Ho capito bene che la stai chiedendo a me?? Veramente l'ho chiesto prima io!!cimapier ha scritto:.....................Nonostante la tua provocazione da caserma ti rispondo e ti invito a fornirmi quale articolo della legge 121/81 ha violato il collega. Bada che la conosco bene.....Un saluto
Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Messaggio da Enzo_ »
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Caro collega, l'autore del post potrebbe rispondere di una violazione della pubblicazione P7, poichè ha ceduto le credenziali in suo possesso. Attenzione però: se le credenziali oltre al sottoscritto sono in possesso dell'amministratore del sistema non rispondo di un bel niente. Infatti tu mi insegni che le credenziali devono rimanere riservate: se ti è consentito il cambio password; che l'amministratore del sistema non le veda in chiaro. C'è da chiarire un'altro punto se prima del rilascio delle credenziali o al rinnovo delle stesse abbia firmato una dichiarazione circa l'utilizzo. Ora per approfondire il caso specifico sarebbe opportuno conoscere nel dettaglio l'intera vicenda e capire come sono si sono verificati i fatti. Una cosa è certa si commette accesso abusivo quando il sistema non ha previsto che tu lo possa utilizzare. Un caro abbraccio
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Premesso che è una violazione del codice penale oltre alle varie P7, normative interne ecc. ecc., non vedo quale sia il problema, visto che il procedimento disciplinare si conclude dopo la vicenda penale. Dopo che ti sei preso 2 anni magari con la condizionale non vedo cosa ti possano fare 2 giorni di consegna magari di rigore. Dare la propria password SDI ad altra persona, anche se per motivi umanitari di servizio, di vita o di morte è illecito. Poi riguardo alla conoscenza della pass da parte dell'amministrazione non è possibile in quanto la password in caso di smarrimento o dimenticanza viene azzerata dal focal point e viene rimpiazzata da una provvisoria (generalmente coincide con la userid) e viene cambiata dall'utente al primo accesso al sistema. Saluti
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Messaggio da Enzo_ »
A mio avviso, come ho anticipato, la norma da appliocarsi dovrebbe essere quella indicata dalla L.121/81:
ART. 12.
(Sanzioni)
Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge, o al di fuori dei fini previsti dalla stessa, e' punito, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Se il fatto e' commesso per colpa, la pena e' della reclusione fino a sei mesi.
ART. 12.
(Sanzioni)
Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge, o al di fuori dei fini previsti dalla stessa, e' punito, salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Se il fatto e' commesso per colpa, la pena e' della reclusione fino a sei mesi.
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
giusto x notizia la posta anche qui nel caso interessa a qualcuno.
REATI INFORMATICI: è reato spiare la casella e-mail del sottoposto (Cass. Penale Sez. 5 nr. 13057/2016)
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Integrato il reato di accesso abusivo a sistema informatico ex art. 615-ter c.p.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento ha esteso anche alla casella e-mail istituzionale le tutele approntate dal Legislatore per il cd. "domicilio informatico" con la conseguenza che gli accessi non autorizzati integrano il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.).
La vicenda: il responsabile dell'Ufficio di Polizia Provinciale aveva fatto accesso alla casella e-mail istituzionale assegnata ad uno dei suoi sottoposti, prendendo visione di messaggi di posta elettronica e allegati. Veniva accusato e condannato per Violazione della corrispondenza (art. 616 c.p.) e, appunto, accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.).
A nulla sono valse le doglianze svolte in sede di Legittimità. La Cassazione ha infatti precisato che la casella e-mail costituisce un sistema informatico a tutti gli effetti così come previsto dalle norme nazionali e sovranazionali in materia di crimini informatici.
Lo spazio di archiviazione cui la casella di posta elettronica si riferisce è esclusivo del dipendente e costituisce "domicilio informatico". A nulla rileva che il sistema informatico sia in uso ad una pubblica amministrazione: il diritto all'inviolabilità del domicilio (ancorchè informatico) è costituzionalmente tutelato e non cede di fronte al superiore gerarchico.
Oltre alla condanna per l'accesso abusivo, l'imputato viene condannato anche per violazione della corrispondenza per aver preso cognizione di una corrispondenza a lui non indirizzata: in questo caso l'equiparazione tra missiva cartacea e informatica o telematica sussiste alla luce dell'ultimo comma dell'art. 616 c.p.
REATI INFORMATICI: è reato spiare la casella e-mail del sottoposto (Cass. Penale Sez. 5 nr. 13057/2016)
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Integrato il reato di accesso abusivo a sistema informatico ex art. 615-ter c.p.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento ha esteso anche alla casella e-mail istituzionale le tutele approntate dal Legislatore per il cd. "domicilio informatico" con la conseguenza che gli accessi non autorizzati integrano il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.).
La vicenda: il responsabile dell'Ufficio di Polizia Provinciale aveva fatto accesso alla casella e-mail istituzionale assegnata ad uno dei suoi sottoposti, prendendo visione di messaggi di posta elettronica e allegati. Veniva accusato e condannato per Violazione della corrispondenza (art. 616 c.p.) e, appunto, accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.).
A nulla sono valse le doglianze svolte in sede di Legittimità. La Cassazione ha infatti precisato che la casella e-mail costituisce un sistema informatico a tutti gli effetti così come previsto dalle norme nazionali e sovranazionali in materia di crimini informatici.
Lo spazio di archiviazione cui la casella di posta elettronica si riferisce è esclusivo del dipendente e costituisce "domicilio informatico". A nulla rileva che il sistema informatico sia in uso ad una pubblica amministrazione: il diritto all'inviolabilità del domicilio (ancorchè informatico) è costituzionalmente tutelato e non cede di fronte al superiore gerarchico.
Oltre alla condanna per l'accesso abusivo, l'imputato viene condannato anche per violazione della corrispondenza per aver preso cognizione di una corrispondenza a lui non indirizzata: in questo caso l'equiparazione tra missiva cartacea e informatica o telematica sussiste alla luce dell'ultimo comma dell'art. 616 c.p.
Re: Prestare password sdi a collega - SANZIONI -
Messaggio da carlo1966 »
L' utenza rilasciata per l’accesso allo SDI è individuale e pertanto il possessore è tenuto a non divulgarla a terzi anche in virtù delle sanzioni penali previste dall’articolo 12 della legge 1 aprile 1998, n. 128.
Art. 9 – Accesso ai dati ed informazioni e loro uso.
L’accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del Centro di cui all’articolo precedente e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati ai sensi del secondo comma del successivo art. 11.
L’accesso ai dati e alle informazioni di cui al comma precedente è consentito all’autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale.
E’ comunque vietata ogni utilizzazione delle informazioni e dei dati predetti per finalità diverse da quelle previste dall’art. 6, lettera a). E’ altresì vietata ogni circolazione delle informazioni all’interno della pubblica amministrazione fuori dei casi indicati nel primo comma del presente articolo.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Art. 16-quater del D.L. 18 gennaio 1993, n.8, recante disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica, convertito, con modificazioni nella L. 19.03.1993, n.68, così dispone:
“Il personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale accede ai sistemi informativi automatizzati del pubblico registro automobilistico e della Direzione generale della Motorizzazione civile e può accedere, in deroga all’art. 9 della L. 1.04.1981, n.121, e successive modificazioni, qualora in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, allo schedario dei veicoli rubati operante presso il Centro elaborazione dati di cui all’art. 8 della predetta legge n.121.
Art. 10 – Controlli.
Il controllo sul Centro elaborazione dati è esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali, nei modi previsti dalla legge e dai regolamenti.
I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l’acquisizione delle fonti originarie indicate nel primo comma dell’art. 7, fermo restando quanto stabilito dall’art. 240 c.p.p.. Quando nel corso di un procedimento giurisdizionale o amministrativo viene rilevata l’erroneità o l’incompletezza dei dati e delle informazioni, o l’illegittimità del loro trattamento, l’autorità procedente ne da’ notizia al Garante per la protezione dei dati personali.
La persona alla quale si riferiscono i dati può chiedere all’ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell’art. 5 la conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro cancellazione o trasformazione in forma anonima.
Esperiti i necessari accertamenti, l’ufficio comunica al richiedente, non oltre trenta giorni dalla richiesta, le determinazioni adottate. L’ufficio può omettere di provvedere sulla richiesta se ciò può pregiudicare azioni od operazioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, dandone informazione al Garante per la protezione dei dati personali.
Chiunque viene a conoscenza dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, trattati anche in forma non automatizzata in violazione di disposizioni di legge o di regolamento, può chiedere al tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento di compiere gli accertamenti necessari e di ordinare la rettifica, l’integrazione, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei dati medesimi.
Art. 11 – Procedure.
Mediante regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabilite le procedure per la raccolta dei dati e delle informazioni di cui all’art. 6, lettera a), e all’art. 7, per l’accesso e la comunicazione dei dati stessi ai soggetti previsti dall’art. 9, nonché per la correzione o cancellazione dei dati erronei e la integrazione di quelli incompleti. (D.P.R. 3 maggio 1982, n.378)
Un particolare regime di autorizzazioni da parte dei capi dei rispettivi uffici e servizi, quando non siano questi a fare diretta richiesta dei dati e delle informazioni, deve essere previsto dal regolamento per i soggetti indicati nel primo comma dell’art. 9.
Art. 12 – Sanzioni.
Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge, o al di fuori dei fini previsti dalla stessa, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è la reclusione fino a sei mesi.
Art. 9 – Accesso ai dati ed informazioni e loro uso.
L’accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del Centro di cui all’articolo precedente e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati ai sensi del secondo comma del successivo art. 11.
L’accesso ai dati e alle informazioni di cui al comma precedente è consentito all’autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale.
E’ comunque vietata ogni utilizzazione delle informazioni e dei dati predetti per finalità diverse da quelle previste dall’art. 6, lettera a). E’ altresì vietata ogni circolazione delle informazioni all’interno della pubblica amministrazione fuori dei casi indicati nel primo comma del presente articolo.
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Art. 16-quater del D.L. 18 gennaio 1993, n.8, recante disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica, convertito, con modificazioni nella L. 19.03.1993, n.68, così dispone:
“Il personale della polizia municipale addetto ai servizi di polizia stradale accede ai sistemi informativi automatizzati del pubblico registro automobilistico e della Direzione generale della Motorizzazione civile e può accedere, in deroga all’art. 9 della L. 1.04.1981, n.121, e successive modificazioni, qualora in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, allo schedario dei veicoli rubati operante presso il Centro elaborazione dati di cui all’art. 8 della predetta legge n.121.
Art. 10 – Controlli.
Il controllo sul Centro elaborazione dati è esercitato dal Garante per la protezione dei dati personali, nei modi previsti dalla legge e dai regolamenti.
I dati e le informazioni conservati negli archivi del Centro possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l’acquisizione delle fonti originarie indicate nel primo comma dell’art. 7, fermo restando quanto stabilito dall’art. 240 c.p.p.. Quando nel corso di un procedimento giurisdizionale o amministrativo viene rilevata l’erroneità o l’incompletezza dei dati e delle informazioni, o l’illegittimità del loro trattamento, l’autorità procedente ne da’ notizia al Garante per la protezione dei dati personali.
La persona alla quale si riferiscono i dati può chiedere all’ufficio di cui alla lettera c) del primo comma dell’art. 5 la conferma dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intellegibile e, se i dati risultano trattati in violazione di vigenti disposizioni di legge o di regolamento, la loro cancellazione o trasformazione in forma anonima.
Esperiti i necessari accertamenti, l’ufficio comunica al richiedente, non oltre trenta giorni dalla richiesta, le determinazioni adottate. L’ufficio può omettere di provvedere sulla richiesta se ciò può pregiudicare azioni od operazioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, dandone informazione al Garante per la protezione dei dati personali.
Chiunque viene a conoscenza dell’esistenza di dati personali che lo riguardano, trattati anche in forma non automatizzata in violazione di disposizioni di legge o di regolamento, può chiedere al tribunale del luogo ove risiede il titolare del trattamento di compiere gli accertamenti necessari e di ordinare la rettifica, l’integrazione, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei dati medesimi.
Art. 11 – Procedure.
Mediante regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabilite le procedure per la raccolta dei dati e delle informazioni di cui all’art. 6, lettera a), e all’art. 7, per l’accesso e la comunicazione dei dati stessi ai soggetti previsti dall’art. 9, nonché per la correzione o cancellazione dei dati erronei e la integrazione di quelli incompleti. (D.P.R. 3 maggio 1982, n.378)
Un particolare regime di autorizzazioni da parte dei capi dei rispettivi uffici e servizi, quando non siano questi a fare diretta richiesta dei dati e delle informazioni, deve essere previsto dal regolamento per i soggetti indicati nel primo comma dell’art. 9.
Art. 12 – Sanzioni.
Il pubblico ufficiale che comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione delle disposizioni della presente legge, o al di fuori dei fini previsti dalla stessa, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è la reclusione fino a sei mesi.
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