5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

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andrea666
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5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da andrea666 »

Buongiorno a tutti, chiedo il Vs aiuto circa il rientro in servizio dopo essere stato sospeso per 5 anni ovvero:

luglio 2010 sospensione obbligatoria per misura cautelare - domiciliari etc.

luglio 2011 a seguito di pregressa revoca di ogni restrizione in mancanza di atti dell amm.ne viene effettuata richiesta di rientro in servizio e per risposta a distanza di circa ulteriori 8 mesi l' Amm.ne risponde con decreto ritenendo la sospensione giusta perchè il procedimento penale è grave. (trattasi di atti tipici- 317-318-319 etc.).peraltro non si specifica che la stessa diventi sospensione facoltativa ma si dice che si ritiene che la sospensione resti in vigore.

ora circa un mese fa il primo grado si è chiuso con condanna a 3 anni e 2 mesi e relativa interdizione p.u. e siamo in attesa del deposito della sentenza per l eventuale ricorso in appello. e, pochi gg addietro il reparto mi comunica per le vie brevi che è arrivato un decreto da notificare circa un provvedimento di sospensione obbligatoria.

le domande sono:

1-é normale che, anche se per tale condanna è forse prevista la sospensione obbligatoria che questa operi prima ancora del deposito della sentenza? anche se l udienza con la lettura c è già stata?
2- dopo la sentenza di 1' grado è vero che per certi reati è prevista la sospensione obbligatoria?
3- PIU IMPORTANTE DI TUTTO- trascorsi i 5 anni e cioè fra 3 mesi circa vige il diritto del rientro in servizio?
4- si dovrà fare istanza al termine dei 5 anni di sospensione o lAmm.ne ha l obbligo di ottemperare e disporre il rientro?

scusate la lunghezza e grazie a tutti dell aiuto.. davvero


avt8
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Re: 5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da avt8 »

andrea666 ha scritto:Buongiorno a tutti, chiedo il Vs aiuto circa il rientro in servizio dopo essere stato sospeso per 5 anni ovvero:

luglio 2010 sospensione obbligatoria per misura cautelare - domiciliari etc.

luglio 2011 a seguito di pregressa revoca di ogni restrizione in mancanza di atti dell amm.ne viene effettuata richiesta di rientro in servizio e per risposta a distanza di circa ulteriori 8 mesi l' Amm.ne risponde con decreto ritenendo la sospensione giusta perchè il procedimento penale è grave. (trattasi di atti tipici- 317-318-319 etc.).peraltro non si specifica che la stessa diventi sospensione facoltativa ma si dice che si ritiene che la sospensione resti in vigore.

ora circa un mese fa il primo grado si è chiuso con condanna a 3 anni e 2 mesi e relativa interdizione p.u. e siamo in attesa del deposito della sentenza per l eventuale ricorso in appello. e, pochi gg addietro il reparto mi comunica per le vie brevi che è arrivato un decreto da notificare circa un provvedimento di sospensione obbligatoria.

le domande sono:

1-é normale che, anche se per tale condanna è forse prevista la sospensione obbligatoria che questa operi prima ancora del deposito della sentenza? anche se l udienza con la lettura c è già stata?
2- dopo la sentenza di 1' grado è vero che per certi reati è prevista la sospensione obbligatoria?
3- PIU IMPORTANTE DI TUTTO- trascorsi i 5 anni e cioè fra 3 mesi circa vige il diritto del rientro in servizio?
4- si dovrà fare istanza al termine dei 5 anni di sospensione o lAmm.ne ha l obbligo di ottemperare e disporre il rientro?

scusate la lunghezza e grazie a tutti dell aiuto.. davvero

Allora ti spiego io ,-intanto devi impugnare subito il ricorso al T.A.R. con richiesta di sospensiva della seconda sospensione,- E pur vero che l'amministrazione quando il reato e grave può ridetermianre nuovamento la sospensione cautelare dal servizio anche se sono trascorsi i 5 anni, ma la devo motivare per bene-- Comunque al T,A.R. hai buone possibilità di spuntarla- Anche se ho visto che alcuni giudici del C.d.S,hanno stabilito che la sospensione puo essere fatta anche trascorsi i 5 anni quando il reato e grave,ed il rientro in servizio,prova nocumento all'amministrrazione vista la pubblicità avvenuta per detti fatti- Comunque un buon avvocato con un bel ricorso motivato, smontando la motiviazione del Ministero-la causa si può vincere-
La seconda sospensione non a nulla a vedere con la definiziozione del prcioedimento penale,penale perchè solo al termine di questo, devono farti un procedimento disciplinare-
Datti da fare a fare ikl ricorso se vuoi consigli personali scrivi in mp-
La materia la conosco bene-
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Re: 5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da andrea666 »

ti ho inviato mp e grazie per l attenzione.
il punto è però che la nuova sospensione non è affatto collegata a procedimento disciplinare ma all esito del 1' grado per reeati propri vedi art. 4 legge 97- 2001.
panorama
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Re: 5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da panorama »

Nel forum Polizia, hai fatto la ricerca "sospensione dal servizio" oppure allargando la ricerca nel forum generale che ti da anche altri risultati nelle diverse FF.PP e FF.AA?
panorama
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Re: 5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da panorama »

1) - si tratta nella specie di un procedimento disciplinare avviato a seguito di sentenza di condanna per reati previsti dalla legge n. 97 del 2001

2) - Il procedimento disciplinare in questione è stato avviato dopo che il GUP del Tribunale di OMISSIS, in data 16 luglio 2009, aveva pronunciato una sentenza ex art. 444 c.p.p. nei confronti del ricorrente.

3) - Tutto ciò premesso, quanto alla questione dei termini della procedura de quo, la giurisprudenza ha chiarito che il termine di 90 giorni di cui all'art. 5, comma 4, della legge 97/2001, trova applicazione (solo) per le condanne relative ai reati indicati nell'art. 3 della legge - si tratta dei delitti previsti dagli artt. 314, co. 1, 317, 318, 319, 319-ter e 320 c.p. e dall'art, 3, della legge 1383/1941 -

mentre

3.1) negli altri casi di condanna trova applicazione l'art. 9, comma 2, della legge 19/1990 (cfr. Cons. Stato, VI, 30 giugno 2011, n. 3883; 16 ottobre 2006 n. 6126).

4) - Ora, il ricorrente risulta condannato, appunto, tra l’altro, per il reato di cui all'art. 314 c.p..

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero OMISSIS;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento in data 30 aprile 2010 con cui è stata disposta nei confronti del ricorrente la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari e la conseguente cessazione dal servizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno …… 2015 il dott. Salvatore Mezzacapo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con sentenza ….. del 16 luglio 2009, divenuta irrevocabile il 1° ottobre 2009, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di OMISSIS ha applicato, in esito a patteggiamento, nei riguardi dell’odierno ricorrente la pena sospesa di anni 1, mesi 11 e giorni 10 di reclusione ed euro 400 di multa in relazione ai reati di OMISSIS.

Con decreto in data 14 settembre 2009 il ricorrente, OMISSIS, era sospeso dal servizio e, quindi, in data 5 novembre 2009 era disposta inchiesta formale, conducente al provvedimento in data 30 aprile 2010 con cui è stata disposta nei confronti del ricorrente la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari e la conseguente cessazione dal servizio.

A sostegno del proposto ricorso deduce il ricorrente violazione dell’art. 120 del D.P.R. n. 3 del 1957 ed estinzione del procedimento disciplinare per inerzia dell’attività procedimentale amministrativa; carenza di potere.

Quanto al merito della questione, deduce il ricorrente che la sentenza di patteggiamento non esaurisce i poteri cognitivi dell’amministrazione; in essa è contenuta una condanna, ma non un pieno accertamento dei fatti oggetto della sanzione penale, non essendovi quindi alcuna prova di colpevolezza. Dunque, lamenta l’assenza di una autonoma istruttoria da parte dell’amministrazione. Da ultimo lamenta la inadeguatezza e la non proporzionalità della sanzione, avuto riguardo ai fatti contestati.

Si è costituita in giudizio l’intimata amministrazione affermando la infondatezza del proposto ricorso.
Alla pubblica udienza del OMISSIS 2015 il ricorso viene ritenuto per la decisione.

Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.

Occorre, innanzitutto, premettere che con nota in data 5 novembre 2009 l’Ufficiale inquirente ha notiziato il ricorrente di aver ricevuto l’incarico di svolgere inchiesta formale nei suoi confronti per gli addebiti nella stessa nota indicati e così formalmente contestati. L’Ufficiale inquirente ha redatto la relazione finale il 17 dicembre 2009 e il 21 dicembre 2009 è stato disposto dall’autorità competente il deferimento del ricorrente alla Commissione di disciplina. Quest’ultima si è riunita il 22 marzo 2010, esprimendo in quell’occasione l’avviso per cui il ricorrente “non è meritevole di conservare il grado”. Infine, con decreto in data 30 aprile 2010 è stata disposta la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, notificata al ricorrente il 17 giugno 2010.

Ciò premesso, si tratta nella specie di un procedimento disciplinare avviato a seguito di sentenza di condanna per reati previsti dalla legge n. 97 del 2001, come peraltro espressamente formalizzato già nel primo atto della procedura di che trattasi, e cioè nell’ordine di inchiesta formale a carico del ricorrente del 29 ottobre 2009.

Il procedimento disciplinare in questione è stato avviato dopo che il GUP del Tribunale di OMISSIS, in data 16 luglio 2009, aveva pronunciato una sentenza ex art. 444 c.p.p. nei confronti del ricorrente. Tutto ciò premesso, quanto alla questione dei termini della procedura de quo, la giurisprudenza ha chiarito che il termine di 90 giorni di cui all'art. 5, comma 4, della legge 97/2001, trova applicazione (solo) per le condanne relative ai reati indicati nell'art. 3 della legge - si tratta dei delitti previsti dagli artt. 314, co. 1, 317, 318, 319, 319-ter e 320 c.p. e dall'art, 3, della legge 1383/1941 - mentre negli altri casi di condanna trova applicazione l'art. 9, comma 2, della legge 19/1990 (cfr. Cons. Stato, VI, 30 giugno 2011, n. 3883; 16 ottobre 2006 n. 6126).

Ora, il ricorrente risulta condannato, appunto, tra l’altro, per il reato di cui all'art. 314 c.p..

Non sembra dubbio che la legge 97/2001 si applichi anche agli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, posto che si tratta di normativa generale, che ha ridisciplinato, su basi nuove, il rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare e gli effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Dispone in particolare il citato comma 4 dell’art. 5 della legge n. 97 del 2001 che “Il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all'amministrazione o all'ente competente per il procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro centottanta giorni decorrenti dal termine di inizio o di proseguimento, fermo quanto disposto dall'articolo 653 del codice di procedura penale”.

Ne discende che, avendo l’amministrazione acquisito la sentenza in data 9 ottobre 2009, il termine (di 90 giorni) per l'avvio risulta largamente rispettato, per essere stata formulata la contestazione degli addebiti in data 5 novembre 2009, e così pure risulta rispettato quello per la sua conclusione (di 90 + 180 giorni) essendo stato l’avversato provvedimento di perdita del grado adottato il 30 aprile 2010, e dunque nel rispetto del detto termine (cfr. Cons. Stato, III Sezione, 30 maggio 2013 n. 2937).

In ogni caso, il procedimento disciplinare conseguente a sentenze penali "patteggiate" non rientra nel campo di applicazione dell'art. 9 L. 7 febbraio 1990 n. 19 (che pone il termine di novanta giorni per la definizione del procedimento stesso) considerato il regime giuridico di tali sentenze che non attribuisce loro l'idoneità a fare stato allo stesso modo delle sentenze di condanna propriamente dette.

Occorre solo ricordare, da ultimo, che l'atto di destituzione del militare per perdita del grado non ha natura recettizia, tenendo presente che la normativa riguardante il procedimento disciplinare nei confronti del personale militare ha natura speciale, con la conseguenza che non è ad esso applicabile la normativa generale sul procedimento amministrativo e con essa l’art. 21 bis L. 7 agosto 1990 n. 241 che statuisce il carattere recettizio degli atti che incidono negativamente sulla sfera giuridica del destinatario; pertanto, il termine perentorio per la conclusione del procedimento de quo coincide con l’adozione dell’atto e non con la comunicazione all’incolpato (cfr. T.A.R. Liguria, II Sezione, 19 aprile 2011 n. 640).

Del pari infondata la censura con cui il ricorrente lamenta la mancanza di una autonoma istruttoria da parte dell’amministrazione procedente.

Ai sensi degli artt. 445 e 653 Cod. proc. pen., come modificati dalla L. 27 marzo 2001 n. 97, le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti hanno efficacia di giudicato − nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità − quanto all'accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, dal che deriva che con riguardo all'accertamento dei fatti è assorbente il riferimento al vincolo di giudicato derivante dalla sentenza cosiddetta di patteggiamento (cfr. T.A.R. Veneto, I Sezione, 4 luglio 2011 n. 1135).

Del resto, come rilevato dalla giurisprudenza, "la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, di cui agli artt. 444 e 445 c.p.p., non prescinde dall'accertamento della responsabilità penale dell'imputato in quanto il giudice, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emettere la pronuncia di patteggiamento se ricorrono le condizioni per il proscioglimento perché il fatto non sussiste, perché l'imputato non lo ha commesso, ovvero perché il fatto non costituisce reato; segue da ciò che, se è vero che ai fini del giudizio disciplinare non è sufficiente, per affermare la responsabilità dell'incolpato, il solo fatto della condanna patteggiata, è vero anche che alla sentenza di patteggiamento si può fare riferimento, sempre in sede disciplinare, per ritenere accertati i fatti emersi in sede di procedimento penale i quali, o non siano contestati o, in base ad un ragionevole apprezzamento delle risultanze processuali, appaiano fondatamente ascrivibili al dipendente." (così, T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 29 aprile 2010, n. 2090 e, nel medesimo senso, anche TA.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 maggio 2010 , n. 1479).

Chiarita la valenza della sentenza di condanna in applicazione della pena su richiesta della parte, dalla documentazione in atti emerge, in verità, l'espletamento da parte dell'amministrazione di una complessa e completa istruttoria volta all'autonomo accertamento degli illeciti disciplinari compiuti dal ricorrente e della efficacia lesiva delle condotte poste in essere.

Tale attività istruttoria, volta ad accertare l'effetto in concreto determinato dal comportamento posto in essere così come risultante dalla sentenza ex art. 444 c.p.p., appare idonea a costituire adeguata motivazione del provvedimento sanzionatorio impugnato.

Peraltro, i fatti contestati al ricorrente ed oggetto di accertamento in sede penale sono eloquenti, e nel decreto impugnato è rinvenibile una motivazione aderente alla rilevanza specifica dei comportamenti delittuosi, sufficiente a giustificarne la riconduzione alle fattispecie disciplinari concernenti l'irrogazione della sanzione massima.

Sembra perciò evidente che al provvedimento impugnato non possano essere mosse le censure dedotte dal ricorrente in punto di adeguatezza di istruttoria ovvero di illogicità o travisamento.

Quanto, infine, al dedotto vizio di inadeguatezza e non proporzionalità della sanzione adottata, anche a non voler valorizzare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, con riferimento al personale militare, il principio di proporzionalità non può applicarsi alla sanzione disciplinare della perdita del grado giacché questa è unica e indivisibile, non essendo stata stabilita con la caratteristica di regolarne un minimo ed un massimo, entro i quali l'Amministrazione deve esercitare il potere sanzionatorio (cfr. T.A.R. Umbria, 6 giugno 2013 n. 331), è innegabile che in caso di rimozione per perdita del grado di appartenente all’Arma dei Carabinieri condannato per illeciti penali di natura dolosa, il giudice, nell'esercizio del proprio sindacato, non può addentrarsi nel merito della valutazione della gravità dei comportamenti addebitati e della proporzionalità della sanzione inflitta, salvo che nei casi di irragionevolezza o illogicità, profili non ravvisabili qualora, in considerazione della mancanza del senso dell'onore e del dovere evidenziati dall'interessato, il medesimo si sia posto in grave contrasto con i doveri di fedeltà del dipendente ed abbia arrecato nocumento al prestigio dell'Istituzione. Del resto, la determinazione relativa all'entità della sanzione disciplinare è espressione di tipica valutazione discrezionale dell'Amministrazione datrice di lavoro, di per sé insindacabile da parte del giudice amministrativo, tranne appunto nei casi in cui appaia manifestamente anomala o sproporzionata. Nella specie, pur trattandosi della massima sanzione disciplinare, deve tuttavia osservarsi che le condotte incontestabilmente riferibili al ricorrente si pongono in un oggettivo contrasto, per come ragionevolmente valutate dall’amministrazione, con la stessa permanenza nell’Arma.

In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della resistente amministrazione, che liquida in euro 1.000,00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno OMISSIS 2015 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
/2015
andrea666
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Re: 5 anni sospensione cautelare obbligatoria e facoltativa

Messaggio da andrea666 »

panorama ha scritto:Nel forum Polizia, hai fatto la ricerca "sospensione dal servizio" oppure allargando la ricerca nel forum generale che ti da anche altri risultati nelle diverse FF.PP e FF.AA?

Panorama grazie ..si ho cercato dappertutto e hoi capito unendo sentenze e leggi etc,, parecchie cose.. ho letto anche questa sentenza che hai allegato qui ma questa parla di un patteggiamento e dunque di sentenza passata in giudicato.

il mio caso è
termine dei 5 anni fra circa 3 mesi fra sosp. obbl. e facoltativa.

dispositivo sentenza, (manca ad oggi il deposito sentenza) di 1^ grado (si effettuerà ricorso) un mese fa per reati 318 319 etc.. e dunque ai sensi dell art 4 legge 97-2001 sospensione obblogatoria, sembra che il reparto e non il ministero voglia erogare questa sanzionein quanto ad oggi sospeso facoltativamente.

Comunque panorama ti ho posto un quessito su altro thread in pratica con le sentenze che ho visto qui sembra che per il tar Milano i 5 anni sono solo quelli facoltativi..per altri i 5 anni di sospensione sono in generale a prescindere dalla tipologia di sospensione.

se puoi aiutarmi grazie..
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