Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Per notizia questa è un'altra importante sentenza odierna del Consiglio di Stato.

1)- L'Appuntato della GdF con ricorso al Tar Lazio esponeva di aver prestato servizio nel giorno del riposo settimanale, ed oltre il limite delle 36 ore settimanali.

2)- L’Amministrazione, in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164 del 2002, intende corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €. 5,00 (cinque), in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n. 164 del 2002.

Per il resto lo potete leggere in sentenza che ha respinto l'Appello dell'Amministrazione.

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07/05/2012 201202625 Sentenza 4


N. 02625/2012REG.PROV.COLL.
N. 00949/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 949 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comando Generale della Guardia di Finanza;

contro
V. F., rappresentato e difeso dall'avv. Vittorio Scano, con domicilio eletto presso Vittorio Scano in Roma, via delle Baleniere, 98;

per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 08934/2009, resa tra le parti, concernente DIRITTO CORRESPONSIONE COMPENSO PER ORE DI LAVORO STRAORDINARIO MATURATE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di V. F.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Vittorio Scano e Federica Varrone (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.- Con ricorso al TAR del Lazio, il sig. V. F., appuntato della Guardia di Finanza, esponeva di aver prestato servizio nel giorno del riposo settimanale, ed oltre il limite delle 36 ore settimanali e domandava l’accertamento:
a- del diritto alla corresponsione del compenso per l'effettuazione durante l'ultimo quinquennio di ore di lavoro straordinario maturate e non calcolate dall'Amministrazione militare e finanziaria del Corpo della Guardia di Finanza, con interessi e rivalutazione monetaria;
b- del diritto alla corresponsione del compenso per l'effettuazione durante il periodo fra il 01.01.2004 ed oggi, di ore di lavoro straordinario di ordine pubblico maturate e solo parzialmente retribuite dall'Amministrazione militare e finanziaria del Corpo della Guardia di Finanza, con interessi e rivalutazione monetaria.

1.2.- Con la sentenza epigrafata il TAR accoglieva il ricorso, considerando che:
- il ricorrente “ha diritto ad avere corrisposta la giusta retribuzione per tali ore di servizio; o comunque, in alternativa - s’intende: in conformità alle regole stabilite nei decreti presidenziali di recepimento degli “accordi di lavoro per i militari” - ad aver riconosciuti e concessi “riposi compensativi” per un ammontare di ore pari a quelle di lavoro non retribuibili in moneta, che vanno considerate alla stregua di ore di lavoro straordinario;
- che l’Amministrazione, in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164 del 2002, intende corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €. 5,00 (cinque), in asserita applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n. 164 del 2002;
- che tale condotta è palesemente illegittima (ed illecita) in quanto macroscopicamente contraria all’art.36 della Costituzione che stabilisce che il lavoratore ha diritto alla giusta retribuzione, non essendo revocabile in dubbio che un corrispettivo pari a soli cinque euro non può in alcun caso essere considerato minimamente compensativo;
- che la condotta dell’Amministrazione militare si appalesa vieppiù ingiusta - e contraria ai principii fondamentali del diritto del lavoro - posto che ai sensi del DPR n.422 del 1977 “gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza al normale orario di lavoro”, quando esigenze organizzative lo richiedano; e dunque si trovano, proprio a cagione del loro particolare status e della normativa che lo regola, in una condizione di speciale subordinazione gerarchica, particolarmente rigida;
- che il ricorrente ha provato in giudizio di aver svolto le ore in soprannumero avendo prodotto un prospetto certificativo sottoscritto dal Comandante del II Gruppo Roma della Guardia di Finanza;
- che egli – in conformità al pacifico orientamento giurisprudenziale formatosi sulla questione – ha diritto di ottenere la giusta retribuzione per le ore di lavoro svolte nelle giornate di riposo festivo fino alla concorrenza della somma massima erogabile secondo i DD.PP.RR. di approvazione degli “accordi di lavoro per i militari” (relativi agli anni nei quali sono state effettuate le prestazioni lavorative); e che, per la restante parte di credito non retribuibile (in moneta), ha comunque diritto ad ottenere, in funzione di ristoro per il lavoro prestato, i c.d. “riposi compensativi”; e che la liquidazione delle somme spettanti deve avvenire - in mancanza di idonea normativa specifica atta a disciplinare in modo equo la fattispecie - considerando tali ore di lavoro come ore di lavoro straordinario (quali effettivamente sono state);”.

Il TAR condannava pertanto il Ministero intimato a corrispondere al ricorrente le somme dovute in ragione delle ore di lavoro straordinario prestato nei giorni festivi (da liquidarsi in misura non eccedente i limiti massimi di erogabilità stabiliti dai citati decreti presidenziali), maggiorate delle somme accessorie dovute “ex lege” a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali.

2.- Il Ministero dell’economia ha tuttavia impugnato (con appello notificato l’11.1.2010) la sentenza del TAR (notificata in data 13.11.2009), chiedendone la riforma alla stregua di articolati mezzi di gravame, che si intendono qui riportati.

2.1.- Non si è costituito nel giudizio il ricorrente in primo grado. Con ordinanza n. 1047/2010 la Sezione ha disposto l’accoglimento della istanza di sospensione della sentenza impugnata, avanzata dal Ministero appellante.
Alla pubblica udienza del 6 marzo 2012 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO
1.- Il gravame controverte del diritto dall’appellato, riconosciuto dal TAR mediante la sentenza impugnata, a percepire la retribuzione corrispettiva per le ore di lavoro prestate oltre il limite delle 36 ore settimanali ed in giornate di riposo festivo, nel quinquennio compreso tra l’anno 2004 ed il 2009, in applicazione del DPR n. 422/1977 e del DPR n.164/2002. Con specifico riferimento a detta pretesa, il giudice di prime cure ha condannato il Ministero appellante al pagamento delle relative somme nonché a riconoscere al ricorrente tante ore di “riposo compensativo” quante sono quelle non retribuibili in moneta.

2. Dalla lettura del ricorso, dopo un ampio riepilogo del quadro normativo, si possono ricavare tre ordini di censure, che non possono essere accolte.

2.1.- Il primo contesta in punto di fatto (v. p. 12 del ricorso) che l’appellato, nel periodo di riferimento, abbia prestato alcuna ora di lavoro straordinario non retribuita o non recuperata ; ma dai prospetti allegati non si rileva il pagamento od il recupero delle ore di cui si discute, prestate in giorni festivi (con le conseguenze appresso evidenziate). Né la predetta carenza è colmabile con la semplice attestazione di aver segnalato le ore per il pagamento, poiché tale indicazione, oltre non recare il riferimento specifico alle ore festive, non dimostra “ex se” l’effettiva corresponsione di quanto dovuto o il suo recupero.

Peraltro non può essere trascurato il principio per cui nella ripartizione dell'onere della prova tra lavoratore, titolare del credito, e datore di lavoro, l’onere di provare i fatti estintivi od impeditivi del diritto grava sull’imprenditore (per il principio v. Cass. civ., sez. lav., n. 24484/2008), ad esempio esibendo certificazioni di pagamento o quietanze di pagamento con le relative causali, programma turnario effettuato per il recupero). Per contro, nel giudizio di primo grado, esibendo il cennato prospetto il ricorrente aveva fornito quanto meno un “principio di prova” sulla effettuazione delle ore che, come già osservato, non è stato tuttavia contrastato con alcuna risultanza documentale sul loro pagamento. La censura testè esaminata, che peraltro sembra non corrispondere ad analoga eccezione formulata in primo grado, non può quindi essere accolta.

2.2- La seconda doglianza imputa alla sentenza un’errata interpretazione della normativa di riferimento (artt. 54 del DPR 18.6.2002, 1 del DPR 27-7-1977, 5 della l. n.121/1981 e 44 del Regolamento ministeriale 30.11.1991) a proposito della quale il giudice di prime cure, nel dare soluzione positiva al problema, ha respinto la tesi interpretativa dell’amministrazione che, in applicazione dell’art.54, comma 3°, del DPR n.164/2002, intendeva corrispondere per una intera giornata di servizio svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, l’indennità di €.5,00 (cinque); in altri termini secondo il Ministero, che in questa sede ripropone il proprio orientamento, la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro darebbe diritto al solo riposo compensativo e all’indennità giornaliera di euro 5,00, e non anche al compenso per lavoro straordinario: la questione si incentra dunque sulla spettanza di retribuzione (sostenuta dagli appellati) nel caso che il lavoro straordinario venga prestato dall’agente nella giornata festiva, in cui gli compete fruire dell’indennità e del riposo compensativo. La tesi è infondata. Come già precisato in recente orientamento espresso della Sezione (cfr sent. n.1342/2012, attinente a personale della polizia penitenziaria) al riguardo va ribadito il principio generale accolto dalla normativa (art. 11 della l. 395/1990), per cui “gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite……”.

Va quindi riaffermato che la legge opera un riferimento del tutto inequivoco non solo alla spettanza dello straordinario in ragione del superamento dell’orario settimanale ordinario, ma la collega solo alla misura della sua retribuzione, non citando sotto questo profilo alcuna forma sostitutiva o surrogatoria della stessa. Da tale carenza si evince, in applicazione inversa del principio “ubi voluit dixit”, che la retribuzione del lavoro eccedente la misura ordinaria avviene al solo verificarsi di detta eccedenza, quindi anche in giorno festivo e si realizza esclusivamente con l’applicazione della misura stabilita per il lavoro straordinario.

Ciò premesso, alcune osservazioni il Collegio deve formulare a proposito dell’altra norma che nella controversia viene in rilievo, costituita dall’art. 10, terzo comma, DPR n.170/2007; essa, in realtà fornisce problemi interpretativi (sui quali fa leva l’appellante) solo ove non si consideri la sua disposizione finale, che a ben vedere conferma invece l’interpretazione qui accolta; ed invero stabilisce la norma citata che per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”. L’indennità in parola, dunque, sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.

A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha “tecnicamente” carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato (“ratio” emergente dal contratto) per aver prestato servizio o in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).

Quindi, ad avviso del Collegio, nessuno dei benefici previsti dal cennato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte, sicchè il criterio per valutare se vi sia stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali; lo “straordinario” deve pertanto essere remunerato in eccedenza quando la prestazione lavorativa eccede le 36 ore settimanali “.

2.3- Terza ed ultima censura si rinviene nell’argomentazione (esposta a p.14 dell’appello) per cui la sentenza avrebbe erroneamente valutato il prospetto riepilogativo redatto dal Comando di appartenenza, così traendo prova (dell’effettuazione di ore di lavoro straordinario in giorni festivi) da un atto che invece riguardava prestazioni di altri servizi. Anche qui, premesso che dal prospetto non si ricava quali ore siano state prestate in giorni festivi, era onere dell’amministrazione provare che le ore di lavoro in questione si riferissero a servizi differenti da quelli che il ricorso assumeva svolti festivi, non dando perciò titolo per procedere alla forma compensativa richiesta.

3.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

- La sufficiente complessità delle questioni trattate integra giusto motivo per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2012


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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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pagamento somme per ore di lavoro straordinario non retribuite - ris. danno

1) - il TAR per il Lazio, sez. I, ha accolto il ricorso per ottemperanza proposto, tra gli altri da M. C. ed altri, ed ha condannato l’amministrazione al risarcimento del danno per ore di lavoro prestate dai ricorrenti e mai retribuite, né compensabili con cd. riposo compensativo, per essere stati i ricorrenti stessi medio tempore collocati a riposo.

2) - La sentenza della quale si chiedeva disporre l’ottemperanza (TAR Lazio, 15 giugno 2010 n. 17788) ha riconosciuto in favore dei ricorrenti il diritto al recupero dei riposi compensativi corrispondenti alle ore di lavoro straordinario prestate e non retribuite.

3) - Non avendo potuto detta sentenza trovare esecuzione, stante il collocamento a riposo dei ricorrenti, la sentenza appellata ha riconosciuto spettante “il risarcimento per equivalente, da commisurarsi al compenso per le ore di lavoro straordinario dagli stessi effettuate e mai retribuite né in altro modo compensate”.

L'Amministrazione perde l'Appello.

I motivi potete leggerli qui sotto.

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16/01/2013 201300259 Sentenza 4


N. 00259/2013REG.PROV.COLL.
N. 07748/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7748 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
M. C., A. D. L., S. L., M. C. (in qualità di erede di L. G.); rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Maria La Scala, con domicilio eletto presso Stefania Steri in Roma, P.Le Clodio 8/C;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 07010/2012, resa tra le parti, concernente esecuzione sentenza 17788/2010 del TAR Lazio, Roma - pagamento somme per ore di lavoro straordinario non retribuite - ris. danno

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di Finanza, impugna la sentenza 30 luglio 2012 n. 7010, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I, ha accolto il ricorso per ottemperanza proposto, tra gli altri da M. C. ed altri, ed ha condannato l’amministrazione al risarcimento del danno per ore di lavoro prestate dai ricorrenti e mai retribuite, né compensabili con cd. riposo compensativo, per essere stati i ricorrenti stessi medio tempore collocati a riposo.

La sentenza della quale si chiedeva disporre l’ottemperanza (TAR Lazio, 15 giugno 2010 n. 17788) ha riconosciuto in favore dei ricorrenti il diritto al recupero dei riposi compensativi corrispondenti alle ore di lavoro straordinario prestate e non retribuite.

Non avendo potuto detta sentenza trovare esecuzione, stante il collocamento a riposo dei ricorrenti, la sentenza appellata ha riconosciuto spettante “il risarcimento per equivalente, da commisurarsi al compenso per le ore di lavoro straordinario dagli stessi effettuate e mai retribuite né in altro modo compensate”.

Il TAR ha, dunque, indicato i criteri per la definizione della somma dovuta a titolo di risarcimento.
Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

violazione del giudicato; erroneità per insussistenza del diritto al risarcimento del danno; assenza del presupposto della colpa dell’amministrazione; prescrizione del credito; ciò in quanto:

a) la sentenza ottemperanda “non aveva condannato l’amministrazione al pagamento di una somma di denaro, riconoscendo che i ricorrenti avevano già fruito del pagamento delle ore di straordinario monetizzabili, mentre per le altre . . . doveva necessariamente ed esclusivamente provvedersi mediante corresponsione di ore di riposo compensativo”, di modo che “in caso di mancanza o di impossibilità di godere delle ore di riposo compensativo in eccedenza alle ore di straordinario monetizzabile, nulla può essere corrisposto a qualunque titolo”. Per il tramite della sentenza impugnata, invece, si ottiene “la paradossale conseguenza” di dare accoglimento postumo ad una domanda di condanna al pagamento di somme di denaro, già rigettata dal primo giudice;

b) nel caso di specie, “manca completamente la colpa a carico della pubblica amministrazione”, la quale “non ha fatto altro che conformarsi al giudicato, la cui esecuzione è divenuta impossibile per fatti alla stessa non imputabili, e segnatamente ascrivibili alla sfera giuridica dei ricorrenti”. Al contrario, l’art. 112, co. 3, Cpa, nel prevedere l’ipotesi di impossibilità di dare esecuzione al giudicato, “va infatti letta come impossibilità soggettivamente imputabile alla Pubblica amministrazione”, alla quale va posto a carico “l’obbligo di risarcire i danni derivanti dall’impossibilità di eseguire il giudicato e solo se vi è un fatto imputabile alla stessa”. A fronte di ciò, vi è colpa grave dei ricorrenti che hanno tenuto “un comportamento ostativo alla pretesa vantata”;

c) se “il dies a quo di riferimento” del diritto degli interessati è quello della domanda “epoca in cui i ricorrenti erano in servizio, allora la stessa doveva essere dichiarata prescritta”.

Si sono costituiti in giudizio gli appellati, che hanno concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con ordinanza 20 novembre 2012 n. 4573, questo Consiglio di Stato ha disposto la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Al fine del corretto inquadramento delle norme di cui all’art. 112, co. 3, Cpa (e che trovano applicazione nel presente giudizio), occorre innanzi tutto osservare (sulla scorta di quanto già affermato da questo Consiglio di Stato, sez. IV, 17 dicembre 2012 n. 6468, dalle cui considerazioni generali non vi è motivo di discostarsi nella presente sede), che il Codice del processo amministrativo, nel disciplinare il giudizio di ottemperanza, prevede:

- per un verso, che l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione di una pluralità di provvedimenti giurisdizionali, anche di giudici diversi dal giudice amministrativo (art. 112, co. 2, lett. a) – e);

- per altro verso, che “il ricorso di cui al presente articolo” può essere utilmente proposto “anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità dell’ottemperanza” (art. 112, co. 5).

Inoltre, il successivo art. 114, co. 7, dispone che “nel caso di ricorso ai sensi del comma 5 dell’art. 112, il giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza, anche su richiesta del Commissario”.

Pur esulando dalla presente sede una completa disamina della natura dell’azione di ottemperanza (alla quale questo Consiglio di Stato ha – a vario titolo – dedicato le Adunanze Plenarie nn. 2, 18 e 24 del 2012), giova osservare che la disciplina dell’azione di ottemperanza, lungi dal ricondurre la medesima solo ad una mera azione di esecuzione della sentenza e/o di altro provvedimento ad esse equiparabile, evidenzia profili affatto diversi, non solo quanto al “presupposto” (cioè in ordine al provvedimento per il quale si chieda che il giudice disponga ottemperanza), ma anche in ordine al contenuto stesso della domanda, la quale può essere:

a) rivolta, in generale, a conseguire “l’attuazione” delle sentenze o altri provvedimenti ad esse equiparati, del giudice amministrativo o di altro giudice diverso da questi, con esclusione delle sentenze della Corte dei Conti (Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2003 n. 2823; Sez. VI, ord. 24 giugno 2003 n. 2634). e del giudice tributario, o, più in generale, di quei provvedimenti di giudici diversi dal giudice amministrativo “per i quali sia previsto il rimedio dell’ottemperanza” (art. 112, comma 2). Nell’ipotesi qui esaminata, l’ampiezza della previsione normativa impedisce di ricondurre la natura dell’azione a quella di mera “azione di esecuzione” di una sentenza pronunciata a conclusione di un giudizio di cognizione o altro provvedimento ad essa equiparato, essendo del tutto evidente la presenza di profili di accertamento e pronuncia del giudice di natura cognitoria, volti alla migliore conformazione dell’ulteriore esercizio del potere amministrativo;

b) rivolta ad ottenere la condanna “al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza” (art. 112, comma 3). In questa ipotesi, l’azione ha mera natura esecutiva, ed essa è evidentemente “attratta” dal giudizio di ottemperanza, stante la natura di obbligazioni accessorie di obbligazioni principali, in ordine alle quali si è già pronunciata una precedente sentenza (o provvedimento equiparato);

c) rivolta ad ottenere il “risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione” (art. 112, comma 3). In quest’ultimo caso, l’azione – che ha chiaramente natura risarcitoria, essendo in tal modo definita dal Codice – non è rivolta all’ “attuazione” di una precedente sentenza e/o provvedimento equiparato, ma essa trova in questi ultimi solo il presupposto perché un nuovo e distinto comportamento dell’amministrazione, che si presenti inottemperante, violativo o elusivo del giudicato, renda impossibile il ripristino della posizione soggettiva innanzi pregiudicata dalla stessa amministrazione (anche) mediante un esercizio illegittimo del potere amministrativo ovvero sia produttivo di danno. Si tratta, a tutta evidenza, di una azione nuova, esperibile proprio perché è l’ottemperanza stessa divenuta impossibile ovvero ulteriori danni sono derivati alla parte vittoriosa per mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato, e in ordine alla quale la competenza a giudicare è, per evidenti ragioni di economia processuale e, quindi, di effettività della tutela giurisdizionale, attribuita al giudice dell’ottemperanza.

Come è dato osservare, dunque, nell’ambito del giudizio di ottemperanza il Codice disciplina azioni diverse (al di là della mera – e tradizionale – distinzione inerente la riconducibilità dell’”attuazione” richiesta ad una “esecuzione” della sentenza o provvedimento equiparato), ovvero a più ampi ambiti di conformazione della successiva azione amministrativa, in dipendenza del giudicato medesimo.

Tale diversa, più ampia e poliforme natura del giudizio di ottemperanza non può non essere tenuta presente, al fine di definire sia le posizioni delle parti nel giudizio di ottemperanza, sia il contenuto ed i limiti dei poteri del giudice.

3. In particolare, l’art. 112, co. 3 Cpa prevede, tra l’altro, che “può essere proposta, anche in unico grado dinanzi al giudice dell’ottemperanza . . . azione di risarcimento dei danni connessi all’impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato o alla sua violazione o elusione”.

Orbene, la disposizione ora riportata contempla espressamente una sola “azione di risarcimento” ma, in realtà, connessa a plurimi e distinti profili di danno, cui il giudice deve apprestare riparazione per il tramite della sua pronuncia. Ed infatti:

- in primo luogo, i danni possono essere connessi alla “impossibilità o comunque alla mancata esecuzione in forma specifica, totale o parziale, del giudicato”. Proprio il riferimento alle due diverse situazioni (quali la “impossibilità” o la “mancata esecuzione” del giudicato), mette in rilievo come il danno può essere effetto: a) della oggettiva impossibilità di esecuzione, dipendente da cause diverse ed (eventualmente) estranee al giudizio, in particolare non riconducibili al comportamento della P.A.; b) del comportamento attivo dell’amministrazione, in quanto essa con diverso esercizio del potere – non strettamente afferente all’esecuzione del giudicato – rende impossibile l’esecuzione; c) del comportamento omissivo dell’amministrazione, che, non eseguendo il giudicato, rende – per il tramite della sua inerzia – non più eseguibile lo stesso;

- in secondo luogo, i danni possono essere conseguenti alla violazione o elusione del giudicato medesimo, previa la declaratoria della nullità di eventuali atti emanati in violazione o elusione del giudicato (art. 114, comma 4), e possono essere derivati sia dalla ritardata attuazione del giudicato (per avere invece l’amministrazione emanato un provvedimento nullo), sia direttamente (e distintamente) da tale provvedimento, una volta verificatone l’effetto causativo di danno.

Dal complessivo tenore dell’art. 112, co. 3, è possibile affermare che il Codice del processo amministrativo non considera l’ipotesi che una sentenza di accoglimento del ricorso – che, pertanto, afferma l’intervenuta lesione della posizione giuridica sostanziale (e, in particolare, dell’interesse legittimo) - possa non trovare “sbocco” in forme di riparazione, le quali possono essere sia di tipo “ripristinatorio” (a seconda dei casi, sia attraverso l’adozione di un provvedimento di contenuto favorevole all’interessato, sia attraverso il ripristino delle condizioni di esercizio del potere amministrativo), sia di tipo risarcitorio o “per equivalente”, laddove vi sia impossibilità di esecuzione del giudicato.

Ne consegue che:
- per un verso, quale che sia la ragione dell’impossibilità di esecuzione (sia essa oggettiva, o sia essa riconducibile ad una attività o comportamento inerte dell’amministrazione), oggetto del risarcimento per equivalente monetario è la lesione stessa della posizione sostanziale accertata dal giudice del cognitorio e coperta dal passaggio in giudicato della relativa decisione. Non a caso l’art. 112, co. 3 evidenzia un danno “connesso” alla impossibilità dell’esecuzione e non già “conseguente” a tale impossibilità; dunque, non si tratta, necessariamente, di un danno “nuovo”, bensì (anche) del danno accertato con la sentenza passata in giudicato, non più riparabile nelle forme ivi indicate;

- per altro verso, a questo primo aspetto del danno risarcibile, può aggiungersi (qualora questo ricorra in concreto e laddove debitamente provato), l’ulteriore danno derivante ex se dall’attività dell’amministrazione (ad esempio, derivante dal provvedimento adottato in elusione o violazione di giudicato e dichiarato nullo dal giudice dell’ottemperanza).

Quanto sin qui esposto appare a maggior ragione sostenibile laddove oggetto del giudizio amministrativo siano (come nel caso oggetto del presente giudizio), non già posizioni di interesse legittimo, bensì posizioni di diritto soggettivo.

Stante la distinta natura del danno risarcibile ex art. 112, comma 3, Cpa, il Collegio osserva che nel caso in cui il danno risarcibile consista nella (originaria ed accertata in cognitorio) lesione della posizione giuridica sostanziale, il termine di prescrizione dell’azione di ottemperanza è di dieci anni (art. 114, co. 1) e decorre dal passaggio in giudicato della sentenza.

Ed infatti, se il risarcimento del danno corrisponde ad una riparazione per equivalente della lesione subita dalla posizione sostanziale, per la quale non è più possibile la reintegrazione in forma specifica, non vi è alcuna ragione per ritenere che l’esercizio di tale azione risponda a termini di prescrizione diversi da quelli in generale previsti per l’actio iudicati, né che detto termine abbia diversa decorrenza.

Al contrario, qualora oggetto della domanda di risarcimento, pur proposta in sede di ottemperanza, siano danni causati da attività ulteriore o inerzia dell’amministrazione (come nel caso di danno autonomamente ed ex novo derivante dal provvedimento adottato in elusione o violazione di giudicato), il termine di prescrizione per illecito (extracontrattuale) è quinquennale e non può che decorrere dall’evento causativo di danno.

4. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, non possono trovare accoglimento i motivi di appello proposti.

La sentenza appellata, in presenza della ineseguiibilità della decisione passata in giudicato, dovuta al difetto della permanenza in servizio degli interessati, ha fatto corretta applicazione dell’art. 112, co. 3, Cpa, sostituendo a quanto disposto dalla medesima (fruizione di riposo compensativo) il risarcimento per equivalente.

Non si tratta, dunque, del riconoscimento del diritto di credito per lavoro straordinario svolto - come sostenuto dall’amministrazione appellante - bensì del diverso “modo” di riparare un danno già accertato, sostituendo un risarcimento del danno per equivalente.a quanto la sentenza da eseguire ha già disposto (e non più possibile).

A tanto ha provveduto la sentenza, non già procedendo a quantificare le ore di straordinario effettuate “monetizzandole” (in questo caso il giudice dell’ottemperanza avrebbe senza dubbio ecceduto i limiti imposti dalla sentenza da eseguire), ma – preso atto della impossibilità di fruizione dei riposi compensativi – ha indicato il criterio per la definizione in via equitativa di una somma, da liquidarsi quale risarcimento.

Poiché oggetto del risarcimento – quale forma “sostitutiva” di riparazione – è la posizione giuridica la cui lesione è stata accertata in cognitorio, non occorre, in sede di ottemperanza, accertare la sussistenza (o meno) dell’elemento soggettivo della responsabilità dell’amministrazione (come sarebbe stato, invece, necessario, laddove oggetto della domanda di risarcimento fossero stati danni “nuovi” e “diversi”, nei sensi sopra evidenziati).

Come si è detto, ricorre una ipotesi di “sostituzione” di una forma di riparazione ad un’altra, ed ambedue vanno riferite ad un danno già accertato come sussistente dalla sentenza della quale si dispone l’ottemperanza.

Allo stesso modo (ed in ciò integrando la motivazione della sentenza impugnata), non sussiste alcuna prescrizione dell’azione, posto che, nel caso di specie, non è evidentemente decorso il termine decennale dell’actio iudicati.

Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze (n. 7748/2012 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Gaetano Trotta, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore


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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Per notizia.

Diniego alla corresponsione del compenso forfettario d'impiego.

Vi consiglio di leggere qui sotto la sentenza x comprendere i fatti.

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13/02/2013 201300421 Sentenza 3


N. 00421/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02214/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2214 del 2010, proposto da:
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS - ), tutti rappresentati e difesi dall'avv. Sebastiano Maio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Augusto Balloni in Catania, via Firenze, 36;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza di Roma, Comando Regionale della Gdf - Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Sicilia - Uff.Amm.Sez.Trattamento Economico, Comando della Guardia di Finanza - Centro Navale - Uff.Amm.Sez.Trattamento Economico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento
- della nota del 25.05.2010 prot. n. 0305606/10 notificata il 26.05.2010 del Comando della Guardia di finanza e della nota del 18.05.2010, prot. n. 0077724/10, comunicata il 22.05.2010 del Comando G.di F., con le quali l'Amministrazione comunicava il diniego alla corresponsione del compenso forfettario d'impiego previsto dall'art. 3 della legge n. 86/2001, per mancanza di copertura finanziaria;

- della circolare n. 279000 del 26.08.2004 del Comando Generale della Guardia di Finanza;

- nonchè di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale;

e per l’accertamento del diritto dei ricorrenti alla corresponsione integrale del compenso forfettario d’impiego per i servizi espletati, oltre interesse e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto o, comunque, dalla domanda amministrativa, sino all’effettivo soddisfo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza di Roma e di Comando Regionale della Gdf - Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Sicilia - Uff.Amm.Sez.Trattamento Economico e di Comando della Guardia di Finanza - Centro Navale - Uff.Amm.Sez.Trattamento Economico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2013 il Cons. dott. Gabriella Guzzardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, militari della Guardia di Finanza, già in forza presso la stazione navale di Messina, imbarcati su unità navali del corpo in vari periodi compresi tra il gennaio 2005 e il dicembre 2009, sul presupposto in fatto di avere svolto attività di contrasto all’immigrazione clandestina e che per l’espletamento di tali servizi solo in parte è stata loro corrisposta l’indennità di compenso forfettario d’impiego prevista dall’art. 3 della L. n. 86/2001 (mentre per la restante parte è stato loro applicato il regime del compenso straordinario o la concessione di riposo compensativo), chiedono con il ricorso introduttivo che venga loro riconosciuto il diritto alla corresponsione del compenso forfettario per tutto il periodo considerato.

All’uopo deducono l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione per contrasto con l’art. 3, c.5 della L. n. 86/2001 che, sulla scorta della circolare n. 279000 del 26/08/2004, pure impugnata, esauriti i fondi stanziati per l’erogazione del compensa straordinario ex L. n. 86/epp1, ha adottato forme ordinarie di remunerazione dello straordinario, compresa la concessione di riposo compensativo: forme che i ricorrenti ritengono inadeguate alle proprie aspettative.

Le Amministrazioni intimate costituite in giudizio hanno dedotto l'infondatezza delle pretese di parte ricorrente, le cui legittime aspettative sarebbero già state onorate nei modi previsti dalla legge.

Con memoria depositata in data 28 dicembre 2012 i ricorrenti ribadiscono le proprie ragioni.

Con ordinanza 1104/2010 è stata rigettata la domanda cautelare proposta con il ricorso introduttivo.

Alla Pubblica Udienza del 30 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Tutto ciò premesso in fatto, il Collegio rileva la infondatezza delle censure addotte da parte dei ricorrenti, e ciò alla luce delle argomentazioni di cui alla sent. n. 6855/2011 del Consiglio di Stato, alla parte motiva della quale espressamente si rimanda, dove, con riferimento a militari che versavano nelle medesime condizioni rappresentate in ricorso, è stato ritenuto legittimo l’operato delle stesse amministrazioni qui intimate che, verificata la insussistenza di fondi per la corresponsione del compenso forfettario (in quanto il relativo stanziamento era andato esaurito) hanno erogato il dovuto mediante i normali criteri del compenso per prestazioni lavorative straordinarie e del riposo compensativo; istituti, questi ultimi, espressamente contemplati nell’art. 3 comma 5 della invocata L. n. 86/2001 “nel caso sia stato utilizzato l’intero stanziamento annuale” relativamente al compenso forfettario (in termini anche TAR Sicilia Catania, sent. n. 2935/2010, richiamata nell’ordinanza cautelare n. 1104/2010 resa inter partes).

Non ignora il Collegio il contrario orientamento espresso dal C.G.A. con sent. n. 1510/2010, (laddove ha ritenuto infungibile il preteso compenso forfettario con le normali metodiche di compenso del lavoro straordinario e di recupero compensativo, nella considerazione che la ragione sottesa alla previsione del compenso sostitutivo stia “nel fatto che le operazioni previste dal comma 1 del citato articolo 3 della legge n. 86 del 2001 non si prestano, per loro natura e per obiettive esigenze del servizio, alla coerente applicazione dei riposi compensativi che possono e debbono intervenire non oltre una certa distanza di tempo dall’espleta-mento del lavoro straordinario”), ma tale argomentazione incontra il limite, obiettivo e testuale, del già richiamato quinto comma dell’art. 3 della legge n. 86/2001, dove è previsto che l’indennità sostitutiva è attribuita nell’ambito delle risorse assegnate e nel rispetto dei limiti di cui all’art. 7, comma 10, quarto e quinto periodo, del D. L.vo n. 195/1995; con la conseguenza che le ipotesi di accordo sindacale e gli schemi di provvedimento non possono comportare anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti rispetto a quanto stabilito nel documento di programmazione economico finanziario.

Del resto ancora recentemente è stato ritenuto in giurisprudenza che:

- in materia di compensi per il personale delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza in relazione a situazioni di impiego non compatibili con l'orario di lavoro, l'art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86 riconosce il diritto al pagamento del compenso forfettario di impiego sostitutivo del compenso per lavoro straordinario solo nei limiti delle risorse assegnate sicché ove lo stanziamento non risulti sufficiente l'interessato non può pretenderne il pagamento;

- la concessione del riposo compensativo deve avvenire anche d'ufficio in assenza di una richiesta purché a fronte di un'attività effettivamente espletata e non altrimenti retribuita, trattandosi di un diritto che non può essere sottoposto a decadenza per effetto della mera disciplina interna dell'Amministrazione, tenendo presente che l'onere della richiesta va considerato come un semplice strumento per consentire all'Amministrazione di porre in essere le opportune misure per contemperare le proprie esigenze organizzative con il diritto al godimento dei riposi compensativi (T.A.R. Molise sent. n. 156 del 12 aprile 2012).

In applicazione di tali principi limitativi, contenuti nella legge sopra richiamata, la circolare n. 279000 del 26 agosto 2004 ha correttamente precisato che “L’ammontare prefissato e non modificabile delle ricorse, normativamente regolate e vincolate, fa sì che lo stanziamento operi. Di fatto come un «fondo», il cui ammontare determina il limite massimo per l’erogazione dei compensi”.

Tutto ciò considerato, è palese che non sussiste nel caso di specie violazione alcuna delle disposizioni contenute nell’art. 3 dell’invocata legge n. 86 del 29/03/2001, in quanto le amministrazioni intimate, con riferimento alle istanza dei ricorrenti, si sono mosse nei limiti della norma di cui hanno fatto corretta applicazione, anche alla luce delle note interpretative contenute nella circolare prima richiamata che si presenta immune dei vizi lamentati, in quanto perfettamente coerente con la legge in funzione della quale è stata emanata.

Non resta pertanto al Collegio che rigettare il ricorso in epigrafe.

Le spese del giudizio, data la natura degli interessi azionati e i rilevati contrasti giurisprudenziali in subiecta materia, possono andare compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Gabriella Guzzardi, Consigliere, Estensore
Agnese Anna Barone, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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L'Amministrazione fa Appello contro la sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 03111/2009
concernente ACCERTAMENTO DIRITTO CORRESPONSIONE LAVORO STRAORDINARIO SVOLTO NELLE GIORNATE DESTINATE A RIPOSO SETTIMANALE ma perde l'Appello.

Ecco qui sotto la sentenza del Consiglio di Stato di ieri 25/02/2013.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

25/02/2013 201301174 Sentenza 4


N. 01174/2013REG.PROV.COLL.
N. 02721/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2721 del 2010, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Regionale Liguria della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
(congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS x questione di spazio - ), rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Betti, con domicilio eletto presso Paolo Panariti in Roma, via Celimontana, 38;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE II n. 03111/2009, resa tra le parti, concernente ACCERTAMENTO DIRITTO CORRESPONSIONE LAVORO STRAORDINARIO SVOLTO NELLE GIORNATE DESTINATE A RIPOSO SETTIMANALE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS x questione di spazio );
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Stefano Betti e Maurizio Greco (avv.St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con l’appello in esame, il Ministero dell’Economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di Finanza, impugna la sentenza 4 novembre 2009 n. 3111, con la quale il TAR per la Liguria, sez. II, ha accolto il ricorso proposto da taluni militari della Guarda di Finanza ed ha accertato il loro diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l’intero orario svolto a far data dal 15 agosto 2002 nelle giornate destinate a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla I ora eccedente le 36 ore settimanali.

La sentenza appellata afferma:

- “per il personale della Guardia di finanza, costituisce lavoro straordinario quello prestato in eccedenza rispetto al normale orario d’obbligo o di servizio”, pari a 36 ore settimanali;

- ai sensi dell’art. 54, co. 3, DPR n. 164/2002, “nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali, le ore dalla prima alla sesta (id est, quelle rese entro la media oraria giornaliera) non possono essere considerate – per ciò solo – straordinario, e che, fermo il doveroso recupero del riposo settimanale o della festività infrasettimanale, la speciale indennità di 5 euro remunera il disagio connesso alla prestazione di un servizio nella giornata destinata al riposo” (ed infatti, ai sensi dell’articolo citato, “l’importo di 5 euro remunera la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero, con ciò lasciando intendere che tale disciplina non incide sul computo dello straordinario, che avviene invece su base settimanale”);

- ne consegue che, fermo il diritto al recupero, laddove la prestazione resa in giorno destinato a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, “concorra, su base settimanale, al superamento delle 36 ore, spetta al personale sia l’indennità di 5 Euro per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore”.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di impugnazione (così ricostruiti in base a quanto esposto dal’amministrazione a pagg. 3-15 app.):

a) error in iudicando, poiché “nulla può essere ulteriormente riconosciuto ai militari in relazione al servizio svolto in giorni di riposo settimanale in quanto già recuperato volta per volta fruendo di una giornata di riposo”, e quindi “nulla può essere dovuto . . . alle controparti che non hanno prestato alcuna ora di lavoro straordinario oltre alle 36 ore di servizio previste per legge”;

b) error in iudicando, in quanto il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile “non potendo aversi una mera condanna su di un an non provato”; poichè i militari non hanno provato il superamento delle 36 ore settimanali, né depositato la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario. Né, infine, essi hanno precisato “in quale servizio e in quale giorno festivo . . . siano stati concretamente impiegati” (e potendosi avere situazioni confliggenti, è dubbia la proponibilità dello stesso ricorso collettivo).

Si sono costituiti in giudizio i militari appellati, come in epigrafe indicati, che hanno concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con ordinanza 28 aprile 2010 n. 1922, questo Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

E’, innanzi tutto, infondato il secondo motivo di appello (sub b) dell’esposizione in fatto), con il quale l’amministrazione appellante ripropone profili di inammissibilità del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Ed infatti, per un verso le posizioni dei militari, tutti tendenti ad ottenere il riconoscimento ai fini economici del lavoro straordinario svolto, non appaiono confliggenti e quindi tali da escludere l’utilizzazione del ricorso collettivo (aspetto che, peraltro, la stessa appellante sottolinea in termini di eventualità); per altro verso, trattandosi, come si è detto, di domanda tendente ad ottenere il riconoscimento di un diritto soggettivo patrimoniale, non appare indispensabile la precisazione delle ore di straordinario svolte o il giorno di svolgimento, né tanto meno l’allegazione dell’atto di autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario, e ciò sia in quanto tale documentazione è senza dubbio in possesso dell’amministrazione – datore di lavoro, sia in quanto è ben possibile richiedere al giudice l’accertamento della sussistenza del diritto (negato dall’amministrazione), rinviando a momenti e a sedi diverse la quantificazione dell’effettivo lavoro straordinario svolto.

Con il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto), l’amministrazione risottopone a questo Giudice la questione della valutabilità (o meno), ai fini della verifica del superamento delle 36 ore settimanali di lavoro ordinario, delle ore di lavoro svolte in giorno destinato a riposo settimanale o festivo infrasettimanale.

Anche questo motivo di appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Come questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di osservare (sez. IV, 8 marzo 2012 n. 1342), in questione analoga riferita al personale dell’amministrazione penitenziaria, “l’indennità . . . sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.

A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato . . . per aver prestato servizio ordinario in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).”

Sulla base di tali considerazioni, la giurisprudenza di questa Sezione ha già affermato che “nessuno dei benefici previsti . . . costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte”.

Da tali conclusioni, non vi è motivo di discostarsi nel caso di specie, posto che appare del tutto chiara l’interpretazione dell’art. 54, co. 3, DPR n. 164/2002, laddove esso afferma che l’importo di 5 euro remunera la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero, con ciò lasciando intendere che tale disciplina non incide sul computo dello straordinario, che avviene invece su base settimanale; di modo che nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali, le ore dalla prima alla sesta (id est, quelle rese entro la media oraria giornaliera) non possono essere considerate – per ciò solo – straordinario.

Tuttavia, qualora tale prestazione, che concorre, su base settimanale, al computo complessivo del lavoro svolto, determina il superamento delle 36 ore, spetta al personale (fermo il diritto al recupero), sia l’indennità di 5 Euro per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore”.

Per le ragioni sin qui espresse, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza (n. 2721/2010 r.g.), lo rigetta, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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per opportuna notizia.
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1) - I ricorrenti affermano che, oltre al normale orario di servizio settimanale, gli stessi vengono sovente assegnati al servizio per interi turni di almeno sei ore anche nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, ricevendo, tuttavia, la sola indennità compensativa di cui all’art. 54, comma 3 del D.P.R. n. 164/2002, nonché all’art. 28, comma 3 del D.P.R. n. 170/2007.

2) - La maggiorazione per lavoro straordinario viene, invece, riconosciuta soltanto per le prestazioni rese oltre la media oraria giornaliera, cioè a partire dalla settima ora di servizio.

3) - Con decorrenza 15.8.2002, l’art. 54, comma 3 del D.P.R. 18.6.2002, n. 164 ( omissis ) ha stabilito che “fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall’amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di € 5,00, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”

4) - i militari hanno, quindi, chiesto la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione del compenso previsto per il lavoro straordinario svolto nel periodo 5.7.2007 - 9.1.2013

IL TAR di Milano scrive:

5) - Invero, i giorni di riposo compensativo corrispondono a giornate sottratte al lavoro e tuttavia ricomprese nella durata complessiva della prestazione lavorativa ordinaria compensata dalla retribuzione contrattuale, in quanto le ore di cui esse si compongono, che sarebbero di lavoro ordinario, diventano di riposo solo perché già lavorate nei giorni precedenti.

6) - Resta fermo che, trattandosi di un vero e proprio diritto posto a tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore e della dignità della persona, il diritto al riposo compensativo non si prescrive né può essere sottoposto a decadenza per effetto di una mera disciplina interna dell’Amministrazione di carattere secondario.

7) - La bontà della impostazione seguita è stata recentemente confermata dalla L. 27.12.2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), la quale, all’art. 1, comma 476, ha stabilito:
- ) - “L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Ricorso respinto.

Cmq. x completezza e la delicatezza dell'argomento leggete il tutto qui sotto.
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14/02/2014 201400469 Sentenza 1


N. 00469/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00358/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 358 del 2013, proposto da:
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS da parte mia – per spazio), tutti rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Maria La Scala, con domicilio eletto presso l’avv. Carmelina Adamo in Milano, via Lamarmora, n. 33

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE - COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA - COMANDO REGIONALE LOMBARDIA DELLA GUARDIA DI FINANZA, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia, n. 1

per l’accertamento:
- del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario regolarmente prestato a decorrere dal 5.7.2007 a tutt’oggi in virtù di ordini formali di servizio nelle giornate destinate a riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla prima ora eccedente le trentasei ore settimanali, previo annullamento del provvedimento prot. n. 0888610/12 del 15/12/2012 dell’Ufficio Amministrazione Sezione Trattamento Economico Contabilità del Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di Finanza; - e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali;

- nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata alla corresponsione della somma dovuta, con interessi legali; in subordine, per il risarcimento dei danni.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2014 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Gli odierni ricorrenti prestano servizio presso i Comandi della Guardia di Finanza. Affermano che, oltre al normale orario di servizio settimanale, gli stessi vengono sovente assegnati al servizio per interi turni di almeno sei ore anche nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, ricevendo, tuttavia, la sola indennità compensativa di cui all’art. 54, comma 3 del D.P.R. n. 164/2002, nonché all’art. 28, comma 3 del D.P.R. n. 170/2007. La maggiorazione per lavoro straordinario viene, invece, riconosciuta soltanto per le prestazioni rese oltre la media oraria giornaliera, cioè a partire dalla settima ora di servizio. Con ricorso depositato in data 14 febbraio 2013, i militari hanno, quindi, chiesto la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione del compenso previsto per il lavoro straordinario svolto nel periodo 5.7.2007 - 9.1.2013, nelle giornate destinate al riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, oltre interessi dalla data di maturazione del credito al soddisfo, in aggiunta alla indennità di cui all'art. 54, cmma 3 del D.P.R. n. 164 del 18.6.2002, ove non corrisposta, e fatto salvo il diritto al recupero dei riposi laddove non goduti; in subordine, chiedono la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno da lesione della dignità di ciascun ricorrente lavoratore, qualora, per il superamento del monte ore assegnato a ciascun Comando non fosse possibile la corresponsione in denaro della prestazione lavorativa eccedente l’orario ordinario di lavoro.

I.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della Economia e delle Finanze, chiedendo il rigetto del ricorso.

I.2. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni rese nella forma redazionale semplificata di cui all’art. 74 c.p.a.

II. Argomentano i ricorrenti che, per il personale della “Guardia di Finanza”, il criterio per valutare se via stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali. Con decorrenza 15.8.2002, l’art. 54, comma 3 del D.P.R. 18.6.2002, n. 164 (recante recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e dello schema di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, relativi al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003) ha stabilito che “fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall’amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di € 5,00, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”. In sostanza, secondo l’interpretazione offerta dai ricorrenti, ciò significherebbe che, nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali, le ore dalla prima alla sesta (cioè quelle rese entro la media oraria giornaliera) non potrebbero essere considerate per ciò solo straordinario, e che, fermo il doveroso recupero del riposo settimanale o della festività infrasettimanale, la speciale indennità di € 5 remunererebbe “la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”, con ciò lasciando intendere che tale disciplina non inciderebbe sul computo dello straordinario, che avviene invece su base settimanale. Ed infatti, il compenso per lavoro straordinario avrebbe un’altra finalità, che è quella di compensare le prestazioni rese oltre le 36 ore settimanali, sul presupposto della maggiore gravosità dell'attività prestata in sovrappiù rispetto al normale orario di lavoro. Ne conseguirebbe che, fermo restando il diritto al recupero, laddove la prestazione resa nei giorni destinati al riposo settimanale o nei giorni festivi infrasettimanali concorra, su base settimanale, al superamento delle 36 ore, spetterebbe al personale sia l’indennità di 5,00 € per l’attività giornaliera prestata, sia il compenso straordinario per tutte le ore eccedenti, su base settimanale, le 36 ore. La fondatezza di tale tesi, si aggiunge, sarebbe evidente sol che si pensi al fatto che la funzione della retribuzione per lavoro straordinario sarebbe quella di ricompensare l'attività lavorativa prestata oltre il normale orario di lavoro, mentre le norme che riguardano il riposo compensativo per la prestazione non dovuta nel giorno destinato al riposo costituirebbero una modalità per consentire al lavoratore, in primo luogo, di ripristinare il proprio equilibrio attraverso il risposo (che deve avvenire entro le due settimane successive) e di risarcire il lavoratore stesso con una sorta di indennizzo, il cui ammontare appare, peraltro, pressoché simbolico (€ 5,00). III. Orbene, ritiene il Collegio che la domanda non sia fondata. Sul punto, l’indirizzo già espresso da questo Tribunale (cfr. Tar Lombardia, sez. III, nn. 7168 e 7173 del 2010, nonché Tar Lombardia, Sez. I, nn. 171 e 1689 del 2013; sia pure con il contrario avviso di Consiglio di Stato nn. 6678 e 6156 del 2012) ha trovato recentemente conferma dal parte del Legislatore con un una norma di interpretazione autentica.

III.1. La presente controversia involge posizioni di diritto soggettivo alla retribuzione ancora devolute, pure a seguito della c.d. “privatizzazione” del pubblico impiego, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in forza della “riserva soggettiva”, avente ad oggetto le controversie di lavoro del personale in regime di diritto pubblico tra cui, per l’appunto, il personale della guardia di finanza (cfr. art. 3 e 63 testo unico n. 165 del 2001).

III.2. I ricorrenti pongono una questione strettamente retributiva, ovvero relativa al contenuto delle contrapposte obbligazioni contrattuali. Deducono, come si è visto, in relazione all’attività svolta il settimo giorno consecutivo, di non avere percepito alcuna maggiorazione retributiva a lavoro straordinario per la prestazione resa, ma soltanto un’indennità supplementare che, a loro dire, avrebbero diritto a percepire cumulativamente alla prima; tutto ciò, a prescindere dal fatto di avere goduto del riposo compensativo in altro giorno.

Sennonché, l’istituto del riposo compensativo attiene al trattamento non economico del lavoro straordinario, costituendo un’espressa alternativa alla monetizzazione della prestazione svolta, come risulta dalle distinte previsioni dedicate, da un lato, al lavoro eccedente l’orario di lavoro e, dall’altro, al servizio prestato nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, per sopravvenute inderogabili esigenze. Deve ribadirsi, sul punto, l’orientamento giurisprudenziale tradizionale secondo cui il lavoro straordinario prestato in eccedenza al “monte ore” non può dare titolo al relativo corrispettivo aggiuntivo qualora la disciplina del rapporto preveda la fruizione di un corrispettivo riposo compensativo (cfr. Cass. 7.6.2011, n. 12318; Cass. 19.5.2004; Cass. n. 9521 e 4.2.2008, n. 2610; Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2007, n. 279; 11 maggio 2007, n. 2266; sez. IV, sentenza 12 maggio 2008 n. 2170; ordinanza sospensiva n. 1922/2010). Il diritto al riposo compensativo, in sostanza, impedisce a monte che lo svolgimento di attività lavorativa in giorni festivi possa comportare un’eccedenza rispetto al limite orario e, quindi, che possa porsi in concreto il problema della corresponsione di retribuzione per ore di lavoro straordinario in relazione alle predette prestazioni lavorative domenicali e festive. Invero, i giorni di riposo compensativo corrispondono a giornate sottratte al lavoro e tuttavia ricomprese nella durata complessiva della prestazione lavorativa ordinaria compensata dalla retribuzione contrattuale, in quanto le ore di cui esse si compongono, che sarebbero di lavoro ordinario, diventano di riposo solo perché già lavorate nei giorni precedenti.

Resta fermo che, trattandosi di un vero e proprio diritto posto a tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore e della dignità della persona, il diritto al riposo compensativo non si prescrive né può essere sottoposto a decadenza per effetto di una mera disciplina interna dell’Amministrazione di carattere secondario. Inoltre, dalla sua precipua funzione trae seco il corollario dell’assoluta inutilità di un’ipotetica assegnazione di un riposo compensativo da usufruire molto tempo dopo lo svolgimento del lavoro straordinario, allorquando il prestatore non avverta più alcuna necessità fisiologica di riprendersi da uno sforzo compiuto in passato (nella specie, ragionevolmente si individua nell’arco di due settimane il periodo massimo entro cui beneficiare del suddetto recupero).

III.3. Con sentenza n. 1689/2013, la Sezione ha affermato che non giova al ricorrente richiamare l’art. 16, 1° comma del D.P.R. n. 164 del 2002, ove si consideri che esso prevede soltanto che l’orario di lavoro è di 36 ore settimanali, non evincendosi da detta norma alcun apparentamento ai fini retributivi tra il lavoro straordinario svolto nei 6 giorni di lavoro, oltre dunque le 36 ore dell’orario della settimana e il servizio svolto in un giorno di riposo, cui deve conseguire a tutela del lavoratore un giorno di recupero. Le circolari GDAP del 2007 e del 2008, che inclinano per l’opposta conclusione, sono dunque prive di base normativa e non possono trovare applicazione ai fini del calcolo delle ore prestate nei giorni festivi e successivamente recuperate, non rinvenendosi nel quadro normativo da applicare alcuna cogente indicazione a compensare il mancato riposo con il parametro retributivo delle ore straordinarie. Anche l’accordo sindacale quadro del 2007, ove si prevede la disciplina del riposo compensativo, non induce a una diversa conclusione, confermando, anzi, la diversità tra le ore di straordinario eccedenti il normale orario di lavoro nei 6 giorni in cui viene normalmente prestato e il servizio aggiuntivo reso nei giorni festivi o in ogni caso di previsto riposo del militare: detto peculiare istituto, infatti, ha palesemente a oggetto non già i giorni festivi in cui i militari abbiano lavorato, ma esclusivamente le ore di straordinario eccedenti quelle giornaliere nell’arco di una settimana e prestate nel mese, per le quali i militari possono rinunciare al compenso a tale titolo maturato per conseguire un ulteriore giorno di riposo, che deve essere fruito entro due mesi dal giorno in cui le prestazioni sono state rese.

III.4. La bontà della impostazione seguita è stata recentemente confermata dalla L. 27.12.2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), la quale, all’art. 1, comma 476, ha stabilito: “L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

IV. In subordine, i ricorrenti chiedono, qualora per il superamento del monte ore assegnato a ciascun Comando non fosse possibile la corresponsione in denaro della prestazione lavorativa eccedente l’orario ordinario di lavoro, la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno da lesione della dignità di ciascun ricorrente lavoratore.

IV.1. Sulla rivendicazione dell’eventuale danno non patrimoniale derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo, occorrono le seguenti preliminari precisazioni. Secondo la giurisprudenza, in particolare, il riposo settimanale, dopo sei giorni consecutivi di lavoro, costituisce un diritto irrinunciabile del dipendente, garantito dagli art. 36, 3° comma, Cost. e 2109 c.c., sicché alla sua perdita corrisponde il diritto del prestatore ad uno specifico compenso, tenuto conto che la qualità del lavoro, ex art. 36 Cost., deve essere valutata anche con riguardo al maggior costo personale che la prestazione comporta per il lavoratore, con la conseguenza che, in caso di lavoro nel 7o giorno, con fruizione di riposo compensativo, il datore di lavoro ha l’obbligo di corrispondere una specifica maggiorazione da considerarsi alla stregua di una retribuzione differenziale (Cass., sez. un., 10.11.1982, n. 5923, in Foro it., 1983, I, 1967; Cass., sez. un., 8.10.1991, n. 10513, in Foro it., 1991, I, 2689). La Consulta ha osservato che deroghe al principio del riposo settimanale dopo sei giorni continuativi di lavoro possono essere previste non solo da norme di legge, ma anche da contratti, sia collettivi sia individuali; le stesse poi sono da considerarsi legittime solo se siano imposte dalla necessità di tutela di interessi apprezzabili, se non venga eluso nel suo complesso il rapporto tra sei giorni di lavoro ed uno di riposo e sempre che non vengano oltrepassati i limiti di ragionevolezza (per tali affermazioni di principio si veda, ex ceteris, Cass. 17 aprile 1996, n. 3634, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 918 ed in Giust. civ., 1996, I, 2938, nonché in Notiziario giurisprudenza lav., 1996, 548; 22 luglio 1995, n. 8014, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 945, per intero in Arch. civ. 1996, 201 e Riv. it. dir. lav., 1996, II, 591).

Nella specie, un compenso aggiuntivo è stato previsto dai sopra menzionati D.P.R. di recepimento degli accordi collettivi. Cosicché, in astratto, i ricorrenti avrebbero potuto chiedere al Giudice di accertare: - se l’accentuato logorio delle energie psico-fisiche, per il lavoro compiuto nel settimo giorno, possa o meno trovare sufficiente ristoro nel riposo compensativo pur successivamente goduto (in forza della nozione di comune e generale esperienza alla cui stregua la protrazione del lavoro cagiona progressivamente una maggiore penosità per il prestatore); - se il quantum della prevista maggiorazione, connessa alla penosità del lavoro svolto nel settimo giorno, sia conforme al principio di proporzionalità di cui all’art. 36 Cost.; - se la previsione contrattuale del trattamento spettante in occasione della prestazione resa nel giorno destinato al riposo settimanale abbia funzione retributivo-corrispettiva o risarcitoria, conseguendo, nel primo caso, la salvezza del diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dal mancato godimento del riposo ed, invece, restando assorbito nel secondo caso tale diritto attraverso la corresponsione di un trattamento integrativo che assorba ogni altra pretesa (cfr Cass. civ., Sez. lav., 17/4/1996, n. 3634; Cass. civ., Sez.lav., 16/7/2002, n. 10324); - del pari, rimane impregiudicato l’eventuale danno del dipendente che abbia prestato il proprio lavoro oltre il normale orario, qualora l’amministrazione di appartenenza non gli abbia consentito di usufruire, entro le due settimane successive all’epoca di intervenuto superamento della soglia della retribuibilità, dei necessari periodi di recupero psico-fisico.

IV.2. Tanto premesso, la domanda risarcitoria proposta è inammissibile per manifesta carenza delle allegazioni, le quali si riducono alla mera richiesta risarcitoria per “lesione della dignità”, contenuta tra l’altro nelle sole conclusioni del ricorso. Sennonché, gli artt. 1218 e 1223 c.c. distinguono in modo chiaro tra l’inadempimento (ossia la lesione) e la perdita (solo eventuale). Un limite strutturale del nostro sistema di responsabilità afferisce proprio all’oggetto del risarcimento, che non può consistere se non in una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva dal momento che l’evento, il fatto materiale e naturalistico, quale effetto del comportamento ingiusto, non può avere alcuna rilevanza autonoma. Il danno alla persona (sia esso biologico, emotivo e interiore, ovvero attinente alle variazione delle scelte di vita), che ne consegue, al pari di ogni danno ingiusto, è risarcibile soltanto come pregiudizio effettivamente conseguente ad una lesione. E’ sempre necessaria la prova ulteriore dell’entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdita di tipo analogo a quello indicato dall’art. 1223 c.c., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale), alla quale il risarcimento deve essere equitativamente commisurato; non è possibile da parte di chi lo invoca il mero utilizzo di formule standardizzate occorrendo, invece, l’allegazione e la prova di concrete circostanze comprovanti l’alterazione delle abitudini di vita. Nel caso che ci occupa, le allegazioni contenute in ricorso sono del tutto insufficienti anche soltanto a “rappresentare” (mediante il ricorso alla prova critica) l’esistenza di un pregiudizio di natura emotiva e interiore ovvero provocato sul fare a-reddituale del soggetto, che abbia alterato le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

V. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attese le oscillazioni giurisprudenziali sulla specifica questione.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sez. I), definitivamente pronunciando:
rigetta il ricorso e compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Altro ricorso respinto ma con diverso legale.

Ecco gli estremi per gli interessati.
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14/02/2014 201400468 Sentenza 1

N. 00468/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01915/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1915 del 2012, proposto da:

(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS - ), tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Catapano e Tommaso Civitelli, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Milano, via San Barnaba, n. 30

contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia, n. 1

per l’accertamento del diritto alla corresponsione del compenso straordinario per l’intero orario di lavoro nelle giornate destinate al riposo settimanale o festivo infrasettimanale.

OMISSIS

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, premesso di essere tutti appartenenti al Corpo Militare della "Guardia di Finanza", con sede in Milano, presso il Comando Regionale della “Guardia di Finanza”, deducono:

OMISSIS

Tanto premesso, con il presente ricorso gli istanti chiedono che venga dichiarato il loro diritto a percepire il compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio maggio 2006/maggio 2012 o, in alternativa, nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo settimanale e nelle giornate festive infrasettimanali, oltre le 36 ore, nonché la condanna dell’Amministrazione a corrispondere le relative somme.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sez. I), definitivamente pronunciando:
rigetta il ricorso e compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario


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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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diniego corresponsione compenso forfettario d'impiego - ex art. 3 L. 86/01
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Il M.E.F. e il C.G. della GdiF perdono l'Appello in Sicilia.

Infatti confermando la sentenza del TAR di Palermo il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA ribadisce:

1) - Con la recente decisione n. 1510 del 2010 ( alle cui motivazioni si fa rinvio in omaggio ad esigenze di sinteticità) questo Consiglio ha chiarito le ragioni in base alle quali che la normativa di settore impone all’Amministrazione di corrispondere comunque ai militari impegnati in operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina il c.d compenso forfettario d'impiego previsto dall'art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86., anche in caso di carenza delle risorse assegnate.

Il resto leggetelo qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------------------------

04/02/2014 201400045 Sentenza 1


N. 00045/2014REG.PROV.COLL.
N. 00012/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12 del 2013, proposto da:
Ministero Economia e Finanze - Comando Gen.le G.D.F. , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi 81;

contro
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS - ), rappresentati e difesi dall'avv. Antonino Sugamele, con domicilio eletto presso Vincenzo Di Lorenzo in Palermo, via Nicolo' Turrisi N. 38 B; Reina Carlo R.;

per la riforma
della sentenza del TAR SICILIA - PALERMO : Sezione I n. 00945/2012, resa tra le parti, concernente diniego corresponsione compenso forfettario d'impiego - ex art. 3 l. 86/01

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Caserta, l'avv. C. Briguglio su delega dell'avv. A. Sugamele;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Ministero dell’Economia ha impugnato la sentenza breve in epigrafe indicata con la quale il Tribunale ha riconosciuto il diritto dei ricorrenti ( militari della Guardia di Finanza impegnati in Lampedusa in operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina) a percepire il c.d. compenso forfettario previsto dall'art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86, anche se il limite delle risorse assegnate all'Amministrazione sia superato per imprescindibili esigenze di servizio.

Si sono costituiti i militari intimati, chiedendo il rigetto dell’appello.

All’Udienza del 19 giugno 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’appello non è fondato.

Nonostante l’autorevolezza dei precedenti richiamati dall’appellante, il Collegio non intende infatti discostarsi dalla ormai consolidata elaborazione giurisprudenziale di questo Consiglio di Giustizia in tema di corresponsione ai militari della Guardia di finanza impegnati in operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina del c.d. compenso forfettario d'impiego previsto dall'art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86.

Con la recente decisione n. 1510 del 2010 ( alle cui motivazioni si fa rinvio in omaggio ad esigenze di sinteticità) questo Consiglio ha chiarito le ragioni in base alle quali che la normativa di settore impone all’Amministrazione di corrispondere comunque ai militari impegnati in operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina il c.d compenso forfettario d'impiego previsto dall'art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86., anche in caso di carenza delle risorse assegnate.

D’altra parte in precedenza questo Consiglio aveva già precisato che l’art. 3 L. 29 marzo 2001 n. 86, a norma del quale al personale militare della Guardia di finanza impegnato in operazioni caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre l'orario normale di lavoro è riconosciuta un'indennità sostitutiva del compenso per lavoro straordinario e del recupero compensativo, va interpretato nel senso che lo svolgimento del detto servizio è condizione necessaria e sufficiente per la corresponsione dell'indennità, a prescindere dalla concertazione prevista dallo stesso art. 3. ( cfr. C.G.A. nn. 524 del 2009 e 734 del 2008).

Sulla base di tali precedenti le ampie e del tutto esaurienti considerazioni svolte nella sentenza impugnata meritano integrale conferma, con conseguente rigetto dell’appello.

Le richiamate oscillazioni giurisprudenziali consigliano di compensare tra le Parti spese e onorari di questo grado del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di questo grado del giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere, Estensore
Silvia La Guardia, Consigliere
Pietro Ciani, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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compenso forfetario di impiego ( o CFI)

Il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza hanno avuto ragione al Consiglio di Stato.

Il resto leggetelo qui sotto.
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04/03/2014 201401015 Sentenza 4

N. 01015/2014REG.PROV.COLL.
N. 07543/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso in appello n. 7543 del 2013, proposto dal
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

contro
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. Nicola Mancuso, ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, via Oslavia n. 14, come da mandato a margine del ricorso introduttivo e procure speciali allegate;

(altri nominativi – OMISSIS), non costituiti in giudizio.

per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione seconda, n.. 354 del 21 febbraio 2013, resa tra le parti e concernente il diniego di corresponsione del trattamento del compenso forfetario di impiego;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti l’avvocato Mancuso e l'avvocato dello Stato Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 7543 del 2013, il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione seconda, n.. 354 del 21 febbraio 2013 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da OMISSIS per l'annullamento del provvedimento n. 0097374/10 del 21.6.2010 del Centro navale della guardia di finanza di Formia, notificato a mezzo posta in data 29.6.2010, con il quale il predetto Comando rigettava la richiesta di corresponsione del CFI per i militari istanti, oggi ricorrenti, assumendo che gli stessi avrebbero beneficiato per i servizi indicati nel’istanza 241/90 del compenso per lavoro straordinario ovvero del riposo compensativo; della circolare n. 279000 emessa in data 26.8.2004 dal Comando generale della guardia di finanza – Ufficio del sottocapo di stato maggiore e affari generali; di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e/o consequenziali; nonché per l’accertamento del diritto dei ricorrenti al pagamento del compenso forfetario di impiego per i servizi espletati e per la conseguente condanna delle amministrazioni intimate al pagamento in favore dei ricorrenti della somma dovuta ed accertata in giudizio, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione del diritto e sino al soddisfo, con esclusione del cumulo con altra indennità eventualmente erogata e con essa incompatibile.

Dinanzi al giudice di prime cure, i ricorrenti premettevano di essere militari della guardia di finanza, in servizio presso la sede di Imperia e riferivano di aver partecipato alle attività di contrasto all’immigrazione clandestina svoltesi nella zona marina di Lampedusa nel 2009 e nel 2010 e di aver chiesto, con istanza del 22 aprile 2010, la corresponsione dell’indennità sostituiva prevista dall’art. 3 della legge 29 marzo 2001, n. 86.

Detta istanza veniva respinta con il provvedimento del 21 giugno 2010 meglio indicato in epigrafe, essenzialmente motivato con riferimento all’intervenuto esaurimento delle risorse finanziarie destinate alla corresponsione di questo tipo di spettanze, con la precisazione che il personale interessato avrebbe comunque fruito della retribuzione per lavoro straordinario ovvero di giornate di riposo compensativo.
Tale determinazione è stata ritualmente impugnata con il ricorso di prime cure, con cui gli esponenti agiscono anche per l’accertamento del diritto a percepire le indennità ex art. 3, l. 86/2001 e per la conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle indennità medesime, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria.

Costituitosi il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando generale della Guardia di finanza, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla violazione del principio di correlazione tra prestazione di un’attività lavorativa e preventiva fissazione della retribuzione spettante.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione al rispetto della normativa vigente in merito di impiego del personale militare e delle spettanze a loro dovute.

Nel giudizio di appello, si è costituivano OMISSIS, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 12 novembre 2013, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 4468/2013.

Alla pubblica udienza del 4 febbraio 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - La questione in esame riguarda la pretesa all’indennità sostitutiva prevista dall’art. 3 della legge 29 marzo 2001, n. 86 (cd. “compenso forfetario di impiego”) per le attività di contrasto all’immigrazione clandestina svolte nella zona di Lampedusa nel 2009 e nel 2010.

2.1. - Il complesso disciplinare è ricostruibile secondo due diverse direttrici.

In primo luogo, in merito ai presupposti applicativi, la norma, al comma 1 dell’art. 3 prevede che “il personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica impegnato in esercitazioni od in operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro, non è assoggettato, durante i predetti periodi di impiego, alle vigenti disposizioni in materia di orario di lavoro ed ai connessi istituti, a condizione che le predette attività si protraggano senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore”. L’ambito di applicazione è esteso, giusta la previsione di cui al capoverso dell’art. 3, “al personale dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza che, per l'assolvimento dei compiti istituzionali di carattere militare, è impiegato nelle attività di cui al medesimo comma 1”.

In secondo, relativo ai profili indennitari, si prevede, al comma 5, che al personale di cui sopra venga “attribuita, per i giorni di effettivo impiego, una indennità sostitutiva del compenso per il lavoro straordinario e del recupero compensativo da definire attraverso le procedure di concertazione di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse ad essa assegnate ed in particolare nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 7, comma 10, quarto e quinto periodo, del medesimo decreto legislativo”.

L’amministrazione ha negato la corresponsione del compenso forfetario di impiego agli attuali appellati in riferimento all’esaurimento delle risorse finanziarie stanziate allo scopo.

Il T.A.R., superata la censura sulla violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 (doglianza non riproposta in grado di appello) ha ritenuto fondata la doglianza per violazione della norma primaria che disegna la disciplina di questa componente della retribuzione in quanto, sussistendo tutti i presupposti previsti dalla legge, l’erogazione delle indennità in questione non potrebbe essere legittimamente denegata a causa dell’insufficienza dei fondi a ciò destinati, limitando peraltro il dovere dell’amministrazione di corrispondere il compenso per un periodo inferiore alla iniziale richiesta.

Il primo giudice ha infatti notato come, la richiesta di pagamento presentata a suo tempo dagli esponenti concerneva attività svolte in periodi diversi del 2009 e, nel caso di sei militari, anche del 2010, precisamente dal 27 gennaio al 7 febbraio di tale anno. Tuttavia, in merito a queste ultime attività, ha considerato fondata l’eccezione dell’amministrazione procedente sulla non riconducibilità delle missioni effettuate nell’anno 2010 allo scenario tattico di Lampedusa e la consequenziale corretta liquidazione, eccezione non contestata dai ricorrenti, con pretesa non riproposta formalmente in secondo grado.
Ne deriva che l’ambito decisionale deve rimanere confinato al nucleo più consistente di attività, ossia quelle svolte nel 2009 ed in periodi diversi di tale anno, su cui si è quindi espresso il primo giudice.

2.2. - Venendo quindi al tema giuridico, deve essere vagliata la consistenza della posizione dell’amministrazione che ha ritenuto di non poter corrispondere somme a titolo di compenso forfetario d'impiego nel caso di incapienza dello stanziamento annuale dei relativi fondi, dove invece il T.A.R. ha ritenuto che l’esaurimento dei fondi non costituisca legittima giustificazione del diniego di pagamento, non potendosi applicare gli istituti del compenso per lavoro straordinario e del ricupero compensativo.

Il primo giudice si è fondato su un orientamento espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (sentenza n. 1510 del 20 dicembre 2010) che ha ritenuto come le operazioni che danno luogo all’erogazione del compenso forfetario, previste dal citato comma 1 dell’art. 3 della legge n. 86 del 2001, non si prestino, per la loro natura e per le esigenze del servizio, alla coerente applicazione di riposi compensativi, che possono e debbono intervenire non oltre una certa distanza di tempo dalla prestazione dell’attività lavorativa, e non possono essere equiparate, per le loro peculiari caratteristiche, al semplice lavoro straordinario: in considerazione di tali peculiarità, il legislatore ha voluto eliminare in radice ogni possibilità di commistione fra i diversi istituti, imprimendo carattere di assoluta priorità alla speciale refusione economica costituita dal compenso forfetario. Pertanto, in relazione all’invalicabilità del limite date dalle risorse assegnate, ha ritenuto che si tratti di un limite che non tocchi militari chiamati all’espletamento del servizio, ma i comandi e gli organismi da cui essi dipendono e che sono, per l’effetto, chiamati a disporre le attività operative nei limiti delle risorse concretamente assegnate.

La Sezione ritiene di non condividere tale posizione, riaffermando il proprio orientamento, già espresso con la successiva sentenza n. 6855 del 27 dicembre 2011, dove si è fatto riferimento diretto alla lineare impostazione legislativa al tema.

Come sopra riferito, il comma 5 dell’art. 3 legge n. 86 del 2001 chiaramente definisce la natura “sostitutiva”, rispetto al compenso dovuto per il lavoro straordinario e al recupero compensativo, entrambi specificamente menzionati, della indennità in questione e ne delimita la portata nell’ambito delle “risorse ad essa assegnate” e comunque nel rispetto delle disposizioni richiamate.

Pertanto, la ricostruzione operata nella sentenza condivisa dal primo giudice (dove si legge una condivisibile ricostruzione della funzione dell’indennità compensativa, intesa come “metodica retributiva nella quale sono assorbiti sia la remunerazione per il lavoro straordinario effettuato, peraltro in campo operativo, sia il connesso recupero” ma traspare anche un dato temporale per il recupero che non emerge dalla disciplina in discorso) trascura tuttavia l’espressa clausola di rispetto della capienza finanziaria e postula quindi una lettura del tutto parziale della disciplina di legge.

La natura sostitutiva del compenso forfetario, rispetto al compenso dovuto per il lavoro straordinario e al ricupero compensativo e il suo limite, dato dalla sua utilizzabilità “nell'ambito delle risorse” assegnate all’amministrazione, si apprezza appunto quando può esplicare tale funzione, e non quando se ne attribuisce una valenza assorbente e predominante, che snatura la ratio stessa dell’indennità, appunto succedanea e non principale.

Va così esclusa, in caso di incapienza dello stanziamento annuale dei fondi, la possibilità di corrispondere somme a titolo di compenso forfettario d’impiego oltre detto stanziamento, dovendosi invece, in tale situazione, applicare gli istituti del compenso per lavoro straordinario e del recupero compensativo, a loro volta diversamente disciplinati in quanto l’erogazione del compenso per lavoro straordinario è subordinata all’esistenza di risorse appositamente assegnate, dovendosi, altrimenti e ancora una volta, ricorrere all’alternativo recupero compensativo.

Si è qui di fronte a modalità alternative di remunerazione della prestazione fornita, come espressamente previsto dalla norma primaria, che peraltro le gradua secondo un ordine successivo di rilevanza, e non può essere invocato, come invece ha fatto il primo giudice, una pretesa non conformità ai canoni di correttezza dell’azione amministrativa, atteso che è la stessa legge che stabilisce le modalità con cui deve essere retribuito il servizio particolare prestato.

Pertanto, la Sezione continua a evidenziare la correttezza della propria posizione in quanto conforme al disposto di legge, e non già in quanto assunta in relazione ad una vicenda particolare, come afferma il T.A.R. al fine di giustificare il distacco dalla giurisprudenza di questo Consiglio. Il fatto che, nell’ambito della sentenza n. 6855 del 2011 si fosse valorizzato il comportamento dell’amministrazione che aveva preventivamente preso atto dell'insufficienza dei fondi annuali destinati alla corresponsione dei compensi forfetari e le aveva suddivise nell’arco dell’anno al fine di ottimizzare la gestione delle somme disponibili, non incide sulla correttezza della situazione qui ribadita, che si regge su una lettura piana della norma.
Al contrario, argomentando come fa al T.A.R., che cade in una fallacia di accidente converso, si verrebbe ad imporre all’amministrazione un onere aggiuntivo, ossia quello di individuare limiti e durata di una situazione di emergenza, travalicando le competenze proprie e assumendosi oneri previsionali di spiccato rango governativo.

3. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 7543 del 2013 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sezione seconda, n.. 354 del 21 febbraio 2013, respinge il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Marzio Branca, Presidente FF
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 04/03/2014
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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Anche il Tar di Lecce respinge questi ricorsi.

1) - corresponsione del compenso per prestazioni orarie aggiuntive svolte in giornata destinata al riposo settimanale ovvero festiva infrasettimanale.

2) - norma di interpretazione autentica (art 1, co. 476, l. 147/2013, legge di stabilità per il 2014)

Il resto leggete qui sotto.
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06/05/2014 201401159 Sentenza 2


N. 01159/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00464/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 464 del 2013, proposto da:
G. G., rappresentato e difeso dall'avv. E. C., con domicilio eletto presso la Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23;

per l'annullamento
- del provvedimento del 30 agosto 2012, prot. n. 0139903/12, con cui il Reparto tecnico logistico amministrativo Navale Guardia di Finanza - Uff. amm.ne – Sez. trattamento economico ha disposto che l'istanza volta alla corresponsione del compenso per prestazioni orarie aggiuntive svolte in giornata destinata al riposo settimanale ovvero festiva infrasettimanale non può essere accolta;

per l'accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente alla corresponsione del compenso spettante per ogni periodo di servizio svolto durante l'ultimo quinquennio per ore di straordinario effettuate e non pagate, eccedenti le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, con rivalutazione monetaria secondo indice ISTAT e interessi legali sulle somme rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2014 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori avv. B. M., in sostituzione dell'avv. E. C., per il ricorrente e l’avv. dello Stato S. Colangelo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso in data 14 novembre 2012 il sig. G…, militare della Guardia di Finanza, impugnava, al TAR del Lazio, il provvedimento n. 0139903/12 con cu il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Navale della Guardia di Finanza respingeva l’istanza volta alla corresponsione del compenso asseritamente spettantegli per prestazioni orarie aggiuntive svolte in giornate destinate a riposo settimanale ovvero a festività infrasettimanale.

Con ordinanza n. 213/2013 il Tar Lazio - Sez. di Latina - dichiarava la propria incompetenza territoriale, indicando la competenza del Tar Puglia - sede di Lecce, presso il quale la causa è stata riassunta nei termini di legge.

Il ricorso concerne la richiesta del ricorrente di percepire la retribuzione corrispettiva per le ore di lavoro prestate oltre il limite delle normali ore settimanali ed in giornate di riposo festivo, nell'ultimo quinquennio in applicazione del DPR n.164/2002.

Secondo il ricorrente, lo stesso avrebbe diritto ad avere corrisposta la retribuzione per le ore di lavoro svolte nelle giornate di riposo festivo fino alla concorrenza della somma massima erogabile ai sensi dell’art. 63 della L. 121/81, recante disposizioni sull'ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, che recita "quando le esigenze lo richiedono, gli ufficiali, gli agenti di pubblica sicurezza e il personale che svolge la propria attività nell'ambito dell'amministrazione medesima sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all'orario normale, con diritto a compenso per il lavoro straordinario".

Sostiene parte ricorrente che il diniego di corrispondere il pagamento dello straordinario sarebbe palesemente illegittimo in quanto contrario all'art. 36 della Costituzione che stabilisce che il lavoratore ha diritto alla giusta retribuzione, considerato che un corrispettivo pari a soli pochi euro, previsto come indennità per il lavoro prestato nei giorni di riposo, non può in alcun caso essere considerato minimamente compensativo della perdita del riposo settimanale.

Parimenti un tale comportamento sarebbe lesivo del buon andamento della P.A., disincentivando e/o demotivando il personale de quo costretto a prestare servizio, in una giornata festiva o che era stata pianificata come riposo, senza un riconoscimento economico commisurato al nocumento arrecato all'organizzazione della propria vita privata.

Si è costituita l’amministrazione resistente chiedendo la reiezione del ricorso sostenendo che la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all'orario settimanale normale darebbe diritto al riposo compensativo e all'indennità giornaliera, non anche al compenso per lavoro straordinario.

L'amministrazione suddetta ritiene che solo le ore prestate oltre la media giornaliera (di 6 ore) vadano computate ai fini dello straordinario.

In considerazione dei dubbi ermeneutici scaturiti dall’applicazione della normativa di riferimento, testimoniati da diverse linee interpretative seguite dalla giurisprudenza amministrativa nonché dai diversi orientamenti delle diverse amministrazioni competenti per l’applicazione della stessa, sulla questione che forma oggetto del presente giudizio è di recente intervenuto il legislatore statuendo - con norma di interpretazione autentica (art 1, co. 476, l. 147/2013, legge di stabilità per il 2014) - che: “L'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Alla luce di tale intervento interpretativo il ricorso non merita accoglimento.

Non sussiste, inoltre, la prospettata lesione dell’art. 36 Cost., avendo la Corte Costituzionale (sentenze n. 310 del 2013, n. 120 del 2012 e n. 287 del 2006) più volte chiarito che, allo scopo di verificare la legittimità delle norme in tema di trattamento economico dei dipendenti, occorre far riferimento non già alle singole componenti di quel trattamento, ma alla retribuzione nel suo complesso, dovendosi avere riguardo – in sede di giudizio di non conformità della retribuzione ai requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza – al principio di onnicomprensività della retribuzione medesima.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso è da ritenersi infondato e va, pertanto, respinto. Le spese di giudizio possono, tuttavia, essere compensate fra le parti, attesa la problematicità delle questioni trattate.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere
Mario Gabriele Perpetuini, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Ore lavoro straordinario e impiego a riposo settimanale

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Per notizia agli interessati.
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04/11/2014 201401523 Sentenza 2


N. 01523/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00588/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 588 del 2014, proposto da:
Francesco Miraglia, Francesco Milia, Rino Pagano, Renzo Mura, Giuseppe Gianluca Di Stefano, Andrea Bonamano, Berardino Camerlengo, Bernardo Tanca, Dario Nuccio, Giuseppe Chiavarone, Luca Grillo, Giuseppe Viscione, Angelo Alberico, Nicola Iadecola, Stefano Maggi, Giorgio Colasanti, rappresentati e difesi dall'avv. Stefano Betti, con domicilio eletto presso Stefano Betti in Genova, p.za Portello, 1/2 Sc. B;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Regionale della Guardia di Finanza, Reparto T.L.A. Liguria Genova, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;

per l'ottemperanza
ottemperanza sentenza n. 3111/2009 tar liguria - sez. ii (confermata con sentenza n. 1174/2013 del c.d.s. - sez. iv)

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Regionale della Guardia di Finanza, Reparto T.L.A. Liguria Genova;
Viste le memorie difensive;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato il 17\6\2014, i ricorrenti, come in epigrafe indicati, chiedono l’ottemperanza alla sentenza di questo tribunale (sez. II n.3111\2009) depositata il 4\11\2009 e confermata con sentenza del Consiglio di Stato sez. IV n.1174\2013, depositata il 25\2\2013.

Nella sentenza citata il TAR Liguria ha riconosciuto ai ricorrenti, dipendenti del Corpo della Guardia di Finanza, la corresponsione del compenso straordinario per l’intero orario svolto a far data dal 15\8\2002 nelle giornate destinate al riposo settimanale o festivo infrasettimanale, a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali.

L’amministrazione con provvedimenti tutti datati 3\4\2014 ha assicurato una esecuzione della sentenza nei limiti dei fondi assegnati alla Guardia di Finanza, per una percentuale di circa il 38% delle ore effettivamente lavorate in giornata di riposo settimanale o festiva infrasettimanale.

Per le rimanenti ore i provvedimenti del’aprile di quest’anno prevedono la fruizione da parte dei militari interessati, di riposi compensativi secondo le modalità ivi indicate e fino alla data del 31\12\2018.

I provvedimenti del 3\4\2014, nella parte in cui sostituiscono l’obbligo di pagamento delle ore straordinarie maturate nel periodo considerato dalla sentenza passata in giudicato, in riposi compensativi, vanno annullati perché emessi in patente violazione della sentenza da ottemperare.

Va innanzitutto rilevato che la sentenza non contempla una modalità alternativa di pagamento delle ore di straordinario effettuate dai militari.

Inoltre i DPR (n.164\2002 e n.170\2007) che si sono succeduti nel periodo considerato dalla sentenza (2002-2007) prevedevano sì la facoltà di recuperare le ore di straordinario con riposi compensativi ma soltanto entro il 31\12\ dell’anno successivo alle prestazioni eseguite, si tratta quindi di disposizione non applicabile comunque alla situazione considerata dalla sentenza da ottemperare.

Ne deriva la illegittimità della previsione contenuta negli atti del 3\4\2014 che vanno annullati in quanto elusivi del giudicato da ottemperare.

Ciò posto, il Tribunale Ordina al Ministero dell’Economia e delle Finanze di procedere all’esecuzione integrale della sentenza del TAR Liguria II sez. n.3111\2009 provvedendo, entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza al pagamento delle somme ancora dovute nella misura del 62% per le ore di straordinario effettuate nelle giornate di riposo settimanale o festive infrasettimanale a decorrere dalla prima ora eccedente le 36 ore settimanali, a far data dal 15\8\2002.

Sussistono altresì i presupposti per la nomina di un commissario ad acta, nel caso di ulteriore inadempimento dell’Amministrazione oltre il termine assegnato per l’ottemperanza, il quale provvederà in luogo dell’amministrazione, alla quale faranno capo i relativi oneri, nella misura indicata in dispositivo.

Le spese seguono la soccombenza.


P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda) accoglie il ricorso e per l’effetto:

1)-Annulla gli atti indicati in epigrafe tutti datati 3\4\2014, emessi in violazione del giudicato della sentenza Tar Liguria II n.3111\2009;

2)-Ordina al Ministero dell’Economia e delle Finanze di ottemperare alla sentenza Tar Liguria, sez. II n.3111\2009 nel termine di 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza;

3)-Condanna conseguentemente il Ministero a pagare le somme ancora dovute nella misura del 62% in base alla sentenza n.3111\2009, confermata dal CdS IV n.1174\2013, delle ore di straordinario effettuate dai ricorrenti a far data dal 15\8\2002 nelle giornate destinate a riposo settimanale o festivo infrasettimanale.

4)-Ordina al Ministero intimato il pagamento delle spese di lite del presente giudizio, quantificate nella misura di €.1000 (mille) oltre agli accessori di legge.

5)-Per il caso di ulteriore inottemperanza oltre il termine fissato, nomina fin d’ora, quale commissario ad acta, il Capo di gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze o un funzionario suo delegato che provvederà in luogo dell’amministrazione.

Qualora si rendesse necessaria l’opera del commissario ad acta, liquida in €.1000 (mille) il suo compenso, a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere, Estensore
Richard Goso, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 04/11/2014
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