Carta di Nizza, questa sconosciuta.

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Carta di Nizza, questa sconosciuta.

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La "nuova efficacia" della Carta di Nizza e la questione "avvocati-part-time"

LE CONSEGUENZE CHE LA NUOVA EFFICACIA DELLA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA (C.D. "CARTA DI NIZZA"), DOPO L'ENTRATA IN VIGORE DEL TRATTATO DI LISBONA, SPIEGA IN RELAZIONE ALL'ART. 2 DELLA L. 339/03.
Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona la Carta di Nizza ha ormai valore giuridico vincolante per il giudice nazionale.
L'art. 6 della versione consolidata del Trattato sull'Unione Europea , infatti, oggi recita al comma 1:
"1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati."
Se dunque l'art. 6 attribuisce oramai alla "Carta di Nizza" lo stesso valore giuridico e l'efficacia dei Trattati, va riconosciuto che la "Carta di Nizza" è ormai diritto primario dell'Unione.
Lo ha pure confermato (subito dopo dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona) la sentenza Kücükdeveci della Corte di giustizia, del 19 gennaio 2010, in causa C-555/07. Si legge, infatti, al punto 22 di quella sentenza: "Va del pari rilevato che l'art. 6, n. 1, TUE enuncia che la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ha lo stesso valore giuridico dei trattati."
La terza sezione civile della Cassazione, con sentenza n. 2352/2010, ha poi riconosciuto che le prerogative del lavoratore professionista (e dunque anche dell'avvocato) sono garantite dalla Carta di Nizza che è recepita dal Trattato di Lisbona (in particolare l'art. 1 della Carta di Nizza regola il valore della dignità umana che include anche la dignità professionale con queste parole: "La dignità umana è inviolabile, essa deve essere rispettata e tutelata" ; mentre l'art. 15, intitolato "Libertà professionale e diritto di lavorare", qualifica la libertà professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale della libertà con queste parole: "1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata. 2. Ogni cittadino dell'Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in un qualunque Stato membro. 3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione").
Detta sentenza 2352/2010 dichiara di ispirarsi al preambolo sistematico delle Sezioni Unite 11 novembre 2008 n. 26972, ai fini del consolidamento della filonomachia della Corte in tema di diritti umani inviolabili.
Scrive dunque Cass. 2352/2010:
"Il lavoro del professionista rientra in vero negli ambiti degli art. 1, 4, 35 primo comma della Costituzione, secondo le teorie organicistiche e laburistiche anche Europee (cfr. art. 15 primo comma della Carta di Nizza, recepita dal Trattato di Lisbona, e diritto vigente anche per l’Italia), e pone il lavoratore professionista in uno status costituzionalmente protetto, per le connotazioni essenziali e le condizioni di qualificazione e dignità della professione; in altri termini un una posizione soggettiva costituzionalmente protetta."
E ancora:
"Una ultima puntualizzazione dev’essere posta in relazione alla entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009) che recepisce la Carta di Nizza con lo stesso valore del Trattato sulla Unione e per il catalogo completo dei diritti umani. I giudici del rinvio dovranno ispirarsi anche ai principi di cui all’art. 1 della Carta, che regola il valore della dignità umana (che include anche la dignità professionale) ed allo art. 15 che regola la libertà professionale come diritto inviolabile sotto il valore categoriale della libertà.
I fatti dannosi in esame vennero commessi prima della introduzione del nuovo catalogo dei diritti (2000 - 2001), ma le norme costituzionali nazionali richiamate bene si conformano ai principi di diritto comune europeo, che hanno il pregio di rendere evidenti i valori universali del principio personalistico su cui si fondano gli Stati della Unione. La filonomachia della Corte di Cassazione include anche il processo interpretativo di conformazione dei diritti nazionali e costituzionali ai principi non collidenti ma promozionali del Trattato di Lisbona e della Carta di Nizza che esso pone a fondamento del diritto comune Europeo."
La "nuova" efficacia della Carta di Nizza e dei sopra riportati suoi principi (come di altri suoi principi, pure invocabili a tutela dei c.d. "vecchi avvocati part time") comporta fondamentali conseguenze sulla interpretazione o (in seconda battuta) disapplicazione o (in ultima ipotesi) rinvio in Corte costituzionale dell'art. 2 della l. 339/03, come di seguito si chiarisce sotto le lettere A), B) e C).
Ai nostri fini:
A)
In primo luogo l'attuale efficacia della Carta di Nizza avalla l'interpretazione costituzionalmente orientata della l. 339/03 proposta dai c.d. "vecchi avvocati part time" a tutela dei loro diritti quesiti (la quale coincide con una interpretazione conforme al diritto dell'Unione europea che ora è costituito anche dai principi della Carta di Nizza).
Si consideri che l'art. 19 del T.U.E. esplicita il principio di effettività affermando non solo che la Corte di giustizia "assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati" ma anche che "gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione".
Ebbene, il primo rimedio giurisdizionale è la interpretazione conforme al diritto dell'Unione ad opera del giudice tutte le volte che essa sia possibile. In tal senso i richiami concordi del Presidente della Cassazione, nonchè del Presidente della Corte costituzionale, nelle loro relazioni di apertura dell'anno giudiziario 2010.
La suddetta interpretazione conforme è certamente possibile con riguardo alla l. 339/03.
B)
In secondo luogo, l'attuale efficacia della "Carta di Nizza", se si ritiene di non poter addivenire alla predetta interpretazione conforme della l. 339/03, impone (eventualmente previa questione pregiudiziale da rivolgere alla Corte di Giustizia) di disapplicare l'art. 2 della l. 339/03 per contrasto con i principi di diritto dell'Unione originati dalla "Carta di Nizza" che sono dotati di effetto diretto.
Importanza fondamentale ha l'art. 51 della "Carta di Nizza", intitolato "Ambito di applicazione", per cui:
"1. Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l'applicazione secondo le rispettive competenze...".
La Carta di Nizza, dunque, continuerà a non poter operare con riguardo a disposizioni normative nazionali disciplinanti situazioni meramente interne al singolo Stato.
Ebbene:
L'art. 2 della l. 339/03 non è norma disciplinante una situazione meramente interna all'Italia. Argomentando analogamente alla sentenza della Corte di Giustizia 24 settembre 2009, Erste Bank der osterreichischen Sparkassen/Commission (cause riunite C-125/07 P, C-133/07 P, C-135/07 P, C-137/07 P), pronunciata nel contesto dell'impugnazione nella causa <<club Lombard>> (vedi pag. 25 della relazione del Presidente della Corte di giustizia Vassilios Skouris "Evoluzione e attività della Corte di giustizia nel 2009"), si deve ritenere che il fatto che una disposizione di legge italiana abbia per oggetto la cancellazione dagli albi degli avvocati italiani solo di una categoria di soggetti italiani, quale conseguenza di una introduzione di una causa di incompatibilità all'esercizio della professione forense per i dipendenti pubblici italiani in part time ridotto, non è sufficiente ad escludere che la libera circolazione dei servizi professionali di avvocato possa esserne pregiudicata. Ciò perchè siffatta norma commina solo nei confronti di dipendenti pubblici italiani (e non anche dei dipendenti pubblici di stati dell'Unione diversi dall'Italia o di loro enti pubblici, iscritti negli albi italiani come avvocati stabiliti) l'espulsione dagli albi forensi di soggetti in essi iscritti da vari anni e con ciò consolida la compartimentazione nazionale del mercato dei servizi professionali di avvocato, ostacolando così l'integrazione economica voluta dal Trattato CE.
I giudici nazionali sono anche i primi giudici dell'ordinamento comunitario e perciò devono riconoscere spazio alla applicazione diretta della "Carta di Nizza" proprio perchè essa ormai integra <<il blocco di costituzionalità>> sul quale la Corte di giustizia può pronunciarsi (per usare le parole del comunicato stampa della Corte di giustizia n. 104/09 emesso il 30/11/09 alla vigilia dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona).
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Come si legge al punto 53 della sentenza resa il 19/1/2010 dalla Corte di giustizia nel "caso Kücükdeveci" (Seda Kücükdeveci contro Swedex GmbH & Co. KG - causa C-555/07), in presenza di una norma nazionale, rientrante nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, il giudice nazionale che la ritenga incompatibile con un principio generale del diritto dell'Unione e per la quale risulti impossibile un’interpretazione conforme a quest’ultimo, deve disapplicare detta norma, senza che gli sia imposto né gli sia vietato di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.
Come si legge, poi, al punto 54 della sentenza, "La facoltà così riconosciuta dall’art. 267, secondo comma, TFUE di chiedere alla Corte un’interpretazione pregiudiziale prima di disapplicare la norma nazionale contraria al diritto dell’Unione non può tuttavia trasformarsi in obbligo per il fatto che il diritto nazionale non consente a tale giudice di disapplicare una norma interna che egli ritenga contraria alla Costituzione, se tale disposizione non sia stata previamente dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale." (v., in questo senso, sentenza Mangold, punto 77).
C)
In terzo luogo, se non si ritiene che i principi della Carta di Nizza costituiscano norme dell'Unione a effetto diretto (e dunque comportanti disapplicazione del contrastante art. 2 l. 339/03), l'attuale efficacia della Carta di Nizza impone di sollevare q.l.c. del detto art. 2 l. 339/03 per violazione dell'art. 11 e 117 primo comma della Costituzione.
Infatti la famosa sentenza Granital della Corte di giustizia ha lasciato al giudice costituzionale il controllo della compatibilità di norme nazionali con norme comunitarie sprovviste di effetto diretto.


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Re: Carta di Nizza, questa sconosciuta.

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La Cassazione richiama la Carta di Nizza come recepita nel Trattato di Lisbona

L'effetto vincolante per il giudice italiano della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, detta Carta di Nizza proclamata il 7 dicembre 2000 e recentemente recepita dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1 dicembre 2009, è stata per la prima volta affermata dalla Suprema Corte nella sentenza n. 2352/2010 di cui diamo notizia in questo lancio.
Tra le norme della Carta di Nizza che certamente incidono sull'ordinamento italiano, rafforzando i principi della nostra Costituzione, devono ricordarsi in particolare l'art. 1 "La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata", l'art. 15 "Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata", l'art. 30 "Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali".
La sentenza Cass. n. 2352 del 2010 recepisce peraltro una precisa indicazione contenuta nella relazione del Primo Presidente della Suprema Corte sull'amministrazione della Giustizia nel 2009, che ha sottolineato come la tutela della dignità umana prevista della Carta di Nizza potrà diventare matrice di nuovi diritti, individuati dalla giurisprudenza.
"L'espressa menzione, nella Carta di Nizza, dell'inviolabilità della dignità umana - si legge nella relazione - suggerirà uno scambio dialettico di reciproco arricchimento con l'interpretazione dell'art. 2 Cost. italiana sui diritti inviolabili dell'uomo. D'altra parte ciò è accaduto in passato e accadrà sempre di più in futuro sulla base di un confronto e di un uso giurisprudenziale della comparazione giuridica con quegli ordinamenti europei che già rinvengono espressamente il loro cardine nella intangibilità della dignità umana, come l'ordinamento tedesco (art. 1 Grundgesetz). Ove si tratti della concretizzazione di un principio come quello della dignità umana, il reciproco confronto e influenzamento fra i tratti della situazione di fatto possibilmente rilevanti e i tratti della norma giuridica possibilmente applicabili, che sempre caratterizzano l'attività di applicazione delle norme giuridiche ai casi della vita, si profilano per un'intensa proiezione sul parametro normativo delle istanze di regolazione del caso concreto. Così la dignità umana può diventare matrice di nuovi diritti che rispondono ai nuovi bisogni della realtà sociale. Ciò è attestato in modo esemplare dalla recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca che, anche sulla base dell'intangibilità della dignità umana, ha coniato un nuovo diritto fondamentale alla riservatezza e alla integrità del comuter. cfr. BVerfG, 27 febbraio 2008, 1 BvR 370/07, in BVerfGE 120, 274)."
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L'infortunistica stradale e la carta di Nizza - Cass.III, sez n.29191

La fattispecie che ha dato origine alla sentenza di legittimità in commento concerne un grave incidente stradale avvenuto nel 1992 dove un pedone venne investito tre volte da due vetture con conseguenti lesioni gravissime. La vittima, alla quale nel corso del procedimento si sono succeduti gli eredi, fece causa alla compagnia assicuratrice della conducente dell'auto che lo investì per prima. Il giudice di prime cure accolse la domanda di risarcimento, ma in misura minore rispetto a quanto demandato dall'investito.

La controversia in punto valutazione e quantificazione dei danni è giunta fino all'attenzione della Cassazione perchè gli eredi hanno lamentato, tra le altre doglianze e per ciò che qui interessa, la violazione del principio del risarcimento integrale al danno alla persona, specificamente in punto di ridotta liquidazione del danno morale e sottostima del danno biologico.
Il giudice di legittimità fissa quale criterio vincolante per il giudice di rinvio il seguente principio: "nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto della salute, al valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale: art. 2 della Costituzione in relazione all'art. 1 della Carta di Nizza, che il Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia con legge 190/2008, collocando le Dignità umana come massima espressione della sua integrità morale e biologica) deve tener conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore della integrità morale una quota minore del danno alla salute".

Il contributo innovativo di questa decisione riguarda l'esplicita attinenza in materia di risarcimento del danno alla salute (nella fattispecie conseguente ad un gravissimo incidente stradale) del risarcimento alla violazione della dignità umana, alla quale fanno riferimento tanto il Capo I quanto l'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Si tratta del riconoscimento di un diritto che non può subire nè pregiudizio nè limitazione, poichè la dignità umana rappresenta il presupposto assiologico dei diritti fondamentali" . Si tratta di un elemento primario, prodromico rispetto al riconoscimento di tutti gli altri diritti umani, cioè di una qualità della condizione umana che si conserva al di là della vita e della morte dell'individuo.

L'art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea introduce quindi un obbligo positivo, a carico tanto delle istituzioni comunitarie quanto delle istituzioni nazionali, la cui concretizzazione non è semplice, considerato che la dignità umana concerne un concetto indeterminato. L'individuazione di questo concetto e il suo significato non possono essere stabiliti ex ante, ma solo contestualizzato nella realtà concreta . I giudici sono i soggetti dell'ordinamento direttamente e maggiormente coinvolti in questa operazione.
La giurisprudenza di legittimità, con la sentenza in epigrafe, apporta quindi un importante contributo al riconoscimento del diritto alla dignità umana anche alle fattispecie di diritto privato quali il risarcimento del danno conseguente ad un infortunio stradale e della valutazione dei danni (morale e biologico) conseguenti alle lesioni subite dalla persona.

Ci si può domandare quale sia l'influenza di un siffatto riconoscimento relativamente al dibattito in corso sul riconoscimento del danno esistenziale, a seguito della pubblicazione delle ormai notissime sentenze delle Sezioni Unite 11 novembre 2008, nn. 26972/73/74 e 75 sulla classificazione concettuale delle voci di danno e sulla sopravvivenza della figura del danno esistenziale quale voce autonoma di risarcimento. A questo proposito, quale spunto per un approfondimento della discussione in parola , sembrerebbe interessante verificare quali delle caratteristiche del danno c.d. "esistenziale" (il quale tutelerebbe la compromissione delle attività "realizzatici" dell'individuo che non discendano da attentati all'integrità psicofisica) possano rientrare nella figura di danno relativa al rispetto della dignità umana e quindi trovare in ogni caso una soddisfazione risarcitoria. Il dibattito, dunque, si fa ancora più aperto ed avvincente.
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Re: Carta di Nizza, questa sconosciuta.

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Mobbing e Carta di Nizza: verso la tutela costituzionale europea del lavoro

La Corte di Cassazione riconosce, in una controversia per mobbing, il valore fondamentale, interpretativo per il passato e conformativo e vincolante per il futuro, della Carta di Nizza, che si candida a Carta fondamentale dei diritti della persona anche nell'ordinamento italiano, con notevoli ricadute pratiche.

Cassazione civile Sentenza 02/02/2010, n. 2352
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