Buongiorno,
volevo sapere se esiste una normativa che prevede la domanda di riammissione in servizio nell'Arma dei carabinieri.
In particolare ho svolto servizio per 9 anni e nel 2008 mi sono congedato volontariamente e senza demeriti (ero già in S.P.E.) con la qualifica di carabiniere scelto.
Se è possibile a chi va indirizzata la domanda? Esiste un fac simile o estremi di legge che prevedono ciò?
Riammissione in servizio
Moderatore: Avv. Giorgio Carta
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Questo servizio è gratuito ed i quesiti rivolti all'avvocato Giorgio Carta saranno evasi compatibilmente con i suoi impegni professionali. Riceveranno risposta solo i quesiti pubblicati nell’area pubblica, a beneficio di tutti i frequentatori del forum. Nel caso si intenda ricevere una consulenza riservata e personalizzata , l’avvocato Carta è reperibile ai recapiti indicati sul sito www.studiolegalecarta.com, ma la prestazione professionale è soggetta alle vigenti tariffe professionali.
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Re: Riammissione in servizio
Salve,
scrivi nel motore di ricerca "Riammissione in servizio Arma Carabinieri" in questa sezione troverai il post di alexmasx del 3 settembre 2012 che contiene notizie utili al tuo caso.
Saluti
scrivi nel motore di ricerca "Riammissione in servizio Arma Carabinieri" in questa sezione troverai il post di alexmasx del 3 settembre 2012 che contiene notizie utili al tuo caso.
Saluti
Re: Riammissione in servizio
Messaggio da elfuego77 »
Ti ringrazio per la dritta. Il mio caso è leggermente diverso atteso che io ero già in servizio permanente effettivo. Rimane l'art. 4 "Le disposizioni del presente articolo non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente".gis63 ha scritto:Salve,
scrivi nel motore di ricerca "Riammissione in servizio Arma Carabinieri" in questa sezione troverai il post di alexmasx del 3 settembre 2012 che contiene notizie utili al tuo caso.
Saluti
Il che può essere inteso in senso negativo, ovvero la riammissione proprio non riguarda quelle persone che sono nel mio caso e che quindi non hanno alcuna possibilità oppure può essere positivo nel senso che non valendo queste disposizioni per il personale cessato dal servizio permanente si applicano alcune disposizioni discrezionali.
Re: Riammissione in servizio
Questa sentenza toglie ogni dubbio alla tua domanda di riammissione negativamente.-
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
SEZIONE STACCATA DI LATINA
composto dai Magistrati
- Dott. Franco BIANCHI – Presidente
- Dott. Santino SCUDELLER - Componente
- Dott. Giuseppe ROTONDO - Componente relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1081/04 proposto da F.G., rappresentato e difeso dall'avv. C.L. e dall'avv. A.Z.D. ed elettivamente domiciliato in Latina, presso la segreteria del Tar Lazio;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri Centro Nazionale di selezione e Reclutamento, in persona dei rispettivi, legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa ope legis domiciliati;
per l'annullamento
- della nota del 24 maggio 2004 con la quale il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha respinto la sua istanza di riammissione in servizio;
- la nota del 20 settembre 2004 del Centro Nazionale Selezione e Reclutamento;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato;
Relatore il magistrato Giuseppe Rotondo;
Per le parti come da verbale d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Con atto notificato il 18 ottobre 2004 e depositato il successivo giorno 29, il ricorrente ha impugnato la nota del 24 maggio 2004, con la quale il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha respinto la sua istanza di riammissione in servizio, e quella del 20 settembre successivo di conferma della reiezione.
Il Comando ha respinto l'istanza di riammissione così motivando: "Il decreto legislativo n. 198 del 12 maggio 1995 e successive modifiche … stabilisce che la relativa norma non è applicabile al personale che, come nel Suo caso, sia cessato, comunque, dal servizio permanente".
Nella successiva nota del 20 settembre, licenziata dopo l'interposta istanza di revisione del provvedimento di rigetto, l'amministrazione militare ha ribadito che "in relazione alla Sua istanza del 23 luglio scorso … devo purtroppo confermarle - come comunicatoLe con missiva del 24 maggio 2004 - che l'attuale quadro normativo non consente di accogliere la Sua richiesta. Infatti, il decreto legislativo n. 198 del 12 maggio 1995 e successive modifiche prevede espressamente all'articolo 8, c. 4, che le disposizioni afferenti la riammissione in servizio non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente".
In punto di fatto, l'interessato premette:
- di aver prestato servizio nell'Arma con il gradi di Carabiniere dal 17 settembre 1998 al 21 dicembre 2003;
- di essere stato sempre ligio al dovere conseguendo riconoscimenti per la sua abnegazione;
- di aver presentato domanda di cessazione dal servizio permanente a seguito di problemi familiari;
- con decreto del 17 febbraio 2004 il Ministero della Difesa ha accolto la sua istanza;
- in seguito, ristabilizzatasi la situazione familiare e pentitosi del suo gesto ha chiesto, con istanza del 14 maggio 2004, di essere riammesso in servizio;
- il Comando Generale dell'Arma, con l'impugnata nota del 24 maggio successivo, gli ha opposto il diniego ex art. 8, c. IV, del D.Lvo n. 198/95.
Questi i motivi del gravame:
1) eccesso di potere - violazione di legge:
1.1) l'interpretazione dell'art. 8, c, IV, del D.Lvo n. 198/95 nei sensi patrocinati dall'Arma mal si concilia con la normativa in materia di riammissione in servizio del personale della Polizia di Stato, dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica;
1.2) la disposizione in commento (comma 4, art. 8) non statuisce che al personale cessato dal servizio permanente non sia applicabile la riammissione in servizio ma più semplicemente - giusta la sua collocazione sistematica nell'ambito del testo normativo - che al personale cessato dal servizio permanente non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 8, D.Lvo n. 198/95: ed invero, regolando l'art. 8 esclusivamente la riammissione in servizio dei carabinieri in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo, giustamente il comma 4 del medesimo articolato ha escluso l'applicabilità di detta norma al personale cessato dal servizio permanente;
1.3) sempre il comma 4, art. 8 non regola la riammissione in servizio di tutto il personale cessato dal servizio ma solo dei carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo;
1.4) detta norma, quindi, non esclude che il personale cessato dal servizio permanente possa essere riammesso, se ciò è previsto da altre statuizioni o è comunque desumibile dalla normativa generale in materia;
1.5) esclusa l'applicabilità al caso di specie dell'art. 8, c. 4, cit., e non sussistendo norme espressamente preclusive alla riammissione in servizio dei sottufficiali dell'Arma cessati a domanda dal servizio permanente, non sembra potersi dubitare che non essendo stato, nella fattispecie, considerato il disposto dell'art. 132, T.U. n. 3/1957, l'attività provvedimentale impugnata è inesorabilmente viziata da violazione di legge.
In via subordinata, il ricorrente evidenzia che la norma in esame si pone in palese contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (disparità di trattamento) collidendo, in termini di tertium comparationis, con le discipline previste dall'art. 18, L. n. 53/89 (possibilità di riammissione in servizio a domanda a seguito di congedo per infrazioni sul matrimonio), dall'art. 68, D.Lvo n. 199/95 (Guardia di Finanza), dall'art. 60 del DPR n. 335/82 (Ordinamento della Polizia diStato), dall'art. 50, L. n. 113/54 (Stato degli Ufficiali dell'esercito, della Marina e dell'Aeronautica), dall'art. 132 del T.U. n. 3/1957.
S'è costituito in giudizio l'Avvocatura di Stato per resistere al gravame.
All'udienza del 2 dicembre 2005 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame, il ricorrente - già Maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, Ruolo Ispettori, in servizio permanente - impugna le note del 24 maggio e del 20 settembre 2004 con le quali il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri gli ha opposto - ai sensi dell'art. 8, c. IV, D.Lvo n. 198/95 - il proprio rifiuto alla sua istanza di riammissione in servizio, dopo che lo stesso era cessato a domanda dal servizio permanente e collocato in congedo a decorrere dal 21 dicembre 2003 ai sensi dell'art. 34, c. II, della legge n. 599/54.
Sostiene l'illegittimità dei gravati atti in quanto, a suo dire, il comma 4 dell'art. 8, decreto citato, non regolerebbe la riammissione in servizio di tutto il personale cessato dal servizio ma solo dei carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo.
Detta norma, quindi, non escluderebbe la possibilità per il personale cessato dal servizio permanente di essere riammesso, se ciò fosse previsto da altre statuizioni o fosse comunque desumibile dalla normativa generale in materia.
Pertanto, esclusa l'applicabilità al caso di specie dell'art. 8, c. 4, cit., e non sussistendo norme espressamente preclusive alla riammissione in servizio dei sottufficiali dell'Arma cessati a domanda dal servizio permanente, egli ritiene applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 132, T.U. n. 3/1957 (riversato nel D.Lvo n. 165/2001) previsivo a regime dell'istituto della riammissione in servizio per l'intera categoria dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
In limine, il Collegio osserva che l'interessato ha instato l'amministrazione in data 14 maggio 2004. Costei ha riscontrato la domanda di riammissione in servizio il successivo 24 maggio, comunicando al ricorrente le ragioni di diritto per le quali la sua domanda non poteva essere accolta. Il 23 luglio dello stesso anno, il F. ha chiesto il riesame della sua posizione.
Nella circostanza (cfr pag. 2, ultimo capoverso, della nota depositata in atti dalla resistente) consta che il ricorrente abbia ricevuto comunicazione del diniego in pari data 24 maggio, così acquisendo piena conoscenza legale del provvedimento. Il successivo 20 settembre, il Comando Generale ha licenziato nota meramente confermativa del rifiuto ribadendo semplicemente le ragioni per le quali non poteva essere accolta la domanda di riammissione, senza procedere in alcun modo al riesame istruttorio della pratica né della posizione procedimentale dell'interessato.
L'accadimento dei fatti, per come succedutisi, porta ad una prima conclusione in punto di inammissibilità del ricorso per tardività (laddove è stata impugnata la nota del 24 maggio 2004 soltanto il successivo 18 ottobre, dopo ben più di sessanta giorni dalla percezione della sua lesività) nonché per carenza d'interesse (laddove rivolto il gravame avverso una atto meramente confermativo quale deve qualificarsi la nota del 20 settembre 2004).
In diparte le prefate considerazioni, il ricorso s'appalesa, in via dirimente, infondato.
Il decreto legislativo n. 198/95 detta disposizioni in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato e avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri.
L'art. 8 del citato decreto reca in rubrica la seguente titolazione "Riammissione in servizio".
Il primo comma dell'articolato statuisce che possono aspirare alla riammissione in servizio soltanto determinate categorie di dipendenti dell'Arma dei carabinieri (nei limiti degli organici fissati dalla legge).
Tali categorie sono individuate nei:
- marescialli dei carabinieri e carabinieri effettivi in congedo che non abbiano superato il 35° anno di età, che ne siano ritenuti meritevoli e siano in possesso degli altri requisiti di cui all'art. 5 (c.I, let. a);
- carabinieri ausiliari in congedo da non oltre un anno, che non abbiano superato il 30° anno di età e siano in possesso degli altri requisiti di cui all'art. 5 (c.I, lett. b).
Il quarto comma dell'articolato stabilisce, infine, che "Le disposizioni del presente articolo non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente".
Giova premettere, ai fini di una corretta esegesi della norma in commento che:
- ai sensi dell'art. 4, c. II del decreto in esame, i carabinieri ausiliari (di cui al c. I, lett. b, dell'art. 8) sono quelli di leva;
- costoro, al termine della ferma, possono ottenerne la commutazione in ferma volontaria quadriennale diventando, all'esito positivo della partecipazione al concorso interno, carabinieri effettivi (c.I, lett. a, art. 8): trattasi di carabinieri (effettivi) che non sono ancora entrati in servizio permanente in quanto tuttora in ferma volontaria; non inseriti, perciò, nei ruoli (cfr art. 1 del D.Lvo n. 198/95).
Sono state così individuate le prime due categorie di personale contemplate dall'art. 8, D.Lvo n. 198/95, cui si applica l'istituto della riassunzione servizio.
Il primo comma, lett. a) del citato art. 8 contempla, altresì, tra i destinatari dell'istituto anche la categoria dei marescialli dei carabinieri.
Si tratta del personale che proviene dal reclutamento di cui all'art. 14 del decreto in esame (reclutamento ispettori).
Detto articolato statuisce che gli ispettori in ferma volontaria ed in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri sono tratti: per il 70% dei posti disponibili nell'organico mediante pubblico concorso e superamento di apposito corso della durata di 2 anni accademici (primo comma, lett. a); per il 30% mediante concorso interno (primo comma, lett. b).
Al corso biennale (lett.a) possono essere ammessi i soggetti individuati nel successivo art. 15 del decreto 198/95, tra cui i carabinieri ausiliari e gli allievi carabinieri ausiliari.
Sono, quest'ultimi, soggetti che non provengono dall'interno dell'amministrazione.
All'atto della loro ammissione al corso biennale, essi sottoscrivono una ferma volontaria quadriennale ai sensi dell'art. 3, l. n. 53/89.
Al termine del biennio, superato il corso, acquistano il grado di Maresciallo (art. 22, c. I, secondo periodo, D.Lvo n. 198/95).
Ma tali soggetti non sono ancora in servizio permanente effettivo in quanto ancora in ferma quadriennale.
Orbene, se si congedano durante questo periodo (prima, cioè, di entrare in servizio permanente effettivo quando possiedono, sì, il grado di maresciallo ma sono tuttora in ferma volontaria non di ruolo) essi possono essere riammessi in servizio giusta l'art. 8, c. I, lett. a), decreto citato.
Ecco, dunque, individuate le tre categorie di personale appartenente all'Arma dei carabinieri che possono beneficiare della riassunzione in servizio.
Giova subito chiarire - a motivo della ritenuta non manifesta fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale - che la scelta di limitare la riammissione in servizio alle sole categorie sopra indicate (escludendo, quindi, quella degli ispettori in servizio permanente) è espressione di una forte riserva di merito del Legislatore il quale, nel disciplinare il trattamento giuridico del personale dell'Arma dei carabinieri, dispone senz'altro di ampia discrezionalità nel disciplinare i vari aspetti dello status dei sottufficiali e più in generale del personale non direttivo e non dirigenziale dell'Arma, diversificandoli in forza delle differenze e delle peculiarità che corrono tra le varie figure.
La Sezione, quindi, non può trascurare l'insegnamento secondo il quale non è consentito al controllo di costituzionalità travalicare nel merito delle opzioni legislative (Corte cost., sent. n. 5 del 2000).
Il ricorrente, circostanza pacifica in atti, era già nel ruolo degli ispettori avendo ultimato la ferma quadriennale; il suo status, quindi, lo contemplava in servizio permanente effettivo.
E' evidente, pertanto, che il F. non appartiene (recte, apparteneva) a nessuna delle tre categorie sopra individuate.
A questo punto, si tratta di interpretare il comma 4 dell'art. 8, D.Lvo n. 198/95; se lo stesso trovi o meno applicazione nei confronti del ricorrente.
A parere della difesa attorea, detta norma regolerebbe la riammissione in servizio dei soli carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo.
La Sezione non condivide l'assunto.
L'articolato, intanto, prende in considerazione anche lo status di maresciallo dei carabinieri. Coerentemente, però, con il trattamento riservato alle altre categorie contemplate nel corpo della disposizione normativa esso limita l'applicazione dell'istituto ai soli marescialli che ancora non sono in servizio permanente effettivo, bensì si trovano in ferma volontaria.
Ciò che appare, comunque, dirimente è la circostanza, in punto di diritto, che il comma 4, art. 8 di cui si discetta è testualmente chiaro ed inequivoco, nella sua portata letterale, nell'escludere il personale comunque cessato dal servizio permanente dalla possibilità di essere riassunto in servizio.
Il ricorrente, invero, propugna una interpretazione sistematica della norma (siccome collocata dopo le disposizioni regolanti l'arruolamento dei volontari in ferma di leva o quadriennale e prima di quelle riguardanti il ruolo dei sottufficiali) tale per cui la sua portata precettiva non regolerebbe affatto anche il personale cessato dal servizio permanente. In altri termini, detta norma (comma 4, art. 8) si limiterebbe semplicemente ad escludere nei confronti del personale cessato dal servizio permanente l'applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti tre commi del medesimo articolato.
Da cui, il rilievo che per il personale comunque cessato dal servizio permanente mancherebbe una disciplina ad hoc regolatrice della riammissione in servizio (da individuarsi, in via residuale e generale, nell'art. 132 del T.U. n. 3/57).
Osserva il Collegio, che il comma 4 dell'art. 8 nello statuire che "le disposizioni del presente articolo non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente" prende in esame e si riferisce, evidentemente, anche al precedente suo primo comma il cui incipit è del seguente tenore testuale "Possono aspirare alla riammissione in servizio nell'Arma dei carabinieri …".
Pare evidente, sul piano sistematico, che se possono aspirare alla riammissione in servizio soltanto quelle determinate categorie di personale (meglio specificate alle lettere "a" e "b" del primo comma, art. 8), allora il successivo comma 4, nell'escludere l'applicazione del primo comma alla sua fattispecie, esclude con ciò stesso che detta aspirazione (riammissione in servizio, appunto contemplata dal primo comma) possa essere nutrita da chi sia comunque cessato dal servizio permanente.
L'interpretazione più sensata, sul piano logico, anche a seguire la tesi attorea, è dunque quella di ritenere normativamente preclusa (per scelta funzionale, non manifestamente irragionevole, operata a monte dal Legislatore una volta e per tutte), a chi si trova iscritto nei ruoli dell'arma dei carabinieri (secondo l'elenco di cui all'art. 1, D.Lvo n. 198/95), la possibilità di aspirare alla riammissione in servizio.
Una diversa interpretazione della norma sarebbe illogica ed incostituzionale perché, togliendole ogni portata effettuale autonoma, la priverebbe di una sua, propria funzione precettiva nell'ambito del testo in cui la stessa è stata collocata.
D'altro canto, il criterio fondamentale per comprendere il significato delle norme giuridiche consiste nel seguirne il tenore testuale (tenendo conto anche della ratio legis).
Per far ciò, l'interprete deve appurare quale sia il campo di applicazione oggettiva della norma: cioè a quali fatti giuridici essa si riferisce; qual è il campo di applicazione soggettiva: cioè a quali soggetti si riferisce o a quali situazioni giuridiche soggettive; qual è, infine, la disciplina: vale a dire, qual è il contenuto precettivo della disposizione.
In genere, quando un articolo è diviso in commi è evidente che in ogni comma è diverso o il campo di applicazione oggettiva o quello soggettivo o entrambi e per questo cambia la disciplina.
Nel caso in esame, la disciplina varia (nei sensi sopra argomentati) non perché sono diversi gli oggetti delle disposizioni (l'istituto trattato è sempre quello della riammissione in servizio), bensì, perché cambiano i soggetti che sono, nel primo comma, coloro che si trovano in ferma volontaria e nel quarto quelli in servizio permanente; sicché, ai primi è consentita la riammissione in servizio mentre ai secondi tale possibilità resta impedita.
Il ricorrente sostiene che al personale cessato dal servizio permanente dovrebbe farsi applicazione dell'art. 132, D.P.R. n. 3 del 1957.
Sennonché, detto articolato trova applicazione, ai sensi dell'art. 384 del medesimo T.U., nei confronti di tutti gli impiegati civili dello Stato (eccettuato, all'interno di tale categoria, il personale indicato al comma 1 di detto articolo), e dunque rimangono estranei alla sua portata i dipendenti militari soggetti alla specifica disciplina dei rispettivi ordinamenti: disciplina che contempla solo per alcune categorie di tali dipendenti la riammissione di cui si discute (così, per quanto concerne il personale non direttivo e non dirigenziale delle FF. Polizia ad ordinamento militare, si veda, per il Corpo della G.d.F., l'art. 68 del D.L. vo n. 199 del 1995, come modificato dall'art. 7 del D.L. vo n. 67 del 2001; nulla è invece dettato per l'analogo personale delle FF.AA., mentre, per la categoria degli ufficiali, l'unica norma che consente la riassunzione del personale cessato dal s.p.e. a domanda, è l'art. 39 del D.L. vo n. 69 del 2001 concernente gli ufficiali della G.d.F.).
Tali disposizioni, in ogni caso, non possono essere - come vorrebbe il ricorrente - estese nella loro applicazione anche agli ispettori dell'Arma dei carabinieri, né tantomeno può ipotizzarsi alcuna ipotesi di disparità di trattamento, attesa l'evidente disomogeneità e/o peculiarità delle figure professionali che non consente alcun termine di raffronto.
In conclusione, per quanto sopra rassegato, il ricorso è infondato.
La costituzione soltanto formale dell'Avvocatura dello Stato è ritenuta giusta causa per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione staccata di Latina - respinge, nei sensi in motivazione, il ricorso n. 1081/04 meglio in epigrafe specificato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Latina nella Camera di Consiglio del 2 dicembre 2005.
Il Presidente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO
SEZIONE STACCATA DI LATINA
composto dai Magistrati
- Dott. Franco BIANCHI – Presidente
- Dott. Santino SCUDELLER - Componente
- Dott. Giuseppe ROTONDO - Componente relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1081/04 proposto da F.G., rappresentato e difeso dall'avv. C.L. e dall'avv. A.Z.D. ed elettivamente domiciliato in Latina, presso la segreteria del Tar Lazio;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri Centro Nazionale di selezione e Reclutamento, in persona dei rispettivi, legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa ope legis domiciliati;
per l'annullamento
- della nota del 24 maggio 2004 con la quale il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha respinto la sua istanza di riammissione in servizio;
- la nota del 20 settembre 2004 del Centro Nazionale Selezione e Reclutamento;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato;
Relatore il magistrato Giuseppe Rotondo;
Per le parti come da verbale d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Con atto notificato il 18 ottobre 2004 e depositato il successivo giorno 29, il ricorrente ha impugnato la nota del 24 maggio 2004, con la quale il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha respinto la sua istanza di riammissione in servizio, e quella del 20 settembre successivo di conferma della reiezione.
Il Comando ha respinto l'istanza di riammissione così motivando: "Il decreto legislativo n. 198 del 12 maggio 1995 e successive modifiche … stabilisce che la relativa norma non è applicabile al personale che, come nel Suo caso, sia cessato, comunque, dal servizio permanente".
Nella successiva nota del 20 settembre, licenziata dopo l'interposta istanza di revisione del provvedimento di rigetto, l'amministrazione militare ha ribadito che "in relazione alla Sua istanza del 23 luglio scorso … devo purtroppo confermarle - come comunicatoLe con missiva del 24 maggio 2004 - che l'attuale quadro normativo non consente di accogliere la Sua richiesta. Infatti, il decreto legislativo n. 198 del 12 maggio 1995 e successive modifiche prevede espressamente all'articolo 8, c. 4, che le disposizioni afferenti la riammissione in servizio non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente".
In punto di fatto, l'interessato premette:
- di aver prestato servizio nell'Arma con il gradi di Carabiniere dal 17 settembre 1998 al 21 dicembre 2003;
- di essere stato sempre ligio al dovere conseguendo riconoscimenti per la sua abnegazione;
- di aver presentato domanda di cessazione dal servizio permanente a seguito di problemi familiari;
- con decreto del 17 febbraio 2004 il Ministero della Difesa ha accolto la sua istanza;
- in seguito, ristabilizzatasi la situazione familiare e pentitosi del suo gesto ha chiesto, con istanza del 14 maggio 2004, di essere riammesso in servizio;
- il Comando Generale dell'Arma, con l'impugnata nota del 24 maggio successivo, gli ha opposto il diniego ex art. 8, c. IV, del D.Lvo n. 198/95.
Questi i motivi del gravame:
1) eccesso di potere - violazione di legge:
1.1) l'interpretazione dell'art. 8, c, IV, del D.Lvo n. 198/95 nei sensi patrocinati dall'Arma mal si concilia con la normativa in materia di riammissione in servizio del personale della Polizia di Stato, dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica;
1.2) la disposizione in commento (comma 4, art. 8) non statuisce che al personale cessato dal servizio permanente non sia applicabile la riammissione in servizio ma più semplicemente - giusta la sua collocazione sistematica nell'ambito del testo normativo - che al personale cessato dal servizio permanente non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 8, D.Lvo n. 198/95: ed invero, regolando l'art. 8 esclusivamente la riammissione in servizio dei carabinieri in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo, giustamente il comma 4 del medesimo articolato ha escluso l'applicabilità di detta norma al personale cessato dal servizio permanente;
1.3) sempre il comma 4, art. 8 non regola la riammissione in servizio di tutto il personale cessato dal servizio ma solo dei carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo;
1.4) detta norma, quindi, non esclude che il personale cessato dal servizio permanente possa essere riammesso, se ciò è previsto da altre statuizioni o è comunque desumibile dalla normativa generale in materia;
1.5) esclusa l'applicabilità al caso di specie dell'art. 8, c. 4, cit., e non sussistendo norme espressamente preclusive alla riammissione in servizio dei sottufficiali dell'Arma cessati a domanda dal servizio permanente, non sembra potersi dubitare che non essendo stato, nella fattispecie, considerato il disposto dell'art. 132, T.U. n. 3/1957, l'attività provvedimentale impugnata è inesorabilmente viziata da violazione di legge.
In via subordinata, il ricorrente evidenzia che la norma in esame si pone in palese contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (disparità di trattamento) collidendo, in termini di tertium comparationis, con le discipline previste dall'art. 18, L. n. 53/89 (possibilità di riammissione in servizio a domanda a seguito di congedo per infrazioni sul matrimonio), dall'art. 68, D.Lvo n. 199/95 (Guardia di Finanza), dall'art. 60 del DPR n. 335/82 (Ordinamento della Polizia diStato), dall'art. 50, L. n. 113/54 (Stato degli Ufficiali dell'esercito, della Marina e dell'Aeronautica), dall'art. 132 del T.U. n. 3/1957.
S'è costituito in giudizio l'Avvocatura di Stato per resistere al gravame.
All'udienza del 2 dicembre 2005 il ricorso è stato spedito in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame, il ricorrente - già Maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, Ruolo Ispettori, in servizio permanente - impugna le note del 24 maggio e del 20 settembre 2004 con le quali il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri gli ha opposto - ai sensi dell'art. 8, c. IV, D.Lvo n. 198/95 - il proprio rifiuto alla sua istanza di riammissione in servizio, dopo che lo stesso era cessato a domanda dal servizio permanente e collocato in congedo a decorrere dal 21 dicembre 2003 ai sensi dell'art. 34, c. II, della legge n. 599/54.
Sostiene l'illegittimità dei gravati atti in quanto, a suo dire, il comma 4 dell'art. 8, decreto citato, non regolerebbe la riammissione in servizio di tutto il personale cessato dal servizio ma solo dei carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo.
Detta norma, quindi, non escluderebbe la possibilità per il personale cessato dal servizio permanente di essere riammesso, se ciò fosse previsto da altre statuizioni o fosse comunque desumibile dalla normativa generale in materia.
Pertanto, esclusa l'applicabilità al caso di specie dell'art. 8, c. 4, cit., e non sussistendo norme espressamente preclusive alla riammissione in servizio dei sottufficiali dell'Arma cessati a domanda dal servizio permanente, egli ritiene applicabile alla fattispecie il disposto dell'art. 132, T.U. n. 3/1957 (riversato nel D.Lvo n. 165/2001) previsivo a regime dell'istituto della riammissione in servizio per l'intera categoria dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
In limine, il Collegio osserva che l'interessato ha instato l'amministrazione in data 14 maggio 2004. Costei ha riscontrato la domanda di riammissione in servizio il successivo 24 maggio, comunicando al ricorrente le ragioni di diritto per le quali la sua domanda non poteva essere accolta. Il 23 luglio dello stesso anno, il F. ha chiesto il riesame della sua posizione.
Nella circostanza (cfr pag. 2, ultimo capoverso, della nota depositata in atti dalla resistente) consta che il ricorrente abbia ricevuto comunicazione del diniego in pari data 24 maggio, così acquisendo piena conoscenza legale del provvedimento. Il successivo 20 settembre, il Comando Generale ha licenziato nota meramente confermativa del rifiuto ribadendo semplicemente le ragioni per le quali non poteva essere accolta la domanda di riammissione, senza procedere in alcun modo al riesame istruttorio della pratica né della posizione procedimentale dell'interessato.
L'accadimento dei fatti, per come succedutisi, porta ad una prima conclusione in punto di inammissibilità del ricorso per tardività (laddove è stata impugnata la nota del 24 maggio 2004 soltanto il successivo 18 ottobre, dopo ben più di sessanta giorni dalla percezione della sua lesività) nonché per carenza d'interesse (laddove rivolto il gravame avverso una atto meramente confermativo quale deve qualificarsi la nota del 20 settembre 2004).
In diparte le prefate considerazioni, il ricorso s'appalesa, in via dirimente, infondato.
Il decreto legislativo n. 198/95 detta disposizioni in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato e avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri.
L'art. 8 del citato decreto reca in rubrica la seguente titolazione "Riammissione in servizio".
Il primo comma dell'articolato statuisce che possono aspirare alla riammissione in servizio soltanto determinate categorie di dipendenti dell'Arma dei carabinieri (nei limiti degli organici fissati dalla legge).
Tali categorie sono individuate nei:
- marescialli dei carabinieri e carabinieri effettivi in congedo che non abbiano superato il 35° anno di età, che ne siano ritenuti meritevoli e siano in possesso degli altri requisiti di cui all'art. 5 (c.I, let. a);
- carabinieri ausiliari in congedo da non oltre un anno, che non abbiano superato il 30° anno di età e siano in possesso degli altri requisiti di cui all'art. 5 (c.I, lett. b).
Il quarto comma dell'articolato stabilisce, infine, che "Le disposizioni del presente articolo non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente".
Giova premettere, ai fini di una corretta esegesi della norma in commento che:
- ai sensi dell'art. 4, c. II del decreto in esame, i carabinieri ausiliari (di cui al c. I, lett. b, dell'art. 8) sono quelli di leva;
- costoro, al termine della ferma, possono ottenerne la commutazione in ferma volontaria quadriennale diventando, all'esito positivo della partecipazione al concorso interno, carabinieri effettivi (c.I, lett. a, art. 8): trattasi di carabinieri (effettivi) che non sono ancora entrati in servizio permanente in quanto tuttora in ferma volontaria; non inseriti, perciò, nei ruoli (cfr art. 1 del D.Lvo n. 198/95).
Sono state così individuate le prime due categorie di personale contemplate dall'art. 8, D.Lvo n. 198/95, cui si applica l'istituto della riassunzione servizio.
Il primo comma, lett. a) del citato art. 8 contempla, altresì, tra i destinatari dell'istituto anche la categoria dei marescialli dei carabinieri.
Si tratta del personale che proviene dal reclutamento di cui all'art. 14 del decreto in esame (reclutamento ispettori).
Detto articolato statuisce che gli ispettori in ferma volontaria ed in servizio permanente dell'Arma dei carabinieri sono tratti: per il 70% dei posti disponibili nell'organico mediante pubblico concorso e superamento di apposito corso della durata di 2 anni accademici (primo comma, lett. a); per il 30% mediante concorso interno (primo comma, lett. b).
Al corso biennale (lett.a) possono essere ammessi i soggetti individuati nel successivo art. 15 del decreto 198/95, tra cui i carabinieri ausiliari e gli allievi carabinieri ausiliari.
Sono, quest'ultimi, soggetti che non provengono dall'interno dell'amministrazione.
All'atto della loro ammissione al corso biennale, essi sottoscrivono una ferma volontaria quadriennale ai sensi dell'art. 3, l. n. 53/89.
Al termine del biennio, superato il corso, acquistano il grado di Maresciallo (art. 22, c. I, secondo periodo, D.Lvo n. 198/95).
Ma tali soggetti non sono ancora in servizio permanente effettivo in quanto ancora in ferma quadriennale.
Orbene, se si congedano durante questo periodo (prima, cioè, di entrare in servizio permanente effettivo quando possiedono, sì, il grado di maresciallo ma sono tuttora in ferma volontaria non di ruolo) essi possono essere riammessi in servizio giusta l'art. 8, c. I, lett. a), decreto citato.
Ecco, dunque, individuate le tre categorie di personale appartenente all'Arma dei carabinieri che possono beneficiare della riassunzione in servizio.
Giova subito chiarire - a motivo della ritenuta non manifesta fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale - che la scelta di limitare la riammissione in servizio alle sole categorie sopra indicate (escludendo, quindi, quella degli ispettori in servizio permanente) è espressione di una forte riserva di merito del Legislatore il quale, nel disciplinare il trattamento giuridico del personale dell'Arma dei carabinieri, dispone senz'altro di ampia discrezionalità nel disciplinare i vari aspetti dello status dei sottufficiali e più in generale del personale non direttivo e non dirigenziale dell'Arma, diversificandoli in forza delle differenze e delle peculiarità che corrono tra le varie figure.
La Sezione, quindi, non può trascurare l'insegnamento secondo il quale non è consentito al controllo di costituzionalità travalicare nel merito delle opzioni legislative (Corte cost., sent. n. 5 del 2000).
Il ricorrente, circostanza pacifica in atti, era già nel ruolo degli ispettori avendo ultimato la ferma quadriennale; il suo status, quindi, lo contemplava in servizio permanente effettivo.
E' evidente, pertanto, che il F. non appartiene (recte, apparteneva) a nessuna delle tre categorie sopra individuate.
A questo punto, si tratta di interpretare il comma 4 dell'art. 8, D.Lvo n. 198/95; se lo stesso trovi o meno applicazione nei confronti del ricorrente.
A parere della difesa attorea, detta norma regolerebbe la riammissione in servizio dei soli carabinieri effettivi in ferma quadriennale e dei carabinieri di leva in congedo.
La Sezione non condivide l'assunto.
L'articolato, intanto, prende in considerazione anche lo status di maresciallo dei carabinieri. Coerentemente, però, con il trattamento riservato alle altre categorie contemplate nel corpo della disposizione normativa esso limita l'applicazione dell'istituto ai soli marescialli che ancora non sono in servizio permanente effettivo, bensì si trovano in ferma volontaria.
Ciò che appare, comunque, dirimente è la circostanza, in punto di diritto, che il comma 4, art. 8 di cui si discetta è testualmente chiaro ed inequivoco, nella sua portata letterale, nell'escludere il personale comunque cessato dal servizio permanente dalla possibilità di essere riassunto in servizio.
Il ricorrente, invero, propugna una interpretazione sistematica della norma (siccome collocata dopo le disposizioni regolanti l'arruolamento dei volontari in ferma di leva o quadriennale e prima di quelle riguardanti il ruolo dei sottufficiali) tale per cui la sua portata precettiva non regolerebbe affatto anche il personale cessato dal servizio permanente. In altri termini, detta norma (comma 4, art. 8) si limiterebbe semplicemente ad escludere nei confronti del personale cessato dal servizio permanente l'applicazione delle disposizioni di cui ai precedenti tre commi del medesimo articolato.
Da cui, il rilievo che per il personale comunque cessato dal servizio permanente mancherebbe una disciplina ad hoc regolatrice della riammissione in servizio (da individuarsi, in via residuale e generale, nell'art. 132 del T.U. n. 3/57).
Osserva il Collegio, che il comma 4 dell'art. 8 nello statuire che "le disposizioni del presente articolo non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente" prende in esame e si riferisce, evidentemente, anche al precedente suo primo comma il cui incipit è del seguente tenore testuale "Possono aspirare alla riammissione in servizio nell'Arma dei carabinieri …".
Pare evidente, sul piano sistematico, che se possono aspirare alla riammissione in servizio soltanto quelle determinate categorie di personale (meglio specificate alle lettere "a" e "b" del primo comma, art. 8), allora il successivo comma 4, nell'escludere l'applicazione del primo comma alla sua fattispecie, esclude con ciò stesso che detta aspirazione (riammissione in servizio, appunto contemplata dal primo comma) possa essere nutrita da chi sia comunque cessato dal servizio permanente.
L'interpretazione più sensata, sul piano logico, anche a seguire la tesi attorea, è dunque quella di ritenere normativamente preclusa (per scelta funzionale, non manifestamente irragionevole, operata a monte dal Legislatore una volta e per tutte), a chi si trova iscritto nei ruoli dell'arma dei carabinieri (secondo l'elenco di cui all'art. 1, D.Lvo n. 198/95), la possibilità di aspirare alla riammissione in servizio.
Una diversa interpretazione della norma sarebbe illogica ed incostituzionale perché, togliendole ogni portata effettuale autonoma, la priverebbe di una sua, propria funzione precettiva nell'ambito del testo in cui la stessa è stata collocata.
D'altro canto, il criterio fondamentale per comprendere il significato delle norme giuridiche consiste nel seguirne il tenore testuale (tenendo conto anche della ratio legis).
Per far ciò, l'interprete deve appurare quale sia il campo di applicazione oggettiva della norma: cioè a quali fatti giuridici essa si riferisce; qual è il campo di applicazione soggettiva: cioè a quali soggetti si riferisce o a quali situazioni giuridiche soggettive; qual è, infine, la disciplina: vale a dire, qual è il contenuto precettivo della disposizione.
In genere, quando un articolo è diviso in commi è evidente che in ogni comma è diverso o il campo di applicazione oggettiva o quello soggettivo o entrambi e per questo cambia la disciplina.
Nel caso in esame, la disciplina varia (nei sensi sopra argomentati) non perché sono diversi gli oggetti delle disposizioni (l'istituto trattato è sempre quello della riammissione in servizio), bensì, perché cambiano i soggetti che sono, nel primo comma, coloro che si trovano in ferma volontaria e nel quarto quelli in servizio permanente; sicché, ai primi è consentita la riammissione in servizio mentre ai secondi tale possibilità resta impedita.
Il ricorrente sostiene che al personale cessato dal servizio permanente dovrebbe farsi applicazione dell'art. 132, D.P.R. n. 3 del 1957.
Sennonché, detto articolato trova applicazione, ai sensi dell'art. 384 del medesimo T.U., nei confronti di tutti gli impiegati civili dello Stato (eccettuato, all'interno di tale categoria, il personale indicato al comma 1 di detto articolo), e dunque rimangono estranei alla sua portata i dipendenti militari soggetti alla specifica disciplina dei rispettivi ordinamenti: disciplina che contempla solo per alcune categorie di tali dipendenti la riammissione di cui si discute (così, per quanto concerne il personale non direttivo e non dirigenziale delle FF. Polizia ad ordinamento militare, si veda, per il Corpo della G.d.F., l'art. 68 del D.L. vo n. 199 del 1995, come modificato dall'art. 7 del D.L. vo n. 67 del 2001; nulla è invece dettato per l'analogo personale delle FF.AA., mentre, per la categoria degli ufficiali, l'unica norma che consente la riassunzione del personale cessato dal s.p.e. a domanda, è l'art. 39 del D.L. vo n. 69 del 2001 concernente gli ufficiali della G.d.F.).
Tali disposizioni, in ogni caso, non possono essere - come vorrebbe il ricorrente - estese nella loro applicazione anche agli ispettori dell'Arma dei carabinieri, né tantomeno può ipotizzarsi alcuna ipotesi di disparità di trattamento, attesa l'evidente disomogeneità e/o peculiarità delle figure professionali che non consente alcun termine di raffronto.
In conclusione, per quanto sopra rassegato, il ricorso è infondato.
La costituzione soltanto formale dell'Avvocatura dello Stato è ritenuta giusta causa per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione staccata di Latina - respinge, nei sensi in motivazione, il ricorso n. 1081/04 meglio in epigrafe specificato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Latina nella Camera di Consiglio del 2 dicembre 2005.
Il Presidente
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