legge 104

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panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

Fa seguito alla sentenza del CdS da me postata in data 19.02.2013.

Il collega ha chiesto l’esecuzione della sentenza breve del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 01005/2013 ma lo stesso CdS così si è espresso:
- ) - In questo senso, la sentenza ha prescritto all’Amministrazione di riesaminare la domanda del signor OMISSIS e di accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

- ) - Nella specie l’Amministrazione - con procedura che ha avuto inizio prima della notifica del ricorso in ottemperanza (14 marzo 2013), ma ha si è conclusa successivamente (17 maggio 2013) - ha proceduto al riesame della domanda, ritenendo tuttavia il trasferimento richiesto incompatibile – per le ragioni rammentate – con le esigenze istituzionali.

Il resto per completezza potete leggerlo tutto qui sotto.
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21/08/2013 201304218 Sentenza 4

N. 04218/2013REG.PROV.COLL.
N. 03143/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3143 del 2013, proposto da:
L. C., rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Gentile, con domicilio eletto presso Paolo Carbone in Roma, via del Pozzetto, 122;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale della Guardia di finanza della Campania, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’esecuzione
della sentenza breve del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 01005/2013, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento ad altra sede.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza e di Comando Regionale della Guardia di Finanza della Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’Avv. Allamprese, per delega dell’Avv. Gentile, e l'Avvocato dello Stato Elefante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con sentenza in forma semplificata 19 febbraio 2013, n. 1005, il Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’appello proposto dal signor L. C., militare della Guardia di finanza, e per l’effetto ha annullato il rifiuto opposto dall’Amministrazione alla domanda di trasferimento presentata dall’appellante ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, allo scopo di prestare assistenza al signor OMISSIS, suo affine di terzo grado.

Con successivo ricorso ai sensi degli artt. 112 e segg. c.p.a., notificato in data 17 aprile 2013, il signor OMISSIS, dolendosi dell’inerzia dell’Amministrazione, ha agito per l’esecuzione della sentenza. Il ricorrente chiede che l’Amministrazione proceda al riesame della propria domanda di trasferimento, con eventuale nomina di un commissario ad acta.

L’Amministrazione finanziaria si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, osservando che, come appare dalla documentazione depositata, il Comando generale della Guardia di finanza avrebbe comunicato che l’istanza non può essere accolta in quanto in nessuna delle tre sedi richieste dal ricorrente sussisterebbero vacanze di organico nel ruolo “Appuntati e Finanzieri”.

Alla camera di consiglio del 2 luglio 2013, il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO
Nella sentenza di cui il ricorso chiede l’esecuzione, il Consiglio di Stato, nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata, ha ritenuto che il nuovo testo dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992 – come introdotto dall’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183 – si applichi anche agli appartenenti alle Forze di Polizia e ai dipendenti pubblici a questi equiparati.

Peraltro la posizione del dipendente pubblico, che richieda la concessione del beneficio, non può qualificarsi come un diritto soggettivo. La situazione soggettiva azionata costituisce un interesse legittimo, nel senso che all’Amministrazione spetta valutare la richiesta del singolo contemperandola con le esigenze organizzative e di efficienza complessiva del servizio (cfr. in termini Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2013, n. 3168).

In questo senso, la sentenza ha prescritto all’Amministrazione di riesaminare la domanda del signor OMISSIS e di accordargli, “ove possibile”, il trasferimento richiesto.

Nella specie l’Amministrazione - con procedura che ha avuto inizio prima della notifica del ricorso in ottemperanza (14 marzo 2013), ma ha si è conclusa successivamente (17 maggio 2013) - ha proceduto al riesame della domanda, ritenendo tuttavia il trasferimento richiesto incompatibile – per le ragioni rammentate – con le esigenze istituzionali.

Ferma restando la possibilità di produrre autonoma impugnazione contro il nuovo diniego, il presente ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Apprezzate le circostanze, le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/08/2013


minomino
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Re: legge 104

Messaggio da minomino »

Salve, nel mese di marzo ho presentato istanza per usufruire dei 3 giorni di permesso della l 104, ma mi è stata rifiutata per via della distanza oltre 500 km e per mancanza della continuità volevo chiedere, se allo è cambiato qualcosa?

Grazie
panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

Ottima sentenza, l'Amministrazione perde l'appello.

Corte di Cassazione sentenza n. 28320 del 18 dicembre 2013 – Lavoratore che assiste disabile non convivente ha diritto al trasferimento.
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Lavoro – Diritti e obblighi del datore e del lavoratore – Familiare disabile – Assistenza continuativa – Diritto al trasferimento.


Svolgimento del processo

Con sentenza del 24 ottobre 2008 la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Campobasso del 18 gennaio 2007, ha dichiarato il diritto di C.N., dipendente del Ministero della Giustizia con funzioni di cancelliere in servizio presso l’ufficio del Giudice di Pace di Trivento dal 2001, al trasferimento, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992 per assistenza alla madre, al Tribunale di Melfi ovvero di una delle altri sedi da lui richieste in via subordinata.

La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia ritenendo l’applicabilità del citato art. 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992 non solo in sede di scelta della sede di lavoro al momento dell’assunzione, ma anche nel corso del rapporto di lavoro mediante domanda di trasferimento.

La stessa Corte molisana ha pure ritenuto provata la continuità nell’assistenza della madre invalida da parte del dipendente istante, interpretando tale requisito in senso relativo senza la necessità della quotidianità e della convivenza.

Il Ministero della Giustizia propone ricorso per Cassazione avverso tale pronuncia affidato ad un unico motivo.

Resiste il C. con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 33, comma 5 della legge n. 104 del 1992, con riferimento all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che, pur ammettendo la possibilità di applicazione della norma anche al caso di trasferimento e non solo di prima assegnazione, il diritto a tale trasferimento per assistere il familiare disabile esisterebbe solo se ed in quanto l’assistenza a quest’ultimo sia in atto al momento dell’istanza di trasferimento.

Il motivo è infondato.

Va affermato in questa sede il principio di diritto per cui la norma di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, comma 5, sul diritto del genitore o familiare lavoratore “che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato” di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, è applicabile non solo all’inizio del rapporto di lavoro mediante la scelta della sede ove viene svolta l’attività lavorativa, ma anche nel corso del rapporto mediante domanda di trasferimento.

La ratio della norma è infatti quella di favorire l’assistenza al parente o affine handicappato, ed è irrilevante, a tal fine, se tale esigenza sorga nel corso del rapporto o sia presente all’epoca dell’inizio del rapporto stesso.

La norma in esame pone quale condizione per il godimento del diritto da essa previsto, oltre allo stato di handicappato del parente o affine da assistere, la continuità dell’assistenza, Trattasi di circostanze di fatto il cui accertamento è riservato al giudice del merito che, nel caso in esame, ha compiutamente considerato la circostanza motivando adeguatamente sul punto.

La giurisprudenza citata dal Ministero ricorrente non è pertinente, in quanto si riferisce al caso in cui la convivenza sia stata interrotta per effetto dell’assegnazione della sede lavorativa ed il familiare tenda successivamente a ripristinarla attraverso il trasferimento in una sede vicina al domicilio dell’handicappato; nel caso in esame, viceversa, non è in questione la convivenza, che lo stesso ricorrente afferma non costituire più requisito per il godimento del diritto in questione a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 53 del 2000, ma la continuità nell’assistenza, circostanza di fatto il cui accertamento è, come detto, riservata al giudice del merito che ha ampiamente motivato sul punto con l’indicazione di elementi probatori certamente adeguati e sufficienti.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.



P.Q.M.



Rigetta il ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
mikimouse
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Re: legge 104

Messaggio da mikimouse »

Caro collega o ex non so' mi permetti di fare una osservazione che niente a che vedere con la discussione della legge 104, ma bensi' volevo chiederle se questo usurname e' il suo. Dato che il mio nome e cognome e' lo stesso e, mi viene da chiedere se abbiamo lo stesso nome e cognome!! io sono nato a formia 1/7/1957 e sono un ex collega della guardia di finanza Mi scuso del disturbo ma mi mcreda questa situazione mi sta facendo uscire pazzo se e' un omonimo o qualcosa altro .
panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

Per mikimouse,

la tua richiesta ha chi è rivolta?
A me PANORAMA o, a qualche altra persona di questo forum?
mikimouse
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Re: legge 104

Messaggio da mikimouse »

Caro collega panorama non era certo rivolta a te quella nota l'ho postato su questo argomento perche' la persona che si identifica con il suo usurname luigi martino dato che questo eì il mio vero nome e cognome ,volevo solo chiedere al collega con questo usurname se e' una coincidenza o qualcosa altro per l'eventualita' lascio il mio recapito telefonicoper un eventuale chiarimento 3392389916.Grazie per l'aiuto
panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

Ok, con me tutto chiarito.

Allora non resta che aspettare l'altro collega.
panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

17/03/2014 201205943 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 22/01/2014

Numero 00897/2014 e data 17/03/2014



REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 22 gennaio 2014


NUMERO AFFARE 05943/2012

OGGETTO:

Ministero dell'economia e delle finanze, Ufficio del coordinamento legislativo-finanze.


Guardia di finanza. Quesito relativo alle modifiche introdotte dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, artt. 23 e 24, in ordine al regime agevolativo previsto dalla legge n. 104 del 1992.



LA SEZIONE

Vista la relazione n. 0206050/11 dell'11/07/11, con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze, Comando Generale Guardia di Finanza, I Reparto, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Vista la nota del Dirigente della Sezione prot. n. 0015231 in data 13/09/2012;

Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Gerardo Mastrandrea;



Premesso e considerato:

Il quesito è relativo alla portata delle modifiche introdotte dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazioni di gravità ed alla loro applicabilità al personale delle Forze Armate, nella specie Corpo della Guardia di Finanza.

Come segnalato dalla Segreteria della Sezione al Ministero richiedente, la Sezione stessa è stata chiamata a fornire parere su analogo quesito proposto dal Ministero della difesa (affare 1082/2012), al quale occorre necessariamente fare riferimento, nel complessivo evolversi del parere, non essendo diversi i termini della questione sottoposta.

In effetti, anche lo Stato Maggiore della Difesa chiedeva al Consiglio di Stato lumi circa l’applicabilità al personale appartenente alle Forze armate della nuova disciplina, prevista dall’articolo 24 della legge 04/11/2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), che, modificando l’articolo 33 della legge n. 104/1992, in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità, ha eliminato l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” e dell’“esclusività” dell’assistenza quali presupposti necessari ai fini della fruizione di tali permessi da parte dei beneficiari.

In particolare, veniva richiesto se, alla luce della sentenza n. 2707/2011 emessa dalla IV Sezione di questo Consiglio, nelle more dell’emanazione dei provvedimenti legislativi che, ai sensi dell’articolo 19 della predetta legge n. 183/2010, dovranno dare attuazione alla c.d. “specificità” delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, potesse trovare applicazione il quadro normativo “ante” novella 2010, con la conseguente necessità della sussistenza - e delle connesse verifiche da parte dell’Amministrazione - dei requisiti della “continuità” e della “esclusività”, nonché del “terzo grado di parentela/affinità con il disabile da assistere”, ai fini della fruizione dei permessi in argomento da parte dei dipendenti che richiedano di avvalersi dei benefici previsti dal citato articolo 33 della legge n. 104/1992.

In subordine, qualora non dovesse essere confermato l’orientamento precedentemente espresso da questo Consiglio nella richiamata sentenza n. 2707/2011, veniva fatta richiesta di chiarire l’esatta portata della novella legislativa e, in particolare, di precisare se comunque continuasse a persistere la necessità dei requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza ai fini della concessione dei benefici in argomento al personale in questione, il riferimento ai quali è stato eliminato ad opera dell’articolo 24 della legge n. 183/2010.

Nell’esporre le proprie valutazioni, l’Amministrazione della difesa evidenziava, preliminarmente, che in base al quadro normativo di riferimento previgente nella materia de qua (l’articolo 33 della legge n. 104/1992 e l’articolo 20 della legge n. 53/2000), anche alla luce del costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, al fine della concessione dei benefici in parola occorreva verificare: la connotazione di “gravità” dell’handicap in capo al familiare disabile da assistere; i requisiti della “esclusività” e “continuità” dell’intervento assistenziale; la possibilità di “utile collocazione organica” dell’istante, in caso di richiesta di trasferimento, in un Ente ubicato nella sede di auspicata assegnazione, salvaguardando il prevalente interesse pubblico ad utilizzare il personale dipendente in conformità delle specifiche professionalità e competenze acquisite dall’interessato.

Sottolineava, poi, che qualora le citate modifiche introdotte dal citato articolo 24 del “collegato lavoro” fossero interpretate in modo letterale e non sulla base di un criterio sistematico, e ritenute dunque applicabili, senza tener conto della “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, secondo il dettato dell’articolo 19 della legge n. 183/2010, le modifiche stesse avrebbero un impatto significativo in termini di impiego del personale militare, con un incremento esponenziale delle istanze accolte, già peraltro numerose con particolare riferimento ai permessi mensili, e quindi con ripercussioni significative sulla stessa funzionalità dei reparti.

L’orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella richiamata pronunzia n. 2707/2011, secondo cui, in definitiva, la nuova disciplina sopra descritta, introdotta dal “collegato lavoro”, potrà trovare applicazione al personale militare in questione “solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della richiamata legge”, troverebbe, inoltre, ulteriore conforto nella disciplina del codice dell’ordinamento militare (di cui al d.lg. 66/10), che all’art. 981 prevede espressamente che “al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le seguenti norme:…articolo 33, comma 5, della legge 104/92…”.

In effetti, il nuovo dettato normativo di cui all’articolo 24 della legge n. 183/2010 - introducendo modifiche sia all’articolo 33 della legge n. 104/1992, sia all’articolo 20, comma 1 della legge n. 53/2000, sia all’articolo 42 del d.lgs. n. 151/2001, mediante l’abrogazione del comma 3 - sopprime l’esplicito richiamo ai requisiti della “continuità” (intesa come assistenza non occasionale prestata dal lavoratore al congiunto con handicap in situazione di gravità) e dell’ “esclusività” (intesa come condizione assicurata quando non risulti la presenza di altri familiari in grado di prestare assistenza al congiunto), individuati nella disciplina previgente quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari.

Non può, altresì, sottacersi che più volte la Corte Costituzionale, esaminando alcuni profili della legge n. 104 del 1992, ne ha sottolineato l’ampia sfera di applicazione, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacenti, la tutela dei portatori di handicap. Essa incide sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sull’integrazione scolastica; in generale detta misure che hanno il fine di superare, o di contribuire a far superare, i molteplici ostacoli che il disabile incontra quotidianamente nelle attività sociali e lavorative, e nell'esercizio di diritti costituzionalmente protetti (sent. n. 406 del 1992). Ciò che viene in assoluto rilievo in subiecta materia, alla luce dei dicta della Consulta, è, quindi, la garanzia della condizione giuridica del portatore di handicap, la cui tutela passa attraverso “l’interrelazione e l’integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale” (cfr., ex plurimis, C. Cost., sentenza n. 325/1996).

Veniva, dunque, altresì preliminarmente precisato che la modifica introdotta alla disciplina in parola ad opera della legge 4 novembre 2010, n. 183, la cui finalità di tutela di valori costituzionalmente garantiti è stata testé ricordata, era intervenuta, invero, successivamente al varo del Codice dell’ordinamento militare (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che, come accennato in narrativa, all’articolo 981, comma 1, sancisce che al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nell’articolo 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e successive modificazioni.

Ciò nondimeno, non poteva disconoscersi, secondo l’avviso pro tempore reso dalla Sezione con il parere interlocutorio n. 1082/12 dell’11 aprile 2012, il carattere di “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, che il legislatore ha voluto evocare espressamente al comma 1 dell’articolo 19 della richiamata legge n. 183/2010, enucleando quali principi dell’ordinamento la “peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti”, “le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna”, “i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”. Una “specificità” funzionale connessa, dunque, alla delicatezza e all’importanza delle funzioni istituzionali, peraltro connotate da un elevato rischio operativo, che si traduce in specificità normativa in forza del comma 2 dello stesso articolo 19, il quale rinvia, per la disciplina attuativa, a successivi provvedimenti legislativi.

E si riteneva che coerentemente, dunque, ai detti principi, il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, aveva avuto modo di affermare, nella materia di cui si discetta, che “la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria, al Corpo Nazionale dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge” (Cons. Stato, IV, n. 2707/2011, cit., ma cfr. anche IV, 10 gennaio 2012, n. 66).

In ogni caso, attesa anche la necessità di esaminare in maniera coordinata i vari profili sopra evidenziati, risultava, altresì, utile conoscere se, allo scopo, la questione era stata sottoposta anche alle altre Amministrazioni competenti, a partire dal Ministero del lavoro e dal Ministero dell’interno, con riferimento, in quest’ultimo caso, al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per gli evidenti profili di coordinamento, ai competenti Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (affari giuridici e legislativi e funzione pubblica).

Orbene, preso atto che non pervenivano elementi di risposta da parte dell’Amministrazione allora richiedente, al fine, comunque, di fornire elementi di valutazione ed approfondimento, si è ritenuto di dover segnalare, e la cosa risulta opportuna anche nella presente sede, come, nelle more, il quadro giurisprudenziale si sia orientato, ed in tal senso consolidato, in maniera difforme rispetto alle pronunzie citate nel parere interlocutorio menzionato.

A partire, infatti, dalle sentenze nn. 4047/12, 4291/12 e 5378/12 (ma si veda anche TAR Piemonte, I, 25 gennaio 2013, n. 105, che opta anch’essa, appunto, per l’immediata applicabilità agli agenti di polizia penitenziaria dei disposti della novella legislativa di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, ai fini della concessione di un trasferimento ex art. 33 l. 104/92), il Consiglio di Stato si è chiaramente orientato per l’immediata applicabilità al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia della norma soppressiva dei requisiti di continuità ed esclusività dell’assistenza.

Si è ritenuto, infatti, non ostativo all’applicazione immediata dell’art. 24 della l. 183/10 al personale in questione l’art. 19 della medesima l. 183/10, che non contiene alcuna disposizione ad esplicito e specifico carattere inibitorio, presentandosi di contro come un autonomo articolato fondante in nuce le basi del futuro assetto di una organica e speciale disciplina del rapporto di impiego del personale delle Forze Armate e di Polizia.

Così si è arrivati ad affermare che, in ossequio anche al tenore letterale delle norme, i requisiti della continuità e dell’esclusività non possono essere più pretesi dall’Amministrazione, ad esempio, ai fini della concessione del trasferimento ex art. 33 l. 104/92 al personale in argomento. Le uniche due esigenze che l’Amministrazione è tenuta a valutare ai fini del decidere se concedere o meno il benefico in parola al lavoratore istante, e dunque gli unici parametri entro i quali l’Amministrazione è tenuta a muoversi sono, da un lato, le esigenze organizzative ed operative dell’Amministrazione di appartenenza, rispetto alle quali il trasferimento deve risultare “possibile”, e, dall’altro lato, l’effettiva necessità del trasferimento del lavoratore ai fini dell’assistenza del familiare disabile, al fine di impedire un uso strumentale, improprio ed eventualmente opportunistico della normativa a tutela dei disabili gravi (cfr. anche Cons. Stato, III, ord. 27 ottobre 2012, n. 4300).

Il nuovo orientamento esegetico è stato, peraltro, recepito negli atti di alcune Amministrazioni competenti (es. circolare Min. Giustizia, DAP, del 28 dicembre 2012).

Tanto si ritiene di dover sottoporre all’Amministrazione finanziaria richiedente, ai fini delle valutazioni e delle determinazioni di competenza.

P.Q.M.

Nei termini esposti è il parere della Sezione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea Pier Giorgio Trovato




IL SEGRETARIO

Marisa Allega
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

I tempi cambiano

Ci sono già diverse Sentenze negative dei Tar in questi ultimi tempi, ossia, che l'Amministrazione a seguito del decesso del familiare assistito, provvede a revocare il trasferimento definitivo precedentemente decretato a seguito della speciale Legge 104.

Quindi, anche a distanza di anni dal trasferimento definitivo, l'Amministrazione richiama il proprio dipendente, proprio perché, è la stessa legge n. 104 a evidenziare la natura temporanea e non definitiva dei trasferimenti dei lavoratori dipendenti, siano essi pubblici o privati, in quanto ancorata alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione.
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Qui sotto, posto la sentenza del CdS che rigetta l'appello del dipendente, dando ragione all'Amministrazione.
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personale PolPen

- ) - cinque anni dalla prima assegnazione

- ) - circolare n. 0457451 del 28.12.2012

Il CdS precisa:

1) - Emerge, allora, con tutta evidenza che la scelta della sede in forza della legge n. 104 non è un beneficio che la normativa assicura permanentemente al dipendente che presta assistenza a un congiunto disabile, bensì si atteggia quale strumento derogatorio del principio di parità di trattamento vigente in materia di trasferimenti a domanda dei dipendenti, al limitato fine di garantire e rendere effettiva l’assistenza al congiunto disabile per il periodo in cui ciò si rende necessario, in specifica applicazione delle norme la cui ratio è solo quella di assicurare un adeguato sostegno alle persone in situazione di handicap grave.

2) - L’Amministrazione ha fatto buongoverno del principio suindicato, direttamente discendente dalla norma di legge prima citata, e pertanto tale critica dell’appellante va disattesa, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi dall’orientamento ancora di recente espresso dalla Sezione nella sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017.

LEGGETE tutti i contenuti qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201705206 - Public 2017-11-13 -
Pubblicato il 13/11/2017


N. 05206/2017 REG. PROV. COLL.
N. 08928/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8928 del 2016, proposto dal Signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Carmine Biasiello, domiciliato ex art. 25 cpa presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato, costituitosi in giudizio;

Dipartimento Amministrazione Penitenziaria non costituito in giudizio;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il MOLISE –Sede di CAMPOBASSO - SEZIONE I n. 357/2016, resa tra le parti, concernente revoca assegnazione sede – mcp.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato Biasiello e l'Avvocato dello Stato D'Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 357 del 21.9.2016 il T.a.r. per il Molise – Sede di Campobasso - ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante Signor -OMISSIS- -OMISSIS- volto ad ottenere l’annullamento del decreto di trasferimento del 24 agosto 2015 avente ad oggetto la revoca della assegnazione del medesimo presso la casa circondariale di Isernia disposta ai sensi dell'art. 33, 5° comma, della Legge n. 104/92.

2. La originaria parte ricorrente aveva prospettato plurime censure, riposanti nella illegittimità della disposta revoca, sostenendo che il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia fosse definitivo, e che pertanto l’avvenuto decesso del proprio congiunto (la madre dal medesimo assistita ex art. 33, della legge n. 104 del 1992) non potesse produrre alcun effetto caducatorio della assegnazione dell’originario ricorrente alla predetta sede; in ogni caso, decorso il termine di cinque anni dalla prima assegnazione alla casa circondariale di Isernia il trasferimento doveva ritenersi definitivo.

Egli infatti, aveva sostenuto che, dopo essere stato distaccato a tempo indeterminato alla casa circondariale di Isernia con provvedimento del 16.11 2006 (a seguito della sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 6829/2005), aveva conseguito un assetto definitivo della propria sede di servizio proprio con il provvedimento del 2013, e che quest’ultimo era stato illegittimamente revocato.

3. Il Ministero della Giustizia si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso.

4. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha innanzitutto riepilogato le principali tappe contenzioso, ed ha respinto il ricorso deducendo che:

a) in giurisprudenza era prevalente la tesi per cui la stessa legge n. 104 evidenziava la natura temporanea e non definitiva dei trasferimenti dei lavoratori dipendenti, siano essi pubblici o privati, in quanto ancorata alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione;

b) talune pronunce si erano discostate –in apparenza – da tale opinamento, ed avevano affermato il carattere definitivo del trasferimento disposto ex art. 33, della legge n. 104 del 1992, non subordinandolo al mantenimento della situazione originaria, a condizione tuttavia che “l’Amministrazione di appartenenza non avesse disciplinato specificamente il punto”.

c) senonchè, nel caso di specie, neppure l’originario ricorrente poteva invocare tale opzione ermeneutica, in quanto:

I) il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui il predetto era stato assegnato alla casa circondariale di Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandosene l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola;

II) esso, inoltre, era successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, affermava che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformandosi con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992;

d) da tali circostanze emergeva che la revoca del trasferimento ( a seguito della quale egli sarebbe dovuto rientrare presso la sede di provenienza in Roma, Casa Circondariale di Regina Coeli) integrava atto sostanzialmente dovuto, anche per garantire il corretto svolgimento delle procedure di mobilità ordinarie, senza pregiudicare il personale con requisiti di anzianità poziori, di tal che non rilevavano le doglianze con cui era stata contestata l’omessa ponderazione con le esigenze di servizio della sua condizione personale e familiare, né l’effettiva consistenza del ruolo degli Agenti/Assistenti presso la casa circondariale suddetta e neppure eventuali disparità di trattamento, in presenza di situazioni analoghe che peraltro non erano state diffusamente chiarite.

5. L’originario ricorrente rimasto soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità e, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso, ha riproposto le tesi invano sostenute in primo grado, facendo presente che ai sensi dell’art. 7 bis della legge 104/1992 il trasferimento disposto nei propri confronti nel 2006 e “confermato” del 2013 doveva considerarsi definitivo.

6. In data 23.12.2016 l’appellata amministrazione si è costituita depositando atto di stile ed in data 30.1.2017 ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.

7. Alla adunanza camerale del 2 febbraio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività la Sezione, con la ordinanza n. 409/17 ha respinto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che l’appello cautelare non appare fornito del prescritto fumus, tenuto conto della circostanza che la condizione in forza della quale venne disposto il trasferimento (e che di quest’ultimo costituì ragione fondante) è cessata; rilevato che anche sotto il profilo del periculum in mora è preponderante l’interesse dell’amministrazione appellata a che vi sia una ordinata programmazione dell’impiego del personale; .”

6. In data 24.3.2017 il Signor -OMISSIS- ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.

7. In data 13.10 2007 il Signor -OMISSIS- ha depositato note di udienza puntualizzando le proprie difese.

7. Alla odierna pubblica udienza del 19 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue.

1.1. Va in via preliminare evidenziato che le note di udienza che la difesa del Signor -OMISSIS- ha depositato in data 13.10.2017 non sono esaminabili dal Collegio in quanto tardivamente prodotte.

2. L’appellante fonda la propria pretesa su una tesi che è stata in passato patrocinata dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado (si veda T.A.R. Milano, -Lombardia-, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1609) ed anche da questo Consiglio di Stato in sede consultiva (Consiglio di Stato comm. spec., 19/01/1998, n. 394 “la domanda di trasferimento presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio -ai sensi dell'art. 33 commi 5 e 6 l. 5 febbraio 1992 n. 104- presentata dal genitore o dal familiare lavoratore che assista in modo continuativo un parente o un affine entro il terzo grado handicappato con lui convivente, ovvero dal portatore di handicap maggiorenne lavoratore, comporta una valutazione diretta ad una sistemazione di carattere definitivo.”).

Detta tesi, peraltro, già in epoca risalente era stata interpretata in senso perimetrativo e riduttivo (Consiglio di Stato, sez. IV, 16/10/2009, n. 6355:” il pubblico dipendente, trasferito con riserva alla sede di residenza del congiunto portatore di handicap in attesa della conclusione del procedimento di cui all'art. 33, l. 5 febbraio 1992 n. 104, perde ogni diritto al beneficio nel caso di decesso del congiunto prima dell'adozione dell'atto conclusivo del procedimento stesso.”) e non era stata recepita dalla maggioritaria giurisprudenza di primo grado (si veda T.A.R. Campobasso, -Molise, sez. I, 6/ ottobre 2011, n. 599) .

3. Il Collegio ritiene che – a tutto concedere- si sarebbe potuto discutere della condivisibilità della opzione ermeneutica patrocinata dalla difesa dell’appellante sulla scorta del testo originario della citata disposizione di cui alla legge n. 104 del 1992: la tesi dell’appellante appare invece certamente infondata avuto riguardo all’attuale tenore dell’ dell'art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (pacificamente applicabile alla fattispecie ratione temporis).

4. Invero il vigente testo della suindicata norma così prevede al comma 7 bis, introdotto dall’articolo 24, comma 1, lettera c), della legge 4 novembre 2010, n. 183 :” ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. “

4.1. La norma è perentoria nel “legare” “i diritti” previsti dal citato art. 33 al “venir meno” delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti, tanto da ipotizzare una possibile rilevanza disciplinare nella condotta del lavoratore che non comunichi detta mutata circostanza.

4.2. Tale perentoria dizione della norma impone che al verificarsi di un mutamento delle condizioni, la fruizione del diritto venga meno, salva, ovviamente, in via eventuale la possibilità di adottare un nuovo provvedimento (diverso dal primo) nell’emergere di ulteriori e diversi elementi che danno diritto alla fruizione di analogo beneficio.

4.3. Nel caso di specie la “condizione” legittimante il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia dell’appellante riposava nella necessità di assistere la madre di questi; l’avvenuto venir meno di tale condizione a cagione dell’avvenuto decesso del predetto congiunto fa venire meno il diritto alla fruizione del beneficio.

4.3.1. Il detto beneficio, legittimamente è stato quindi revocato dall’Amministrazione, e potrà eventualmente in futuro essere nuovamente accordato al predetto, con un nuovo provvedimento, e previa ulteriore rinnovata ponderazione delle condizioni legittimanti e bilanciamento dell’interesse vantato dall’istante con quelli antagonisti eventualmente prospettati dall’Amministrazione laddove ne sussistano i presupposti.

4.4. La pretesa dell’appellante secondo cui il trasferimento era ormai divenuto definitivo e non risentiva dei mutamenti incidenti sulla situazione legittimante (necessità di assistere la madre) al medesimo sotteso, è totalmente inaccoglibile, e non lo è meno quella di “proseguire” in detta condizione sulla scorta di nuove necessità, non finora vagliate dall’Amministrazione.

4.5. Come esattamente colto dal T.a.r., il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui l’appellante era stato assegnato alla casa circondariale di –Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandone l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola; inoltre detto provvedimento è successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, afferma che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformando con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992.

4.5.1. Il Collegio è persuaso della seguente circostanza:

a) il testo della novella legislativa che si è prima riportata per esteso contiene una espressione (”decade”) tesa all’evidenza a disciplinare un rapporto di durata: ciò implica che tale norma si applichi anche ai trasferimenti disposti sotto l’usbergo delle disposizioni precedenti;

b) ciò – unitamente alla circostanza che l’Amministrazione ha espressamente normato la fattispecie con la propria circolare prima richiamata- assume una importanza troncante ai fini della reiezione dell’appello;

c) in ogni casi, si osserva, il trasferimento ad Isernia dell’appellante non è sottratto ratione temporis all’applicazione della suddetta normativa del 2010, in quanto l’appellante non può fondatamente sostenere che il proprio trasferimento sia antecedente a tale data, (e si sia, conseguentemente “consolidato”, in epoca antecedente alla entrata in vigore dello jus superveniens,) in quanto:

I) non si può fare utilmente riferimento, in proposito, al provvedimento del 2006 (distacco) in questo aveva chiaramente di portata interinale, e comunque, anche a seguire la tesi dell’appellante (che individua un termine di cinque anni per il “consolidamento” delle assegnazioni delle destinazioni del personale) nel 2011 era già entrata in vigore la “novella” che, come si è prima rilevato, impedisce siffatto “consolidamento”;

II) se si fa riferimento al provvedimento del 2013 (come è corretto avvenga), esso ricade pienamente sotto l’usbergo del novellato art. 32 comma 7 bis della legge, e pertanto la tesi dell’amministrazione appellata risulta pienamente condivisibile, per le già chiarite ragioni.

4.6. L’Amministrazione ha fatto buongoverno del principio suindicato, direttamente discendente dalla norma di legge prima citata, e pertanto tale critica dell’appellante va disattesa, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi dall’orientamento ancora di recente espresso dalla Sezione nella sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017.

5. Quanto alle ulteriori censure, si osserva che, la priorità delle esigenze dell’Amministrazione, la latissima discrezionalità di quest’ultima in punto di vagli delle contrapposte esigenze e, infine, la denunciabilità di vizii di disparità di trattamento costituiscono principi a più riprese predicati dalla costante giurisprudenza amministrativa, e dai quali il Collegio non intende decampare: nel caso di specie, l’asserita disparità di trattamento che vizierebbe gli atti impugnati a cagione della circostanza che altri 4 soggetti alle dipendenze della casa circondariale di Isernia avrebbero perso i requisiti applicativi di cui alla legge n. 104/1992 è stata soltanto enunciata e non provata (neppure sono stati indicati, nell’atto di appello, i nominativi dei predetti), né l’atto di impugnazione si diffonde punto in ordine alla equiparabilità ovvero sovrapponibilità delle situazioni poste in comparazione, per cui anche detta doglianza va disattesa.

6. Conclusivamente, l’appello va disatteso.

7. Quanto alle spese processuali del grado, esse possono essere compensate a cagione della non uniforme interpretazione giurisprudenziale in passato riscontrabile.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese processuali del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabio Taormina Antonino Anastasi





IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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Re: legge 104

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Tra l'altro, la sentenza del T.A.R. per il MOLISE –Sede di CAMPOBASSO - SEZIONE I n. 357/2016, riportava anche:
- ) - Essendo la revoca del trasferimento un atto sostanzialmente dovuto, anche per garantire il corretto svolgimento delle procedure di mobilità ordinarie, senza pregiudicare il personale con requisiti di anzianità potiori,..........
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Re: legge 104

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Il CdS rigetta l'Appello delle Amministrazioni.

maresciallo aiutante della Guardia di Finanza
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Re: legge 104

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Il CdS rigetta l'Appello del Ministero dell'Interno - ( ottima sentenza )

Il CdS precisa - (ecco alcuni brani):

1) - Il Collegio ritiene di dovere, innanzi tutto, ribadire alcuni principi già espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

2) - Ciò comporta che, onde negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente.

3) - In tal senso, la presenza di una maggiore scopertura di organico nella sede attuale di servizio del C.. rispetto alla sede richiesta non è di per sé sufficiente a motivare il diniego, se tale dato non è accompagnato da una attenta considerazione delle conseguenze negative per l’interesse pubblico, derivanti, in tale contesto, dal trasferimento.

4) - Né può costituire, allo stato attuale della disciplina, elemento ostativo al trasferimento la presenza di altri familiari in loco, astrattamente idonei all’assistenza.

5) - Così come non costituisce ex se elemento valutabile in senso ostativo alla domanda ex art. 33, co. 5, la presenza di altre domande di trasferimento da parte di dipendenti con maggiore anzianità di servizio.

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201900274 - Public 2019-01-11 –

Pubblicato il 11/01/2019

N. 00274/2019 REG. PROV. COLL.
N. 07851/2016 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7851 del 2016, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
C.. O.. G.., rappresentato e difeso dall'avvocato Ugo Luca Savio De Luca, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Rosazza n. 32;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZ. II n. 00875/2016, resa tra le parti, concernente diniego trasferimento ex art. 33 l. 104/92


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di C.. O.. G..;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Ugo Luca Savio De Luca e l'Avvocato dello Stato Roberta Guizzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, il Ministero dell’Interno impugna la sentenza 26 maggio 2016 n. 875, con la quale il TAR per la Puglia, sez. II della Sezione staccata di Lecce, in accoglimento del ricorso introduttivo e del successivo ricorso per motivi aggiunti proposti da O.. G.. C.., ha annullato la nota 11 agosto 2015 n. 5495 del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, di preavviso di diniego alla richiesta di trasferimento ex art. 33, co. 5, l. n. 104/1992 ed il successivo provvedimento 22 febbraio 2016, di diniego della predetta richiesta di trasferimento,

Quest’ultima era stata proposta al fine di assistere il proprio padre, gravemente disabile in quanto affetto dal OMISSIS .

L’amministrazione, cui con propria ordinanza il TAR aveva ordinato di riesaminare l’istanza in quanto “la stessa amministrazione ha rappresentato che per mero errore materiale non si è tenuto conto dell’integrazione dell’istanza di trasferimento prodotta dal dipendente”, ha con successivo provvedimento disposto nuovamente il rigetto della richiesta di trasferimento.

La sentenza afferma, in particolare, che l’amministrazione “ha posto in rilievo la preminenza delle esigenze di servizio della sede di Bari dove il dipendente presta servizio . . . e tali esigenze funzionali sono state ritenute più pressanti e maggiormente emergenziali rispetto a quelle degli uffici di P.S. di Lecce, ove ha richiesto di essere trasferito il ricorrente”.

Tuttavia, secondo la sentenza, tali elementi “comporterebbero, come naturale conseguenza, l’impossibilità generalizzata di accogliere richieste di trasferimento che implichino lo spostamento da una sede di servizio connotata da peculiari situazioni emergenziali e con più ampia competenza territoriale rispetto ad una sede con un ambito operativo più ristretto”.

Inoltre, “la presenza di altri familiari non può essere causa ostativa al richiesto trasferimento”, né assume rilievo il fatto che altri dipendenti di pari qualifica e maggiore anzianità aspirano al detto trasferimento, posto che la normativa di riferimento non prevede una graduazione derivante dall’ordine di anzianità”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg. 4-6 ric.):

error in iudicando, poiché l’art. 33 l. n. 104/1992 non configura un diritto soggettivo di precedenza al trasferimento del familiare lavoratore, bensì un semplice interesse legittimo a scegliere la propria sede, ove possibile, dovendovi “essere una comparazione tra le richieste del dipendente e le necessità dell’amministrazione”; ne consegue che “la pretesa del lavoratore che effettivamente assista con continuità un parente colpito da handicap alla scelta di lavoro deve trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro ed è questa la valutazione che l’amministrazione deve porre in essere”. Nel caso di specie, l’amministrazione “ha operato un attento bilanciamento delle esigenze di servizio; infatti, il posto Polizia Ferroviaria di Lecce presenta una minore carenza di organico in confronto a quella, numericamente consistente, dell’ufficio di appartenenza” (55 unità, a fronte della diminuzione del numero dei reati commessi nella Provincia di Lecce).

Si è costituito in giudizio il signor O.. G.. C.., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Con ordinanza 25 novembre 2016 n. 5274, questa Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

2.1. L’art. 33 l. 5 febbraio 1992 n. 104, prevede, per quel che interessa nella presente sede:

“3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.. . .

5. Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.

Il Collegio ritiene di dovere, innanzi tutto, ribadire alcuni principi già espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

Occorre, innanzi tutto, ricordare che il trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 coinvolge, per giurisprudenza pacifica, interessi legittimi, e di conseguenza implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici, in esercizio di potere discrezionale da parte dell’amministrazione; e ciò tenendo conto del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell'interesse esclusivo dell'Amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell'assistito (Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 2018 n. 5550; sez. IV, 3 gennaio 2018 n. 29; sez. IV, 31 agosto 2016 n. 3526).

In tale contesto, l'inciso "ove possibile", contenuto nella predetta disposizione, comporta che, avuto riguardo alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve sussistere la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento (Cons. Stato, sez. III, 11 maggio 2018 n. 2819), nel senso, cioè, che presso la sede richiesta, vi sia una collocazione compatibile con lo stato del militare, e che l'assegnazione possa, dunque, avvenire nel limite delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado (Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2018 n. 987)

Tanto precisato, occorre altresì affermare che l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione – e, dunque, la verifica della compatibilità del trasferimento ex art. 33, co. 5 con le esigenze generali del servizio – deve consistere in una verifica e ponderazione accurate delle esigenze funzionali, la quale deve risultare da una congrua motivazione.

Ciò comporta che, onde negare il trasferimento, le esigenze di servizio non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare, ma devono risultare da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e/o della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente.

2.2. Nel caso di specie, l’amministrazione - pur avendo correttamente escluso la sussistenza di un “diritto” al trasferimento, richiamando il proprio potere di valutazione delle esigenze organizzative ed operative – non ha fornito una motivazione congrua ed idonea a giustificare il proprio diniego, richiamando solo, in generale, le citate esigenze.

In tal senso, la presenza di una maggiore scopertura di organico nella sede attuale di servizio del C.. rispetto alla sede richiesta non è di per sé sufficiente a motivare il diniego, se tale dato non è accompagnato da una attenta considerazione delle conseguenze negative per l’interesse pubblico, derivanti, in tale contesto, dal trasferimento.

Né può costituire, allo stato attuale della disciplina, elemento ostativo al trasferimento la presenza di altri familiari in loco, astrattamente idonei all’assistenza.

Così come non costituisce ex se elemento valutabile in senso ostativo alla domanda ex art. 33, co. 5, la presenza di altre domande di trasferimento da parte di dipendenti con maggiore anzianità di servizio.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definiti8vamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’Interno (n. 7851/2016 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2018 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza Filippo Patroni Griffi





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Re: legge 104

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Il CdS conferma la sentenza del Tar Puglia e, quindi, il collega perde.

1) - veniva disposto il rientro immediato dell’attuale appellante alla Casa circondariale di Taranto dalla Casa circondariale di Turi, a seguito del decesso della madre disabile, da lui assistita in applicazione di quanto previsto dalla legge n. 104/1992.

2) - La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso, richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (in particolare, sez. IV, nn. 4671/2017 e 5206/2017), secondo la quale, nel caso di specie, “si è di fronte ad un movimento non definitivo, ma subordinato ad un presupposto di fatto esterno ed estraneo all’ambito lavorativo, la cui perdurante presenza è condizione non solo per l’iniziale disposizione di trasferimento, ma anche per la sua perdurante efficacia”.

Il CdS precisa:

3) - Questa Sezione, con la sentenza 18 febbraio 2019 n. 1113, con argomentazioni che si intendono richiamare e confermare nella presente sede, ha ribadito e precisato i principi già espressi dalla giurisprudenza con riguardo al trasferimento disposto in applicazione dell’art. 33, comma 5, l. n. 104/1992.

4) - E ciò con la conseguenza che, come si è innanzi riportato, “il decesso del disabile, pertanto, svuota ab interno la funzione stessa del provvedimento, irrimediabilmente privato della propria costitutiva ragione d’essere”.

5) - Ciò comporta che la cessazione dell’espletamento della prestazione lavorativa nella sede individuata dal provvedimento emanato ex art. 33, comma 5, non consegue affatto ad una (più rigida) novellazione normativa, ma è, al contrario, un effetto prodotto dalla natura stessa del provvedimento, anche se emanato prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione (e ciò a prescindere da quanto previsto, anche in senso diverso, da eventuali circolari delle amministrazioni).

6) - In virtù della natura e contenuto del provvedimento di trasferimento, si può, dunque, affermare la cessazione del trasferimento medesimo al momento del venir meno del presupposto per il quale lo stesso era stato disposto.

7) - Tanto precisato, appare opportuno (anche in questo caso aderendo alla sent. n. 1113/2019 cit.) svolgere ulteriori precisazioni.

- Alla luce di questa ricostruzione (ed in tal modo precisando quanto in precedenza affermato: Cons. Stato, sez. IV, n. 4671/2017 cit.), non è necessaria l’emanazione di alcun provvedimento di revoca del precedente trasferimento ex art. 33, comma 5, l. n. 104/1992, perché, al venir meno del presupposto assistenziale, il soggetto a tal fine trasferito ritorni alla sede di appartenenza.

N.B.: leggete il tutto cmq. nell'allegata sentenza del CdS.
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panorama
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Re: legge 104

Messaggio da panorama »

Il CdS con la sentenza allegata , Accoglie l'Appello del Ministero dell'Interno.

Personale PolStato,

1) - diritto all’esonero dai servizi notturni per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

Il CdS ribalta la sentenza del Tar Campania sede di Napoli ben motivandola dando ragione al Ministero dell'Interno.

Inoltre, il CdS fa il riepilogo delle norme, citando anche varie sentenze.

N.B.: viene anche citata la Direttiva 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019 - cui è stata data attuazione con il d.lgs. 30 giugno 2022, n. 105- relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, meglio conosciuta come direttiva “work life balance”,
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