Il CdS accoglie l'Appello dell'Amministrazione.
Infatti chiarisce:
1) - L’Amministrazione appellante deduce, altresì, vizio di motivazione nella parte in cui il TAR adito qualifica come “servizio esterno” la semplice prestazione di servizio presso un ufficio non costituente una articolazione organizzativa della amministrazione di appartenenza, senza provvedere all’accertamento delle condizioni richieste dalla normativa per il conseguimento dell’indennità relativa a tipi di prestazioni connotate da reale stato di disagio.
2) - Tuttavia, essendo il ricorso in primo grado palesemente infondato nel merito alla luce della vasta giurisprudenza della Sezione richiamata al capoverso del punto 7, il Collegio ritiene di dover seguire questa via ai fini di una maggiore chiarezza della decisione e di un compiuto accertamento delle situazioni di fatto e di diritto all’esame del presente giudizio.
3) - Ai fini dell’esame nel merito, deve essere in primo luogo considerato il tenore letterale della disposizione normativa di cui all’art. 11 del d.P.R. n. 254/1999.
4) - L’indennità oggetto del presente ricorso richiede un quid pluris affinché possa legittimamente essere concessa, i.e. la sussistenza di un particolare pericolo o disagio tale da giustificare un trattamento economico aggiuntivo e differenziato.
5) - Il caso in esame non rientra nelle caratteristiche indicate dalla norma di cui al più volte citato art. 11, dal momento che l’attività svolta presso le banche dati delle Procure distrettuali antimafia non sono per alcun aspetto assimilabili a quelle da esso previste, ciascuna delle quali è connotata da qualche aspetto di gravosità o di rischio per i soggetti implicati.
6) - Anche la espressione “sulla base di formali ordini di servizio” non si presta ad essere estesa alla attività di mera assegnazione alle banche dati.
7) - Dalla stessa memoria di costituzione degli appellati si evince chiaramente che l’attività dai medesimi compiuta, pur di gran pregio per gli organi inquirenti, difetti del requisito del maggior disagio o rischio previsto come essenziale dalla norma della cui applicazione si tratta.
8) - Il provvedimento del 10 novembre 1998 della DDA, richiamato nella memoria di costituzione degli appellati, nella indicazione dell’attività svolta dalla categoria degli analisti, cui si dichiara essi appartengano, enuclea operazioni di catalogazione, verifica, segnalazione e redazione degli atti prive di quel contatto con le realtà circostanti potenzialmente pregiudizievoli per i soggetti coinvolti e dunque inidonee a giustificare la corresponsione dell’indennità richiesta.
Per completezza leggete il tutto qui sotto per comprendere meglio le motivazioni.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201502293
- Public 2015-05-07 -
N. 02293/2015REG.PROV.COLL.
N. 09600/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9600 del 2014, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
contro
( - omissis - poiché indicati precedentemente ), rappresentati e difesi dall'avvocato Cinzia Meco, con domicilio eletto presso lo studio professionale dell’avvocato Cinzia Meco in Roma, Via Nomentana, n. 91;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 06812/2014, resa tra le parti, concernente accertamento del diritto all'indennità per servizi esterni di cui all'art. 11 DPR n. 254/1999;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di ( omissis – ricorrenti );
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2015 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Tebaidi su delega di Meco e l’avvocato dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - In data 5 ottobre 2005 proponevano ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, i signori ( OMISSIS ) per l’ottenimento dell’indennità di cui all’art.11 del d.P.R. 254/99 maggiorata degli interessi ad essa correlati dalla data di maturazione. A sostegno delle proprie richieste ponevano un periodo di impiego operativo presso le banche dati investigative del SIDDA-SIDNA (sistema informativo direzione distrettuale antimafia/ sistema informativo direzione nazionale antimafia) che, stante la letteralità dell’art.11 d.P.R. n. 254/99, avrebbe assunto il connotato di “servizio esterno” tale da consentire la percezione dell’emolumento ivi previsto.
2. - Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno assumendo l’infondatezza delle istanze così formulate per omessa esposizione della causa petendi; eccepiva l’avvenuta prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2948 c.4 c.c. per i servizi svolti in epoca antecedente ai cinque anni dalla notifica del ricorso vista l’inesistenza di atti interruttivi della stessa; resisteva alle censure mosse da parte ricorrente.
3. - In parziale accoglimento del ricorso, il TAR del Lazio con la sentenza n. 6812/2014, ammetteva l’eccezione di prescrizione opposta dalla Amministrazione resistente per il periodo precedente alla notifica del ricorso ma, ritenuta la fondatezza del gravame così formulato, condannava la stessa alla corresponsione delle somme spettanti ai ricorrenti per il periodo di concreto svolgimento dell’attività da parte di ciascuno di essi maggiorata degli interessi legali. I ricorrenti hanno dato prova, a seconda dei casi, di aver svolto o di svolgere tuttora la propria attività, secondo precisi turni, in qualità di analisti delle informazioni presso la Banca Dati SIDDA/SIDNA, alla quale è addetto un gruppo interforze (Polizia di Stato, Guardia di Finanza ed Arma dei Carabinieri), all’interno delle Procure della Repubblica – Direzioni Distrettuali Antimafia, le quali fanno capo al Ministero della Giustizia, perciò Amministrazione diversa da quella di appartenenza, evidentemente in supporto all’attività di lotta alla criminalità. Risultano, perciò, in concreto verificati tutti i requisiti prescritti dalla norma in esame.
4. - Impugna la suindicata sentenza il Ministero dell’Interno chiedendone l’annullamento o la riforma. Il Ministero eccepisce in primo luogo l’inammissibilità del ricorso, poiché carente delle necessarie indicazioni in ordine alla sede, alla tipologia dei servizi, agli ordini ricevuti, per ciascuno dei singoli ricorrenti. Non è stata precisata, infatti, la causa petendi di ciascuna delle posizioni fatte valere in giudizio e cioè le circostanze per le quali si è chiesto il riconoscimento dell’indennità, ma si è solo dato conto dell’assegnazione al servizio presso la banca dati SIDDA/SIDNA della Direzione Nazionale Antimafia. In mancanza di un elemento processuale essenziale, ne deriva un irrimediabile difetto nella instaurazione del contraddittorio, non rilevato dal giudice, nonché violazione dell’art.112 c.p.c per omessa pronuncia sulle domande ed eccezioni avanzate dall’Amministrazione resistente. L’Amministrazione appellante deduce, altresì, vizio di motivazione nella parte in cui il TAR adito qualifica come “servizio esterno” la semplice prestazione di servizio presso un ufficio non costituente una articolazione organizzativa della amministrazione di appartenenza, senza provvedere all’accertamento delle condizioni richieste dalla normativa per il conseguimento dell’indennità relativa a tipi di prestazioni connotate da reale stato di disagio. Vengono quindi richiamate numerose pronunce del Consiglio di Stato che hanno affermato la non spettanza dell’indennità in questione al personale della Polizia di Stato in servizio esterno presso i vari Uffici giudiziari.
5. - Si costituiscono in giudizio gli appellati con propria memoria assumendo l’infondatezza della eccezione avanzata dalla Amministrazione appellante relativa alla mancata dimostrazione dei presupposti per ciascuno dei ricorrenti stante il deposito di una apposita istanza, predisposta nel ricorso introduttivo e reiterata nella memoria di replica del 13 febbraio 2014, diretta ad ottenere i fascicoli personali dei ricorrenti ed i rispettivi ordini di servizio, e rimasta disattesa dal TAR Lazio. Si sottolinea la terzietà dell’ente Direzione Distrettuale Antimafia ove gli appellati erano assegnati in servizio esterno rispetto al Corpo di appartenenza in quanto facente parte della struttura del Ministero di Grazia e Giustizia e di diversa ubicazione rispetto agli edifici del Ministero dell’Interno. Infine si oppone alle argomentazioni di merito del Ministero appellante la percezione dell’indennità medesima da parte degli appartenenti all’Arma dei Carabinieri ed al Corpo della Guardia di Finanza impiegati presso gli stessi centri SIDDA-SIDNA.
6. – Il Collegio, chiamata la causa per l’esame dell’appello cautelare nella camera di consiglio dell’8 gennaio 2015, avendo avvisato le parti, ritiene sussistano i presupposti per decidere la causa direttamente nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 60 e 74 c.p.a..
7. - L’appello dell’Amministrazione è fondato alla luce di una costante e consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato a cui si fa riferimento anche ai sensi dell’art. 73 c.p.a. (Sezione III, sent. 8 luglio 2014 n. 3471; sent. 23 gennaio 2013, n. 409; sent. 18 dicembre 2013, n. 6047; sent. 15 maggio 2013, n. 2649; sent. 4 luglio 2011, n. 4005; sent. 31 giugno 2011, n.3575; Sezione. IV, sent. 27 novembre 2007, n. 6053; sent. 22 febbraio 2005, n. 2241; Sezione VI, sent. 20 marzo 2007, n. 2294; sent. 28 settembre 2006, n. 5692; sent. 17 aprile 2007, n. 5324; sent. 28 settembre 2006 n. 5693 e 5694).
7.1. - Deve essere in primo luogo rilevato che l’appello dell’Amministrazione contesta l’intera sentenza riproponendo le eccezioni di più vasta portata, in termini di inammissibilità o di integrale rigetto nel merito del ricorso di primo grado.
7.2. – Deve essere pertanto preliminarmente esaminata la censura di inammissibilità del ricorso originario per indeterminatezza delle posizioni fatte valere con ricorso collettivo. I ricorrenti di primo grado avevano, infatti, proposto un ricorso collettivo limitandosi sostanzialmente a dedurre la loro assegnazione di servizio presso le Procedure Distrettuali Antimafia alla banche dati SIDDA-SIDNA e le modalità di svolgimento del lavoro mediante turni senza specificare e dimostrare la conformità del lavoro svolto alle caratteristiche richieste dalle disposizioni dell’art. 11 del d.P.R. 254/1999 di cui si invoca l’applicazione.
Questa Sezione ha avuto modo di affermare in analoghe fattispecie (sentenze n. 2649 del 15 maggio 2013 e n. 4005 del 4 luglio 2011) che chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto in un ricorso collettivo deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti; mentre deve ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dica in ordine alle condizioni legittimanti e d'interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di essi, l'omogeneità dello loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda.
L'attenuazione, nel processo amministrativo, del principio dispositivo non può tradursi in uno svuotamento dell'onere probatorio e del connesso e pregiudiziale dovere di allegare, con specificità e precisione, i fatti costitutivi della domanda (CdS, sezione III, n. 111/2014). Non può pertanto essere accolta la richiesta istruttoria avanzata in primo grado e riproposta in appello dagli appellati per accertare le caratteristiche del servizio esterno da essi svolto né le indicazioni fornite al riguardo con il richiamo al provvedimento del 10 novembre 1998 della Direzione Distrettuale Antimafia interessata, (si veda il successivo punto 7.5.) possono essere considerate sufficienti. L’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa erariale appare dunque fondata, non potendosi eludere la necessità di fornire gli elementi costitutivi della pretesa fatta valere in giudizio attraverso una apposita istanza volta ad ottenere dal giudice lo svolgimento di una istruttoria presso l’Amministrazione avversaria. Proprio tale istanza finisce per dimostrare la mancanza nel ricorso di quegli elementi essenziali atti a configurare le pretese azionate in giudizio. Il ricorso dovrebbe quindi essere dichiarato inammissibile per questa ragione. Tuttavia, essendo il ricorso in primo grado palesemente infondato nel merito alla luce della vasta giurisprudenza della Sezione richiamata al capoverso del punto 7, il Collegio ritiene di dover seguire questa via ai fini di una maggiore chiarezza della decisione e di un compiuto accertamento delle situazioni di fatto e di diritto all’esame del presente giudizio.
7.3. – Ai fini dell’esame nel merito, deve essere in primo luogo considerato il tenore letterale della disposizione normativa di cui all’art. 11 del d.P.R. n. 254/1999 della cui applicazione si tratta: “A decorrere dal 1° giugno 1999 il compenso giornaliero di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, è esteso al personale delle forze di polizia ad ordinamento civile che eserciti precipuamente attività di tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità, nonché tutela della normativa in materia di poste e comunicazioni, impiegato in turni e sulla base di ordini formali di servizio svolti all'esterno degli uffici o presso enti e strutture di terzi”.
7.4. – La norma è chiara nel confermare la logica dell’istituto e la natura delle attività a cui si applica alla luce della originaria ratio dell’istituto come definito dall'art. 12, d.P.R. 5 giugno 1990, n. 147, (sotto la rubrica dell’articolo, anche essa significativa: Servizi esterni ed ordine pubblico in sede), ratio che non viene affatto modificata dalle successive estensioni operate prima dal d.P.R. n. 254/1999, sopra riportata, poi dal D.P.R n. 164/2002, che, proprio in ragione del maggior disagio che le attività considerate implicano, estende la indennità anche a servizi di limitata durata oraria, ma non inferiori alle tre ore.
Anzi, per aspetti diversi, proprio le norme che estendono l’applicazione dell’indennità per servizi esterni confermano la sua ragion d’essere e la logica che deve guidarne la concessione.
7.5. - Non vi è alcun dubbio sul fatto che le attività da svolgere debbano rientrare tutte – anche se svolte presso uffici terzi - tra i servizi di tutela, scorta, traduzione, vigilanza, lotta alla criminalità, nonché tutela della normativa in materia di telecomunicazioni ovvero in attività assimilabili a queste in modo specifico e non generico. Inoltre deve trattarsi di attività svolte su turni e sulla base di formali ordini di servizio.
Infatti la corresponsione dell’indennità predetta serve a compensare il personale che si trovi ad operare in situazioni di particolare disagio, consistenti nella esposizione ad agenti atmosferici ed ai rischi connessi alla prestazione del servizio in ambienti esterni, nel caso in cui il personale operi a bordo di volanti, espleti il servizio di vigilanza ad obiettivi sensibili, effettui servizi di pattuglia in ambito stradale e autostradale, cioè in presenza di situazioni fattuali in cui il servizio sia reso tendenzialmente per tutta la durata del turno all’aria aperta. L’esigenza è quella di ristorare il particolare disagio derivante da un servizio gravoso perché esposto a particolari fattori di rischio ambientale e dunque insussistente e non riconducibile alla previsione normativa nell’ipotesi del servizio effettuato fuori dagli uffici dell’unità di appartenenza, ma presso altri uffici. L’indennità oggetto del presente ricorso richiede un quid pluris affinché possa legittimamente essere concessa, i.e. la sussistenza di un particolare pericolo o disagio tale da giustificare un trattamento economico aggiuntivo e differenziato. In caso contrario, si finirebbe per concedere la predetta indennità indiscriminatamente a tutti coloro che, ancorché impiegati presso Amministrazioni diverse, svolgano attività non connotate da alcun particolare pregiudizio fisico o psichico ed alimentando, innegabilmente, una disparità di trattamento fra gli stessi operatori. Pertanto ai fini dell’applicazione della norma non possono essere qualificati come esterni quei servizi resi “in via ordinaria” ancorché presso enti o strutture di terzi, ossia in uffici di polizia ubicati presso Amministrazioni od enti diversi.
7.6. - Il caso in esame non rientra nelle caratteristiche indicate dalla norma di cui al più volte citato art. 11, dal momento che l’attività svolta presso le banche dati delle Procure distrettuali antimafia non sono per alcun aspetto assimilabili a quelle da esso previste, ciascuna delle quali è connotata da qualche aspetto di gravosità o di rischio per i soggetti implicati. Anche la espressione “sulla base di formali ordini di servizio” non si presta ad essere estesa alla attività di mera assegnazione alle banche dati. Dalla stessa memoria di costituzione degli appellati si evince chiaramente che l’attività dai medesimi compiuta, pur di gran pregio per gli organi inquirenti, difetti del requisito del maggior disagio o rischio previsto come essenziale dalla norma della cui applicazione si tratta. Il provvedimento del 10 novembre 1998 della DDA, richiamato nella memoria di costituzione degli appellati, nella indicazione dell’attività svolta dalla categoria degli analisti, cui si dichiara essi appartengano, enuclea operazioni di catalogazione, verifica, segnalazione e redazione degli atti prive di quel contatto con le realtà circostanti potenzialmente pregiudizievoli per i soggetti coinvolti e dunque inidonee a giustificare la corresponsione dell’indennità richiesta. Lo dimostra ulteriormente il fatto che i servizi in questione non sono contemplati esplicitamente nell’ambito dei protocolli di intesa e delle “circolari” del Ministero che elencano i servizi svolti con turni obbligatori di lavoro giornaliero e periodici anche se non continuativi e sulla base di ordini formali di servizio. Tali protocolli e circolari non possono avere d’altra parte valore solo esemplificativo e chiarificatore, stanti i riflessi finanziari connessi all’individuazione dei servizi stessi.
7.7. – Neanche la segnalazione che operatori appartenenti ad altre forze di polizia e applicati alle medesime attività svolte dai ricorrenti abbiano beneficiato dell’indennità in questione è significativa, dal momento che la giurisprudenza sopracitata dà conto di numerosi casi di applicazione estensiva e talvolta opportunistica della norma a volte dovuta alla ambigua formulazione delle circolari ministeriali (si veda ad esempio il caso considerato nella sentenza del CdS n. 409/2013). In tali circostanze l’Amministrazione avrebbe avuto piuttosto il dovere di procedere alla revoca in autotutela dei provvedimenti concessivi della indennità per evitare di incorrere in possibili responsabilità erariali.
8. – In conclusione l’appello dell’Amministrazione deve essere accolto nel merito e di conseguenza la sentenza del TAR deve essere riformata respingendo il ricorso in primo grado.
9. - Nelle considerazioni svolte al punto 7.7. e nell’andamento della vicenda nei due gradi del giudizio si ravvisano giusti motivi per compensare le spese per entrambi i gradi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l'appello dell’Amministrazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado.
Spese compensate per i due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2015
“Servizio esterno” personale SIDDA - SIDNA
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