ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALINGA

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gene74
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R: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALINGA

Messaggio da gene74 »

Buongiorno a tutti volevo sapere se spetta prendere i permessi per l'allattamento anche al padre lavoratore quando la madre è casalinga lo chiedo perchè mi hanno appena rifiutato un istanza in tal senso, adducendo come motivo del rifiuto ciò che viene scritto sul compendio normativo c14 , dal quale si evince che il padre non può usufruire di tali permessi qualora la madre del bambino non sia lavoratrice.
grazie a tutti saluti .
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panorama
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

Per notizia.
Cmq. auguri a questo Militare.

PERMESSI ORARI GIORNALIERI AL PADRE CON CONIUGE CASALINGA, artt 40, comma 1, lett. C) e 41 del D.lgs. 151/2001 con relativo trattamento economico sino al compimento di un anno di vita delle figlie.

Il Tar ha precisato:

1)- Il TAR adito accoglieva la proposta istanza cautelare ai fini del riesame.

2)- L’Amministrazione, in sede di riesame, concedeva al ricorrente i richiesti permessi (provvedimenti nn.16974 e 16975 del 21 ottobre 2011, in atti), pur deducendo, in memoria, che i sopra richiamati provvedimenti non sarebbero stati adottati “a titolo definitivo, non contenendo l’abituale formula “con riserva”, che di norma viene inserita negli atti con i quali si provvede all’esecuzione delle ordinanze cautelari in attesa della decisione di merito”;

3)- Il ricorrente ha chiesto il riconoscimento dei permessi orari previsti dall’art. 40 del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui (comma 1, lett.c) riconosce al padre lavoratore il diritto di fruire, nel primo anno di vita del figlio, del riposo giornaliero di due ore nel caso in cui al madre non sia lavoratrice dipendente”, beneficio, nella specie, raddoppiato posto che i figli sono due (gemelli).

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10/05/2012 201200332 Sentenza 1


N. 00332/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00576/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 576 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Silvana Brachetti, con domicilio eletto presso avv. Silvana Brachetti in L'Aquila, via Alba Fucens, 36;

contro
Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico;

per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO DEL COMANDO 9° REGGIMENTO ALPINI DI L’AQUILA, PROTOCOLLO N. ……. DEL 9.09.2011, NOTIFICATA A MANI IN PARI DATA, CON IL QUALE SI COMUNICAVA IL MANCATO ACCOGLIMENTO DELLE ISTANZE, PRESENTATE IN DATA 14.07.2011, TESE AD OTTENERE “PERMESSI ORARI” GIORNALIERI A FAVORE DELLE FIGLIE, “DATO CHE IL PADRE CON CONIUGE CASALINGA, PUÒ USUFRUIRE DEI PERMESSI IN OGGETTO SOLO A CONDIZIONE CHE LA STESSA SIA AFFETTA DA INFERMITÀ GRAVE”.
- DI OGNI ALTRO ATTO PRESUPPOSTO, CONSEGUENTE O COMUNQUE CONNESSO.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa in persona del Ministro p.t.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2012 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il ricorso di cui in epigrafe, OMISSIS, caporale maggiore scelto presso la caserma degli Alpini dell’Aquila, ha chiesto l’annullamento del provvedimento meglio sopra individuato, recante diniego di concessione di permessi orari giornalieri in favore delle figlie, come previsti dagli artt 40, comma 1, lett. C) e 41 del D.lgs. 151/2001, e la declaratoria del proprio diritto a vedersi concedere i periodi di riposo giornalieri richiesti, con relativo trattamento economico sino al compimento di un anno di vita delle figlie.
Esponeva il ricorrente che la richiesta era originata dalla nascita di due figlie gemelle e dall’ovvio stato di difficoltà in cui si era trovata la moglie, che lo aveva seguito nella sede assegnata, nel dover accudire le due bimbe, anche in ragione della lontananza da tutti i parenti; il provvedimento negava il richiesto beneficio sul rilievo che la madre, casalinga, non era affetta da infermità grave, con conseguente ritenuta inapplicabilità della invocata disposizione.

Il ricorso deduce: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40, comma 1, lett.c), dell’art. 41 del D.lgs. 26.3.2001, n.151 e dei principi dettati dall’art. 3, 29, 30 e 31 Cost. - Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e disparità di trattamento, illogicità e irragionevolezza manifeste, difetto e carenza di motivazione. Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità: il codice militare prevede l’estensione al personale militare maschile e femminile della normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità; in tale contesto i permessi giornalieri, alla stregua degli artt 39 e segg. del d.lgs. 151/2001, sono riconosciuti espressamente allorché i figli sono affidati al solo padre, la madre lavoratrice dipendente non utilizza i premessi, la madre non è lavoratrice dipendente, ovvero in caso di morte o di grave infermità della madre; nella specie, l’Amministrazione ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione dei permessi richiesti rappresentando che “il padre con coniuge casalinga può usufruire dei permessi in oggetto solo a condizione che la stessa sia affetta da infermità grave”, senza considerare che la moglie casalinga ben può essere equiparata alla madre non lavoratrice dipendente, senza necessità che sia affetta da infermità grave, anche in ragione dei principi desumibili dal testo unico sulle pari opportunità, come applicati dalla più avvertita giurisprudenza.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare.

L’Amministrazione, costituita in giudizio, chiedeva il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso, deducendo la piena conformità a legge del provvedimento di diniego impugnato.
Il TAR adito accoglieva la proposta istanza cautelare ai fini del riesame.

L’Amministrazione, in sede di riesame, concedeva al ricorrente i richiesti permessi (provvedimenti nn.16974 e 16975 del 21 ottobre 2011, in atti), pur deducendo, in memoria, che i sopra richiamati provvedimenti non sarebbero stati adottati “a titolo definitivo, non contenendo l’abituale formula “con riserva”, che di norma viene inserita negli atti con i quali si provvede all’esecuzione delle ordinanze cautelari in attesa della decisione di merito”; concludeva dunque l’Amministrazione nel senso del rigetto della domanda ovvero, in subordine, di declaratoria di improcedibilità per cessata materia del contendere.
All’esito della pubblica udienza del 18 aprile 2012, il collegio riservava la decisione in camera di consiglio.

DIRITTO
I. Il ricorrente ha chiesto il riconoscimento dei permessi orari previsti dall’art. 40 del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui (comma 1, lett.c) riconosce al padre lavoratore il diritto di fruire, nel primo anno di vita del figlio, del riposo giornaliero di due ore nel caso in cui al madre non sia lavoratrice dipendente”, beneficio, nella specie, raddoppiato posto che i figli sono due (gemelli).
Tanto sul presupposto che il beneficio sia applicabile anche nel caso, ricorrente nella specie, in cui la madre, non lavoratrice dipendente, sia casalinga.

L’amministrazione ha inteso rigettare la richiesta medesima sul rilievo della inapplicabilità della disposizione in questione letteralmente riferita, tra l’altro, al caso di coniuge non dipendente materialmente impossibilitato a prestare assistenza ai figli.

II. Va preliminarmente precisato che, benché l’Amministrazione, in sede di riesame indotto dalla ordinanza cautelare di questo TAR (n.342 del 2011), abbia concesso il beneficio richiesto al ricorrente, la stessa, in sede di memoria (in data 9 marzo 2012), ha espressamente escluso di aver prestato acquiescenza al dictum cautelare e chiesto il rigetto del ricorso ovvero, in subordine, declaratoria di cessata materia del contendere,
Tanto impone al Collegio la pronuncia nel merito, dovendosi peraltro osservare che i periodi di riposo richiesti non sono neppure al momento interamente decorsi (cfr. provvedimenti nn.16974 e 16975 del 21 ottobre 2011, in atti), circostanza che vieppiù richiede l’accertamento della fondatezza del ricorso.

III. Come è noto, l’istituto del riposo giornaliero è stato introdotto nel nostro ordinamento come beneficio strettamente collegato al parto ed alle esigenze fisiologiche ad esso connesse, come si ricava espressamente dall’art. 9 della legge 26 agosto 1950, n.860 che lo condizionava alla necessità di soddisfare “i bisogni dell’allattamento”.
L’art. 10 della legge n.1204 del 1971, non menzionando più la necessità dell’allattamento, ha modificato la natura e la finalità dell’istituto, il cui scopo è divenuto quello di consentire alla madre di attendere ai molteplici compiti, tutti delicati e impegnativi, connessi con l’assistenza del bambino nel primo anno di vita, finalità ribadita dall’art. 10 del D.P.R. 25 novembre 1976, n.1076 (regolamento di esecuzione della legge n.1204 del 1971), in cui si affermava che “i riposi di cui all’art.10 devono assicurare alla lavoratrice la possibilità di provvedere alla assistenza diretta del bambino”, così nella sostanza radicando l’attenzione del legislatore (e la connessa ratio normativa) dalla tutela legislativa della donna lavoratrice al minore.
Ne è conseguito, come effetto del principio paritario affermato nel nostro ordinamento con la riforma del diritto di famiglia (L. n.151/1975), e di quello sulla parità di trattamento sul lavoro di entrambi i sessi (L. n.903 del 9 dicembre 1977), che il beneficio in questione ben potesse applicarsi anche al padre lavoratore, in alternativa alla madre o quando il figlio fosse a lui solo affidato, riconoscendogli la possibilità di usufruire dell’astensione facoltativa dal lavoro per la durata di sei mesi nel primo anno di vita del bambino e dunque (del tutto ragionevolmente) positivizzando l’idoneità anche dell’uomo a prestare assistenza materiale e supporto affettivo al minore .

III.1) La Corte costituzionale, che si è più volte pronunciata in subiecta materia, ha poi, tra l’altro (con sentenza n.1 del 19 gennaio 1987), dichiarato illegittima la mancata previsione del riposo giornaliero per il padre, affermando che tale disposto non teneva conto dell’interesse del minore che sarebbe rimasto privo delle cure parentali tutte le volte in cui l’assistenza della madre fosse resa impossibile a seguito della morte o del grave impedimento fisico della stessa, sul fondamento della necessità del bambino di ricevere assistenza materiale e morale dal padre, una volta divenuta impossibile quella della madre, ovvero (sentenza n.179 del 21 aprile 1993) in alternativa alla madre lavoratrice consenziente.

III.2) Dal quadro normativo così delineato si è originata la disposizione pertinente nella specie (art. 6-ter introdotto, nella legge n.903 del 1977, dalla legge 8 marzo 2000, n.53), ai sensi della quale “i periodi di riposo di cui all’articolo 10 della legge 30 dicembre 1981, n.1204, e successive modificazioni, e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”, così aderendo il legislatore alle indicazioni dettate dalla Corte costituzionale, che configuravano, come sopra detto, l’alternatività nel godimento del beneficio.

III.3) La disposizione sopra indicata è poi stata recepita nell’art. 40 del testo unico di cui al d.lgs. 26 marzo 2001, n.151, che ha aggiunto, alle ipotesi già individuate dall’art. 6-ter della legge n.903 del 1977, quella della impossibilità dell’assistenza materiale da parte della madre per morte o malattia grave.
Le ipotesi contemplate dal precitato art. 40 prevedono dunque testualmente il riconoscimento del diritto del padre al riposo ordinario sul presupposto che la madre non possa o non voglia, per ragioni giuridiche, fisiche o per scelta, provvedere, usufruendo dei riposi giornalieri nel primo anno di vita, alla cura del minore.
La ratio del combinato disposto degli artt. 39 e 40, in virtù dell’interpretazione sistematica evincibile dal contesto normativo esaminato, deve dunque individuarsi nell’esigenza di garantire la presenza, alternativamente, di uno dei due genitori (con la eccezione del parto plurimo disciplinata dall’art 41, in cui le ore aggiunte a quelle ordinarie possono essere utilizzate da entrambi).

III.4) La disposizione, invece, non prevede espressamente alcunché nell’ipotesi di madre casalinga.
Orbene, è nota l’evoluzione della giurisprudenza del giudice civile secondo la quale chi svolge attività domestica nell’ambito del proprio nucleo familiare (attività tradizionalmente attribuita alla “casalinga”), benché non percepisca reddito monetizzato, svolge, tuttavia, un’attività lavorativa (ovviamente non dipendente) suscettibile di valutazione economica, e da qui la conclusione della sostanziale equiparabilità della figura della casalinga a quella di tutte le lavoratrici non dipendenti, ai sensi e per gli effetti dell’attribuzione al padre del beneficio del riposo giornaliero nel primo anno di vita del bambino.
In tal senso, l’art. 40, lettera c), sopra citato, può ben essere interpretato nel senso che anche il padre ha diritto di assistere i figli in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tali compiti, posto che lo stesso art. 3 della Costituzione impone tale interpretazione della nozione di “lavoratrice non dipendente” proprio al fine di non ingenerare evidenti disparità di trattamento dei soggetti destinatari.

III.5) Il Consiglio di Stato ha in proposito ritenuto che la ratio della norma in esame, “volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio”, induca a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre, anche nel caso in cui la madre casalinga, considerata alla stregua della lavoratrice dipendente, possa essere tuttavia impegnata in attività che distolgano dalla cura del neonato” (Cons. di Stato, Sez.VI, n.4293/2008), così riconoscendo al padre il diritto di usufruire dei riposi in considerazione della finalità della norma stessa, nata per dare sostegno alla famiglia ed alla maternità così come previsto dall’art. 31 della Costituzione.
In tale direzione anche il Ministero del lavoro (cr. lettera circolare 12 maggio 2009 e lettera circolare 16.11.2009, prot. n.19605) ha, da ultimo, e dirimendo un contrasto fino a quel momento originato con l’INPS (che ha, dal canto suo, del pari corretto il proprio orientamento con circolare n.118/09), sostenuto la tesi favorevole al riconoscimento al lavoratore padre dei riposi giornalieri anche quando la madre svolga attività di lavoro casalingo, onde evitare disparità di trattamento rispetto alle altre lavoratrici non dipendenti cui fa riferimento la norma.
Da ultimo, il Tribunale di Venezia, sez. Lavoro, con sentenza del 9 febbraio 2012, n.192, e sulla base delle indicazioni fornite da Cass. Sezz.Un., n.20324 del 20.10.2005, esaminando la questione della risarcibilità del danno da perdita della capacità di lavoro, ha assimilato l’attività domestica a quella lavorativa tout court, richiamando i principi di cui agli artt. 4, 33, 36 e 37 della Costituzione.

III.6) Ha osservato, condivisibilmente, la richiamata giurisprudenza che l’originale beneficiario della tutela è il bambino e la sua crescita psichica ed affettiva e, in questa ottica, non si può non tener conto del fatto che una donna impegnata in lavori domestici all’interno del proprio nucleo familiare è, esattamente al pari di una lavoratrice non dipendente, comunque distolta dalla cura del bambino.
Non si può negare, invero, il carattere di attività lavorativa delle funzioni svolte dalla casalinga, laddove appunto la gestione delle cure domestiche involge, sia pure con caratteristiche del tutto peculiari, l’impiego di mezzi fisici e psicologici propri del lavoro, sicché l’attribuzione del beneficio de quo solo a favore delle lavoratrici autonome appare illogico e comunque non consono ai principi di solidarietà sociale incline sempre più a riconoscere all’attività di casalinga non solo valenza sociale ma anche dignità sostanziale e formale di lavoro vero e proprio.
Nello stesso senso, TAR Sicilia, sez. I, n.680/2011 ha affermato che “la nozione di lavoratore assume diversi significati nell’ordinamento, ed in particolare nelle materie privatistiche e pubblicistiche. Proprio a queste ultime si deve far riferimento, visto che si tratta di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale, scolpite nell’art. 31 della Costituzione”.
In tale prospettiva, essendo noto che numerosi settori dell’ordinamento considerano la figura della casalinga come lavoratrice, non può che valorizzarsi la ratio della norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato.
La richiamata sentenza ha pertanto aderito a tale orientamento ritenendolo più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all’educazione della prole, principio che affonda la sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31.

III.7) Non ignora il TAR che il Consiglio di Stato ha nondimeno, in sede consultiva (cfr. sezione I, n.6351/2009), escluso tale interpretazione, valorizzando per altro verso lo stesso suesposto principio di alternatività, ma sul rilievo che “la considerazione dell’attività domestica come vera e propria attività lavorativa prestata a favore del nucleo familiare, non esclude, ma al contrario, comprende, come è esperienza consolidata, anche le cure parentali, cosicché la valutabilità economica di tale attività, assunta a presupposto per assimilare la casalinga alle lavoratrici non dipendenti, si risolve, in definitiva, in una tautologia, comportando non altro che la rilevanza anche del venir meno della capacità di apprestare dette cure, ai fini della determinazione del danno patrimoniale derivante dalla menomazione della capacità lavorativa”, e ritenendo di non poter differenziare l’ipotesi della “casalinga”, che dedica il suo impegno permanente alle attività domestiche, comprensive anche dell’attività di coordinamento, in senso lato, della vita familiare, da quella in cui la lavoratrice dipendente si dedichi a tale coordinamento solo in via temporaneo e contingente, per essere stata esonerata dall’obbligo di prestazione lavorativa.

III. Questo Collegio, alla stregua delle soprarichiamate considerazioni di ordine generale, reputa più conforme all’evoluzione normativa, anche alla stregua delle sollecitazioni indotte dall’esperienza comunitaria, la tesi favorevole al ricorrente.
Proprio lo spostamento dell’asse della ratio normativa sulla tutela del minore impone, invero, di ritenere che il beneficio di cui uno dei due genitori può fruire costituisca il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (con riferimento al rispetto dell’orario di servizio) e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario che gli impone comunque la cura del minore pure in presenza dell’altro genitore eventualmente non lavoratore.
Tale beneficio sostanzialmente grava sul datore di lavoro dell’uno o dell’altro genitore secondo il più volte richiamato principio dell’alternatività, ma allorché uno dei due genitori, per una ragione qualsiasi, non se ne avvalga (perché non lavoratore dipendente, ad esempio), ben può essere richiesto e fruito dall’altro.
Nel caso di genitore (e, ovviamente, non solo madre) “casalingo”, l’altro genitore può avvalersi dunque della facoltà di accudire i figli nell’interessi stesso dei minori e senza alcun effetto sulla posizione dell’altro datore di lavoro in tesi inesistente.
Tale mediazione consente la migliore organizzazione familiare nell’interesse, come detto, dei minori, e, in prospettiva più ampia, non grava sull’organizzazione del lavoro e in generale sulla società se non per la metà (per la parte del genitore che, in alternativa, si avvalga del beneficio).

III.9) Neppure può trascurarsi la ulteriore considerazione che il lavoro domestico (casalingo), benché organizzato in piena autonomia di gestione, anche dei tempi, non necessariamente comprende anche la cura dei figli (in ipotesi di famiglia senza figli, appunto), il che con evidenza dimostra il maggior peso indotto proprio dalla presenza di minori da accudire, peso che, in forza della valenza costituzionale del legame parentale, ragionevolmente deve gravare sulla collettività organizzata e sulla stessa strutturazione del lavoro.
Il tutto in piena aderenza a quanto disposto da ultimo con il comma 2 bis aggiunto all’art. 25 del testo unico sulle pari opportunità fra uomo e donna (d.lgs.n.5/2010 che ha recepito la direttiva 2006/54/CE) che afferma: “E’ discriminatorio ogni trattamento meno favorevole che dipende da uno stato di gravidanza, nonché di maternità e paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti.

III.10) Il ricorso va dunque accolto.

IV. Considerata la natura della controversia, anche in ragione degli orientamenti non sempre univoci sopra esposti, le spese di giudizio possono compensarsi sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo, L’AQUILA,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato dichiarando il diritto del ricorrente alla fruizione del beneficio richiesto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Mastrocola, Presidente
Elvio Antonelli, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/05/2012
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

Bella e vittoriosa sentenza del TAR Piemonte nei confronti del nostro collega.

- ) Il collega APS. CC. in servizio permanente presso il Comando Provinciale Carabinieri di Cuneo, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con cui il Comandante della Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta gli ha negato la concessione dei riposi giornalieri spettanti al padre ai sensi dell’art. 40 del D. Lgs. n. 151/2000, in relazione figlio ultimogenito nato in data 01.02.2012.

il collega in particolar modo contesta:

- ) la direttiva n. m-DGM1LII610227643 in data 29.4.2010 del Ministero della Difesa - Direzione Generale del personale militare, diramata con circolare n. 72/50-2-2001 in data 9.6.2010 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - SM -Ufficio Legislazione;

- ) le "linee di indirizzo" elaborate dallo Stato Maggiore della Difesa - I Reparto Personale - Ufficio condizione militare diramata con circolare n. 72/59-7-2001 in data 10.2.2012 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Sm-Ufficio Legislazione;


Il TAR ha precisato:

1) - Il ricorso è fondato e va accolto e può essere definito con sentenza in forma semplificata mediante il riferimento a precedenti giurisprudenziali conformi, così come consentito dall’art. 74 del codice del processo amministrativo.

2) - (punto n. 11 sentenza) - Peraltro, il principio della integrale equiparazione della casalinga alla lavoratrice non dipendente ai fini della fruizione da parte del padre dei permessi di cui all’art. 39 D. Lgs. 151/2001, è ormai condiviso da rilevanti branche della stessa Pubblica Amministrazione, come attestano chiaramente le circolari del Ministero Lavoro C/2009 del 16.11.2009 e dell’ INPS 25.11.2009 n. 118/2009 richiamate negli scritti difensivi di parte ricorrente.

3) - (punto n.12 sentenza) - Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto con il conseguente annullamento dell’atto di diniego impugnato, previa disapplicazione della prassi interpretativa interna dell’Amministrazione della Difesa richiamata nel preambolo dell’atto stesso.

Il resto potete leggerlo qui sotto in sentenza.

Auguri a GIANLUIGI in servizio a Cuneo città.

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09/11/2012 201201189 Sentenza Breve 1


N. 01189/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00927/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 927 del 2012, proposto da:
P. GIANLUIGI, rappresentato e difeso dall'avv. Chiara Servetti, con domicilio eletto presso lo studio della medesima in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;

contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;

nei confronti di
CONSIGLIERA DI PARITÀ DELLA PROVINCIA DI CUNEO - AVV. DANIELA CONTIN - rappresentata e difesa dall'avv. Chiara Servetti, con domicilio eletto presso lo studio della medesima in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;

per l'annullamento
- del provvedimento di cui alla nota prot. n. 535/10 in data 27.4.2012, comunicata in data 10.5.2012, a firma del Comandante del Comando Legione Carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta, con la quale è stata respinta la domanda presentata in data 1.2.2012 dal ricorrente, volta ad ottenere i riposi giornalieri spettanti al padre, ai sensi dell'art. 40 del d.lgs. n. 151/2000;
- del preavviso di rigetto dell'istanza, comunicato con nota prot. n. 535/12 in data 6.3.2012, a firma del Comandante del Comando Legione Carabinieri Piemonte e Valle d'Aosta;
- della direttiva n. m-DGM1LII610227643 in data 29.4.2010 del Ministero della Difesa - Direzione Generale del personale militare, diramata con circolare n. 72/50-2-2001 in data 9.6.2010 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - SM -Ufficio Legislazione;
- delle "linee di indirizzo" elaborate dallo Stato Maggiore della Difesa - I Reparto Personale - Ufficio condizione militare diramata con circolare n. 72/59-7-2001 in data 10.2.2012 del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri - Sm-Ufficio Legislazione;
- degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi;
- per l'accertamento del diritto del ricorrente a fruire dei periodi di riposo giornalieri richiesti con relativo trattamento economico sino al compimento di un anno di vita del figlio;
- per il risarcimento dei danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e della Consigliera di Parità della Provincia di Cuneo Avv. Daniela Contin;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., in ordine ad una possibile definizione immediata del giudizio con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso in riassunzione notificato il 20.09.2012 e depositato il 28.09.2012 (a seguito di declinatoria di competenza del TAR Lazio-Roma), il signor P… Gianluigi, appuntato scelto in servizio permanente presso il Comando Provinciale Carabinieri di Cuneo, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con cui il Comandante della Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta gli ha negato la concessione dei riposi giornalieri spettanti al padre ai sensi dell’art. 40 del D. Lgs. n. 151/2000, in relazione figlio ultimogenito nato in data 01.02.2012.

2. Il diniego è stato adottato sul rilievo che, alla luce della normativa vigente, “i permessi in argomento non possono essere concessi laddove la moglie del richiedente sia casalinga ovvero non sia gravata da oggettivi impedimenti quali gravi infermità, come nel caso di specie”.

3. Attraverso un unico, articolato, motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del diniego impugnato sotto plurimi profili di violazione di legge e di eccesso di potere, lamentando, in particolare:
- la mancata equiparazione della madre casalinga alla lavoratrice dipendente, anche alla luce dei principi espressi dalla più recente giurisprudenza e recepiti dalla stessa Amministrazione in alcune recenti circolari del Ministero del Lavoro e dell’INPS;

- la mancata considerazione del peculiare contesto familiare del ricorrente, padre di otto figli in tenera età;

- la ingiustificata tardiva definizione del procedimento amministrativo, avviato a seguito dell’istanza presentata dal ricorrente in data 01.02.2012 e conclusa solo il 10.05.2012, oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 2 L. 241/90, con conseguente danno per il ricorrente, privato del diritto di fruire i permessi allorchè ne aveva maggiormente bisogno.

4. Il ricorrente ha chiesto conclusivamente l’annullamento dell’atto impugnato e, occorrendo, degli ulteriori atti generali e regolamentari presupposti; l’accertamento del proprio diritto a fruire dei permessi ex art. 40, comma 1 lett. c) D. Lgs. n. 151/2001; la condanna dell’Amministrazione della Difesa al risarcimento dei danni patiti e patiendi, e, in particolare, al pagamento di un importo commisurato al numero di permessi non fruiti.

5. Si è costituito il Ministero della Difesa, resistendo al gravame con memoria.

6. E’ intervenuta ad adiuvandum la Consigliera di parità della Provincia di Cuneo avv. Daniela Contin, instando per l’accoglimento del ricorso.

7. All’udienza in camera di consiglio del 18 ottobre 2012, fissata per la trattazione della domanda cautelare proposta dal ricorrente, la causa è stata trattenuta per la decisione.

8. Il ricorso è fondato e va accolto e può essere definito con sentenza in forma semplificata mediante il riferimento a precedenti giurisprudenziali conformi, così come consentito dall’art. 74 del codice del processo amministrativo.

9. Osserva il collegio che secondo il più recente e prevalente indirizzo giurisprudenziale, condiviso dalla Sezione, “in ossequio al principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, quale espressione dei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31 Cost., l'art. 40 comma 1 lett. c), d.lg. 26 marzo 2001 n. 151, ai sensi del quale i periodi di riposo giornalieri di cui all'art. 39 spettano al padre lavoratore nell'ipotesi in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, si applica anche nell'ipotesi in cui la madre svolga l'attività di casalinga (T.A.R. Palermo Sicilia sez. I, 07 aprile 2011 n. 680).

Analogamente, è stato affermato che “ai fini della fruizione dei riposi giornalieri, ove vi sia un genitore (e, ovviamente, non solo madre) “casalingo”, l’altro genitore può avvalersi della facoltà di accudire i figli nell’interesse stesso dei minori e senza alcun effetto sulla posizione dell’altro datore di lavoro in tesi inesistente; infatti, in ragione del fatto che numerosi settori dell’ordinamento considerano la figura della casalinga come lavoratrice, va valorizzata la ratio dell’art. 40 D. Lgs. 26 marzo 2001 n. 151, volto a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano della cura del neonato” (TAR Abruzzo L’Aquila, sez. I, 10 maggio 2012, n. 332).

Anche il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare che l'espressione madre “non lavoratrice dipendente” contenuta nell'art. 6 ter l. 9 dicembre 1977 n. 903 (introdotto dall'art. 13 l. 8 marzo 2000 n. 53) ai sensi del quale i periodi di riposo di cui all'art. 10 l. 30 dicembre 1971 n. 1204 e successive modificazioni e i relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore …nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, deve ritenersi comprensiva anche della “lavoratrice” casalinga (Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre 2008, n. 4293, conf. Tar Toscana 25 novembre 2002 n. 2737).

10. La Sezione condivide tali principi, i quali costituiscono espressione di un indirizzo giurisprudenziale del tutto maggioritario e prevalente rispetto all’isolato parere del Consiglio di Stato sez. I 22 ottobre 2009 n. 2732 recepito quale esclusivo parametro di riferimento nelle circolari, direttive e linee d’indirizzo elaborate dall’Amministrazione della Difesa nella materia qui in esame e richiamate quali atti presupposti nel preambolo dell’impugnato diniego.

11. Peraltro, il principio della integrale equiparazione della casalinga alla lavoratrice non dipendente ai fini della fruizione da parte del padre dei permessi di cui all’art. 39 D. Lgs. 151/2001, è ormai condiviso da rilevanti branche della stessa Pubblica Amministrazione, come attestano chiaramente le circolari del Ministero Lavoro C/2009 del 16.11.2009 e dell’ INPS 25.11.2009 n. 118/2009 richiamate negli scritti difensivi di parte ricorrente.

12 Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto con il conseguente annullamento dell’atto di diniego impugnato, previa disapplicazione della prassi interpretativa interna dell’Amministrazione della Difesa richiamata nel preambolo dell’atto stesso.

13. Per l’effetto, va accertato il diritto del ricorrente di fruire dei premessi di cui all’art. 40 comma 1 lett. c) del D. Lgs. 151/2001.

14. Non può invece essere accolta la domanda risarcitoria formulata dal ricorrente, dal momento che la scarsa chiarezza della normativa applicata e l’oggettiva esistenza di un (sia pur minimo) contrasto giurisprudenziale sul tema oggetto del contendere escludono la configurabilità di profili di “colpa” dell’Amministrazione, la quale costituisce presupposto essenziale della responsabilità per fatto illecito delineata dagli artt. 2043 c.c.

15. La soccombenza dell’Amministrazione sulle domande principali di annullamento e di accertamento giustifica la condanna della parte resistente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come da dispositivo. Le stesse spese possono invece essere compensate tra la stessa parte resistente e il soggetto interveniente, ricorrendone giusti motivi.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), decidendo definitivamente sul ricorso in oggetto:

a) accoglie la domanda di annullamento, e per l’effetto annulla il provvedimento di cui alla nota prot. n. 535/10 in data 27.04.2012 a firma del Comandante del Comando Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta- SM - Ufficio Personale –Sezione Avanzamento e Documentazione;

b) accerta il diritto del ricorrente di fruire dei permessi di cui all’art. 40 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 151/2001;

c) respinge domanda risarcitoria;

d) condanna il Ministero della Difesa a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida forfettariamente in € 4.000 (quattromila), oltre accessori di legge;

e) compensa le spese tra il Ministero della Difesa e l’interveniente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/11/2012
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

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DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n.151
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e
della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.

OMISSIS

Art. 41.

Riposi per parti plurimi
(legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 10, comma 6)

1. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dall'articolo 39, comma 1, possono essere utilizzate anche dal padre.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------

La lista si allunga.

Ecco alcuni passaggi.
-------------------------------------------------------------------------------

1) - Il signor W. F., Assistente della Polizia di Stato, divenuto padre di due gemelli nel 2011, formulava richiesta in data 7 giugno 2012 di concessione dei riposi giornalieri ai sensi dell’articolo 41 del D.lgs. 151/2001, relativamente ad uno solo dei suoi figli, anziché di entrambi i gemelli.

2) - L’amministrazione, tenuto conto del parere fornito dal Ministero dell'Interno - Ufficio I Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale per le Risorse Umane, con nota prot. 333-A/9807.F.6.2/4639-2012 del 25.6.2012, rigettava l’istanza.

3) - Della questione veniva investito l’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari.

4) - Decorsi 90 giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico senza che l’organo ardito avesse comunicato la decisione assunta in merito, l’avv. Dessalvi Isabella, nella sua qualità di Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari, in carica, giusta delega conferita dal signor F. W., ha proposto il ricorso in esame, con il quale si chiede l’annullamento del provvedimento prot. 2691/12 del 28.6.2012 emesso dal Vice Dirigente del XIII Reparto Mobile Polizia di Stato "Sardegna", con il quale si respingeva l'istanza presentata dall'Assistente W. F.;

5) - Si chiede altresì la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti e subendi dall’Assistente, da quantificarsi in un importo equo commisurato al numero di permessi negati dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, ormai non più fruibili.

IL TAR di CAGLIARI conclude così:

6) - Per le suesposte considerazioni, in applicazione dei principi espressi in materia dal Consiglio di Stato con la richiamata sentenza n. 4293/2008, da intendersi qui integralmente richiamati, le domande impugnatorie avanzate col ricorso in esame e successivi motivi aggiunti, devono essere accolte, con conseguente annullamento degli atti impugnati nella parte d’interesse di parte ricorrente.

7) - Ugualmente fondata risulta la domanda di risarcimento del danno.

8) - Considerato che per fatto colposo imputabile all’amministrazione l’Assistente OMISSIS non ha potuto beneficiare dei permessi in questione al medesimo spettanti per legge e ormai non più fruibili dal medesimo, deve condannarsi l’amministrazione al risarcimento del danno ingiusto subito dal dipendente, da quantificarsi nella somma corrispondente al trattamento economico spettante al dipendente medesimo per le ore di permessi chiesti e negati nel periodo dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, dedotti esclusivamente i soli giorni di assenza dal servizio in cui il dipendente abbia comunque “usufruito di altri benefici previsti dalla normativa a sostegno della maternità e della paternità” (come eccepito dalla Difesa Erariale nella propria memoria del 1 febbraio 2013), deducendo ovviamente ed esclusivamente i soli giorni di assenza dal servizio che non abbiano comportato né pregiudizio economico per l’interessato, né abbiano inciso sul congedo ordinario spettante al medesimo, demandandosi i necessari conteggi all’amministrazione medesima.

Il resto x completezza leggetelo in sentenza.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------

23/11/2013 201300745 Sentenza 1


N. 00745/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00078/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 78 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Dessalvi Isabella, nella sua qualità di Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari, in carica, giusta delega conferita dal signor F. W., rappresentata e difesa dall'avv. Emanuela Pau, con elezione di domicilio come da procura speciale in atti;

contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, e il Dirigente del XIII Reparto Mobile “Sardegna” del Corpo della Polizia di Stato, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, presso i cui Uffici in Cagliari sono per legge domiciliati;

per l'annullamento
- del provvedimento prot. 2691/12 del 28.6.2012 emesso dal Vice Dirigente del XIII Reparto Mobile Polizia di Stato "Sardegna", con il quale si respingeva l'istanza presentata dall'Assistente W. F.;
- del silenzio rigetto, formatosi sul ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. avverso il diniego di cui sopra;
- se necessario, del parere fornito dal Ministero dell'Interno - Ufficio I Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale per le Risorse Umane, con nota prot. 333-A/9807.F.6.2/4639-2012 del 25.6.2012;
- nonché di ogni altro atto precedente, presupposto, consequenziale o comunque connesso;

e per la condanna
dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti e subendi dall’Assistente OMISSIS, da quantificarsi in un importo equo commisurato al numero di permessi negati dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, ormai non più fruibili dal OMISSIS;

e con i motivi aggiunti depositati il 27.3.2013:

- del provvedimento n.333-D/79076 del 5.11.2012 emesso dal Capo della Polizia, notificato al ricorrente il 17.1.2013, con il quale si respingeva il ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. il 28.7.2012;
- di tutti gli altri atti del procedimento antecedenti, conseguenti, successivi e/o comunque collegati, con particolare riferimento agli atti dell'istruttoria, per quanto pregiudizievoli per il ricorrente.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e Dirigente del XIII Reparto Mobile “Sardegna” del Corpo della Polizia di Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2013 il dott. Marco Lensi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Col ricorso in esame la parte ricorrente chiede l’annullamento degli atti indicati in epigrafe, rappresentando quanto segue.

Il signor W. F., Assistente della Polizia di Stato, divenuto padre di due gemelli in data …….. 2011, formulava richiesta in data 7 giugno 2012 di concessione dei riposi giornalieri ai sensi dell’articolo 41 del D.lgs. 151/2001, relativamente ad uno solo dei suoi figli, anziché di entrambi i gemelli.

L’amministrazione, tenuto conto del parere fornito dal Ministero dell'Interno - Ufficio I Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale per le Risorse Umane, con nota prot. 333-A/9807.F.6.2/4639-2012 del 25.6.2012, rigettava l’istanza del OMISSIS.

Della questione veniva investito l’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari.

In data 28 luglio 2012 il OMISSIS proponeva ricorso gerarchico avverso il provvedimento di diniego.

Decorsi 90 giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico senza che l’organo ardito avesse comunicato la decisione assunta in merito, l’avv. Dessalvi Isabella, nella sua qualità di Consigliera di Parità della Provincia di Cagliari, in carica, giusta delega conferita dal signor F. W., ha proposto il ricorso in esame, con il quale si chiede l’annullamento del provvedimento prot. 2691/12 del 28.6.2012 emesso dal Vice Dirigente del XIII Reparto Mobile Polizia di Stato "Sardegna", con il quale si respingeva l'istanza presentata dall'Assistente W. F.; del silenzio rigetto, formatosi sul ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. avverso il diniego di cui sopra; se necessario, del parere fornito dal Ministero dell'Interno - Ufficio I Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale per le Risorse Umane, con nota prot. 333-A/9807.F.6.2/4639-2012 del 25.6.2012; nonché di ogni altro atto precedente, presupposto, consequenziale o comunque connesso.

Si chiede altresì la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patrimoniali e non, subiti e subendi dall’Assistente OMISSIS, da quantificarsi in un importo equo commisurato al numero di permessi negati dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, ormai non più fruibili dal OMISSIS.

A tal fine, la parte ricorrente avanza articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili e conclude per l'accoglimento del ricorso.

Essendo stato successivamente adottato provvedimento espresso dell’Amministrazione in ordine al ricorso gerarchico presentato dall’Assistente OMISSIS, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, con il quale si chiede l’annullamento del provvedimento n.333-D/79076 del 5.11.2012 emesso dal Capo della Polizia, notificato al ricorrente il 17.1.2013, con il quale si respingeva il ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. il 28.7.2012; di tutti gli altri atti del procedimento antecedenti, conseguenti, successivi e/o comunque collegati, con particolare riferimento agli atti dell'istruttoria, per quanto pregiudizievoli per il ricorrente.

Si insiste altresì nella domanda di risarcimento del danno.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza nel merito del ricorso, di cui si chiede il rigetto.

Con successive memorie le parti hanno approfondito le proprie argomentazioni, insistendo per le contrapposte conclusioni.

Alla pubblica udienza del 9 ottobre 2013, su richiesta delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Col ricorso in esame si chiede l’annullamento del provvedimento prot. 2691/12 del 28.6.2012 emesso dal Vice Dirigente del XIII Reparto Mobile Polizia di Stato "Sardegna", con il quale si respingeva l'istanza presentata dall'Assistente W. F.; del silenzio rigetto, formatosi sul ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. avverso il diniego di cui sopra; se necessario, del parere fornito dal Ministero dell'Interno - Ufficio I Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale per le Risorse Umane, con nota prot. 333-A/9807.F.6.2/4639-2012 del 25.6.2012; nonché di ogni altro atto precedente, presupposto, consequenziale o comunque connesso.

Si chiede altresì la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti e subendi dall’Assistente OMISSIS, da quantificarsi in un importo equo commisurato al numero di permessi negati dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, ormai non più fruibili dal OMISSIS.

Con successivi motivi aggiunti si chiede l’annullamento del provvedimento n.333-D/79076 del 5.11.2012 emesso dal Capo della Polizia, notificato al ricorrente il 17.1.2013, con il quale si respingeva il ricorso gerarchico presentato dall'Assistente W. F. il 28.7.2012; di tutti gli altri atti del procedimento antecedenti, conseguenti, successivi e/o comunque collegati, con particolare riferimento agli atti dell'istruttoria, per quanto pregiudizievoli per il ricorrente.

Si insiste altresì nella domanda di risarcimento del danno.

In ordine al merito della questione controversa si rinviene un orientamento giurisprudenziale favorevole alle richieste di parte ricorrente, espresso, in primo luogo, nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4293 del 9 settembre 2008 (nello stesso senso cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, 25.11.2002, n. 2737, la Circolare dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali B/2009 del 12.05.2009, nonché la circolare INPS 25/11/2009 n. 118).

In senso contrario alle richieste di parte ricorrente si è invece espresso il Consiglio di Stato, in sede consultiva, con il parere della prima sezione n. 2732 del 22 ottobre 2009.

Ritiene il collegio di dovere aderire al primo orientamento che risulta altresì confermato dalla successiva giurisprudenza amministrativa in materia (cfr. in particolare T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, n. 680 del 07 aprile 2011).

Come esattamente rilevato in quest’ultima sentenza, il richiamato primo orientamento, favorevole alle richieste di parte ricorrente, deve ritenersi “più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, principio che affonda le sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31”.

È appena il caso di osservare che, in ogni caso, l’ipotesi del parto plurimo - che rileva nel caso di specie - è comunque fatta salva anche nel richiamato parere del Consiglio di Stato, I sezione, n. 2732 del 22 ottobre 2009, laddove si precisa che la “ratio del combinato disposto degli artt. 39 e 40 sia quella di garantire la presenza, alternativamente, di uno dei due genitori (con la sola comprensibile eccezione del parto plurimo, disciplinata dall’art. 41, in cui le ore aggiuntive a quelle ordinarie possono essere utilizzate da entrambi)”.

Per le suesposte considerazioni, in applicazione dei principi espressi in materia dal Consiglio di Stato con la richiamata sentenza n. 4293/2008, da intendersi qui integralmente richiamati, le domande impugnatorie avanzate col ricorso in esame e successivi motivi aggiunti, devono essere accolte, con conseguente annullamento degli atti impugnati nella parte d’interesse di parte ricorrente.

Ugualmente fondata risulta la domanda di risarcimento del danno.

Considerato che per fatto colposo imputabile all’amministrazione l’Assistente OMISSIS non ha potuto beneficiare dei permessi in questione al medesimo spettanti per legge e ormai non più fruibili dal medesimo, deve condannarsi l’amministrazione al risarcimento del danno ingiusto subito dal dipendente, da quantificarsi nella somma corrispondente al trattamento economico spettante al dipendente medesimo per le ore di permessi chiesti e negati nel periodo dal 1 luglio 2012 al 21 novembre 2012, dedotti esclusivamente i soli giorni di assenza dal servizio in cui il dipendente abbia comunque “usufruito di altri benefici previsti dalla normativa a sostegno della maternità e della paternità” (come eccepito dalla Difesa Erariale nella propria memoria del 1 febbraio 2013), deducendo ovviamente ed esclusivamente i soli giorni di assenza dal servizio che non abbiano comportato né pregiudizio economico per l’interessato, né abbiano inciso sul congedo ordinario spettante al medesimo, demandandosi i necessari conteggi all’amministrazione medesima.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nella parte di interesse della parte ricorrente.

Accoglie la domanda di risarcimento del danno nei sensi di cui in motivazione, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento delle relative somme.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese del giudizio, che liquida forfettariamente in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Caro Lucrezio Monticelli, Presidente
Marco Lensi, Consigliere, Estensore
Grazia Flaim, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 23/11/2013
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

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Discriminazione sul lavoro, CGUE: no a esclusione da corso di formazione per congedo maternità

L’esclusione automatica di una lavoratrice da un corso di formazione a causa della fruizione di un congedo di maternità obbligatorio costituisce un trattamento contrario al diritto UE, perché discriminatorio:
la lavoratrice, infatti, non può beneficiare, al pari dei suoi colleghi, di un miglioramento delle condizioni di lavoro.

E’ quanto si legge nella sentenza odierna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che interviene nella causa tra il Ministero della giustizia e una lavoratrice italiana.

La donna in questione ha superato nel 2009 un concorso per la nomina a vice commissario della polizia penitenziaria ed è stata ammessa a partecipare al corso di formazione.

Essendo in attesa, in conformità alla normativa nazionale, è stata posta in congedo obbligatorio di maternità per un periodo di 3 mesi.

L’Amministrazione penitenziaria ha informato la lavoratrice del fatto che, decorsi i primi 30 giorni del periodo di congedo di maternità, sarebbe stata dimessa dal corso, con perdita della retribuzione.

Il Tar del Lazio, cui la signora ha fatto ricorso, ha chiesto alla CGUE se la direttiva sulla parità di trattamento fra uomini e donne osti a una normativa nazionale che prevede l’esclusione di una donna, per aver preso un congedo obbligatorio di maternità, da un corso di formazione professionale inerente al suo impiego e che la stessa deve obbligatoriamente seguire per poter ottenere la nomina definitiva in ruolo e beneficiare quindi di condizioni d’impiego migliori, pur garantendole il diritto di partecipare al corso di formazione successivo, il cui periodo di svolgimento è tuttavia incerto.

Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda che, secondo il diritto dell’Unione, un trattamento meno favorevole riservato ad una donna per ragioni collegate alla gravidanza o al congedo per maternità costituisce una discriminazione basata sul sesso.

Peraltro, alla fine del periodo di congedo per maternità, la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli e di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che le sarebbero spettati durante la sua assenza.

Quindi l’esclusione dal corso di formazione ha avuto un’incidenza negativa sulle condizioni di lavoro della lavoratrice:
infatti, i suoi colleghi hanno avuto la possibilità di seguire tale corso per intero e di accedere, prima di lei, al superiore livello di carriera di vice commissario, percependo al contempo la retribuzione corrispondente.

Si tratta quindi di un trattamento sfavorevole non conforme neanche al principio di proporzionalità, visto che le autorità competenti non sono obbligate a organizzare il corso di formazione a scadenze predeterminate.

Per garantire l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne, gli Stati membri dispongono di un certo margine discrezionale:
le autorità nazionali potrebbero conciliare l’esigenza della formazione completa dei candidati con i diritti della lavoratrice, predisponendo all’occorrenza, per colei che rientra da un congedo di maternità, corsi paralleli di recupero equivalenti, di modo che possa essere ammessa in tempo utile all’esame e accedere quindi il prima possibile a un livello superiore di carriera.

In tal modo l’evoluzione della carriera della lavoratrice non risulterebbe rallentata rispetto a quella di un collega di sesso maschile vincitore dello stesso concorso e ammesso allo stesso corso di formazione iniziale.

La Corte termina sottolineando che le disposizioni della direttiva sono sufficientemente chiare, precise e incondizionate da poter produrre un effetto diretto.

Pertanto, il giudice nazionale incaricato di applicarle ha l’obbligo di garantirne la piena efficacia disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione nazionale contraria.
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

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Ricorso perso.
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diniego della domanda di fruizione di permessi giornalieri ex art 40 del D Lgs 151/2001

1) - Il diniego è motivato con lo status di casalinga della moglie del ricorrente.

IL TAR scrive:

2) - Le interpretazioni della giurisprudenza sono state diverse, il Consiglio di Stato con la pronuncia 2737 del 2002 ha considerato anche la possibilità che la madre sia una lavoratrice casalinga, per cui al padre lavoratore spetterebbe il permesso.

3) - Lo stesso Consiglio di Stato peraltro in sede consultiva prima sezione 2732 del 2009 ha dato un'interpretazione opposta della normativa.

4) - Ritiene questo collegio che l'interpretazione restrittiva del beneficio sia quella corretta.

Il resto leggetelo qui sotto.
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21/07/2014 201400395 Sentenza 1


N. 00395/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00209/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 209 del 2013, proposto da:
S. A., rappresentato e difeso dall'avv. Eva Casi, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R. in Trieste, piazza Unita' D'Italia 7;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3;

Stato Maggiore dell'Esercito;

per l'annullamento
- del diniego contenuto nella comunicazione prot. n. …. dd 17/5/2013 emesso dall' Aiutante Maggiore in 1^ in servizio presso il Reggimento "Genova Cavalleria" (4°) Palmanova di conferma del rigetto dell’istanza proposta dal ricorrente per la fruizione dei permessi ex art. 40 del Dgls 151/2001;
- della comunicazione precedente. n. …. dd 17/5/2013 cod. id. …. contenente disposizioni applicative relative alla richiesta di beneficiare dei riposi giornalieri;
- e della lettera dd. 26/06/2012 di conferma sul diniego di fruizione dei permessi in oggetto.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2014 il dott. Umberto Zuballi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente, aiutante maggiore dell'esercito, impugna il diniego della domanda di fruizione di permessi giornalieri ex art 40 del D Lgs 151/2001 la pregressa comunicazione del 17 maggio 2012 la lettera del 26 giugno 2012 e le comunicazioni poste alla base del diniego stesso.

Fa presenta di aver presentato la domanda a seguito della nascita della figlia in data 13 dicembre 2011. Il diniego è motivato con lo status di casalinga della moglie del ricorrente. Osserva come non sia stato comunicato al ricorrente l'autorità cui fare ricorso e le modalità, il che sanerebbe il ritardo nella sua proposizione.

A sostegno deduce la violazione delle norme costituzionali in tema di eguaglianza e diritto della difesa e cita la giurisprudenza che consente anche al padre di usufruire dei permessi anche ove la madre sia casalinga. Deduce poi la manifesta disparità di trattamento l'irragionevolezza, l'illogicità e il difetto di motivazione.

Resiste in giudizio il Ministero che eccepisce la tardività del ricorso e la sua infondatezza.

Infine, nella pubblica udienza del 9 luglio 2014 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Va innanzitutto rilevato come il ricorso sia ricevibile, in quanto l'amministrazione non ha indicato in nessuno dei provvedimenti impugnati il termine e le modalità del ricorso giurisdizionale. Si tratta di una mera irregolarità non in grado di inficiare la validità dell'atto impugnato ma idonea comunque a rimettere in termini l'interessato nella proposizione del ricorso.

Venendo al merito, la questione giuridica all'esame di questo collegio riguarda l'interpretazione e l'applicazione dell'articolo 40 comma primo lettera C del decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 151, ai sensi del quale i periodi di riposo giornalieri previsti dall'articolo 39 della medesima legge, spettano anche al padre lavoratore in alternativa alla madre lavoratrice che non se ne avvale, anche nel caso in cui la madre non sia una lavoratrice dipendente ma come nel caso lavoratrice casalinga.

Le interpretazioni della giurisprudenza sono state diverse, il Consiglio di Stato con la pronuncia 2737 del 2002 ha considerato anche la possibilità che la madre sia una lavoratrice casalinga, per cui al padre lavoratore spetterebbe il permesso. Lo stesso Consiglio di Stato peraltro in sede consultiva prima sezione 2732 del 2009 ha dato un'interpretazione opposta della normativa.

Ritiene questo collegio che l'interpretazione restrittiva del beneficio sia quella corretta. Ovviamente non sono in discussione i principi costituzionali ed europei sull'assoluta eguaglianza dei coniugi rispetto alla prole, sulla tutela prioritaria dei minori e della famiglia.

Peraltro, nel bilanciamento tra gli interessi del datore di lavoro, nel caso pubblico, e gli interessi del lavoratore va considerato che ove la tutela del minore in tenera età sia garantita, nel caso con l’assistenza della madre che non è lavoratrice dipendente ma casalinga, il diniego sia giustificato, con l’eccezione di casi particolari, non sussistenti nella fattispecie, in cui la madre casalinga non sia in grado di fornire piena assistenza al minore.

In altri termini, l’eguaglianza tra i coniugi prevale qualora la loro situazione lavorativa sia analoga, in quanto tutti e due lavoratori dipendenti, mentre nel caso di lavoro casalingo questo – che pur gode di pari dignità – per sua natura consente un’elasticità di gestione impossibile nel lavoro dipendente, in modo da poter garantire al minore, che è il soggetto tutelato in via prioritaria dalla norma, una congrua e adeguata assistenza.

Per le sue indicate ragioni il ricorso va rigettato.

Le incertezze giurisprudenziali peraltro inducono questo collegio compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Enzo Di Sciascio, Consigliere
Manuela Sinigoi, Primo Referendario


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/07/2014
panorama
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

Congratulazioni al collega e alla difesa legale.

Adesso possiamo avere qualche speranza in più.
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diniego riposi giornalieri di cui all’art. 40 del T.U. n. 151/2001

1) - Il T.A.R., premesso che il diniego censurato è stato motivato dall’Amministrazione con il fatto che la moglie dell’istante è nella condizione di casalinga laddove le ipotesi contemplate dall’art. 40 del D. Lgs. 151/2001 prevedono la fruizione dei riposi in argomento da parte del padre nel caso di rinuncia della madre lavoratrice, ha respinto il ricorso, ritenendo “che, essendo i riposi giornalieri concessi al fine essenziale di garantire al figlio, entro l’anno di vita, la presenza alternativa di uno dei genitori, non sia giustificata, nel caso di madre casalinga, la concessione del beneficio al padre lavoratore dipendente”

IL CONSIGLIO DI STATO ha Accolto l'Appello del collega della PolStato.

2) - Il ricorso va accolto nei termini che seguono.

3) - La controversia riguarda la mancata concessione all’odierno appellante, dipendente del Ministero dell’Interno presso la Questura di Genova con mansioni di assistente di polizia, del diritto a fruire dei riposi giornalieri, di cui all’art. 40 del T.U. 151/2001.
-----------------------------------------------------------------------------------------------

10/09/2014 201404618 Sentenza 3


N. 04618/2014REG.PROV.COLL.
N. 03752/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3752 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall’avv.to Emanuela Mazzola ed elettivamente domiciliato presso lo studio della stessa, in Roma, via Tacito, 50,

contro
- il MINISTERO dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza,
in persona del Ministro p.t.;

- la QUESTURA di Genova,
in persona del Questore p.t.,
costituitisi in giudizio, ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - SEZIONE II n. 00222/2014, resa tra le parti, concernente diniego concessione riposi.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l'art. 52 del D. Lgs. 30.06.2003, n. 196, commi 1 e 2;
Data per letta, alla camera di consiglio del 19 giugno 2014, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa camera di consiglio, l’avv. Emanuela Mazzola per l’appellante e l’avv. Attilio Barbieri dello Stato per gli appellati;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria ed ivi rubricato al n. R.G. 448/2013, l’odierno appellante, assistente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Genova, ha chiesto:

- il riconoscimento del diritto a fruire dei riposi giornalieri di cui all’art. 40 del T.U. n. 151/2001 con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita del figlio, previo annullamento del provvedimento del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Questura di Genova, Cat. 2.12/4117/AA.GG. del 12.12.2012, notificato il 15.1.2013, con il quale l’Amministrazione resistente ha respinto l’istanza volta al godimento dei riposi stessi;

- il pagamento delle somme corrispondenti alle ore di lavoro effettivamente prestate per mancata fruizione di detti riposi.

Il T.A.R., premesso che il diniego censurato è stato motivato dall’Amministrazione con il fatto che la moglie dell’istante è nella condizione di casalinga laddove le ipotesi contemplate dall’art. 40 del D. Lgs. 151/2001 prevedono la fruizione dei riposi in argomento da parte del padre nel caso di rinuncia della madre lavoratrice, ha respinto il ricorso, ritenendo “che, essendo i riposi giornalieri concessi al fine essenziale di garantire al figlio, entro l’anno di vita, la presenza alternativa di uno dei genitori, non sia giustificata, nel caso di madre casalinga, la concessione del beneficio al padre lavoratore dipendente” ( pag. 12 sent. ).

La sentenza è appellata dall’originario ricorrente, che ne contesta puntualmente le argomentazioni.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, limitando la sua attività difensiva al deposito di documenti.

La causa, chiamata alla camera di consiglio del 19 giugno 2014 per la trattazione della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, è stata ivi trattenuta per la decisione in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., previa audizione delle parti sul punto.

Il ricorso va accolto nei termini che seguono.

La controversia riguarda la mancata concessione all’odierno appellante, dipendente del Ministero dell’Interno presso la Questura di Genova con mansioni di assistente di polizia, del diritto a fruire dei riposi giornalieri, di cui all’art. 40 del T.U. 151/2001.

Le norme di riferimento, ossia gli artt. 39 e 40 del citato T.U., così dispongono:

« Art.39. Riposi giornalieri della madre: 1 - Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2 - I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3 - I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa.

« Art. 40. Riposi giornalieri del padre: 1. I periodi di riposo di cui all'articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; d) in caso di morte o di grave infermità della madre».

Ritiene il Collegio che, alla stregua di detto apparato normativo ed alla luce del principio espresso nella sentenza del C.d.S. n. 4293 del 9.9.2008 ( che, esaminando la medesima problematica oggetto di causa, di sostituzione del padre nella fruizione dei permessi qualora la madre sia non lavoratrice autonoma bensì casalinga, si è pronunciato nel senso della piena assimilazione della lavoratrice casalinga alla lavoratrice non dipendente ), l’opposto diniego si riveli illegittimo.

Ha rilevato infatti tale pronuncia che, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall'art. 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività ( nella fattispecie, quella di “casalinga” ), che la distolgano dalla cura del neonato.

A sostegno della condivibisibilità di tale interpretazione va richiamata Cass. n. 20324 del 20.10.2005, che, esaminando la questione della risarcibilità del danno da perdita della capacità di lavoro, assimila l'attività domestica ad attività lavorativa, richiamando i principii di cui agli artt. 4, 36 e 37 della Costituzione.

E’ pur vero che in senso diametralmente opposto si è espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva: "In merito all'interpretazione dell'art. 40 D.Lg.vo. n. 151 del 2001, nella parte in cui (comma 1, lett. c) riconosce al padre lavoratore il diritto di fruire, nel primo anno di vita del figlio, del riposo giornaliero di due ore nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, deve smentirsi l'interpretazione fornita dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI n. 4293 del 2008), secondo cui con l'espressione non. lavoratrice dipendente il legislatore ha inteso fare riferimento a tutte le donne comunque svolgenti una attività lavorativa e, quindi, anche alle madri casalinghe, in ragione della ormai riconosciuta equiparazione della attività domestica ad una vera e propria attività lavorativa; ciò perché la madre casalinga non può farsi rientrare nella menzionata ipotesi che ha riguardo ai casi in cui la donna, esplicando una attività lavorativa non dipendente (e non potendo, di conseguenza, avvalersi del periodo di riposo giornaliero, riservato ai soli lavoratori subordinati), sia ugualmente ostacolata nel suo compito di assistenza al figlio" (C.d.S, Sez. I, 22.10.2009, n. 2732).

Ritiene tuttavia il Collegio di dovere aderire al primo orientamento, perché aderente alla non equivoca formulazione letterale della norma, secondo la quale il beneficio spetta al padre, “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”. Tale formulazione, secondo il significato proprio delle parole, include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella della donna che svolga attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolga alcuna attività lavorativa o comunque svolga un’attività non retribuita da terzi (se a quest’ultimo caso si vuol ricondurre la figura della casalinga). Altro si direbbe se il legislatore avesse usato la formula “nel caso in cui la madre sia lavoratrice non dipendente”. La tecnica di redazione dell’art. 40, con la sua meticolosa elencazione delle varie ipotesi nelle quali il beneficio è concesso al padre, lascia intendere che la formulazione di ciascuna di esse sia volutamente tassativa.

Anche dal punto di vista della ratio, tale orientamento appare più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, che affonda le sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31.

Né può condividersi l'assunto secondo cui "la considerazione dell'attività domestica, come vera e propria attività lavorativa prestata a favore del nucleo familiare, non esclude, ma al contrario, comprende, come è esperienza consolidata, anche le cure parentali"(così il citato parere del C.d.S., Sez. I, 22.10.2009, n. 2732), poiché esso oblitera l'innegabile circostanza, che costituisce il fondamento dell'istituto dei permessi giornalieri, della estrema difficoltà di cura della prole da parte anche della madre casalinga, specie laddove si ponga mente alle complesse esigenze di accudimento dei figli nel primo anno di vita (nel corso del quale spettano i permessi de quibus).

Del resto, proprio perché i compiti esercitati dalla casalinga risultano di maggiore ampiezza, intensità e responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d'opera dipendente (Cass. civ., Sez. 3, n. 17977 del 24 agosto 2007; idem, 20 luglio 2010 n. 16896; da ultimo, Cass. civ., III, 13 dicembre 2012, n. 22909) è del tutto incongruo dedurne, coma ha fatto il Giudice di primo grado, “l’oggettiva possibilità, nel caso della lavoratrice casalinga, di conciliare la delicate e impegnative attività di cura del figlio con le mansioni del lavoro domestico” ( pag. 12 sent. ); laddove, invece, è dato di comune esperienza che l’attività dalla stessa esercitata in àmbito familiare spesso necessita, alla nascita di un figlio, di aiuti esterni ( collaboratore/rice familiare e/o baby-sitter ), utilmente surrogabili, nel caso delle famiglie mono-reddito, proprio mediante ricorso al godimento dei permessi di cui all’art. 40 cit. da parte dell’altro genitore lavoratore dipendente.

Ancora, i riposi giornalieri, una volta venuto meno il nesso esclusivo con le esigenze fisiologiche del bambino, hanno la funzione di soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali al fine dell'armonico e sereno sviluppo della sua personalità ( Corte cost., 1 aprile 2003, n. 104 ); ed in tale prospettiva sarebbe del tutto irragionevole ritenere che l’ònere di soddisfacimento degli stessi debba ricadere sul solo genitore che viva la già peculiare situazione di lavoro casalingo.

Proprio, in conclusione, lo spostamento dell'asse della ratio normativa sulla tutela del minore impone, invero, di ritenere che il beneficio, di cui uno dei due genitori può fruire, costituisca il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (con riferimento al rispetto dell'orario di servizio) e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario, che gli impone comunque la cura del minore pure in presenza dell'altro genitore eventualmente non lavoratore ( T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 10 maggio 2012, n. 332 ).

Tale beneficio sostanzialmente grava sul datore di lavoro dell'uno o dell'altro genitore ( ed in tal senso è da intendersi il principio dell'alternatività richiamato dal T.A.R. ), ma, allorché uno dei due genitori per una ragione qualsiasi non se ne avvalga (perché “non lavoratore dipendente” e dunque anche non lavoratore “tout court” ), ben può essere richiesto e fruito dall'altro.

2. – Il ricorso va dunque accolto nel suo petitum di riconoscimento del diritto e di annullamento dell’atto in primo grado impugnato.

Non può invece accogliersi la domanda risarcitoria, atteso che, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo, ai fini della ammissibilità della relativa domanda, non è sufficiente il mero annullamento del provvedimento lesivo, ma è necessario che sia fornita la prova, oltre che del danno subito, anche della sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa.

Secondo la giurisprudenza, la colpa dell'Amministrazione è configurabile quando l'esecuzione dell'atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole proprie dell'azione amministrativa, desumibili sia dai principi costituzionali d'imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in materia di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell'ordinamento, quanto a ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza ( Consiglio Stato, sez. V, 18 novembre 2010, n. 8091; da ultimo, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1644 ).

Nella fattispecie, i contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma e l’adesione dell’Amministrazione all’indirizzo scaturito dal parere del Consiglio di Stato del 22 ottobre 2009 dimostrano sufficientemente la scusabilità della perpetrata violazione delle regole dell’azione amministrativa.

3. – L’appello va dunque accolto nei limiti di cui sopra.

Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.

P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado quanto al riconoscimento del diritto a fruire dei riposi giornalieri di cui all’art. 40 del T.U. n. 151/2001 con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita del figlio ed all’annullamento del provvedimento del Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, Questura di Genova, Cat. 2.12/4117/AA.GG. del 12.12.2012, notificato il 15.1.2013.

Condanna l’Amministrazione dell’Interno alla rifusione di spese ed onorarii del doppio grado di giudizio in favore dell’appellante, liquidandoli in complessivi euro 4.000,00=, oltre agli accessori dovuti per legge, fra i quali il rimborso del contributo unificato, se versato.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del D. Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’appellante, manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini ivi indicati.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2014
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

premetto che la sentenza di cui sopra fa riferimento anche:

sentenza del C.d.S. sez. VI n. 4293 del 9.9.2008

Parere del C.d.S, sez. I, 22.10.2009, n. 2732
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

La lista delle vittorie si allunga.

Ricorso ACCOLTO
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25/09/2014 201402427 Sentenza Breve 2


N. 02427/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01884/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1884 del 2014, proposto da:
Consigliera di Parità della Provincia di Lecce, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Fina, con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;

contro
Ministero dell'Interno, Questura di Lecce, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Lecce, via Rubichi;

per l'annullamento
della nota 22.5.2014 , notificata al sig. -OMISSIS- in data 29.5.2014, con cui la Questura di Lecce, Ufficio del Personale, ha rigettato la richiesta di fruizione dei riposi giornalieri avanzata dal sig. -OMISSIS-;

nonchè, ove occorra, della nota 24.6.2014 con cui la Questura di Lecce ha respinto la diffida avanzata dalla Consigliera di Parità della Provincia di Lecce nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi comprese la nota 8.11.2013 prot. n. 333_A/9807.F.6.2/7471-201;
nonchè per l'accertamento del sig. -OMISSIS- a fruire dei riposi richiesti e il risarcimento del danno dallo stesso patito a causa del diniego impugnato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 settembre 2014 il dott. Marco Rinaldi e uditi nei preliminari l’avv. F.sco Fina per la ricorrente e l’avv. dello Stato G. Pedone;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1. La Consigliera di Parità della Provincia di Lecce ha chiesto l’annullamento degli atti con cui la Questura di Lecce, Ufficio del Personale, ha rigettato la domanda di fruizione dei riposi giornalieri avanzata dall’Assistente Capo della Polizia di Stato, sig. -OMISSIS-, padre di un neonato e coniugato con una casalinga: ha, altresì, richiesto il risarcimento del danno.

2. L’Amministrazione ha contrastato le avverse pretese.

3. Il ricorso merita parziale accoglimento.

3.1. La più recente giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la lettera c) dell'art. 40 del D.Lgs. n. 151/2001, riferendosi alla "madre che non sia lavoratrice dipendente", si applica non solo alla lavoratrice "autonoma" ma, per la sua lata accezione letterale e in mancanza di esplicita esclusione, anche alla lavoratrice "casalinga" (cfr: Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 10 settembre 2014 n. 4618; Consiglio di Stato, Sez. III, Ordinanza 30/08/13 n. 3386: Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4293/08).

Tale conclusione appare in sintonia con il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che aveva precedentemente sottolineato come in numerosi ambiti ordinamentali la casalinga sia considerata come lavoratrice (Cass., sez. III, n. 20324 del 20 ottobre 2005), in quanto impegnata in attività che comunque la distolgono dalla cura del neonato.

La prospettata interpretazione estensiva della lettera c) dell'art. 40 citato è stata ritenuta maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l'altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall'assolvimento di tale compito (per Consiglio di Stato, Sez. III– sentenza 10 settembre 2014 n. 4618 “E’ illegittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha respinto la domanda di un dipendente (nella specie si trattava di un assistente della Polizia di Stato) volta ad ottenere il riconoscimento del diritto a fruire dei riposi giornalieri di cui all’art. 40 del D.L.vo 26 marzo 2001 n. 151 con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita del figlio, motivato con il fatto che la moglie dell’istante è nella condizione di casalinga laddove le ipotesi contemplate dall’art. 40 del D.Lgs. 151/2001 prevedono la fruizione dei riposi in argomento da parte del padre nel caso di rinuncia della madre lavoratrice. Infatti, poiché l’art. 40 del T.U. 151/2001 costituisce una norma volta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall’art. 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di “casalinga”), che la distolgano dalla cura del neonato”).

Alla luce delle suesposte considerazioni va annullato il provvedimento impugnato nella parte in cui ha negato al sig. -OMISSIS- la fruizione dei permessi giornalieri ex art. 40 lett c) Dlgs 151/2001.

3.2. Non spetta, invece, l’invocato risarcimento del danno, difettando nella specie la colpa della P.A.: l’oscurità del dato normativo, che non disciplina espressamente l’ipotesi all’esame, e l’esistenza di contrasti giurisprudenziali in materia (es. T.A.R. Liguria, Sez. II, n. 222/2014, TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 21 luglio 2014, n. 395 e, in sede consultiva, Cons. Stato, Sez. I, 22 ottobre 2009, n. 2732 hanno negato i permessi in oggetto al padre lavoratore con moglie casalinga) inducono, infatti, a ritenere che l’Amministrazione sia incorsa in un errore scusabile.

4. Spese compensate in ragione della controvertibilità delle questioni trattate e dell’esistenza di contrasti giurisprudenziali in materia.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del sig. -OMISSIS- manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 11 settembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Ettore Manca, Presidente FF
Carlo Dibello, Consigliere
Marco Rinaldi, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/09/2014
avv francesco fina

Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da avv francesco fina »

Sono l'Avv. Francesco Fina, difensore del militare che ha ottenuto la sentenza con cui il Tar Lecce ha riconosciuto i permessi al militare coniugato con la casalinga.

Chiunque sia interessato può contattarmi via mail a studiolegalefrancescofina@gmail.com
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da antoniomlg »

avv francesco fina ha scritto:Sono l'Avv. Francesco Fina, difensore del militare che ha ottenuto la sentenza con cui il Tar Lecce ha riconosciuto i permessi al militare coniugato con la casalinga.

Chiunque sia interessato può contattarmi via mail a studiolegalefrancescofina@gmail.com
Avvocato Fina , Complimenti vivissimi per il risultato.

se Lei ci volesse elencare le materie per cui è specializzato
sicuramente molti lettori ed utenti del forum abbiamo bisogno
di assistenza in varie materie di carattere militare e non.
se poi fosse anche presente e disponibile nel rispondere a qualche nostro
quesito sarebbe un ottima cosa.

cordialmente La saluto
polizia

Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da polizia »

antoniomlg ha scritto:
avv francesco fina ha scritto:Sono l'Avv. Francesco Fina, difensore del militare che ha ottenuto la sentenza con cui il Tar Lecce ha riconosciuto i permessi al militare coniugato con la casalinga.

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cordialmente La saluto
Concordo con Antonio. Congratulazioni Avvocato.
avv francesco fina

Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

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antoniomlg ha scritto:
avv francesco fina ha scritto:Sono l'Avv. Francesco Fina, difensore del militare che ha ottenuto la sentenza con cui il Tar Lecce ha riconosciuto i permessi al militare coniugato con la casalinga.

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cordialmente La saluto
Salve, scusate ma, anche per ragioni di lavoro, non dedico molto tempo alla rete. In ogni caso sono un amministrativa esperto in tutto ciò che attiene alla branca del c.d ex pubblico impiego.

Tutt'ora mi occupo spesso di questioni afferenti il settore militare, trasferimenti d'ufficio e su istanza di parte, legge 104 e permessi vari.

Come ho già detto, qualora aveste bisogno, vi prego di contattarmi direttamente alla mail di studio ( studiolegalefrancescofina@gmail.com ) almeno al fine di segnalarmi la richiesta di consulenza che, poi, non avrò problema a postare su questo forum.

Saluti
avv francesco fina

Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da avv francesco fina »

polizia ha scritto:
antoniomlg ha scritto:
avv francesco fina ha scritto:Sono l'Avv. Francesco Fina, difensore del militare che ha ottenuto la sentenza con cui il Tar Lecce ha riconosciuto i permessi al militare coniugato con la casalinga.

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cordialmente La saluto
Salve, scusate ma, anche per ragioni di lavoro, non dedico molto tempo alla rete. In ogni caso sono un amministrativa esperto in tutto ciò che attiene alla branca del c.d ex pubblico impiego.

Tutt'ora mi occupo spesso di questioni afferenti il settore militare, trasferimenti d'ufficio e su istanza di parte, legge 104 e permessi vari.


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panorama
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Re: ALLATTAMENTO DEL PADRE ANCHE QUANDO LA MADRE E' CASALING

Messaggio da panorama »

Ricorso al TAR Accolto.
----------------------------------------------------
SENTENZA BREVE ,sede di VENEZIA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500606 - Public 2015-05-29 -


N. 00606/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00491/2015 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 491 del -OMISSIS-, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Laura Branco, Clara Rensi, Antonella Pietrobon, con domicilio eletto presso Antonella Pietrobon in Venezia, San Polo, 2988; -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv. Laura Branco, Antonella Pietrobon, Clara Rensi, con domicilio eletto presso Antonella Pietrobon in Venezia, San Polo, 2988;

contro
Ministero della Giustizia;

per l'annullamento
previa misura cautelare,

del diritto a godere dei riposi-permessi giornalieri previsti dal D.Lgs. n. 151/2001 art. 40 c);

per l’annullamento degli atti emanati o emanandi dal Ministero della Giustizia;

per il risarcimento del danno subito;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 aprile -OMISSIS- la dott.ssa Silvia Coppari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1. Con ricorso ritualmente notificato, due dipendenti del Ministero della Giustizia entrambi assegnati al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, -OMISSIS-, con l’interevento ex art. 105, comma 2, c.p.c. della -OMISSIS-, hanno chiesto l’accertamento del diritto a godere dei riposi giornalieri previsti dal d.lgs. n. 151/2001, art. 40, lettera c).

1.1. Il primo dei ricorrenti, -OMISSIS-, riferisce che la propria famiglia è allo stato composta dalla moglie, dal figlio minore -OMISSIS- (-OMISSIS-) -OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS-, in relazione a tale ultima figlia, di godere dei permessi giornalieri previsti dal d.lgs. n. 151/2001, art. 40, lettera c) (cfr. doc. 4 di parte ricorrente), dal momento che la moglie è occupata nella gestione dell’altro figlio minore e che tale nucleo familiare non può contare sul sostegno delle famiglie di origine di alcuno dei genitori.

1.2. Il secondo dei ricorrenti, -OMISSIS-, ha del pari allagato che la propria famiglia è allo stato composta dalla moglie -OMISSIS--OMISSIS-(cfr. doc. 7 di parte ricorrente), in relazione a tale ultima figlia, di godere dei permessi giornalieri previsti dal d.lgs. n. 151/2001, art. 40, lettera c), dal momento che la moglie, casalinga, -OMISSIS- e che tale nucleo familiare non può contare sul sostegno delle famiglie di origine di alcuno dei genitori. Precisa altresì che, come emerge dalla documentazione prodotta (cfr. annotazione in calce alla domanda), tali permessi sarebbero stati “concessi”, ma il ricorrente non avrebbe di fatto mai goduto (così punto “11b” del ricorso).

1.3. Con due atti distinti, rispettivamente assunti in data -OMISSIS-, l’Amministrazione penitenziaria negava la sussistenza dei presupposti normativi per la concessione dei permessi richiesti da -OMISSIS- e da -OMISSIS-, sul presupposto che, in entrambi i casi, “il coniuge risulta[va] casalinga e quindi non rientra[va] nelle ipotesi tassative previste” dall’art. 39 d.lgs. n. 151/2001.

1.4. Gli odierni ricorrenti (-OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-) proponevano quindi ricorso gerarchico, sollecitandone la definizione. L’Amministrazione investita della decisione, senza rendere la decisione finale al riguardo, in data -OMISSIS-, faceva presente di aver investito “i centrali Uffici del Dipartimento per una definizione dei dubbi applicativi rilevati” in merito all’applicazione della normativa invocata dagli esponenti.

2. A fronte del perdurante silenzio dell’Amministrazione oltre i 90 giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico, in data -OMISSIS-, gli odierni ricorrenti hanno agito in giudizio con l’odierna impugnativa chiedendo, oltre all’accertamento del proprio diritto al godimento dei permessi in questione dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita delle rispettive figlie e fino compimento di un anno di vita delle minori medesime, anche il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno subito quantificandolo, per -OMISSIS-, in € 2.218,80 e per -OMISSIS- in € 3.010,48, “sulla base dei giorni di lavoro effettivamente prestati dalla maturazione del diritto in questione” sino al mese di marzo -OMISSIS-, oltre al successivo che sarà maturato o, in ogni caso, nella “diversa somma ritenuta di giustizia”.

2.1. I ricorrenti hanno altresì richiesto una misura cautelare urgente, considerato il rischio imminente di perdere irreparabilmente il proprio diritto con il compimento di un anno delle rispettive figlie.

3. All’udienza camerale del 23 aprile -OMISSIS-, in sede di decisione della domanda cautelare, ricorrendo tutti i presupposti previsti dall’art. 60 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata.

4. Il ricorso è fondato.

4.1. Il diritto ai riposi giornalieri invocato dagli odierni ricorrenti è disciplinato dal combinato disposto degli artt. 39 e 40 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, che così dispongono: «art. 39 (Riposi giornalieri della madre) 1. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore. 2. I periodi di riposo di cui al comma 1 hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda. 3. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno quando la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa».

«Art. 40 (Riposi giornalieri del padre)
1. I periodi di riposo di cui all' articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore:

a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o di grave infermità della madre».

4.2. Ritiene il Collegio, condividendo quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza della III sezione, n. 4618 del 2014, che il diniego al riconoscimento dei permessi in questione sia illegittimo.

4.3. Come è stato sottolineato in detta pronuncia, infatti, trattandosi di una norma rivolta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità in attuazione delle finalità generali di tipo promozionale scolpite dall'art. 31 della Costituzione, non può che valorizzarsi, nella sua interpretazione, la ratio della stessa, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di “casalinga” ), che la distolgano dalla cura del neonato.

4.4. Il Collegio non disconosce che il Consiglio di Stato in sede consultiva si è espresso in senso diametralmente opposto affermando che «In merito all'interpretazione dell'art. 40 D.Lg.vo. n. 151 del 2001, nella parte in cui (comma 1, lett. c) riconosce al padre lavoratore il diritto di fruire, nel primo anno di vita del figlio, del riposo giornaliero di due ore nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, deve smentirsi l'interpretazione fornita dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. VI n. 4293 del 2008), secondo cui con l'espressione non lavoratrice dipendente il legislatore ha inteso fare riferimento a tutte le donne comunque svolgenti una attività lavorativa e, quindi, anche alle madri casalinghe, in ragione della ormai riconosciuta equiparazione della attività domestica ad una vera e propria attività lavorativa; ciò perché la madre casalinga non può farsi rientrare nella menzionata ipotesi che ha riguardo ai casi in cui la donna, esplicando una attività lavorativa non dipendente (e non potendo, di conseguenza, avvalersi del periodo di riposo giornaliero, riservato ai soli lavoratori subordinati), sia ugualmente ostacolata nel suo compito di assistenza al figlio» (Consiglio di Stato, Sez. I, 22.10.2009, n. 2732).

4.5. Si ritiene, tuttavia, di dovere aderire all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con la già citata sentenza della III sezione, n. 4618 del 2014, perché aderente alla non equivoca formulazione letterale della norma, secondo la quale il beneficio spetta al padre, “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”. Tale formulazione, secondo il significato proprio delle parole, include tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: comprendendo quindi oltre all’ipotesi della donna che svolga attività lavorativa autonoma, anche quella di colei che non svolga alcuna attività lavorativa o che comunque svolga un’attività non retribuita da terzi (come nel caso della casalinga).

4.6. Anche dal punto di vista della ratio, tale orientamento appare più rispettoso del principio della paritetica partecipazione di entrambi i coniugi alla cura ed all'educazione della prole, che affonda le sue radici nei precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 29, 30 e 31.

4.7. Né può dubitarsi che in entrambi i casi oggetto di scrutinio, tenuto conto delle circostanze di fatto allegate dai ricorrenti, ricorra un’oggettiva difficoltà di cura della prole da parte delle rispettive madri casalinghe, specie laddove si ponga mente alle complesse esigenze di accudimento dei figli nel primo anno di vita (nel corso del quale spettano i permessi de quibus).

5. Del resto, i riposi giornalieri, una volta venuto meno il nesso esclusivo con le esigenze fisiologiche del bambino, hanno la funzione di soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali al fine dell'armonico e sereno sviluppo della sua personalità ( Corte cost., 1 aprile 2003, n. 104 ); ed in tale prospettiva sarebbe del tutto irragionevole ritenere che l’ònere di soddisfacimento degli stessi debba ricadere sul solo genitore che viva la già peculiare situazione di lavoro casalingo.

5.1. Ed invero, come rilevato dal Consiglio di Stato, lo spostamento dell'asse della ratio normativa sulla tutela del minore impone, invero, di ritenere che il beneficio, di cui uno dei due genitori può fruire, costituisca il punto di bilanciamento tra gli obblighi del lavoratore nei confronti del datore di lavoro (con riferimento al rispetto dell'orario di servizio) e gli obblighi discendenti dal diritto di famiglia paritario, che gli impone comunque la cura del minore pure in presenza dell'altro genitore eventualmente non lavoratore ( T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 10 maggio 2012, n. 332 ).

5.2. Tale beneficio sostanzialmente grava sul datore di lavoro dell'uno o dell'altro genitore, e, allorché uno dei due genitori per una ragione qualsiasi non se ne avvalga (perché “non lavoratore dipendente” e dunque anche non lavoratore “tout court” ), ben può essere richiesto e fruito dall'altro.

6. Pertanto alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto relativamente alla richiesta di accertamento del riconoscimento del diritto a favore di entrambi i ricorrenti con contestuale annullamento degli atti di diniego impugnati, con la conseguenza che l’Amministrazione dovrà riconoscere il beneficio in questione per l’intero periodo previsto dalla legge.

6.1. Dall’accoglimento della domanda di annullamento nei termini suddetti non appaiono sussistenti i presupposti per un favorevole esame della domanda di risarcimento, rispetto alla quale difetterebbe in ogni caso anche la prova dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa dell’Amministrazione.

6.2. Non appare potersi dubitare, infatti, che gli innegabili contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma dimostrino sufficientemente la scusabilità della perpetrata violazione delle regole dell’azione amministrativa.

7. In conclusione il ricorso deve essere accolto secondo quanto sopra osservato.

8. Le spese di giudizio possono essere compensate in ragione della peculiarità della questione sollevata.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, riconosce il diritto a fruire dei riposi giornalieri di cui all’art. 40 del T.U. n. 151/2001 con decorrenza dal giorno successivo al compimento del terzo mese di vita delle figlie minori dei ricorrenti, annullando i provvedimenti del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, -OMISSIS-, -OMISSIS-.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 23 aprile -OMISSIS- con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Silvia Coppari, Referendario, Estensore
Roberto Vitanza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2015
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