Riammissione in servizio, militare cessato dal s.p. a domand

Feed - ESERCITO

Rispondi
panorama
Staff Moderatori
Staff Moderatori
Messaggi: 12873
Iscritto il: mer feb 24, 2010 3:23 pm

Riammissione in servizio, militare cessato dal s.p. a domand

Messaggio da panorama »

1) - il ricorrente fa presente di aver svolto il suo servizio nell’Esercito Italiano come militare di truppa in ferma volontaria fino a quando fu collocato in congedo ed inserito nella riserva.

2) - In data 4 novembre 2006 il ricorrente notificava al Ministero della Difesa una istanza-diffida per la sua riammissione in servizio ex art. 132 del D.P.R. 3/1957.

3) - Con il provvedimento impugnato il Ministero della Difesa ha negato il diritto del ricorrente alla richiesta riammissione in servizio.

4) - L’istanza di riammissione in servizio del ricorrente è stata respinta dall’Amministrazione della Difesa nella considerazione che non esiste nell’ordinamento una norma che consenta la riammissione in sevizio di un militare che si sia dimesso volontariamente e che l’art. 132 de T.U n. 3/1957 non è estensibile al personale militare.

IL TAR LAZIO precisa:

5) - la questione di costituzionalità della norma de qua è stata già sottoposta allo scrutinio della Corte Costituzionale, con riferimento al caso di riammissione in servizio di un Ufficiale dell’Esercito, con ordinanza T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 12 maggio 2004 , n. 4315.

6) - La Corte, però, con sentenza n.430 del 25/11/2005, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale ex art. 3 e 97 Cost. dell’art. 43 , comma 2, della L. del 10.04.1954 n. 113 (Stato degli Ufficiali delle Forze Armate in servizio permanente), rinvenendo la ratio della mancata previsione di riammissione in servizio “nel particolare status dell’ufficiale in servizio permanente, per il quale il legislatore prevede peculiari forme di selezione attitudinale, di addestramento e di formazione professionale, in connessione con i compiti che la Repubblica assegna alle Forze Armate (la difesa dello Stato; l’operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte; il concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni; il soccorso in circostanza di pubblica calamità ed in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza: art. 1 della L. del 14.11.2000 n. 331)”. Particolare status connesso, quindi, ai compiti assegnati dalla Repubblica agli appartenenti alle Forze Armate in modo unitario, a tutti ed a ciascuno, senza distinzioni in grado, come si evince chiaramente dalla lettera della motivazione addotta.

7) - Manifestamente infondata è dunque l’eccezione di incostituzionalità formulata dal ricorrente.

Ricorso RESPINTO.

Per completezza leggete il tutto qui sotto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

09/07/2013 201306787 Sentenza 1B


N. 06787/2013 REG.PROV.COLL.
N. 10127/2008 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10127/2008, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Alfonso Olla, con domicilio eletto presso Fabrizio Gallo in Roma, via Calabria 17;

contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'accertamento del suo diritto alla
riammissione in servizio nell’Esercito Italiano

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il dott. Domenico Landi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con atto depositato il 7 novembre 2008, il Sig. OMISSIS ha proposto ricorso per l’accertamento del suo diritto alla riammissione in servizio nell’Esercito Italiano, previa declaratoria dell’illegittimità del silenzio inadempimento del Ministero della Difesa sulla sua istanza di riammissione in servizio.

Il ricorrente fa presente di aver svolto il suo servizio nell’Esercito Italiano come militare di truppa in ferma volontaria fino a quando fu collocato in congedo ed inserito nella riserva.

In data 4 novembre 2006 il ricorrente notificava al Ministero della Difesa una istanza-diffida per la sua riammissione in servizio ex art. 132 del D.P.R. 3/1957.

Con il provvedimento impugnato il Ministero della Difesa ha negato il diritto del ricorrente alla richiesta riammissione in servizio.

Con il presente atto il ricorrente contesta la legittimità del disposto diniego, sostenendo, in buona sostanza, che, mancando una specifica previsione normativa per i militari, dovrebbe essere applicata nel suo caso la normativa specifica per la riammissione in servizio prevista per l’Arma dei Carabinieri e per la Guardia di Finanza mediante l’applicazione dei principi costituzionali (art. 3 e 97 Costituzione) nonché attraverso l’interpretazione sistematica della normativa esistente per situazioni analoghe.

Solleva, infine, questione di legittimità costituzionale della normativa esistente che non consente al personale militare la riammissione in servizio.

L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 26 marzo 2013 la causa è passata in decisione.

Il ricorso non si appalesa fondato.

L’istanza di riammissione in servizio del ricorrente è stata respinta dall’Amministrazione della Difesa nella considerazione che non esiste nell’ordinamento una norma che consenta la riammissione in sevizio di un militare che si sia dimesso volontariamente e che l’art. 132 de T.U n. 3/1957 non è estensibile al personale militare.

Detta norma dispone: “l’impiegato…cessato dal servizio per dimissioni…può essere riammesso in servizio, sentito il parere del Consiglio di Amministrazione…l’impiegato riammesso è collocato nel ruolo e nella qualifica cui apparteneva al momento della cessazione del servizio, con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa dalla data del provvedimento di riassunzione. La riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto”.

Ed in relazione a tale formulazione, la motivazione del provvedimento impugnato si appalesa ineccepibile.
Esaminando la normativa vigente per il personale militare, si rileva tra l’altro, che lo stato giuridico dei sottufficiali delle Forze Armate è regolato, infatti, da una disciplina speciale contenuta nella L. 31.07.1954 n. 599 (Stato dei sottufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica) con norme che, pertanto, derogano a quelle poste per la generalità degli impiegati dello Stato.

Dall’esame di tale speciale normativa, si evince che la riammissione in servizio è possibile esclusivamente per un caso particolare ed a determinate condizioni. Infatti, l’art. 31, comma 3 della stessa la prevede solo per “l’ipotesi di riacquisto della idoneità fisica al servizio militare incondizionato, a seguito di lesioni o infermità riportate o aggravate per causa di servizio, di guerra o attinente alla guerra”. La riammissione, in tal caso, è ammessa solo qualora, “alla data del relativo accertamento sanitario seguito dal giudizio positivo, non siano trascorsi più di due anni dalla cessazione del servizio permanente o dal collocamento in aspettativa seguito dalla cessazione dal servizio permanente”.

Inoltre, ad avviso del Collegio, è utile richiamare anche un’altra disciplina speciale, quella contenuta nel D. Lgs. del 12.05.1995 n. 198 (Decreto per il riordino dei ruolo nell’Arma dei Carabinieri) che, all’art. 8, dopo aver dettato precisi limiti di età per la riammissione in servizio degli appartenenti all’Arma dei Carabinieri, chiarisce inoltre che “tali disposizioni non si applicano al personale comunque cessato dal servizio permanente”.

E’ evidente, dalla lettura delle norme sopra richiamate, che il principio generale della riammissione in servizio, posto per il rapporto di pubblico impiego dall’art. 132 del D.P.R. del 10.01.1957 n. 3, non è applicabile ai rapporti di impiego del personale militare, i quali sono disciplinati da una normativa speciale.
Tale differente trattamento, che il personale militare riceve rispetto a quello delle altre Pubbliche Amministrazioni non è, ad avviso del Collegio, inficiato dal vizio di costituzionalità denunciato dal ricorrente.

Invero, la questione di costituzionalità della norma de qua è stata già sottoposta allo scrutinio della Corte Costituzionale, con riferimento al caso di riammissione in servizio di un Ufficiale dell’Esercito, con ordinanza T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 12 maggio 2004 , n. 4315.

La Corte, però, con sentenza n.430 del 25/11/2005, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale ex art. 3 e 97 Cost. dell’art. 43 , comma 2, della L. del 10.04.1954 n. 113 (Stato degli Ufficiali delle Forze Armate in servizio permanente), rinvenendo la ratio della mancata previsione di riammissione in servizio “nel particolare status dell’ufficiale in servizio permanente, per il quale il legislatore prevede peculiari forme di selezione attitudinale, di addestramento e di formazione professionale, in connessione con i compiti che la Repubblica assegna alle Forze Armate (la difesa dello Stato; l’operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte; il concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni; il soccorso in circostanza di pubblica calamità ed in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza: art. 1 della L. del 14.11.2000 n. 331)”. Particolare status connesso, quindi, ai compiti assegnati dalla Repubblica agli appartenenti alle Forze Armate in modo unitario, a tutti ed a ciascuno, senza distinzioni in grado, come si evince chiaramente dalla lettera della motivazione addotta. La Suprema Corte ha inoltre statuito che “deve escludersi che la norma denunciata sia manifestamente irragionevole o arbitraria o contrasti con il principio di buon andamento della Pubblica amministrazione, tenuto conto che al legislatore ordinario spetta un’ampia discrezionalità nella materia dell’inquadramento e dell’articolazione delle carriere degli ufficiali, e che la riammissione in servizio di colui che abbia cessato di far parte, in seguito a domanda, di una Amministrazione, non costituisce un istituto caratterizzante l’impiego pubblico in tutte le sue diverse articolazioni”.

Manifestamente infondata è dunque l’eccezione di incostituzionalità formulata dal ricorrente.

La risposta fornita dall’Amministrazione resistente all’odierno ricorrente è, pertanto, un atto dovuto non residuando in capo alla stessa alcun residuo margine di discrezionalità.

Questa, in definitiva, non poteva che negare la riammissione in servizio del ricorrente, stante la mancanza di una disposizione che preveda, per il personale militare comunque cessato dal servizio permanente a domanda, di essere riammesso nella detta posizione di stato.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato.

Sussistono valide ragioni per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti, attesa la particolare natura della controversia.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere
Domenico Landi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2013


Rispondi