DIREZIONE CENTRALE POSIZIONE ASSICURATIVA
DIREZIONE CENTRALE SERVIZI INFORMATIVI E TECNOLOGICI
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INPS
Messaggio numero: 003287 del 03/08/2016
Oggetto: Recupero oneri per benefici pensioni – Nuova procedura web -
Si comunica che, a decorrere dal 05/09/2016, verrà avviato il recupero delle quote, anticipate dall’Istituto e non ancora richieste per benefici concessi in sede di pensione ai sensi della L. 336/70 e per miglioramenti contrattuali, quantificate a seguito delle elaborazioni di pratiche pensionistiche lavorate sul sistema informativo sin.
Le note di debito sono riferite ai recuperi di benefici calcolati su pensioni liquidate e/o riliquidate a decorrere dal 2009, e contengono pertanto, nella fase di avvio finalizzata al recupero dell’arretrato, un valore capitale che costituisce il saldo tra la liquidazione e la riliquidazione.
L’estinzione del debito viene richiesta - in base a quanto disposto dal D.M. 25/08/1972 - mediante il pagamento in unica soluzione, ferma restando comunque la possibilità di richiedere, entro 90 giorni dall’avvenuta ricezione della comunicazione, il pagamento in forma rateale.
La mancata richiesta di pagamento in forma rateale entro i termini sopraindicati viene considerata quale rinuncia alla facoltà di estinguere ratealmente il debito, comportando automaticamente il recupero in un'unica soluzione dell'importo dovuto.
Detto importo verrà scritto sulle procedure di rendicontazione dell’Istituto.
Per le somme complessive addebitate inferiori a € 250,00, è previsto il solo pagamento in un'unica soluzione.
Si fa presente che le note di debito costituiscono, per le somme dovute, avviso di pagamento.
Alla nota di debito verrà allegato il modello F24 precompilato, con relativa chiave di pagamento.
Sarà altresì possibile, entro 90 giorni dalla data di ricezione, la contestazione degli importi contenuti nella nota, anche con riferimento solo ad alcune quote.
Attraverso il Portale dei servizi on line, l’Ente potrà visualizzare le note di debito in carico e potrà avanzare richiesta via web di rateazione - con relativa possibilità di simulare il piano di ammortamento – e di contestazione, esplicitandone le motivazioni tra un elenco di possibili causali, seguendo il percorso: .
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Il dirigente centrale DCPA Il dirigente centrale DCSIT
Gabriele USELLI Giulio BLANDAMURA
Ex combattenti ed assimilati. Legge 336/1970
Re: Ex combattenti ed assimilati. Legge 336/1970
BENEFICI PREVISTI DELLA LEGGE 336/1970
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Legge 24 maggio 1970, n. 336.
Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 giugno 1970, n. 144.
Art.1.
I dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle Amministrazioni ed aziende con ordinamento autonomo, il personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado ed i magistrati dell'ordine giudiziario ed amministrativo, ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerre, o per causa di guerra, profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie equiparate, possono chiedere una sola volta nella carriera di appartenenza la valutazione di due anni o, se più favorevole, il computo delle campagne di guerra e del periodo trascorso in prigionia, in internamento, per ricovero in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti o in prigionia di guerra o internamento, ai fini dell'attribuzione degli aumenti periodici e del conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione.
Il periodo eventualmente eccedente viene valutato per l'attribuzione degli ulteriori aumenti periodici e per il conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione.
Art.2.
Ai dipendenti indicati all'articolo 1, all'atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o, se più favorevole, un aumento periodico per ogni anno o frazione, superiore a sei mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento.
Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché l'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta.
. . . o m i s s i s . . .
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Legge 24 maggio 1970, n. 336.
Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 giugno 1970, n. 144.
Art.1.
I dipendenti civili di ruolo e non di ruolo dello Stato, compresi quelli delle Amministrazioni ed aziende con ordinamento autonomo, il personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado ed i magistrati dell'ordine giudiziario ed amministrativo, ex combattenti, partigiani, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra, orfani, vedove di guerre, o per causa di guerra, profughi per l'applicazione del trattato di pace e categorie equiparate, possono chiedere una sola volta nella carriera di appartenenza la valutazione di due anni o, se più favorevole, il computo delle campagne di guerra e del periodo trascorso in prigionia, in internamento, per ricovero in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti o in prigionia di guerra o internamento, ai fini dell'attribuzione degli aumenti periodici e del conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione.
Il periodo eventualmente eccedente viene valutato per l'attribuzione degli ulteriori aumenti periodici e per il conferimento della successiva classe di stipendio, paga o retribuzione.
Art.2.
Ai dipendenti indicati all'articolo 1, all'atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o, se più favorevole, un aumento periodico per ogni anno o frazione, superiore a sei mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento.
Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché l'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta.
. . . o m i s s i s . . .
Re: Ex combattenti ed assimilati. Legge 336/1970
dal sito INPS
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Maggiorazioni contributive agli ex combattenti
Data: 12/11/2015
La maggiorazione della pensione per gli ex combattenti fu istituita nel 1985, con l'art. 6 della L. 140/1985, in favore delle persone che potessero far valere la qualifica di ex combattente ma che non avevano potuto ottenere i benefici pensionistici stabiliti con L. 336/1970, che erano stati riconosciuti ai soli dipendenti dello Stato e degli altri Enti Pubblici sotto forma di maggiorazione contributiva.
EVOLUZIONE NORMATIVA
Per i dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici ai quali è stata riconosciuta la qualifica di ex combattente o assimilato, la L. 336/70 ha previsto una maggiorazione contributiva ai fini della concessione della pensione.
Del beneficio potevano avvantaggiarsi i lavoratori che avevano lasciato il servizio tra il 26 giugno 1974 ed il 31 dicembre 1979.
Nel beneficio erano ricomprese anche le pensioni ai superstiti.
Al personale che avesse ottenuto - a domanda ed anticipatamente - il collocamento a riposo ai sensi della L. 336/70 veniva attribuito un periodo di contribuzione fittizia di sette anni, che diventavano dieci per i mutilati, gli invalidi di guerra, le vittime civili di guerra.
Tale maggiorazione era utile sia ai fini del diritto sia agli effetti della determinazione della misura della pensione di vecchiaia, di anzianità, di invalidità ed alla pensione indiretta. Inoltre la legge prevedeva una riduzione del limite dell' età pensionabile pari a tre anni e sei mesi (cinque anni per i mutilati, gli invalidi di guerra, le vittime civili di guerra), nei casi in cui tale limite era previsto per il diritto a pensione (pensione di vecchiaia).
In favore di quei soggetti che potevano far valere la qualifica di ex combattente ma che erano rimasti esclusi dai benefici pensionistici della L. 336/70, l' articolo 6 della Legge 140/85 introduce dal 1° gennaio 1985 una maggiorazione “simbolica” del trattamento pensionistico, uguale per tutti e pari all' epoca a 30.000 lire (€ 15,49 mensili), per le pensioni aventi decorrenza successiva al 7 marzo 1968.
Coloro che, invece, sono andati in pensione prima di questa data hanno avuta riconosciuta questa maggiorazione solo dal 1° gennaio 1989, con l' art. 6 della L. 544/1988.
BENEFICIARI
L'incremento compete alle seguenti categorie, peraltro già elencate nella L. 336/70, purché non abbiano usufruito o non abbiano titolo a fruire dei benefici previsti dalla legge appena menzionata:
•ex-combattenti
•partigiani
•mutilati e invalidi di guerra, mutilati e invalidi civili di guerra, reduci civili divenuti inabili a seguito di deportazione o internamento.
•reduci dall' internamento
•orfani e vedove di guerra
•profughi per l' applicazione del trattato di pace e categorie equiparate
•ex deportati ed ex perseguitati politici o razziali sotto il passato regime fascista
•prigionieri dei tedeschi
•disertori assolti per insufficienze di prove o riabilitati
•personale della Croce Rossa Italiana operante in specifiche zone belliche
La maggiorazione non compete a coloro che rivestono qualifica di patrioti.
DOMANDA
La domanda non ha scadenza, salvo l'ordinaria prescrizione per i singoli ratei.
Gli effetti economici decorrono dal 1° gennaio 1985 per le pensioni in godimento.
L' aumento decorre dal mese successivo alla presentazione della domanda per i nuovi pensionati o dovrà comunque essere liquidato con la stessa decorrenza della pensione.
Considerato il tardivo riconoscimento di questi benefici, non sono rari i casi di ex combattenti deceduti prima di aver visto riconosciuto il loro diritto o che non avevano comunque potuto presentare domanda all' Inps.
In una prima fase l'Istituto aveva negato il diritto ai superstiti che stavano percependo la reversibilità.
Poi, a seguito di sentenza 185/90 della Corte Costituzionale, è stato riconosciuto e corrisposto il diritto alla maggiorazione anche ai superstiti nella stessa aliquota della reversibilità e con riferimento alla decorrenza della medesima.
Le domande possono essere inviate esclusivamente attraverso i seguenti canali:
•Web – avvalendosi dei servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
•telefono – contattando il contact center Inps-Inail, al numero 803164 gratuito da rete fissa, o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico
•patronati e tutti gli intermediari dell’Istituto - usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi
ATTRIBUZIONE DELLA MAGGIORAZIONE
L'attribuzione del beneficio riguarda, con la sola esclusione dei titolari di prestazioni assistenziali, i titolari di pensione diretta di tutte le categorie, a qualsiasi fondo appartengano.
La maggiorazione è attribuita a seguito di presentazione di esplicita domanda da parte degli aventi diritto.
Per i primi due anni a decorrere dal 1° gennaio 1985 è stata corrisposta nella misura del 50% (€ 7,75 mensili), per l' intero importo dal 1° gennaio 1987.
L'incremento attribuito diviene parte integrante del trattamento di pensione ed è assoggettato alla disciplina della perequazione automatica.
Qualora la pensione sia integrata al trattamento minimo, la maggiorazione non è riassorbita dall'integrazione ma si aggiunge all' importo complessivo e non diviene per questo superiore al trattamento minimo.
La maggiorazione già attribuita sulla pensione diretta è reversibile ai superstiti, nella stessa aliquota prevista per le pensioni di reversibilità.
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Maggiorazioni contributive agli ex combattenti
Data: 12/11/2015
La maggiorazione della pensione per gli ex combattenti fu istituita nel 1985, con l'art. 6 della L. 140/1985, in favore delle persone che potessero far valere la qualifica di ex combattente ma che non avevano potuto ottenere i benefici pensionistici stabiliti con L. 336/1970, che erano stati riconosciuti ai soli dipendenti dello Stato e degli altri Enti Pubblici sotto forma di maggiorazione contributiva.
EVOLUZIONE NORMATIVA
Per i dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici ai quali è stata riconosciuta la qualifica di ex combattente o assimilato, la L. 336/70 ha previsto una maggiorazione contributiva ai fini della concessione della pensione.
Del beneficio potevano avvantaggiarsi i lavoratori che avevano lasciato il servizio tra il 26 giugno 1974 ed il 31 dicembre 1979.
Nel beneficio erano ricomprese anche le pensioni ai superstiti.
Al personale che avesse ottenuto - a domanda ed anticipatamente - il collocamento a riposo ai sensi della L. 336/70 veniva attribuito un periodo di contribuzione fittizia di sette anni, che diventavano dieci per i mutilati, gli invalidi di guerra, le vittime civili di guerra.
Tale maggiorazione era utile sia ai fini del diritto sia agli effetti della determinazione della misura della pensione di vecchiaia, di anzianità, di invalidità ed alla pensione indiretta. Inoltre la legge prevedeva una riduzione del limite dell' età pensionabile pari a tre anni e sei mesi (cinque anni per i mutilati, gli invalidi di guerra, le vittime civili di guerra), nei casi in cui tale limite era previsto per il diritto a pensione (pensione di vecchiaia).
In favore di quei soggetti che potevano far valere la qualifica di ex combattente ma che erano rimasti esclusi dai benefici pensionistici della L. 336/70, l' articolo 6 della Legge 140/85 introduce dal 1° gennaio 1985 una maggiorazione “simbolica” del trattamento pensionistico, uguale per tutti e pari all' epoca a 30.000 lire (€ 15,49 mensili), per le pensioni aventi decorrenza successiva al 7 marzo 1968.
Coloro che, invece, sono andati in pensione prima di questa data hanno avuta riconosciuta questa maggiorazione solo dal 1° gennaio 1989, con l' art. 6 della L. 544/1988.
BENEFICIARI
L'incremento compete alle seguenti categorie, peraltro già elencate nella L. 336/70, purché non abbiano usufruito o non abbiano titolo a fruire dei benefici previsti dalla legge appena menzionata:
•ex-combattenti
•partigiani
•mutilati e invalidi di guerra, mutilati e invalidi civili di guerra, reduci civili divenuti inabili a seguito di deportazione o internamento.
•reduci dall' internamento
•orfani e vedove di guerra
•profughi per l' applicazione del trattato di pace e categorie equiparate
•ex deportati ed ex perseguitati politici o razziali sotto il passato regime fascista
•prigionieri dei tedeschi
•disertori assolti per insufficienze di prove o riabilitati
•personale della Croce Rossa Italiana operante in specifiche zone belliche
La maggiorazione non compete a coloro che rivestono qualifica di patrioti.
DOMANDA
La domanda non ha scadenza, salvo l'ordinaria prescrizione per i singoli ratei.
Gli effetti economici decorrono dal 1° gennaio 1985 per le pensioni in godimento.
L' aumento decorre dal mese successivo alla presentazione della domanda per i nuovi pensionati o dovrà comunque essere liquidato con la stessa decorrenza della pensione.
Considerato il tardivo riconoscimento di questi benefici, non sono rari i casi di ex combattenti deceduti prima di aver visto riconosciuto il loro diritto o che non avevano comunque potuto presentare domanda all' Inps.
In una prima fase l'Istituto aveva negato il diritto ai superstiti che stavano percependo la reversibilità.
Poi, a seguito di sentenza 185/90 della Corte Costituzionale, è stato riconosciuto e corrisposto il diritto alla maggiorazione anche ai superstiti nella stessa aliquota della reversibilità e con riferimento alla decorrenza della medesima.
Le domande possono essere inviate esclusivamente attraverso i seguenti canali:
•Web – avvalendosi dei servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
•telefono – contattando il contact center Inps-Inail, al numero 803164 gratuito da rete fissa, o al numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico
•patronati e tutti gli intermediari dell’Istituto - usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi
ATTRIBUZIONE DELLA MAGGIORAZIONE
L'attribuzione del beneficio riguarda, con la sola esclusione dei titolari di prestazioni assistenziali, i titolari di pensione diretta di tutte le categorie, a qualsiasi fondo appartengano.
La maggiorazione è attribuita a seguito di presentazione di esplicita domanda da parte degli aventi diritto.
Per i primi due anni a decorrere dal 1° gennaio 1985 è stata corrisposta nella misura del 50% (€ 7,75 mensili), per l' intero importo dal 1° gennaio 1987.
L'incremento attribuito diviene parte integrante del trattamento di pensione ed è assoggettato alla disciplina della perequazione automatica.
Qualora la pensione sia integrata al trattamento minimo, la maggiorazione non è riassorbita dall'integrazione ma si aggiunge all' importo complessivo e non diviene per questo superiore al trattamento minimo.
La maggiorazione già attribuita sulla pensione diretta è reversibile ai superstiti, nella stessa aliquota prevista per le pensioni di reversibilità.
Re: Ex combattenti ed assimilati. Legge 336/1970
per coloro che si trovano nelle medesime situazioni.
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SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 666 27/06/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 666 2016 PENSIONI 27/06/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO
composta dai seguenti magistrati:
Luciano Calamaro Presidente
Angela Silveri Consigliere
Mario Nispi Landi Consigliere
Luigi Cirillo Consigliere relatore
Francesca Padula Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello iscritto al n. 30473 del registro di segreteria, notificato il 19-22.9.2007 e depositato il 18.10.2007, avverso la sentenza n. 309/2007 della Sezione giurisdizionale per la regione Puglia, depositata il 15.5.2007 e notificata il 25.6.2007, proposto
DA
ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI PUBBLICI, in persona del dirigente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Edoardo Urso e con lui elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Santa Croce in Gerusalemme n 55, giusto mandato a margine dell’appello, cui è succeduto ope legis l’I.N.P.S., rappresentato e difeso dal medesimo difensore ai sensi dell’art.21, comma 1, del d.l. n.201/2011
APPELLANTE
CONTRO
Antonio CORONESE, in primo grado rappresentato e difeso dall’Avvocato Donato Ippolito e con lui domiciliato in Massafra alla Via Redipuglia n.3
APPELLATO
MINISTERO DELLA DIFESA
Comando del Dipartimento M.M. di dello Jonio e del Canale d’Otranto in persona del legale rappresentante pro-tempore,
Visti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del giorno 12 novembre 2015 il relatore Cons. Luigi Cirillo, nonché l’Avvocato Maria Passarelli per delega del difensore costituito dell’amministrazione appellante, che si riportava agli atti scritti.
RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza n. 309/2007 depositata in data 15.5.2007, la Sezione giu-risdizionale per la regione Puglia accoglieva parzialmente il ricorso presentato da Antonio CORONESE, avverso il provvedimento del 1.10.2001 con cui l’I.N.P.D.A.P. di Taranto aveva disposto il recupero di Lire 7.439.290 (€ 3.869,96) sulla pensione definitiva del ricorrente, a seguito di quanto indebitamente corrisposto in eccesso (dal 1993 al 2001).
Nella fattispecie, l’indebito si era creato a seguito di un decreto del Ministero della Difesa del 1996 (n. 213/T in data 18 dicembre 1996 registrato il 25.3.1997 alla R.T.S. ed il 6.5.1987 alla Corte dei conti) che aveva modificato il decreto concessivo di pensione definitiva del 1987 (n. 47/I del 5 maggio 1987), separando da quest’ultima un importo a titolo di “assegno ad personam” e disponendo che dal 1.1.1993 esso sarebbe stato “riassorbito dalla D.P.T. (…) con i futuri miglioramenti attribuiti a qualsiasi titolo sul trattamento di quiescenza”, in attuazione all’art. 4 comma 5 della legge n. 498/1992; laddove l’INPDAP non aveva provveduto al riassorbimento fino al 2001 (cinque anni dopo), cosicché la perequazione annuale era stata comunque applicata su tutto il trattamento di pensione dal 13.1.1993 in poi (ex art.13 d.Lgs. 503/1992).
La sentenza riteneva che il recupero da parte dell’I.N.P.D.A.P. violasse l’art.206 d.P.R.1092/1973 (norma di settore) e “i principi generali dell’or-dinamento giuridico di affidamento e buona fede”, in quanto il Coronese era titolare di trattamento “stabilito in via definitiva dalla stessa amministrazione” (il decreto del 1996) e quindi poteva e doveva fare affidamento sulla corretta determinazione dei ratei pensionistici corrispostigli”; laddove l’INPDAP aveva disposto il recupero in unica soluzione, a cinque anni dalla riliquidazione della pensione ed a nove dall’entrata in vigore della norma che imponeva il riassorbimento dei miglioramenti. Quindi il giudice disponeva la restituzione delle ritenute cautelari effettuate dall’amministrazione, riconoscendo la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria su di esse, compensando le spese.
2 – Avverso questa sentenza (notificata il 25.6.2007) veniva proposto appello (notificato in data 19-22.9.2007 e depositato in data 18.10.2007) con cui l’INPDAP chiedeva di annullare la sentenza, dichiarando legittimo il recupero dell’indebito effettuato sulla pensione del Coronesi, o in subordine di dichiarare non dovuti interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme da restituire al pensionato, con vittoria di spese.
Premessa una ricostruzione delle vicende del pregresso grado di giudizio, l’Istituto prospettava i seguenti motivi di gravame.
2.1 – Anzitutto – precisando che nella concreta fattispecie erroneamente era stata concessa la perequazione automatica (dal 13.1.1993, ex d.P.R. n. 503/1992) anche sull’assegno ad personam – l’INPDAP evidenziava che nella fattispecie non era applicabile l’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973, in quanto il recupero dell’indebito era stato disposto non in forza della modifica o revoca del provvedimento definitivo di pensione (presupposto per l’applicazione dell’art.206 d.P.R.1092/1973), ma in forza di una norma di interpretazione autentica (art. 4 comma 5 l. n. 498/1992) che imponeva di riassorbire l’assegno ad personam concesso a titolo di benefici per gli ex-combattenti (ex art.1 l. n. 336/1970 ), con i futuri miglioramenti pensionistici attribuiti all’interessato; norma in forza della quale doveva ritenersi che i benefici perequativi non entrassero affatto nel patrimonio del pensionato, dando luogo ad un indebito oggettivo da recuperare ex art.2033 c.c., a prescindere dall’affidamento incolpevole. In tal senso si citavano varie sentenze di merito (Sez. giur. F.V.G. n. 927/2005, Sez. giur. Marche n. 243/2007) e di appello (Sez. III app. n. 422/2003).
2.2 – Inoltre, l’appellante affermava la violazione e falsa applicazione dell’art.1282 c.c. e dell’art. 2033 c.c., in quanto sulla somma eventualmente da restituirsi all’interessato non spettavano interessi legali e rivalutazione monetaria, in quanto esse non erano dovute al pensionato in forza di un rapporto previdenziale tra l’Istituto ed un proprio iscritto (e quindi non vi era stato un inadempimento dell’INPDAP) bensì erano state indebitamente percepite senza titolo da quest’ultimo per errore dell’Amministrazione di appartenenza e divenute irripetibili solo per buona fede, e quindi non producevano interessi legali (si citavano in tal senso vari precedenti).
4 – Veniva quindi fissata per la discussione dell’appello l’udienza del 17.2.2015, all’esito della quale, con ordinanza n. 46/2015, questa Sezione disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa (dell’Ufficio epigrafato) entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, fissando per la discussione l’udienza del 12.11.2015.
Il 26.8.2015 l’INPS depositava copia dell’appello e dell’ordinanza, notificate al Ministero della Difesa ed al Coronese il 7-16.7.2015.
5 – All’ udienza del 12.11.2015, udito il delegato del difensore costituito dell’I.N.P.S. che concludeva come in epigrafe, l’appello passava in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 – Preliminarmente, in rito, devono dichiararsi la tempestività dell’appello (notificato e depositato nei termini dell’art.1 comma 5-bis d.l. n. 453/1993: cfr. ritenuto in fatto, § 2) e la ritualità del contraddittorio (cfr. ritenuto in fatto, §§ 2-4).
2 – Nel merito, occorre esaminare separatamente i vari motivi di appello.
3 – Quanto al primo motivo di gravame (erronea dichiarazione di irripetibilità dell’indebito), la motivazione della sentenza impugnata ha accolto il ricorso richiamando l’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973, in forza del quale – nei casi di modifica (con provvedimento formale) del trattamento di pensione definitiva – non può essere recuperata la somma indebitamente corrisposta in precedenza; l’Amministrazione appellante contesta quest’assunto, affermando che nell’ipotesi di cui all’art. 4 comma 5 l. n. 498/1992 (a base dell’indebito in esame) – mancando un provvedimento formale di modifica o revoca della pensione definitiva già concessa – non troverebbe applicazione l’art. 206 citato, e quindi si imporrebbe il recupero di indebito ex art.2033 c.c.
3.1 – In merito a tale questione, va anzitutto precisato che, in forza dell’art. 4 comma 5 l. n. 498/1992, le maggiori anzianità previste per gli ex-combattenti dall’art. 1 della legge n. 336/1970 non possono essere computate “in sede di successiva ricostruzione economica prevista da disposizioni di carattere generale.
Gli eventuali maggiori trattamenti spettanti o in godimento, conseguenti ad interpretazioni difformi, sono conservati ad personam e sono riassorbiti con la normale progressione economica di carriera o con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza”). La legge , quindi, non prevede un provvedimento di riliquidazione ad hoc né per l’attribuzione di un “assegno ad personam”, né per il successivo riassorbimento delle perequazioni, bensì un riassorbimento automatico; ciononostante, l’Amministrazione della difesa ha modificato il decreto concessivo di pensione definitiva con un nuovo decreto ricognitivo di assegno e della necessità del suo riassorbimento (donde il contrasto tra le parti).
Orbene, ritiene il Collegio che, qualora la legge preveda che la pensione venga a ridursi o modificarsi in modo automatico al verificarsi di certe condizioni (sia reso o meno un provvedimento espresso di modifica), si esorbita dall’ambito applicativo dell’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973 (cfr. in tal senso Sez. II app. n. 71/2014 su una particolare riduzione prevista per i dipendenti postali, Sez. II app. n. 428/2014 sulla riduzione ex Tab F della l. n. 335/1995), in quanto il provvedimento concessivo di pensione non si può qualificare “definitivo” relativamente a revisioni previste dalla legge in via generale (nella fattispecie qui in esame, la perequazione). Pertanto, correttamente l’appellante afferma l’inapplicabilità, nella concreta fattispecie, dell’art.206 d.P.R. n.1092/1973.
Tuttavia, erra l’appellante nel ritenere che l’inapplicabilità dell’art.206 imponga l’applicazione del generale principio dell’art.2033 c.c. e quindi una ripetibilità ad libitum dell’indebito, in quanto (a parte alcune ipotesi come la ripetizione di indebito formatosi in attuazione di sentenza provvisoriamente esecutiva e poi riformata, disciplinata da altre norme) il trattamento provvisoriamente attribuito non può che ritenersi tale, e quindi assoggettato ai generali principi fissati dalla decisione n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite, ovvero la tutela dell’affidamento in buona fede (in tal senso cfr. le citate sentenze di questa Sezione Seconda n. 71/2014 sui postali e n.428/2014). In altri termini, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, nel caso in esame l’indebito è irripetibile in presenza di un legittimo affidamento, che spetta al giudice di primo grado verificare alla luce dei criteri e principi fissati dalla sentenza n.2/QM/2012 delle Sezioni Riunite; fermo restando che – come precisato dalla medesima sentenza – in sede di appello il giudice non potrà che limitarsi ad esaminare questioni di diritto (restando quindi precluso l’esame del fatto se non sotto il profilo della omessa o apparente motivazione: cfr. SS.RR.10/QM/2000).
3.2 – Tanto premesso - e stante che nella concreta fattispecie non è applicabile l’art.206 d.P.R.1029/1973, onde la sentenza sarebbe annullabile in parte qua - va tuttavia evidenziato che la sentenza impugnata non si è limitata a richiamare questa disposizione, ma ha comunque motivato (sia pure sinteticamente) circa la sussistenza di un legittimo affidamento. Infatti, la sentenza precisa che l’amministrazione previdenziale “ha violato” non solo “la norma di settore” ma anche “i principi generali dell’ordinamento giuridico di affidamento e buona fede”, ed evidenzia che con l’impugnato decreto del 1996 – nel separare dalla pensione spettante l’assegno ad personam – ne aveva espressamente disposto il riassorbimento a cura della D.P.T. (onde a quel punto il pensionato ben poteva e doveva fare affidamento sulla correttezza dei ratei corrisposti) e che l’indebito era stato di circa € 3870 in 8 anni (e quindi circa € 40 al mese).
A fronte di questa motivazione, la sentenza non può essere annullata, in quanto – a parte che l’appellante non contesta specificamente vizi della decisione sotto il profilo della omessa o apparente motivazione – la motivazione è comunque congrua. Pertanto, il motivo di gravame relativo alla dichiarazione di irripetibilità dell’indebito non può essere accolto.
4 – Viceversa, va accolto il secondo motivo di appello (erronea attribuzione della maggior somma tra interessi e rivalutazione), in applicazione dei principi dettati dalla recente decisione delle Sezioni Riunite n. 11/QM/2015, secondo cui <<la disciplina del terzo comma dell’art. 429 c.p.c. (…) opera solo a tutela dei crediti previdenziali “oggettivamente” spettanti, situazione del tutto dissimile dal diritto alla restituzione di somme pensionistiche solo “soggettivamente” spettanti in virtù di una (giudizialmente) riscontrata tutela dell’affidamento del percipiente. Si tratta di somme indebitamente erogate e percepite, non legate ad un diritto soggettivo, non dipendenti da una preesistente obbligazione pecuniaria, non aventi natura previdenziale e/o pensionistica, somme cui non può accedere alcun importo risarcitorio indipendentemente o meno dalla relativa espressa richiesta.>> ; per cui <<in caso di accertata irripetibilità di somme indebitamente corrisposte al pensionato e fatte oggetto di recupero, le stesse devono essere restituite all’interessato limitatamente alla sorte capitale senza aggiunta di alcuna somma accessoria>>.
5 – Pertanto, la sentenza impugnata va riformata nella sola parte relativa agli accessori, dichiarando la non spettanza al Coronese della maggior somma tra interessi e rivalutazione sulle ritenute effettuate dall’amministrazione a titolo di recupero dell’indebito.
6 – La presentazione del ricorso e dell’appello prima della innovativa sentenza n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite e il solo parziale accoglimento del gravame impongono la integrale compensazione delle spese anche del secondo grado, ai sensi degli artt. 92 cpv. c.p.c. e 26 r.d. n. 1038/1933.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti - Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, ogni diversa e contraria istanza, azione, eccezione o deduzione disattesa o reietta,
- accoglie parzialmente l’appello n. 30473, nei sensi di cui in motivazione;
- compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre 2015.
IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Cons. Luigi Cirillo) (Pres. Luciano Calamaro)
f.to Luigi Cirillo) f.to Luciano Calamaro
Depositata in Segreteria il 27 Giu. 2016
Il Dirigente
(Dott.ssa Daniela D’Amaro)
f.to Daniela D’amaro
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SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 666 27/06/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 666 2016 PENSIONI 27/06/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO
composta dai seguenti magistrati:
Luciano Calamaro Presidente
Angela Silveri Consigliere
Mario Nispi Landi Consigliere
Luigi Cirillo Consigliere relatore
Francesca Padula Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sull’appello iscritto al n. 30473 del registro di segreteria, notificato il 19-22.9.2007 e depositato il 18.10.2007, avverso la sentenza n. 309/2007 della Sezione giurisdizionale per la regione Puglia, depositata il 15.5.2007 e notificata il 25.6.2007, proposto
DA
ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI PUBBLICI, in persona del dirigente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Edoardo Urso e con lui elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Santa Croce in Gerusalemme n 55, giusto mandato a margine dell’appello, cui è succeduto ope legis l’I.N.P.S., rappresentato e difeso dal medesimo difensore ai sensi dell’art.21, comma 1, del d.l. n.201/2011
APPELLANTE
CONTRO
Antonio CORONESE, in primo grado rappresentato e difeso dall’Avvocato Donato Ippolito e con lui domiciliato in Massafra alla Via Redipuglia n.3
APPELLATO
MINISTERO DELLA DIFESA
Comando del Dipartimento M.M. di dello Jonio e del Canale d’Otranto in persona del legale rappresentante pro-tempore,
Visti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del giorno 12 novembre 2015 il relatore Cons. Luigi Cirillo, nonché l’Avvocato Maria Passarelli per delega del difensore costituito dell’amministrazione appellante, che si riportava agli atti scritti.
RITENUTO IN FATTO
1 – Con sentenza n. 309/2007 depositata in data 15.5.2007, la Sezione giu-risdizionale per la regione Puglia accoglieva parzialmente il ricorso presentato da Antonio CORONESE, avverso il provvedimento del 1.10.2001 con cui l’I.N.P.D.A.P. di Taranto aveva disposto il recupero di Lire 7.439.290 (€ 3.869,96) sulla pensione definitiva del ricorrente, a seguito di quanto indebitamente corrisposto in eccesso (dal 1993 al 2001).
Nella fattispecie, l’indebito si era creato a seguito di un decreto del Ministero della Difesa del 1996 (n. 213/T in data 18 dicembre 1996 registrato il 25.3.1997 alla R.T.S. ed il 6.5.1987 alla Corte dei conti) che aveva modificato il decreto concessivo di pensione definitiva del 1987 (n. 47/I del 5 maggio 1987), separando da quest’ultima un importo a titolo di “assegno ad personam” e disponendo che dal 1.1.1993 esso sarebbe stato “riassorbito dalla D.P.T. (…) con i futuri miglioramenti attribuiti a qualsiasi titolo sul trattamento di quiescenza”, in attuazione all’art. 4 comma 5 della legge n. 498/1992; laddove l’INPDAP non aveva provveduto al riassorbimento fino al 2001 (cinque anni dopo), cosicché la perequazione annuale era stata comunque applicata su tutto il trattamento di pensione dal 13.1.1993 in poi (ex art.13 d.Lgs. 503/1992).
La sentenza riteneva che il recupero da parte dell’I.N.P.D.A.P. violasse l’art.206 d.P.R.1092/1973 (norma di settore) e “i principi generali dell’or-dinamento giuridico di affidamento e buona fede”, in quanto il Coronese era titolare di trattamento “stabilito in via definitiva dalla stessa amministrazione” (il decreto del 1996) e quindi poteva e doveva fare affidamento sulla corretta determinazione dei ratei pensionistici corrispostigli”; laddove l’INPDAP aveva disposto il recupero in unica soluzione, a cinque anni dalla riliquidazione della pensione ed a nove dall’entrata in vigore della norma che imponeva il riassorbimento dei miglioramenti. Quindi il giudice disponeva la restituzione delle ritenute cautelari effettuate dall’amministrazione, riconoscendo la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria su di esse, compensando le spese.
2 – Avverso questa sentenza (notificata il 25.6.2007) veniva proposto appello (notificato in data 19-22.9.2007 e depositato in data 18.10.2007) con cui l’INPDAP chiedeva di annullare la sentenza, dichiarando legittimo il recupero dell’indebito effettuato sulla pensione del Coronesi, o in subordine di dichiarare non dovuti interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme da restituire al pensionato, con vittoria di spese.
Premessa una ricostruzione delle vicende del pregresso grado di giudizio, l’Istituto prospettava i seguenti motivi di gravame.
2.1 – Anzitutto – precisando che nella concreta fattispecie erroneamente era stata concessa la perequazione automatica (dal 13.1.1993, ex d.P.R. n. 503/1992) anche sull’assegno ad personam – l’INPDAP evidenziava che nella fattispecie non era applicabile l’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973, in quanto il recupero dell’indebito era stato disposto non in forza della modifica o revoca del provvedimento definitivo di pensione (presupposto per l’applicazione dell’art.206 d.P.R.1092/1973), ma in forza di una norma di interpretazione autentica (art. 4 comma 5 l. n. 498/1992) che imponeva di riassorbire l’assegno ad personam concesso a titolo di benefici per gli ex-combattenti (ex art.1 l. n. 336/1970 ), con i futuri miglioramenti pensionistici attribuiti all’interessato; norma in forza della quale doveva ritenersi che i benefici perequativi non entrassero affatto nel patrimonio del pensionato, dando luogo ad un indebito oggettivo da recuperare ex art.2033 c.c., a prescindere dall’affidamento incolpevole. In tal senso si citavano varie sentenze di merito (Sez. giur. F.V.G. n. 927/2005, Sez. giur. Marche n. 243/2007) e di appello (Sez. III app. n. 422/2003).
2.2 – Inoltre, l’appellante affermava la violazione e falsa applicazione dell’art.1282 c.c. e dell’art. 2033 c.c., in quanto sulla somma eventualmente da restituirsi all’interessato non spettavano interessi legali e rivalutazione monetaria, in quanto esse non erano dovute al pensionato in forza di un rapporto previdenziale tra l’Istituto ed un proprio iscritto (e quindi non vi era stato un inadempimento dell’INPDAP) bensì erano state indebitamente percepite senza titolo da quest’ultimo per errore dell’Amministrazione di appartenenza e divenute irripetibili solo per buona fede, e quindi non producevano interessi legali (si citavano in tal senso vari precedenti).
4 – Veniva quindi fissata per la discussione dell’appello l’udienza del 17.2.2015, all’esito della quale, con ordinanza n. 46/2015, questa Sezione disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa (dell’Ufficio epigrafato) entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, fissando per la discussione l’udienza del 12.11.2015.
Il 26.8.2015 l’INPS depositava copia dell’appello e dell’ordinanza, notificate al Ministero della Difesa ed al Coronese il 7-16.7.2015.
5 – All’ udienza del 12.11.2015, udito il delegato del difensore costituito dell’I.N.P.S. che concludeva come in epigrafe, l’appello passava in decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 – Preliminarmente, in rito, devono dichiararsi la tempestività dell’appello (notificato e depositato nei termini dell’art.1 comma 5-bis d.l. n. 453/1993: cfr. ritenuto in fatto, § 2) e la ritualità del contraddittorio (cfr. ritenuto in fatto, §§ 2-4).
2 – Nel merito, occorre esaminare separatamente i vari motivi di appello.
3 – Quanto al primo motivo di gravame (erronea dichiarazione di irripetibilità dell’indebito), la motivazione della sentenza impugnata ha accolto il ricorso richiamando l’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973, in forza del quale – nei casi di modifica (con provvedimento formale) del trattamento di pensione definitiva – non può essere recuperata la somma indebitamente corrisposta in precedenza; l’Amministrazione appellante contesta quest’assunto, affermando che nell’ipotesi di cui all’art. 4 comma 5 l. n. 498/1992 (a base dell’indebito in esame) – mancando un provvedimento formale di modifica o revoca della pensione definitiva già concessa – non troverebbe applicazione l’art. 206 citato, e quindi si imporrebbe il recupero di indebito ex art.2033 c.c.
3.1 – In merito a tale questione, va anzitutto precisato che, in forza dell’art. 4 comma 5 l. n. 498/1992, le maggiori anzianità previste per gli ex-combattenti dall’art. 1 della legge n. 336/1970 non possono essere computate “in sede di successiva ricostruzione economica prevista da disposizioni di carattere generale.
Gli eventuali maggiori trattamenti spettanti o in godimento, conseguenti ad interpretazioni difformi, sono conservati ad personam e sono riassorbiti con la normale progressione economica di carriera o con i futuri miglioramenti dovuti sul trattamento di quiescenza”). La legge , quindi, non prevede un provvedimento di riliquidazione ad hoc né per l’attribuzione di un “assegno ad personam”, né per il successivo riassorbimento delle perequazioni, bensì un riassorbimento automatico; ciononostante, l’Amministrazione della difesa ha modificato il decreto concessivo di pensione definitiva con un nuovo decreto ricognitivo di assegno e della necessità del suo riassorbimento (donde il contrasto tra le parti).
Orbene, ritiene il Collegio che, qualora la legge preveda che la pensione venga a ridursi o modificarsi in modo automatico al verificarsi di certe condizioni (sia reso o meno un provvedimento espresso di modifica), si esorbita dall’ambito applicativo dell’art. 206 d.P.R. n. 1092/1973 (cfr. in tal senso Sez. II app. n. 71/2014 su una particolare riduzione prevista per i dipendenti postali, Sez. II app. n. 428/2014 sulla riduzione ex Tab F della l. n. 335/1995), in quanto il provvedimento concessivo di pensione non si può qualificare “definitivo” relativamente a revisioni previste dalla legge in via generale (nella fattispecie qui in esame, la perequazione). Pertanto, correttamente l’appellante afferma l’inapplicabilità, nella concreta fattispecie, dell’art.206 d.P.R. n.1092/1973.
Tuttavia, erra l’appellante nel ritenere che l’inapplicabilità dell’art.206 imponga l’applicazione del generale principio dell’art.2033 c.c. e quindi una ripetibilità ad libitum dell’indebito, in quanto (a parte alcune ipotesi come la ripetizione di indebito formatosi in attuazione di sentenza provvisoriamente esecutiva e poi riformata, disciplinata da altre norme) il trattamento provvisoriamente attribuito non può che ritenersi tale, e quindi assoggettato ai generali principi fissati dalla decisione n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite, ovvero la tutela dell’affidamento in buona fede (in tal senso cfr. le citate sentenze di questa Sezione Seconda n. 71/2014 sui postali e n.428/2014). In altri termini, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, nel caso in esame l’indebito è irripetibile in presenza di un legittimo affidamento, che spetta al giudice di primo grado verificare alla luce dei criteri e principi fissati dalla sentenza n.2/QM/2012 delle Sezioni Riunite; fermo restando che – come precisato dalla medesima sentenza – in sede di appello il giudice non potrà che limitarsi ad esaminare questioni di diritto (restando quindi precluso l’esame del fatto se non sotto il profilo della omessa o apparente motivazione: cfr. SS.RR.10/QM/2000).
3.2 – Tanto premesso - e stante che nella concreta fattispecie non è applicabile l’art.206 d.P.R.1029/1973, onde la sentenza sarebbe annullabile in parte qua - va tuttavia evidenziato che la sentenza impugnata non si è limitata a richiamare questa disposizione, ma ha comunque motivato (sia pure sinteticamente) circa la sussistenza di un legittimo affidamento. Infatti, la sentenza precisa che l’amministrazione previdenziale “ha violato” non solo “la norma di settore” ma anche “i principi generali dell’ordinamento giuridico di affidamento e buona fede”, ed evidenzia che con l’impugnato decreto del 1996 – nel separare dalla pensione spettante l’assegno ad personam – ne aveva espressamente disposto il riassorbimento a cura della D.P.T. (onde a quel punto il pensionato ben poteva e doveva fare affidamento sulla correttezza dei ratei corrisposti) e che l’indebito era stato di circa € 3870 in 8 anni (e quindi circa € 40 al mese).
A fronte di questa motivazione, la sentenza non può essere annullata, in quanto – a parte che l’appellante non contesta specificamente vizi della decisione sotto il profilo della omessa o apparente motivazione – la motivazione è comunque congrua. Pertanto, il motivo di gravame relativo alla dichiarazione di irripetibilità dell’indebito non può essere accolto.
4 – Viceversa, va accolto il secondo motivo di appello (erronea attribuzione della maggior somma tra interessi e rivalutazione), in applicazione dei principi dettati dalla recente decisione delle Sezioni Riunite n. 11/QM/2015, secondo cui <<la disciplina del terzo comma dell’art. 429 c.p.c. (…) opera solo a tutela dei crediti previdenziali “oggettivamente” spettanti, situazione del tutto dissimile dal diritto alla restituzione di somme pensionistiche solo “soggettivamente” spettanti in virtù di una (giudizialmente) riscontrata tutela dell’affidamento del percipiente. Si tratta di somme indebitamente erogate e percepite, non legate ad un diritto soggettivo, non dipendenti da una preesistente obbligazione pecuniaria, non aventi natura previdenziale e/o pensionistica, somme cui non può accedere alcun importo risarcitorio indipendentemente o meno dalla relativa espressa richiesta.>> ; per cui <<in caso di accertata irripetibilità di somme indebitamente corrisposte al pensionato e fatte oggetto di recupero, le stesse devono essere restituite all’interessato limitatamente alla sorte capitale senza aggiunta di alcuna somma accessoria>>.
5 – Pertanto, la sentenza impugnata va riformata nella sola parte relativa agli accessori, dichiarando la non spettanza al Coronese della maggior somma tra interessi e rivalutazione sulle ritenute effettuate dall’amministrazione a titolo di recupero dell’indebito.
6 – La presentazione del ricorso e dell’appello prima della innovativa sentenza n. 2/QM/2012 delle Sezioni Riunite e il solo parziale accoglimento del gravame impongono la integrale compensazione delle spese anche del secondo grado, ai sensi degli artt. 92 cpv. c.p.c. e 26 r.d. n. 1038/1933.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dei conti - Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, ogni diversa e contraria istanza, azione, eccezione o deduzione disattesa o reietta,
- accoglie parzialmente l’appello n. 30473, nei sensi di cui in motivazione;
- compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 novembre 2015.
IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Cons. Luigi Cirillo) (Pres. Luciano Calamaro)
f.to Luigi Cirillo) f.to Luciano Calamaro
Depositata in Segreteria il 27 Giu. 2016
Il Dirigente
(Dott.ssa Daniela D’Amaro)
f.to Daniela D’amaro
Re: Ex combattenti ed assimilati. Legge 336/1970
vedi link qui sotto
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http://www.pensionioggi.it/notizie/prev ... ti-8978979" onclick="window.open(this.href);return false;
Pensioni, l'Inps recupera i benefici non dovuti agli ex combattenti
Venerdì, 05 Agosto 2016 12:30
Scritto da Bernardo Diaz
Coinvolte nel procedimento di restituzione le quote di pensione liquidate o riliquidate a decorrere al 1° gennaio 2009.
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Pensioni, l'Inps recupera i benefici non dovuti agli ex combattenti
Venerdì, 05 Agosto 2016 12:30
Scritto da Bernardo Diaz
Coinvolte nel procedimento di restituzione le quote di pensione liquidate o riliquidate a decorrere al 1° gennaio 2009.
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