BUONI PASTO, GdF.
BUONI PASTO, GdF.
N. 06906/2010 REG.DEC.
N. 00604/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 604 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(congruo numero di militari), costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso la Segreteria della IV Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, p.zza Capo di Ferro, 13; (altri nominativi), non costituitisi in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II n. 05604/2009, resa tra le parti, concernente RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO A FRUIRE DEI BUONI PASTO SIN DALLA LORO ISTITUZIONE.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di (omissis congruo numero di persone a seguire);
Visto che non si sono costituiti in giudizio i restanti appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 6 luglio 2010, la relazione del Consigliere S. C.;
Udito, alla stessa udienza, l’avv. A. E. dello Stato per gli appellanti, nessuno essendo ivi comparso per gli appellati costituiti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto il ricorso proposto da diversi appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza ( in servizio presso la Compagnia pronto impiego del nucleo provinciale di …… ), inteso ad ottenere l'accertamento del loro diritto, per il periodo 1999/2004, al controvalore del pasto dovuto ad essi dipendenti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 203/1989 ( cc.dd. buoni-pasto ).
Il T.A.R., richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, “per cui ai militari e ai dipendenti in genere delle forze di polizia deve essere riconosciuto il diritto ai buoni pasto quando l’Amministrazione non mette il personale nelle condizioni di usufruire del servizio mensa”, ha ritenuto in particolare non condivisibile “la tesi per cui sarebbe sufficiente l’esistenza di una mensa regolarmente funzionante ad escludere il riconoscimento del diritto anche quando detto servizio di mensa non sia concretamente fruibile dal dipendente per ragioni connesse al tipo ed alle modalità di svolgimento del servizio” (pag. 4 sent.).
Avverso tale decisione hanno proposto appello le Amministrazioni indicate in epigrafe, insistendo nel sostenere la inidoneità della invocata legge n. 203/1989 a fondare un qualsivoglia diritto dei ricorrenti in primo grado alla somministrazione di buoni-pasto, stante “la facoltà, e non l’obbligo, da parte dell’Amministrazione, di assicurare, mediante buono pasto, il servizio vettovagliamento” (pag. 9 app.); in ogni caso sussisterebbe, secondo le appellanti, una “indissolubile correlazione tra pausa pranzo e fruizione del trattamento alimentare” ( pag. 10 app. ).
Resistono gli appellati, contestando la fondatezza dell'appello, difendendo la correttezza della statuizione impugnata ed invocandone, anche con successiva memoria, la conferma.
Note difensive a sostegno del proposto appello hanno depositato in due riprese le appellanti.
Con memoria in data 21 giugno 2010 queste hanno svolto ulteriori puntualizzazioni in fatto ed in diritto in ordine ai profili controversi.
Il ricorso veniva chiamato e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 luglio 2010.
DIRITTO
1.- E' controversa la debenza agli odierni appellati del beneficio e degli emolumenti indicati in fatto ( cc.dd. buoni-pasto ).
Le Amministrazioni appellanti insistono nel negare la titolarità in capo agli originarii ricorrenti del diritto azionato, criticando le argomentazioni con le quali il primo Giudice ne ha invece affermato la sussistenza.
2. – L’appello è da accogliere nei términi che séguono.
Questa Sezione si è già pronunciata ( v. dec. 28 febbraio 2005, n. 720 ) sull’obbligo dell’amministrazione di erogare, in favore dei proprii dipendenti, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento prioritariamente mediante l’istituzione della mensa; trattasi di forma di gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” ( art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ).
La normativa di riferimento prescrive dunque l'istituzione della mensa obbligatoria in favore ( tra l'altro ) del "personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio" ( art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 203/1989 ), condizione nella quale incontestatamente si trovano gli odierni appellati.
La disposizione citata ( applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di Finanza in forza dell'estensione sancita dall'art. 3 della legge n. 203/1989 ) mira in realtà a garantire il servizio della mensa ( a carico dell'amministrazione ) al personale delle forze di polizia, che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizii prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio.
Orbene, rileva il Collegio che la limitata ( e documentata dalle stesse Amministrazioni appellanti ) durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti) comporta che il servizio mensa possa considerarsi istituito ( sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente ( v. in tal senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 ), giacché solo tale modalità di prestazione ( atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa ) è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio ( v. art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del 1950 e l’art. unico della legge 27 aprile 1981, n. 191 ); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
Ciò posto, nel caso di specie, per l’anno 1999, in assenza (incontestata) di istituzione della mensa da parte dell’Amministrazione, il servizio vettovagliamento risulta esser stato assicurato mediante catering veicolato ( gestione affidata a privato mediante convenzione ), ch’è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto e che vale di per sé ad escludere il diritto degli odierni appellati, per lo stesso periodo, alla pretesa fornitura; né gli originarii ricorrenti hanno in alcun modo dimostrato che tale forma di gestione del servizio sia risultata non idonea a garantire la regolare distribuzione dei pasti in loro favore presso la loro sede di servizio o presso altri luoghi di svolgimento del loro servizio.
Quanto al periodo 2000/2003, si versa in ipotesi di omessa istituzione del servizio mensa dovuto ai ricorrenti medesimi, giacché l’unica mensa istituita dall’Amministrazione nella città di …… non è dislocata presso la infrastruttura sede ( del reparto ) di servizio degli stessi e dunque è del tutto inidonea a garantire il diritto in tal senso assicurato, come s’è visto, dal legislatore, in termini di “effettività”.
La debenza agli stessi, per tale periodo, degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è peraltro preclusa dalla mancata prova, da parte dei ricorrenti medesimi, della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, del periodo di intervallo, interruttivo del servizio prestato in favore dell’Amministrazione, che sola consente di affermare la ricorrenza dell’ipotesi di spettanza del buono-pasto da riconnettere alla prestazione lavorativa, la quale, ove non suscettibile di interruzioni, mérita eventualmente un trattamento differenziato sotto altro profilo, ma non può certo dar diritto ad una prestazione ( quella del vettovagliamento ), la cui fruizione presuppone, quale suo stesso elemento costitutivo, una pausa non retribuita.
I ricorrenti in primo grado non hanno invero né provato né dedotto che la prestazione da loro resa fosse in tal senso conforme alla prestazione tipica meritevole di siffatta prestazione in natura ( qualificabile come tale, in quanto erogazione di beni posti nella diretta disponibilità del dipendente, indipendentemente, come è stato rilevato anche in dottrina, dal fatto che la mensa sia direttamente organizzata dal datore di lavoro ovvero assicurata mediante buoni pasto spendibili presso pubblici esercizi ) a càrico dell’Amministrazione, incombendo invece certamente su di essi, ex art. 2697 c.c., l’onere di prova che la prestazione lavorativa venisse resa con le modalità ( tra cui certamente rientra la c.d. pausa pranzo ) previste dalla normativa di riferimento per la concessione dei buoni pasto.
Quanto, infine, all’anno 2004, nel quale il servizio di vettovagliamento di cui si tratta risulta esser stato dall’Amministrazione assicurato mediante “convenzione con esercizio privato”, la insussistenza dei presupposti di fatto per l’affermazione del diritto dei ricorrenti ai buoni-pasto reclamati per tale periodo va affermata sulla base delle stesse considerazioni sopra poste a fondamento della reiezione della domanda da loro avanzata per l’anno 1999.
3. – L’appello delle Amministrazioni va, in definitiva accolto, con conseguente reiezione, in riforma dell’impugnata sentenza, del ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio vanno, in considerazione dei diversi orientamenti espressi dai Giudici di primo grado e della parziale novità della questione in grado di appello, integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe n. 604 del 2010, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 6 luglio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
L. M., Presidente
A. L., Consigliere
S. C., Consigliere, Estensore
S. A., Consigliere
R. P., Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
N. 00604/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 604 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
(congruo numero di militari), costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso la Segreteria della IV Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, p.zza Capo di Ferro, 13; (altri nominativi), non costituitisi in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE II n. 05604/2009, resa tra le parti, concernente RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO A FRUIRE DEI BUONI PASTO SIN DALLA LORO ISTITUZIONE.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di (omissis congruo numero di persone a seguire);
Visto che non si sono costituiti in giudizio i restanti appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 6 luglio 2010, la relazione del Consigliere S. C.;
Udito, alla stessa udienza, l’avv. A. E. dello Stato per gli appellanti, nessuno essendo ivi comparso per gli appellati costituiti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto il ricorso proposto da diversi appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza ( in servizio presso la Compagnia pronto impiego del nucleo provinciale di …… ), inteso ad ottenere l'accertamento del loro diritto, per il periodo 1999/2004, al controvalore del pasto dovuto ad essi dipendenti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 203/1989 ( cc.dd. buoni-pasto ).
Il T.A.R., richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, “per cui ai militari e ai dipendenti in genere delle forze di polizia deve essere riconosciuto il diritto ai buoni pasto quando l’Amministrazione non mette il personale nelle condizioni di usufruire del servizio mensa”, ha ritenuto in particolare non condivisibile “la tesi per cui sarebbe sufficiente l’esistenza di una mensa regolarmente funzionante ad escludere il riconoscimento del diritto anche quando detto servizio di mensa non sia concretamente fruibile dal dipendente per ragioni connesse al tipo ed alle modalità di svolgimento del servizio” (pag. 4 sent.).
Avverso tale decisione hanno proposto appello le Amministrazioni indicate in epigrafe, insistendo nel sostenere la inidoneità della invocata legge n. 203/1989 a fondare un qualsivoglia diritto dei ricorrenti in primo grado alla somministrazione di buoni-pasto, stante “la facoltà, e non l’obbligo, da parte dell’Amministrazione, di assicurare, mediante buono pasto, il servizio vettovagliamento” (pag. 9 app.); in ogni caso sussisterebbe, secondo le appellanti, una “indissolubile correlazione tra pausa pranzo e fruizione del trattamento alimentare” ( pag. 10 app. ).
Resistono gli appellati, contestando la fondatezza dell'appello, difendendo la correttezza della statuizione impugnata ed invocandone, anche con successiva memoria, la conferma.
Note difensive a sostegno del proposto appello hanno depositato in due riprese le appellanti.
Con memoria in data 21 giugno 2010 queste hanno svolto ulteriori puntualizzazioni in fatto ed in diritto in ordine ai profili controversi.
Il ricorso veniva chiamato e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 luglio 2010.
DIRITTO
1.- E' controversa la debenza agli odierni appellati del beneficio e degli emolumenti indicati in fatto ( cc.dd. buoni-pasto ).
Le Amministrazioni appellanti insistono nel negare la titolarità in capo agli originarii ricorrenti del diritto azionato, criticando le argomentazioni con le quali il primo Giudice ne ha invece affermato la sussistenza.
2. – L’appello è da accogliere nei términi che séguono.
Questa Sezione si è già pronunciata ( v. dec. 28 febbraio 2005, n. 720 ) sull’obbligo dell’amministrazione di erogare, in favore dei proprii dipendenti, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento prioritariamente mediante l’istituzione della mensa; trattasi di forma di gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” ( art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ).
La normativa di riferimento prescrive dunque l'istituzione della mensa obbligatoria in favore ( tra l'altro ) del "personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio" ( art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 203/1989 ), condizione nella quale incontestatamente si trovano gli odierni appellati.
La disposizione citata ( applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di Finanza in forza dell'estensione sancita dall'art. 3 della legge n. 203/1989 ) mira in realtà a garantire il servizio della mensa ( a carico dell'amministrazione ) al personale delle forze di polizia, che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizii prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio.
Orbene, rileva il Collegio che la limitata ( e documentata dalle stesse Amministrazioni appellanti ) durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti) comporta che il servizio mensa possa considerarsi istituito ( sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente ( v. in tal senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 ), giacché solo tale modalità di prestazione ( atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa ) è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio ( v. art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del 1950 e l’art. unico della legge 27 aprile 1981, n. 191 ); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
Ciò posto, nel caso di specie, per l’anno 1999, in assenza (incontestata) di istituzione della mensa da parte dell’Amministrazione, il servizio vettovagliamento risulta esser stato assicurato mediante catering veicolato ( gestione affidata a privato mediante convenzione ), ch’è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto e che vale di per sé ad escludere il diritto degli odierni appellati, per lo stesso periodo, alla pretesa fornitura; né gli originarii ricorrenti hanno in alcun modo dimostrato che tale forma di gestione del servizio sia risultata non idonea a garantire la regolare distribuzione dei pasti in loro favore presso la loro sede di servizio o presso altri luoghi di svolgimento del loro servizio.
Quanto al periodo 2000/2003, si versa in ipotesi di omessa istituzione del servizio mensa dovuto ai ricorrenti medesimi, giacché l’unica mensa istituita dall’Amministrazione nella città di …… non è dislocata presso la infrastruttura sede ( del reparto ) di servizio degli stessi e dunque è del tutto inidonea a garantire il diritto in tal senso assicurato, come s’è visto, dal legislatore, in termini di “effettività”.
La debenza agli stessi, per tale periodo, degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è peraltro preclusa dalla mancata prova, da parte dei ricorrenti medesimi, della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, del periodo di intervallo, interruttivo del servizio prestato in favore dell’Amministrazione, che sola consente di affermare la ricorrenza dell’ipotesi di spettanza del buono-pasto da riconnettere alla prestazione lavorativa, la quale, ove non suscettibile di interruzioni, mérita eventualmente un trattamento differenziato sotto altro profilo, ma non può certo dar diritto ad una prestazione ( quella del vettovagliamento ), la cui fruizione presuppone, quale suo stesso elemento costitutivo, una pausa non retribuita.
I ricorrenti in primo grado non hanno invero né provato né dedotto che la prestazione da loro resa fosse in tal senso conforme alla prestazione tipica meritevole di siffatta prestazione in natura ( qualificabile come tale, in quanto erogazione di beni posti nella diretta disponibilità del dipendente, indipendentemente, come è stato rilevato anche in dottrina, dal fatto che la mensa sia direttamente organizzata dal datore di lavoro ovvero assicurata mediante buoni pasto spendibili presso pubblici esercizi ) a càrico dell’Amministrazione, incombendo invece certamente su di essi, ex art. 2697 c.c., l’onere di prova che la prestazione lavorativa venisse resa con le modalità ( tra cui certamente rientra la c.d. pausa pranzo ) previste dalla normativa di riferimento per la concessione dei buoni pasto.
Quanto, infine, all’anno 2004, nel quale il servizio di vettovagliamento di cui si tratta risulta esser stato dall’Amministrazione assicurato mediante “convenzione con esercizio privato”, la insussistenza dei presupposti di fatto per l’affermazione del diritto dei ricorrenti ai buoni-pasto reclamati per tale periodo va affermata sulla base delle stesse considerazioni sopra poste a fondamento della reiezione della domanda da loro avanzata per l’anno 1999.
3. – L’appello delle Amministrazioni va, in definitiva accolto, con conseguente reiezione, in riforma dell’impugnata sentenza, del ricorso di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio vanno, in considerazione dei diversi orientamenti espressi dai Giudici di primo grado e della parziale novità della questione in grado di appello, integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe n. 604 del 2010, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 6 luglio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
L. M., Presidente
A. L., Consigliere
S. C., Consigliere, Estensore
S. A., Consigliere
R. P., Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
Re: BUONI PASTO, GdF.
N. 06916/2010 REG.DEC.
N. 02749/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2749 del 2007, proposto da:
(congruo numero di persone), rappresentati e difesi dall'avv. M. L., con domicilio eletto presso M. L., in Roma, Circonvallazione Clodia, ….
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale Guardia di Finanza, Comando Provinciale Guardia di Finanza, Comando Regionale-Reparto Logistico Ammvo Piemonte G. D F., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO - SEZIONE I n. 00077/2007, resa tra le parti, concernente LIQUIDAZIONE BUONI PASTO.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Vista la memoria da queste prodotta a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 6 luglio 2010, la relazione del Consigliere S. C.;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. M. L. per gli appellanti e l’avv. A. E. dello Stato per le Amministrazioni appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha respinto il ricorso proposto da diversi appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza ( in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di …….), inteso ad ottenere, previo annullamento dell’atto di diniego loro opposto dall’Amministrazione, l'accertamento del loro diritto, per il periodo 2000/2005, al controvalore del pasto dovuto ad essi dipendenti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 203/1989 ( cc.dd. buoni-pasto ).
Il T.A.R., richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, “per cui ai dipendenti delle forze di polizia deve essere riconosciuto il diritto ai buoni pasto quando l’Amministrazione non mette il personale nelle condizioni di usufruire del servizio mensa”, ha ritenuto non applicabile nel caso di specie l’invocato art. 61 del D.P.R. n. 254/1999 “poiché … non era impossibile, nel caso di specie, assicurare il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio che, infatti, era pienamente funzionante” ( pag. 7 sent. ).
Il Giudice di primo grado non ha poi ritenuto ravvisabile alcuna contraddittorietà nel comportamento dell’Amministrazione, né quanto alla concessione di buoni-pasto od alla fruizione del servizio mensa assicurati ad altri dipendenti, né quanto alla intervenuta provvisoria erogazione dei buoni-pasto stessi in favore dei ricorrenti per un limitato periodo di tempo.
Avverso tale decisione hanno proposto appello gli originarii ricorrenti, insistendo nel sostenere la sussistenza del loro diritto ai buoni pasto “anche se in presenza di una m.o.s. istituita e regolarmente funzionante, quando è certo … che i dipendenti non sono posti dall’Amministrazione di appartenenza nella condizione concreta ed effettiva di utilizzare la m.o.s. stessa” (pag. 11 app.); in ogni caso sussisterebbe, secondo gli appellanti, la denunciata disparità di trattamento rispetto alla situazione “dei colleghi appartenenti alla stessa Amministrazione … distaccati o assegnati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di …….”, nonché “in relazione ai dipendenti del Comando … non addetti a servizi esterni” ( pagg. 12 – 13 app. ).
L’erogazione dei buoni-pasto o del loro controvalore sarebbe poi sicuramente dovuta quanto meno per il triennio 2003 – 2005, così come previsto dall’art. 10 del D.P.R. n. 348/03, in attuazione del quale l’Amministrazione ha peraltro già erogato ai ricorrenti i buoni-pasto stessi per un periodo di cinque mesi (gennaio – maggio 2005).
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni appellate, riportandosi, con successiva memoria, alle argomentazioni confutative delle tesi d’appello contenute nella nota n. …… in data 11 dicembre 2007 del Comando R.T.L.A. della Guardia di Finanza del Piemonte.
Il ricorso veniva chiamato e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 luglio 2010.
DIRITTO
1.- E' controversa la debenza agli odierni appellanti del beneficio e degli emolumenti indicati in fatto ( cc.dd. buoni-pasto ).
Essi insistono nell’affermare la titolarità del diritto azionato e l’illegittimità del provvedimento dell’Amministrazione che lo avrebbe conculcato, criticando le argomentazioni con le quali pure il primo Giudice ne ha negato la sussistenza.
2. – L’appello è da respingere in quanto infondato.
Questa Sezione si è già pronunciata ( v. dec. 28 febbraio 2005, n. 720 ) sull’obbligo dell’amministrazione di erogare, in favore dei proprii dipendenti, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento prioritariamente mediante l’istituzione della mensa; trattasi di forma di gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” ( art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ).
La normativa di riferimento prescrive dunque l'istituzione della mensa obbligatoria in favore ( tra l'altro ) del "personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio" ( art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 203/1989 ), condizione nella quale incontestatamente si trovano gli odierni appellanti.
La disposizione citata ( applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di Finanza in forza dell'estensione sancita dall'art. 3 della legge n. 203/1989 ) mira in realtà a garantire il servizio della mensa ( a carico dell'amministrazione ) al personale delle forze di polizia, che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizii prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio.
Orbene, rileva il Collegio che la limitata durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti, poi elevata nel corso del 2005 a sessanta minuti) comporta che il servizio mensa possa considerarsi istituito ( sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente ( v. in tal senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 ), giacché solo tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa) è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio ( v. art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del 1950 e l’art. unico della legge 27 aprile 1981, n. 191 ); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
Ciò posto, nel caso di specie, per il periodo 2000/2005, cui è riferita la pretesa dei ricorrenti, il servizio vettovagliamento risulta esser stato assicurato mediante istituzione di mensa di servizio da parte dell’Amministrazione ( incontestatamente localizzata presso la caserma di servizio degli odierni appellanti ), ch’è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto e che vale di per sé ad escludere il diritto degli stessi, per detto periodo, alla pretesa fornitura.
Né gli originarii ricorrenti hanno in alcun modo dimostrato che le particolari modalità di svolgimento dei non meglio precisati servizii esterni dagli stessi asseritamente prestati nei turni lavorativi resi in tale periodo ostassero al rientro nella caserma di appartenenza ( così come poi espressamente previsto nella Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. …../08 in data 12 aprile 2008 ) per la consumazione dei pasti colà posti a loro disposizione dall’Amministrazione, così da rendere la modalità di vettovagliamento prescelta dall’Amministrazione stessa in concreto del tutto inidonea a garantire loro il diritto in tal senso assicurato, come s’è visto, dal legislatore, in termini di “effettività” e dunque da consentire nei loro confronti, proprio ai fini del rispetto di tale ineludibile esigenza di “effettività” della prestazione dovuta, la modalità subordinata di prestazione consistente nella fornitura di buoni pasto, da considerarsi legittimamente alternativa alla fruizione della mensa presso la sede di servizio od all’eventuale utilizzo di un esercizio convenzionato solo laddove “le circostanze di tempo e di luogo” del servizio non consentano una tale fruizione ( v. Circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza n. …… in data 16 maggio 2008 ).
Del resto, i ricorrenti nemmeno hanno poi dedotto od in qualche modo fatto constare di aver richiesto giorno per giorno, in relazione alle prevedibili modalità del servizio di volta in volta espletando, l’iscrizione nell’elenco giornaliero dei militari autorizzati a fruire del buono pasto, istituito con circolare n. ……………. in data 17 aprile 2002 del Comando Generale della Guardia di Finanza.
La debenza agli stessi, per tale periodo, degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è peraltro anche preclusa dalla mancata prova, da parte dei ricorrenti medesimi, della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, del periodo di intervallo, interruttivo del servizio prestato in favore dell’Amministrazione, che sola consente di affermare la ricorrenza dell’ipotesi di spettanza del buono-pasto da riconnettere alla prestazione lavorativa, la quale, ove non suscettibile di interruzioni, mérita eventualmente un trattamento differenziato sotto altro profilo, ma non può certo dar diritto ad una prestazione ( quella del vettovagliamento ), la cui fruizione presuppone, quale suo stesso elemento costitutivo, una pausa non retribuita ( così come poi espressamente previsto per i militari inseriti in servizi esterni dalla circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza n. …………, cit. ).
I ricorrenti in primo grado non hanno invero né provato né dedotto che la prestazione da loro resa fosse in tal senso conforme alla prestazione tipica meritevole di siffatta prestazione in natura ( qualificabile come tale, in quanto erogazione di beni posti nella diretta disponibilità del dipendente, indipendentemente, come è stato rilevato anche in dottrina, dal fatto che la mensa sia direttamente organizzata dal datore di lavoro ovvero assicurata mediante buoni pasto spendibili presso pubblici esercizi ) a càrico dell’Amministrazione, incombendo invece certamente su di essi, ex art. 2697 c.c., l’onere di prova che la prestazione lavorativa venisse resa con le modalità ( tra cui certamente rientra la c.d. pausa pranzo ) previste dalla normativa di riferimento per la concessione dei buoni pasto.
Quanto alla dedotta disparità di trattamento con altri dipendenti della stessa Amministrazione, la stessa deve ritenersi del tutto insussistente, atteso che i dipendenti distaccati od assegnati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino fondano legittimamente ( come s’è visto ) il loro diritto all’assegnazione dei buoni pasto sulla circostanza che la mensa obbligatoria di servizio istituita dall’Amministrazione è fruibile presso una infrastruttura diversa da quella presso la quale essi espletano il loro servizio, mentre i dipendenti del Comando non addetti ai sevizi esterni fruiscono della detta mensa istituita presso la sede di servizio ( senza diritto ai buoni pasto ), l’accesso alla quale non risulta precluso ai ricorrenti, che non hanno peraltro, come s’è visto, dimostrato, per ciascun singolo servizio cui si riferisce la pretesa fornitura di buoni-pasto, le circostanze concrete, che non hanno reso loro possibile, né conveniente per l’Amministrazione, la fruizione, da parte loro, della stessa mensa obbligatoria di servizio.
Né, per finire, il diritto dei ricorrenti può legittimamente fondarsi, come dagli stessi preteso, sugli invocati articoli 61 del D.P.R. n. 254/1999 e 10 del D.P.R. n. 348/2003, dal momento che:
- l’art. 61 del D.P.R. n. 254/1999, nel determinare in lire 9.000= l’importo del buono-pasto giornaliero che l’Amministrazione deve garantire a ciascun militare qualora ricorrano le vedute condizioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 203/1989, prevede, come ammettono gli stessi ricorrenti, una triplice possibilità ( la mensa interna ai singoli Comandi o Reparti, la convenzione con esercizii di ristoro privati ed infine, in alternativa alle prime due modalità di fornitura del servizio vettovagliamento, la concessione dei buoni-pasto ), la quale ultima, come sopra chiarito, nel caso di costituzione della mensa obbligatoria di servizio, è praticabile solo allorché le effettive modalità di impiego nei servizii esterni svolti abbiano precluso di fatto al dipendente la possibilità di fruire, concretamente, del servizio mensa reso dall’esercizio convenzionato: il che, come s’è visto, nella fattispecie all’esame non risulta affatto provato;
- l’art. 10 del D.P.R. n. 348/2003, nel prevedere la assegnazione di risorse al Corpo della Guardia di Finanza per la concessione di buoni pasto in relazione a “particolari disagi derivanti da specifiche situazioni di impiego del personale”, prevede altresì che “i criteri per l'utilizzo delle somme sopra indicate e per l'individuazione delle fattispecie che danno titolo alla concessione del beneficio sono definiti dalle Amministrazioni nel rispetto della normativa vigente in materia di buoni pasto”, sì che del tutto correttamente l’Amministrazione, se pur dopo una iniziale erogazione ( della cui legittimità qui non si discute ), ha ritenuto, in presenza di una m.o.s. a gestione diretta ( cui, aggiunge il Collegio, i ricorrenti non hanno dimostrato di non poter effettivamente accedere durante i turni di servizio per i quali hanno poi richiesto i buoni-pasto ), di dover escludere la sussistenza nel caso all’esame delle condizioni necessarie per poter procedere alla pretesa fornitura.
3. – L’appello degli originarii ricorrenti va, in definitiva, respinto, tanto quanto al petitum di annullamento del provvedimento di diniego in primo grado impugnato, quanto in relazione alla richiesta di accertamento del sottostante, preteso, diritto (siccome insussistente) ed alla subordinata richiesta di risarcimento danni, in quanto conseguenti, quand’anche sussistenti, ad un comportamento lecito dell’Amministrazione.
Le spese del grado di giudizio vanno, in considerazione dei diversi orientamenti espressi dai Giudici di primo grado e della parziale novità della questione in grado di appello, integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2749 del 2007 indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 6 luglio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
L. M., Presidente
A. L., Consigliere
S. C., Consigliere, Estensore
S. A., Consigliere
R. P., Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
N. 02749/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2749 del 2007, proposto da:
(congruo numero di persone), rappresentati e difesi dall'avv. M. L., con domicilio eletto presso M. L., in Roma, Circonvallazione Clodia, ….
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale Guardia di Finanza, Comando Provinciale Guardia di Finanza, Comando Regionale-Reparto Logistico Ammvo Piemonte G. D F., costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO - SEZIONE I n. 00077/2007, resa tra le parti, concernente LIQUIDAZIONE BUONI PASTO.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Vista la memoria da queste prodotta a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 6 luglio 2010, la relazione del Consigliere S. C.;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. M. L. per gli appellanti e l’avv. A. E. dello Stato per le Amministrazioni appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con la sentenza appellata il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha respinto il ricorso proposto da diversi appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza ( in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di …….), inteso ad ottenere, previo annullamento dell’atto di diniego loro opposto dall’Amministrazione, l'accertamento del loro diritto, per il periodo 2000/2005, al controvalore del pasto dovuto ad essi dipendenti ai sensi dell'art. 1 della legge n. 203/1989 ( cc.dd. buoni-pasto ).
Il T.A.R., richiamato il principio, affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, “per cui ai dipendenti delle forze di polizia deve essere riconosciuto il diritto ai buoni pasto quando l’Amministrazione non mette il personale nelle condizioni di usufruire del servizio mensa”, ha ritenuto non applicabile nel caso di specie l’invocato art. 61 del D.P.R. n. 254/1999 “poiché … non era impossibile, nel caso di specie, assicurare il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio che, infatti, era pienamente funzionante” ( pag. 7 sent. ).
Il Giudice di primo grado non ha poi ritenuto ravvisabile alcuna contraddittorietà nel comportamento dell’Amministrazione, né quanto alla concessione di buoni-pasto od alla fruizione del servizio mensa assicurati ad altri dipendenti, né quanto alla intervenuta provvisoria erogazione dei buoni-pasto stessi in favore dei ricorrenti per un limitato periodo di tempo.
Avverso tale decisione hanno proposto appello gli originarii ricorrenti, insistendo nel sostenere la sussistenza del loro diritto ai buoni pasto “anche se in presenza di una m.o.s. istituita e regolarmente funzionante, quando è certo … che i dipendenti non sono posti dall’Amministrazione di appartenenza nella condizione concreta ed effettiva di utilizzare la m.o.s. stessa” (pag. 11 app.); in ogni caso sussisterebbe, secondo gli appellanti, la denunciata disparità di trattamento rispetto alla situazione “dei colleghi appartenenti alla stessa Amministrazione … distaccati o assegnati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di …….”, nonché “in relazione ai dipendenti del Comando … non addetti a servizi esterni” ( pagg. 12 – 13 app. ).
L’erogazione dei buoni-pasto o del loro controvalore sarebbe poi sicuramente dovuta quanto meno per il triennio 2003 – 2005, così come previsto dall’art. 10 del D.P.R. n. 348/03, in attuazione del quale l’Amministrazione ha peraltro già erogato ai ricorrenti i buoni-pasto stessi per un periodo di cinque mesi (gennaio – maggio 2005).
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni appellate, riportandosi, con successiva memoria, alle argomentazioni confutative delle tesi d’appello contenute nella nota n. …… in data 11 dicembre 2007 del Comando R.T.L.A. della Guardia di Finanza del Piemonte.
Il ricorso veniva chiamato e trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 6 luglio 2010.
DIRITTO
1.- E' controversa la debenza agli odierni appellanti del beneficio e degli emolumenti indicati in fatto ( cc.dd. buoni-pasto ).
Essi insistono nell’affermare la titolarità del diritto azionato e l’illegittimità del provvedimento dell’Amministrazione che lo avrebbe conculcato, criticando le argomentazioni con le quali pure il primo Giudice ne ha negato la sussistenza.
2. – L’appello è da respingere in quanto infondato.
Questa Sezione si è già pronunciata ( v. dec. 28 febbraio 2005, n. 720 ) sull’obbligo dell’amministrazione di erogare, in favore dei proprii dipendenti, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di vettovagliamento prioritariamente mediante l’istituzione della mensa; trattasi di forma di gestione diretta del servizio stesso, in mancanza della quale si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” ( art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ).
La normativa di riferimento prescrive dunque l'istituzione della mensa obbligatoria in favore ( tra l'altro ) del "personale impiegato in servizi di istituto, specificamente tenuto a permanere sul luogo di servizio o che non può allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio" ( art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 203/1989 ), condizione nella quale incontestatamente si trovano gli odierni appellanti.
La disposizione citata ( applicabile agli appartenenti al corpo della Guardia di Finanza in forza dell'estensione sancita dall'art. 3 della legge n. 203/1989 ) mira in realtà a garantire il servizio della mensa ( a carico dell'amministrazione ) al personale delle forze di polizia, che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizii prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio.
Orbene, rileva il Collegio che la limitata durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti, poi elevata nel corso del 2005 a sessanta minuti) comporta che il servizio mensa possa considerarsi istituito ( sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente ( v. in tal senso lo stesso art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 ), giacché solo tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa) è in grado di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva garanzia di partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio ( v. art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 857 del 1950 e l’art. unico della legge 27 aprile 1981, n. 191 ); salva, poi, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
Ciò posto, nel caso di specie, per il periodo 2000/2005, cui è riferita la pretesa dei ricorrenti, il servizio vettovagliamento risulta esser stato assicurato mediante istituzione di mensa di servizio da parte dell’Amministrazione ( incontestatamente localizzata presso la caserma di servizio degli odierni appellanti ), ch’è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto e che vale di per sé ad escludere il diritto degli stessi, per detto periodo, alla pretesa fornitura.
Né gli originarii ricorrenti hanno in alcun modo dimostrato che le particolari modalità di svolgimento dei non meglio precisati servizii esterni dagli stessi asseritamente prestati nei turni lavorativi resi in tale periodo ostassero al rientro nella caserma di appartenenza ( così come poi espressamente previsto nella Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza n. …../08 in data 12 aprile 2008 ) per la consumazione dei pasti colà posti a loro disposizione dall’Amministrazione, così da rendere la modalità di vettovagliamento prescelta dall’Amministrazione stessa in concreto del tutto inidonea a garantire loro il diritto in tal senso assicurato, come s’è visto, dal legislatore, in termini di “effettività” e dunque da consentire nei loro confronti, proprio ai fini del rispetto di tale ineludibile esigenza di “effettività” della prestazione dovuta, la modalità subordinata di prestazione consistente nella fornitura di buoni pasto, da considerarsi legittimamente alternativa alla fruizione della mensa presso la sede di servizio od all’eventuale utilizzo di un esercizio convenzionato solo laddove “le circostanze di tempo e di luogo” del servizio non consentano una tale fruizione ( v. Circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza n. …… in data 16 maggio 2008 ).
Del resto, i ricorrenti nemmeno hanno poi dedotto od in qualche modo fatto constare di aver richiesto giorno per giorno, in relazione alle prevedibili modalità del servizio di volta in volta espletando, l’iscrizione nell’elenco giornaliero dei militari autorizzati a fruire del buono pasto, istituito con circolare n. ……………. in data 17 aprile 2002 del Comando Generale della Guardia di Finanza.
La debenza agli stessi, per tale periodo, degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è peraltro anche preclusa dalla mancata prova, da parte dei ricorrenti medesimi, della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, del periodo di intervallo, interruttivo del servizio prestato in favore dell’Amministrazione, che sola consente di affermare la ricorrenza dell’ipotesi di spettanza del buono-pasto da riconnettere alla prestazione lavorativa, la quale, ove non suscettibile di interruzioni, mérita eventualmente un trattamento differenziato sotto altro profilo, ma non può certo dar diritto ad una prestazione ( quella del vettovagliamento ), la cui fruizione presuppone, quale suo stesso elemento costitutivo, una pausa non retribuita ( così come poi espressamente previsto per i militari inseriti in servizi esterni dalla circolare del Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza n. …………, cit. ).
I ricorrenti in primo grado non hanno invero né provato né dedotto che la prestazione da loro resa fosse in tal senso conforme alla prestazione tipica meritevole di siffatta prestazione in natura ( qualificabile come tale, in quanto erogazione di beni posti nella diretta disponibilità del dipendente, indipendentemente, come è stato rilevato anche in dottrina, dal fatto che la mensa sia direttamente organizzata dal datore di lavoro ovvero assicurata mediante buoni pasto spendibili presso pubblici esercizi ) a càrico dell’Amministrazione, incombendo invece certamente su di essi, ex art. 2697 c.c., l’onere di prova che la prestazione lavorativa venisse resa con le modalità ( tra cui certamente rientra la c.d. pausa pranzo ) previste dalla normativa di riferimento per la concessione dei buoni pasto.
Quanto alla dedotta disparità di trattamento con altri dipendenti della stessa Amministrazione, la stessa deve ritenersi del tutto insussistente, atteso che i dipendenti distaccati od assegnati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino fondano legittimamente ( come s’è visto ) il loro diritto all’assegnazione dei buoni pasto sulla circostanza che la mensa obbligatoria di servizio istituita dall’Amministrazione è fruibile presso una infrastruttura diversa da quella presso la quale essi espletano il loro servizio, mentre i dipendenti del Comando non addetti ai sevizi esterni fruiscono della detta mensa istituita presso la sede di servizio ( senza diritto ai buoni pasto ), l’accesso alla quale non risulta precluso ai ricorrenti, che non hanno peraltro, come s’è visto, dimostrato, per ciascun singolo servizio cui si riferisce la pretesa fornitura di buoni-pasto, le circostanze concrete, che non hanno reso loro possibile, né conveniente per l’Amministrazione, la fruizione, da parte loro, della stessa mensa obbligatoria di servizio.
Né, per finire, il diritto dei ricorrenti può legittimamente fondarsi, come dagli stessi preteso, sugli invocati articoli 61 del D.P.R. n. 254/1999 e 10 del D.P.R. n. 348/2003, dal momento che:
- l’art. 61 del D.P.R. n. 254/1999, nel determinare in lire 9.000= l’importo del buono-pasto giornaliero che l’Amministrazione deve garantire a ciascun militare qualora ricorrano le vedute condizioni di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 203/1989, prevede, come ammettono gli stessi ricorrenti, una triplice possibilità ( la mensa interna ai singoli Comandi o Reparti, la convenzione con esercizii di ristoro privati ed infine, in alternativa alle prime due modalità di fornitura del servizio vettovagliamento, la concessione dei buoni-pasto ), la quale ultima, come sopra chiarito, nel caso di costituzione della mensa obbligatoria di servizio, è praticabile solo allorché le effettive modalità di impiego nei servizii esterni svolti abbiano precluso di fatto al dipendente la possibilità di fruire, concretamente, del servizio mensa reso dall’esercizio convenzionato: il che, come s’è visto, nella fattispecie all’esame non risulta affatto provato;
- l’art. 10 del D.P.R. n. 348/2003, nel prevedere la assegnazione di risorse al Corpo della Guardia di Finanza per la concessione di buoni pasto in relazione a “particolari disagi derivanti da specifiche situazioni di impiego del personale”, prevede altresì che “i criteri per l'utilizzo delle somme sopra indicate e per l'individuazione delle fattispecie che danno titolo alla concessione del beneficio sono definiti dalle Amministrazioni nel rispetto della normativa vigente in materia di buoni pasto”, sì che del tutto correttamente l’Amministrazione, se pur dopo una iniziale erogazione ( della cui legittimità qui non si discute ), ha ritenuto, in presenza di una m.o.s. a gestione diretta ( cui, aggiunge il Collegio, i ricorrenti non hanno dimostrato di non poter effettivamente accedere durante i turni di servizio per i quali hanno poi richiesto i buoni-pasto ), di dover escludere la sussistenza nel caso all’esame delle condizioni necessarie per poter procedere alla pretesa fornitura.
3. – L’appello degli originarii ricorrenti va, in definitiva, respinto, tanto quanto al petitum di annullamento del provvedimento di diniego in primo grado impugnato, quanto in relazione alla richiesta di accertamento del sottostante, preteso, diritto (siccome insussistente) ed alla subordinata richiesta di risarcimento danni, in quanto conseguenti, quand’anche sussistenti, ad un comportamento lecito dell’Amministrazione.
Le spese del grado di giudizio vanno, in considerazione dei diversi orientamenti espressi dai Giudici di primo grado e della parziale novità della questione in grado di appello, integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2749 del 2007 indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 6 luglio 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
L. M., Presidente
A. L., Consigliere
S. C., Consigliere, Estensore
S. A., Consigliere
R. P., Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
Re: BUONI PASTO, GdF.
Auguri ai colleghi.
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06/06/2012 201201572 Sentenza 3
N. 01572/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00416/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 416 del 2010, proposto da:
OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Maria Pia Taraso, nonché, tramite conferimento di nuova procura, dall’avv. Egidio Rossi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Premuda n. 14;
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Pia Taraso, nonché, tramite conferimento di nuova procura, dall’avv. Sandro Cannalire, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la Segreteria di questo Tribunale in Milano, Via Corridoni n. 39;
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia n.1;
per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento di vitto sotto forma di buoni pasto sin dalla loro istituzione, ai sensi della legge 18 maggio 1989 n. 203 e dell’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254, nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al pagamento dell’equivalente dei buoni pasto non corrisposti fin dal 12 aprile 2008, avuto riguardo alla rideterminazione dell’importo del buono pasto ai sensi del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006-2009- biennio economico 2006-2007”, come recepito dal d.P.R. 51/99, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
per l’annullamento
del provvedimento adottato dalla guardia di Finanza- Rep. T.L.A. – Lombardia –Milano, prot. n. 0479423/09, datato 31 dicembre 2009, con cui l’Amministrazione denegava le pretese azionate dai ricorrenti con apposita istanza in data 27 giugno 2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2012 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di Finanza e prestano servizio presso la Caserma della Compagnia di Magenta, con impiego in servizi interni con turnazione di almeno sei ore e in servizi esterni con turnazione sulle ventiquattro ore.
1.2. Gli stessi, in data 3 febbraio 2009, hanno chiesto di poter beneficiare del trattamento di vitto sotto forma di corresponsione di buoni pasto.
1.3. Tale istanza, a causa del silenzio serbato dall’Amministrazione, veniva successivamente reiterata con nota inviata in data 27 giugno 2009.
1.4. L’Amministrazione intimata, con atto del 31 dicembre 2009, ha respinto la richiesta, precisando che, con riguardo ai periodi in cui gli interessati svolgono servizio all’interno della Caserma, i buoni pasto non sono dovuti in quanto i loro turni di servizio non sono intervallati da una pausa pranzo di almeno un’ora ; mentre, per quanto riguarda i periodi di servizio esterno, si è rilevata la sussistenza di una convenzione con un esercizio commerciale posto nelle vicinanze della Caserma ove i militari possono e potevano recarsi per consumare i pasti; in proposito tuttavia l’Amministrazione si è riservata di accertare se, per il passato, il concreto svolgimento del servizio abbia effettivamente permesso ai ricorrenti gli spostamenti necessari per consumare il pasto presso l’esercizio convenzionato negli orari previsti.
1.5. Gli interessati, che ritengono invece di aver comunque diritto al conseguimento dei buoni pasto, sia per i servizi interni sia per i servizi esterni, impugnano, con il presente ricorso, tale provvedimento, chiedendo al contempo che venga accertato il suddetto diritto e che l’Amministrazione venga condannata ad effettuare la corresponsione in loro favore del corrispondente trattamento.
1.6. Si è costituito in giudizio il Ministero delle Finanze per opporsi alle domande dei ricorrenti.
1.7. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.
1.8. Tenutasi la pubblica udienza in data 27 aprile 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Con il primo motivo di ricorso viene censurata la violazione della legge n. 203/89 e dell’art. 61 del d.P.R. n. 254/99. Si rileva, in particolare che, in base a tali disposizioni, il diritto a fruire della corresponsione di buoni pasto spetterebbe a tutti i militari che non possono concretamente beneficiare del servizio mensa istituito dall’amministrazione di appartenenza; e che i ricorrenti non potrebbero in concreto beneficiare della convenzione stipulata con l’esercizio pubblico situato nelle vicinanze della Caserma, posto che i turni di servizio impedirebbero loro di recarsi presso il locale negli orari in cui questo è in attività. Si deduce inoltre eccesso di potere per disparità di trattamento, posto che l’Amministrazione riconosce il diritto al buono pasto ai militari impegnati nei servizi di pronto intervento i quali, come i ricorrenti, sono in concreto impossibilitati ad usufruire del servizio mensa convenzionato.
2.1. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006 – 2009 – biennio economico 2006 – 2007”; nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008. Viene altresì dedotto eccesso di potere sotto svariati profili.
2.2. I ricorrenti chiedono in particolare che il valore del singolo buono pasto venga determinato in euro sette, atteso che la normativa sopraindicata imporrebbe di adeguarne il valore (in origine determinato in lire 9.000) al costo della vita; e che le altre forze di polizia già beneficerebbero di buoni pasto avente il valore da loro indicato.
3. In proposito si osserva quanto segue.
3.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989 n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le amministrazioni dalle quali dipendono le forze di polizia debbono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto, specificamente tenuti a permanere sul luogo di servizio o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
3.2. Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell’art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992 (poi sostituito con il testo annesso alla successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301), il quale, al comma primo, lett. a), dispone che ha diritto al trattamento di vitto gratuito, fra l’altro, il personale che svolge turni di servizio di almeno sei ore (a prescindere dall’orario di inizio e termine) comprendente per intero la fascia oraria 14.00/15.00 o 20.00/21.00.
3.3. Come si vede, la norma testé illustrata prevede, quale unica condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le suindicate fasce orarie; nessuna disposizione di tale norma subordina invece il suddetto diritto al fatto che l’orario di servizio sia intervallato dalla pausa pranzo. Il che è del tutto comprensibile: la pausa pranzo non può costituire condizione cui subordinare il diritto al vettovagliamento, costituendo essa piuttosto una modalità dell’articolazione dell’orario di servizio necessaria per consentire al personale che ne ha diritto (in quanto comandato ad effettuare i suddetti turni) di poter beneficiare di tale trattamento. In altre parole, la pausa pranzo (non retribuita) costituisce una conseguenza del diritto al vettovagliamento e non già una sua condizione: proprio perché il personale che effettua turni di sei ore (comprendenti le fasce orarie in cui usualmente si consumano i pasti) ha diritto al vettovagliamento, l’amministrazione di appartenenza deve consentire a tale personale di interrompere il servizio per consumare il pasto presso la mensa.
3.4. Ciò chiarito vanno svolte due ulteriori considerazioni.
3.5. La prima è che il personale beneficiario può rinunciare alla pausa pranzo (che non fa parte dell’orario di lavoro) e, conseguentemente, al servizio di vettovagliamento gratuito approntato dall’amministrazione (e al trattamento sostitutivo), ottenendo in questo modo il vantaggio di limitare il periodo giornaliero di permanenza presso la sede al solo turno di servizio (cfr. Circolare n. 345000 del 28 ottobre 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza).
3.6. La seconda osservazione è che non sempre può essere garantita al militare la possibilità di usufruire del servizio mensa: vuoi perché tale servizio può non essere materialmente istituito, vuoi perché l’amministrazione, al fine di soddisfare il proprio interesse al miglior espletamento dei compiti d’istituto, ha disposto per alcuni dipendenti un’articolazione dell’orario di lavoro che non permette l’effettuazione della pausa pranzo.
3.7. In questi casi tuttavia il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere comunque assicurato. Stabilisce infatti l’art. 2, comma 1, della legge n. 203/89 che qualora sia “…impossibile assicurare (…) il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio (…) il Ministro dell'Interno è autorizzato a provvedere (…) con propri decreti, ai sensi dell'articolo 55 del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, e successive modificazioni (come detto, la norma, riguardante il personale della Polizia di Stato, è applicabile anche al personale della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 3 della stessa legge n.203/89); e fra le modalità alternative di erogazione del servizio di vettovagliamento è prevista quella della fornitura di buoni pasto (cfr. art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 245; TAR Lazio Roma, sez. II, 12 giugno 2009 n. 5604).
3.8. In conclusione, possono essere affermati i seguenti principi: a) il personale che effettua turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 e 20.00/21.00 ha diritto, salvo rinuncia, al trattamento di vettovagliamento gratuito; b) l’amministrazione deve, ove possibile, consentire a detto personale di usufruire del servizio mensa interno appositamente istituito; c) in caso di impossibilità, deve assicurare forme alternative di soddisfacimento del diritto anche mediante l’erogazione di buoni pasto.
3.9. Ciò premesso va osservato che nel caso concreto l’istanza dei ricorrenti, volta ad ottenere la corresponsione dei buoni pasto, è stata respinta in quanto il loro orario di lavoro non è intervallato dalla pausa pranzo.
3.10. Questa argomentazione tuttavia non è di per sé decisiva in quanto, come si è visto, solo la rinuncia della pausa pranzo da parte del dipendente determina il venir meno del suo diritto al vettovagliamento gratuito; se invece è l’amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio che non prevede intervalli, non può poi questa invocare la propria decisione per negare quanto spetta al dipendente stesso.
3.11. Nel caso di specie non risulta che l’Amministrazione abbia articolato l’orario di servizio dei ricorrenti in modo da assicurare la possibilità di effettuazione della pausa pranzo, cui questi abbiano poi successivamente rinunciato; risulta invece che il loro orario di servizio è stato articolato in modo tale da non permettere l’effettuazione della pausa pranzo (ciò è quanto allegato dai ricorrenti senza smentita da parte dell’Amministrazione costituita, e può dunque ritenersi provato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.). Pertanto, agli stessi deve essere garantito il diritto al vettovagliamento gratuito, o tramite l’esercizio convenzionato, ovvero, in caso di impossibilità (in quanto i turni impediscano al personale di recarsi presso tale esercizio nelle ore in cui questo è in attività), attraverso l’erogazione di buoni pasto.
3.12. L’Amministrazione deve essere quindi condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui questi effettuino o abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, e sia stato per essi impossibile fruire dell’esercizio convenzionato. La decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati.
3.13. L’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo. La rivalutazione non è invece dovuta non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
3.14. Per quanto riguarda l’ammontare economico dei buoni pasto, va osservato che la stessa Amministrazione intimata riconosce che tale ammontare corrisponde a sette euro, in aderenza a quanto prospettato dai ricorrenti. Pertanto la condanna deve avere per oggetto buoni pasto aventi tale valore.
La complessità della vicenda induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione intimata alla corresponsione dei buoni pasto e delle ulteriori somme, come indicato in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2012
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
06/06/2012 201201572 Sentenza 3
N. 01572/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00416/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 416 del 2010, proposto da:
OMISSIS, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Maria Pia Taraso, nonché, tramite conferimento di nuova procura, dall’avv. Egidio Rossi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Premuda n. 14;
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Pia Taraso, nonché, tramite conferimento di nuova procura, dall’avv. Sandro Cannalire, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la Segreteria di questo Tribunale in Milano, Via Corridoni n. 39;
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia n.1;
per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento di vitto sotto forma di buoni pasto sin dalla loro istituzione, ai sensi della legge 18 maggio 1989 n. 203 e dell’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254, nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al pagamento dell’equivalente dei buoni pasto non corrisposti fin dal 12 aprile 2008, avuto riguardo alla rideterminazione dell’importo del buono pasto ai sensi del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006-2009- biennio economico 2006-2007”, come recepito dal d.P.R. 51/99, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
per l’annullamento
del provvedimento adottato dalla guardia di Finanza- Rep. T.L.A. – Lombardia –Milano, prot. n. 0479423/09, datato 31 dicembre 2009, con cui l’Amministrazione denegava le pretese azionate dai ricorrenti con apposita istanza in data 27 giugno 2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2012 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di Finanza e prestano servizio presso la Caserma della Compagnia di Magenta, con impiego in servizi interni con turnazione di almeno sei ore e in servizi esterni con turnazione sulle ventiquattro ore.
1.2. Gli stessi, in data 3 febbraio 2009, hanno chiesto di poter beneficiare del trattamento di vitto sotto forma di corresponsione di buoni pasto.
1.3. Tale istanza, a causa del silenzio serbato dall’Amministrazione, veniva successivamente reiterata con nota inviata in data 27 giugno 2009.
1.4. L’Amministrazione intimata, con atto del 31 dicembre 2009, ha respinto la richiesta, precisando che, con riguardo ai periodi in cui gli interessati svolgono servizio all’interno della Caserma, i buoni pasto non sono dovuti in quanto i loro turni di servizio non sono intervallati da una pausa pranzo di almeno un’ora ; mentre, per quanto riguarda i periodi di servizio esterno, si è rilevata la sussistenza di una convenzione con un esercizio commerciale posto nelle vicinanze della Caserma ove i militari possono e potevano recarsi per consumare i pasti; in proposito tuttavia l’Amministrazione si è riservata di accertare se, per il passato, il concreto svolgimento del servizio abbia effettivamente permesso ai ricorrenti gli spostamenti necessari per consumare il pasto presso l’esercizio convenzionato negli orari previsti.
1.5. Gli interessati, che ritengono invece di aver comunque diritto al conseguimento dei buoni pasto, sia per i servizi interni sia per i servizi esterni, impugnano, con il presente ricorso, tale provvedimento, chiedendo al contempo che venga accertato il suddetto diritto e che l’Amministrazione venga condannata ad effettuare la corresponsione in loro favore del corrispondente trattamento.
1.6. Si è costituito in giudizio il Ministero delle Finanze per opporsi alle domande dei ricorrenti.
1.7. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.
1.8. Tenutasi la pubblica udienza in data 27 aprile 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Con il primo motivo di ricorso viene censurata la violazione della legge n. 203/89 e dell’art. 61 del d.P.R. n. 254/99. Si rileva, in particolare che, in base a tali disposizioni, il diritto a fruire della corresponsione di buoni pasto spetterebbe a tutti i militari che non possono concretamente beneficiare del servizio mensa istituito dall’amministrazione di appartenenza; e che i ricorrenti non potrebbero in concreto beneficiare della convenzione stipulata con l’esercizio pubblico situato nelle vicinanze della Caserma, posto che i turni di servizio impedirebbero loro di recarsi presso il locale negli orari in cui questo è in attività. Si deduce inoltre eccesso di potere per disparità di trattamento, posto che l’Amministrazione riconosce il diritto al buono pasto ai militari impegnati nei servizi di pronto intervento i quali, come i ricorrenti, sono in concreto impossibilitati ad usufruire del servizio mensa convenzionato.
2.1. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006 – 2009 – biennio economico 2006 – 2007”; nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008. Viene altresì dedotto eccesso di potere sotto svariati profili.
2.2. I ricorrenti chiedono in particolare che il valore del singolo buono pasto venga determinato in euro sette, atteso che la normativa sopraindicata imporrebbe di adeguarne il valore (in origine determinato in lire 9.000) al costo della vita; e che le altre forze di polizia già beneficerebbero di buoni pasto avente il valore da loro indicato.
3. In proposito si osserva quanto segue.
3.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989 n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le amministrazioni dalle quali dipendono le forze di polizia debbono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto, specificamente tenuti a permanere sul luogo di servizio o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
3.2. Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell’art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992 (poi sostituito con il testo annesso alla successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301), il quale, al comma primo, lett. a), dispone che ha diritto al trattamento di vitto gratuito, fra l’altro, il personale che svolge turni di servizio di almeno sei ore (a prescindere dall’orario di inizio e termine) comprendente per intero la fascia oraria 14.00/15.00 o 20.00/21.00.
3.3. Come si vede, la norma testé illustrata prevede, quale unica condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le suindicate fasce orarie; nessuna disposizione di tale norma subordina invece il suddetto diritto al fatto che l’orario di servizio sia intervallato dalla pausa pranzo. Il che è del tutto comprensibile: la pausa pranzo non può costituire condizione cui subordinare il diritto al vettovagliamento, costituendo essa piuttosto una modalità dell’articolazione dell’orario di servizio necessaria per consentire al personale che ne ha diritto (in quanto comandato ad effettuare i suddetti turni) di poter beneficiare di tale trattamento. In altre parole, la pausa pranzo (non retribuita) costituisce una conseguenza del diritto al vettovagliamento e non già una sua condizione: proprio perché il personale che effettua turni di sei ore (comprendenti le fasce orarie in cui usualmente si consumano i pasti) ha diritto al vettovagliamento, l’amministrazione di appartenenza deve consentire a tale personale di interrompere il servizio per consumare il pasto presso la mensa.
3.4. Ciò chiarito vanno svolte due ulteriori considerazioni.
3.5. La prima è che il personale beneficiario può rinunciare alla pausa pranzo (che non fa parte dell’orario di lavoro) e, conseguentemente, al servizio di vettovagliamento gratuito approntato dall’amministrazione (e al trattamento sostitutivo), ottenendo in questo modo il vantaggio di limitare il periodo giornaliero di permanenza presso la sede al solo turno di servizio (cfr. Circolare n. 345000 del 28 ottobre 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza).
3.6. La seconda osservazione è che non sempre può essere garantita al militare la possibilità di usufruire del servizio mensa: vuoi perché tale servizio può non essere materialmente istituito, vuoi perché l’amministrazione, al fine di soddisfare il proprio interesse al miglior espletamento dei compiti d’istituto, ha disposto per alcuni dipendenti un’articolazione dell’orario di lavoro che non permette l’effettuazione della pausa pranzo.
3.7. In questi casi tuttavia il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere comunque assicurato. Stabilisce infatti l’art. 2, comma 1, della legge n. 203/89 che qualora sia “…impossibile assicurare (…) il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio (…) il Ministro dell'Interno è autorizzato a provvedere (…) con propri decreti, ai sensi dell'articolo 55 del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, e successive modificazioni (come detto, la norma, riguardante il personale della Polizia di Stato, è applicabile anche al personale della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 3 della stessa legge n.203/89); e fra le modalità alternative di erogazione del servizio di vettovagliamento è prevista quella della fornitura di buoni pasto (cfr. art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 245; TAR Lazio Roma, sez. II, 12 giugno 2009 n. 5604).
3.8. In conclusione, possono essere affermati i seguenti principi: a) il personale che effettua turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 e 20.00/21.00 ha diritto, salvo rinuncia, al trattamento di vettovagliamento gratuito; b) l’amministrazione deve, ove possibile, consentire a detto personale di usufruire del servizio mensa interno appositamente istituito; c) in caso di impossibilità, deve assicurare forme alternative di soddisfacimento del diritto anche mediante l’erogazione di buoni pasto.
3.9. Ciò premesso va osservato che nel caso concreto l’istanza dei ricorrenti, volta ad ottenere la corresponsione dei buoni pasto, è stata respinta in quanto il loro orario di lavoro non è intervallato dalla pausa pranzo.
3.10. Questa argomentazione tuttavia non è di per sé decisiva in quanto, come si è visto, solo la rinuncia della pausa pranzo da parte del dipendente determina il venir meno del suo diritto al vettovagliamento gratuito; se invece è l’amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio che non prevede intervalli, non può poi questa invocare la propria decisione per negare quanto spetta al dipendente stesso.
3.11. Nel caso di specie non risulta che l’Amministrazione abbia articolato l’orario di servizio dei ricorrenti in modo da assicurare la possibilità di effettuazione della pausa pranzo, cui questi abbiano poi successivamente rinunciato; risulta invece che il loro orario di servizio è stato articolato in modo tale da non permettere l’effettuazione della pausa pranzo (ciò è quanto allegato dai ricorrenti senza smentita da parte dell’Amministrazione costituita, e può dunque ritenersi provato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.). Pertanto, agli stessi deve essere garantito il diritto al vettovagliamento gratuito, o tramite l’esercizio convenzionato, ovvero, in caso di impossibilità (in quanto i turni impediscano al personale di recarsi presso tale esercizio nelle ore in cui questo è in attività), attraverso l’erogazione di buoni pasto.
3.12. L’Amministrazione deve essere quindi condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui questi effettuino o abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, e sia stato per essi impossibile fruire dell’esercizio convenzionato. La decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati.
3.13. L’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo. La rivalutazione non è invece dovuta non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
3.14. Per quanto riguarda l’ammontare economico dei buoni pasto, va osservato che la stessa Amministrazione intimata riconosce che tale ammontare corrisponde a sette euro, in aderenza a quanto prospettato dai ricorrenti. Pertanto la condanna deve avere per oggetto buoni pasto aventi tale valore.
La complessità della vicenda induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione intimata alla corresponsione dei buoni pasto e delle ulteriori somme, come indicato in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2012
Re: BUONI PASTO, GdF.
06/05/2014 201401132 Sentenza 2
--------------------------------------------------------------
N. 01132/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00267/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso n. 267 del 2013, proposto da:
- E. B., L. T. e U. B., rappresentati e difesi dagli avv. Vincenzo Parato e Paolo Tondi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Lecce alla via 95° Rgt. Fanteria 19;
contro
- il Comando Generale della Guardia di Finanza - Polizia Tributaria di Brindisi, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce e presso la medesima per legge domiciliato;
- il Ministero dell’Economia e delle Finanze;
per l’accertamento
- del diritto dei ricorrenti a fruire dei buoni pasto per il periodo dall’ottobre 2005 al 31 agosto 2011 e la conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento dell’equivalente economico, con interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
- e per l’annullamento delle note prot. n. 0605516, n. 0605485 e n. 0605475 del 2 dicembre 2010, con cui il Comandante del Nucleo P.T. di Brindisi ha rigettato le istanze a tal fine proposte dai ricorrenti.
Visto il ricorso.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comando Generale della Guardia di Finanza - Polizia Tributaria di Brindisi.
Visti gli atti della causa.
Relatore all’udienza pubblica del 16 gennaio 2014 il Cons. Ettore Manca e uditi gli Avv.ti Parato e Marzo -per la p.a..
Osservato quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A.- Dal ricorso e dagli altri atti della causa emerge che:
- i sig.ri B.., T.. e B.. sono brigadieri in servizio presso il Nucleo Provinciale della Polizia Tributaria di Brindisi;
- in data 7 settembre 2010 essi chiedevano <<il rimborso di tutti i buoni pasto non fruiti per il periodo dal 18 ottobre 2005 [21 per il B.. e 23 per T..] al 31 maggio 2007>> e per il <<periodo dall’1 giugno 2007 al 7 settembre 2010, nonché la concessione dei buoni pasto per il corrente periodo e per il tratto a venire>>.
- con note prot. n. 0605516, n. 0605485 e n. 0605475 del 2 dicembre 2010 il Comandante del Nucleo P.T. di Brindisi rigettava le istanze, in specie facendo riferimento al principio, posto dalla direttiva del Comando Generale - IV Reparto n. 230830 del 16 luglio 2008, secondo cui, per il personale impiegato in servizi interni, <<alla somministrazione del buono pasto deve corrispondere la pausa pranzo della durata di 1 ora>>, laddove invece i ricorrenti, impiegati quali Responsabili di Servizio alla sede, non avevano <<osservato nel periodo di riferimento alcuna pausa pranzo>>.
B.- Veniva dunque proposto il ricorso in esame.
C.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è -con i limiti di cui si scriverà- fondato, per le considerazioni con chiarezza articolate dal T.a.r. Lombardia nella sentenza n. 1572 del 2012, che di seguito si richiamano e si fanno proprie quali parti integranti di questa motivazione: <<1. I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di Finanza e prestano servizio presso la Caserma […], con impiego in servizi interni con turnazione di almeno sei ore e in servizi esterni con turnazione sulle ventiquattro ore.
1.2. Gli stessi, in data […], hanno chiesto di poter beneficiare del trattamento di vitto sotto forma di corresponsione di buoni pasto.
[…]
1.4. L’Amministrazione intimata, con atto del 31 dicembre 2009, ha respinto la richiesta, precisando che, con riguardo ai periodi in cui gli interessati svolgono servizio all’interno della Caserma, i buoni pasto non sono dovuti in quanto i loro turni di servizio non sono intervallati da una pausa pranzo di almeno un’ora; […].
3. In proposito si osserva quanto segue.
3.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989 n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le amministrazioni dalle quali dipendono le forze di polizia debbono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto, specificamente tenuti a permanere sul luogo di servizio o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
3.2. Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell'art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992 (poi sostituito con il testo annesso alla successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301), il quale, al comma primo, lett. a), dispone che ha diritto al trattamento di vitto gratuito, fra l’altro, il personale che svolge turni di servizio di almeno sei ore (a prescindere dall’orario di inizio e termine) comprendente per intero la fascia oraria 14.00/15.00 o 20.00/21.00.
3.3. Come si vede, la norma testé illustrata prevede, quale unica condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le suindicate fasce orarie; nessuna disposizione di tale norma subordina invece il suddetto diritto al fatto che l’orario di servizio sia intervallato dalla pausa pranzo. Il che è del tutto comprensibile: la pausa pranzo non può costituire condizione cui subordinare il diritto al vettovagliamento, costituendo essa piuttosto una modalità dell’articolazione dell’orario di servizio necessaria per consentire al personale che ne ha diritto (in quanto comandato a effettuare i suddetti turni) di poter beneficiare di tale trattamento. In altre parole, la pausa pranzo (non retribuita) costituisce una conseguenza del diritto al vettovagliamento e non già una sua condizione: proprio perché il personale che effettua turni di sei ore (comprendenti le fasce orarie in cui usualmente si consumano i pasti) ha diritto al vettovagliamento, l’amministrazione di appartenenza deve consentire a tale personale di interrompere il servizio per consumare il pasto presso la mensa.
3.4. Ciò chiarito vanno svolte due ulteriori considerazioni.
3.5. La prima è che il personale beneficiario può rinunciare alla pausa pranzo (che non fa parte dell’orario di lavoro) e, conseguentemente, al servizio di vettovagliamento gratuito approntato dall’amministrazione (e al trattamento sostitutivo), ottenendo in questo modo il vantaggio di limitare il periodo giornaliero di permanenza presso la sede al solo turno di servizio (cfr. Circolare n. 345000 del 28 ottobre 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza).
3.6. La seconda osservazione è che non sempre può essere garantita al militare la possibilità di usufruire del servizio mensa: vuoi perché tale servizio può non essere materialmente istituito, vuoi perché l’amministrazione, al fine di soddisfare il proprio interesse al miglior espletamento dei compiti d’istituto, ha disposto per alcuni dipendenti un’articolazione dell’orario di lavoro che non permette l’effettuazione della pausa pranzo.
3.7. In questi casi tuttavia il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere comunque assicurato. Stabilisce infatti l’art. 2, comma 1, della legge n. 203/89 che qualora sia “impossibile assicurare (...) il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio (...) il Ministro dell’Interno è autorizzato a provvedere (...) con propri decreti, ai sensi dell’articolo 55 del regolamento di servizio dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, e successive modificazioni (come detto, la norma, riguardante il personale della Polizia di Stato, è applicabile anche al personale della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 3 della stessa legge n. 203/89); e fra le modalità alternative di erogazione del servizio di vettovagliamento è prevista quella della fornitura di buoni pasto (cfr. art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 245; Ta.r. Lazio Roma, II, 12 giugno 2009 n. 5604).
3.8. In conclusione, possono essere affermati i seguenti principi: a) il personale che effettua turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 e 20.00/21.00 ha diritto, salvo rinuncia, al trattamento di vettovagliamento gratuito; b) l’amministrazione deve, ove possibile, consentire a detto personale di usufruire del servizio mensa interno appositamente istituito; c) in caso di impossibilità, deve assicurare forme alternative di soddisfacimento del diritto anche mediante l’erogazione di buoni pasto.
3.9. Ciò premesso va osservato che nel caso concreto l’istanza dei ricorrenti, volta ad ottenere la corresponsione dei buoni pasto, è stata respinta in quanto il loro orario di lavoro non è intervallato dalla pausa pranzo.
3.10. Questa argomentazione tuttavia non è di per sé decisiva in quanto, come si è visto, solo la rinuncia della pausa pranzo da parte del dipendente determina il venir meno del suo diritto al vettovagliamento gratuito; se invece è l’amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio che non prevede intervalli, non può poi questa invocare la propria decisione per negare quanto spetta al dipendente stesso.
3.11. Nel caso di specie non risulta che l’Amministrazione abbia articolato l’orario di servizio dei ricorrenti in modo da assicurare la possibilità di effettuazione della pausa pranzo, cui questi abbiano poi successivamente rinunciato; risulta invece che il loro orario di servizio è stato articolato in modo tale da non permettere l’effettuazione della pausa pranzo (ciò è quanto allegato dai ricorrenti senza smentita da parte dell’Amministrazione costituita, e può dunque ritenersi provato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.). Pertanto, agli stessi deve essere garantito il diritto al vettovagliamento gratuito, o tramite l’esercizio convenzionato, ovvero, in caso di impossibilità (in quanto i turni impediscano al personale di recarsi presso tale esercizio nelle ore in cui questo è in attività), attraverso l’erogazione di buoni pasto.
3.12. L’Amministrazione deve essere quindi condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui questi effettuino o abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, e sia stato per essi impossibile fruire dell’esercizio convenzionato. La decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati.
3.13. L’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo. La rivalutazione non è invece dovuta non trattandosi di obbligazione di natura retributiva>> (T.a.r. Lombardia Milano, III, 6 giugno 2012, n. 1572).
D.- Sulla base di quanto fin qui esposto il ricorso deve dunque essere accolto, con i limiti appena precisati e che di seguito, sinteticamente, si ribadiscono:
a) l’Amministrazione va condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00;
b) la decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati;
c) il diritto è temporalmente limitato fino al 24 settembre 2010, data dalla quale i ricorrenti erano autorizzati a fruire del vettovagliamento gratuito presso la M.O.S.;
d) l’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo;
e) la rivalutazione non è invece dovuta, non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
E.- La particolarità della fattispecie in esame giustifica la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 267 del 2013 indicato in epigrafe, lo accoglie nei limiti precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2014, con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
--------------------------------------------------------------
N. 01132/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00267/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso n. 267 del 2013, proposto da:
- E. B., L. T. e U. B., rappresentati e difesi dagli avv. Vincenzo Parato e Paolo Tondi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Lecce alla via 95° Rgt. Fanteria 19;
contro
- il Comando Generale della Guardia di Finanza - Polizia Tributaria di Brindisi, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce e presso la medesima per legge domiciliato;
- il Ministero dell’Economia e delle Finanze;
per l’accertamento
- del diritto dei ricorrenti a fruire dei buoni pasto per il periodo dall’ottobre 2005 al 31 agosto 2011 e la conseguente condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento dell’equivalente economico, con interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
- e per l’annullamento delle note prot. n. 0605516, n. 0605485 e n. 0605475 del 2 dicembre 2010, con cui il Comandante del Nucleo P.T. di Brindisi ha rigettato le istanze a tal fine proposte dai ricorrenti.
Visto il ricorso.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comando Generale della Guardia di Finanza - Polizia Tributaria di Brindisi.
Visti gli atti della causa.
Relatore all’udienza pubblica del 16 gennaio 2014 il Cons. Ettore Manca e uditi gli Avv.ti Parato e Marzo -per la p.a..
Osservato quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A.- Dal ricorso e dagli altri atti della causa emerge che:
- i sig.ri B.., T.. e B.. sono brigadieri in servizio presso il Nucleo Provinciale della Polizia Tributaria di Brindisi;
- in data 7 settembre 2010 essi chiedevano <<il rimborso di tutti i buoni pasto non fruiti per il periodo dal 18 ottobre 2005 [21 per il B.. e 23 per T..] al 31 maggio 2007>> e per il <<periodo dall’1 giugno 2007 al 7 settembre 2010, nonché la concessione dei buoni pasto per il corrente periodo e per il tratto a venire>>.
- con note prot. n. 0605516, n. 0605485 e n. 0605475 del 2 dicembre 2010 il Comandante del Nucleo P.T. di Brindisi rigettava le istanze, in specie facendo riferimento al principio, posto dalla direttiva del Comando Generale - IV Reparto n. 230830 del 16 luglio 2008, secondo cui, per il personale impiegato in servizi interni, <<alla somministrazione del buono pasto deve corrispondere la pausa pranzo della durata di 1 ora>>, laddove invece i ricorrenti, impiegati quali Responsabili di Servizio alla sede, non avevano <<osservato nel periodo di riferimento alcuna pausa pranzo>>.
B.- Veniva dunque proposto il ricorso in esame.
C.- Tanto premesso in fatto, rileva il Collegio che il ricorso è -con i limiti di cui si scriverà- fondato, per le considerazioni con chiarezza articolate dal T.a.r. Lombardia nella sentenza n. 1572 del 2012, che di seguito si richiamano e si fanno proprie quali parti integranti di questa motivazione: <<1. I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di Finanza e prestano servizio presso la Caserma […], con impiego in servizi interni con turnazione di almeno sei ore e in servizi esterni con turnazione sulle ventiquattro ore.
1.2. Gli stessi, in data […], hanno chiesto di poter beneficiare del trattamento di vitto sotto forma di corresponsione di buoni pasto.
[…]
1.4. L’Amministrazione intimata, con atto del 31 dicembre 2009, ha respinto la richiesta, precisando che, con riguardo ai periodi in cui gli interessati svolgono servizio all’interno della Caserma, i buoni pasto non sono dovuti in quanto i loro turni di servizio non sono intervallati da una pausa pranzo di almeno un’ora; […].
3. In proposito si osserva quanto segue.
3.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989 n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le amministrazioni dalle quali dipendono le forze di polizia debbono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto, specificamente tenuti a permanere sul luogo di servizio o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
3.2. Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell'art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992 (poi sostituito con il testo annesso alla successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301), il quale, al comma primo, lett. a), dispone che ha diritto al trattamento di vitto gratuito, fra l’altro, il personale che svolge turni di servizio di almeno sei ore (a prescindere dall’orario di inizio e termine) comprendente per intero la fascia oraria 14.00/15.00 o 20.00/21.00.
3.3. Come si vede, la norma testé illustrata prevede, quale unica condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le suindicate fasce orarie; nessuna disposizione di tale norma subordina invece il suddetto diritto al fatto che l’orario di servizio sia intervallato dalla pausa pranzo. Il che è del tutto comprensibile: la pausa pranzo non può costituire condizione cui subordinare il diritto al vettovagliamento, costituendo essa piuttosto una modalità dell’articolazione dell’orario di servizio necessaria per consentire al personale che ne ha diritto (in quanto comandato a effettuare i suddetti turni) di poter beneficiare di tale trattamento. In altre parole, la pausa pranzo (non retribuita) costituisce una conseguenza del diritto al vettovagliamento e non già una sua condizione: proprio perché il personale che effettua turni di sei ore (comprendenti le fasce orarie in cui usualmente si consumano i pasti) ha diritto al vettovagliamento, l’amministrazione di appartenenza deve consentire a tale personale di interrompere il servizio per consumare il pasto presso la mensa.
3.4. Ciò chiarito vanno svolte due ulteriori considerazioni.
3.5. La prima è che il personale beneficiario può rinunciare alla pausa pranzo (che non fa parte dell’orario di lavoro) e, conseguentemente, al servizio di vettovagliamento gratuito approntato dall’amministrazione (e al trattamento sostitutivo), ottenendo in questo modo il vantaggio di limitare il periodo giornaliero di permanenza presso la sede al solo turno di servizio (cfr. Circolare n. 345000 del 28 ottobre 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza).
3.6. La seconda osservazione è che non sempre può essere garantita al militare la possibilità di usufruire del servizio mensa: vuoi perché tale servizio può non essere materialmente istituito, vuoi perché l’amministrazione, al fine di soddisfare il proprio interesse al miglior espletamento dei compiti d’istituto, ha disposto per alcuni dipendenti un’articolazione dell’orario di lavoro che non permette l’effettuazione della pausa pranzo.
3.7. In questi casi tuttavia il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere comunque assicurato. Stabilisce infatti l’art. 2, comma 1, della legge n. 203/89 che qualora sia “impossibile assicurare (...) il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio (...) il Ministro dell’Interno è autorizzato a provvedere (...) con propri decreti, ai sensi dell’articolo 55 del regolamento di servizio dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, e successive modificazioni (come detto, la norma, riguardante il personale della Polizia di Stato, è applicabile anche al personale della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 3 della stessa legge n. 203/89); e fra le modalità alternative di erogazione del servizio di vettovagliamento è prevista quella della fornitura di buoni pasto (cfr. art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 245; Ta.r. Lazio Roma, II, 12 giugno 2009 n. 5604).
3.8. In conclusione, possono essere affermati i seguenti principi: a) il personale che effettua turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 e 20.00/21.00 ha diritto, salvo rinuncia, al trattamento di vettovagliamento gratuito; b) l’amministrazione deve, ove possibile, consentire a detto personale di usufruire del servizio mensa interno appositamente istituito; c) in caso di impossibilità, deve assicurare forme alternative di soddisfacimento del diritto anche mediante l’erogazione di buoni pasto.
3.9. Ciò premesso va osservato che nel caso concreto l’istanza dei ricorrenti, volta ad ottenere la corresponsione dei buoni pasto, è stata respinta in quanto il loro orario di lavoro non è intervallato dalla pausa pranzo.
3.10. Questa argomentazione tuttavia non è di per sé decisiva in quanto, come si è visto, solo la rinuncia della pausa pranzo da parte del dipendente determina il venir meno del suo diritto al vettovagliamento gratuito; se invece è l’amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio che non prevede intervalli, non può poi questa invocare la propria decisione per negare quanto spetta al dipendente stesso.
3.11. Nel caso di specie non risulta che l’Amministrazione abbia articolato l’orario di servizio dei ricorrenti in modo da assicurare la possibilità di effettuazione della pausa pranzo, cui questi abbiano poi successivamente rinunciato; risulta invece che il loro orario di servizio è stato articolato in modo tale da non permettere l’effettuazione della pausa pranzo (ciò è quanto allegato dai ricorrenti senza smentita da parte dell’Amministrazione costituita, e può dunque ritenersi provato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.). Pertanto, agli stessi deve essere garantito il diritto al vettovagliamento gratuito, o tramite l’esercizio convenzionato, ovvero, in caso di impossibilità (in quanto i turni impediscano al personale di recarsi presso tale esercizio nelle ore in cui questo è in attività), attraverso l’erogazione di buoni pasto.
3.12. L’Amministrazione deve essere quindi condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui questi effettuino o abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, e sia stato per essi impossibile fruire dell’esercizio convenzionato. La decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati.
3.13. L’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo. La rivalutazione non è invece dovuta non trattandosi di obbligazione di natura retributiva>> (T.a.r. Lombardia Milano, III, 6 giugno 2012, n. 1572).
D.- Sulla base di quanto fin qui esposto il ricorso deve dunque essere accolto, con i limiti appena precisati e che di seguito, sinteticamente, si ribadiscono:
a) l’Amministrazione va condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00;
b) la decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati;
c) il diritto è temporalmente limitato fino al 24 settembre 2010, data dalla quale i ricorrenti erano autorizzati a fruire del vettovagliamento gratuito presso la M.O.S.;
d) l’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo;
e) la rivalutazione non è invece dovuta, non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
E.- La particolarità della fattispecie in esame giustifica la compensazione fra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Seconda di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 267 del 2013 indicato in epigrafe, lo accoglie nei limiti precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2014, con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere, Estensore
Paolo Marotta, Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
Re: BUONI PASTO, GdF.
Per la partecipazione agli interessati nel caso che non fanno più servizio in quella zona o che siano andati in congedo/pensione.
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1) - corresponsione degli importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti
2) - nonché per la liquidazione dei predetti importi e dell’indennità di conforto (colazione obbligatoria) così come disciplinata dai Decreti Ministeriali del 25 marzo 2002 e dell’11 luglio 2008.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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10/10/2014 201400828 Sentenza 1
N. 00828/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00146/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 146 del 2009, proposto da:
Massimiliano Bacelli, Fabrizio Bellabarba, Maurizio Buglione, Carlo Campanella, Giorgio Cannas, Rosario Cirulli, Pierino Cosi, Vito Di Benedetto, Fabio Moretti, Vincenzo Nanula, Augusto Pace, Giuseppe Piscitelli, Gabriele Polenta, Giancarlo Romualdi, Christian Russi, Mario Velotti, Alberto Villani, Albano Angelucci, Stefano Chiucchi, Carmelo Lombardo, Cesare Cofani, Domenico Fanucci, Antonio Paradisi, Mauro Pierini, Fabio Alesi, Roberto Ciotti, Mario Ciprietti, Vito Coppolecchia, Emanuele Corradetti, Piero Lelli, Luigi Debellis, Cesarino Desideri, Franco Fortuna, Bruno Moretti, Carlo Orlandi, Attilio Pantoni, Giovanni Leonardo Manco, Antonio Pascarella, Cosimo Potenza, Giampiero Principini, Alessandro Stanzione, Antonio Terracone, Albenzio Zavarelli, Fabio Ariani, Domenico Caroppi, Marco D'Alberto, Alessandro Ferramosca, Lorenzo Giancano, Michele Gramazio, Raffaele Gramazio, Salvatore Maffei, Vincenzo Notarnicola, Raffaele Vairo, Sauro Bracalente, Maurizio Cucci, Sandro De Lollis, Davide Di Renzo, Angelo Raffaele Laperchia, Michele Lupoli, Silvestro Martiradonna, Antonello Mattei, Angelo Mazzarelli, Graziano Napoleoni, Michele Palmieri, Massimo Antonio Persano, Nicola Rizzi, Francesco Visotti, Felice Allocca, Alessandro Dattilo, Giovanni De Benedetto, Giuseppe Dotoli, Giulio Galloppi, Giovanni Mazzamurro, Claudio Pascarella, Roberto Piergiovanni, Antonio Saponaro, Maurizio Bosi, Antonio Buonavista, Massimo Cingolani, Vito De Matteis, Carlo Fabri, Giuseppe Finelli, Domenico Rossano, Vitantonio Terrafina, Cosimo Zaccaria, Massimo Pompili, Simone Zanzani, Carlo Gaetano Di Carlo, Diego Grossi, Domenico Saccone, Pasquale Gentile e Vincenzo Pascarella, rappresentati e difesi dall'avv. Michela Romagnoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Giani in Ancona, via S. Martino, 23;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
per l'accertamento
previa disapplicazione dell’art. 11, comma 1, della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 22 dicembre 1992, prot. n. 375000,
- del diritto dei ricorrenti alla corresponsione degli importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti a decorrere dal 13 ottobre 2003 fino all’11 aprile 2008, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;
- nonché per la liquidazione dei predetti importi e dell’indennità di conforto (colazione obbligatoria) così come disciplinata dai Decreti Ministeriali del 25 marzo 2002 e dell’11 luglio 2008 e per la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento, nei confronti dei ricorrenti, delle somme corrispondenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comando Regionale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2014 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti, tutti appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, rivendicano il proprio diritto alla corresponsione degli importi sostitutivi dei pasti ordinari per il periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008, asserendo di non aver potuto usufruire del servizio mensa, ove predisposto, né degli esercizi di ristorazione convenzionati, per l’impossibilità di allontanarsi dal posto di lavoro a causa dei turni di servizio continuativi da osservare; essi sostengono, inoltre, di non aver neppure beneficiato del buono pasto sostitutivo di cui all’art. 61 del DPR n. 254/1999, stante il disposto dell’art. 11 della circolare n. 375000 del 22/12/1992, secondo cui il trattamento di vitto spettava al personale i cui turni di servizio iniziavano almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa e terminavano almeno un’ora dopo.
Rivendicano, altresì, il proprio diritto al pagamento degli importi dovuti a titolo di indennità per i generi di conforto (colazione obbligatoria) così come previsti e disciplinati dai decreti ministeriali 25/3/2002 e 11/7/2008, con decorrenza dal 13 ottobre 2003 e sino all’effettivo soddisfo.
A sostegno del ricorso deducono, in sintesi, l’illegittimità della predetta circolare per violazione delle disposizioni vigenti in materia di vettovagliamento, eccesso di potere e disparità di trattamento rispetto alle altre forze di polizia, e ne chiedono, pertanto, la disapplicazione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2014, la causa, sulle conclusioni delle parti, è stata trattenuta in decisione.
II. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato solo in parte, tenuto conto delle precisazioni che seguono.
II.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989, n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le Amministrazioni devono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto tenuti a permanere sul luogo di lavoro o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell’art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992, che prevede, quale condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’aver iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa (12/14 o 18/20) e averlo terminato almeno un’ora dopo.
Il testo della suindicata circolare è stato poi sostituito con quello della successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301, che ha invece previsto, quale unica condizione per beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti determinate fasce orarie espressamente indicate.
Tuttavia, poiché non sempre può essere garantita al militare la fruizione del servizio mensa, o per l’impossibilità concreta di istituirlo oppure perché l’orario e la tipologia del servizio non consentono di effettuare la pausa pranzo, il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere alternativamente assicurato o mediante la stipula di apposite convenzioni con esercizi privati, oppure mediante la corresponsione di buoni pasto (art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 e art. 61, comma 2, del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 245).
II.2. Ciò posto in termini generali, nel caso di specie l’Amministrazione, nel costituirsi in giudizio, ha precisato che, in ossequio alle disposizioni vigenti in materia di vettovagliamento, per i reparti dislocati rispetto alla sede di Ancona – dove è stata istituita la mensa di servizio – si è provveduto ad organizzare apposite convenzioni con privati per l’impossibilità di organizzare il servizio mensa interno.
La stessa ha altresì precisato che il diritto al trattamento di vitto a carico dell’Amministrazione, sia sotto forma di convenzioni presso gli esercizi privati, sia, alternativamente, sotto forma di erogazione dei buoni pasto, sussisterebbe solo nei confronti dei militari aventi diritto al pasto perché nelle condizioni indicate dall’art. 11 della circolare n. 375000/1992; difettando tali condizioni, anche se i militari si trovassero nella ulteriore condizione di essere impossibilitati ad allontanarsi dal luogo di servizio per consumare il pasto presso il proprio domicilio o di essere comunque tenuti a permanervi, essi non avrebbero ugualmente diritto al trattamento di vitto.
Conseguentemente, facendo applicazione di tale disciplina, per i turni di servizio non rispondenti ai requisiti di cui all’art. 11 della citata circolare, l’Amministrazione non ha provveduto all’erogazione dei buoni pasto; invece, per i turni rispondenti ai predetti requisiti, la mancata fruizione del trattamento di vitto, anche sotto forma di erogazione del buono pasto, sarebbe dipesa da una scelta dei militari che non ne avrebbero fatto espressa domanda.
II.3. Osserva il Collegio che le doglianze dei ricorrenti sollevate avverso l’art. 11 della circolare n. 375000/1992 sono fondate nei termini appresso indicati.
La predetta disposizione, nella parte in cui limita il trattamento di vitto gratuito al solo personale che abbia iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale della mensa e lo abbia terminato almeno un’ora dopo (comma 1, lettera a), contiene una restrizione non contemplata dalla normativa primaria, che rende la disciplina del vettovagliamento prevista per il personale della Guardia di Finanza difforme da quella in vigore per le altre Forze di Polizia; ciò determina una evidente disparità di trattamento, in contrasto con la ratio sottesa all’art. 3 della legge n. 203/1989, che, al fine di uniformare il trattamento di vitto gratuito tra tutte le forze di polizia, estende l’ambito di applicazione degli articoli 1 e 2 della medesima legge anche al personale dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza e delle altre forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
Di tanto si è avveduto lo stesso Comando Generale della Guardia di Finanza che, con nota n. 267332/109 del 5 agosto 2003, nel condividere le proposte del COCER contenute nella delibera n. 5/38/9° del 19 marzo 2003, si è impegnato ad effettuare un “allineamento del requisito temporale che dà diritto al trattamento di vitto gratuito a quello in vigore nelle altre amministrazioni del comparto”; tale impegno è stato successivamente recepito nella circolare del 12 aprile 2008, che ha eliminato siffatta restrizione al fine di conformare la disciplina del trattamento di vitto per tutte le Forze di Polizia.
La limitazione contenuta nell’art. 11, comma 1, lettera a) della circolare n. 375000/1992, peraltro, si presta ad applicazioni che rischiano di rivelarsi addirittura elusive della normativa primaria, come quando è la stessa Amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio tale da non consentire il verificarsi delle condizioni per fruire del trattamento di vitto.
II.4. Neppure può ritenersi che il riconoscimento del diritto del militare al trattamento di vettovagliamento possa essere subordinato ad una espressa richiesta del medesimo di volerne beneficiare, atteso che esso spetta a tutti coloro che si trovano nelle particolari condizioni di impiego ed ambientali indicate all’art. 1 della legge n. 203/1989.
II.5. Concludendo sul punto, occorre fissare i seguenti principi:
- l’Amministrazione è tenuta a garantire il servizio di vettovagliamento gratuito, mediante l’istituzione di mense obbligatorie di servizio, al personale impiegato in servizi di istituto tenuto a permanere sul luogo di lavoro o che non possa allontanarsene per il tempo necessario alla consumazione del pasto presso il proprio domicilio;
- ove non sia possibile l’istituzione delle mense obbligatorie, l’Amministrazione può sopperire mediante la stipula di convenzioni con soggetti privati;
- se il personale è impegnato in turni di servizio che determinano, per particolari situazioni di impiego ed ambientali, l’oggettiva impossibilità di allontanarsi anche solo per il tempo necessario alla consumazione del pasto, è prevista, al fine di garantire il diritto al vettovagliamento gratuito, la corresponsione del buono pasto sostitutivo.
Applicando i predetti principi al caso in esame, previa disapplicazione dell’art. 11, comma 1, lettera a) della circolare n. 375000/2002 - che si rivela, a tal fine, ostativo - va affermato il diritto dei ricorrenti ad ottenere i buoni pasto non goduti nel periodo richiesto, solo se abbiano svolto servizi continuativi interni ed esterni il cui turno di servizio sia ricaduto interamente nella fascia oraria convenzionalmente dedicata al pasto, a prescindere dall’orario di inizio e termine del servizio medesimo, o che siano stati accasermati in base a quanto stabilito dall’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima circolare, anche se non ne abbiano fatto espressa richiesta.
Conseguentemente, l’Amministrazione va condannata al pagamento, in favore di ciascun avente diritto, dell’importo pari al valore dei buoni pasto non corrisposti nel periodo dal 13.10.2003 all’11.4.2008, oltre interessi legali dalla data dell’atto di messa in mora ricevuto dall’Amministrazione in data 13 ottobre 2008 e sino all’effettivo soddisfo. La rivalutazione non è dovuta, non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
Quanto al valore economico di ciascun buono pasto esso è determinato nella misura di € 4,65, così come stabilito dall’art. 61 del DPR n. 254/1999.
III. Va invece disattesa la richiesta dei ricorrenti di ottenere il controvalore in denaro dei generi di conforto non somministrati durante il servizio.
III.1. La disciplina dei generi di conforto spettanti al personale della Guardia di Finanza è contenuta nel D.M. 25/3/2002, recante “Istituzione del nuovo servizio di vettovagliamento per il personale del Corpo della Guardia di finanza” e nel successivo D.M. 11/7/2008, che sostanzialmente recepisce le disposizioni precedenti, sebbene aggiornando gli importi previsti dal D.M. del 2002 e introducendo la possibilità di corrispondere all’interessato il controvalore in denaro dei generi di conforto spettanti ovvero l’erogazione di buoni acquisto di importo equivalente da utilizzare presso strutture convenzionate ove non fosse possibile l’elargizione in natura.
Trattasi, in sostanza, di una ulteriore forma di vettovagliamento che va ad aggiungersi a quella ordinaria, spettante solo a coloro che effettuano servizi di ordine pubblico, servizi notturni, di guardia, di vigilanza e esercitazioni, nonché ai militari donatori di sangue e ai piloti, allievi piloti e operatori impiegati in servizi operativi.
III.2. Ciò premesso, la pretesa dei ricorrenti non può sicuramente essere accolta per il periodo disciplinato dal D.M. 25/3/2002 (dal 13 ottobre 2003 all’11 luglio 2008), atteso che in tale periodo i generi di conforto potevano essere elargiti al personale che ne avesse diritto esclusivamente in natura, nelle quantità e qualità di cui alla tabella riportata nel D.M. medesimo.
Per il restante periodo, la disciplina applicabile è quella di cui al D.M. 11/7/2008; quest’ultimo, nel prevedere soluzioni diverse rispetto alla somministrazione in natura dei generi di conforto ove questa risultasse difficoltosa, da un lato sottolinea che detta somministrazione in natura rappresenta la regola, dall’altro non sancisce l’obbligatorietà di formule alternative, atteso che la corresponsione del controvalore in contante ovvero l’elargizione di buoni acquisto di importo equivalente da utilizzare presso strutture convenzionate vengono contemplate come mera possibilità per l’Amministrazione.
IV. In conclusione, il ricorso va accolto in parte, nei limiti innanzi precisati.
IV.1. La complessità delle questioni induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei limiti precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Giovanni Ruiu, Consigliere
Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2014
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1) - corresponsione degli importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti
2) - nonché per la liquidazione dei predetti importi e dell’indennità di conforto (colazione obbligatoria) così come disciplinata dai Decreti Ministeriali del 25 marzo 2002 e dell’11 luglio 2008.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
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10/10/2014 201400828 Sentenza 1
N. 00828/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00146/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 146 del 2009, proposto da:
Massimiliano Bacelli, Fabrizio Bellabarba, Maurizio Buglione, Carlo Campanella, Giorgio Cannas, Rosario Cirulli, Pierino Cosi, Vito Di Benedetto, Fabio Moretti, Vincenzo Nanula, Augusto Pace, Giuseppe Piscitelli, Gabriele Polenta, Giancarlo Romualdi, Christian Russi, Mario Velotti, Alberto Villani, Albano Angelucci, Stefano Chiucchi, Carmelo Lombardo, Cesare Cofani, Domenico Fanucci, Antonio Paradisi, Mauro Pierini, Fabio Alesi, Roberto Ciotti, Mario Ciprietti, Vito Coppolecchia, Emanuele Corradetti, Piero Lelli, Luigi Debellis, Cesarino Desideri, Franco Fortuna, Bruno Moretti, Carlo Orlandi, Attilio Pantoni, Giovanni Leonardo Manco, Antonio Pascarella, Cosimo Potenza, Giampiero Principini, Alessandro Stanzione, Antonio Terracone, Albenzio Zavarelli, Fabio Ariani, Domenico Caroppi, Marco D'Alberto, Alessandro Ferramosca, Lorenzo Giancano, Michele Gramazio, Raffaele Gramazio, Salvatore Maffei, Vincenzo Notarnicola, Raffaele Vairo, Sauro Bracalente, Maurizio Cucci, Sandro De Lollis, Davide Di Renzo, Angelo Raffaele Laperchia, Michele Lupoli, Silvestro Martiradonna, Antonello Mattei, Angelo Mazzarelli, Graziano Napoleoni, Michele Palmieri, Massimo Antonio Persano, Nicola Rizzi, Francesco Visotti, Felice Allocca, Alessandro Dattilo, Giovanni De Benedetto, Giuseppe Dotoli, Giulio Galloppi, Giovanni Mazzamurro, Claudio Pascarella, Roberto Piergiovanni, Antonio Saponaro, Maurizio Bosi, Antonio Buonavista, Massimo Cingolani, Vito De Matteis, Carlo Fabri, Giuseppe Finelli, Domenico Rossano, Vitantonio Terrafina, Cosimo Zaccaria, Massimo Pompili, Simone Zanzani, Carlo Gaetano Di Carlo, Diego Grossi, Domenico Saccone, Pasquale Gentile e Vincenzo Pascarella, rappresentati e difesi dall'avv. Michela Romagnoli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Barbara Giani in Ancona, via S. Martino, 23;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Regionale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29;
per l'accertamento
previa disapplicazione dell’art. 11, comma 1, della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 22 dicembre 1992, prot. n. 375000,
- del diritto dei ricorrenti alla corresponsione degli importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti a decorrere dal 13 ottobre 2003 fino all’11 aprile 2008, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo;
- nonché per la liquidazione dei predetti importi e dell’indennità di conforto (colazione obbligatoria) così come disciplinata dai Decreti Ministeriali del 25 marzo 2002 e dell’11 luglio 2008 e per la condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento, nei confronti dei ricorrenti, delle somme corrispondenti;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comando Regionale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2014 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti, tutti appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, rivendicano il proprio diritto alla corresponsione degli importi sostitutivi dei pasti ordinari per il periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008, asserendo di non aver potuto usufruire del servizio mensa, ove predisposto, né degli esercizi di ristorazione convenzionati, per l’impossibilità di allontanarsi dal posto di lavoro a causa dei turni di servizio continuativi da osservare; essi sostengono, inoltre, di non aver neppure beneficiato del buono pasto sostitutivo di cui all’art. 61 del DPR n. 254/1999, stante il disposto dell’art. 11 della circolare n. 375000 del 22/12/1992, secondo cui il trattamento di vitto spettava al personale i cui turni di servizio iniziavano almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa e terminavano almeno un’ora dopo.
Rivendicano, altresì, il proprio diritto al pagamento degli importi dovuti a titolo di indennità per i generi di conforto (colazione obbligatoria) così come previsti e disciplinati dai decreti ministeriali 25/3/2002 e 11/7/2008, con decorrenza dal 13 ottobre 2003 e sino all’effettivo soddisfo.
A sostegno del ricorso deducono, in sintesi, l’illegittimità della predetta circolare per violazione delle disposizioni vigenti in materia di vettovagliamento, eccesso di potere e disparità di trattamento rispetto alle altre forze di polizia, e ne chiedono, pertanto, la disapplicazione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata per resistere al ricorso.
Alla pubblica udienza del 19 giugno 2014, la causa, sulle conclusioni delle parti, è stata trattenuta in decisione.
II. Osserva il Collegio che il ricorso è fondato solo in parte, tenuto conto delle precisazioni che seguono.
II.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989, n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le Amministrazioni devono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto tenuti a permanere sul luogo di lavoro o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell’art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992, che prevede, quale condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’aver iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa (12/14 o 18/20) e averlo terminato almeno un’ora dopo.
Il testo della suindicata circolare è stato poi sostituito con quello della successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301, che ha invece previsto, quale unica condizione per beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti determinate fasce orarie espressamente indicate.
Tuttavia, poiché non sempre può essere garantita al militare la fruizione del servizio mensa, o per l’impossibilità concreta di istituirlo oppure perché l’orario e la tipologia del servizio non consentono di effettuare la pausa pranzo, il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere alternativamente assicurato o mediante la stipula di apposite convenzioni con esercizi privati, oppure mediante la corresponsione di buoni pasto (art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989 e art. 61, comma 2, del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 245).
II.2. Ciò posto in termini generali, nel caso di specie l’Amministrazione, nel costituirsi in giudizio, ha precisato che, in ossequio alle disposizioni vigenti in materia di vettovagliamento, per i reparti dislocati rispetto alla sede di Ancona – dove è stata istituita la mensa di servizio – si è provveduto ad organizzare apposite convenzioni con privati per l’impossibilità di organizzare il servizio mensa interno.
La stessa ha altresì precisato che il diritto al trattamento di vitto a carico dell’Amministrazione, sia sotto forma di convenzioni presso gli esercizi privati, sia, alternativamente, sotto forma di erogazione dei buoni pasto, sussisterebbe solo nei confronti dei militari aventi diritto al pasto perché nelle condizioni indicate dall’art. 11 della circolare n. 375000/1992; difettando tali condizioni, anche se i militari si trovassero nella ulteriore condizione di essere impossibilitati ad allontanarsi dal luogo di servizio per consumare il pasto presso il proprio domicilio o di essere comunque tenuti a permanervi, essi non avrebbero ugualmente diritto al trattamento di vitto.
Conseguentemente, facendo applicazione di tale disciplina, per i turni di servizio non rispondenti ai requisiti di cui all’art. 11 della citata circolare, l’Amministrazione non ha provveduto all’erogazione dei buoni pasto; invece, per i turni rispondenti ai predetti requisiti, la mancata fruizione del trattamento di vitto, anche sotto forma di erogazione del buono pasto, sarebbe dipesa da una scelta dei militari che non ne avrebbero fatto espressa domanda.
II.3. Osserva il Collegio che le doglianze dei ricorrenti sollevate avverso l’art. 11 della circolare n. 375000/1992 sono fondate nei termini appresso indicati.
La predetta disposizione, nella parte in cui limita il trattamento di vitto gratuito al solo personale che abbia iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale della mensa e lo abbia terminato almeno un’ora dopo (comma 1, lettera a), contiene una restrizione non contemplata dalla normativa primaria, che rende la disciplina del vettovagliamento prevista per il personale della Guardia di Finanza difforme da quella in vigore per le altre Forze di Polizia; ciò determina una evidente disparità di trattamento, in contrasto con la ratio sottesa all’art. 3 della legge n. 203/1989, che, al fine di uniformare il trattamento di vitto gratuito tra tutte le forze di polizia, estende l’ambito di applicazione degli articoli 1 e 2 della medesima legge anche al personale dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza e delle altre forze di polizia di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
Di tanto si è avveduto lo stesso Comando Generale della Guardia di Finanza che, con nota n. 267332/109 del 5 agosto 2003, nel condividere le proposte del COCER contenute nella delibera n. 5/38/9° del 19 marzo 2003, si è impegnato ad effettuare un “allineamento del requisito temporale che dà diritto al trattamento di vitto gratuito a quello in vigore nelle altre amministrazioni del comparto”; tale impegno è stato successivamente recepito nella circolare del 12 aprile 2008, che ha eliminato siffatta restrizione al fine di conformare la disciplina del trattamento di vitto per tutte le Forze di Polizia.
La limitazione contenuta nell’art. 11, comma 1, lettera a) della circolare n. 375000/1992, peraltro, si presta ad applicazioni che rischiano di rivelarsi addirittura elusive della normativa primaria, come quando è la stessa Amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio tale da non consentire il verificarsi delle condizioni per fruire del trattamento di vitto.
II.4. Neppure può ritenersi che il riconoscimento del diritto del militare al trattamento di vettovagliamento possa essere subordinato ad una espressa richiesta del medesimo di volerne beneficiare, atteso che esso spetta a tutti coloro che si trovano nelle particolari condizioni di impiego ed ambientali indicate all’art. 1 della legge n. 203/1989.
II.5. Concludendo sul punto, occorre fissare i seguenti principi:
- l’Amministrazione è tenuta a garantire il servizio di vettovagliamento gratuito, mediante l’istituzione di mense obbligatorie di servizio, al personale impiegato in servizi di istituto tenuto a permanere sul luogo di lavoro o che non possa allontanarsene per il tempo necessario alla consumazione del pasto presso il proprio domicilio;
- ove non sia possibile l’istituzione delle mense obbligatorie, l’Amministrazione può sopperire mediante la stipula di convenzioni con soggetti privati;
- se il personale è impegnato in turni di servizio che determinano, per particolari situazioni di impiego ed ambientali, l’oggettiva impossibilità di allontanarsi anche solo per il tempo necessario alla consumazione del pasto, è prevista, al fine di garantire il diritto al vettovagliamento gratuito, la corresponsione del buono pasto sostitutivo.
Applicando i predetti principi al caso in esame, previa disapplicazione dell’art. 11, comma 1, lettera a) della circolare n. 375000/2002 - che si rivela, a tal fine, ostativo - va affermato il diritto dei ricorrenti ad ottenere i buoni pasto non goduti nel periodo richiesto, solo se abbiano svolto servizi continuativi interni ed esterni il cui turno di servizio sia ricaduto interamente nella fascia oraria convenzionalmente dedicata al pasto, a prescindere dall’orario di inizio e termine del servizio medesimo, o che siano stati accasermati in base a quanto stabilito dall’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima circolare, anche se non ne abbiano fatto espressa richiesta.
Conseguentemente, l’Amministrazione va condannata al pagamento, in favore di ciascun avente diritto, dell’importo pari al valore dei buoni pasto non corrisposti nel periodo dal 13.10.2003 all’11.4.2008, oltre interessi legali dalla data dell’atto di messa in mora ricevuto dall’Amministrazione in data 13 ottobre 2008 e sino all’effettivo soddisfo. La rivalutazione non è dovuta, non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
Quanto al valore economico di ciascun buono pasto esso è determinato nella misura di € 4,65, così come stabilito dall’art. 61 del DPR n. 254/1999.
III. Va invece disattesa la richiesta dei ricorrenti di ottenere il controvalore in denaro dei generi di conforto non somministrati durante il servizio.
III.1. La disciplina dei generi di conforto spettanti al personale della Guardia di Finanza è contenuta nel D.M. 25/3/2002, recante “Istituzione del nuovo servizio di vettovagliamento per il personale del Corpo della Guardia di finanza” e nel successivo D.M. 11/7/2008, che sostanzialmente recepisce le disposizioni precedenti, sebbene aggiornando gli importi previsti dal D.M. del 2002 e introducendo la possibilità di corrispondere all’interessato il controvalore in denaro dei generi di conforto spettanti ovvero l’erogazione di buoni acquisto di importo equivalente da utilizzare presso strutture convenzionate ove non fosse possibile l’elargizione in natura.
Trattasi, in sostanza, di una ulteriore forma di vettovagliamento che va ad aggiungersi a quella ordinaria, spettante solo a coloro che effettuano servizi di ordine pubblico, servizi notturni, di guardia, di vigilanza e esercitazioni, nonché ai militari donatori di sangue e ai piloti, allievi piloti e operatori impiegati in servizi operativi.
III.2. Ciò premesso, la pretesa dei ricorrenti non può sicuramente essere accolta per il periodo disciplinato dal D.M. 25/3/2002 (dal 13 ottobre 2003 all’11 luglio 2008), atteso che in tale periodo i generi di conforto potevano essere elargiti al personale che ne avesse diritto esclusivamente in natura, nelle quantità e qualità di cui alla tabella riportata nel D.M. medesimo.
Per il restante periodo, la disciplina applicabile è quella di cui al D.M. 11/7/2008; quest’ultimo, nel prevedere soluzioni diverse rispetto alla somministrazione in natura dei generi di conforto ove questa risultasse difficoltosa, da un lato sottolinea che detta somministrazione in natura rappresenta la regola, dall’altro non sancisce l’obbligatorietà di formule alternative, atteso che la corresponsione del controvalore in contante ovvero l’elargizione di buoni acquisto di importo equivalente da utilizzare presso strutture convenzionate vengono contemplate come mera possibilità per l’Amministrazione.
IV. In conclusione, il ricorso va accolto in parte, nei limiti innanzi precisati.
IV.1. La complessità delle questioni induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei limiti precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Giovanni Ruiu, Consigliere
Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/10/2014
Re: BUONI PASTO, GdF.
Bene, il CdS rigetta l'Appello dell'Amministrazione confermando la sentenza del Tar Marche n. 828/2014 da me qui postata.
Buona lettura
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accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione di importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti nel periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008.
Il CdS precisa:
1) - Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato e risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d’ufficio dal giudice amministrativo ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario (cfr., ex plurimis e solo fra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2013, nr. 2916; id., sez. VI, 13 settembre 2012, nr. 4859).
2) - In punto di fatto, l’attività lavorativa di cui si discute svolta dagli odierni appellati era costituita da turni di servizio, che per il personale militare – come evidenziato dalla difesa degli odierni appellati, non smentita ex adverso sul punto – comporta l’impossibilità di allontanamento dal posto di lavoro, non contemplando né “pausa pranzo”, né alcuna possibilità di recupero del tempo impiegato per raggiungere gli esercizi convenzionati o le mense esterne all’ufficio di appartenenza; il che offre una ragionevole risposta al quesito sollevato dall’Amministrazione circa il perché gli istanti non si siano avvalsi di tali opportunità.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600030
- Public 2016-01-08 –
N. 00030/2016REG.PROV.COLL.
N. 03469/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 3469 del 2015, proposto dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, e dal COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
i signori Massimiliano BACELLI, Fabrizio BELLABARBA, Maurizio BUGLIONE, Carlo CAMPANELLA, Giorgio CANNAS, Rosario CIRULLI, Pierino COSI, Vito DI BENEDETTO, Fabio MORETTI, Vincenzo NANULA, Augusto PACE, Giuseppe PISCITELLI, Gabriele POLENTA, Giancarlo ROMUALDI, Christian RUSSI, Mario VELOTTI, Alberto VILLANI, Albano ANGELUCCI, Stefano CHIUCCHI, Carmelo LOMBARDO, Cesare COFANI, Domenico FANUCCI, Antonio PARADISI, Mauro PIERINI, Fabio ALESI, Roberto CIOTTI, Mario CIPRIETTI, Vito COPPOLECCHIA, Emanuele CORRADETTI, Piero LELLI, Luigi DEBELLIS, Cesarino DESIDERI, Franco FORTUNA, Bruno MORETTI, Carlo ORLANDI, Attilio PANTONI, Giovanni Leonardo MANCO, Antonio PASCARELLA, Cosimo POTENZA, Giampiero PRINCIPINI, Alessandro STANZIONE, Antonio TERRACONE, Albenzio ZAVARELLI, Fabio ARIANI, Domenico CAROPPI, Marco D’ALBERTO, Alessandro FERRAMOSCA, Lorenzo GIANCANO, Michele GRAMAZIO, Raffaele GRAMAZIO, Salvatore MAFFEI, Vincenzo NOTARNICOLA, Raffaele VAIRO, Sauro BRACALENTE, Maurizio CUCCI, Sandro DE LOLLIS, Davide DI RENZO, Angelo Raffaele LAPERCHIA, Michele LUPOLI, Silvestro MARTIRADONNA, Antonello MATTEI, Angelo MAZZARELLI, Graziano NAPOLEONI, Michele PALMIERI, Massimo Antonio PERSANO, Nicola RIZZI, Francesco VISOTTI, Felice ALLOCCA, Alessandro DATTILO, Giovanni DE BENEDETTO, Giuseppe DOTOLI, Giulio GALLOPPI, Giovanni MAZZAMURRO, Claudio PASCARELLA, Roberto PIERGIOVANNI, Antonio SAPONARO, Maurizio BOSI, Antonio BUONAVISTA, Massimo CINGOLANI, Vito DE MATTEIS, Carlo FABRI, Giuseppe FINELLI, Domenico ROSSANO, Vitantonio TERRAFINA, Cosimo ZACCARIA, Massimo POMPILI, Simone ZANZANI, Carlo Gaetano DI CARLO, Diego GROSSI, Domenico SACCONE, Pasquale GENTILE e Vincenzo PASCARELLA, rappresentati e difesi dall’avv. Michela Romagnoli, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Nebuloso in Roma, via E.Q. Visconti, 103,
avverso e per la riforma,
previa sospensione,
della sentenza nr. 828/14 del 19 giugno/10 ottobre 2014, emessa dal T.A.R. delle Marche, con cui è stato accolto il ricorso (nr. 149/09) per l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione di importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti nel periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati in epigrafe indicati;
Vista la memoria prodotta dagli appellati in data 15 settembre 2015 a sostegno delle proprie difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 2481 del 5 giugno 2015, con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. dello Stato De Nuntis per l’Amministrazione e l’avv. Luisa Gobbi, su delega dell’avv. Romagnoli, per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza hanno appellato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, accogliendo in parte il ricorso proposto da un gruppo di militari appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza (meglio in epigrafe indicati), ne ha accertato il diritto alla fruizione di buoni pasto in relazione ai periodi di servizio continuativo svolti nella fascia oraria di riferimento, ed ha conseguentemente condannato l’Amministrazione al pagamento del relativo controvalore.
A sostegno dell’appello, l’Amministrazione ha dedotto con unico articolato motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, e 3 della legge 18 maggio 1989, nr. 203, e dell’art. 67 del d.P.R. 16 marzo 1999, nr. 254, nonché della Circolare 375000 del 22 febbraio 1992 e s.m.i.; erronea valutazione degli atti di causa; inammissibilità/irricevibilità del ricorso introduttivo (genericità, tardività); violazione dei poteri del giudice amministrativo.
In sintesi, secondo l’Amministrazione:
- il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza di prova delle circostanze su cui si fondava la domanda attorea;
- la Circolare suindicata, non impugnata da parte dei ricorrenti, non avrebbe potuto essere disapplicata dal giudice;
- nel merito, difetterebbero nella specie i presupposti per la somministrazione dei buoni pasto, atteso che la mancata fruizione dei pasti presso gli esercizi convenzionati dall’Amministrazione sarebbe da ricondurre a un’autonoma scelta degli interessati, i quali con essa avrebbero quindi implicitamente rinunciato anche a fruire dei buoni pasto sostitutivi.
Resistono gli originari ricorrenti, replicando con diffuse argomentazioni ai rilievi di parte appellante e instando per la conferma della sentenza impugnata.
All’esito della camera di consiglio del 4 giugno 2015, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza medesima.
Da ultimo, all’udienza del 17 dicembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.
DIRITTO
1. Gli odierni appellati, tutti militari appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, hanno agito dinanzi al T.A.R. delle Marche per l’accertamento del proprio diritto alla fruizione di buoni pasto sostitutivi del servizio mensa, non goduti, in relazione a periodi di servizio svolti fra il 2003 ed il 2008 e ricadenti interamente nell’ambito della fascia oraria convenzionalmente e normativamente comprendente il pasto, e per la conseguente condanna dell’Amministrazione di appartenenza alla corresponsione del controvalore dei detti buoni pasto non goduti.
2. Il T.A.R. adìto, accogliendo in parte la domanda attorea (in particolare, sono state disattese l’ulteriore domanda intesa a ottenere la corresponsione della c.d. indennità di conforto, nonché la domanda relativa alla rivalutazione monetaria), ne ha accertato il diritto nei sensi suindicati ed ha condannato l’Amministrazione al pagamento delle somme in questione, quantificate nella misura di € 4,65 per ciascun buono pasto, oltre agli interessi legali dovuti dalla data dell’atto di messa in mora ricevuto dall’Amministrazione il 13 ottobre 2008.
3. Tale sentenza forma oggetto dell’appello dell’Amministrazione, oggi all’esame della Sezione.
4. L’appello è però infondato, e va conseguentemente respinto.
5. Preliminarmente, giova precisare che, sulla scorta della normativa primaria e subprimaria di riferimento (artt. 1, comma 1, lettera b), 2, comma 1, e 3, comma 1, della legge 18 maggio 1989, nr. 203, e 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999, nr. 254), al personale appartenente al Corpo della Guardia di Finanza – così come a quello del ruolo della Polizia di Stato -, il quale sia tenuto a osservare orari di servizio che impediscano il ritorno a domicilio per il pasto giornaliero, l’Amministrazione è tenuta ad assicurare il vettovagliamento gratuito attraverso l’istituzione di apposite mense o, in alternativa, mediante la stipula di convenzioni con esercizi privati ovvero la corresponsione di buoni pasto.
Sempre in via preliminare, va evidenziato che l’accoglimento della domanda in prime cure è dipeso dalla ritenuta illegittimità dell’art. 11 della Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza nr. 375000 del 22 febbraio 1992, ratione temporis applicabile ai periodi di servizio cui facevano riferimento gli istanti, la quale prevedeva quale condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento l’aver iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa (ore 12,00-14,00 o 18,00-20,00) e averlo terminato almeno un’ora dopo; nella specie, i buoni pasto non erano stati riconosciuti ai ricorrenti per il difetto di tale condizione, più recentemente sostituita, per effetto della nuova Circolare nr. 120301 del 12 aprile 2008, con il semplice essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti determinate fasce orarie di riferimento.
6. Ciò premesso, con un primo ordine di doglianze l’Amministrazione assume che il primo giudice erroneamente avrebbe omesso di trarre le necessarie conseguenze – in termini, addirittura, di inammissibilità del ricorso introduttivo – dell’assenza di prova a sostegno della domanda attorea, non avendo i ricorrenti documentato di aver svolto turni di servizio ricadenti nella previsione che avrebbe dato loro diritto alla consumazione del pasto.
Sul punto, gli appellati replicano di non avere la disponibilità della documentazione attestante i turni di servizio svolti anno per anno, e che produrre tutti i documenti utili ai fini del decidere sarebbe stato onere dell’Amministrazione, la quale ha invece depositato unicamente documentazione attestante lo svolgimento di turni rientranti nei suindicati limiti orari di cui alla citata Circolare nr. 375000 del 1992; per questo, essi reiterano la richiesta istruttoria di acquisizione di ogni altro documento necessario ai fini del decidere.
Tale ultimo incombente può allo stato essere omesso, apparendo condivisibile l’operato del primo giudice, il quale si è premurato di precisare che l’accoglimento della domanda dei ricorrenti era subordinato alla circostanza che gli stessi avessero effettivamente “svolto servizi continuativi interni ed esterni il cui turno di servizio sia ricaduto interamente nella fascia oraria convenzionalmente dedicata al pasto, a prescindere dall’orario di inizio e termine del servizio medesimo, o che siano stati accasermati in base a quanto stabilito dall’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima circolare” (pag. 9 della sentenza impugnata);
pertanto, è stato rimesso alla fase esecutiva l’accertamento di chi fra gli istanti, se ed entro quali limiti avesse titolo al riconoscimento dei buoni pasto in base ai suddetti parametri: ciò sul chiaro presupposto che, una volta acclarato, sulla scorta della documentazione prodotta dall’Amministrazione, che gli istanti avevano svolto turni e servizi rientranti nei limiti orari di cui alla Circolare ritenuta illegittima, era presumibile ve ne fossero stati altri i quali, effettuati nel vigore della Circolare medesima, non avrebbero dato titolo al riconoscimento del beneficio a cagione del mancato rispetto degli orari de quibus.
Pertanto, se da un lato non può imputarsi agli originari ricorrenti alcuna violazione dell’onere probatorio loro incombente (essendo plausibile che la documentazione sul servizio prestato fosse nella disponibilità dell’Amministrazione, e non nella loro), per altro verso può condividersi l’impostazione del primo giudice che, sulla base della documentazione versata in atti, ha fondato la ragionevole presunzione della sussistenza del presupposto di fatto su cui si basava la domanda, ancorché non ne fosse definita l’entità e l’estensione (e fermo restando che eventuali contrasti inter partes, nella fase di liquidazione delle somme corrispondenti al controvalore dei buoni pasto non goduti, potranno essere risolti in sede esecutiva).
7. Infondato è anche il secondo rilievo preliminare articolato dalla difesa erariale, secondo cui il primo giudice non avrebbe avuto il potere di disapplicare la suindicata Circolare nr. 375000 del 1992 (non impugnata dai ricorrenti), non spettando tale potere al giudice amministrativo, la cui potestà qualificante è quella di annullamento dell’atto amministrativo tempestivamente censurato dall’interessato.
Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato e risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d’ufficio dal giudice amministrativo ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario (cfr., ex plurimis e solo fra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2013, nr. 2916; id., sez. VI, 13 settembre 2012, nr. 4859).
E risulta del tutto condivisibile la conclusione del primo giudice (peraltro non specificamente contestata nel merito dall’odierna appellante), secondo cui il richiamato art. 11 della Circolare, nella parte in cui introduceva per l’accesso al servizio di vettovagliamento una restrizione ulteriore non contemplata dalla normativa primaria, risultava illegittimo oltre che foriero di disparità fra il trattamento del personale della Guardia di Finanza e quello riservato ad altre Forze di polizia (ciò che, a quanto pare, ha determinato anche la ricordata modifica della disciplina de qua intervenuta nel 2008).
8. La Sezione non reputa di condividere neanche l’ulteriore (e centrale) rilievo svolto dall’Amministrazione nel proprio appello, laddove si assume che, anche a prescindere dalla sussistenza o meno del presupposto orario per la fruizione del beneficio, a quest’ultimo gli istanti avrebbero a suo tempo implicitamente rinunciato, come risulterebbe dall’avere gli stessi omesso di avvalersi di esercizi appositamente convenzionati, dei quali la stessa Amministrazione in prime cure aveva documentato l’esistenza in prossimità degli uffici presso cui gli interessati prestavano servizio, ovvero di “mense interforze” istituite nell’ambito della Regione Marche.
In punto di diritto, è quanto meno discutibile che possa darsi rinuncia implicita ad un vero e proprio diritto, quale è quello avente a oggetto il servizio di vettovagliamento; e, d’altra parte, la stessa Amministrazione appellante ha richiamato la Circolare nr. 345000 del 28 ottobre 2005, in base alla quale era precisato che la rinuncia al buono pasto era subordinata ad “apposita dichiarazione dell’avente diritto”, che nella specie indubbiamente difetta.
In punto di fatto, l’attività lavorativa di cui si discute svolta dagli odierni appellati era costituita da turni di servizio, che per il personale militare – come evidenziato dalla difesa degli odierni appellati, non smentita ex adverso sul punto – comporta l’impossibilità di allontanamento dal posto di lavoro, non contemplando né “pausa pranzo”, né alcuna possibilità di recupero del tempo impiegato per raggiungere gli esercizi convenzionati o le mense esterne all’ufficio di appartenenza; il che offre una ragionevole risposta al quesito sollevato dall’Amministrazione circa il perché gli istanti non si siano avvalsi di tali opportunità.
9. Infine, è del tutto inconferente il richiamo di parte appellante ad un recente precedente di questo Consiglio di Stato (sez. VI, 27 ottobre 2014, nr. 5315) in tema di non monetizzabilità dei buoni pasto: infatti, tale principio è stato enunciato in relazione a ben diversa fattispecie, laddove era la p.a. a pretendere di recuperare in denaro, mediante trattenuta sulle retribuzioni, il maggior importo relativo a buoni pasto indebitamente erogati ai dipendenti, mentre nel caso che qui occupa viene in rilievo il riconoscimento di un vero e proprio diritto a contenuto patrimoniale del personale dipendente, la cui mancata attribuzione ben può indurre il giudice a condannare l’Amministrazione datrice di lavoro anche al pagamento dell’equivalente in denaro, e non solo all’effettiva erogazione dei buoni pasto non corrisposti a suo tempo.
10. In conclusione, s’impone l’integrale reiezione dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.
11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna le Amministrazioni appellanti al pagamento, in favore degli appellati, di spese e onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2016
Buona lettura
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accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione di importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti nel periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008.
Il CdS precisa:
1) - Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato e risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d’ufficio dal giudice amministrativo ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario (cfr., ex plurimis e solo fra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2013, nr. 2916; id., sez. VI, 13 settembre 2012, nr. 4859).
2) - In punto di fatto, l’attività lavorativa di cui si discute svolta dagli odierni appellati era costituita da turni di servizio, che per il personale militare – come evidenziato dalla difesa degli odierni appellati, non smentita ex adverso sul punto – comporta l’impossibilità di allontanamento dal posto di lavoro, non contemplando né “pausa pranzo”, né alcuna possibilità di recupero del tempo impiegato per raggiungere gli esercizi convenzionati o le mense esterne all’ufficio di appartenenza; il che offre una ragionevole risposta al quesito sollevato dall’Amministrazione circa il perché gli istanti non si siano avvalsi di tali opportunità.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201600030
- Public 2016-01-08 –
N. 00030/2016REG.PROV.COLL.
N. 03469/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 3469 del 2015, proposto dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, e dal COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, in persona del Comandante pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
i signori Massimiliano BACELLI, Fabrizio BELLABARBA, Maurizio BUGLIONE, Carlo CAMPANELLA, Giorgio CANNAS, Rosario CIRULLI, Pierino COSI, Vito DI BENEDETTO, Fabio MORETTI, Vincenzo NANULA, Augusto PACE, Giuseppe PISCITELLI, Gabriele POLENTA, Giancarlo ROMUALDI, Christian RUSSI, Mario VELOTTI, Alberto VILLANI, Albano ANGELUCCI, Stefano CHIUCCHI, Carmelo LOMBARDO, Cesare COFANI, Domenico FANUCCI, Antonio PARADISI, Mauro PIERINI, Fabio ALESI, Roberto CIOTTI, Mario CIPRIETTI, Vito COPPOLECCHIA, Emanuele CORRADETTI, Piero LELLI, Luigi DEBELLIS, Cesarino DESIDERI, Franco FORTUNA, Bruno MORETTI, Carlo ORLANDI, Attilio PANTONI, Giovanni Leonardo MANCO, Antonio PASCARELLA, Cosimo POTENZA, Giampiero PRINCIPINI, Alessandro STANZIONE, Antonio TERRACONE, Albenzio ZAVARELLI, Fabio ARIANI, Domenico CAROPPI, Marco D’ALBERTO, Alessandro FERRAMOSCA, Lorenzo GIANCANO, Michele GRAMAZIO, Raffaele GRAMAZIO, Salvatore MAFFEI, Vincenzo NOTARNICOLA, Raffaele VAIRO, Sauro BRACALENTE, Maurizio CUCCI, Sandro DE LOLLIS, Davide DI RENZO, Angelo Raffaele LAPERCHIA, Michele LUPOLI, Silvestro MARTIRADONNA, Antonello MATTEI, Angelo MAZZARELLI, Graziano NAPOLEONI, Michele PALMIERI, Massimo Antonio PERSANO, Nicola RIZZI, Francesco VISOTTI, Felice ALLOCCA, Alessandro DATTILO, Giovanni DE BENEDETTO, Giuseppe DOTOLI, Giulio GALLOPPI, Giovanni MAZZAMURRO, Claudio PASCARELLA, Roberto PIERGIOVANNI, Antonio SAPONARO, Maurizio BOSI, Antonio BUONAVISTA, Massimo CINGOLANI, Vito DE MATTEIS, Carlo FABRI, Giuseppe FINELLI, Domenico ROSSANO, Vitantonio TERRAFINA, Cosimo ZACCARIA, Massimo POMPILI, Simone ZANZANI, Carlo Gaetano DI CARLO, Diego GROSSI, Domenico SACCONE, Pasquale GENTILE e Vincenzo PASCARELLA, rappresentati e difesi dall’avv. Michela Romagnoli, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Nebuloso in Roma, via E.Q. Visconti, 103,
avverso e per la riforma,
previa sospensione,
della sentenza nr. 828/14 del 19 giugno/10 ottobre 2014, emessa dal T.A.R. delle Marche, con cui è stato accolto il ricorso (nr. 149/09) per l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione di importi sostitutivi dei buoni pasto non goduti nel periodo dal 13 ottobre 2003 all’11 aprile 2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio degli appellati in epigrafe indicati;
Vista la memoria prodotta dagli appellati in data 15 settembre 2015 a sostegno delle proprie difese;
Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 2481 del 5 giugno 2015, con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. dello Stato De Nuntis per l’Amministrazione e l’avv. Luisa Gobbi, su delega dell’avv. Romagnoli, per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza hanno appellato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, accogliendo in parte il ricorso proposto da un gruppo di militari appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza (meglio in epigrafe indicati), ne ha accertato il diritto alla fruizione di buoni pasto in relazione ai periodi di servizio continuativo svolti nella fascia oraria di riferimento, ed ha conseguentemente condannato l’Amministrazione al pagamento del relativo controvalore.
A sostegno dell’appello, l’Amministrazione ha dedotto con unico articolato motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, e 3 della legge 18 maggio 1989, nr. 203, e dell’art. 67 del d.P.R. 16 marzo 1999, nr. 254, nonché della Circolare 375000 del 22 febbraio 1992 e s.m.i.; erronea valutazione degli atti di causa; inammissibilità/irricevibilità del ricorso introduttivo (genericità, tardività); violazione dei poteri del giudice amministrativo.
In sintesi, secondo l’Amministrazione:
- il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per carenza di prova delle circostanze su cui si fondava la domanda attorea;
- la Circolare suindicata, non impugnata da parte dei ricorrenti, non avrebbe potuto essere disapplicata dal giudice;
- nel merito, difetterebbero nella specie i presupposti per la somministrazione dei buoni pasto, atteso che la mancata fruizione dei pasti presso gli esercizi convenzionati dall’Amministrazione sarebbe da ricondurre a un’autonoma scelta degli interessati, i quali con essa avrebbero quindi implicitamente rinunciato anche a fruire dei buoni pasto sostitutivi.
Resistono gli originari ricorrenti, replicando con diffuse argomentazioni ai rilievi di parte appellante e instando per la conferma della sentenza impugnata.
All’esito della camera di consiglio del 4 giugno 2015, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza medesima.
Da ultimo, all’udienza del 17 dicembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.
DIRITTO
1. Gli odierni appellati, tutti militari appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, hanno agito dinanzi al T.A.R. delle Marche per l’accertamento del proprio diritto alla fruizione di buoni pasto sostitutivi del servizio mensa, non goduti, in relazione a periodi di servizio svolti fra il 2003 ed il 2008 e ricadenti interamente nell’ambito della fascia oraria convenzionalmente e normativamente comprendente il pasto, e per la conseguente condanna dell’Amministrazione di appartenenza alla corresponsione del controvalore dei detti buoni pasto non goduti.
2. Il T.A.R. adìto, accogliendo in parte la domanda attorea (in particolare, sono state disattese l’ulteriore domanda intesa a ottenere la corresponsione della c.d. indennità di conforto, nonché la domanda relativa alla rivalutazione monetaria), ne ha accertato il diritto nei sensi suindicati ed ha condannato l’Amministrazione al pagamento delle somme in questione, quantificate nella misura di € 4,65 per ciascun buono pasto, oltre agli interessi legali dovuti dalla data dell’atto di messa in mora ricevuto dall’Amministrazione il 13 ottobre 2008.
3. Tale sentenza forma oggetto dell’appello dell’Amministrazione, oggi all’esame della Sezione.
4. L’appello è però infondato, e va conseguentemente respinto.
5. Preliminarmente, giova precisare che, sulla scorta della normativa primaria e subprimaria di riferimento (artt. 1, comma 1, lettera b), 2, comma 1, e 3, comma 1, della legge 18 maggio 1989, nr. 203, e 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999, nr. 254), al personale appartenente al Corpo della Guardia di Finanza – così come a quello del ruolo della Polizia di Stato -, il quale sia tenuto a osservare orari di servizio che impediscano il ritorno a domicilio per il pasto giornaliero, l’Amministrazione è tenuta ad assicurare il vettovagliamento gratuito attraverso l’istituzione di apposite mense o, in alternativa, mediante la stipula di convenzioni con esercizi privati ovvero la corresponsione di buoni pasto.
Sempre in via preliminare, va evidenziato che l’accoglimento della domanda in prime cure è dipeso dalla ritenuta illegittimità dell’art. 11 della Circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza nr. 375000 del 22 febbraio 1992, ratione temporis applicabile ai periodi di servizio cui facevano riferimento gli istanti, la quale prevedeva quale condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento l’aver iniziato il servizio almeno un’ora prima dell’orario convenzionale di mensa (ore 12,00-14,00 o 18,00-20,00) e averlo terminato almeno un’ora dopo; nella specie, i buoni pasto non erano stati riconosciuti ai ricorrenti per il difetto di tale condizione, più recentemente sostituita, per effetto della nuova Circolare nr. 120301 del 12 aprile 2008, con il semplice essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti determinate fasce orarie di riferimento.
6. Ciò premesso, con un primo ordine di doglianze l’Amministrazione assume che il primo giudice erroneamente avrebbe omesso di trarre le necessarie conseguenze – in termini, addirittura, di inammissibilità del ricorso introduttivo – dell’assenza di prova a sostegno della domanda attorea, non avendo i ricorrenti documentato di aver svolto turni di servizio ricadenti nella previsione che avrebbe dato loro diritto alla consumazione del pasto.
Sul punto, gli appellati replicano di non avere la disponibilità della documentazione attestante i turni di servizio svolti anno per anno, e che produrre tutti i documenti utili ai fini del decidere sarebbe stato onere dell’Amministrazione, la quale ha invece depositato unicamente documentazione attestante lo svolgimento di turni rientranti nei suindicati limiti orari di cui alla citata Circolare nr. 375000 del 1992; per questo, essi reiterano la richiesta istruttoria di acquisizione di ogni altro documento necessario ai fini del decidere.
Tale ultimo incombente può allo stato essere omesso, apparendo condivisibile l’operato del primo giudice, il quale si è premurato di precisare che l’accoglimento della domanda dei ricorrenti era subordinato alla circostanza che gli stessi avessero effettivamente “svolto servizi continuativi interni ed esterni il cui turno di servizio sia ricaduto interamente nella fascia oraria convenzionalmente dedicata al pasto, a prescindere dall’orario di inizio e termine del servizio medesimo, o che siano stati accasermati in base a quanto stabilito dall’art. 1, comma 1, lettera b) della medesima circolare” (pag. 9 della sentenza impugnata);
pertanto, è stato rimesso alla fase esecutiva l’accertamento di chi fra gli istanti, se ed entro quali limiti avesse titolo al riconoscimento dei buoni pasto in base ai suddetti parametri: ciò sul chiaro presupposto che, una volta acclarato, sulla scorta della documentazione prodotta dall’Amministrazione, che gli istanti avevano svolto turni e servizi rientranti nei limiti orari di cui alla Circolare ritenuta illegittima, era presumibile ve ne fossero stati altri i quali, effettuati nel vigore della Circolare medesima, non avrebbero dato titolo al riconoscimento del beneficio a cagione del mancato rispetto degli orari de quibus.
Pertanto, se da un lato non può imputarsi agli originari ricorrenti alcuna violazione dell’onere probatorio loro incombente (essendo plausibile che la documentazione sul servizio prestato fosse nella disponibilità dell’Amministrazione, e non nella loro), per altro verso può condividersi l’impostazione del primo giudice che, sulla base della documentazione versata in atti, ha fondato la ragionevole presunzione della sussistenza del presupposto di fatto su cui si basava la domanda, ancorché non ne fosse definita l’entità e l’estensione (e fermo restando che eventuali contrasti inter partes, nella fase di liquidazione delle somme corrispondenti al controvalore dei buoni pasto non goduti, potranno essere risolti in sede esecutiva).
7. Infondato è anche il secondo rilievo preliminare articolato dalla difesa erariale, secondo cui il primo giudice non avrebbe avuto il potere di disapplicare la suindicata Circolare nr. 375000 del 1992 (non impugnata dai ricorrenti), non spettando tale potere al giudice amministrativo, la cui potestà qualificante è quella di annullamento dell’atto amministrativo tempestivamente censurato dall’interessato.
Al riguardo, è sufficiente richiamare il consolidato e risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui le circolari, al pari dei regolamenti, possono essere disapplicate anche d’ufficio dal giudice amministrativo ove risultino contrastanti con fonti normative di rango primario (cfr., ex plurimis e solo fra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2013, nr. 2916; id., sez. VI, 13 settembre 2012, nr. 4859).
E risulta del tutto condivisibile la conclusione del primo giudice (peraltro non specificamente contestata nel merito dall’odierna appellante), secondo cui il richiamato art. 11 della Circolare, nella parte in cui introduceva per l’accesso al servizio di vettovagliamento una restrizione ulteriore non contemplata dalla normativa primaria, risultava illegittimo oltre che foriero di disparità fra il trattamento del personale della Guardia di Finanza e quello riservato ad altre Forze di polizia (ciò che, a quanto pare, ha determinato anche la ricordata modifica della disciplina de qua intervenuta nel 2008).
8. La Sezione non reputa di condividere neanche l’ulteriore (e centrale) rilievo svolto dall’Amministrazione nel proprio appello, laddove si assume che, anche a prescindere dalla sussistenza o meno del presupposto orario per la fruizione del beneficio, a quest’ultimo gli istanti avrebbero a suo tempo implicitamente rinunciato, come risulterebbe dall’avere gli stessi omesso di avvalersi di esercizi appositamente convenzionati, dei quali la stessa Amministrazione in prime cure aveva documentato l’esistenza in prossimità degli uffici presso cui gli interessati prestavano servizio, ovvero di “mense interforze” istituite nell’ambito della Regione Marche.
In punto di diritto, è quanto meno discutibile che possa darsi rinuncia implicita ad un vero e proprio diritto, quale è quello avente a oggetto il servizio di vettovagliamento; e, d’altra parte, la stessa Amministrazione appellante ha richiamato la Circolare nr. 345000 del 28 ottobre 2005, in base alla quale era precisato che la rinuncia al buono pasto era subordinata ad “apposita dichiarazione dell’avente diritto”, che nella specie indubbiamente difetta.
In punto di fatto, l’attività lavorativa di cui si discute svolta dagli odierni appellati era costituita da turni di servizio, che per il personale militare – come evidenziato dalla difesa degli odierni appellati, non smentita ex adverso sul punto – comporta l’impossibilità di allontanamento dal posto di lavoro, non contemplando né “pausa pranzo”, né alcuna possibilità di recupero del tempo impiegato per raggiungere gli esercizi convenzionati o le mense esterne all’ufficio di appartenenza; il che offre una ragionevole risposta al quesito sollevato dall’Amministrazione circa il perché gli istanti non si siano avvalsi di tali opportunità.
9. Infine, è del tutto inconferente il richiamo di parte appellante ad un recente precedente di questo Consiglio di Stato (sez. VI, 27 ottobre 2014, nr. 5315) in tema di non monetizzabilità dei buoni pasto: infatti, tale principio è stato enunciato in relazione a ben diversa fattispecie, laddove era la p.a. a pretendere di recuperare in denaro, mediante trattenuta sulle retribuzioni, il maggior importo relativo a buoni pasto indebitamente erogati ai dipendenti, mentre nel caso che qui occupa viene in rilievo il riconoscimento di un vero e proprio diritto a contenuto patrimoniale del personale dipendente, la cui mancata attribuzione ben può indurre il giudice a condannare l’Amministrazione datrice di lavoro anche al pagamento dell’equivalente in denaro, e non solo all’effettiva erogazione dei buoni pasto non corrisposti a suo tempo.
10. In conclusione, s’impone l’integrale reiezione dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.
11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna le Amministrazioni appellanti al pagamento, in favore degli appellati, di spese e onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2016
Re: BUONI PASTO, GdF.
seguito sentenza Tar Lecce qui da me postata in data 08/05/2014.
Il CdS Accoglie l'appello dell'Amministrazione.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201604124
- Public 2016-10-06 -
Pubblicato il 06/10/2016
N. 04124/2016REG.PROV.COLL.
N. 00423/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 423 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Brindisi, in persona del Comandante pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
Elio B., Luigi T. e Ugo B., rappresentati e difesi dall'avv. Vincenzo Parato per mandato a margine del ricorso in primo grado e elettivamente domiciliati in Roma, alla via Carlo Mirabello n. 11, presso l'avv. Giuseppe Pio Toricollo;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, Sezione II, n. 1132 del 6 maggio 2014, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n.r. 267/2013, proposto per l'accertamento del diritto degli interessati a fruire dei buoni pasto per le giornate in cui abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, nel periodo dal 12 aprile 2008 e sino al 24 settembre 2010, oltre interessi legali, con compensazione delle spese del giudizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elio B., Luigi T. e Ugo B.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e udito l’avvocato dello Stato Verdiana Fedeli per le Autorità statali appellanti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Elio B., Luigi T. e Ugo B., brigadieri della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Brindisi, hanno svolto servizi interni con turni di 24 h. 8,00-20,00 e/o 20,00-8,00, con autorizzazione ad assentarsi per un'ora per il pranzo o la cena per la consumazione dei pasti presso la mensa della Polizia di Stato presso la Questura di Brindisi, sino al settembre 2011, data nella quale è stato istituito un servizio di catering.
Con istanze del 7 settembre 2010 gli hanno chiesto all’amministrazione l'erogazione delle somme corrispondenti ai dei buoni pasto relativi al suddetto periodo, negata con note del 2 dicembre 2010.
Con ricorso in primo grado n.r. 267/2013 gli interessati hanno quindi proposto domanda di accertamento e condanna del diritto, se del caso previo annullamento delle suddette note, sostenendo l’irrilevanza della circostanza, addotta nel diniego e presupposta in circolari, di non aver volontariamente usufruito della pausa pranzo, e al contrario l’esclusiva rilevanza che il turno di servizio comprendesse le fasce orarie destinate alla pausa pranzo (14.00/15.00 e 20.00/21.00).
Con sentenza n. 1132 del 6 maggio 2014 Il Tar Lecce ha accolto il ricorso, richiamando una sentenza del Tar Lombardia ivi citata, e nei limiti del periodo dal 12 aprile 2008 (data della circolare che ha definito il diritto alla fruizione del vitto per il personale che presti servizio in orari comprensivi delle fasce orarie suddette) e sino al 24 settembre 2010 (data dalla quale è stato operativo il servizio di vettovagliamento gratuito presso la mensa), con riconoscimento dei relativi importi oltre interessi.
2.) Con appello spedito per la notificazione con racc.ta a.r. il 22 dicembre 2014 e depositato il 19 gennaio 2015, la sentenza è stata impugnata, deducendone l’erroneità e ingiustizia sotto un duplice profilo:
- perché gli interessati hanno rinunciato al trattamento di vettovagliamento e quindi alla pausa, con dichiarazioni contestualmente prodotte, laddove ai fini del diritto ai buoni pasto è necessaria la fruizione della pausa pranzo;
- perché il diritto ai buoni pasto è escluso qualora sia previsto il servizio di mensa, nella specie istituito sia pure con fruizione per un certo periodo della mensa della Polizia di Stato.
Costituitisi in giudizio, con memoria difensiva depositata il 29 gennaio 2015 e con controricorso e appello incidentale spedito per la notificazione il 23 febbraio 2015 e depositato il 3 marzo 2015, gli appellati hanno dedotto, a loro volta:
a) irricevibilità dell'appello per tardività, perché spedito per la notifica il 22 dicembre anziché il 21 dicembre, oltre il termine semestrale, maggiorato del periodo di sospensione feriale, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 6 maggio 2014;
b) l'inammissibilità del deposito di nuovi documenti;
c) l'infondatezza dell'appello, sul rilievo che sino a settembre 2011 il servizio di mensa interno era assente, ciò che determinerebbe ex se il diritto al buono pasto qualora si presti servizio in turni comprensivi delle due fasce orarie;
d) l’ingiustizia della sentenza, nella parte in cui ha escluso il riconoscimento del diritto per il periodo anteriore al 12 aprile 2008 (e quindi dall’ottobre 2005), perché la circolare richiamata dal giudice amministrativo leccese si sarebbe limitata a fornire istruzioni di carattere operativo, tecnico e contabile, laddove il fondamento dell’attribuzione dei buoni pasto, in assenza di servizio di mensa e/o catering deve rinvenirsi già nell’art. 4 comma 1 lettera c) del d.m. 25 marzo 2002.
Con memoria difensiva depositata il 20 maggio 2015, le Autorità appellanti, insistendo per l’accoglimento del gravame, hanno dedotto l’intervenuta prescrizione quinquennale del diritto relativo alle somme dovute per il periodo anteriore all’aprile 2008, e quindi la correttezza sul punto della sentenza.
Con memoria difensiva depositata il 3 giugno 2016 gli appellati, richiamando recente sentenza della sezione, hanno insistito per il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento dell’appello incidentale.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016 l’appello principale e l’appello incidentale sono stati discussi e riservati per la decisione.
3.) L’appello principale in epigrafe è fondato e l’appello incidentale infondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado.
3.1) In limine, va disattesa l’eccezione pregiudiziale formulata dagli appellati relativa alla pretesa irricevibilità per tardività dell’appello principale.
Essa è imperniata sul rilievo che l’appello è stato spedito per la notificazione a mezzo posta raccomandata il 22 dicembre anziché il 21 dicembre, e quindi oltre il termine semestrale, maggiorato del periodo di sospensione feriale di quarantacinque giorni applicabile ratione temporis, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 6 maggio 2014.
Sennonché, dovendosi il termine decadenziale di sessanta giorni computare con l’esclusione del dies a quo, secondo le regole processuali generali, e quindi con decorrenza dal 7 dicembre, è evidente che l’appello è stato ritualmente spedito entro il dies ad quem, nell’ultimo giorno utile, costituito appunto dal 22 dicembre 2014, tenuto conto del periodo di sospensione feriale.
3.2) Analogamente infondata è l’eccezione preliminare di merito spiegata dall’Avvocatura dello Stato in ordine all’appello incidentale, e con riferimento alla prescrizione del diritto per periodi antecedenti al quinquennio e quindi all’aprile 2008, e comprensivi del periodo dall’ottobre 2005 e sino al marzo 2008, tenuto conto che gli interessati hanno chiesto l’erogazione delle somme corrispondenti ai buoni pasto non goduti con istanza del 7 settembre 2010, riscontrata con dinieghi del 9 dicembre 2010.
3.3) Ancora in via pregiudiziale deve dichiararsi inammissibile la produzione documentale dell’Avvocatura di Stato, introdotta nel giudizio d’appello, risultando fondata la pertinente eccezione svolta dagli appellati.
3.4) Nel merito la domanda di accertamento e condanna proposta dagli appellati, e parzialmente accolta dal giudice amministrativo salentino, e riproposta per la parte disconosciuta con l’appello incidentale, è destituita di fondamento giuridico.
Gli interessati, nel ricorso introduttivo, hanno ammesso che nell’ambito dell’articolazione dei turni di servizio “…hanno però sempre goduto dell’autorizzazione ad assentarsi per un’ora per turno ai fini della consumazione dei pasti presso la mensa istituita dalla Polizia di Stato nei locali della questura di Brindisi, essendo il proprio comando sprovvisto di tale servizio almeno sino al settembre 2011, allorquando è stato istituito un servizio di ‘catering’ convenzionato…”.
Orbene, il d.m. 25 marzo 2002 (recante “Istituzione del nuovo servizio di vettovagliamento per il personale del Corpo della Guardia di finanza”), emanato ai sensi dell’art. 63 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, ossia la legge finanziaria 2001), alla lettera c) dell’art. 4 (richiamato dagli stessi appellati e appellanti incidentali), dispone con chiarezza che “…si potrà ricorrere alla stipula di convenzioni con esercizi privati e in alternativa a quest'ultima, alla concessione del buono pasto secondo le modalità previste dall'art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254…” nelle circostanze in cui non sia possibile assicurare il servizio mensa, secondo le modalità sopra indicate, presso i comandi, reparti ed articolazioni di appartenenza del personale interessato o presso altri comandi, reparti od articolazioni del Corpo dislocati nella stessa sede, o mediante convivenze presso mense di altre Amministrazioni alla stessa sede…” (corsivi dell’estensore).
L’allegato al d.m. quanto ai buoni pasto e alla loro erogazione al personale in missione precisa che “Il buono pasto potrà altresì essere rilasciato al personale che, non fruendo del trattamento di missione, per motivi di servizio si trovi a dover consumare i pasti in zona diversa da quella in cui è ubicato il comando di appartenenza e non vi sia possibilità di aggregazione ad altra mensa” (corsivi sempre dell’estensore).
In altri termini la disciplina regolamentare di cui al d.m. 25 marzo 2002 ha espressamente ricompreso, quale modalità alternativa alle altre forme organizzatorie del servizio di vettovagliamento (gestione diretta; affidamento mediante catering completo o veicolato; convenzioni con esercizi privati; buoni pasto: cfr. art. 2 del d.m.), l’utilizzazione di mense di altre amministrazioni della stessa sede di servizio o della località in cui si svolge la missione.
Ne consegue che poiché gli interessati erano autorizzati ad assentarsi e avevano titolo a consumare il pasto presso la mensa istituita presso la Questura di Brindisi, non può essergli riconosciuto il diritto all’erogazione dei buoni pasto, e quindi al pagamento del relativo valore economico, avendo essi ritenuto di non avvalersi di tale forma di organizzazione del servizio di vettovagliamento.
Non può quindi giovare il richiamo alla recente sentenza di questa Sezione 8 gennaio 2016, n. 30, non pertinente alla fattispecie esaminata.
4.) In conclusione l’appello principale deve essere accolto e respinto l’appello incidentale, onde in riforma della sentenza gravata deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado e le relative domande di accertamento e condanna, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
5.) La relativa novità e peculiarità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello principale n.r. 423 del 2015 e dell’appello incidentale a esso correlato:
1) accoglie l’appello principale e rigetta l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, Sezione II, n. 1132 del 6 maggio 2014, rigetta il ricorso proposto in primo grado e le relative domande di accertamento e condanna;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Il CdS Accoglie l'appello dell'Amministrazione.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201604124
- Public 2016-10-06 -
Pubblicato il 06/10/2016
N. 04124/2016REG.PROV.COLL.
N. 00423/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 423 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante generale pro-tempore;
Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria di Brindisi, in persona del Comandante pro-tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliati per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
contro
Elio B., Luigi T. e Ugo B., rappresentati e difesi dall'avv. Vincenzo Parato per mandato a margine del ricorso in primo grado e elettivamente domiciliati in Roma, alla via Carlo Mirabello n. 11, presso l'avv. Giuseppe Pio Toricollo;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, Sezione II, n. 1132 del 6 maggio 2014, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso in primo grado n.r. 267/2013, proposto per l'accertamento del diritto degli interessati a fruire dei buoni pasto per le giornate in cui abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, nel periodo dal 12 aprile 2008 e sino al 24 settembre 2010, oltre interessi legali, con compensazione delle spese del giudizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elio B., Luigi T. e Ugo B.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e udito l’avvocato dello Stato Verdiana Fedeli per le Autorità statali appellanti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Elio B., Luigi T. e Ugo B., brigadieri della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di Brindisi, hanno svolto servizi interni con turni di 24 h. 8,00-20,00 e/o 20,00-8,00, con autorizzazione ad assentarsi per un'ora per il pranzo o la cena per la consumazione dei pasti presso la mensa della Polizia di Stato presso la Questura di Brindisi, sino al settembre 2011, data nella quale è stato istituito un servizio di catering.
Con istanze del 7 settembre 2010 gli hanno chiesto all’amministrazione l'erogazione delle somme corrispondenti ai dei buoni pasto relativi al suddetto periodo, negata con note del 2 dicembre 2010.
Con ricorso in primo grado n.r. 267/2013 gli interessati hanno quindi proposto domanda di accertamento e condanna del diritto, se del caso previo annullamento delle suddette note, sostenendo l’irrilevanza della circostanza, addotta nel diniego e presupposta in circolari, di non aver volontariamente usufruito della pausa pranzo, e al contrario l’esclusiva rilevanza che il turno di servizio comprendesse le fasce orarie destinate alla pausa pranzo (14.00/15.00 e 20.00/21.00).
Con sentenza n. 1132 del 6 maggio 2014 Il Tar Lecce ha accolto il ricorso, richiamando una sentenza del Tar Lombardia ivi citata, e nei limiti del periodo dal 12 aprile 2008 (data della circolare che ha definito il diritto alla fruizione del vitto per il personale che presti servizio in orari comprensivi delle fasce orarie suddette) e sino al 24 settembre 2010 (data dalla quale è stato operativo il servizio di vettovagliamento gratuito presso la mensa), con riconoscimento dei relativi importi oltre interessi.
2.) Con appello spedito per la notificazione con racc.ta a.r. il 22 dicembre 2014 e depositato il 19 gennaio 2015, la sentenza è stata impugnata, deducendone l’erroneità e ingiustizia sotto un duplice profilo:
- perché gli interessati hanno rinunciato al trattamento di vettovagliamento e quindi alla pausa, con dichiarazioni contestualmente prodotte, laddove ai fini del diritto ai buoni pasto è necessaria la fruizione della pausa pranzo;
- perché il diritto ai buoni pasto è escluso qualora sia previsto il servizio di mensa, nella specie istituito sia pure con fruizione per un certo periodo della mensa della Polizia di Stato.
Costituitisi in giudizio, con memoria difensiva depositata il 29 gennaio 2015 e con controricorso e appello incidentale spedito per la notificazione il 23 febbraio 2015 e depositato il 3 marzo 2015, gli appellati hanno dedotto, a loro volta:
a) irricevibilità dell'appello per tardività, perché spedito per la notifica il 22 dicembre anziché il 21 dicembre, oltre il termine semestrale, maggiorato del periodo di sospensione feriale, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 6 maggio 2014;
b) l'inammissibilità del deposito di nuovi documenti;
c) l'infondatezza dell'appello, sul rilievo che sino a settembre 2011 il servizio di mensa interno era assente, ciò che determinerebbe ex se il diritto al buono pasto qualora si presti servizio in turni comprensivi delle due fasce orarie;
d) l’ingiustizia della sentenza, nella parte in cui ha escluso il riconoscimento del diritto per il periodo anteriore al 12 aprile 2008 (e quindi dall’ottobre 2005), perché la circolare richiamata dal giudice amministrativo leccese si sarebbe limitata a fornire istruzioni di carattere operativo, tecnico e contabile, laddove il fondamento dell’attribuzione dei buoni pasto, in assenza di servizio di mensa e/o catering deve rinvenirsi già nell’art. 4 comma 1 lettera c) del d.m. 25 marzo 2002.
Con memoria difensiva depositata il 20 maggio 2015, le Autorità appellanti, insistendo per l’accoglimento del gravame, hanno dedotto l’intervenuta prescrizione quinquennale del diritto relativo alle somme dovute per il periodo anteriore all’aprile 2008, e quindi la correttezza sul punto della sentenza.
Con memoria difensiva depositata il 3 giugno 2016 gli appellati, richiamando recente sentenza della sezione, hanno insistito per il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento dell’appello incidentale.
All’udienza pubblica del 7 luglio 2016 l’appello principale e l’appello incidentale sono stati discussi e riservati per la decisione.
3.) L’appello principale in epigrafe è fondato e l’appello incidentale infondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado.
3.1) In limine, va disattesa l’eccezione pregiudiziale formulata dagli appellati relativa alla pretesa irricevibilità per tardività dell’appello principale.
Essa è imperniata sul rilievo che l’appello è stato spedito per la notificazione a mezzo posta raccomandata il 22 dicembre anziché il 21 dicembre, e quindi oltre il termine semestrale, maggiorato del periodo di sospensione feriale di quarantacinque giorni applicabile ratione temporis, decorrente dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 6 maggio 2014.
Sennonché, dovendosi il termine decadenziale di sessanta giorni computare con l’esclusione del dies a quo, secondo le regole processuali generali, e quindi con decorrenza dal 7 dicembre, è evidente che l’appello è stato ritualmente spedito entro il dies ad quem, nell’ultimo giorno utile, costituito appunto dal 22 dicembre 2014, tenuto conto del periodo di sospensione feriale.
3.2) Analogamente infondata è l’eccezione preliminare di merito spiegata dall’Avvocatura dello Stato in ordine all’appello incidentale, e con riferimento alla prescrizione del diritto per periodi antecedenti al quinquennio e quindi all’aprile 2008, e comprensivi del periodo dall’ottobre 2005 e sino al marzo 2008, tenuto conto che gli interessati hanno chiesto l’erogazione delle somme corrispondenti ai buoni pasto non goduti con istanza del 7 settembre 2010, riscontrata con dinieghi del 9 dicembre 2010.
3.3) Ancora in via pregiudiziale deve dichiararsi inammissibile la produzione documentale dell’Avvocatura di Stato, introdotta nel giudizio d’appello, risultando fondata la pertinente eccezione svolta dagli appellati.
3.4) Nel merito la domanda di accertamento e condanna proposta dagli appellati, e parzialmente accolta dal giudice amministrativo salentino, e riproposta per la parte disconosciuta con l’appello incidentale, è destituita di fondamento giuridico.
Gli interessati, nel ricorso introduttivo, hanno ammesso che nell’ambito dell’articolazione dei turni di servizio “…hanno però sempre goduto dell’autorizzazione ad assentarsi per un’ora per turno ai fini della consumazione dei pasti presso la mensa istituita dalla Polizia di Stato nei locali della questura di Brindisi, essendo il proprio comando sprovvisto di tale servizio almeno sino al settembre 2011, allorquando è stato istituito un servizio di ‘catering’ convenzionato…”.
Orbene, il d.m. 25 marzo 2002 (recante “Istituzione del nuovo servizio di vettovagliamento per il personale del Corpo della Guardia di finanza”), emanato ai sensi dell’art. 63 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, ossia la legge finanziaria 2001), alla lettera c) dell’art. 4 (richiamato dagli stessi appellati e appellanti incidentali), dispone con chiarezza che “…si potrà ricorrere alla stipula di convenzioni con esercizi privati e in alternativa a quest'ultima, alla concessione del buono pasto secondo le modalità previste dall'art. 61 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254…” nelle circostanze in cui non sia possibile assicurare il servizio mensa, secondo le modalità sopra indicate, presso i comandi, reparti ed articolazioni di appartenenza del personale interessato o presso altri comandi, reparti od articolazioni del Corpo dislocati nella stessa sede, o mediante convivenze presso mense di altre Amministrazioni alla stessa sede…” (corsivi dell’estensore).
L’allegato al d.m. quanto ai buoni pasto e alla loro erogazione al personale in missione precisa che “Il buono pasto potrà altresì essere rilasciato al personale che, non fruendo del trattamento di missione, per motivi di servizio si trovi a dover consumare i pasti in zona diversa da quella in cui è ubicato il comando di appartenenza e non vi sia possibilità di aggregazione ad altra mensa” (corsivi sempre dell’estensore).
In altri termini la disciplina regolamentare di cui al d.m. 25 marzo 2002 ha espressamente ricompreso, quale modalità alternativa alle altre forme organizzatorie del servizio di vettovagliamento (gestione diretta; affidamento mediante catering completo o veicolato; convenzioni con esercizi privati; buoni pasto: cfr. art. 2 del d.m.), l’utilizzazione di mense di altre amministrazioni della stessa sede di servizio o della località in cui si svolge la missione.
Ne consegue che poiché gli interessati erano autorizzati ad assentarsi e avevano titolo a consumare il pasto presso la mensa istituita presso la Questura di Brindisi, non può essergli riconosciuto il diritto all’erogazione dei buoni pasto, e quindi al pagamento del relativo valore economico, avendo essi ritenuto di non avvalersi di tale forma di organizzazione del servizio di vettovagliamento.
Non può quindi giovare il richiamo alla recente sentenza di questa Sezione 8 gennaio 2016, n. 30, non pertinente alla fattispecie esaminata.
4.) In conclusione l’appello principale deve essere accolto e respinto l’appello incidentale, onde in riforma della sentenza gravata deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado e le relative domande di accertamento e condanna, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
5.) La relativa novità e peculiarità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello principale n.r. 423 del 2015 e dell’appello incidentale a esso correlato:
1) accoglie l’appello principale e rigetta l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, Sezione II, n. 1132 del 6 maggio 2014, rigetta il ricorso proposto in primo grado e le relative domande di accertamento e condanna;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Re: BUONI PASTO, GdF.
Appello dei ricorrenti perso al CdS
Il CdS precisa:
Ecco alcuni brani
1) - Tuttavia, come evidenziato dal Tar, gli appellanti non hanno dimostrato, se non genericamente, le particolari modalità di svolgimento del servizio che hanno reso impossibile l’utilizzo della mensa presso le strutture di appartenenza.
- ) - Dunque, il diritto al riconoscimento agli stessi degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è precluso dalla mancata prova della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, di servizi incompatibili con la fruizione della mensa.
2) - Nel caso in esame, gli appellanti, che lamentano il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva dei buoni pasto antecedentemente all’aprile 2008, avrebbero dovuto fornire almeno un principio di documentazione circa il fatto che nel periodo di riferimento non hanno potuto usufruire della mensa a causa del servizio espletato (es. sui turni di servizio e sui relativi orari).
- ) - Comunque avrebbero dovuto attivarsi quantomeno mediante l’accesso agli atti per ottenere la documentazione necessaria o una risposta a riguardo dall’Amministrazione.
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
---------------------------------------------------
SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201902953
Pubblicato il 08/05/2019
N. 02953/2019 REG. PROV. COLL.
N. 05500/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5500 del 2012, proposto dai signori
OMISSIS (congruo numero di ricorrenti), rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Maria La Scala e Angelo Schiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Babbuino, 107;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 9897 del 20 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto alla corresponsione del controvalore dei buoni pasti per l'effettuazione di turni di servizio continuativi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per gli appellanti, l’avvocato Giovanni Francesco Baffa, su delega dell’avvocato Antonio Maria La Scala, e, per l’Amministrazione appellata, l’avvocato dello Stato Fabio Tortora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti indicati in epigrafe, militari del Corpo della Guardia di Finanza, hanno chiesto al Tar per il Lazio, sede di Roma, il riconoscimento del loro diritto a vedersi riconosciuto il controvalore dei buoni pasto spettanti durante l’effettuazione di turni di servizio con orario comprensivo delle fasce orarie previste per lo svolgimento del servizio di mensa nel periodo antecedente al mese di aprile 2008 (nel periodo successivo l’indennità è stata invece riconosciuta).
2. Il Tar adito ha respinto il ricorso ritenendo che non vi fosse prova del fatto che i ricorrenti non avessero potuto usufruire del servizio mensa messo a disposizione dall'Amministrazione, condizione per l’ottenimento dei buoni pasto, e che, alla luce delle circolari del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 136300/5540/E-2 del 17 aprile 2004 e n. 120301/08 del 12 aprile 2008, i buoni pasto potessero essere usufruiti, in sostituzione della mensa istituita presso le varie sedi, solo se espressamente e preventivamente autorizzati dai Comandi Regionali della Guardia di Finanza.
3. Contro la predetta sentenza, hanno quindi proposto appello, formulando i seguenti motivi di censura.
3.1. Violazione degli artt. 2, 24 e 36 della Costituzione. Violazione degli artt. 1357, 2967, comma 2, e 2968 cod. civ. Eccesso di potere anche per manifesta ingiustizia e per contraddizione con la circolare che ha riconosciuto il diritto.
3.1.1. Evidenziano gli appellanti che nel pubblico impiego le prestazioni di servizio sono documentate nei registri dell’Amministrazione. Pertanto al dipendente e sufficiente addurre il suo status giuridico senza che si possa richiedere allo stesso la produzione di documentazione in possesso dell’Amministrazione al fine di dimostrare, nel caso di specie, il proprio diritto a vedersi riconoscere i buoni pasto o comunque un’indennità sostitutiva degli stessi.
3.1.2. D’altra parte, sostengono che anche la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’onere della prova per il lavoratore in ordine al riconoscimento di un suo un diritto vada ripartito con il datore di lavoro. In ogni caso, il diritto all’indennità sostitutiva di cui è causa è stato poi riconosciuto a partire dalla circolare del 12 aprile 2008 a dimostrazione che anche prima di tale data lo stesso si sarebbe potuto riconoscere ai dipendenti.
3.2. Errata applicazione dell’art. 3, comma 2, del DPR n. 857/1950 e della legge n. 191/1981. Violazione per inosservanza degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta ed illogicità. Errore di Fatto.
3.2.1. Gli appellanti sostengono l’erroneità della sentenza impugnata che, dopo aver riconosciuto che il limitato intervallo per il pasto rende usufruibile la mensa solo se la stessa è collocata presso la struttura presso cui si presta servizio, ha escluso il riconoscimento di un’indennità sostitutiva in mancanza di una puntuale dimostrazione dell’impedimento a poterne usufruire in ragione del servizio prestato.
3.2.2. Non corrisponderebbe al vero, infatti, che non vi fosse prova agli atti dell’effettuazione dei turni di servizio per il quali l’indennità andava riconosciuta, tenuto conto che la stessa Amministrazione ha confermato l’effettuazione di turni per i quali i ricorrenti non avevano potuto usufruire della pausa pranzo.
3.2.3. In relazione alla particolare attività operativa svolta dagli appellanti (di controllo del territorio, di scorta, d’indagine) e alla relativa riservatezza del servizio prestato sarebbe stato, d’altra parte, impossibile fornire prova puntuale. Il giudice di primo grado avrebbe dovuto quindi disporre un’idonea istruttoria per chiedere all’Amministrazione di specificare i turni effettuati.
3.2.4. Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, i buoni pasto costituiscono poi un vero e proprio diritto soggettivo per i dipendenti ed in ogni caso sono riconosciuti come un diritto dalla circolare n. 375000 del 1992 del Comando Generale della Guardia di Finanza (integrata dalla circolare dell’12 aprile 2008) per i militari di turno anche in servizi esterni.
4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, si è costituito in giudizio il 24 luglio 2012, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria, con documentazione, il 4 gennaio 2019.
5. Gli appellanti hanno depositato una memoria di replica il 25 gennaio 2019.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 14 febbraio 2019.
7. L’appello non è fondato, a prescindere dall’eccezione di inammissibilità del gravame proposta dall’Amministrazione appellata (i ricorrenti non avrebbero fornito prova sulla pretesa azionata).
8. Come ha avuto modo di evidenziare questa Sezione (cfr. sentenze n. 6903 e n. 6916 del 2010), la Guardia di Finanza ha l’obbligo di erogare, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di mensa in favore dei propri dipendenti mediante forme di gestione diretta dello stesso servizio.
8.1. L’obbligo dell’Amministrazione di erogare il servizio di vettovagliamento è dunque prioritariamente svolto mediante l’istituzione della mensa. Solo in mancanza della stessa o quando non sia comunque usufruibile a causa dello svolgimento del servizio fuori sede e della concreta impossibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del turno di servizio, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza, si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” (cfr. art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
8.2. In concreto, tenuto conto della durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti), il servizio mensa può considerarsi istituito (sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente (cfr. art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989), giacché tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa ) consente di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio (cfr. art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 857/1950 e articolo unico della legge n. 191/1981, poi abrogato dal d.lgs. n. 66/2010).
8.3. Resta salva, comunque, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
8.4. Nel caso di specie, i ricorrenti sono stati applicati presso sedi nelle quali era stata istituita la mensa, che è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto, ma in ragione del servizio prestato sostengono di non averne potuto usufruire.
8.5. Tuttavia, come evidenziato dal Tar, gli appellanti non hanno dimostrato, se non genericamente, le particolari modalità di svolgimento del servizio che hanno reso impossibile l’utilizzo della mensa presso le strutture di appartenenza. Dunque, il diritto al riconoscimento agli stessi degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è precluso dalla mancata prova della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, di servizi incompatibili con la fruizione della mensa.
8.6. Né tale prova, come sostengono i ricorrenti può essere posta a carico dell’Amministrazione o costituire un onere istruttorio per il giudice, incombendo invece sugli stessi ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. Anche la disciplina del processo amministrativo è, infatti, improntata al principio che la parte che afferma l’esistenza di una posizione giuridica, o che la nega, è onerata di produrre in giudizio tutti gli elementi probatori che ricadono nella sua disponibilità (cfr. ex multis, Cons. Stato: sez. III, 16 luglio 2013, n. 3875; sez. V, 7 giugno 2016, n. 2441).
8.7. D’altra parte, l’azione proposta non è di tipo impugnatorio e dunque retta, dal punto di vista istruttorio, dal principio dispositivo con metodo acquisitivo, con la conseguenza che le parti interessate hanno l’onere di fornire adeguati riscontri probatori, quantomeno rispetto agli elementi dei quali esse hanno una disponibilità, ai sensi del richiamato art. 2697 cod. civ.
8.8. Nel caso in esame, gli appellanti, che lamentano il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva dei buoni pasto antecedentemente all’aprile 2008, avrebbero dovuto fornire almeno un principio di documentazione circa il fatto che nel periodo di riferimento non hanno potuto usufruire della mensa a causa del servizio espletato (es. sui turni di servizio e sui relativi orari). Comunque avrebbero dovuto attivarsi quantomeno mediante l’accesso agli atti per ottenere la documentazione necessaria o una risposta a riguardo dall’Amministrazione.
9. D’altra parte, il riconoscimento dei buoni pasto non può ritenersi un diritto soggettivo posto in capo al dipendente, tenuto conto che l’erogazione degli stessi è condizionata comunque ai limiti dei relativi stanziamenti iscritti nei competenti capitoli di bilancio (cfr. art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989).
10. Quanto alle circolari del Comando Generale della Guardia di Finanza adottate in materia, va rilevato che con l’entrata in vigore della circolare n. 120301/08 del 12 aprile 2008 è stato concretamente individuato il personale avente diritto ad un pasto da consumarsi fuori dall’orario di servizio. Tale diritto, però, è limitato alla sola fruizione del pasto, ma non anche ad ottenere un servizio sostitutivo, vale a dire il buono pasto, il quale invece deve essere espressamente e preventivamente autorizzato dal Comando Regionale della Guardia di finanza.
11. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
12. In ragione della complessità della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Il CdS precisa:
Ecco alcuni brani
1) - Tuttavia, come evidenziato dal Tar, gli appellanti non hanno dimostrato, se non genericamente, le particolari modalità di svolgimento del servizio che hanno reso impossibile l’utilizzo della mensa presso le strutture di appartenenza.
- ) - Dunque, il diritto al riconoscimento agli stessi degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è precluso dalla mancata prova della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, di servizi incompatibili con la fruizione della mensa.
2) - Nel caso in esame, gli appellanti, che lamentano il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva dei buoni pasto antecedentemente all’aprile 2008, avrebbero dovuto fornire almeno un principio di documentazione circa il fatto che nel periodo di riferimento non hanno potuto usufruire della mensa a causa del servizio espletato (es. sui turni di servizio e sui relativi orari).
- ) - Comunque avrebbero dovuto attivarsi quantomeno mediante l’accesso agli atti per ottenere la documentazione necessaria o una risposta a riguardo dall’Amministrazione.
Cmq. leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201902953
Pubblicato il 08/05/2019
N. 02953/2019 REG. PROV. COLL.
N. 05500/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5500 del 2012, proposto dai signori
OMISSIS (congruo numero di ricorrenti), rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Maria La Scala e Angelo Schiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Babbuino, 107;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 9897 del 20 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto alla corresponsione del controvalore dei buoni pasti per l'effettuazione di turni di servizio continuativi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per gli appellanti, l’avvocato Giovanni Francesco Baffa, su delega dell’avvocato Antonio Maria La Scala, e, per l’Amministrazione appellata, l’avvocato dello Stato Fabio Tortora;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti indicati in epigrafe, militari del Corpo della Guardia di Finanza, hanno chiesto al Tar per il Lazio, sede di Roma, il riconoscimento del loro diritto a vedersi riconosciuto il controvalore dei buoni pasto spettanti durante l’effettuazione di turni di servizio con orario comprensivo delle fasce orarie previste per lo svolgimento del servizio di mensa nel periodo antecedente al mese di aprile 2008 (nel periodo successivo l’indennità è stata invece riconosciuta).
2. Il Tar adito ha respinto il ricorso ritenendo che non vi fosse prova del fatto che i ricorrenti non avessero potuto usufruire del servizio mensa messo a disposizione dall'Amministrazione, condizione per l’ottenimento dei buoni pasto, e che, alla luce delle circolari del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 136300/5540/E-2 del 17 aprile 2004 e n. 120301/08 del 12 aprile 2008, i buoni pasto potessero essere usufruiti, in sostituzione della mensa istituita presso le varie sedi, solo se espressamente e preventivamente autorizzati dai Comandi Regionali della Guardia di Finanza.
3. Contro la predetta sentenza, hanno quindi proposto appello, formulando i seguenti motivi di censura.
3.1. Violazione degli artt. 2, 24 e 36 della Costituzione. Violazione degli artt. 1357, 2967, comma 2, e 2968 cod. civ. Eccesso di potere anche per manifesta ingiustizia e per contraddizione con la circolare che ha riconosciuto il diritto.
3.1.1. Evidenziano gli appellanti che nel pubblico impiego le prestazioni di servizio sono documentate nei registri dell’Amministrazione. Pertanto al dipendente e sufficiente addurre il suo status giuridico senza che si possa richiedere allo stesso la produzione di documentazione in possesso dell’Amministrazione al fine di dimostrare, nel caso di specie, il proprio diritto a vedersi riconoscere i buoni pasto o comunque un’indennità sostitutiva degli stessi.
3.1.2. D’altra parte, sostengono che anche la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’onere della prova per il lavoratore in ordine al riconoscimento di un suo un diritto vada ripartito con il datore di lavoro. In ogni caso, il diritto all’indennità sostitutiva di cui è causa è stato poi riconosciuto a partire dalla circolare del 12 aprile 2008 a dimostrazione che anche prima di tale data lo stesso si sarebbe potuto riconoscere ai dipendenti.
3.2. Errata applicazione dell’art. 3, comma 2, del DPR n. 857/1950 e della legge n. 191/1981. Violazione per inosservanza degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta ed illogicità. Errore di Fatto.
3.2.1. Gli appellanti sostengono l’erroneità della sentenza impugnata che, dopo aver riconosciuto che il limitato intervallo per il pasto rende usufruibile la mensa solo se la stessa è collocata presso la struttura presso cui si presta servizio, ha escluso il riconoscimento di un’indennità sostitutiva in mancanza di una puntuale dimostrazione dell’impedimento a poterne usufruire in ragione del servizio prestato.
3.2.2. Non corrisponderebbe al vero, infatti, che non vi fosse prova agli atti dell’effettuazione dei turni di servizio per il quali l’indennità andava riconosciuta, tenuto conto che la stessa Amministrazione ha confermato l’effettuazione di turni per i quali i ricorrenti non avevano potuto usufruire della pausa pranzo.
3.2.3. In relazione alla particolare attività operativa svolta dagli appellanti (di controllo del territorio, di scorta, d’indagine) e alla relativa riservatezza del servizio prestato sarebbe stato, d’altra parte, impossibile fornire prova puntuale. Il giudice di primo grado avrebbe dovuto quindi disporre un’idonea istruttoria per chiedere all’Amministrazione di specificare i turni effettuati.
3.2.4. Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, i buoni pasto costituiscono poi un vero e proprio diritto soggettivo per i dipendenti ed in ogni caso sono riconosciuti come un diritto dalla circolare n. 375000 del 1992 del Comando Generale della Guardia di Finanza (integrata dalla circolare dell’12 aprile 2008) per i militari di turno anche in servizi esterni.
4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, si è costituito in giudizio il 24 luglio 2012, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria, con documentazione, il 4 gennaio 2019.
5. Gli appellanti hanno depositato una memoria di replica il 25 gennaio 2019.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 14 febbraio 2019.
7. L’appello non è fondato, a prescindere dall’eccezione di inammissibilità del gravame proposta dall’Amministrazione appellata (i ricorrenti non avrebbero fornito prova sulla pretesa azionata).
8. Come ha avuto modo di evidenziare questa Sezione (cfr. sentenze n. 6903 e n. 6916 del 2010), la Guardia di Finanza ha l’obbligo di erogare, in presenza dei presupposti di legge, il servizio di mensa in favore dei propri dipendenti mediante forme di gestione diretta dello stesso servizio.
8.1. L’obbligo dell’Amministrazione di erogare il servizio di vettovagliamento è dunque prioritariamente svolto mediante l’istituzione della mensa. Solo in mancanza della stessa o quando non sia comunque usufruibile a causa dello svolgimento del servizio fuori sede e della concreta impossibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del turno di servizio, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza, si provvede mediante “fornitura di buoni pasto” ovvero di “viveri speciali da combattimento” (cfr. art. 63, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
8.2. In concreto, tenuto conto della durata dell’intervallo assicurato ai dipendenti ai fini della consumazione del pasto (trenta minuti), il servizio mensa può considerarsi istituito (sì da precludere ogni modalità alternativa di fornitura del dovuto vettovagliamento ) solo quando la mensa stessa sia collocata e fruibile presso la stessa infrastruttura sede dell’unità di servizio del dipendente (cfr. art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989), giacché tale modalità di prestazione (atta ad azzerare o ridurre al minimo i tempi tecnici occorrenti per lo spostamento dal luogo di servizio alla mensa ) consente di garantire, nei ridotti tempi concessi dall’Amministrazione per la fruizione del pasto, l’effettiva partecipazione degli aventi diritto alla mensa obbligatoria di sevizio (cfr. art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 857/1950 e articolo unico della legge n. 191/1981, poi abrogato dal d.lgs. n. 66/2010).
8.3. Resta salva, comunque, la verifica, in caso di svolgimento del servizio fuori sede, della concreta possibilità per il dipendente, sulla base delle particolari modalità di espletamento del servizio stesso, di usufruire ugualmente della mensa funzionante presso la sede della unità di appartenenza.
8.4. Nel caso di specie, i ricorrenti sono stati applicati presso sedi nelle quali era stata istituita la mensa, che è forma di prestazione prioritaria ed alternativa rispetto alla fornitura di buoni pasto, ma in ragione del servizio prestato sostengono di non averne potuto usufruire.
8.5. Tuttavia, come evidenziato dal Tar, gli appellanti non hanno dimostrato, se non genericamente, le particolari modalità di svolgimento del servizio che hanno reso impossibile l’utilizzo della mensa presso le strutture di appartenenza. Dunque, il diritto al riconoscimento agli stessi degli importi sostitutivi nella misura del controvalore stabilito dall’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, e dall’art. 60 del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, è precluso dalla mancata prova della intervenuta effettuazione, nei giorni di articolazione del servizio con turni comprendenti l’ora dei pasti, di servizi incompatibili con la fruizione della mensa.
8.6. Né tale prova, come sostengono i ricorrenti può essere posta a carico dell’Amministrazione o costituire un onere istruttorio per il giudice, incombendo invece sugli stessi ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. Anche la disciplina del processo amministrativo è, infatti, improntata al principio che la parte che afferma l’esistenza di una posizione giuridica, o che la nega, è onerata di produrre in giudizio tutti gli elementi probatori che ricadono nella sua disponibilità (cfr. ex multis, Cons. Stato: sez. III, 16 luglio 2013, n. 3875; sez. V, 7 giugno 2016, n. 2441).
8.7. D’altra parte, l’azione proposta non è di tipo impugnatorio e dunque retta, dal punto di vista istruttorio, dal principio dispositivo con metodo acquisitivo, con la conseguenza che le parti interessate hanno l’onere di fornire adeguati riscontri probatori, quantomeno rispetto agli elementi dei quali esse hanno una disponibilità, ai sensi del richiamato art. 2697 cod. civ.
8.8. Nel caso in esame, gli appellanti, che lamentano il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva dei buoni pasto antecedentemente all’aprile 2008, avrebbero dovuto fornire almeno un principio di documentazione circa il fatto che nel periodo di riferimento non hanno potuto usufruire della mensa a causa del servizio espletato (es. sui turni di servizio e sui relativi orari). Comunque avrebbero dovuto attivarsi quantomeno mediante l’accesso agli atti per ottenere la documentazione necessaria o una risposta a riguardo dall’Amministrazione.
9. D’altra parte, il riconoscimento dei buoni pasto non può ritenersi un diritto soggettivo posto in capo al dipendente, tenuto conto che l’erogazione degli stessi è condizionata comunque ai limiti dei relativi stanziamenti iscritti nei competenti capitoli di bilancio (cfr. art. 2, comma 1, della legge n. 203/1989).
10. Quanto alle circolari del Comando Generale della Guardia di Finanza adottate in materia, va rilevato che con l’entrata in vigore della circolare n. 120301/08 del 12 aprile 2008 è stato concretamente individuato il personale avente diritto ad un pasto da consumarsi fuori dall’orario di servizio. Tale diritto, però, è limitato alla sola fruizione del pasto, ma non anche ad ottenere un servizio sostitutivo, vale a dire il buono pasto, il quale invece deve essere espressamente e preventivamente autorizzato dal Comando Regionale della Guardia di finanza.
11. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
12. In ragione della complessità della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
Re: BUONI PASTO, GdF.
anche questo appello è stato perso
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201902952
Pubblicato il 08/05/2019
N. 02952/2019 REG. PROV. COLL.
N. 05499/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5499 del 2012, proposto dai signori
OMISSIS (congruo numero di ricorrenti) , rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Maria La Scala e Angelo Schiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Babuino, 107;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 9894 del 20 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto alla corresponsione del controvalore dei buoni pasti per l'effettuazione di turni di servizio continuativi.
OMISSIS
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
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SENTENZA sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 4, numero provv.: 201902952
Pubblicato il 08/05/2019
N. 02952/2019 REG. PROV. COLL.
N. 05499/2012 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5499 del 2012, proposto dai signori
OMISSIS (congruo numero di ricorrenti) , rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Maria La Scala e Angelo Schiano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Babuino, 107;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda, n. 9894 del 20 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto alla corresponsione del controvalore dei buoni pasti per l'effettuazione di turni di servizio continuativi.
OMISSIS
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO
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