sospensione facoltativa né tanto meno quella obbligatoria (ai sensi dell’art. 91, comma 1, secondo periodo, DPR n.3/1957), quest’ultima prevista solo in presenza di mandato di cattura emesso nei confronti del destinatario della misura della sospensione ( secondo profilo dell’unico motivo di appello).
2.3. Né tanto meno la mancata riammissione in servizio dell’agente ( reiterata di fatto con l’adozione del decreto del 3 aprile 2007in controversia) trova giustificazione nel fatto che, a seguito del sequestro preventivo della pistola di ordinanza disposto nei confronti dell’agente dal GIP del Tribunale di Torino all’epoca delle indagini (ed ancora efficace nel gennaio 2007), il ricorrente non potrebbe adempiere all’obbligo si servizio di portare sempre con sé, anche fuori servizio, l’arma al fine di svolgere in qualsiasi momento le funzioni di PG e di PS , imposte dalla legge n. 36/2004 ( Nuovo Ordinamento del Corpo Forestale dello Stato), art. 2.
Infatti, come ha rilevato questo Giudice di Appello nella ordinanza cautelare n. 948/2007, nelle more dell‘esito delle indagini penali, appare possibile l’utilizzazione dell’agente medesimo in funzioni amministrative non richiedenti il possesso della pistola di servizio; d’altra parte la difesa del ricorrente ha precisato che l’interessato per anni è stato utilizzato in mansioni amministrative per il cui espletamento non ha bisogno di portare la pistola con sé in ufficio.
Pertanto l’appello va respinto anche sotto questo profilo.
2.4. La fondatezza dei primi due motivi del ricorso di primo grado, con la conseguente conferma della sentenza appellata quanto al primo motivo, esonera il Collegio dall’esame degli altri motivi ( dal terzo al settimo) assorbiti dalla sentenza TAR e puntualmente riproposti dall’appellato con memoria del 11 settembre 2007, stante l’effetto devolutivo dell’appello ( ora art. 101, comma 2, cpa).
3 In conclusione l’appello va respinto e, per l’effetto, la sentenza TAR Piemonte in epigrafe va confermata con motivazione integrata in parte qua .
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e pertanto, liquidate in euro 2.500,00 oltre gli oneri accessori di legge, sono poste a carico del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, mentre la domanda, formulata nelle difese dell’appellato, di farsi attribuire anche le spese del primo grado non può essere esaminata, in quanto, in mancanza di appello incidentale sul punto, il relativo capo della sentenza TAR, che le compensa tra le parti, è divenuto inoppugnabile .
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza TAR con motivazione integrata in parte qua.
Pone le spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 2.500,00 oltre gli oneri accessori di legge, a carico del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2014
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23/05/2007 200702253 Sentenza Breve 1
Sent. n. 2253/07
R.G. n. 574-07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
- I sezione -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 574-07 proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Claudio Dal Piaz e Chiara Servetti, elettivamente domiciliato in Torino, via S. Agostino n. 12, presso lo studio del primo,
contro
il Ministero delle POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliato in Torino, corso Stati Uniti n. 45,
e con l’intervento
del Sindacato Autonomo Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Gallenca, elettivamente domiciliato in Torino, via XX Settembre n. 60, presso il suo studio,
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
del decreto del 3.4.2007 del Capo del Corpo Forestale dello Stato, notificato in pari data, con il quale il ricorrente è stato “sospeso in via cautelare ai sensi dell’art. 91, primo comma, primo periodo ed in via cautelare obbligatoria ai sensi dell’art. 91, primo comma, secondo periodo, del D.P.R. 10.01.57 n. 3, a decorrere dalla data del presente decreto”;
del decreto del 3.4.2007 del Capo del corpo Forestale dello Stato, notificato in pari data, con il quale “in ottemperanza alla sentenza del T.AR. per il Piemonte – 1^ Sezione – n. 3835/06 del 25.10.2006, la sospensione cautelare disposta con decreto del 3.7.2006 nei confronti dell’agente del C.F.S. OMISSIS, nato a OMISSIS, viene annullata, fatto salvo l’esito dell’appello al Consiglio di Stato proposto avverso la citata sentenza”, nella parte in cui non ha previsto, quale effetto necessitato dell’annullamento del provvedimento di sospensione, la corresponsione degli emolumenti arretrati, nonchè la ricostruzione della carriera del ricorrente;
e per l’annullamento
degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi del relativo procedimento;
e per il riconoscimento
del diritto del ricorrente al risarcimento dei danni tutti patiti e patiendi sia patrimoniali, sia all’immagine ed alla carriera, conseguenti alla sospensione ed alla mancata riammissione in servizio del ricorrente, nonchè alla corresponsione del trattamento economico retributivo pieno a far data dal luglio 2006 e sino all’avvenuto annullamento del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio del 3.7.2006, con interessi legali e rivalutazione monetaria, quale conseguenza automatica e necessitata dell’intervenuto annullamento del primo provvedimento di sospensione cautelare.
Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
Vista la domanda cautelare presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata, con documenti;
Visto l’atto di intervento adesivo del Sindacato Autonomo Forestali;
Vista l’ulteriore memoria difensiva di parte ricorrente con documenti;
Relatore il dott. Paolo Lotti;
Uditi, all’udienza camerale del 23 maggio 2007, per la parte ricorrente l’avv. Servetti, per l’Amministrazione, l’avv. Carotenuto e, per l’interveniente, l’avv. Gallenca;
Ritenuto di doversi pronunciare sul ricorso ai sensi dell’art. 21, comma 9, L. n. 1034-71, nel testo sostituito dall’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, atteso che, come ha chiarito la giurisprudenza e come si evince dal tenore letterale della norma, la semplice qualificazione di indagato in sede di indagini preliminari non legittima l’adozione della sospensione cautelare del dipendente dal servizio, ai sensi dell’art. 91, t.u. imp. civ. St. (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3), occorrendo a tal fine un vero e proprio inizio dell'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio o la citazione a giudizio, in base al concetto di imputazione di reato di cui all’art. 60, c.p.p. (cfr. Consiglio di Stato , sez. IV, 10 marzo 2004 , n. 1108 e TAR Piemonte, sez. I, 19 novembre 2003, n. 1665);
Rilevato, inoltre, che, come ha affermato già la giurisprudenza del Consiglio di Stato, la sospensione cautelare dal servizio del dipendente pubblico in pendenza di procedimento penale a suo carico, prevista per tutti gli impiegati dello Stato, dall’art. 91, comma 1, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, può essere legittimamente disposta non soltanto quando l’interessato sia stato rinviato a giudizio al sensi dell’art. 60 c.p.p., ma anche quando nel suoi confronti sia stata adottata in sede di indagini preliminari una misura cautelare personale, anche se successivamente annullata o revocata (cfr. Consiglio Stato , sez. VI, 8 novembre 2005 , n. 6207) e rilevato, tuttavia, che il sequestro dell’arma rappresenta tipica misura cautelare reale e non personale;
Ritenuto, quanto alle richieste patrimoniali, che il ricorrente, per effetto dell’annullamento ex tunc della precedente sospensione facoltativa disposta con decreto 3 luglio 2006, ha diritto all’intero trattamento stipendiale trattenuto dall’Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. V, 16 settembre 2004 , n. 6053), dal 3 luglio 2006 al 3 aprile 2007, così come chiede parte ricorrente, oltre ad interessi e rivalutazione;
Ritenuto, quanto alla richiesta ricostruzione di carriera, che la stessa non può essere disposta, così come chiede parte ricorrente, poiché il titolo dell’annullamento non contiene elementi tali da rendere automatica l’iscrizione nel quadro superiore del dipendente;
Ritenuto non prospettabili altri danni, neppure quantificati o allegati da parte ricorrente;
Ritenuto, pertanto, fondato il ricorso per tale motivo, da considerarsi assorbente di ogni altro dedotto, e, per l’effetto, di dover annullare il provvedimento impugnato, oltre alla condanna dell’Amministrazione di corrispondere al ricorrente gli arretrati commisurati all’intero trattamento stipendiale trattenuto dall’Amministrazione dal 3 luglio 2006 al 3 aprile 2007, così come chiede parte ricorrente, oltre ad interessi e rivalutazione;
Ritenuto che le spese di lite possano essere compensate, sussistendo giusti motivi;
P. Q. M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - 1^ Sezione, pronunciandosi sul ricorso ai sensi dell’art. 21, comma 9, L. n. 1034-71 nel testo sostituito dall’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente alla corresponsione, al ricorrente, degli arretrati commisurati all’intero trattamento stipendiale trattenuto dall’Amministrazione dal 3 luglio 2006 al 3 aprile 2007, oltre ad interessi e rivalutazione.
Compensa le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella Camera di Consiglio del 23 maggio 2007, con l’intervento dei signori magistrati:
- Alfredo GOMEZ de AYALA - Presidente
- Roberta VIGOTTI - Consigliere
- Paolo LOTTI - 1° Referendario, estensore
IL PRESIDENTE L’ESTENSORE
f.to. A. Gomez de Ayala f.to P. Lotti
il Direttore di segreteria
f.to M. Luisa Cerrato Soave
Depositata in segreteria a sensi di legge il 24 maggio 2007
il Direttore di segreteria
f.to M. Luisa Cerrato Soave
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17/09/2007 200704714 Ordinaria 3
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Registro Ordinanza:/ 4714/07
Registro Generale: 6833/2007
Sezione Sesta
composto dai Signori: Pres. Claudio Varrone
Cons. Carmine Volpe
Cons. Luciano Barra Caracciolo Est.
Cons. Domenico Cafini
Cons. Aldo Scola
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
nella Camera di Consiglio del 13 Settembre 2007
Visto l'art. 33, commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visto l'appello proposto da:
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA GEN. STATO
con domicilio in Roma
VIA DEI PORTOGHESI 12
contro
OMISSIS
rappresentato e difeso da:
Avv. CHIARA SERVETTI
Avv. CLAUDIO DAL PIAZ
Avv. MARIO CONTALDI
con domicilio eletto in Roma
VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63
presso
MARIO CONTALDI
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sentenza del TAR PIEMONTE - TORINO :SEZIONE I 2253/2007 , resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE CAUTELARE DAL SERVIZIO .
Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;
Vista la domanda di sospensione dell’ efficacia della sentenza appellata, presentata in via incidentale dalla parte appellante.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
OMISSIS
Udito il relatore Cons. Luciano Barra Caracciolo e udito, altresì, per la parte ricorrente l’Avv.to Gianluca Contaldi per delega dell’Avv.to Mario Contaldi;
Ritenuto che, in disparte ogni questione relativa alla definizione del concetto legale di “procedimento penale”, appare opportuno mantenere l’originario ricorrente nell’esercizio della sua attività di lavoro, in compiti compatibili con il mancato possesso ed utilizzo dell’arma sottoposta a sequestro;
P.Q.M.
Respinge l'istanza cautelare (Ricorso numero: 6833/2007 ).
La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Roma, 13 Settembre 2007
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Sospensione cautelare facoltativa o obbligatoria
Re: Sospensione cautelare facoltativa o obbligatoria
Il CdS ribalta la sentenza del Tar Lazio e accoglie la tesi del Ministero della Difesa - Amministrazione -
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1) - esclusione dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all'immissione in SPE
2) - immissione dei volontari in ferma quadriennale al servizio permanente
3) - “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
Leggete tutto il resto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201701969
- Public 2017-04-28 -
Pubblicato il 28/04/2017
N. 01969/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03632/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3632 del 2016, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;
per la riforma
della sentenza breve del TAR Lazio, sez. I-bis, n. 663/2016, resa tra le parti e concernente esclusione dell’appellato dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all'immissione in SPE nell’Aeronautica Militare;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Natale (avv. Stato) e Viglione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 21 gennaio 2016 n. 663, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, in accoglimento del ricorso proposto dal signor -OMISSIS- ha annullato i provvedimenti con i quali lo stesso è stato escluso dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all’immissione nel servizio permanente dell’Aeronautica Militare.
La sentenza impugnata – considerato che l’-OMISSIS- era divenuto, con decorrenza 7 giugno 2012, “primo aviere”, corrispondente a caporal maggiore, qualifica per la quale “è necessario, ai fini dell’esclusione della rafferma biennale, l’intervenuta condanna o il rinvio a giudizio, ex art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005 – ha affermato che “non appaiono sussistere le condizioni per la sua esclusione dalla rafferma e dalla conseguente partecipazione alla immissione dei volontari in ferma quadriennale al servizio permanente nell’Aeronautica Militare per il 2014”.
Ciò in quanto, secondo la sentenza, il ricorrente – che ha assunto la qualifica di primo aviere in data precedente ai provvedimenti impugnati – “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del D.M. 8 luglio 2005 e degli artt. 60, 429 e 552 c.p.p.; ciò in quanto:
a) la sentenza “non si è avveduta dell’equivalenza tra il decreto di citazione a giudizio, emesso ai sensi dell’art. 552 c.p.p. ed il decreto che dispone il giudizio, emesso ai sensi dell’art. 429 c.p.p.”, atti che introducono entrambi “la fase del giudizio vero e proprio”, con la sola differenza che, nei casi di citazione diretta a giudizio, “l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero non è sottoposto al vaglio del giudice dell’udienza preliminare”;
b) inoltre, ai fini della verifica della sussistenza di impedimenti ex art. 3, co. 1, lett. e) D.M. 8 luglio 2005 (non esservi stati provvedimenti di sospensione dal servizio nel corso della ferma), la qualificazione del provvedimento di sospensione come atto avente natura obbligatoria, non disciplinare “è palesemente irrilevante, giacchè l’adozione da parte dell’amministrazione di un provvedimento di sospensione dall’impiego, quale che ne sia la natura giuridica, vale ex se a legittimare l’esclusione dalla partecipazione al concorso in questione e la concessione di una rafferma biennale al militare nei cui confronti sia stato adottato siffatto provvedimento”.
Si è costituito in giudizio il signor -OMISSIS--, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Con ordinanza 15 luglio 2016 n. 2814, questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, “ai limitati fini di una tempestiva disamina della questione di merito . . . anche in relazione al parere reso dalla II sez. di questo Consiglio su fattispecie analoga (n. 2627 del 17 settembre 2015)”.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Ai fini di una migliore comprensione del thema decidendum, occorre precisare che la presente controversia trae origine dall’intervenuto decreto di citazione a giudizio del signor -OMISSIS-, innanzi al Giudice monocratico del Tribunale di Potenza, per il reato di rissa.
In ragione di ciò, l’-OMISSIS-, in servizio nelle Forze Armate sin dal 2008:
- non veniva promosso al grado di “primo aviere”;
- vedeva non accolta l’istanza di rafferma biennale (novembre 2014);
- veniva escluso dall’immissione in servizio permanente dell’Aeronautica Militare, che ha quale presupposto l’accoglimento dell’istanza di rafferma biennale.
Il primo dei tre provvedimenti è stato impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed è stato accolto con decreto 4 novembre 2015, emesso sulla base del parere di questo Consiglio di Stato, sez. II, reso nell’adunanza del 26 agosto 2015.
Gli altri due provvedimenti sono stati impugnati con due distinti ricorsi giurisdizionali, riuniti e decisi con la sentenza appellata nella presente sede.
In particolare, quanto al primo di essi, l’istanza di rafferma biennale non veniva accolta poichè – in disparte il mancato possesso della qualifica di primo aviere (poi conseguita, con retrodatazione, per effetto dell’accoglimento del ricorso straordinario) – l’-OMISSIS- risultava essere destinatario di un decreto di citazione a giudizio e di un provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio dal 1 al 4 gennaio 2011.
Ciò in contrasto con l’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del Decreto del Ministro della Difesa 8 luglio 2005, in base al quale occorre, tra gli altri requisiti di ammissione alla rafferma, il “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”, nonché il “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”.
Quanto al secondo provvedimento, l’esclusione dalla immissione dei volontari in servizio permanente dell’Aeronautica Militare era determinata sia dal fatto che l’-OMISSIS- non risultava essere “più in servizio quale volontario in ferma prefissata quadriennale”, sia dal fatto che egli non aveva il requisito “consistente nel non essere stato condannato per delitti non colposi ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.
E ciò in violazione del paragrafo 3, sottoparagrafo a), rispettivamente 2° e 7° alinea della circolare Ministero della difesa 4 marzo 2014.
La sentenza appellata, con riferimento ad entrambi i provvedimenti impugnati, ha rilevato l’insussistenza dei presupposti per la loro adozione, poiché il ricorrente (attuale appellato) “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
3. La questione di diritto che costituisce il tema centrale della presente controversia è rappresentata, dunque, dalla corretta interpretazione dell’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del D.M. 8 luglio 2005, che prevede, tra i requisiti per l’ammissione alla rafferma biennale (propedeutica anche per la successiva immissione in servizio permanente):
- lett. d): “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”;
- lett. e): “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”.
Secondo la sentenza impugnata (come è desumibile dalla pur sintetica motivazione della stessa), la citazione a giudizio, ricevuta dall’-OMISSIS-, non equivale a rinvio a giudizio (ed è dunque inidonea ad integrare l’elemento ostativo di cui alla lett. d), così come non sussiste l’elemento ostativo sub lett. e), poiché occorre una sospensione “disciplinare” e non “obbligatoria” (per effetto, come nel caso di specie, dell’intervenuto arresto dell’interessato).
L’appellante amministrazione, invece, per il tramite dei motivi di appello proposti, sostiene da un lato, la sostanziale equivalenza del decreto di citazione a giudizio con il rinvio a giudizio e, dall’altro lato, ritiene che costituisca elemento ostativo una qualsivoglia sospensione dal servizio, non riferendosi la norma – più restrittivamente – alla sola sospensione disciplinare.
Occorre, inoltre, ricordare che questo Consiglio di Stato, sez. II, con parere n. 435/2015, reso nell’Adunanza del 26 agosto 2015, ricordato anche dalla ordinanza n. 2814/2016 - e proprio con riferimento alla situazione oggetto anche della presente controversia -, nel dichiarare fondate le censure proposte, ha affermato:
“ Il decreto di citazione a giudizio può essere ritenuto equivalente, ai fini della disposizione in commento, alla richiesta di rinvio a giudizio, ma non anche alla sentenza di rinvio a giudizio, cui fa evidente riferimento l’art. 1051, co. 2, lett. a) d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66.
Difatti, il decreto di citazione a giudizio è uno dei modi in cui il P.M. esercita l’azione penale al termine delle indagini preliminari (art. 405), ed è emesso direttamente dal P.M. per citare a giudizio l’imputato innanzi al Tribunale monocratico, per i reati previsti dall’art. 550 c.p.p. . . .
Poichè i reati presi in considerazione ai fini del decreto di citazione a giudizio, rispetto a tutti gli altri che possono essere oggetto del rito ordinario attraverso la sentenza di rinvio a giudizio, si rivelano tendenzialmente di minore gravità di questi ultimi, non essendo per i primi previsto il filtro del passaggio al giudice delle indagini preliminari, deve escludersi, ai fini dell’art. 1051, co. 2, lett. a) cit., l’equivalenza tra decreto di citazione a giudizio e il rinvio a giudizio, a meno di non voler adottare una interpretazione non conforme al principio di eguaglianza”.
4. La Sezione, pur consapevole dell’orientamento espresso da questo Consiglio di Stato in sede consultiva (e proprio con riferimento al medesimo caso costituente “presupposto” degli atti oggetto del presente giudizio, sia pure esaminato per finalità amministrative differenti), ritiene che l’essere stato destinatario, come nel caso di specie, di un decreto di citazione a giudizio rientri nell’elemento ostativo di cui all’art. 3, co. 1, lett. d) del D.M. 8 luglio 2005; così come qualsiasi “sospensione dal servizio”, e non solo quella avente natura disciplinare, integri l’elemento ostativo di cui alla lett. e) della disposizione predetta.
Quanto al citato art. 3, co. 1, lett. d), occorre osservare come lo stesso richiami sia la condanna penale riportata per delitti non colposi (da ritenersi, in mancanza di ulteriori indicazioni, anche come condanna non definitiva), sia le ipotesi di “rinvio a giudizio” ovvero di “ammissione a riti alternativi”, sempre per delitti non colposi.
L’art. 405 c.p.p. prevede che il pubblico ministero eserciti l’azione penale:
- o con richiesta di rinvio a giudizio, la quale, a seguito dell’udienza preliminare, può dar luogo ad una sentenza di non luogo a procedere o ad un decreto che dispone il giudizio, ai sensi degli artt. 424 e 429 c.p.p.;
- ovvero formulando l’imputazione nei casi previsti nei titoli II (applicazione della pena su richiesta delle parti), III (giudizio direttissimo), IV (giudizio immediato) e V (procedimento per decreto) del Libro VI.
Inoltre, ai sensi dell’art. 550 c.p.p. il pubblico ministero esercita altresì l’azione penale con la citazione diretta a giudizio, disposta con decreto (art. 552), oltre che nei casi singolarmente indicati al comma 2, “quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva”.
A questi ultimi casi – tutti costituenti “procedimenti speciali”, ai sensi del libro VI della Parte II del c.p.p. - occorre aggiungere, quale ulteriore ipotesi di tale genere di procedimenti, anche l’ipotesi di giudizio abbreviato che, ai sensi dell’art. 438 e segg. C.p.p. può essere richiesto dall’imputato in sede di udienza preliminare, perché il processo sia ivi definito allo stato degli atti.
Orbene, la lett. d) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005, in disparte il caso di intervenuta condanna, richiede, ai fini dell’ammissione alla rafferma biennale, che il soggetto non risulti rinviato a giudizio (il che avviene, come si è detto, con il decreto che dispone il giudizio all’esito dell’udienza preliminare) ovvero che lo stesso non sia stato ammesso a riti alternativi (dovendosi intendere per tali i procedimenti speciali innanzi richiamati), in ambedue le ipotesi per delitti non colposi.
All’ipotesi, dunque, del rinvio a giudizio si affianca anche quella della ammissione ai riti alternativi; e con la stessa è da ritenere che si intendono indicare tutti i casi in cui il soggetto abbia assunto la qualifica di imputato, per effetto dell’esercizio dell’azione penale da parte del P.M..
E ciò in quanto solo con tale interpretazione è possibile “unificare” e rendere oggettivamente identificabile la situazione processuale indicata dalla norma.
Ed infatti, qualora si intenda affermare che il riferimento alla “ammissione” ai riti alternativi indichi solo le ipotesi in cui vi sia stata positiva delibazione del giudice in ordine al ricorso a tali procedimenti speciali, si ottiene di ricomprendere (nel novero dell’elemento ostativo) – e senza alcuna ragionevole giustificazione - i casi di giudizio abbreviato (art. 438 c.p.p.) e di giudizio immediato (art. 455 c.p.p.), ma, al tempo stesso, si perviene ad escludere, oltre al caso di citazione diretta a giudizio, anche il caso di giudizio direttissimo (art. 449 ss. c.p.p.), con la conseguenza che un soggetto, imputato di delitti anche gravi, pur tratto immediatamente innanzi al giudice, non potrebbe essere escluso per ciò solo dalla rafferma biennale.
Ed è inoltre da notare che, nell’ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’art. 448 c.p.p. prevede che il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta, “pronuncia immediatamente sentenza”, di modo che anche a tale ipotesi di “rito alternativo” mal si attaglia l’interpretazione innanzi riportata.
Né è possibile sostenere che la scelta tra l’una e l’altra delle situazioni processuali (nel senso di considerare favorevolmente l’ipotesi di rinvio a giudizio ed escludere, in tutto o in parte, le altre si fonda sulla maggiore o minore gravità dei reati considerati, poiché è agevole osservare come nel caso di giudizio direttissimo possono ricorrere ipotesi di gravi delitti, così come anche nel caso di citazione diretta a giudizio possono ricorrere ipotesi di reati di non lieve entità (ad esempio, i delitti di rissa, furto aggravato, ricettazione, etc.).
Alla luce di quanto esposto, occorre ritenere che l’art. 3, co. 1, lett. d) D.M. 8 luglio 2005, laddove prevede, quale elemento ostativo per l’ammissione alla rafferma biennale, quello di “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”, intende escludere tutti coloro che abbiano riportato condanne, anche non definitive, per delitti non colposi, ovvero coloro che abbiano assunto la qualifica di imputato, per effetto dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero.
Né tale interpretazione si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione (ricordato dall’appellato: v. pag. 14 memoria del 7 luglio 2016), in quanto essa costituisce interpretazione del dato normativo espresso (“non essere stati ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”), onde verificare se il caso considerato vi rientri in via immediata e diretta, e non in applicazione analogica della norma ad un caso distinto (ma analogo) a quello rappresentato.
E’ appena il caso di ricordare che l’interpretazione analogica attiene ai metodi di integrazione del diritto (ed è quindi, secondo talune ricostruzioni, un atto di costruzione normativa), mentre l’interpretazione (anche) estensiva rientra nei metodi interpretativi propriamente detti.
D’altra parte, anche con riguardo alle norme penali, la giurisprudenza ritiene non consentita l’applicazione analogica, mentre ammette l’interpretazione estensiva (Cass. Pen., sez. un., 25 giugno 2009 n. 38691; sez. III, 22 ottobre 2009 n. 43385 e 13 luglio 2009 n. 39078).
5. Quanto all’ulteriore elemento ostativo all’ammissione alla rafferma biennale, rappresentato, ai sensi della lett. e) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005, dal “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”, occorre rilevare come non sussistano elementi per ritenere che il riferimento alla sospensione debba essere limitato alla sola sospensione disciplinare e non anche a quella obbligatoria, come nel caso di quella conseguente alla perdita dello status libertatis del militare.
Tale interpretazione, oltre a non essere consentita dal tenore letterale della norma, non appare giustificata sul piano logico-sistematico, poiché porta a ritenere possibile l’ammissione alla rafferma biennale di un militare colpito da provvedimento di custodia cautelare, anche per gravi reati, ancorché non sia stata ancora esercitata l’azione penale.
Ovviamente, laddove, anteriormente al momento in cui l’esistenza (o meno) dell’elemento ostativo deve essere verificata, vi sia stata non solo la revoca del provvedimento di sospensione obbligatoria per sopravvenuto difetto del presupposto (ad esempio, cessazione dello stato di detenzione), ma anche un giudizio negativo dell’esistenza stessa di detto presupposto (ad esempio, una sentenza di proscioglimento con formula piena), ciò comporta che il “fatto storico” della sospensione non possa assumere rilievo e dunque porsi quale elemento impeditivo all’ammissione alla rafferma biennale.
6. Nel caso di specie, l’appellato risulta destinatario di un decreto di citazione a giudizio per il reato di rissa e risulta altresì essere stato sospeso dal servizio nel corso della ferma, in conseguenza del suo arresto. Né, allo stato degli atti, risulta che lo stesso sia stato prosciolto con formula ampia dal reato contestatogli.
Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, risultano dunque ricorrere, nel caso di specie, entrambi gli elementi ostativi all’ammissione alla ferma biennale, di cui alle lettere d) ed e) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005.
Ciò comporta che, ai fini della esclusione dalla immissione dei volontari in servizio permanente dell’Aeronautica Militare (secondo provvedimento impugnato) risulta il difetto del requisito della permanenza in servizio, condizione indispensabile a tali fini.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello del Ministero della Difesa deve essere accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, devono essere respinti i ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado, riuniti ed accolti con la predetta sentenza.
Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 3632/2016 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta i ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ………….
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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1) - esclusione dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all'immissione in SPE
2) - immissione dei volontari in ferma quadriennale al servizio permanente
3) - “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
Leggete tutto il resto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201701969
- Public 2017-04-28 -
Pubblicato il 28/04/2017
N. 01969/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03632/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3632 del 2016, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;
per la riforma
della sentenza breve del TAR Lazio, sez. I-bis, n. 663/2016, resa tra le parti e concernente esclusione dell’appellato dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all'immissione in SPE nell’Aeronautica Militare;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Natale (avv. Stato) e Viglione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 21 gennaio 2016 n. 663, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, in accoglimento del ricorso proposto dal signor -OMISSIS- ha annullato i provvedimenti con i quali lo stesso è stato escluso dalla rafferma biennale e dalla partecipazione all’immissione nel servizio permanente dell’Aeronautica Militare.
La sentenza impugnata – considerato che l’-OMISSIS- era divenuto, con decorrenza 7 giugno 2012, “primo aviere”, corrispondente a caporal maggiore, qualifica per la quale “è necessario, ai fini dell’esclusione della rafferma biennale, l’intervenuta condanna o il rinvio a giudizio, ex art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005 – ha affermato che “non appaiono sussistere le condizioni per la sua esclusione dalla rafferma e dalla conseguente partecipazione alla immissione dei volontari in ferma quadriennale al servizio permanente nell’Aeronautica Militare per il 2014”.
Ciò in quanto, secondo la sentenza, il ricorrente – che ha assunto la qualifica di primo aviere in data precedente ai provvedimenti impugnati – “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del D.M. 8 luglio 2005 e degli artt. 60, 429 e 552 c.p.p.; ciò in quanto:
a) la sentenza “non si è avveduta dell’equivalenza tra il decreto di citazione a giudizio, emesso ai sensi dell’art. 552 c.p.p. ed il decreto che dispone il giudizio, emesso ai sensi dell’art. 429 c.p.p.”, atti che introducono entrambi “la fase del giudizio vero e proprio”, con la sola differenza che, nei casi di citazione diretta a giudizio, “l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero non è sottoposto al vaglio del giudice dell’udienza preliminare”;
b) inoltre, ai fini della verifica della sussistenza di impedimenti ex art. 3, co. 1, lett. e) D.M. 8 luglio 2005 (non esservi stati provvedimenti di sospensione dal servizio nel corso della ferma), la qualificazione del provvedimento di sospensione come atto avente natura obbligatoria, non disciplinare “è palesemente irrilevante, giacchè l’adozione da parte dell’amministrazione di un provvedimento di sospensione dall’impiego, quale che ne sia la natura giuridica, vale ex se a legittimare l’esclusione dalla partecipazione al concorso in questione e la concessione di una rafferma biennale al militare nei cui confronti sia stato adottato siffatto provvedimento”.
Si è costituito in giudizio il signor -OMISSIS--, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Con ordinanza 15 luglio 2016 n. 2814, questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, “ai limitati fini di una tempestiva disamina della questione di merito . . . anche in relazione al parere reso dalla II sez. di questo Consiglio su fattispecie analoga (n. 2627 del 17 settembre 2015)”.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Ai fini di una migliore comprensione del thema decidendum, occorre precisare che la presente controversia trae origine dall’intervenuto decreto di citazione a giudizio del signor -OMISSIS-, innanzi al Giudice monocratico del Tribunale di Potenza, per il reato di rissa.
In ragione di ciò, l’-OMISSIS-, in servizio nelle Forze Armate sin dal 2008:
- non veniva promosso al grado di “primo aviere”;
- vedeva non accolta l’istanza di rafferma biennale (novembre 2014);
- veniva escluso dall’immissione in servizio permanente dell’Aeronautica Militare, che ha quale presupposto l’accoglimento dell’istanza di rafferma biennale.
Il primo dei tre provvedimenti è stato impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed è stato accolto con decreto 4 novembre 2015, emesso sulla base del parere di questo Consiglio di Stato, sez. II, reso nell’adunanza del 26 agosto 2015.
Gli altri due provvedimenti sono stati impugnati con due distinti ricorsi giurisdizionali, riuniti e decisi con la sentenza appellata nella presente sede.
In particolare, quanto al primo di essi, l’istanza di rafferma biennale non veniva accolta poichè – in disparte il mancato possesso della qualifica di primo aviere (poi conseguita, con retrodatazione, per effetto dell’accoglimento del ricorso straordinario) – l’-OMISSIS- risultava essere destinatario di un decreto di citazione a giudizio e di un provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego a titolo obbligatorio dal 1 al 4 gennaio 2011.
Ciò in contrasto con l’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del Decreto del Ministro della Difesa 8 luglio 2005, in base al quale occorre, tra gli altri requisiti di ammissione alla rafferma, il “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”, nonché il “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”.
Quanto al secondo provvedimento, l’esclusione dalla immissione dei volontari in servizio permanente dell’Aeronautica Militare era determinata sia dal fatto che l’-OMISSIS- non risultava essere “più in servizio quale volontario in ferma prefissata quadriennale”, sia dal fatto che egli non aveva il requisito “consistente nel non essere stato condannato per delitti non colposi ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi”.
E ciò in violazione del paragrafo 3, sottoparagrafo a), rispettivamente 2° e 7° alinea della circolare Ministero della difesa 4 marzo 2014.
La sentenza appellata, con riferimento ad entrambi i provvedimenti impugnati, ha rilevato l’insussistenza dei presupposti per la loro adozione, poiché il ricorrente (attuale appellato) “per il reato di rissa è stato citato in giudizio (art. 552 c.p.p.), ma non rinviato a giudizio (art. 429 c.p.p.) e la sospensione dal servizio che lo ha riguardato è stata di natura obbligatoria e non disciplinare”.
3. La questione di diritto che costituisce il tema centrale della presente controversia è rappresentata, dunque, dalla corretta interpretazione dell’art. 3, co. 1, lett. d) ed e) del D.M. 8 luglio 2005, che prevede, tra i requisiti per l’ammissione alla rafferma biennale (propedeutica anche per la successiva immissione in servizio permanente):
- lett. d): “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”;
- lett. e): “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”.
Secondo la sentenza impugnata (come è desumibile dalla pur sintetica motivazione della stessa), la citazione a giudizio, ricevuta dall’-OMISSIS-, non equivale a rinvio a giudizio (ed è dunque inidonea ad integrare l’elemento ostativo di cui alla lett. d), così come non sussiste l’elemento ostativo sub lett. e), poiché occorre una sospensione “disciplinare” e non “obbligatoria” (per effetto, come nel caso di specie, dell’intervenuto arresto dell’interessato).
L’appellante amministrazione, invece, per il tramite dei motivi di appello proposti, sostiene da un lato, la sostanziale equivalenza del decreto di citazione a giudizio con il rinvio a giudizio e, dall’altro lato, ritiene che costituisca elemento ostativo una qualsivoglia sospensione dal servizio, non riferendosi la norma – più restrittivamente – alla sola sospensione disciplinare.
Occorre, inoltre, ricordare che questo Consiglio di Stato, sez. II, con parere n. 435/2015, reso nell’Adunanza del 26 agosto 2015, ricordato anche dalla ordinanza n. 2814/2016 - e proprio con riferimento alla situazione oggetto anche della presente controversia -, nel dichiarare fondate le censure proposte, ha affermato:
“ Il decreto di citazione a giudizio può essere ritenuto equivalente, ai fini della disposizione in commento, alla richiesta di rinvio a giudizio, ma non anche alla sentenza di rinvio a giudizio, cui fa evidente riferimento l’art. 1051, co. 2, lett. a) d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66.
Difatti, il decreto di citazione a giudizio è uno dei modi in cui il P.M. esercita l’azione penale al termine delle indagini preliminari (art. 405), ed è emesso direttamente dal P.M. per citare a giudizio l’imputato innanzi al Tribunale monocratico, per i reati previsti dall’art. 550 c.p.p. . . .
Poichè i reati presi in considerazione ai fini del decreto di citazione a giudizio, rispetto a tutti gli altri che possono essere oggetto del rito ordinario attraverso la sentenza di rinvio a giudizio, si rivelano tendenzialmente di minore gravità di questi ultimi, non essendo per i primi previsto il filtro del passaggio al giudice delle indagini preliminari, deve escludersi, ai fini dell’art. 1051, co. 2, lett. a) cit., l’equivalenza tra decreto di citazione a giudizio e il rinvio a giudizio, a meno di non voler adottare una interpretazione non conforme al principio di eguaglianza”.
4. La Sezione, pur consapevole dell’orientamento espresso da questo Consiglio di Stato in sede consultiva (e proprio con riferimento al medesimo caso costituente “presupposto” degli atti oggetto del presente giudizio, sia pure esaminato per finalità amministrative differenti), ritiene che l’essere stato destinatario, come nel caso di specie, di un decreto di citazione a giudizio rientri nell’elemento ostativo di cui all’art. 3, co. 1, lett. d) del D.M. 8 luglio 2005; così come qualsiasi “sospensione dal servizio”, e non solo quella avente natura disciplinare, integri l’elemento ostativo di cui alla lett. e) della disposizione predetta.
Quanto al citato art. 3, co. 1, lett. d), occorre osservare come lo stesso richiami sia la condanna penale riportata per delitti non colposi (da ritenersi, in mancanza di ulteriori indicazioni, anche come condanna non definitiva), sia le ipotesi di “rinvio a giudizio” ovvero di “ammissione a riti alternativi”, sempre per delitti non colposi.
L’art. 405 c.p.p. prevede che il pubblico ministero eserciti l’azione penale:
- o con richiesta di rinvio a giudizio, la quale, a seguito dell’udienza preliminare, può dar luogo ad una sentenza di non luogo a procedere o ad un decreto che dispone il giudizio, ai sensi degli artt. 424 e 429 c.p.p.;
- ovvero formulando l’imputazione nei casi previsti nei titoli II (applicazione della pena su richiesta delle parti), III (giudizio direttissimo), IV (giudizio immediato) e V (procedimento per decreto) del Libro VI.
Inoltre, ai sensi dell’art. 550 c.p.p. il pubblico ministero esercita altresì l’azione penale con la citazione diretta a giudizio, disposta con decreto (art. 552), oltre che nei casi singolarmente indicati al comma 2, “quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva”.
A questi ultimi casi – tutti costituenti “procedimenti speciali”, ai sensi del libro VI della Parte II del c.p.p. - occorre aggiungere, quale ulteriore ipotesi di tale genere di procedimenti, anche l’ipotesi di giudizio abbreviato che, ai sensi dell’art. 438 e segg. C.p.p. può essere richiesto dall’imputato in sede di udienza preliminare, perché il processo sia ivi definito allo stato degli atti.
Orbene, la lett. d) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005, in disparte il caso di intervenuta condanna, richiede, ai fini dell’ammissione alla rafferma biennale, che il soggetto non risulti rinviato a giudizio (il che avviene, come si è detto, con il decreto che dispone il giudizio all’esito dell’udienza preliminare) ovvero che lo stesso non sia stato ammesso a riti alternativi (dovendosi intendere per tali i procedimenti speciali innanzi richiamati), in ambedue le ipotesi per delitti non colposi.
All’ipotesi, dunque, del rinvio a giudizio si affianca anche quella della ammissione ai riti alternativi; e con la stessa è da ritenere che si intendono indicare tutti i casi in cui il soggetto abbia assunto la qualifica di imputato, per effetto dell’esercizio dell’azione penale da parte del P.M..
E ciò in quanto solo con tale interpretazione è possibile “unificare” e rendere oggettivamente identificabile la situazione processuale indicata dalla norma.
Ed infatti, qualora si intenda affermare che il riferimento alla “ammissione” ai riti alternativi indichi solo le ipotesi in cui vi sia stata positiva delibazione del giudice in ordine al ricorso a tali procedimenti speciali, si ottiene di ricomprendere (nel novero dell’elemento ostativo) – e senza alcuna ragionevole giustificazione - i casi di giudizio abbreviato (art. 438 c.p.p.) e di giudizio immediato (art. 455 c.p.p.), ma, al tempo stesso, si perviene ad escludere, oltre al caso di citazione diretta a giudizio, anche il caso di giudizio direttissimo (art. 449 ss. c.p.p.), con la conseguenza che un soggetto, imputato di delitti anche gravi, pur tratto immediatamente innanzi al giudice, non potrebbe essere escluso per ciò solo dalla rafferma biennale.
Ed è inoltre da notare che, nell’ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’art. 448 c.p.p. prevede che il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta, “pronuncia immediatamente sentenza”, di modo che anche a tale ipotesi di “rito alternativo” mal si attaglia l’interpretazione innanzi riportata.
Né è possibile sostenere che la scelta tra l’una e l’altra delle situazioni processuali (nel senso di considerare favorevolmente l’ipotesi di rinvio a giudizio ed escludere, in tutto o in parte, le altre si fonda sulla maggiore o minore gravità dei reati considerati, poiché è agevole osservare come nel caso di giudizio direttissimo possono ricorrere ipotesi di gravi delitti, così come anche nel caso di citazione diretta a giudizio possono ricorrere ipotesi di reati di non lieve entità (ad esempio, i delitti di rissa, furto aggravato, ricettazione, etc.).
Alla luce di quanto esposto, occorre ritenere che l’art. 3, co. 1, lett. d) D.M. 8 luglio 2005, laddove prevede, quale elemento ostativo per l’ammissione alla rafferma biennale, quello di “non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”, intende escludere tutti coloro che abbiano riportato condanne, anche non definitive, per delitti non colposi, ovvero coloro che abbiano assunto la qualifica di imputato, per effetto dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero.
Né tale interpretazione si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione (ricordato dall’appellato: v. pag. 14 memoria del 7 luglio 2016), in quanto essa costituisce interpretazione del dato normativo espresso (“non essere stati ammessi a riti alternativi per delitti non colposi”), onde verificare se il caso considerato vi rientri in via immediata e diretta, e non in applicazione analogica della norma ad un caso distinto (ma analogo) a quello rappresentato.
E’ appena il caso di ricordare che l’interpretazione analogica attiene ai metodi di integrazione del diritto (ed è quindi, secondo talune ricostruzioni, un atto di costruzione normativa), mentre l’interpretazione (anche) estensiva rientra nei metodi interpretativi propriamente detti.
D’altra parte, anche con riguardo alle norme penali, la giurisprudenza ritiene non consentita l’applicazione analogica, mentre ammette l’interpretazione estensiva (Cass. Pen., sez. un., 25 giugno 2009 n. 38691; sez. III, 22 ottobre 2009 n. 43385 e 13 luglio 2009 n. 39078).
5. Quanto all’ulteriore elemento ostativo all’ammissione alla rafferma biennale, rappresentato, ai sensi della lett. e) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005, dal “non essere stati sospesi dal servizio nel corso della ferma”, occorre rilevare come non sussistano elementi per ritenere che il riferimento alla sospensione debba essere limitato alla sola sospensione disciplinare e non anche a quella obbligatoria, come nel caso di quella conseguente alla perdita dello status libertatis del militare.
Tale interpretazione, oltre a non essere consentita dal tenore letterale della norma, non appare giustificata sul piano logico-sistematico, poiché porta a ritenere possibile l’ammissione alla rafferma biennale di un militare colpito da provvedimento di custodia cautelare, anche per gravi reati, ancorché non sia stata ancora esercitata l’azione penale.
Ovviamente, laddove, anteriormente al momento in cui l’esistenza (o meno) dell’elemento ostativo deve essere verificata, vi sia stata non solo la revoca del provvedimento di sospensione obbligatoria per sopravvenuto difetto del presupposto (ad esempio, cessazione dello stato di detenzione), ma anche un giudizio negativo dell’esistenza stessa di detto presupposto (ad esempio, una sentenza di proscioglimento con formula piena), ciò comporta che il “fatto storico” della sospensione non possa assumere rilievo e dunque porsi quale elemento impeditivo all’ammissione alla rafferma biennale.
6. Nel caso di specie, l’appellato risulta destinatario di un decreto di citazione a giudizio per il reato di rissa e risulta altresì essere stato sospeso dal servizio nel corso della ferma, in conseguenza del suo arresto. Né, allo stato degli atti, risulta che lo stesso sia stato prosciolto con formula ampia dal reato contestatogli.
Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, risultano dunque ricorrere, nel caso di specie, entrambi gli elementi ostativi all’ammissione alla ferma biennale, di cui alle lettere d) ed e) dell’art. 3, co. 1, D.M. 8 luglio 2005.
Ciò comporta che, ai fini della esclusione dalla immissione dei volontari in servizio permanente dell’Aeronautica Militare (secondo provvedimento impugnato) risulta il difetto del requisito della permanenza in servizio, condizione indispensabile a tali fini.
Per tutte le ragioni esposte, l’appello del Ministero della Difesa deve essere accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, devono essere respinti i ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado, riuniti ed accolti con la predetta sentenza.
Stante la natura e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 3632/2016 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta i ricorsi instaurativi dei giudizi di I grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ………….
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Re: Sospensione cautelare facoltativa o obbligatoria
buon giorno a tutti avrei bisogno di qualche indicazione in merito alla mia situazione:
sono un APS e da 8 mesi sono sospeso dal servizio perchè a settembre del 2016 mi fù notificata una richiesta di rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d'ufficio, ricettazione e corruzzione aggravate dall' art 7 scaturite dalle dichiarazioni di un pentito di camorra fatte nel 2010 inerenti agli anni 2007-2008.
premetto che dal 2011 gia subivo procedimento penale presso il tribunale militare sempre per divulgazione in concorso con altri, nel 5 dicembre 2016 venivo assolto dal tribunale militare perchè il fatto non sussiste e nel 2016 iniziavo anche il processo presso il tribunale ordinario per i reati sopra citati terminato il 7 marzo 2017 con un rito abbreviato da parte mia con il gup emanava sentenza di assoluzzione per il reato di ricettazzione e dell'aggravante dell'art 7(associazione esterna) e con la prescizione per la corruzzione e la rivelazione.
volevo sapere se qualcuno sa di certo se con la prescrizione mi faranno rientrare in servizio??
n.b. ho gia presentato tutte e due le sentenze presso il comando legione.
grazie
sono un APS e da 8 mesi sono sospeso dal servizio perchè a settembre del 2016 mi fù notificata una richiesta di rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d'ufficio, ricettazione e corruzzione aggravate dall' art 7 scaturite dalle dichiarazioni di un pentito di camorra fatte nel 2010 inerenti agli anni 2007-2008.
premetto che dal 2011 gia subivo procedimento penale presso il tribunale militare sempre per divulgazione in concorso con altri, nel 5 dicembre 2016 venivo assolto dal tribunale militare perchè il fatto non sussiste e nel 2016 iniziavo anche il processo presso il tribunale ordinario per i reati sopra citati terminato il 7 marzo 2017 con un rito abbreviato da parte mia con il gup emanava sentenza di assoluzzione per il reato di ricettazzione e dell'aggravante dell'art 7(associazione esterna) e con la prescizione per la corruzzione e la rivelazione.
volevo sapere se qualcuno sa di certo se con la prescrizione mi faranno rientrare in servizio??
n.b. ho gia presentato tutte e due le sentenze presso il comando legione.
grazie
Re: Sospensione cautelare facoltativa o obbligatoria
Ti devono fare il procedimento penale entro 90 giorni dalla notificata della sentenza da parte dell'interessato, oppure entro 180 giorni dalla data della conoscenza della sentenza da parte dell'amministrazione la quale ha a disposizione 180 piu 90 giorni per la conclusione-Ma comunque la destituzione e dietro l'angolo,perchè per il reato della corruzione e rivelazione di segreti di ufficio ,avresti dovuto rinunciare alla prescrizione- Per converso se hai santi in paradiso nella commissione disciplinare puoi cavartela con 6 mesi di sospensione ( questo accade raramente )negher78 ha scritto:buon giorno a tutti avrei bisogno di qualche indicazione in merito alla mia situazione:
sono un APS e da 8 mesi sono sospeso dal servizio perchè a settembre del 2016 mi fù notificata una richiesta di rinvio a giudizio per rivelazione di segreto d'ufficio, ricettazione e corruzzione aggravate dall' art 7 scaturite dalle dichiarazioni di un pentito di camorra fatte nel 2010 inerenti agli anni 2007-2008.
premetto che dal 2011 gia subivo procedimento penale presso il tribunale militare sempre per divulgazione in concorso con altri, nel 5 dicembre 2016 venivo assolto dal tribunale militare perchè il fatto non sussiste e nel 2016 iniziavo anche il processo presso il tribunale ordinario per i reati sopra citati terminato il 7 marzo 2017 con un rito abbreviato da parte mia con il gup emanava sentenza di assoluzzione per il reato di ricettazzione e dell'aggravante dell'art 7(associazione esterna) e con la prescizione per la corruzzione e la rivelazione.
volevo sapere se qualcuno sa di certo se con la prescrizione mi faranno rientrare in servizio??
n.b. ho gia presentato tutte e due le sentenze presso il comando legione.
grazie
Re: Sospensione cautelare facoltativa o obbligatoria
Grazie
Ho dimenticato di dire che la rinuncia la devo depositare lunedì comunque ho anche fatto una richiesta di reintegro e la mia legione a espresso anche parere favorevole.
Ho dimenticato di dire che la rinuncia la devo depositare lunedì comunque ho anche fatto una richiesta di reintegro e la mia legione a espresso anche parere favorevole.
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